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Tecnologia Farmaceutica
Come si fa in modo che la sostanza attiva possa essere somministrata? Di ciò si occupa la
tecnologia farmaceutica. Circa ¼ di molecole che vengono scoperte ad altissima attività
farmacologica, non sono poi commercializzate perché non si trova una formulazione funzionale per
queste sostanze.
Forma farmaceutica, ci sono due definizioni:



Categoria delle preparazioni formulate cui appartiene il prodotto;
Presentazione del farmaco conseguente una trasformazione che lo rende idoneo a un certo
tipo di somministrazione.

Quindi nella prima definizione, entra il concetto di formulazione che, nella seconda definizione, in
cui entra il concetto di trasformazione, e quindi un processo formulativo (di trasformazione) che
rende il principio attivo idoneo alla somministrazione. Quindi sono tutte le sostanze e tutti quei
processi che fanno sì che il principio attivo possa essere somministrato. La classificazione delle
forme farmaceutiche è varia, e può essere fatta in base:





Alla forma “fisica”: si possono avere forme farmaceutiche solide, liquide e semisolide.
Unidose/multidose: unidose per le forme farmaceutiche che sono suddivise, all'atto della
preparazione, nella singola unità posologica (compresse, supposte), quindi quando la
suddivisione nell'unità posologica è fatta da chi produce la forma farmaceutica. Multidose
quella in cui la suddivisione della singola unità posologica è fatta dal paziente (gocce,
sciroppi, colliri).
Via di somministrazione, che sono: 1) orale, 2) rettale, 3) parenterale, 4) topica, 5)
polmonare, 6) nasale, 7) oculare.

Un’altra suddivisione delle forme farmaceutiche è in base all'uso: l'uso sistemico e l'uso locale.
Spesso ci si confonde: spesso s’intende per somministrazione sistemica quella che prevede che la
forma farmaceutica arrivi all'interno dell'organismo mentre per somministrazione locale s’intende
una forma farmaceutica che si applica all'esterno; non è sempre così perché in realtà quello che fa la
differenza è se viene assorbito e quindi se viene trasportato dal torrente circolatorio si parla di uso
sistemico.
Nella forma farmaceutica, escludendo il principio attivo, ci sono degli eccipienti. Sono definiti
come qualsiasi materiale contenuto nella forma farmaceutica finale che non sia il principio attivo.
Gli eccipienti devono rientrare nella categoria di sostanze definite GRAS, generally recognized as
safe, ovvero, sicure dal punto di vista farmaceutico e tossicologico. Inoltre, nella definizione di
eccipiente, entra il fatto che queste sostanze devono essere inerti da tutti i punti di vista; devono
essere inerti chimicamente, fisicamente, farmacologicamente e dal punto di vista tossicologico. Per
ogni singolo eccipiente deve essere valutata e giustificata in sede di Autorizzazione all'immissione
in commercio la funzione, e quindi deve essere giustificato perché l'eccipiente è stato aggiunto e
deve essere dichiarata o validata la sua funzione nella forma farmaceutica.
Nella definizione della Ph Eur: un qualsiasi componente, al di fuori del principio attivo, presente in
una preparazione farmaceutica o utilizzata per la fabbricazione. Esiste un’istituzione internazionale
per il controllo e per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico che ha dato una sua
definizione. Nella definizione dell'IPEC(international Pharmaceutical Eccipients control) c'è una
classificazione degli eccipienti che devono essere inerti. La definizione secondo l'IPEC degli
eccipienti è: una qualsiasi sostanza,diversa dal principio attivo,adeguatamente valutata nella
sicurezza, che faccia parte di un sistema di azione del principio attivo, per una delle seguenti
ragioni:
1. Aiutare la lavorazione del sistema durante la preparazione;
2. Proteggere,supportare o aumentare la stabilità, la biodisponibilità e la patient compliance;
3. Aiutare l'identificazione del medicinale potenziare la sicurezza e l'efficacia del medicinale
durante lo stoccaggio e l'uso.
I primi eccipienti, utilizzati nelle preparazioni farmaceutiche, erano tutte sostanze alimentari e di
uso corrente, come il miele, il vino, l'uovo, le mele, etc. ovviamente si è passati dall'uso di queste
sostanze, poco standardizzate, all'uso di sostanze riconosciute come eccipienti farmaceutici. Questo
perché la composizione deve essere standardizzata come anche le caratteristiche chimico-fisiche.
Esiste, redatta e controllata dall'IPEC, una guida per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico
( good manufacting guide ok buik pharmaceutical excipient); in queste norme di buona
preparazione degli eccipienti sono state standardizzate le tecniche e i controlli, e vengono definite le
fonti degli eccipienti(che possono essere naturali o sintetici). Le industrie farmaceutiche speravano
di poter utilizzare o sostanze già utilizzate da altri (così si risparmiavano studi di inerzia e
tossicologia) o sostanze utilizzate nell'industria alimentare. Infatti si sono tantissime sostanze che
entrano nelle confezioni farmaceutiche che sono già in uso nei prodotti alimentari soprattutto del
mondo orientale.
Nella standardizzazione degli eccipienti deve essere validata la presenza di impurezze ( devono
essere identificate e/o analizzate) e possono essere:







Tossiche,che devono essere sempre controllate;
Funzionali,che devono essere accertate nella composizione della sostanza perché altrimenti
quella sostanza non riesce a esplicare la sua funzione di eccipiente(es. Cellulosa cristallina
ha una piccola frazione di emicellulosa che è fondamentale in quanto in assenza di questa
sostanza non si ha una modificazione della viscosità).
È difficile valutare la purezza e la stabilità degli eccipienti perché la maggior parte degli
eccipienti non sono specie chimiche pure, ma sono miscele di specie diverse. Per molti
eccipienti, la valutazione della stabilità non è fatta da un'analisi di tipo chimico ma è fatta da
un'analisi di tipo fisico. Ad esempio, la gelatina che è un eccipiente di derivazione animale,
e quindi non ha composizione chimica semplice, la sua stabilità nel tempo viene valutata
misurando una capacità fisica cioè il potere gelificante. Quindi si misura il tempo 0 di potere
gelificante e si misura, poi, dopo un anno e da questo si valuta se l'eccipiente è ancora
stabile oppure no. Questo è ovviamente valido per gli eccipienti di sintesi generalmente
hanno una composizione standard e quindi la stabilità viene fatta con altri metodi. Gli
eccipienti possono essere classificati in base al ruolo:
Costitutivo , la cui presenza è fondamentale per realizzare la forma farmaceutica; nella
quasi totalità delle forme farmaceutiche, gli eccipienti oscillano tra il 60 e l'80% della massa





della forma farmaceutica. Servono quindi per ottenere una “massa lavorabile”;
Produttivo, che non sono fondamentali, in assoluto ma sono legati alla tecnica di
produzione. Servono quindi per facilitare i processi tecnologici di produzione;
biofarmaceutico, ovvero che sono in grado di modificare la biodisponibilità o piu' in
generale, il “destino” del principio attivo nell'organismo;
Conservazione, che servono per la stabilità;
presentazione , per la patient compliance(es associazione odore-aroma come per esempio
nello sciroppo all'aroma di arancio con colore blu).

Gli eccipienti devono essere inerti ma possono influenzare il rilascio della forma farmaceutica, e la
presenza di un eccipiente è il responsabile delle allergie e delle reazioni avverse al 70%, ai farmaci.
Tra gli eccipienti che sono sicuramente presenti in maggiori quantità nella forma farmaceutica, ci
sono quelli che hanno un ruolo costitutivo, ovvero quelli che consentono la lavorabilità del
principio attivo. Nell'ambito degli eccipienti con il ruolo costitutivo si trovano i DILUENTI. Questi
possono essere: solidi, liquidi e semisolidi( per le preparazioni ad uso dermatologico). Uno dei
diluenti piu' utilizzati,nonostante il problema legato alle intolleranze, è il lattosio. Le informazioni
sul lattosio dalla farmacopea europea.
Le principali sono:monografie:anidro,monoidrato (2 forme di lattosio); caratteristiche
specifiche:potere rotatorio specifico,perdita all'essiccamento,metalli pesanti. Forme farmaceutiche
solide:diluente(65-85%); In soluzione ( + saccarosio 1/3): confettura; Lattosio spray dried (SP) è un
tipo particolare di lattosio,che può essere usato per ottenere compresse con la tecnica della
compressione diretta e quindi è un eccipiente facilmente comprimibile. Quindi il lattosio che può
essere utilizzato nelle preparazioni di uso farmaceutico deve rispondere ai requisiti di farmacopea,
in farmacia non si può utilizzare qualsiasi lattosio, ma bisogna utilizzare il lattosio FU. Se non esiste
per quella sostanza la monografia sulla farmacopea italiana si fa rifermento alla monografia che fa
riferimento alla sostanza sulla farmacopea europea.
Nell'utilizzo del lattosio cosa bisogna che sia valutato: l'intolleranza da parte del paziente e le
incompatibilità di tipo chimico o fisico. Di tipo chimico possono essere: da condensazione con
ammine primarie; può dare prodotti con colorazione scura. Quindi non è solo un problema legato al
fatto che il principio attivo non è piu' attivo una volta che il lattosio si è condensato, ma è anche che
la forma farmaceutica ha una colorazione non corretta. Durante il riscaldamento per la
nebulizzazione per ottenere il lattosio spray dried o se nella lavorazione della forma farmaceutica
c'è una fase di riscaldamento, il lattosio può dare luogo alla 5-idrossimetil-2-furfale che ha sempre
un colore scuro.
Tra gli eccipienti con ruolo costitutivo, oltre ai diluenti ci sono gli assorbenti e gli adsorbenti: gli
assorbenti, che sono generalmente dei silicati, che sono aggiunti nelle preparazioni farmaceutiche
per assorbire l'eventuale umidità residua che ci può essere nel processo produttivo. Gli adsorbenti
sono delle sostanze, come per esempio il caolino o il talco, che hanno la caratteristica di avere
elevata capacità assorbente e questo serve, ad esempio, a formulare in forma solida dei principi
attivi liquidi. Quindi il principio attivo liquido viene fatto adsorbire sul solito e poi viene formulato
in una forma farmaceutica solida. Ciò che però bisogna stare attenti è di non alterare la
biodisponibilità del principio attivo,quindi che non influenzi il rilascio in vivo del principio attivo.
Oltre a questi ci sono anche gli eccipienti con ruolo produttivo: sono una classe decisamente piu'
ampia e sono: i lubrificanti, i glicanti, i leganti, i elasticizzanti, i tensioattivi e i viscosizzanti. Quelli
più interessanti sono i lubrificanti e i glicanti: queste due classi fanno parte della classe
generalmente definita come lubrificanti. I glicanti agiscono sulle particelle delle polveri e quindi
aumentano la scorrevolezza di una polvere agendo sulla porosità; i lubrificanti aumentano la
scorrevolezza della polvere modificando o agendo sulle interazioni tra la polvere e le parti della
macchina che produce la forma farmaceutica.
Ci sono anche gli eccipienti con ruolo farmaceutico cioè quelli che influenzano il rilascio del
principio attivo della forma farmaceutica. In questo caso sono: i disgreganti, i polimeri e i bagnanti.
La classe preponderante è quella dei disgreganti o disaggreganti. Uno dei disgreganti più utilizzato
è l’amido, ma esistono anche dei polimeri particolari come la croscaramellosio il cui nome
commerciale è l'explotab, che porta proprio all'esplosione della compressa una volta che questa è
messa in contatto con l'acqua.
Da notare bene è che le forme farmaceutiche sono distinte in: convenzionali e in non
convenzionali. Le forma farmaceutica convenzionale non deve avere effetto sull'assorbimento del
principio attivo, quindi generalmente la forma farmaceutica convenzionale è realizzata per fare in
modo che il principio attivo sia rilasciato nella maggiore quantità e il più velocemente possibile.
Quindi nella forma farmaceutica convenzionale, la velocità di rilascio della forma farmaceutica è
molto maggiore rispetto alla velocità di assorbimento. Quando il principio attivo è formulato con la
forma farmaceutica convenzionale, lo stadio limitante della sua azione è l'assorbimento e non la
liberazione del principio attivo. La forma farmaceutica non convenzionale, invece, viene realizzata
per modulare il rilascio del principio attivo e la caratteristica è che la velocità di rilascio del
principio attivo è minore rispetto alla velocità di assorbimento, e quindi lo stadio limitante non è il
passaggio attraverso le membrane biologiche bensì la liberazione del principio attivo. Nelle forme
farmaceutiche convenzionali , il ruolo del disgregante è fondamentale. Uno dei disaggreganti più
utilizzato è l'amido; in farmacopea ci sono 4 monografie a seconda dell'azione dell'amido e non ha
un solo ruolo( come la maggior parte degli eccipienti); infatti funziona sia da diluente, che da
legante (pasta d'amido al 5-25%) e da disgregante(3-17%). Quindi indipendentemente dalla sua
composizione può funzionare da disgregante o da legante nella forma farmaceutica. Inoltre l'amido
può essere utilizzato anche come principio attivo:entra come principio attivo in numerose
preparazioni per uso cutaneo come assorbenti o come anti irritanti.
Un'altra classe degli eccipienti, presenti in quasi tutte le forme farmaceutiche industriali è la classe
degli stereati, in particolare lo stearato di magnesio (Ph. Eur) ha delle incompatibilità chimiche, che
vanno valutate; il problema degli stearati è che sono totalmente insolubili in acqua e quindi la loro
presenza è fondamentale per favorire lo scorrimento delle forme per uso farmaceutico nelle
macchine produttrici, ma bisogna valutare negli studi di pre-formulazione in maniera estremamente
accurata, la loro quantità perché possono influenzare in maniera drammatica la liberazione del
principio attivo, ovvero si potrebbero produrre delle compresso che non rilasciano il principio
attivo. Il loro ruolo è di lubrificanti.
Indipendentemente che le forme farmaceutiche siano solido o liquide, i conservanti avranno una
funzione diversa. Tra i conservanti ci sono:




antiossidanti:metabisolfito, acido ascorbico;
chelanti: EDTA;
antimicrobici: parabeni, acido benzoico.

Il processo ossidativo nasce sostanzialmente con i doppi legami di O2, catalizzati dalla luce o da
alcuni metalli; per la conservazione di moltissime preparazioni è richiesto il vetro scuro; il risultato
del processo ossidativo sono altri prodotti. Sono catalizzati da alcuni ioni, per questo vengono
aggiunti degli agenti chelanti che non sono dei protettori, ovvero non inibiscono il processo
ossidativo, ma eliminando i metalli rallenta il processo ossidativo. Oppure , gli antiossidanti veri e
proprio sono delle sostanze che si ossidano e quindi impediscono l'ossidazione della forma
farmaceutica.
Ci sono degli eccipienti con il ruolo di presentazione e sono:





aromatizzanti
edulcoranti: aspartame, saccarosio,saccarina
coloranti: idrosolubili, ossidi di ferro
opacizzanti: biossido di titanio.

Per gli aromatizzanti e per i coloranti ci sono degli studi impegnativi; c'è infatti, un istituto in
Svizzera che studia questi( sono un team di psicologi,chimici) che studia l'effetto psicologico del
colore nelle forme farmaceutiche. Ci sono degli effetti dei coloranti impensabili, per esempio
nell'anti aritmico se è di colore delle tonalità del rosso potenzia l'effetto del principio attivo. Un'altro
problema dei coloranti è che molti di questi(come gli ossidi di ferro) sono insolubili in acqua e
quindi con gli stearati, la loro presenza nella forma farmaceutica deve essere valutata molto
accuratamente perché possono avere effetti sul rilascio del principio attivo.
Polveri
Le polveri hanno diverse classificazioni: sono classificate come polveri delle forme allo stato solido
costituite da particelle che vanno dall'ordine del micron ai 100-4000 μm, ma in questo caso si parla
di aggregati, e quindi si passa da dimensioni non visibili ad occhio nudo a dimensioni visibili. Le
dimensioni delle particelle solide, che costituiscono una polvere, sono responsabili di quasi tutte le
caratteristiche delle polveri. Le dimensioni delle particelle influenzano l'area superficiale di una
polvere. Per area superficiale si intende la superficie della polvere/volume(viene anche chiamata
area superficiale specifica). Delle riduzioni, non caratteristiche, delle dimensioni (in questo caso
sono considerati dei gruppetti di polvere) o di lunghezza del lato portano a variazioni della
superficie specifica sostanziali. Se un cubetto, che ha 1 cm di lato, ha un'area specifica di 6
cm2/cm3, se riduciamo di 1μm si ha un incremento dell'area superficiale. L'area superficiale è
importante perché influenza numerose caratteristiche delle polveri in particolare la velocità di
dissoluzione, e quindi la capacità che la forma farmaceutica ha di liberare il principio attivo. Le
polveri sono preparate con:




un approccio di tipo meccanico(nella quasi totalità dei casi) con delle macchine dette
molini, in cui viene ridotta la dimensione delle particelle, in cui quindi si ha la riduzione di
materiale grossolano in particelle più piccole;
un approccio di tipo chimico-fisico(raramente perché la tecnica è costosa), generalmente si
utilizza per produrre delle polveri colloidali,cioè a dimensioni inferiori al micron.

Nell'approccio meccanico ci possono essere dei problemi sia per i principi attivi che per le polveri,
perché in un processo di riduzione meccanica si sviluppa sicuramente calore, e quindi bisogna
valutare la stabilità alle variazioni di calore del principio attivo e degli eccipienti e bisogna valutare
accuratamente l'energia che bisogna fornire al processo di macinazione; questo perché una parte di
energia servirà a ridurre le dimensioni delle particelle mentre una frazione sarà assorbita dal
sistema(dalla polvere e dalla macchina). Quindi vanno fatti degli studi di pre- formulazione in cui
deve essere valutata l'energia da fornire nel processo di macinazione, che deve essere l'energia
sufficiente alla riduzione delle dimensioni delle particelle ma non eccessiva per danneggiare, dal
punto di vista chimico-fisico, il principio attivo e gli eccipienti o addirittura l'apparecchiatura. Se ,
per esempio, bisogna macinare o trattare delle sostanze che sono fortemente ossidabili all'aria, nel
processo di macinazione ci potrebbe essere un'esplosione. Le macchine vengono scelta in base alla
tecnica, perché la tecnica che sfruttano influenza le dimensioni delle particelle. Quindi ci sono i
processi di:




frantumazione: è un processo grossolano, ed è la riduzione del materiale grezzo in pezzi
grossolani(mm);
macinazione: riduzione dimensionale dei pezzi grossolani in particelle più piccole
(centinaia/decine di μm)
micronizzazione: riduzione delle dimensioni di particelle o dimensioni inferiori a 10μm
fino a particelle colloidali( è la tecnica che si utilizza per produrre il lattosio spray dried,
molto costoso). Sostanzialmente il costo produttivo dipenda da numerosi fattori ma il
principale è l'energia assorbita, ovvero più energia ci vuole per realizzare il processo più il
processo è costoso.
Per la macinazione vera e propria si usano i molini, che hanno caratteristiche costruttive diverse
perché sfruttano dei meccanismi di polverizzazione diversi. I principali molini sono:a martello, a
cilindri, a coltelli, colloidale, a compressione e a impatto. Per esempio,sui molini a coltello il
meccanismo è il meccanismo di taglio. A seconda del tipo di molino e quindi a seconda del
meccanismo di macinazione,si otterranno polveri di dimensioni diverse.
Quindi il meccanismo principale è la macinazione,che si esegue attraverso i molini i quali sfruttano
meccanismi di macinazione diversi e questo meccanismo influenza la dimensione della polvere. La
scelta del molino viene fatta da:









caratteristiche di materiali di partenza ( termolabilità, dimensioni, degradabilità e struttura
fisica);
dimensioni del prodotto che si vuole ottenere;
fattori economici, definiti dal costo del processo e dal tempo del processo; perché se un
processo assorbe meno energia ma dura 6 giorni,si tiene l'impianto per 6 giorni per produrre
la base di uno dei costituenti della formulazione;
facilità di pulizia dell'apparecchiatura (anch'esso un punto cruciale della produzione) perché
lavare l'impianto vuol dire fermarlo e quindi non produrre. C'è una ricerca enorme, da parte
dell'ingegneria chimica, in quelle che si chiamano le tecniche CIP, ovvero in clean in place,
realizzati,cioè, degli impianti che possono essere lavati senza smontare nulla,riducendo,
così, in maniera drastica i tempo in cui l'impianto è fermo.
Possibilità, quando è necessario, di operare in ambiente di sterilità;
versatilità dell'operazione, macinazione o a secco o a umido, differenza della velocità di
rotazione degli elementi macinanti.

La polvere per uso farmaceutico è la base di tutte le preparazioni successive oppure può essere la
forma farmaceutica finale, e quindi la caratterizzazione secondo farmacopea sarà diversa a seconda
che la polvere per uso farmaceutico sia intermedia o sia la forma farmaceutica finita. La prima
caratterizzazione che viene richiesta dalla farmacopea è l'analisi granulometrica della polvere,
cioè la classificazione delle polveri in base alle loro dimensioni. A seconda di quali siano le
dimensioni delle particelle delle polveri, si avranno delle tecniche di dimensionamento diverse, che
daranno informazioni diverse. Le polveri possono essere caratterizzate dal diametro medio, ovvero
la dimensione media delle particelle. Un'altra informazione è data dal diametro mediano,ovvero
che tiene conto anche della distribuzione dei valori(si dice che la mediana è il valore che divide a
unità la popolazione che tiene conto anche di quante volte il valore è ripetuto, e quindi non solo il
valore medio ma della distribuzione dei valori).
Il metodo della farmacopea prende il nome di metodo dei setacci o degli stacci: i setacci sono di
alluminio e sono caratterizzati da un numero che indica l'apertura della maglia in μm. I setacci, della
farmacopea ufficiale italiana, sono a maglia quadrata. I setacci sono costituiti da materiali adatti ed
hanno maglie quadrate, in cui non deve avvenire alcuna reazione tra il materiale del setacci e della
sostanza da setacciare: servono per determinare il grado di finezza della polvere che viene descritto
nelle singole monografie utilizzando il numero del setaccio che indica l'apertura della maglia in μm.
Come si esegue il saggio di farmacopea: questo saggio dà informazioni sia sulle dimensioni che
sulla distribuzione. Vengono impilati i setacci, secondo un valore decrescente di apertura della
maglia. Vengono posti, per esempio, 100 g di polvere sul primo setaccio. La pila di setacci viene
sotto l'azione meccanica di un apparecchiatura che imprime degli scorrimenti. Dopo un certo
periodo di tempo, si pesa la quantità di polvere che si è fermata sui vari setacci. Per esempio, 80 g si
sono fermati sul setaccio 4000 e 20 g si sono fermati sul setaccio 3000. quindi 80 g della polvere
avranno un diametro medio di 4500, ovvero l'80% della polvere è certamente inferiore a 5000 ma
superiore a 4000(la farmacopea chiede il diametro medio), il 20% della polvere avrà un diametro
medio di 3500. Con questo saggio si hanno, come si è visto, sia informazioni sulle dimensioni che
sulla distribuzione; ciò perché, in farmacopea, la classificazione delle polveri non è fatta solo sulle
dimensioni ma è fatta anche sulla distribuzione delle dimensioni(che è
l'indice dell’omogeneità della polvere). Quindi le polveri sono
classificate in:
polvere grossolana: è una polvere che ha una dispersione delle
dimensioni tra 1400 μm e 355 μm, e quindi non è solo una polvere
grande, ma è molto disomogenea. La farmacopea, inoltre, guarda la %
della polvere che è passata attraverso i setacci->non meno del 95% in
massa della polvere attraverso il setaccio 1400 e non piu' del 40% in
massa della polvere attraverso il setaccio 355;
polvere moderatamente fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio
355 e non piu' del 40% in massa della polvere attraverso il setaccio 180;
polvere fine: non meno del 95% in massa della polvere attraversa il setaccio 180 e non piu' del 40%
in massa della polvere attraversa il setaccio 125;
polvere molto fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio 125 e non
piu' del 40% in massa della polvere passa attraverso il setaccio novanta.
Le polveri vengono classificate da dei numeri, vuol dire che la polvere ha un intervallo di
dimensioni, o da un solo numero, e vuol dire che la polvere è omogenea quando non meno del 97%
della polvere passa attraverso il setaccio di quel numero. Le dimensioni delle particelle influenzano
un'altra caratteristica importante, ovvero la porosità. La porosità delle polvere è un valore % che
esprime:
ε = volume dei pori/volume apparente x 100
e quindi esprime il rapporto tra il volume degli spazi vuoti e il volume occupato dalle particelle
delle polveri piu' gli spazi vuoti. La presenza o meno e l'entità degli spazi vuoti dipende
dall’impaccamento della polvere. Ci sono
due impaccamenti:
a) cubico, che ha una maggiore quantità
di spazi vuoti
b) romboedrico, in cui gli spazi vuoti
sono minori
Le caratteristiche della polvere che definiscono la porosità sono due: a) volume apparente,che è il
volume che tiene conto del volume delle particelle piu' gli spazi vuoti, b) volume reale,cioè il
volume della polvere una volta che si sono eliminati gli spazi tra le particelle, quindi il volume
occupato solo dalle particelle. La porosità quindi diventerà:

La farmacopea chiama il volume apparente e il volume reale: a) volume apparente prima
dell'impaccamento;b) volume apparente dopo l'impaccamento. Come si esegue il saggio: si
pongono 100 g di polvere all'interno di un cilindro, si misura il volume a impaccamento, il cilindro
è posto su un motore che imprime dei colpi al cilindro( un numero di colpi sempre fissato dalla
farmacopea): i valori che si raccolgono da questo saggio è il volume apparente prima
dell'impaccamento, che la farmacopea indica con Vo, e il volume apparente dopo l'impaccamento,
caratterizzato da Vn, dove n è il n° di colpi che sono stati dati al cilindro, e la capacità di
impaccamento, ovvero quanto la polvere è impaccabile.
Dal volume apparente,dice la farmacopea, si può rilevare la densità apparente o Vo e la densità
apparente dopo impacchettamento: è fondamentale conoscere la porosità di una polvere perché
dipende dalla dimensione delle particelle e dell'impaccamento della polvere, ma anche perché la
porosità della polvere dipendono numerose altre caratteristiche tra cui la scorrevolezza di una
polvere, che è fondamentale perché la suddivisione nelle singole unità posologiche della massa, sia
nella produzione industriale ma anche nella preparazione galenica, è fatta a volume. Quindi anche
se le macchine lavorano con dei solidi, i dosatori sono dosatori di volume e quindi la polvere si
deve muovere sulla macchina simile ad un fluido( che non viene dosato a peso ma a volume).
Il saggio di scorrimento: i solidi suddivisi in farmacopea( le polveri e i granulati) devono essere in
grado di scorrere verticalmente perché tutte le suddivisioni sulle singole unità posologiche vengono
fatte a volume e non a peso. Quindi anche se le polveri sono solidi devono scorrere e comportarsi
come un fluido. Sulla farmacopea italiana viene riportato un solo saggio come ufficiale, per
determinare la velocità di scorrimento che misura in realtà un tempo di scorrimento. 100 g di
polvere vengono fatti passare dentro un imbuto in cui è stato tappato il fondo; si apre e si misura il
tempo necessario a che la polvere defluisca attraverso questo imbuto. L'imbuto non è casuale ma
deve avere delle dimensioni in mm dettate dalla farmacopea, così come gli angoli. Ciò per avere un
sistema di riferimento uguale per tutti.
Nelle versioni precedenti della farmacopea italiana ed è stato
inserito nuovamente nella farmacopea europea. C'è un altro
saggio per definire la scorrevolezza di una polvere che si indica
con il concetto di angolo di riposo. In cosa consiste: un piatto
circolare di raggio noto che viene posto su un sostegno. Su
questo piano circolare,viene fatta cadere attraverso un imbuto la
polvere;questa, cadendo sul piano circolare, formerà un cono. Il
saggio è considerato terminato ossia quando sarà il momento in
cui è possibile eseguire la misura, quando per aggiunte
successive di polvere, l'altezza del cono non varia più. Questo
perché: la polvere che si aggiunge incomincia a cadere dai lati,che dal punto di vista fisico significa
che si è formato un equilibrio tra la forza peso e le forze di attrito e di tensione tra le particelle di
polvere,che sono quelle che mi interessa determinare(ovvero la capacità o meno delle particelle di
scorrere, quanto l'attrito influenza questa proprietà). Si misura l'angolo α che si definisce come
angolo di riposo e che dà una misura della scorrevolezza o meno della polvere.

In realtà non si misura l'α ma misuro la tag α.

si considera un valore di scorrevolezza ottimale di una polvere quando 35°< α <45°, perché polveri
poco scorrevoli sono un problema perché possono bloccare le macchine mentre polveri troppo
scorrevoli possono essere altrettanto un problema perché una polvere che scorre troppo rapidamente
viene difficilmente dosata dal sensore di volume, e quindi può dare problemi di dosaggio tanto
quanto una polvere poco scorrevole.
Le caratteristiche di una polvere che possono influenzare la scorrevolezza sono:




dimensione delle particelle; le polveri più sono piccole e più scorrono ma anche maggiore è
la loro uniformità e maggiore è la scorrevolezza;
forma delle particelle; più è regolare la forma, e quindi più assimilabile a una sfera,
maggiore sarà la scorrevolezza;
porosità: una polvere poco porosa ovvero con poco spazio vuoto tra le particelle scorre
meno rispetto a quella più porosa per un problema di ingombro fisico.

Un' altra caratteristica che viene misurata per le polveri, i cui saggi sono presenti in farmacopea, è la
misura della densità della polvere che viene fatta utilizzando un picnometro. Altra caratteristica
che viene misurata è la misura della superficie specifica della polvere. La superficie specifica è la
superficie su unità di volume ed è un parametro fondamentale per valutare la biodisponibilità di un
principio attivo perché è un parametro che influenza in maniera sostanziale la velocità di
dissoluzione delle forme farmaceutiche e quindi la capacità di liberare il principio attivo. Ci sono
moltissime tecniche per misurare la superficie specifica, ma c'è un concetto che le accomuna: sono
tutte tecniche che sfruttano l'adsorbimento (o di gas o di mercurio) di sostanze che hanno un volume
noto sulla superficie della polvere. Quindi si fa in modo che ci sia un adsorbimento
monomolecolare ( ad esempio di gas) sulla superficie della polvere e si misura quanto gas è stato
adsorbito; dato che è nota l'area che ogni molecola di gas occupa e quindi moltiplicando la
superficie occupata da una molecola per il numero di molecole che sono state adsorbite si misura la
superficie della polvere.
Le caratteristiche e i saggi visti sono quelli che la farmacopea chiede quando la polvere è
l'intermedio della lavorazione della forma farmaceutica. Però le polveri possono anche essere la
forma farmaceutica finita. Le polveri possono essere impiegate:




come polveri per uso orale;
come polveri per uso iniettabile;
come polveri per applicazione cutanea.

Sulla monografia delle polveri per uso orale, le polveri per uso orale sono preparazioni costituite
da particelle solide, non aggregate, asciutte e di vari gradi di finezza. Contengono una o più principi
attivi, con o senza eccipienti. Sono generalmente somministrate in acqua o altro liquido adatto.
Possono anche essere ingerite direttamente. Sono presentate come preparazioni a dose unica o
multidose. La farmacopea in questo caso, indica anche le caratteristiche del processo produttivo e
dà delle indicazioni sui saggi da eseguire sulla forma farmaceutica; cioè per dire che la forma
farmaceutica può essere autorizzata all'immissione in commercio deve rispondere ai saggi di
farmacopea.
Quando si hanno le polveri per applicazione cutanea si nota che la definizione è identica a quella
delle polveri per uso orale, ma aggiunge una caratteristica: se le polveri per applicazione cutanea
sono pensate per essere applicate sulle ferite e sulla cute lesa, il preparato deve essere STERILE. Le
polveri possono essere anche formulate per essere somministrate attraverso dei contenitori
pressurizzati.
Nell'ambito delle polveri per uso orale ci sono le polveri per gocce orali o per sciroppi. Quindi la
polvere può essere la forma farmaceutica finita oppure può essere venduta come polvere ma al
momento dell'assunzione l'utilizzatore deve ricostituire la vera forma farmaceutica: le gocce o lo
sciroppo. Per i problemi legati alle polveri, di fatto, raramente l'azienda farmaceutica le polveri
vengono utilizzate come forme farmaceutiche finite;oggi si aggiunge un passaggio che è quello
della granulazione. Da una miscela di polveri si ottengono i granulati. I granulati vengono fatti
sostanzialmente per ovviare a due problematiche fondamentali :innanzitutto alla regolarità delle
particelle della polvere, perché nella polvere sono polverizzate con i molini e quindi non c'è una
grande attenzione alla forma geometrica della particella di polvere. Con i granulati, invece, si
ottengono sempre delle particelle sferiche, e quindi il granulato è, a parità di composizione, più
scorrevole della polvere.
Esempio: si ha un principio attivo più il lattosio. Si miscelano insieme tutte le polveri; si attua la
misura della velocità di scorrimento e queste due componenti avranno due velocità di scorrimento
(che dipenderanno dalla granulometria di entrambi,dalla porosità di entrambi e dalla miscela).
Invece passando attraverso la formazione del granulato si miscela,preventivamente il lattosio e il
principio attivo e da questa miscela si prepara il granulato e si avranno dei granuli perfettamente
sferici che saranno composti, in maniera omogenea, da eccipiente e principio attivo. Questo anche
perché risolve il problema che si definisce di de miscelamento delle polveri: perché in un impianto
che fa mini compresse ora si mescolano tonnellate di eccipienti e tonnellate di principio attivo.
Dopo averli miscelati si metteranno nei silos da carico. Dipendentemente dal tempo in cui la
miscela è ferma;siccome le polveri che sono state miscelate non hanno la stessa densità, queste si
demiscelano, ovvero si depositano in fondo le polveri più pesanti. Quindi si correrebbe il rischio di
fare le prime compresse solo di principio attivo e tutte le restanti di eccipienti.
I metodi di granulazione sono sostanzialmente distinti:
1. granulazione a secco;
2. granulazione ad umido:
-

granulazione per estrusione- sfendiziazione;
granulazione a letto fluido
granulazione per spray drying.

Il metodo della granulazione a secco, cioè che non prevede la
presenza di solventi, si realizza attraverso un processo di
supercompressione, cioè le polveri sono mescolate insieme e
vengono formate attraverso 2 nuclei e quindi vengono
supercompresse insieme e poi, questo nastro che viene fuori dal
granulatore a secco viene frantumato, setacciato e vengono poi
realizzate le compresse. È un processo che non richiede la presenza
di acqua sì la presenza di calore. I vantaggi sostanziali di questo processo sono: va bene per principi
attivi che possono subire idrolisi e per sostanze che sono termolabili ed inoltre costa poco. Ci sono
però molti svantaggi: innanzitutto il fatto che il granulato a secco ha comunque un elevato grado di
polverosità, cioè la possibilità “volare” porta a quello che vengono chiamate contaminazioni
crociate, cioè si possono mescolare all'interno dell'impianto produttivo e può essere rischiosa per il
personale, perché la polvere può essere malata. Inoltre ci sono dei tempi di pulizia molto lunghi.
Un altro problema è quello di distribuire in modo uniforme i coloranti.
Nella granulazione ad umido c'è un numero maggiore di fasi. L'agente legante viene sciolto o in
acqua o generalmente in una miscela di acqua ed etanolo (miscele sono alcoliche). Le polveri sono
impastate con la soluzione di agenti leganti e si ottiene una massa pastosa che viene forzata
attraverso un setaccio. I granuli ottenuti vengono seccati e vengono poi setacciati per ottenere delle
dimensioni omogenee di granulato; una tipica forma farmaceutica che si ferma a questa fase è la
citrosodina, che è un esempio di granulato non setacciato. La setacciatura finale è detta
calibrazione dei granuli.
Il problema fondamentale della granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e la sua
concentrazione. Che anche qui deve essere un compromesso tra una quantità sufficiente ad ottenere
un granulato che sia resistente ma che poi sia facilmente solubile o disgregabile. Deve essere un
buon agente legante ovvero che dia un prodotto resistente ma che deve essere in grado di liberare il
principio attivo in maniera efficace una volta che è stato assunto. Le soluzioni leganti sono o
soluzioni zuccherine (gelatina e amido) ma l'agente che viene utilizzato principalmente è il polivinil
pirrolidone (PVP).
Le tecniche di granulazione ad umido possono essere o in continuo o in fase discontinua, ovvero
che il processo produttivo può avvenire passaggio per passaggio e quindi la miscela di polveri viene
bagnata con la soluzione di agente legante e poi avviene l'essiccamento ed infine avviene la
setacciatura per uniformare i granulati. Sono delle tecniche che si chiamano granulatori a letto
fluido o flusso continuo in cui il processo viene fatto in continuo e quindi c'è una sola macchina
dove dalla miscela di polveri si arriva direttamente al granulato setacciato.
La definizione della Farmacopea dei Granulati: i granulati sono delle preparazioni solide costituite
da aggregati solidi, secchi, di particelle di polvere, sufficientemente resistenti a manipolazioni
energiche.
Lo stadio più complesso nell'operazione di granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e
della sua concentrazione, ciò torna nella definizione di farmacopea, perché deve essere resistente a
manipolazioni energiche (dal punto di vista meccanico) del granulato e quindi non si deve
ripolverizzare nel processo produttivo, ma a sua volta non deve essere eccessivamente resistente dal
non liberare il principio attivo. I granulati, secondo Farmacopea, sono destinati alla
somministrazione orale. Possono essere deglutiti tal quale,come per esempio i granulati
effervescenti, masticati oppure sciolti o dispersi in acqua o in altro liquido adatto prima di essere
somministrati(di questo tipo usiamo l'Aulin e l'Oki). I granulati possono essere a dose unica(Aulin)
o a multidose(citrosodina).
I saggi che prevede la farmacopea per i granulati sono saggi relativi al granulato come forma
farmaceutica finita unidose. Sarà obbligatorio il saggio di uniformità di massa e il saggio di
uniformità di contenuto. I granulati previsti in farmacopea sono distinti in:
-

effervescenti
rivestiti: ovvero che ogni singolo granulo che costituisce la forma farmaceutica finale
avrà un rivestimento di natura polimerica. In questo ambito si possono trovare i
granulati gastroresistenti, in cui ogni singolo granulo è ricoperto con un polimero che
gli conferisce delle caratteristiche gastroresistenti (non si sciolgono a pH acido ma a pH
intestinale); generalmente, questi polimeri, hanno dei residui bicarbonilici, con uno dei
residui carbossilici sono legati al polimero naturale e l'altro conferisce la sensibilità a pH
diversi. Uno dei più utilizzati è l'acetoftalato cellulosa. Quindi è la cellulosa
devitalizzata con l'acido ftalico(che è un derivato bicarbonilico) che ha un COOH che
esterifica con un OH della cellulosa e l'altro COOH libero.
Compresse
Il primo riferimento a delle forme farmaceutiche compresse, risalgono a dei trattati di medicina
araba del X sec. , in cui proprio le polveri erano poste in delle forme e venivano compresse a
martellate. Il processo produttivo della compressione, però, è abbastanza giovane; è alla fine del
1800 che compare, per la prima volta, in terapia, la parola compressa. Sempre verso la fino dell'800
compare la prima monografia (sulla farmacopea inglese) sulle compresse, che rimane l'unica fino al
1945. Da notare che i primi studi sull'influenza della formulazione sul principio sistematico sono
della fine degli anni '70. Le compresse sono delle preparazioni solide contenenti ciascuna una dose
unica di uno o più principi attivi e ottenuti usualmente per compressione di volumi uniformi di
particelle. La maggior parte delle compresse sono per somministrazione orale, in quanto ci sono
anche le compresse per uso rettale. Si possono distinguere varie categorie di compresse per uso
orale: compresse non rivestite,rivestite, effervescenti, solubili, dispersibili, orodispersibili,a rilascio
modificato, gastroresistenti e da utilizzare nella cavità buccale. Esistono due tipi di comprimitrici:
alternativa e rotativa.
In che cosa consiste il processo di compressione: (1) riempimento della camera di compressione
,che ha un dosatore a volume nella comprimitrice; ci sono due parti dette punzoni, uno superiore e
l'altro inferiore. Nella comprimitrice alternativa i due punzoni si muovono in maniera alternata; (2)
il punzone superiore è quello che comprime e quindi è quello che applica la forza di compressione
e (3) il punzone inferiore è quello che fa espellere la compressa. La forma della camera di
compressione, che si chiama anche matrice , determina la forma e la sezione trasversale della
compressa; i punzoni superiori ed inferiori , determinano la forma alla linea di separazione visibile
delle compresse e questo dipende dalle facce dei punzoni. La comprimitrice rotativa è fatta in modo
che i punzoni si muovano contemporaneamente, cioè scorre tra il punzone superiore e il punzone
inferiore un letto di polvere; ad altezza di questi rulli i punzoni vengono spinti inseme e quindi
l'operazione di compressione viene fatta in continuo(che non viene fatta in quella alternativa). Nelle
industrie, di fatto, ci sono solo le comprimitrici rotative, che arrivano a produrre fino a 1000000 di
compresse/ora; per la formulazione galenica invece, le poche farmacie che fanno le compresse
hanno comprimitrici alternative, in quanto più piccole e maneggevoli. Le compresse possono essere
ottenute per: compressione diretta o compressione dopo granulazione(la maggior parte).
La forza di compressione porta ad una deformazione plastica della particelle o ad una deformazione
elastica, ovvero dipendentemente dalla forza che si applica si può avere:
Quindi si ha (1) la polvere che inizialmente si trova nel suo stato di volume apparente (particelle +
spazi vuoti); iniziando ad applicare una forza di compressione si arriva alla (2) alla condizione di
volume reale, detto impaccamento denso, in cui si elimina l'aria tra le particelle. Continuando ad
applicare la forza si ottiene (3) la deformazione elastica: questo vuol dire che se in questo punto si
smette di applicare la forza di compressione , la polvere torna alla sua situazione di partenza.
Continuando ad applicare la forza si arriva (4) alla deformazione plastica, che è quella si che vuole
ovvero la formazione di una compressa e vuol dire che se in questo punto si smette di applicare la
forza di compressione la compressa rimane tale( la polvere rimane coesa). Continuando ad applicare
una forza eccessiva si ha la rottura della compressa(5). Quindi negli studi di questo tipo ovvero in
base alla polvere o al granulato che si deve comprimere dovranno essere fatti degli studi di forza di
compressione, per ogni singola miscela.
La compressione diretta è quella che si fa in farmacia ed è possibile quando la polvere ( o la
miscela di polveri di principio attivo e degli eccipienti) ha buona proprietà di scorrimento e di
comprimibilità; quindi la polvere deve essere scorrevole e deve essere possibile, applicando una
forza di compressione eccessiva, ottenere una compressa resistente. Come si prepara una compressa
per compressione diretta:

glicante
(2)

diluenti
(1)
Principio Attivo

lubrificante
(3)

disgregante
(4)
miscelazione

compressione
Si prende il principio attivo o i principi attivi e li si miscela, prima di tutto, con un diluente (1), che
sono gli eccipienti che rendono la massa lavorabile, e poi si aggiunge un glicante (2) e un
lubrificante (3), fanno parte della classe che generalmente si chiama dei lubrificanti ma la differenza
è che i glicanti influenzano la scorrevolezza vera e propria della polvere cioè agiscono sulle forze di
attrito e di frizione delle particelle della polvere e quindi modificano l'angolo di riposo. Un glicante
che viene usato anche in galenica è la silice colloidale ( il cui nome commerciale è aerosil) ed è
praticamente una polvere impalpabile che aumenta la scorrevolezza delle polveri. I lubrificanti,
propriamente detti, hanno la funzione di modificale le interazioni della polvere con le parti
meccaniche della comprimitrice e quindi evitare i fenomeni di pitching e stiching, che sono
rispettivamente la possibilità che la compressa resti attaccata al punzone superiore( se la polvere
non è sufficientemente scorrevole può rimanere adesa al punzone superiore e quindi quando risale
la compressa non si stacca), oppure può rimanere attaccata al punzone inferiore(cioè quando il
punzone superiore, dopo la compressione, risale per espellere la compressa ma questa non si
stacca). Quindi i glicanti agiscono sulla polvere, i lubrificanti agiscono sul processo di
compressione. A questa miscela dovrà essere aggiunto un disaggregante (4) che è un eccipiente con
ruolo biofarmaceutico perchè modifica o comunque influenza la disaggregazione della compressa e
quindi la liberazione del principio attivo.
I vantaggi della compressione diretta sono:





tempi minori: se la miscela è comprimibile e scorrevole.
No acqua e nessun contatto con i solventi.
No calore.
Non essendoci riscaldamento, è un processo energicamente meno costoso.

Gli svantaggi sono:




le polveri difficilmente sono facilmente comprimibili
demiscelamento polveri
costo elevato eccipienti, perchè gli eccipienti che possono essere utilizzati nella compressione
diretta sono estremamente costosi(si utilizza infatti il lattosio spray dried).

Generalmente le aziende, per la produzione delle compresse per la compressione diretta, in farmacia
vendono delle miscele di eccipienti di cui raramente interessa la composizione reale.
La compressione dopo granulazione ad umido è più complicata della compressione diretta( mi
basta miscelare le polveri evitando la loro demiscelazione e poi comprimere).

diluente

Miscelazione

Principio Attivo

Legante

Granulazione

H2 O

Essiccamento
Setacciatura
Glicante

2° miscelazione

Lubrificante

Disgregante
Compressione
Inizialmente verrà miscelato il principio attivo con il diluente; dopo di che, questa polvere, verrà
bagnata con la soluzione di agente legante ( H2O o miscele idroalcoliche) e avverrà il processo vero
e proprio di granulazione e ci sarà poi la fase di essiccamento. Successiva alla fase di essiccamento
c'è la setacciatura, ovvero rendere omogenee le dimensioni del granulato. Sul granulato, essiccato e
setacciato, avverrà la seconda miscelazione e quindi saranno aggiunti il glicante, il lubrificante e
l'agente disaggregante, dopo la seconda setacciatura avverrà la compressione.
La disaggregazione e la disgregazione sono due processi diversi: la disaggregazione è la fase
iniziale della rottura della compressa mentre la disgregazione avviene dopo, ovvero dalla rottura
grossolana(disaggregazione) si ha la rottura in frammenti più piccoli(disgregazione). L'eccipiente è
sempre lo stesso(amido, cellulosa, derivati o zuccheri), che influenza in realtà il processo dalla
compressa al principio attivo solubile; è sempre chiamato disaggregante ma influenza tutti e due
questi processi.
Il processo di spray drying è quello che consente di ottenere delle polveri finemente suddivise, e
quindi con delle dimensioni ridotte e estremamente omogenee, oppure consente di ottenere da
principi attivi liquidi una formulazione solida. La miscela, o il principio attivo, viene disciolta, e
quindi si trova sotto forma di soluzione; sull'impianto c'è un atomizzatore che spruzza, dall'alto, la
miscela( e che viene quindi nebulizzata, ed entra nella camera(sotto forma di goccioline finissime)).
Queste goccioline vengono investite, generalmente dal basso, da una corrente di aria calda:quindi,
le micro goccioline vengono immediatamente essiccate dalla corrente di aria calda. L'aria calda, non
solo essicca, ma mantiene in movimento, e quindi rende il processo ancora più rapido. Una volta
che le particelle sono diventate solide, chiaramente pesano di più e quindi scendono verso il basso e
vengono portate nel ciclone, dove sono setacciate in maniera raffinata, per forza centrifuga: in base
alle dimensioni verranno separate all'interno del ciclone. Alla fine della setacciatura verrà raccolto il
prodotto.

E' un processo molto costoso e visto le temperature elevate che si raggiungono nella camere(180°200°C) è ovvio che questo è un processo che non si può utilizzare per principi attivi termolabili.
Una volta appurato come si ottengono le compresse e quali sono i problemi produttivi delle
compresse, quali sono i saggi che la farmacopea chiede per le compresse; sono dei saggi che vanno
eseguiti obbligatoriamente dalle aziende prima di poter licenziare il tutto. Viene prodotto così un
lotto di compresse, che deve rispondere a tutti i saggi della farmacopea, e solo dopo che l'ufficio di
controllo di qualità ha dato il permesso, in azienda si “licenzia” il lotto, ovvero si mette in vendita
quel lotto.
Saggio dell’uniformità di massa, obbligatorio per tutte le forme farmaceutiche solide a dose unica.
Il saggio si esegue su 20 unità, nel caso delle compresse sono 20 compresse,che vengono pesate
singolarmente, su questi 20 pesi si calcola il peso medio delle compresse. Il saggio dice: non più di
due di tali masse individuali, ovvero dei singoli pesi, possono presentare uno scarto rispetto alla
media superiore allo scarto percentuale ammesso e nessuna unità può presentare uno scarto
maggiore del doppio di tale scarto percentuale ammesso.
Nella tabella è riportata la deviazione percentuale
della massa media. Cioè i pesi singoli delle 20 unità
devono essere confrontate al peso medio, più o meno
con lo scarto percentuale ammesso. Lo scarto
percentuale ammesso o deviazione percentuale,
come si vede dalla tabella, varia a seconda della
forma farmaceutica(dato che è obbligatorio per le
forme farmaceutiche solide) e quindi si hanno dei
valori di deviazione percentuale(che si indica con K)
diversi. All'interno della stessa forma farmaceutica K
varia al variare del peso medio. Come varia: minore
è il peso maggiore è la deviazione percentuale
ammessa.
Es: peso medio 80 mg; il valore di K=10; ovvero
intorno a questo peso medio la deviazione
percentuale ammessa è +/- 10%. quindi si avrà un
intervallo di 80+/- 8; la farmacopea dice che non più
di 2 unità possono essere fuori da questo intervallo,
cioè si possono discostare di 1 valore di deviazione percentuale ammessa dal peso medio, e nessuna
delle 20 unità si deve discostare dal peso medio di 2 deviazioni percentuali cioè dall'intervallo 80+/16. Il secondo intervallo è più ampio e quindi 18 compresse devono rientrare nell'intervallo 72-88, e
2 possono uscire ma non oltre i 16; devono essere rispettati entrambi questi criteri e quindi anche
se tutte e 20 rientrano in 80+/-16 ma 17 rientrano nel primo limite comunque il lotto non può essere
validato. È ovvio che se tutte e 20 le compresse rientrano nel primo intervallo, rientreranno anche
nel secondo.
K diminuisce all'aumento del peso medio. Per esempio se il peso medio è 250 mg, K = 5 → 250+/12,5, questo perchè, in questo modo, l'intervallo intorno al peso medio è più o meno lo stesso.
Il saggio di uniformità di contenuto è ' il saggio in cui viene dosato il principio attivo(il saggio di
uniformità di massa è quello che dà per l'appunto l'uniformità di massa). Il saggio di uniformità di
contenuto si esegue solo quando il principio attivo è inferiore al 2% in peso dell'intera forma
farmaceutica o a 2 mg. In tutti gli altri casi, cioè quando il principio attivo è in quantità superiore al
2 % o a 2 mg, l'uniformità di contenuto è ottemperata dall'uniformità di massa;quindi se si sono
fatte delle compresse omogenee in peso certamente queste saranno omogenee nel contenuto. Il
criterio di fabbricazione sarà sempre un range ammesso percentuale intorno al contenuto dichiarato
del principio attivo. Ci sono saggi diversi(saggio A,B,C) in cui ciò che cambia è la tecnica analitica
per i principi attivi. È importante vedere che il range intorno al contenuto medio ammesso deve
essere compreso tra i 85 e il 115%; quindi se il contenuto nominale, in mg, è X, l'uniformità di
contenuto si considera ottemperata se quello che si trova analiticamente si trova nell'intervallo 85%
< X < 115%. Questa è la base di buona parte del dibattito sugli equivalenti, perchè il range è
abbastanza ampio del dichiarato e su questo si basa quello che i produttori di generici cercano come
l'ammissibilità nelle prove di rilascio, ovvero fanno un po' di confusione. In questo saggio si dice
che la quantità nominale deve essere +/- 15%; allora i produttori, sulle prove di dissoluzione, dicono
che c'è l'oscillazione del +/- 15% perchè lo dice la farmacopea; ma la farmacopea non parla del
rilascio del principio attivo ma ciò che c'è realmente.
Il Saggio della friabilità è un saggio obbligatorio per le compresse non rivestite. Esiste un
apparecchio, il friabilometro, costituito da un tamburo di plexiglas che viene posto verticalmente
su una macchina. All'interno di questo tamburo c'è un braccio, e questo tamburo viene fatto ruotare
dalla macchina. Nella rotazione del tamburo, le compresse sono sollevate e poi ricadono. Con
questo saggio si misura la resistenza meccanica superficiale delle compresse. Il saggio,
generalmente si esegua una volta sola.
Il numero di compresse da utilizzare nel
saggio, anche in questo caso, dipende dal
peso delle compresse. Per compresse di
massa unitaria fino a 0,75 g è di 20
compresse, per compresse maggiori di
0,75 g sono 10. Si pongono le compresse
all'interno del friabilometro, prima di porle
all'interno si pesano, si esegue il saggio, si
spolverano le compresse alla fine del
saggio e si ripesano. Quindi si valuta se c'è
una perdita di peso e quindi una scarsa
resistenza superficiale delle compresse. È
ovvio che questo saggio non si esegue per
le compresse rivestite perchè hanno un
rivestimento
e
dovrebbero
essere
resistenti.
Il saggio della rottura delle compresse è quello proprio in cui si misura la resistenza meccanica
alla rottura della compressa. Prima in farmacopea erano descritti degli apparecchi, ma nelle XII non
c'è un apparecchio specifico per determinare la rottura. La farmacopea dice solo che si misura come
forza necessaria a rompere le compresse. Uno degli apparecchi che può essere usato( i risultati
devono essere espressi in N) è l'apparecchio di monsanto

si pone la compressa lungo la sezione longitudinale e girando la vite si calcola la forza necessaria
alla frantumazione. L'apparecchio di Monsanto è calibrato in Kg.
Saggio di disaggregazione delle compresse e delle capsule: Un cestello, di plexiglas o di vetro,
che contiene 6 cilindri di vetro la cui base, di questo cilindro, è una rete di acciaio, è agganciato ad
un motore che fa muovere il cestello dal basso verso l'alto. Il cestello viene immerso in una
soluzione di H2O e serve a misurare il tempo necessario a che le forme farmaceutiche solide siano
disaggregate
la compressa si considera disaggregata quando sulla rete metallica sul fondo non c'è nessun
frammento oppure ci sono dei frammenti ma che sono completamente bagnati dall'acqua; la
farmacopea dice che non deve resistere nessun nucleo non bagnato. Il saggio si esegue su 6
compresse: la farmacopea dice che la compressa si considera disaggregata quando non rimane
nessun residuo oppure c'è un residuo costituito da una massa molle. Ci sono dei saggi diversi per le
compresse e le capsule, per quelle grandi, e per le supposte e per gli ovuli; questi saggi sono
obbligatori per tutte le forme farmaceutiche solide unidose.
Fattori che influenzano la velocità di disaggregazione di una forma farmaceutica. L'influenza
delle caratteristiche della compressa e dell'ambiente sulla velocità di disaggregazione si misurano
con profondità di ingresso del solvente all'interno della compressa. La velocità di disaggregazione
sarà:

dove L è la velocità di disaggregazione, r è il raggio dei pori della compressa, γ cos θ è la
bagnabilità ( la tensione superficiale per il coseno dell'angolo di contatto, ed è la capacità di un
solido di essere bagnato da un liquido ed è quindi una caratteristica del soluto). Η è la viscosità
del liquido(con cui la compressa entra in contatto) e t è il tempo. Questa relazione vale per le
compresse non rivestite. Un parametro che può avere un effetto sul raggio dei pori è la grandezza
delle particelle ma soprattutto la forza di compressione, ed è per questo che bisogna valutarla con
attenzione perchè bisogna arrivare alla deformazione plastica e non alla rottura, ma bisogna anche
fare in modo che la compressa sia disaggregabile. Infatti, il meccanismo di azione principale dei
disaggreganti è quello di creare dei canali all'interno della compressa;cioè generalmente sono
delle sostanze immediatamente solubili in H2O che a contatto con il fluido si dissolvono
rapidamente e aumentano r sia come dimensione che come numero. Un altro meccanismo di azione
dei disaggreganti, di quelli che vengono chiamati super disaggreganti, è la caratteristica che
hanno alcuni polimeri di assorbire l'H2O rapidamente e di rigonfiarsi. I fenomeno si chiama
swelling, e in questo caso le compresse meccanicamente esplodono( explotab, o sodio
caramellosio).
Il saggio della velocità di dissoluzione è un saggio non obbligatorio, ma per le forme
farmaceutiche non convenzionali sì perchè serve per dimostrare che abbiamo un effetto in quanto
forma farmaceutica nella liberazione del principio attivo. Il macchinario che si utilizza è costituito
da 1 contenitore, nel quale viene posto il liquido che viene utilizzato come solvente, e da un
agitatore meccanico, che può essere a cestello rotante, ovvero un cestello di acciaio inossidabile che
è legato direttamente al motore che imprime la rotazione, o a paletta(che invece agita il solvente). In
questo caso la forma farmaceutica è posta nel cestello e ruota in maniera solidale con il motore; nel
caso dell'agitatore a paletta la forma farmaceutica è posta nel contenitore dove c'è il liquido ed il
movimento è imposto al liquido. Le palette sono generalmente di teflon o di acciaio inossidabile. Il
saggio di dissoluzione si esegue a 37° C. Nel caso della determinazione della velocità di
dissoluzione con questi dissolutori, la forma farmaceutica viene messa nel fluido(generalmente 1 L)
si impone una certa velocità di rotazione, a intermedi di tempo predefiniti si fanno dei prelievi,si
misura la concentrazione di principio attivo e, indipendentemente dal volume che si preleva, si
aggiunge solvente nuovo. Quello che si calcola è un incremento della quantità di principio attivo
che si sta analizzando nel tempo,che si chiama quantità cumulativa, che dovrà tenere conto delle
singole diluizioni, perchè ad ogni prelievo si aggiunge solvente nuovo. Si aggiunge solvente nuovo
per fare in modo che comunque il volume sia costante, perchè sennò si avrebbe una concentrazione
crescente che può essere legata al fatto che il volume sia diminuito.
Il saggio si fa su 6 compresse ma valutate singolarmente, in cui poi il profilo di rilascio si fa
facendo la media. Nel caso del cestello rotante, se si dice che è stata applicata una velocità di
rotazione che si misura in giramento o RPM, si è sicuri che la forma farmaceutica ruota a quella
velocità. Nel caso del dissolutore a paletta il movimento che ha la la forma farmaceutica non è
controllato ,perchè la paletta imprime il movimento al solvente e il movimento del solvente trascina
la forma farmaceutica che potrebbe trovarsi nella parte bassa( e quindi è agitata più velocemente)
oppure potrebbe spostarsi nella parte più alta e quindi imprime una velocità di rotazione minore. Se
però la forma farmaceutica ha una composizione particolare, il cestello si può otturare(come per es.
polimeri che rigonfiano) e quindi il principio attivo è intrappolato nel cestello. Lo stesso problema
si può avere utilizzando delle compresse di natura polimerica, con il dissolutore a paletta, e bisogna
essere certi che la forma farmaceutica non aderisca al recipiente, per cui in questo casi si imprime la
velocità la velocità di rotazione ma la forma farmaceutica non si muove. Mettere appunto il saggio
di dissoluzione funzionale non è facile, perchè bisogna scegliere il dissolutore, il solvente(che
solitamente sono tamponi a pH 1-2, ed alcuni utilizzano il fluido gastrico intestinale simulato), la
velocità di rotazione, il modello di dissolutore, i tempi di prelievo e i volumi dei prelievi. Per
simulare le condizioni in vivo è stata introdotta, nella XII edizione della farmacopea, una nuova
apparecchiatura: il dissolutore a flusso continuo. Perchè in questi dissolutori, non cambiando se
non di pochi ml il volume nel tempo, non si simulano le condizioni in vivo; la compressa nello
stomaco viene in contatto in continuo con liquido gastrico diverso. Quindi è previsto un
apparecchio a flusso continuo in cui c'è una camera di dissoluzione in cui viene messa una
compressa(o capsula) che è termostatata, viene inviato in questa in continuo, solvente riscaldato a
37°C e si raccolgono poi dei campioni che vengono analizzati. Questi saggi non sono obbligatori
per tutte le forme farmaceutiche solida ma sono consigliati per le forme farmaceutiche a rilascio
continuo.
Compresse
Le compresse sono preparazioni solide contenenti ciascuna una dose unica di uno o più principi
attivi e ottenute usualmente per compressione di volumi uniformi di particelle. Si possono
distinguere varie categorie di compresse per uso orale:








compresse non rivestite(con dei saggi obbligatori);
compresse rivestite
compresse effervescenti;
compresse disperdibili ed orodisperdibili;
compresse a rilascio modificato;
compresse gastroresistenti;
compresse da utilizzare nella cavità buccale.

Queste compresse devono avere una sufficiente resistenza meccanica, che tiene conto di due fattori:
la resistenza meccanica superficiale(i) che si misura con il saggio della friabilità, e la resistenza alla
rottura. Se le compresse sono realizzate e dispensate come compresse divisibili( quelle con il
“taglio” al centro), la farmacopea dice che, le aziende devono dimostrare che in ciascuna delle unità
in cui è divisibile la compressa ci sia uniformità di contenuto. I saggi obbligatori sono l'uniformità
di massa, l'uniformità di contenuto se il principio attivo è inferiore a 2 mg o al 2% della massa
totale, altrimenti l'uniformità di massa garantisce anche l'uniformità di contenuto.
Le compresse non rivestite possono essere:
1.
2.

a strato singolo
a multistrato

quindi si avrà una compressa in cui una miscela di polveri, nella maggior parte dei casi di
granulato,oppure nelle compresse multistrato si ottengono per compressione successiva e possono
gli strati essere paralleli o concentrici. Le compresse multistrato, indipendentemente dal disegno,
sono ottenute per compressioni successive di miscele diverse.

Le compresse multistrato vengono fatte o per avere il rilascio modificato o si può avere, nelle
compresse a multistrato quelle concentriche,concentrazioni diverse dello stesso principio attivo. Per
esempio la parte iniziale libera più rapidamente,etc, ma questo è soprattutto per le compresse a
rilascio modificato ovvero per forme farmaceutiche non convenzionali in cui la forma farmaceutica
controlla l'assorbimento. In genere viene fatta quando c'è una incompatibilità chimico-fisica dei
principi attivi; se la formulazione, quindi, contiene più principi attivi che presentano tra loro
incompatibilità chimico-fisica, vengono granulate separatamente e poi vengono compresse le
miscele diverse.
Il saggio, oltre quelli obbligatori, obbligatorio per queste compresse è il saggio della
disaggregazione: si fa in H2O R( secondo farmacopea ovvero inclusa, con delle caratteristiche, nei
reattivi della farmacopea). Anche per le compresse rivestite è obbligatorio questo saggio, ma ciò che
cambia è il tempo, ovvero una compressa non rivestita è conforme alle caratteristiche di farmacopea
se disaggrega in H2O in 15 minuti, viceversa, le compresse rivestite, se hanno un rivestimento di
tipo zuccherino si chiamano confetti, come quelli per uso alimentare in quanto la tecnica è stata
importata dall'industria dolciaria, devono disaggregare in 60 minuti, mentre le compresse rivestite
con film devono disaggregare in 30 minuti.
Le compresse rivestite sono compresse ricoperte con uno o più strati di miscele di varie sostanze;
la rivestitura si fa senza compliance del paziente, perchè generalmente servono per coprire l'odore
sgradevole e il colore sgradevole. La confettura è un processo complesso, perchè per esempio
richiede che la soluzione sia di una composizione giusta e bisogna ottenere una confettatura che non
influenzi troppo la disaggregazione della compressa; fino a 5-6 anni fa la confettatura veniva fatta a
mano ovvero c'erano degli artigiani, importati dall'industria dolciaria, e operavano bagnando le
compresse, in cui stavano in un grande contenitore di rame e venivano fatte girare, con la soluzione
zuccherina fino alla consistenza voluta. La confettura in genere viene fatta per aiutare la
deglutabilità; infatti in genere i confetti sono per quelle compresse per uso pediatrico o geriatrico, o
per qualche patologia in cui il paziente ha difficoltà a deglutire(perchè sempre perfettamente liscio).
Il saggio di disaggregazione non si attua sulle compresse effervescenti.
Il tipo di rivestimento divide le compresse in:





compresse con rivestimento zuccherino(confetti) costituito un gran parte da saccarosio(che
può costituire fino la metà del peso totale)
compresse con rivestimento filmogeno, il film molto sottile è costituito da polimeri, questo
rivestimento può essere anche applicato a secco(non come il confetto,in cui la compressa e
bagnata della sostanza zuccherina), anche se ci sono delle compresse che vengono bagnate
con la soluzione polimerica.
Compresse a doppio strato o con rivestimento a secco.

Le compresse effervescenti sono compresse non rivestite contenenti generalmente sostanze acide e
carbonati o bicarbonati che reagiscono rapidamente in presenza di H2O sviluppando anidride
carbonica. Sono destinate ad essere disciolte o disperse in acqua prima della somministrazione.
Differiscono dalla compresse solubili in quanto devono essere sciolte in acqua prima della
somministrazione, mentre le compresse effervescenti hanno l'aggiunta che una volta sciolte in acqua
devono sviluppare rapidamente CO2. Il saggio di disaggragazione non si esegue sulle compresse
effervescenti ma si pone la compressa in un recipiente con acqua a una temperatura diversa da
quella corporea(37°C) e deve sviluppare numerose bolle di gas in 6 minuti, quindi il saggio di
disaggregazione è obbligatorio ma è diverso da quello delle altre compresse. Dalla reazione
dell'acido debole con il bicarbonato si sviluppa l'anidride carbonica.
3NaHCO3 + H3C6H2O7 → 3H2O + 3CO2 + Na3C6H2O7
252 g

192 g

54 g

132 g

258 g
da notare la quantità in grammi degli eccipienti utilizzati: le compresse effervescenti sono molto più
grandi di quelle normali, perchè per sviluppare 3 moli di CO2 si ha bisogno di quasi 3 etti di
eccipienti.
Le compresse disperdibili sono compresse non rivestite o rivestite con film destinate ad essere
disperse in acqua prima della somministrazione. La differenza con le compresse solubili è che la
compressa solubile dà luogo ad una soluzione, non necessariamente trasparente, mentre la
compressa disperdibile dà luogo ad una dispersione omogenea. I saggi che si fanno sulle compresse
disperdibili sono: 1) saggio della disaggregazione e 2) finezza della dispersione; quindi non solo
viene valutato il tempo in cui(a temperatura ambiente) disaggrega ma viene anche misurata la
dimensione della dispersione, che deve avere una dispersione tale da passare attraverso un setaccio
di 710 μm.
Le compresse oro disperdibili sono le compresse non rivestite destinate ad essere poste nella
bocca dove si disperdono rapidamente prima di essere inghiottite; sono quelle definite fast. Una
caratteristica formulativa particolare è che sono formulate con il mannitolo , perchè questo quando
si scioglie assorbe calore e quindi lascia un senso di freschezza perchè la dissoluzione è un processo
che libera calore.
Le compresse gastroresistenti sono le compresse a rilascio ritardato preparate per resistere al
fluido gastrico e rilasciare il o i loro principi attivi nel fluido intestinale. Sono preparate rivestendo
le compresse con una sostanza gastroresistente. Queste compresse devono resistere 2 ore in HCl 0,1
M e poi devono disaggregare in 1 ora in un tampone a pH= 6,8.
Sempre nell'ambito delle forme farmaceutiche solide per uso orale ci sono le gomme da masticare
medicate: sono preparazioni solide a dose unica con una base costituita essenzialmente da gomma,
destinate ad essere masticate ma non inghiottite. Sono per esempio il travelgum. Dopo dissoluzione
o dispersione dei principi attivi nella saliva, le gomme da masticare sono destinate:



al trattamento locale di affezioni della cavità buccale
all'azione sistemica dopo assorbimento attraverso la mucosa buccale o attraverso il tratto
gastro intestinale.

La compressa:

La compressa viene quindi prima (1) deaggregata, poi (2) disaggregata in particelle fini, poi avviene
il (3) processo di dissoluzione ed infine (5) l'assorbimento. Il principio attivo viene assorbito solo
dopo essere stato solubilizzato. È stato già visto quali sono i fattori che influenzano la
disaggregazione. I fattori che influenzano la dissoluzione di un solido: esistono molti modelli
matematici per descrivere il processo di dissoluzione di un solido. Si considera una sola teoria che è
quella che descrive la quasi totalità dei processi di dissoluzione.
La teoria del film lega la velocità della dissoluzione ai processi di diffusione, e quindi lega la
velocità di dissoluzione alla legge di Fick, che regola i processi diffusivi. Se si considera una
particella solida, questa entra in contatto con il solvente; la teoria del film dice che intorno alla
compressa di forma uno strato, detto strato idrodinamico diffusionale, in cui la concentrazione del
solido è pari alla sua solubilità.
Il solido incomincia a dissolversi nel solvente
e la porzione iniziale del solido disciolto
rimane a formare un film; quindi in questo
film che si crea intorno alla particella di
solido si ha una concentrazione di solido pari
a cs. Si avrà un volume di solvente in cui c'è
poco solido, in cui si avrà una concentrazione(ct), ovvero che dipende dal
tempo al quale si misura la concentrazione. Questa teoria richiama la teoria di
Fick perché in questo modello il processo di dissoluzione è considerato
costituito da due stadi: (1) passaggio solido nel film e (2) diffusione del solido
disciolto verso solvente puro.
In questo modello, il primo stadio è considerato lo stadio veloce mentre lo stadio lento è la
diffusione attraverso lo strato idrodinamico diffusionale e quindi sarà quello che influenza la
velocità di dissoluzione. La velocità di dissoluzione, che si misura come variazione della quantità
del solido che si trova in soluzione in funzione del tempo

dove A è la superficie specifica del solido(e quindi al grado di finezza dopo la disaggregazione), D è
il coefficiente di diffusione(attraverso le strato idrodinamico diffusionale), (cs - ct) è il gradiente di
concentrazione(tra lo strato idrodinamico diffusionale e la massa del solvente), h è lo spessore dello
strato idrodinamico diffusionale e V è il volume. Il gradiente di concentrazione tiene conto del
percorso che la molecola fa:
la differenza tra cs e ct al punto (1) è diverso dal punto (2) in quanto
dipende del percorso.

Per aumentare la velocità di dissoluzione di una forma farmaceutica in vitro si aumenta la superficie
specifica(evitando che la polvere eccessivamente fissa, non è facilmente lavorabile fino quindi al
limite della lavorabilità), h(aumentando la velocità di agitazione, in quanto gli agitatori sono
sottoposti ad agitazione si diminuisce h, perchè agitando lo strato idrodinamico diffusionale intorno
al solido si assottiglia); una delle tecniche, infatti, che si utilizza per discriminare il meccanismo di
dissoluzione è fare dei test al dissolutore variando la velocità di rotazione. Se la velocità di
dissoluzione aumenta all'aumentare della velocità di rotazione è plausibile che il meccanismo
coinvolto sia un meccanismo di questo tipo cioè legato a dei fenomeni diffusivi; se aumentando la
velocità di rotazione la velocità di dissoluzione rimane uguale si deve utilizzare un altro modello
matematico per valutare il processo di dissoluzione.
In vivo la situazione è molto più semplice, perchè ci sono delle situazioni sink cioè il solido viene in
contatto in continuo con il fluido gastrointestinale fresco quindi cs è sempre molto maggiore con ct.

quindi la variazione di concentrazione sarà legata al tempo attraverso una costante nel quale
rientrano dei parametri che sono costitutivi della forma farmaceutica. Questi grafici rappresentano
come gli eccipienti e i processi formulativi possono influenzare in maniere determinante la velocità
di dissoluzione e quindi la sua biodisponibilità.
In questo grafico è riportato il profilo di dissoluzione(riportato
come % disciolto in funzione del tempo) del fenobarbital,
formulato in polvere(1), in granuli(2) e in compresse(3).
Inspiegabilmente si vede che il fenobarbital in compresse si
scioglie più velocemente della polvere, quindi la polvere è già
disaggregata e quindi ha un processo in meno così come i
granuli, ma ciò nonostante, facendo il profilo di dissoluzione si
nota che le compresse si sciolgono più velocemente. Ciò
perchè nella compressione sono stati aggiunti degli eccipienti
che hanno favorito, ad esempio, la bagnabilità della polvere; prima di essere disciolto, il principio
attivo deve essere bagnato dal solvente e quindi se si aumenta la capacità della polvere di essere
bagnata si aumenta anche la velocità di dissoluzione. In genere, questa potrebbe essere
un'indicazione che comunque la granulazione è stata eseguita correttamente, perchè la presenza di
agente legante non ha ridotto, rispetto alla polvere (perchè la parte finale delle curve si
sovrappongono), la velocità di dissoluzione e che quindi la sua scelta e la sua concentrazione è
ottimale.

questo(1) invece è un grafico che fa vedere l'effetto del colorante; i coloranti hanno un effetto
sostanziale, soprattutto quelli insolubili in acqua come gli ossidi di ferro, nella biodisponibilità del
principio attivo. In questo caso viene studiata la velocità di dissoluzione della lipoflavina in
compresse rivestite con idrossipropil metil cellulosa. In questi due casi la velocità di dissoluzione è
stata eseguita sui succhi gastrici simulati: questo(*) è il profilo di dissoluzione in succo gastrico
simulato, mentre l'altro prifilo di rilascio è stato eseguito in fluido intestinale simulato. Nel fluido
gastrico simulato e nel fluido intestinale simulato non cambia solo il pH ma sono aggiunte delle
proteine e avvolte, nel fluido intestinale simulato, anche i sali biliari. In questo caso, la presenza di
colorante, nel succo gastrico simulato, rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione
mentre i due profili si avvicinano e sono perfettamente sovrapponibili nel fluido intestinale
simulato. Questo è proprio legato al fatto che nel fluido intestinale simulato sono presenti i sali
biliari, che sono delle sostanze che formano micelle , e quindi in questo caso la presenza del
colorante che rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione della vitamina(liposolubile) è
contrastata dal fatto che la presenza di sali biliari favorisce il processo di dissoluzione attraverso la
solubilizzazione micellare del colorante. Quindi è ovvio che in un saggio normale di
dissoluzione,eseguito in H2O o in un tampone non sarebbe possibile discriminare l'effetto del
colorante sul profilo della velocità di dissoluzione.
La solubilità, fino ad ora è sempre stata espressa come una concentrazione e quindi con dei valori
numerici(g/l, n/l o % p/v); in realtà, la farmacopea, esprime la solubilità delle sostanze utilizzando
una modalità completamente diversa. Infatti, divide le sostanze con delle indicazioni di solubilità
che vanno da solubilissimo a praticamente insolubile, dando la quantità in ml di H2O che solubilizza
1g di sostanza. Per esempio, solubilissimo meno di 1 vuol dire che 1g della sostanza si solubilizza
in 1ml di H2O(tra i 15-25°C ovvero a temperatura ambiente). Praticamente insolubile vuol dire che
1g di sostanza si scioglie in 10 l di H2O; quindi rispetto all'indicazione numerica in cui si esprime la
solubilità, la modalità della farmacopea di valutare la solubilità è completamente diversa. Wagner,
nel 1970, ideò uno schema per valutare gli stadi che portavano dalla forma farmaceutica solida al
farmaco in soluzione, che è la condizione necessaria perchè avvenga l'assorbimento del farmaco.
Forma farmaceutica solida → disintegrazione → granuli + aggregati → deaggregazione → polveri
fini
dalla forma farmaceutica solida inizia il processo di disintegrazione che porta a granuli e aggregati,
la deaggregazione, poi, porta alle particelle fini. Il processo di dissoluzione maggiore(ovvero in %
maggiore) avviene a carico ovviamente delle particelle fini anche se inizia un moderato processo di
dissoluzione anche nella forma farmaceutica solida. Qualche anno dopo, nel 1982, Cartensen
elabora uno schema più complesso e aggiunge, agli stadi che erano stati ipotizzati da Wagner, degli
stadi che precedono il processo di disaggregazione della forma farmaceutica solida. Inserisce un
tempo di lagging , necessario a che la forma farmaceutica sia bagnata dal solvente(in vivo dal
fluido biologico) per poi iniziare il processo di
disintegrazione.
Se si pone a grafico l'andamento del processo
considerato da Cartensen, si ottiene il tipico
diagramma ad S, che caratterizza il profilo di
dissoluzione delle forme farmacutiche solide.
La forma del grafico è ad S perchè: nella fase
iniziale (1) si avrà un tempo di lagging iniziale
in cui non c'è interazione tra la forma
farmaceutica e il fluido biologico; quindi la
forma farmaceutica dovrà essere bagnata dal
fluido biologico, il quale dovrà entrare all'interno della forma farmaceutica e solo a questo punto
inizierà il processo di disintegrazione(2) e il processo di disaggregazione(3). Nella fase centrale
della curva(4) si ha la fase di dissoluzione e andando avanti nel tempo non si arriva alla
dissoluzione totale perchè si genera uno stadio, secondo Cartensen, di occlusione. Si arriva così ad
uno stadio in cui il solido non solubilizza più e quindi la quantità disciolta rimane costante(5). Da
notare che la parte centrale del grafico è una retta; questo per i parametri che influenzano la velocità
di dissoluzione

In questi tre diagrammi A,B,C, si nota che tutti hanno la fase di
occlusione. L'andamento ad S è tipico del processo di
disintegrazione- dissoluzione: nel grafico A c'è solo il processo di
dissoluzione e quindi la compressa è a disaggregazione
immediata. Nelle curve B e C, il profilo di dissoluzione e quindi il
passaggio in soluzione del farmaco è influenzato dalla parte
iniziale. In queste forme farmaceutiche, quello che cambia è la
fase di disaggregazione; quindi la B rappresenta una forma
farmaceutiche in cui la disaggregazione è rapida mentre la C è
una forma farmaceutica poco bagnabile ( perchè il tempo di
lagging è lungo) e che ha una velocità di disaggregazione lenta.
Costruire questi grafici,utilizzando lo schema di Cartensen consente di evidenziare quale è lo stadio
limitante del processo di dissoluzione e quindi, indipendentemente da quello che si vuole ottenere
dalla forma farmaceutica, si modifica la formulazione. Da notare, che non è detto che una velocità
di disaggregazione elevata corrisponde a una velocità di dissoluzione elevata. Esistono una serie
infinità di modelli matematici che mettono in relazione, per le diverse formulazioni, la velocità di
disintegrazione con la velocità di dissoluzione, perchè non è certo che una forma farmaceutica che
disaggreghi rapidamente, rilasci poi rapidamente il principio attivo. Questi sono degli esempi che si
fanno negli studi di preformulazione, che sono assolutamente precedenti anche alla prima fare
della sperimentazione clinica, che si fanno per valutare l'effetto degli eccipienti sulla liberazione del
principio attivo.
In questo grafico sono riportati i profili di dissoluzione
dell'acido salicilico, formulato in compresse come forma
farmaceutica solida unidose, e si valuta l'effetto dell'amido sulla
dissoluzione.
Aumentando
la
quantità
di
agente
disaggregante(dal 5% al 20%) si ha una velocità di dissoluzione
maggiore. Quindi per l'acido salicilico in questa composizione,
aumentando la quantità di disaggregante si rende più veloce la
dissoluzione del principio attivo.
Questa una situazione diversa, perchè sono prese in considerazione preparazioni diverse. Sono
compresse il cui principio attivo è il diazepan. Gli eccipienti che sono considerati: fosfato di calcio
idrato(utilizzato con diluente, presente in
93%, ovvero l'aggiunta che crea la
massa), poi sono considerati due
disaggreganti diversi, il glicolato di
amido e l'amido di patata ed è poi
aggiunto il magnesio stereato(con
lubrificante propriamente detto perchè gli
stereati sono quelli che, nel caso delle
compresse, evitano i fenomeni di
adesione ai punzoni). In questa
formulazione viene valutato, non solo
l'effetto dei due disaggreganti diversi ma
viene valutato anche il tempo di miscelamento con il lubrificante. Questo perchè gli stereati sono
indispensabili per formare le compresse ma, essendo delle sostanze totalmente insolubili in H2O, la
loro presenza disturba in maniere sostanziale la dissoluzione di principio attivo; quindi un
parametro che deve essere valutato in maniera estremamente precisa è il tempo di miscelamento con
gli stereati perchè stando sulla superficie della forma farmaceutica , impediscono la fase
iniziale(ovvero la bagnabilità) e quindi tutti i passaggi successivi saranno modificati in maniera
sostanziale.
Quindi ci saranno le due curve relative ai diversi tempi di mescolamento; per esempio nella
formulazioni di diazepan formulate con l'amido di patata, il tempo di mescolameto con gli stereati
influenza in maniera sostanziale la velocità di dissoluzione, cioè aumentando da 2 minuti a 30
minuti il tempo di miscelamento, la velocità di dissoluzione si riduce in maniera sostanziale.
Questo, viceversa, non si verifica per le formulazioni che hanno come disaggregante il glicolato di
amido. Quindi l'andamento delle due curve, quelle dell'amido di patata, è legato ai due diversi tempi
di mescolamento: 30 minuti e 2minuti il tempo di mescolamento con il lubrificante(stereato di
Magnesio). Se si utilizza come disaggregante l'amido di patata, il tempo di mescolamento con il
lubrificante influenza in maniera sostanziale, cioè se si passa da 2 minuti a 30 minuti la velocità di

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Tecnologia farmaceutica .1 30

  • 1. Tecnologia Farmaceutica Come si fa in modo che la sostanza attiva possa essere somministrata? Di ciò si occupa la tecnologia farmaceutica. Circa ¼ di molecole che vengono scoperte ad altissima attività farmacologica, non sono poi commercializzate perché non si trova una formulazione funzionale per queste sostanze. Forma farmaceutica, ci sono due definizioni:   Categoria delle preparazioni formulate cui appartiene il prodotto; Presentazione del farmaco conseguente una trasformazione che lo rende idoneo a un certo tipo di somministrazione. Quindi nella prima definizione, entra il concetto di formulazione che, nella seconda definizione, in cui entra il concetto di trasformazione, e quindi un processo formulativo (di trasformazione) che rende il principio attivo idoneo alla somministrazione. Quindi sono tutte le sostanze e tutti quei processi che fanno sì che il principio attivo possa essere somministrato. La classificazione delle forme farmaceutiche è varia, e può essere fatta in base:    Alla forma “fisica”: si possono avere forme farmaceutiche solide, liquide e semisolide. Unidose/multidose: unidose per le forme farmaceutiche che sono suddivise, all'atto della preparazione, nella singola unità posologica (compresse, supposte), quindi quando la suddivisione nell'unità posologica è fatta da chi produce la forma farmaceutica. Multidose quella in cui la suddivisione della singola unità posologica è fatta dal paziente (gocce, sciroppi, colliri). Via di somministrazione, che sono: 1) orale, 2) rettale, 3) parenterale, 4) topica, 5) polmonare, 6) nasale, 7) oculare. Un’altra suddivisione delle forme farmaceutiche è in base all'uso: l'uso sistemico e l'uso locale. Spesso ci si confonde: spesso s’intende per somministrazione sistemica quella che prevede che la forma farmaceutica arrivi all'interno dell'organismo mentre per somministrazione locale s’intende una forma farmaceutica che si applica all'esterno; non è sempre così perché in realtà quello che fa la differenza è se viene assorbito e quindi se viene trasportato dal torrente circolatorio si parla di uso sistemico. Nella forma farmaceutica, escludendo il principio attivo, ci sono degli eccipienti. Sono definiti come qualsiasi materiale contenuto nella forma farmaceutica finale che non sia il principio attivo. Gli eccipienti devono rientrare nella categoria di sostanze definite GRAS, generally recognized as safe, ovvero, sicure dal punto di vista farmaceutico e tossicologico. Inoltre, nella definizione di eccipiente, entra il fatto che queste sostanze devono essere inerti da tutti i punti di vista; devono essere inerti chimicamente, fisicamente, farmacologicamente e dal punto di vista tossicologico. Per ogni singolo eccipiente deve essere valutata e giustificata in sede di Autorizzazione all'immissione in commercio la funzione, e quindi deve essere giustificato perché l'eccipiente è stato aggiunto e deve essere dichiarata o validata la sua funzione nella forma farmaceutica. Nella definizione della Ph Eur: un qualsiasi componente, al di fuori del principio attivo, presente in
  • 2. una preparazione farmaceutica o utilizzata per la fabbricazione. Esiste un’istituzione internazionale per il controllo e per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico che ha dato una sua definizione. Nella definizione dell'IPEC(international Pharmaceutical Eccipients control) c'è una classificazione degli eccipienti che devono essere inerti. La definizione secondo l'IPEC degli eccipienti è: una qualsiasi sostanza,diversa dal principio attivo,adeguatamente valutata nella sicurezza, che faccia parte di un sistema di azione del principio attivo, per una delle seguenti ragioni: 1. Aiutare la lavorazione del sistema durante la preparazione; 2. Proteggere,supportare o aumentare la stabilità, la biodisponibilità e la patient compliance; 3. Aiutare l'identificazione del medicinale potenziare la sicurezza e l'efficacia del medicinale durante lo stoccaggio e l'uso. I primi eccipienti, utilizzati nelle preparazioni farmaceutiche, erano tutte sostanze alimentari e di uso corrente, come il miele, il vino, l'uovo, le mele, etc. ovviamente si è passati dall'uso di queste sostanze, poco standardizzate, all'uso di sostanze riconosciute come eccipienti farmaceutici. Questo perché la composizione deve essere standardizzata come anche le caratteristiche chimico-fisiche. Esiste, redatta e controllata dall'IPEC, una guida per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico ( good manufacting guide ok buik pharmaceutical excipient); in queste norme di buona preparazione degli eccipienti sono state standardizzate le tecniche e i controlli, e vengono definite le fonti degli eccipienti(che possono essere naturali o sintetici). Le industrie farmaceutiche speravano di poter utilizzare o sostanze già utilizzate da altri (così si risparmiavano studi di inerzia e tossicologia) o sostanze utilizzate nell'industria alimentare. Infatti si sono tantissime sostanze che entrano nelle confezioni farmaceutiche che sono già in uso nei prodotti alimentari soprattutto del mondo orientale. Nella standardizzazione degli eccipienti deve essere validata la presenza di impurezze ( devono essere identificate e/o analizzate) e possono essere:     Tossiche,che devono essere sempre controllate; Funzionali,che devono essere accertate nella composizione della sostanza perché altrimenti quella sostanza non riesce a esplicare la sua funzione di eccipiente(es. Cellulosa cristallina ha una piccola frazione di emicellulosa che è fondamentale in quanto in assenza di questa sostanza non si ha una modificazione della viscosità). È difficile valutare la purezza e la stabilità degli eccipienti perché la maggior parte degli eccipienti non sono specie chimiche pure, ma sono miscele di specie diverse. Per molti eccipienti, la valutazione della stabilità non è fatta da un'analisi di tipo chimico ma è fatta da un'analisi di tipo fisico. Ad esempio, la gelatina che è un eccipiente di derivazione animale, e quindi non ha composizione chimica semplice, la sua stabilità nel tempo viene valutata misurando una capacità fisica cioè il potere gelificante. Quindi si misura il tempo 0 di potere gelificante e si misura, poi, dopo un anno e da questo si valuta se l'eccipiente è ancora stabile oppure no. Questo è ovviamente valido per gli eccipienti di sintesi generalmente hanno una composizione standard e quindi la stabilità viene fatta con altri metodi. Gli eccipienti possono essere classificati in base al ruolo: Costitutivo , la cui presenza è fondamentale per realizzare la forma farmaceutica; nella quasi totalità delle forme farmaceutiche, gli eccipienti oscillano tra il 60 e l'80% della massa
  • 3.     della forma farmaceutica. Servono quindi per ottenere una “massa lavorabile”; Produttivo, che non sono fondamentali, in assoluto ma sono legati alla tecnica di produzione. Servono quindi per facilitare i processi tecnologici di produzione; biofarmaceutico, ovvero che sono in grado di modificare la biodisponibilità o piu' in generale, il “destino” del principio attivo nell'organismo; Conservazione, che servono per la stabilità; presentazione , per la patient compliance(es associazione odore-aroma come per esempio nello sciroppo all'aroma di arancio con colore blu). Gli eccipienti devono essere inerti ma possono influenzare il rilascio della forma farmaceutica, e la presenza di un eccipiente è il responsabile delle allergie e delle reazioni avverse al 70%, ai farmaci. Tra gli eccipienti che sono sicuramente presenti in maggiori quantità nella forma farmaceutica, ci sono quelli che hanno un ruolo costitutivo, ovvero quelli che consentono la lavorabilità del principio attivo. Nell'ambito degli eccipienti con il ruolo costitutivo si trovano i DILUENTI. Questi possono essere: solidi, liquidi e semisolidi( per le preparazioni ad uso dermatologico). Uno dei diluenti piu' utilizzati,nonostante il problema legato alle intolleranze, è il lattosio. Le informazioni sul lattosio dalla farmacopea europea. Le principali sono:monografie:anidro,monoidrato (2 forme di lattosio); caratteristiche specifiche:potere rotatorio specifico,perdita all'essiccamento,metalli pesanti. Forme farmaceutiche solide:diluente(65-85%); In soluzione ( + saccarosio 1/3): confettura; Lattosio spray dried (SP) è un tipo particolare di lattosio,che può essere usato per ottenere compresse con la tecnica della compressione diretta e quindi è un eccipiente facilmente comprimibile. Quindi il lattosio che può essere utilizzato nelle preparazioni di uso farmaceutico deve rispondere ai requisiti di farmacopea, in farmacia non si può utilizzare qualsiasi lattosio, ma bisogna utilizzare il lattosio FU. Se non esiste per quella sostanza la monografia sulla farmacopea italiana si fa rifermento alla monografia che fa riferimento alla sostanza sulla farmacopea europea. Nell'utilizzo del lattosio cosa bisogna che sia valutato: l'intolleranza da parte del paziente e le incompatibilità di tipo chimico o fisico. Di tipo chimico possono essere: da condensazione con ammine primarie; può dare prodotti con colorazione scura. Quindi non è solo un problema legato al fatto che il principio attivo non è piu' attivo una volta che il lattosio si è condensato, ma è anche che la forma farmaceutica ha una colorazione non corretta. Durante il riscaldamento per la nebulizzazione per ottenere il lattosio spray dried o se nella lavorazione della forma farmaceutica c'è una fase di riscaldamento, il lattosio può dare luogo alla 5-idrossimetil-2-furfale che ha sempre un colore scuro. Tra gli eccipienti con ruolo costitutivo, oltre ai diluenti ci sono gli assorbenti e gli adsorbenti: gli assorbenti, che sono generalmente dei silicati, che sono aggiunti nelle preparazioni farmaceutiche per assorbire l'eventuale umidità residua che ci può essere nel processo produttivo. Gli adsorbenti sono delle sostanze, come per esempio il caolino o il talco, che hanno la caratteristica di avere elevata capacità assorbente e questo serve, ad esempio, a formulare in forma solida dei principi attivi liquidi. Quindi il principio attivo liquido viene fatto adsorbire sul solito e poi viene formulato in una forma farmaceutica solida. Ciò che però bisogna stare attenti è di non alterare la biodisponibilità del principio attivo,quindi che non influenzi il rilascio in vivo del principio attivo.
  • 4. Oltre a questi ci sono anche gli eccipienti con ruolo produttivo: sono una classe decisamente piu' ampia e sono: i lubrificanti, i glicanti, i leganti, i elasticizzanti, i tensioattivi e i viscosizzanti. Quelli più interessanti sono i lubrificanti e i glicanti: queste due classi fanno parte della classe generalmente definita come lubrificanti. I glicanti agiscono sulle particelle delle polveri e quindi aumentano la scorrevolezza di una polvere agendo sulla porosità; i lubrificanti aumentano la scorrevolezza della polvere modificando o agendo sulle interazioni tra la polvere e le parti della macchina che produce la forma farmaceutica. Ci sono anche gli eccipienti con ruolo farmaceutico cioè quelli che influenzano il rilascio del principio attivo della forma farmaceutica. In questo caso sono: i disgreganti, i polimeri e i bagnanti. La classe preponderante è quella dei disgreganti o disaggreganti. Uno dei disgreganti più utilizzato è l’amido, ma esistono anche dei polimeri particolari come la croscaramellosio il cui nome commerciale è l'explotab, che porta proprio all'esplosione della compressa una volta che questa è messa in contatto con l'acqua. Da notare bene è che le forme farmaceutiche sono distinte in: convenzionali e in non convenzionali. Le forma farmaceutica convenzionale non deve avere effetto sull'assorbimento del principio attivo, quindi generalmente la forma farmaceutica convenzionale è realizzata per fare in modo che il principio attivo sia rilasciato nella maggiore quantità e il più velocemente possibile. Quindi nella forma farmaceutica convenzionale, la velocità di rilascio della forma farmaceutica è molto maggiore rispetto alla velocità di assorbimento. Quando il principio attivo è formulato con la forma farmaceutica convenzionale, lo stadio limitante della sua azione è l'assorbimento e non la liberazione del principio attivo. La forma farmaceutica non convenzionale, invece, viene realizzata per modulare il rilascio del principio attivo e la caratteristica è che la velocità di rilascio del principio attivo è minore rispetto alla velocità di assorbimento, e quindi lo stadio limitante non è il passaggio attraverso le membrane biologiche bensì la liberazione del principio attivo. Nelle forme farmaceutiche convenzionali , il ruolo del disgregante è fondamentale. Uno dei disaggreganti più utilizzato è l'amido; in farmacopea ci sono 4 monografie a seconda dell'azione dell'amido e non ha un solo ruolo( come la maggior parte degli eccipienti); infatti funziona sia da diluente, che da legante (pasta d'amido al 5-25%) e da disgregante(3-17%). Quindi indipendentemente dalla sua composizione può funzionare da disgregante o da legante nella forma farmaceutica. Inoltre l'amido può essere utilizzato anche come principio attivo:entra come principio attivo in numerose preparazioni per uso cutaneo come assorbenti o come anti irritanti. Un'altra classe degli eccipienti, presenti in quasi tutte le forme farmaceutiche industriali è la classe degli stereati, in particolare lo stearato di magnesio (Ph. Eur) ha delle incompatibilità chimiche, che vanno valutate; il problema degli stearati è che sono totalmente insolubili in acqua e quindi la loro presenza è fondamentale per favorire lo scorrimento delle forme per uso farmaceutico nelle macchine produttrici, ma bisogna valutare negli studi di pre-formulazione in maniera estremamente accurata, la loro quantità perché possono influenzare in maniera drammatica la liberazione del principio attivo, ovvero si potrebbero produrre delle compresso che non rilasciano il principio attivo. Il loro ruolo è di lubrificanti. Indipendentemente che le forme farmaceutiche siano solido o liquide, i conservanti avranno una funzione diversa. Tra i conservanti ci sono:
  • 5.    antiossidanti:metabisolfito, acido ascorbico; chelanti: EDTA; antimicrobici: parabeni, acido benzoico. Il processo ossidativo nasce sostanzialmente con i doppi legami di O2, catalizzati dalla luce o da alcuni metalli; per la conservazione di moltissime preparazioni è richiesto il vetro scuro; il risultato del processo ossidativo sono altri prodotti. Sono catalizzati da alcuni ioni, per questo vengono aggiunti degli agenti chelanti che non sono dei protettori, ovvero non inibiscono il processo ossidativo, ma eliminando i metalli rallenta il processo ossidativo. Oppure , gli antiossidanti veri e proprio sono delle sostanze che si ossidano e quindi impediscono l'ossidazione della forma farmaceutica. Ci sono degli eccipienti con il ruolo di presentazione e sono:     aromatizzanti edulcoranti: aspartame, saccarosio,saccarina coloranti: idrosolubili, ossidi di ferro opacizzanti: biossido di titanio. Per gli aromatizzanti e per i coloranti ci sono degli studi impegnativi; c'è infatti, un istituto in Svizzera che studia questi( sono un team di psicologi,chimici) che studia l'effetto psicologico del colore nelle forme farmaceutiche. Ci sono degli effetti dei coloranti impensabili, per esempio nell'anti aritmico se è di colore delle tonalità del rosso potenzia l'effetto del principio attivo. Un'altro problema dei coloranti è che molti di questi(come gli ossidi di ferro) sono insolubili in acqua e quindi con gli stearati, la loro presenza nella forma farmaceutica deve essere valutata molto accuratamente perché possono avere effetti sul rilascio del principio attivo.
  • 6. Polveri Le polveri hanno diverse classificazioni: sono classificate come polveri delle forme allo stato solido costituite da particelle che vanno dall'ordine del micron ai 100-4000 μm, ma in questo caso si parla di aggregati, e quindi si passa da dimensioni non visibili ad occhio nudo a dimensioni visibili. Le dimensioni delle particelle solide, che costituiscono una polvere, sono responsabili di quasi tutte le caratteristiche delle polveri. Le dimensioni delle particelle influenzano l'area superficiale di una polvere. Per area superficiale si intende la superficie della polvere/volume(viene anche chiamata area superficiale specifica). Delle riduzioni, non caratteristiche, delle dimensioni (in questo caso sono considerati dei gruppetti di polvere) o di lunghezza del lato portano a variazioni della superficie specifica sostanziali. Se un cubetto, che ha 1 cm di lato, ha un'area specifica di 6 cm2/cm3, se riduciamo di 1μm si ha un incremento dell'area superficiale. L'area superficiale è importante perché influenza numerose caratteristiche delle polveri in particolare la velocità di dissoluzione, e quindi la capacità che la forma farmaceutica ha di liberare il principio attivo. Le polveri sono preparate con:   un approccio di tipo meccanico(nella quasi totalità dei casi) con delle macchine dette molini, in cui viene ridotta la dimensione delle particelle, in cui quindi si ha la riduzione di materiale grossolano in particelle più piccole; un approccio di tipo chimico-fisico(raramente perché la tecnica è costosa), generalmente si utilizza per produrre delle polveri colloidali,cioè a dimensioni inferiori al micron. Nell'approccio meccanico ci possono essere dei problemi sia per i principi attivi che per le polveri, perché in un processo di riduzione meccanica si sviluppa sicuramente calore, e quindi bisogna valutare la stabilità alle variazioni di calore del principio attivo e degli eccipienti e bisogna valutare accuratamente l'energia che bisogna fornire al processo di macinazione; questo perché una parte di energia servirà a ridurre le dimensioni delle particelle mentre una frazione sarà assorbita dal sistema(dalla polvere e dalla macchina). Quindi vanno fatti degli studi di pre- formulazione in cui deve essere valutata l'energia da fornire nel processo di macinazione, che deve essere l'energia sufficiente alla riduzione delle dimensioni delle particelle ma non eccessiva per danneggiare, dal punto di vista chimico-fisico, il principio attivo e gli eccipienti o addirittura l'apparecchiatura. Se , per esempio, bisogna macinare o trattare delle sostanze che sono fortemente ossidabili all'aria, nel processo di macinazione ci potrebbe essere un'esplosione. Le macchine vengono scelta in base alla tecnica, perché la tecnica che sfruttano influenza le dimensioni delle particelle. Quindi ci sono i processi di:    frantumazione: è un processo grossolano, ed è la riduzione del materiale grezzo in pezzi grossolani(mm); macinazione: riduzione dimensionale dei pezzi grossolani in particelle più piccole (centinaia/decine di μm) micronizzazione: riduzione delle dimensioni di particelle o dimensioni inferiori a 10μm fino a particelle colloidali( è la tecnica che si utilizza per produrre il lattosio spray dried, molto costoso). Sostanzialmente il costo produttivo dipenda da numerosi fattori ma il principale è l'energia assorbita, ovvero più energia ci vuole per realizzare il processo più il processo è costoso.
  • 7. Per la macinazione vera e propria si usano i molini, che hanno caratteristiche costruttive diverse perché sfruttano dei meccanismi di polverizzazione diversi. I principali molini sono:a martello, a cilindri, a coltelli, colloidale, a compressione e a impatto. Per esempio,sui molini a coltello il meccanismo è il meccanismo di taglio. A seconda del tipo di molino e quindi a seconda del meccanismo di macinazione,si otterranno polveri di dimensioni diverse. Quindi il meccanismo principale è la macinazione,che si esegue attraverso i molini i quali sfruttano meccanismi di macinazione diversi e questo meccanismo influenza la dimensione della polvere. La scelta del molino viene fatta da:       caratteristiche di materiali di partenza ( termolabilità, dimensioni, degradabilità e struttura fisica); dimensioni del prodotto che si vuole ottenere; fattori economici, definiti dal costo del processo e dal tempo del processo; perché se un processo assorbe meno energia ma dura 6 giorni,si tiene l'impianto per 6 giorni per produrre la base di uno dei costituenti della formulazione; facilità di pulizia dell'apparecchiatura (anch'esso un punto cruciale della produzione) perché lavare l'impianto vuol dire fermarlo e quindi non produrre. C'è una ricerca enorme, da parte dell'ingegneria chimica, in quelle che si chiamano le tecniche CIP, ovvero in clean in place, realizzati,cioè, degli impianti che possono essere lavati senza smontare nulla,riducendo, così, in maniera drastica i tempo in cui l'impianto è fermo. Possibilità, quando è necessario, di operare in ambiente di sterilità; versatilità dell'operazione, macinazione o a secco o a umido, differenza della velocità di rotazione degli elementi macinanti. La polvere per uso farmaceutico è la base di tutte le preparazioni successive oppure può essere la forma farmaceutica finale, e quindi la caratterizzazione secondo farmacopea sarà diversa a seconda che la polvere per uso farmaceutico sia intermedia o sia la forma farmaceutica finita. La prima caratterizzazione che viene richiesta dalla farmacopea è l'analisi granulometrica della polvere, cioè la classificazione delle polveri in base alle loro dimensioni. A seconda di quali siano le dimensioni delle particelle delle polveri, si avranno delle tecniche di dimensionamento diverse, che daranno informazioni diverse. Le polveri possono essere caratterizzate dal diametro medio, ovvero la dimensione media delle particelle. Un'altra informazione è data dal diametro mediano,ovvero che tiene conto anche della distribuzione dei valori(si dice che la mediana è il valore che divide a unità la popolazione che tiene conto anche di quante volte il valore è ripetuto, e quindi non solo il valore medio ma della distribuzione dei valori). Il metodo della farmacopea prende il nome di metodo dei setacci o degli stacci: i setacci sono di alluminio e sono caratterizzati da un numero che indica l'apertura della maglia in μm. I setacci, della farmacopea ufficiale italiana, sono a maglia quadrata. I setacci sono costituiti da materiali adatti ed hanno maglie quadrate, in cui non deve avvenire alcuna reazione tra il materiale del setacci e della sostanza da setacciare: servono per determinare il grado di finezza della polvere che viene descritto nelle singole monografie utilizzando il numero del setaccio che indica l'apertura della maglia in μm. Come si esegue il saggio di farmacopea: questo saggio dà informazioni sia sulle dimensioni che sulla distribuzione. Vengono impilati i setacci, secondo un valore decrescente di apertura della maglia. Vengono posti, per esempio, 100 g di polvere sul primo setaccio. La pila di setacci viene
  • 8. sotto l'azione meccanica di un apparecchiatura che imprime degli scorrimenti. Dopo un certo periodo di tempo, si pesa la quantità di polvere che si è fermata sui vari setacci. Per esempio, 80 g si sono fermati sul setaccio 4000 e 20 g si sono fermati sul setaccio 3000. quindi 80 g della polvere avranno un diametro medio di 4500, ovvero l'80% della polvere è certamente inferiore a 5000 ma superiore a 4000(la farmacopea chiede il diametro medio), il 20% della polvere avrà un diametro medio di 3500. Con questo saggio si hanno, come si è visto, sia informazioni sulle dimensioni che sulla distribuzione; ciò perché, in farmacopea, la classificazione delle polveri non è fatta solo sulle dimensioni ma è fatta anche sulla distribuzione delle dimensioni(che è l'indice dell’omogeneità della polvere). Quindi le polveri sono classificate in: polvere grossolana: è una polvere che ha una dispersione delle dimensioni tra 1400 μm e 355 μm, e quindi non è solo una polvere grande, ma è molto disomogenea. La farmacopea, inoltre, guarda la % della polvere che è passata attraverso i setacci->non meno del 95% in massa della polvere attraverso il setaccio 1400 e non piu' del 40% in massa della polvere attraverso il setaccio 355; polvere moderatamente fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio 355 e non piu' del 40% in massa della polvere attraverso il setaccio 180; polvere fine: non meno del 95% in massa della polvere attraversa il setaccio 180 e non piu' del 40% in massa della polvere attraversa il setaccio 125; polvere molto fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio 125 e non piu' del 40% in massa della polvere passa attraverso il setaccio novanta. Le polveri vengono classificate da dei numeri, vuol dire che la polvere ha un intervallo di dimensioni, o da un solo numero, e vuol dire che la polvere è omogenea quando non meno del 97% della polvere passa attraverso il setaccio di quel numero. Le dimensioni delle particelle influenzano un'altra caratteristica importante, ovvero la porosità. La porosità delle polvere è un valore % che esprime: ε = volume dei pori/volume apparente x 100 e quindi esprime il rapporto tra il volume degli spazi vuoti e il volume occupato dalle particelle delle polveri piu' gli spazi vuoti. La presenza o meno e l'entità degli spazi vuoti dipende dall’impaccamento della polvere. Ci sono due impaccamenti: a) cubico, che ha una maggiore quantità di spazi vuoti b) romboedrico, in cui gli spazi vuoti sono minori
  • 9. Le caratteristiche della polvere che definiscono la porosità sono due: a) volume apparente,che è il volume che tiene conto del volume delle particelle piu' gli spazi vuoti, b) volume reale,cioè il volume della polvere una volta che si sono eliminati gli spazi tra le particelle, quindi il volume occupato solo dalle particelle. La porosità quindi diventerà: La farmacopea chiama il volume apparente e il volume reale: a) volume apparente prima dell'impaccamento;b) volume apparente dopo l'impaccamento. Come si esegue il saggio: si pongono 100 g di polvere all'interno di un cilindro, si misura il volume a impaccamento, il cilindro è posto su un motore che imprime dei colpi al cilindro( un numero di colpi sempre fissato dalla farmacopea): i valori che si raccolgono da questo saggio è il volume apparente prima dell'impaccamento, che la farmacopea indica con Vo, e il volume apparente dopo l'impaccamento, caratterizzato da Vn, dove n è il n° di colpi che sono stati dati al cilindro, e la capacità di impaccamento, ovvero quanto la polvere è impaccabile. Dal volume apparente,dice la farmacopea, si può rilevare la densità apparente o Vo e la densità apparente dopo impacchettamento: è fondamentale conoscere la porosità di una polvere perché dipende dalla dimensione delle particelle e dell'impaccamento della polvere, ma anche perché la porosità della polvere dipendono numerose altre caratteristiche tra cui la scorrevolezza di una polvere, che è fondamentale perché la suddivisione nelle singole unità posologiche della massa, sia nella produzione industriale ma anche nella preparazione galenica, è fatta a volume. Quindi anche se le macchine lavorano con dei solidi, i dosatori sono dosatori di volume e quindi la polvere si deve muovere sulla macchina simile ad un fluido( che non viene dosato a peso ma a volume). Il saggio di scorrimento: i solidi suddivisi in farmacopea( le polveri e i granulati) devono essere in grado di scorrere verticalmente perché tutte le suddivisioni sulle singole unità posologiche vengono fatte a volume e non a peso. Quindi anche se le polveri sono solidi devono scorrere e comportarsi come un fluido. Sulla farmacopea italiana viene riportato un solo saggio come ufficiale, per determinare la velocità di scorrimento che misura in realtà un tempo di scorrimento. 100 g di polvere vengono fatti passare dentro un imbuto in cui è stato tappato il fondo; si apre e si misura il tempo necessario a che la polvere defluisca attraverso questo imbuto. L'imbuto non è casuale ma deve avere delle dimensioni in mm dettate dalla farmacopea, così come gli angoli. Ciò per avere un sistema di riferimento uguale per tutti. Nelle versioni precedenti della farmacopea italiana ed è stato inserito nuovamente nella farmacopea europea. C'è un altro saggio per definire la scorrevolezza di una polvere che si indica con il concetto di angolo di riposo. In cosa consiste: un piatto circolare di raggio noto che viene posto su un sostegno. Su questo piano circolare,viene fatta cadere attraverso un imbuto la polvere;questa, cadendo sul piano circolare, formerà un cono. Il saggio è considerato terminato ossia quando sarà il momento in cui è possibile eseguire la misura, quando per aggiunte successive di polvere, l'altezza del cono non varia più. Questo
  • 10. perché: la polvere che si aggiunge incomincia a cadere dai lati,che dal punto di vista fisico significa che si è formato un equilibrio tra la forza peso e le forze di attrito e di tensione tra le particelle di polvere,che sono quelle che mi interessa determinare(ovvero la capacità o meno delle particelle di scorrere, quanto l'attrito influenza questa proprietà). Si misura l'angolo α che si definisce come angolo di riposo e che dà una misura della scorrevolezza o meno della polvere. In realtà non si misura l'α ma misuro la tag α. si considera un valore di scorrevolezza ottimale di una polvere quando 35°< α <45°, perché polveri poco scorrevoli sono un problema perché possono bloccare le macchine mentre polveri troppo scorrevoli possono essere altrettanto un problema perché una polvere che scorre troppo rapidamente viene difficilmente dosata dal sensore di volume, e quindi può dare problemi di dosaggio tanto quanto una polvere poco scorrevole. Le caratteristiche di una polvere che possono influenzare la scorrevolezza sono:    dimensione delle particelle; le polveri più sono piccole e più scorrono ma anche maggiore è la loro uniformità e maggiore è la scorrevolezza; forma delle particelle; più è regolare la forma, e quindi più assimilabile a una sfera, maggiore sarà la scorrevolezza; porosità: una polvere poco porosa ovvero con poco spazio vuoto tra le particelle scorre meno rispetto a quella più porosa per un problema di ingombro fisico. Un' altra caratteristica che viene misurata per le polveri, i cui saggi sono presenti in farmacopea, è la misura della densità della polvere che viene fatta utilizzando un picnometro. Altra caratteristica che viene misurata è la misura della superficie specifica della polvere. La superficie specifica è la superficie su unità di volume ed è un parametro fondamentale per valutare la biodisponibilità di un principio attivo perché è un parametro che influenza in maniera sostanziale la velocità di dissoluzione delle forme farmaceutiche e quindi la capacità di liberare il principio attivo. Ci sono moltissime tecniche per misurare la superficie specifica, ma c'è un concetto che le accomuna: sono tutte tecniche che sfruttano l'adsorbimento (o di gas o di mercurio) di sostanze che hanno un volume noto sulla superficie della polvere. Quindi si fa in modo che ci sia un adsorbimento monomolecolare ( ad esempio di gas) sulla superficie della polvere e si misura quanto gas è stato adsorbito; dato che è nota l'area che ogni molecola di gas occupa e quindi moltiplicando la superficie occupata da una molecola per il numero di molecole che sono state adsorbite si misura la
  • 11. superficie della polvere. Le caratteristiche e i saggi visti sono quelli che la farmacopea chiede quando la polvere è l'intermedio della lavorazione della forma farmaceutica. Però le polveri possono anche essere la forma farmaceutica finita. Le polveri possono essere impiegate:    come polveri per uso orale; come polveri per uso iniettabile; come polveri per applicazione cutanea. Sulla monografia delle polveri per uso orale, le polveri per uso orale sono preparazioni costituite da particelle solide, non aggregate, asciutte e di vari gradi di finezza. Contengono una o più principi attivi, con o senza eccipienti. Sono generalmente somministrate in acqua o altro liquido adatto. Possono anche essere ingerite direttamente. Sono presentate come preparazioni a dose unica o multidose. La farmacopea in questo caso, indica anche le caratteristiche del processo produttivo e dà delle indicazioni sui saggi da eseguire sulla forma farmaceutica; cioè per dire che la forma farmaceutica può essere autorizzata all'immissione in commercio deve rispondere ai saggi di farmacopea. Quando si hanno le polveri per applicazione cutanea si nota che la definizione è identica a quella delle polveri per uso orale, ma aggiunge una caratteristica: se le polveri per applicazione cutanea sono pensate per essere applicate sulle ferite e sulla cute lesa, il preparato deve essere STERILE. Le polveri possono essere anche formulate per essere somministrate attraverso dei contenitori pressurizzati. Nell'ambito delle polveri per uso orale ci sono le polveri per gocce orali o per sciroppi. Quindi la polvere può essere la forma farmaceutica finita oppure può essere venduta come polvere ma al momento dell'assunzione l'utilizzatore deve ricostituire la vera forma farmaceutica: le gocce o lo sciroppo. Per i problemi legati alle polveri, di fatto, raramente l'azienda farmaceutica le polveri vengono utilizzate come forme farmaceutiche finite;oggi si aggiunge un passaggio che è quello della granulazione. Da una miscela di polveri si ottengono i granulati. I granulati vengono fatti sostanzialmente per ovviare a due problematiche fondamentali :innanzitutto alla regolarità delle particelle della polvere, perché nella polvere sono polverizzate con i molini e quindi non c'è una grande attenzione alla forma geometrica della particella di polvere. Con i granulati, invece, si ottengono sempre delle particelle sferiche, e quindi il granulato è, a parità di composizione, più scorrevole della polvere. Esempio: si ha un principio attivo più il lattosio. Si miscelano insieme tutte le polveri; si attua la misura della velocità di scorrimento e queste due componenti avranno due velocità di scorrimento (che dipenderanno dalla granulometria di entrambi,dalla porosità di entrambi e dalla miscela). Invece passando attraverso la formazione del granulato si miscela,preventivamente il lattosio e il principio attivo e da questa miscela si prepara il granulato e si avranno dei granuli perfettamente sferici che saranno composti, in maniera omogenea, da eccipiente e principio attivo. Questo anche perché risolve il problema che si definisce di de miscelamento delle polveri: perché in un impianto che fa mini compresse ora si mescolano tonnellate di eccipienti e tonnellate di principio attivo. Dopo averli miscelati si metteranno nei silos da carico. Dipendentemente dal tempo in cui la
  • 12. miscela è ferma;siccome le polveri che sono state miscelate non hanno la stessa densità, queste si demiscelano, ovvero si depositano in fondo le polveri più pesanti. Quindi si correrebbe il rischio di fare le prime compresse solo di principio attivo e tutte le restanti di eccipienti. I metodi di granulazione sono sostanzialmente distinti: 1. granulazione a secco; 2. granulazione ad umido: - granulazione per estrusione- sfendiziazione; granulazione a letto fluido granulazione per spray drying. Il metodo della granulazione a secco, cioè che non prevede la presenza di solventi, si realizza attraverso un processo di supercompressione, cioè le polveri sono mescolate insieme e vengono formate attraverso 2 nuclei e quindi vengono supercompresse insieme e poi, questo nastro che viene fuori dal granulatore a secco viene frantumato, setacciato e vengono poi realizzate le compresse. È un processo che non richiede la presenza di acqua sì la presenza di calore. I vantaggi sostanziali di questo processo sono: va bene per principi attivi che possono subire idrolisi e per sostanze che sono termolabili ed inoltre costa poco. Ci sono però molti svantaggi: innanzitutto il fatto che il granulato a secco ha comunque un elevato grado di polverosità, cioè la possibilità “volare” porta a quello che vengono chiamate contaminazioni crociate, cioè si possono mescolare all'interno dell'impianto produttivo e può essere rischiosa per il personale, perché la polvere può essere malata. Inoltre ci sono dei tempi di pulizia molto lunghi. Un altro problema è quello di distribuire in modo uniforme i coloranti. Nella granulazione ad umido c'è un numero maggiore di fasi. L'agente legante viene sciolto o in acqua o generalmente in una miscela di acqua ed etanolo (miscele sono alcoliche). Le polveri sono impastate con la soluzione di agenti leganti e si ottiene una massa pastosa che viene forzata attraverso un setaccio. I granuli ottenuti vengono seccati e vengono poi setacciati per ottenere delle dimensioni omogenee di granulato; una tipica forma farmaceutica che si ferma a questa fase è la citrosodina, che è un esempio di granulato non setacciato. La setacciatura finale è detta calibrazione dei granuli. Il problema fondamentale della granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e la sua concentrazione. Che anche qui deve essere un compromesso tra una quantità sufficiente ad ottenere un granulato che sia resistente ma che poi sia facilmente solubile o disgregabile. Deve essere un buon agente legante ovvero che dia un prodotto resistente ma che deve essere in grado di liberare il principio attivo in maniera efficace una volta che è stato assunto. Le soluzioni leganti sono o soluzioni zuccherine (gelatina e amido) ma l'agente che viene utilizzato principalmente è il polivinil pirrolidone (PVP). Le tecniche di granulazione ad umido possono essere o in continuo o in fase discontinua, ovvero che il processo produttivo può avvenire passaggio per passaggio e quindi la miscela di polveri viene
  • 13. bagnata con la soluzione di agente legante e poi avviene l'essiccamento ed infine avviene la setacciatura per uniformare i granulati. Sono delle tecniche che si chiamano granulatori a letto fluido o flusso continuo in cui il processo viene fatto in continuo e quindi c'è una sola macchina dove dalla miscela di polveri si arriva direttamente al granulato setacciato. La definizione della Farmacopea dei Granulati: i granulati sono delle preparazioni solide costituite da aggregati solidi, secchi, di particelle di polvere, sufficientemente resistenti a manipolazioni energiche. Lo stadio più complesso nell'operazione di granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e della sua concentrazione, ciò torna nella definizione di farmacopea, perché deve essere resistente a manipolazioni energiche (dal punto di vista meccanico) del granulato e quindi non si deve ripolverizzare nel processo produttivo, ma a sua volta non deve essere eccessivamente resistente dal non liberare il principio attivo. I granulati, secondo Farmacopea, sono destinati alla somministrazione orale. Possono essere deglutiti tal quale,come per esempio i granulati effervescenti, masticati oppure sciolti o dispersi in acqua o in altro liquido adatto prima di essere somministrati(di questo tipo usiamo l'Aulin e l'Oki). I granulati possono essere a dose unica(Aulin) o a multidose(citrosodina). I saggi che prevede la farmacopea per i granulati sono saggi relativi al granulato come forma farmaceutica finita unidose. Sarà obbligatorio il saggio di uniformità di massa e il saggio di uniformità di contenuto. I granulati previsti in farmacopea sono distinti in: - effervescenti rivestiti: ovvero che ogni singolo granulo che costituisce la forma farmaceutica finale avrà un rivestimento di natura polimerica. In questo ambito si possono trovare i granulati gastroresistenti, in cui ogni singolo granulo è ricoperto con un polimero che gli conferisce delle caratteristiche gastroresistenti (non si sciolgono a pH acido ma a pH intestinale); generalmente, questi polimeri, hanno dei residui bicarbonilici, con uno dei residui carbossilici sono legati al polimero naturale e l'altro conferisce la sensibilità a pH diversi. Uno dei più utilizzati è l'acetoftalato cellulosa. Quindi è la cellulosa devitalizzata con l'acido ftalico(che è un derivato bicarbonilico) che ha un COOH che esterifica con un OH della cellulosa e l'altro COOH libero.
  • 14. Compresse Il primo riferimento a delle forme farmaceutiche compresse, risalgono a dei trattati di medicina araba del X sec. , in cui proprio le polveri erano poste in delle forme e venivano compresse a martellate. Il processo produttivo della compressione, però, è abbastanza giovane; è alla fine del 1800 che compare, per la prima volta, in terapia, la parola compressa. Sempre verso la fino dell'800 compare la prima monografia (sulla farmacopea inglese) sulle compresse, che rimane l'unica fino al 1945. Da notare che i primi studi sull'influenza della formulazione sul principio sistematico sono della fine degli anni '70. Le compresse sono delle preparazioni solide contenenti ciascuna una dose unica di uno o più principi attivi e ottenuti usualmente per compressione di volumi uniformi di particelle. La maggior parte delle compresse sono per somministrazione orale, in quanto ci sono anche le compresse per uso rettale. Si possono distinguere varie categorie di compresse per uso orale: compresse non rivestite,rivestite, effervescenti, solubili, dispersibili, orodispersibili,a rilascio modificato, gastroresistenti e da utilizzare nella cavità buccale. Esistono due tipi di comprimitrici: alternativa e rotativa. In che cosa consiste il processo di compressione: (1) riempimento della camera di compressione ,che ha un dosatore a volume nella comprimitrice; ci sono due parti dette punzoni, uno superiore e l'altro inferiore. Nella comprimitrice alternativa i due punzoni si muovono in maniera alternata; (2) il punzone superiore è quello che comprime e quindi è quello che applica la forza di compressione e (3) il punzone inferiore è quello che fa espellere la compressa. La forma della camera di compressione, che si chiama anche matrice , determina la forma e la sezione trasversale della compressa; i punzoni superiori ed inferiori , determinano la forma alla linea di separazione visibile delle compresse e questo dipende dalle facce dei punzoni. La comprimitrice rotativa è fatta in modo che i punzoni si muovano contemporaneamente, cioè scorre tra il punzone superiore e il punzone inferiore un letto di polvere; ad altezza di questi rulli i punzoni vengono spinti inseme e quindi l'operazione di compressione viene fatta in continuo(che non viene fatta in quella alternativa). Nelle industrie, di fatto, ci sono solo le comprimitrici rotative, che arrivano a produrre fino a 1000000 di compresse/ora; per la formulazione galenica invece, le poche farmacie che fanno le compresse hanno comprimitrici alternative, in quanto più piccole e maneggevoli. Le compresse possono essere ottenute per: compressione diretta o compressione dopo granulazione(la maggior parte). La forza di compressione porta ad una deformazione plastica della particelle o ad una deformazione elastica, ovvero dipendentemente dalla forza che si applica si può avere:
  • 15. Quindi si ha (1) la polvere che inizialmente si trova nel suo stato di volume apparente (particelle + spazi vuoti); iniziando ad applicare una forza di compressione si arriva alla (2) alla condizione di volume reale, detto impaccamento denso, in cui si elimina l'aria tra le particelle. Continuando ad applicare la forza si ottiene (3) la deformazione elastica: questo vuol dire che se in questo punto si smette di applicare la forza di compressione , la polvere torna alla sua situazione di partenza. Continuando ad applicare la forza si arriva (4) alla deformazione plastica, che è quella si che vuole ovvero la formazione di una compressa e vuol dire che se in questo punto si smette di applicare la forza di compressione la compressa rimane tale( la polvere rimane coesa). Continuando ad applicare una forza eccessiva si ha la rottura della compressa(5). Quindi negli studi di questo tipo ovvero in base alla polvere o al granulato che si deve comprimere dovranno essere fatti degli studi di forza di compressione, per ogni singola miscela. La compressione diretta è quella che si fa in farmacia ed è possibile quando la polvere ( o la miscela di polveri di principio attivo e degli eccipienti) ha buona proprietà di scorrimento e di comprimibilità; quindi la polvere deve essere scorrevole e deve essere possibile, applicando una forza di compressione eccessiva, ottenere una compressa resistente. Come si prepara una compressa per compressione diretta: glicante (2) diluenti (1) Principio Attivo lubrificante (3) disgregante (4) miscelazione compressione Si prende il principio attivo o i principi attivi e li si miscela, prima di tutto, con un diluente (1), che sono gli eccipienti che rendono la massa lavorabile, e poi si aggiunge un glicante (2) e un lubrificante (3), fanno parte della classe che generalmente si chiama dei lubrificanti ma la differenza è che i glicanti influenzano la scorrevolezza vera e propria della polvere cioè agiscono sulle forze di attrito e di frizione delle particelle della polvere e quindi modificano l'angolo di riposo. Un glicante che viene usato anche in galenica è la silice colloidale ( il cui nome commerciale è aerosil) ed è praticamente una polvere impalpabile che aumenta la scorrevolezza delle polveri. I lubrificanti, propriamente detti, hanno la funzione di modificale le interazioni della polvere con le parti meccaniche della comprimitrice e quindi evitare i fenomeni di pitching e stiching, che sono rispettivamente la possibilità che la compressa resti attaccata al punzone superiore( se la polvere non è sufficientemente scorrevole può rimanere adesa al punzone superiore e quindi quando risale la compressa non si stacca), oppure può rimanere attaccata al punzone inferiore(cioè quando il punzone superiore, dopo la compressione, risale per espellere la compressa ma questa non si stacca). Quindi i glicanti agiscono sulla polvere, i lubrificanti agiscono sul processo di
  • 16. compressione. A questa miscela dovrà essere aggiunto un disaggregante (4) che è un eccipiente con ruolo biofarmaceutico perchè modifica o comunque influenza la disaggregazione della compressa e quindi la liberazione del principio attivo. I vantaggi della compressione diretta sono:     tempi minori: se la miscela è comprimibile e scorrevole. No acqua e nessun contatto con i solventi. No calore. Non essendoci riscaldamento, è un processo energicamente meno costoso. Gli svantaggi sono:    le polveri difficilmente sono facilmente comprimibili demiscelamento polveri costo elevato eccipienti, perchè gli eccipienti che possono essere utilizzati nella compressione diretta sono estremamente costosi(si utilizza infatti il lattosio spray dried). Generalmente le aziende, per la produzione delle compresse per la compressione diretta, in farmacia vendono delle miscele di eccipienti di cui raramente interessa la composizione reale. La compressione dopo granulazione ad umido è più complicata della compressione diretta( mi basta miscelare le polveri evitando la loro demiscelazione e poi comprimere). diluente Miscelazione Principio Attivo Legante Granulazione H2 O Essiccamento Setacciatura Glicante 2° miscelazione Lubrificante Disgregante Compressione Inizialmente verrà miscelato il principio attivo con il diluente; dopo di che, questa polvere, verrà bagnata con la soluzione di agente legante ( H2O o miscele idroalcoliche) e avverrà il processo vero e proprio di granulazione e ci sarà poi la fase di essiccamento. Successiva alla fase di essiccamento c'è la setacciatura, ovvero rendere omogenee le dimensioni del granulato. Sul granulato, essiccato e setacciato, avverrà la seconda miscelazione e quindi saranno aggiunti il glicante, il lubrificante e l'agente disaggregante, dopo la seconda setacciatura avverrà la compressione. La disaggregazione e la disgregazione sono due processi diversi: la disaggregazione è la fase iniziale della rottura della compressa mentre la disgregazione avviene dopo, ovvero dalla rottura
  • 17. grossolana(disaggregazione) si ha la rottura in frammenti più piccoli(disgregazione). L'eccipiente è sempre lo stesso(amido, cellulosa, derivati o zuccheri), che influenza in realtà il processo dalla compressa al principio attivo solubile; è sempre chiamato disaggregante ma influenza tutti e due questi processi. Il processo di spray drying è quello che consente di ottenere delle polveri finemente suddivise, e quindi con delle dimensioni ridotte e estremamente omogenee, oppure consente di ottenere da principi attivi liquidi una formulazione solida. La miscela, o il principio attivo, viene disciolta, e quindi si trova sotto forma di soluzione; sull'impianto c'è un atomizzatore che spruzza, dall'alto, la miscela( e che viene quindi nebulizzata, ed entra nella camera(sotto forma di goccioline finissime)). Queste goccioline vengono investite, generalmente dal basso, da una corrente di aria calda:quindi, le micro goccioline vengono immediatamente essiccate dalla corrente di aria calda. L'aria calda, non solo essicca, ma mantiene in movimento, e quindi rende il processo ancora più rapido. Una volta che le particelle sono diventate solide, chiaramente pesano di più e quindi scendono verso il basso e vengono portate nel ciclone, dove sono setacciate in maniera raffinata, per forza centrifuga: in base alle dimensioni verranno separate all'interno del ciclone. Alla fine della setacciatura verrà raccolto il prodotto. E' un processo molto costoso e visto le temperature elevate che si raggiungono nella camere(180°200°C) è ovvio che questo è un processo che non si può utilizzare per principi attivi termolabili. Una volta appurato come si ottengono le compresse e quali sono i problemi produttivi delle compresse, quali sono i saggi che la farmacopea chiede per le compresse; sono dei saggi che vanno eseguiti obbligatoriamente dalle aziende prima di poter licenziare il tutto. Viene prodotto così un lotto di compresse, che deve rispondere a tutti i saggi della farmacopea, e solo dopo che l'ufficio di controllo di qualità ha dato il permesso, in azienda si “licenzia” il lotto, ovvero si mette in vendita quel lotto. Saggio dell’uniformità di massa, obbligatorio per tutte le forme farmaceutiche solide a dose unica. Il saggio si esegue su 20 unità, nel caso delle compresse sono 20 compresse,che vengono pesate singolarmente, su questi 20 pesi si calcola il peso medio delle compresse. Il saggio dice: non più di due di tali masse individuali, ovvero dei singoli pesi, possono presentare uno scarto rispetto alla media superiore allo scarto percentuale ammesso e nessuna unità può presentare uno scarto maggiore del doppio di tale scarto percentuale ammesso.
  • 18. Nella tabella è riportata la deviazione percentuale della massa media. Cioè i pesi singoli delle 20 unità devono essere confrontate al peso medio, più o meno con lo scarto percentuale ammesso. Lo scarto percentuale ammesso o deviazione percentuale, come si vede dalla tabella, varia a seconda della forma farmaceutica(dato che è obbligatorio per le forme farmaceutiche solide) e quindi si hanno dei valori di deviazione percentuale(che si indica con K) diversi. All'interno della stessa forma farmaceutica K varia al variare del peso medio. Come varia: minore è il peso maggiore è la deviazione percentuale ammessa. Es: peso medio 80 mg; il valore di K=10; ovvero intorno a questo peso medio la deviazione percentuale ammessa è +/- 10%. quindi si avrà un intervallo di 80+/- 8; la farmacopea dice che non più di 2 unità possono essere fuori da questo intervallo, cioè si possono discostare di 1 valore di deviazione percentuale ammessa dal peso medio, e nessuna delle 20 unità si deve discostare dal peso medio di 2 deviazioni percentuali cioè dall'intervallo 80+/16. Il secondo intervallo è più ampio e quindi 18 compresse devono rientrare nell'intervallo 72-88, e 2 possono uscire ma non oltre i 16; devono essere rispettati entrambi questi criteri e quindi anche se tutte e 20 rientrano in 80+/-16 ma 17 rientrano nel primo limite comunque il lotto non può essere validato. È ovvio che se tutte e 20 le compresse rientrano nel primo intervallo, rientreranno anche nel secondo. K diminuisce all'aumento del peso medio. Per esempio se il peso medio è 250 mg, K = 5 → 250+/12,5, questo perchè, in questo modo, l'intervallo intorno al peso medio è più o meno lo stesso. Il saggio di uniformità di contenuto è ' il saggio in cui viene dosato il principio attivo(il saggio di uniformità di massa è quello che dà per l'appunto l'uniformità di massa). Il saggio di uniformità di contenuto si esegue solo quando il principio attivo è inferiore al 2% in peso dell'intera forma farmaceutica o a 2 mg. In tutti gli altri casi, cioè quando il principio attivo è in quantità superiore al 2 % o a 2 mg, l'uniformità di contenuto è ottemperata dall'uniformità di massa;quindi se si sono fatte delle compresse omogenee in peso certamente queste saranno omogenee nel contenuto. Il criterio di fabbricazione sarà sempre un range ammesso percentuale intorno al contenuto dichiarato del principio attivo. Ci sono saggi diversi(saggio A,B,C) in cui ciò che cambia è la tecnica analitica per i principi attivi. È importante vedere che il range intorno al contenuto medio ammesso deve essere compreso tra i 85 e il 115%; quindi se il contenuto nominale, in mg, è X, l'uniformità di contenuto si considera ottemperata se quello che si trova analiticamente si trova nell'intervallo 85% < X < 115%. Questa è la base di buona parte del dibattito sugli equivalenti, perchè il range è abbastanza ampio del dichiarato e su questo si basa quello che i produttori di generici cercano come l'ammissibilità nelle prove di rilascio, ovvero fanno un po' di confusione. In questo saggio si dice che la quantità nominale deve essere +/- 15%; allora i produttori, sulle prove di dissoluzione, dicono che c'è l'oscillazione del +/- 15% perchè lo dice la farmacopea; ma la farmacopea non parla del
  • 19. rilascio del principio attivo ma ciò che c'è realmente. Il Saggio della friabilità è un saggio obbligatorio per le compresse non rivestite. Esiste un apparecchio, il friabilometro, costituito da un tamburo di plexiglas che viene posto verticalmente su una macchina. All'interno di questo tamburo c'è un braccio, e questo tamburo viene fatto ruotare dalla macchina. Nella rotazione del tamburo, le compresse sono sollevate e poi ricadono. Con questo saggio si misura la resistenza meccanica superficiale delle compresse. Il saggio, generalmente si esegua una volta sola. Il numero di compresse da utilizzare nel saggio, anche in questo caso, dipende dal peso delle compresse. Per compresse di massa unitaria fino a 0,75 g è di 20 compresse, per compresse maggiori di 0,75 g sono 10. Si pongono le compresse all'interno del friabilometro, prima di porle all'interno si pesano, si esegue il saggio, si spolverano le compresse alla fine del saggio e si ripesano. Quindi si valuta se c'è una perdita di peso e quindi una scarsa resistenza superficiale delle compresse. È ovvio che questo saggio non si esegue per le compresse rivestite perchè hanno un rivestimento e dovrebbero essere resistenti. Il saggio della rottura delle compresse è quello proprio in cui si misura la resistenza meccanica alla rottura della compressa. Prima in farmacopea erano descritti degli apparecchi, ma nelle XII non c'è un apparecchio specifico per determinare la rottura. La farmacopea dice solo che si misura come forza necessaria a rompere le compresse. Uno degli apparecchi che può essere usato( i risultati devono essere espressi in N) è l'apparecchio di monsanto si pone la compressa lungo la sezione longitudinale e girando la vite si calcola la forza necessaria alla frantumazione. L'apparecchio di Monsanto è calibrato in Kg. Saggio di disaggregazione delle compresse e delle capsule: Un cestello, di plexiglas o di vetro, che contiene 6 cilindri di vetro la cui base, di questo cilindro, è una rete di acciaio, è agganciato ad un motore che fa muovere il cestello dal basso verso l'alto. Il cestello viene immerso in una soluzione di H2O e serve a misurare il tempo necessario a che le forme farmaceutiche solide siano disaggregate
  • 20. la compressa si considera disaggregata quando sulla rete metallica sul fondo non c'è nessun frammento oppure ci sono dei frammenti ma che sono completamente bagnati dall'acqua; la farmacopea dice che non deve resistere nessun nucleo non bagnato. Il saggio si esegue su 6 compresse: la farmacopea dice che la compressa si considera disaggregata quando non rimane nessun residuo oppure c'è un residuo costituito da una massa molle. Ci sono dei saggi diversi per le compresse e le capsule, per quelle grandi, e per le supposte e per gli ovuli; questi saggi sono obbligatori per tutte le forme farmaceutiche solide unidose. Fattori che influenzano la velocità di disaggregazione di una forma farmaceutica. L'influenza delle caratteristiche della compressa e dell'ambiente sulla velocità di disaggregazione si misurano con profondità di ingresso del solvente all'interno della compressa. La velocità di disaggregazione sarà: dove L è la velocità di disaggregazione, r è il raggio dei pori della compressa, γ cos θ è la bagnabilità ( la tensione superficiale per il coseno dell'angolo di contatto, ed è la capacità di un solido di essere bagnato da un liquido ed è quindi una caratteristica del soluto). Η è la viscosità del liquido(con cui la compressa entra in contatto) e t è il tempo. Questa relazione vale per le compresse non rivestite. Un parametro che può avere un effetto sul raggio dei pori è la grandezza delle particelle ma soprattutto la forza di compressione, ed è per questo che bisogna valutarla con attenzione perchè bisogna arrivare alla deformazione plastica e non alla rottura, ma bisogna anche fare in modo che la compressa sia disaggregabile. Infatti, il meccanismo di azione principale dei disaggreganti è quello di creare dei canali all'interno della compressa;cioè generalmente sono delle sostanze immediatamente solubili in H2O che a contatto con il fluido si dissolvono rapidamente e aumentano r sia come dimensione che come numero. Un altro meccanismo di azione
  • 21. dei disaggreganti, di quelli che vengono chiamati super disaggreganti, è la caratteristica che hanno alcuni polimeri di assorbire l'H2O rapidamente e di rigonfiarsi. I fenomeno si chiama swelling, e in questo caso le compresse meccanicamente esplodono( explotab, o sodio caramellosio). Il saggio della velocità di dissoluzione è un saggio non obbligatorio, ma per le forme farmaceutiche non convenzionali sì perchè serve per dimostrare che abbiamo un effetto in quanto forma farmaceutica nella liberazione del principio attivo. Il macchinario che si utilizza è costituito da 1 contenitore, nel quale viene posto il liquido che viene utilizzato come solvente, e da un agitatore meccanico, che può essere a cestello rotante, ovvero un cestello di acciaio inossidabile che è legato direttamente al motore che imprime la rotazione, o a paletta(che invece agita il solvente). In questo caso la forma farmaceutica è posta nel cestello e ruota in maniera solidale con il motore; nel caso dell'agitatore a paletta la forma farmaceutica è posta nel contenitore dove c'è il liquido ed il movimento è imposto al liquido. Le palette sono generalmente di teflon o di acciaio inossidabile. Il saggio di dissoluzione si esegue a 37° C. Nel caso della determinazione della velocità di dissoluzione con questi dissolutori, la forma farmaceutica viene messa nel fluido(generalmente 1 L) si impone una certa velocità di rotazione, a intermedi di tempo predefiniti si fanno dei prelievi,si misura la concentrazione di principio attivo e, indipendentemente dal volume che si preleva, si aggiunge solvente nuovo. Quello che si calcola è un incremento della quantità di principio attivo che si sta analizzando nel tempo,che si chiama quantità cumulativa, che dovrà tenere conto delle singole diluizioni, perchè ad ogni prelievo si aggiunge solvente nuovo. Si aggiunge solvente nuovo per fare in modo che comunque il volume sia costante, perchè sennò si avrebbe una concentrazione crescente che può essere legata al fatto che il volume sia diminuito. Il saggio si fa su 6 compresse ma valutate singolarmente, in cui poi il profilo di rilascio si fa facendo la media. Nel caso del cestello rotante, se si dice che è stata applicata una velocità di rotazione che si misura in giramento o RPM, si è sicuri che la forma farmaceutica ruota a quella velocità. Nel caso del dissolutore a paletta il movimento che ha la la forma farmaceutica non è controllato ,perchè la paletta imprime il movimento al solvente e il movimento del solvente trascina la forma farmaceutica che potrebbe trovarsi nella parte bassa( e quindi è agitata più velocemente) oppure potrebbe spostarsi nella parte più alta e quindi imprime una velocità di rotazione minore. Se però la forma farmaceutica ha una composizione particolare, il cestello si può otturare(come per es. polimeri che rigonfiano) e quindi il principio attivo è intrappolato nel cestello. Lo stesso problema si può avere utilizzando delle compresse di natura polimerica, con il dissolutore a paletta, e bisogna essere certi che la forma farmaceutica non aderisca al recipiente, per cui in questo casi si imprime la velocità la velocità di rotazione ma la forma farmaceutica non si muove. Mettere appunto il saggio di dissoluzione funzionale non è facile, perchè bisogna scegliere il dissolutore, il solvente(che solitamente sono tamponi a pH 1-2, ed alcuni utilizzano il fluido gastrico intestinale simulato), la velocità di rotazione, il modello di dissolutore, i tempi di prelievo e i volumi dei prelievi. Per simulare le condizioni in vivo è stata introdotta, nella XII edizione della farmacopea, una nuova apparecchiatura: il dissolutore a flusso continuo. Perchè in questi dissolutori, non cambiando se non di pochi ml il volume nel tempo, non si simulano le condizioni in vivo; la compressa nello stomaco viene in contatto in continuo con liquido gastrico diverso. Quindi è previsto un apparecchio a flusso continuo in cui c'è una camera di dissoluzione in cui viene messa una compressa(o capsula) che è termostatata, viene inviato in questa in continuo, solvente riscaldato a 37°C e si raccolgono poi dei campioni che vengono analizzati. Questi saggi non sono obbligatori
  • 22. per tutte le forme farmaceutiche solida ma sono consigliati per le forme farmaceutiche a rilascio continuo.
  • 23. Compresse Le compresse sono preparazioni solide contenenti ciascuna una dose unica di uno o più principi attivi e ottenute usualmente per compressione di volumi uniformi di particelle. Si possono distinguere varie categorie di compresse per uso orale:        compresse non rivestite(con dei saggi obbligatori); compresse rivestite compresse effervescenti; compresse disperdibili ed orodisperdibili; compresse a rilascio modificato; compresse gastroresistenti; compresse da utilizzare nella cavità buccale. Queste compresse devono avere una sufficiente resistenza meccanica, che tiene conto di due fattori: la resistenza meccanica superficiale(i) che si misura con il saggio della friabilità, e la resistenza alla rottura. Se le compresse sono realizzate e dispensate come compresse divisibili( quelle con il “taglio” al centro), la farmacopea dice che, le aziende devono dimostrare che in ciascuna delle unità in cui è divisibile la compressa ci sia uniformità di contenuto. I saggi obbligatori sono l'uniformità di massa, l'uniformità di contenuto se il principio attivo è inferiore a 2 mg o al 2% della massa totale, altrimenti l'uniformità di massa garantisce anche l'uniformità di contenuto. Le compresse non rivestite possono essere: 1. 2. a strato singolo a multistrato quindi si avrà una compressa in cui una miscela di polveri, nella maggior parte dei casi di granulato,oppure nelle compresse multistrato si ottengono per compressione successiva e possono gli strati essere paralleli o concentrici. Le compresse multistrato, indipendentemente dal disegno, sono ottenute per compressioni successive di miscele diverse. Le compresse multistrato vengono fatte o per avere il rilascio modificato o si può avere, nelle compresse a multistrato quelle concentriche,concentrazioni diverse dello stesso principio attivo. Per esempio la parte iniziale libera più rapidamente,etc, ma questo è soprattutto per le compresse a rilascio modificato ovvero per forme farmaceutiche non convenzionali in cui la forma farmaceutica controlla l'assorbimento. In genere viene fatta quando c'è una incompatibilità chimico-fisica dei principi attivi; se la formulazione, quindi, contiene più principi attivi che presentano tra loro incompatibilità chimico-fisica, vengono granulate separatamente e poi vengono compresse le miscele diverse. Il saggio, oltre quelli obbligatori, obbligatorio per queste compresse è il saggio della
  • 24. disaggregazione: si fa in H2O R( secondo farmacopea ovvero inclusa, con delle caratteristiche, nei reattivi della farmacopea). Anche per le compresse rivestite è obbligatorio questo saggio, ma ciò che cambia è il tempo, ovvero una compressa non rivestita è conforme alle caratteristiche di farmacopea se disaggrega in H2O in 15 minuti, viceversa, le compresse rivestite, se hanno un rivestimento di tipo zuccherino si chiamano confetti, come quelli per uso alimentare in quanto la tecnica è stata importata dall'industria dolciaria, devono disaggregare in 60 minuti, mentre le compresse rivestite con film devono disaggregare in 30 minuti. Le compresse rivestite sono compresse ricoperte con uno o più strati di miscele di varie sostanze; la rivestitura si fa senza compliance del paziente, perchè generalmente servono per coprire l'odore sgradevole e il colore sgradevole. La confettura è un processo complesso, perchè per esempio richiede che la soluzione sia di una composizione giusta e bisogna ottenere una confettatura che non influenzi troppo la disaggregazione della compressa; fino a 5-6 anni fa la confettatura veniva fatta a mano ovvero c'erano degli artigiani, importati dall'industria dolciaria, e operavano bagnando le compresse, in cui stavano in un grande contenitore di rame e venivano fatte girare, con la soluzione zuccherina fino alla consistenza voluta. La confettura in genere viene fatta per aiutare la deglutabilità; infatti in genere i confetti sono per quelle compresse per uso pediatrico o geriatrico, o per qualche patologia in cui il paziente ha difficoltà a deglutire(perchè sempre perfettamente liscio). Il saggio di disaggregazione non si attua sulle compresse effervescenti. Il tipo di rivestimento divide le compresse in:    compresse con rivestimento zuccherino(confetti) costituito un gran parte da saccarosio(che può costituire fino la metà del peso totale) compresse con rivestimento filmogeno, il film molto sottile è costituito da polimeri, questo rivestimento può essere anche applicato a secco(non come il confetto,in cui la compressa e bagnata della sostanza zuccherina), anche se ci sono delle compresse che vengono bagnate con la soluzione polimerica. Compresse a doppio strato o con rivestimento a secco. Le compresse effervescenti sono compresse non rivestite contenenti generalmente sostanze acide e carbonati o bicarbonati che reagiscono rapidamente in presenza di H2O sviluppando anidride carbonica. Sono destinate ad essere disciolte o disperse in acqua prima della somministrazione. Differiscono dalla compresse solubili in quanto devono essere sciolte in acqua prima della somministrazione, mentre le compresse effervescenti hanno l'aggiunta che una volta sciolte in acqua devono sviluppare rapidamente CO2. Il saggio di disaggragazione non si esegue sulle compresse effervescenti ma si pone la compressa in un recipiente con acqua a una temperatura diversa da quella corporea(37°C) e deve sviluppare numerose bolle di gas in 6 minuti, quindi il saggio di disaggregazione è obbligatorio ma è diverso da quello delle altre compresse. Dalla reazione dell'acido debole con il bicarbonato si sviluppa l'anidride carbonica. 3NaHCO3 + H3C6H2O7 → 3H2O + 3CO2 + Na3C6H2O7 252 g 192 g 54 g 132 g 258 g
  • 25. da notare la quantità in grammi degli eccipienti utilizzati: le compresse effervescenti sono molto più grandi di quelle normali, perchè per sviluppare 3 moli di CO2 si ha bisogno di quasi 3 etti di eccipienti. Le compresse disperdibili sono compresse non rivestite o rivestite con film destinate ad essere disperse in acqua prima della somministrazione. La differenza con le compresse solubili è che la compressa solubile dà luogo ad una soluzione, non necessariamente trasparente, mentre la compressa disperdibile dà luogo ad una dispersione omogenea. I saggi che si fanno sulle compresse disperdibili sono: 1) saggio della disaggregazione e 2) finezza della dispersione; quindi non solo viene valutato il tempo in cui(a temperatura ambiente) disaggrega ma viene anche misurata la dimensione della dispersione, che deve avere una dispersione tale da passare attraverso un setaccio di 710 μm. Le compresse oro disperdibili sono le compresse non rivestite destinate ad essere poste nella bocca dove si disperdono rapidamente prima di essere inghiottite; sono quelle definite fast. Una caratteristica formulativa particolare è che sono formulate con il mannitolo , perchè questo quando si scioglie assorbe calore e quindi lascia un senso di freschezza perchè la dissoluzione è un processo che libera calore. Le compresse gastroresistenti sono le compresse a rilascio ritardato preparate per resistere al fluido gastrico e rilasciare il o i loro principi attivi nel fluido intestinale. Sono preparate rivestendo le compresse con una sostanza gastroresistente. Queste compresse devono resistere 2 ore in HCl 0,1 M e poi devono disaggregare in 1 ora in un tampone a pH= 6,8. Sempre nell'ambito delle forme farmaceutiche solide per uso orale ci sono le gomme da masticare medicate: sono preparazioni solide a dose unica con una base costituita essenzialmente da gomma, destinate ad essere masticate ma non inghiottite. Sono per esempio il travelgum. Dopo dissoluzione o dispersione dei principi attivi nella saliva, le gomme da masticare sono destinate:   al trattamento locale di affezioni della cavità buccale all'azione sistemica dopo assorbimento attraverso la mucosa buccale o attraverso il tratto gastro intestinale. La compressa: La compressa viene quindi prima (1) deaggregata, poi (2) disaggregata in particelle fini, poi avviene il (3) processo di dissoluzione ed infine (5) l'assorbimento. Il principio attivo viene assorbito solo dopo essere stato solubilizzato. È stato già visto quali sono i fattori che influenzano la disaggregazione. I fattori che influenzano la dissoluzione di un solido: esistono molti modelli matematici per descrivere il processo di dissoluzione di un solido. Si considera una sola teoria che è quella che descrive la quasi totalità dei processi di dissoluzione.
  • 26. La teoria del film lega la velocità della dissoluzione ai processi di diffusione, e quindi lega la velocità di dissoluzione alla legge di Fick, che regola i processi diffusivi. Se si considera una particella solida, questa entra in contatto con il solvente; la teoria del film dice che intorno alla compressa di forma uno strato, detto strato idrodinamico diffusionale, in cui la concentrazione del solido è pari alla sua solubilità. Il solido incomincia a dissolversi nel solvente e la porzione iniziale del solido disciolto rimane a formare un film; quindi in questo film che si crea intorno alla particella di solido si ha una concentrazione di solido pari a cs. Si avrà un volume di solvente in cui c'è poco solido, in cui si avrà una concentrazione(ct), ovvero che dipende dal tempo al quale si misura la concentrazione. Questa teoria richiama la teoria di Fick perché in questo modello il processo di dissoluzione è considerato costituito da due stadi: (1) passaggio solido nel film e (2) diffusione del solido disciolto verso solvente puro. In questo modello, il primo stadio è considerato lo stadio veloce mentre lo stadio lento è la diffusione attraverso lo strato idrodinamico diffusionale e quindi sarà quello che influenza la velocità di dissoluzione. La velocità di dissoluzione, che si misura come variazione della quantità del solido che si trova in soluzione in funzione del tempo dove A è la superficie specifica del solido(e quindi al grado di finezza dopo la disaggregazione), D è il coefficiente di diffusione(attraverso le strato idrodinamico diffusionale), (cs - ct) è il gradiente di concentrazione(tra lo strato idrodinamico diffusionale e la massa del solvente), h è lo spessore dello strato idrodinamico diffusionale e V è il volume. Il gradiente di concentrazione tiene conto del percorso che la molecola fa: la differenza tra cs e ct al punto (1) è diverso dal punto (2) in quanto dipende del percorso. Per aumentare la velocità di dissoluzione di una forma farmaceutica in vitro si aumenta la superficie specifica(evitando che la polvere eccessivamente fissa, non è facilmente lavorabile fino quindi al limite della lavorabilità), h(aumentando la velocità di agitazione, in quanto gli agitatori sono sottoposti ad agitazione si diminuisce h, perchè agitando lo strato idrodinamico diffusionale intorno al solido si assottiglia); una delle tecniche, infatti, che si utilizza per discriminare il meccanismo di dissoluzione è fare dei test al dissolutore variando la velocità di rotazione. Se la velocità di dissoluzione aumenta all'aumentare della velocità di rotazione è plausibile che il meccanismo coinvolto sia un meccanismo di questo tipo cioè legato a dei fenomeni diffusivi; se aumentando la
  • 27. velocità di rotazione la velocità di dissoluzione rimane uguale si deve utilizzare un altro modello matematico per valutare il processo di dissoluzione. In vivo la situazione è molto più semplice, perchè ci sono delle situazioni sink cioè il solido viene in contatto in continuo con il fluido gastrointestinale fresco quindi cs è sempre molto maggiore con ct. quindi la variazione di concentrazione sarà legata al tempo attraverso una costante nel quale rientrano dei parametri che sono costitutivi della forma farmaceutica. Questi grafici rappresentano come gli eccipienti e i processi formulativi possono influenzare in maniere determinante la velocità di dissoluzione e quindi la sua biodisponibilità. In questo grafico è riportato il profilo di dissoluzione(riportato come % disciolto in funzione del tempo) del fenobarbital, formulato in polvere(1), in granuli(2) e in compresse(3). Inspiegabilmente si vede che il fenobarbital in compresse si scioglie più velocemente della polvere, quindi la polvere è già disaggregata e quindi ha un processo in meno così come i granuli, ma ciò nonostante, facendo il profilo di dissoluzione si nota che le compresse si sciolgono più velocemente. Ciò perchè nella compressione sono stati aggiunti degli eccipienti che hanno favorito, ad esempio, la bagnabilità della polvere; prima di essere disciolto, il principio attivo deve essere bagnato dal solvente e quindi se si aumenta la capacità della polvere di essere bagnata si aumenta anche la velocità di dissoluzione. In genere, questa potrebbe essere un'indicazione che comunque la granulazione è stata eseguita correttamente, perchè la presenza di agente legante non ha ridotto, rispetto alla polvere (perchè la parte finale delle curve si sovrappongono), la velocità di dissoluzione e che quindi la sua scelta e la sua concentrazione è ottimale. questo(1) invece è un grafico che fa vedere l'effetto del colorante; i coloranti hanno un effetto sostanziale, soprattutto quelli insolubili in acqua come gli ossidi di ferro, nella biodisponibilità del principio attivo. In questo caso viene studiata la velocità di dissoluzione della lipoflavina in compresse rivestite con idrossipropil metil cellulosa. In questi due casi la velocità di dissoluzione è stata eseguita sui succhi gastrici simulati: questo(*) è il profilo di dissoluzione in succo gastrico simulato, mentre l'altro prifilo di rilascio è stato eseguito in fluido intestinale simulato. Nel fluido
  • 28. gastrico simulato e nel fluido intestinale simulato non cambia solo il pH ma sono aggiunte delle proteine e avvolte, nel fluido intestinale simulato, anche i sali biliari. In questo caso, la presenza di colorante, nel succo gastrico simulato, rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione mentre i due profili si avvicinano e sono perfettamente sovrapponibili nel fluido intestinale simulato. Questo è proprio legato al fatto che nel fluido intestinale simulato sono presenti i sali biliari, che sono delle sostanze che formano micelle , e quindi in questo caso la presenza del colorante che rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione della vitamina(liposolubile) è contrastata dal fatto che la presenza di sali biliari favorisce il processo di dissoluzione attraverso la solubilizzazione micellare del colorante. Quindi è ovvio che in un saggio normale di dissoluzione,eseguito in H2O o in un tampone non sarebbe possibile discriminare l'effetto del colorante sul profilo della velocità di dissoluzione. La solubilità, fino ad ora è sempre stata espressa come una concentrazione e quindi con dei valori numerici(g/l, n/l o % p/v); in realtà, la farmacopea, esprime la solubilità delle sostanze utilizzando una modalità completamente diversa. Infatti, divide le sostanze con delle indicazioni di solubilità che vanno da solubilissimo a praticamente insolubile, dando la quantità in ml di H2O che solubilizza 1g di sostanza. Per esempio, solubilissimo meno di 1 vuol dire che 1g della sostanza si solubilizza in 1ml di H2O(tra i 15-25°C ovvero a temperatura ambiente). Praticamente insolubile vuol dire che 1g di sostanza si scioglie in 10 l di H2O; quindi rispetto all'indicazione numerica in cui si esprime la solubilità, la modalità della farmacopea di valutare la solubilità è completamente diversa. Wagner, nel 1970, ideò uno schema per valutare gli stadi che portavano dalla forma farmaceutica solida al farmaco in soluzione, che è la condizione necessaria perchè avvenga l'assorbimento del farmaco. Forma farmaceutica solida → disintegrazione → granuli + aggregati → deaggregazione → polveri fini dalla forma farmaceutica solida inizia il processo di disintegrazione che porta a granuli e aggregati, la deaggregazione, poi, porta alle particelle fini. Il processo di dissoluzione maggiore(ovvero in % maggiore) avviene a carico ovviamente delle particelle fini anche se inizia un moderato processo di dissoluzione anche nella forma farmaceutica solida. Qualche anno dopo, nel 1982, Cartensen elabora uno schema più complesso e aggiunge, agli stadi che erano stati ipotizzati da Wagner, degli stadi che precedono il processo di disaggregazione della forma farmaceutica solida. Inserisce un tempo di lagging , necessario a che la forma farmaceutica sia bagnata dal solvente(in vivo dal fluido biologico) per poi iniziare il processo di disintegrazione. Se si pone a grafico l'andamento del processo considerato da Cartensen, si ottiene il tipico diagramma ad S, che caratterizza il profilo di dissoluzione delle forme farmacutiche solide. La forma del grafico è ad S perchè: nella fase iniziale (1) si avrà un tempo di lagging iniziale in cui non c'è interazione tra la forma farmaceutica e il fluido biologico; quindi la forma farmaceutica dovrà essere bagnata dal
  • 29. fluido biologico, il quale dovrà entrare all'interno della forma farmaceutica e solo a questo punto inizierà il processo di disintegrazione(2) e il processo di disaggregazione(3). Nella fase centrale della curva(4) si ha la fase di dissoluzione e andando avanti nel tempo non si arriva alla dissoluzione totale perchè si genera uno stadio, secondo Cartensen, di occlusione. Si arriva così ad uno stadio in cui il solido non solubilizza più e quindi la quantità disciolta rimane costante(5). Da notare che la parte centrale del grafico è una retta; questo per i parametri che influenzano la velocità di dissoluzione In questi tre diagrammi A,B,C, si nota che tutti hanno la fase di occlusione. L'andamento ad S è tipico del processo di disintegrazione- dissoluzione: nel grafico A c'è solo il processo di dissoluzione e quindi la compressa è a disaggregazione immediata. Nelle curve B e C, il profilo di dissoluzione e quindi il passaggio in soluzione del farmaco è influenzato dalla parte iniziale. In queste forme farmaceutiche, quello che cambia è la fase di disaggregazione; quindi la B rappresenta una forma farmaceutiche in cui la disaggregazione è rapida mentre la C è una forma farmaceutica poco bagnabile ( perchè il tempo di lagging è lungo) e che ha una velocità di disaggregazione lenta. Costruire questi grafici,utilizzando lo schema di Cartensen consente di evidenziare quale è lo stadio limitante del processo di dissoluzione e quindi, indipendentemente da quello che si vuole ottenere dalla forma farmaceutica, si modifica la formulazione. Da notare, che non è detto che una velocità di disaggregazione elevata corrisponde a una velocità di dissoluzione elevata. Esistono una serie infinità di modelli matematici che mettono in relazione, per le diverse formulazioni, la velocità di
  • 30. disintegrazione con la velocità di dissoluzione, perchè non è certo che una forma farmaceutica che disaggreghi rapidamente, rilasci poi rapidamente il principio attivo. Questi sono degli esempi che si fanno negli studi di preformulazione, che sono assolutamente precedenti anche alla prima fare della sperimentazione clinica, che si fanno per valutare l'effetto degli eccipienti sulla liberazione del principio attivo. In questo grafico sono riportati i profili di dissoluzione dell'acido salicilico, formulato in compresse come forma farmaceutica solida unidose, e si valuta l'effetto dell'amido sulla dissoluzione. Aumentando la quantità di agente disaggregante(dal 5% al 20%) si ha una velocità di dissoluzione maggiore. Quindi per l'acido salicilico in questa composizione, aumentando la quantità di disaggregante si rende più veloce la dissoluzione del principio attivo. Questa una situazione diversa, perchè sono prese in considerazione preparazioni diverse. Sono compresse il cui principio attivo è il diazepan. Gli eccipienti che sono considerati: fosfato di calcio idrato(utilizzato con diluente, presente in 93%, ovvero l'aggiunta che crea la massa), poi sono considerati due disaggreganti diversi, il glicolato di amido e l'amido di patata ed è poi aggiunto il magnesio stereato(con lubrificante propriamente detto perchè gli stereati sono quelli che, nel caso delle compresse, evitano i fenomeni di adesione ai punzoni). In questa formulazione viene valutato, non solo l'effetto dei due disaggreganti diversi ma viene valutato anche il tempo di miscelamento con il lubrificante. Questo perchè gli stereati sono indispensabili per formare le compresse ma, essendo delle sostanze totalmente insolubili in H2O, la loro presenza disturba in maniere sostanziale la dissoluzione di principio attivo; quindi un parametro che deve essere valutato in maniera estremamente precisa è il tempo di miscelamento con gli stereati perchè stando sulla superficie della forma farmaceutica , impediscono la fase iniziale(ovvero la bagnabilità) e quindi tutti i passaggi successivi saranno modificati in maniera sostanziale. Quindi ci saranno le due curve relative ai diversi tempi di mescolamento; per esempio nella formulazioni di diazepan formulate con l'amido di patata, il tempo di mescolameto con gli stereati influenza in maniera sostanziale la velocità di dissoluzione, cioè aumentando da 2 minuti a 30 minuti il tempo di miscelamento, la velocità di dissoluzione si riduce in maniera sostanziale. Questo, viceversa, non si verifica per le formulazioni che hanno come disaggregante il glicolato di amido. Quindi l'andamento delle due curve, quelle dell'amido di patata, è legato ai due diversi tempi di mescolamento: 30 minuti e 2minuti il tempo di mescolamento con il lubrificante(stereato di Magnesio). Se si utilizza come disaggregante l'amido di patata, il tempo di mescolamento con il lubrificante influenza in maniera sostanziale, cioè se si passa da 2 minuti a 30 minuti la velocità di