2. Carocci editore @ Studi Superiori
L'età ellenistica (336-30 a.C.) è caratterizzata da un'accentuata
circolazione di uomini, merci, idee e forme artistiche, dalla fondazione
di decine di nuove città, dalla creazione di forme sociali, artistiche
e culturali ibride e di un nuovo linguaggio politico. La lingua greca e aspetti
essenziali della cultura dellepoleis si diffondono in un amplissimo spazio
geografico, e i processi economici, la società, la cultura dei "Greci
nel mondo" si aprono alle influenze di tradizioni e culture diverse.
Apartire dagli ultimi decenni del III secolo a.C., la vita dei regni nati
dall'impero di Alessandro e quella delle antiche città greche è condizionata
in modo crescente dall'espansione romana nel Mediterraneo, esercitando
a sua volta una profonda influenza sulla nuova potenza mondiale.
Questi e altri temi sono al centro del volume, che contiene anche una tavola
cronologica degli eventi.
Manuela Mari insegna Storia greca all'Università di Cassino e si occupa
di storia e istituzioni della Macedonia, di linguaggio politico, di riflessione
antica sull'economia, di rapporti tra culti e storia politica.
ISBN 97~30-9439-4
€ 31,00 .Ll!lllUII
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6. I.
I.I.
1.2..
1.3.
2..
2..1.
2..2..
2..3.
2..4.
2..5.
2..6.
2..7.
2..8.
Indice
Premessa
Quando il mondo parlava greco
di Manuela Mari
L'"ellenismo" e i suoi limiti cronologici
Frammenti di un mondo perduto. Le fonti per lo stu-
dio della storia ellenistica
Un "mondo nuovo"? Qualche aspetto caratterizzante
dell'età ellenistica
1.3.1. Sul modello "colonialista" e altre letture modernizzanti dell'epo-
ca ellenistica / 1.p.. Economie e società ellenistiche / 1.3.3. E allora,
che cosa c'è di nuovo?
Le economie degli Stati ellenistici
di Michele Faraguna
Economia ellenistica o economie ellenistiche?
Gli Oikonomika e le diverse forme di oikonomia
La "terra del re"
Demografia, mobilità umana e nuovi insediamenti
Economia monetaria ed economia naturale
Doni, evergetismo e redistribuzione della ricchezza
Commercio locale, regionale e internazionale
Una conclusione
7
Il
15
15
19
47
47
48
so
54
58
64
69
75
7. L'ETÀ ELLENISTICA
3. I rapporti tra i diversi soggetti politici: la diplomazia
internazionale 81
di Anna Magnetto
3.1. Lo scenario internazionale: vecchi e nuovi soggetti politici 81
3.1.1. I basi/eis I 3.1.2.. I dynastai I 3.1.3- Le po/eis e gli Stati federali,
Roma
3,2. Gli strumenti della diplomazia ellenistica 89
3.2..1. Trattati e convenzioni I 3,2..2.. La rete dei privilegi e degli onori/
3.2..3. Mantenere la pace interna ed esterna: gli strumenti del diritto
internazionale
3.3. Attori e linguaggi della diplomazia ellenistica 95
3.3.1. Gli inviati delle città ellenistiche / 3.3,2.. Gli inviati delle città e
la costruzione delle relazioni internazionali / 3.3.3. Temi e linguaggi
della diplomazia
4. I linguaggi della politica e i culti dei sovrani 107
di Manuela Mari
4.1. Re ellenistici e comunità locali: alla ricerca di un lin-
guaggio condiviso 107
4.2. Il culto dei sovrani ellenistici e le sue diverse declinazioni 115
5. Regalità e vita di corte in età ellenistica 133
di RolfStrootman
5.1. Cultura e società di corte in età ellenistica 133
5-2. Città e imperi 135
5.3. Corti mobili e controllo del territorio 136
5.4. Ellenismo e imperialismo 137
5.5. La società di corte ellenistica: nobili macedoni ephiloi
greci 138
5.6. Scambio di doni e accesso al re 140
5-7. Scontri tra fazioni ed emergere dei titoli di corte 141
5.8. Gli esiti ultimi: il Vicino Oriente tardo-ellenistico e la
corte imperiale romana 143
8
8. INDICE
6. La corte e la città: interazione e competizione 145
di Paschalis Paschidis
6.1. Corte reale e casa reale 145
6.2. Élites di corte: origini e caratteristiche fondamentali 149
6.3. Corti ed élites cittadine 157
6.4. Le città ellenistiche e l'incompiuta creazione di uno
Stato ellenistico 167
7. Città vecchie e nuove 173
di Manuela Mari
7.1. Oltre Alessandria d'Egitto: le infinite declinazioni
dell'idea ellenistica di città 173
7.2. Il re-ecista e la nuova categoria delle "megalopoli" 185
7.3. Istituzioni cittadine e demokratia 190
7.4. La città e il mondo esterno: sudditanza, negoziato,
cooperazione "orizzontale" 197
7.5. La città e i suoi bisogni: spinte rivoluzionarie, evergeti-
smo e finanza creativa 204
8. Le fonti per lo studio della storia ellenistica 211
di Davide Amendola, Anna Magnetto, Emilio Rosami-
lia ejohn Thornton
8.1. La storiografia 211
8.1.1. Una ricca produzione storiografica / 8.1.2.. Meraviglie dell'O-
riente, mito e politica negli storici di Alessandro e dei Diadochi /
8.1.3. La storiografia e le corti / 8.1.4. Obiettivi politici e tecniche
retoriche: la storiografia locale/ 8.1.5. Elementi drammatici: storio-
grafia tragica?/ 8.1.6. Un pubblico nuovo: la democratizzazione della
storiografia / 8.1.7. Polibio: modello tucidideo e modello erodoteo
nella storiografia ellenistica / 8.1.8. Una storiografia antiromana? /
8.1.9. Posidonio e Diodoro
I testi epigrafici
La monetazione
I papiri
9
9. Tavola cronologica
di Manuela Mari
Bibliografia
Indice dei nomi
Indice dei luoghi
Gli autori
L
0
ETÀ ELLENISTICA
301
IO
10. Premessa
Questo libro è stato concepito e costruito come una guida introduttiva
all'affascinante e complesso periodo storico che si apre con le conqui-
ste di Alessandro Magno e si conclude con la fine dei regni nati dalla
spartizione del suo impero (336-30 a.C.). Ci auguriamo possa essere
utile agli studenti e ai lettori curiosi e interessante anche per gli specia-
listi. Non è dunque una storia dell'età ellenistica in senso tradizionale,
né ha mai voluto esserlo.
Una discussione dei limiti cronologici dell'età ellenistica - conven-
zionali, come in ogni trattazione storica, ma indispensabili a orien-
tarsi - si trova nel paragrafo 1.1; il capitolo 1, più in generale, è una
introduzione complessiva ai contenuti del libro; una presentazione
sintetica degli eventi principali si trova nella Tavola cronologica in calce
al volume. Capitoli specifici sono dedicati alle economie ellenistiche
(cAP. 2), alla diplomazia internazionale e ai rapporti tra le diverse en-
tità statali (CAP. 3), ali'evoluzione del linguaggio politico e ai culti dei
sovrani (CAP. 4), alla società di corte e ai rapporti tra corti e realtà loca-
li (CAPP. 5-6), alle città, intese, alla greca, come entità sia urbanistiche
che istituzionali (CAP. 7). La questione delle fonti per la ricostruzione
della storia ellenistica, sinteticamente presentata nel paragrafo 1.2, è
trattata in dettaglio nel capitolo 8, che include sezioni specifiche sulla
storiografia, sulle fonti epigrafiche, su papiri e monete.
Per agevolare la leggibilità del testo, abbiamo evitato di utilizzare
note per i riferimenti alle fonti e alla bibliografia, limitandoci nel te-
sto, tra parentesi, a indicazioni essenziali. Il lettore troverà in fondo al
volume una lista delle abbreviazioni utilizzate per iscrizioni e papiri,
la bibliografia moderna citata nel testo e infine, suddivisi per capitolo,
ulteriori suggerimenti di lettura: non è, naturalmente, un panorama
completo della produzione bibliografica moderna sui tanti aspetti
II
11. L'ETÀ ELLENISTICA
dell'età ellenistica trattati nei capitoli che seguono, ma ci auguriamo
risulti utile sia al lettore inesperto che allo studioso. Le traduzioni di
testi epigrafici e letterari, se non diversamente indicato, sono degli
autori.
Consapevole di non essere in grado di trattare da sola tutti i temi che avrei
voluto fossero presenti in queste pagine, ho chiesto soccorso a colleghi più
esperti di me. Ringrazio per l'impegno profuso e per la pazienza Davide
Amendola, Michele Faraguna, Anna Magnetto, Paschalis Paschidis, Emilio
Rosamilia, RolfStrootman,John Thornton: il dettaglio sul contributo di cia-
scuno si trova nell'Indice. Ad Anna Magnetto, a Michele Faraguna e aJohn
Thornton devo un ringraziamento ulteriore per i loro suggerimenti in corso
d'opera e per avermi salvata, con le loro letture attente, da errori e lacune; a
Davide Amendola sono grata per l'aiuto nella revisione delle bozze.
La lista delle persone da ringraziare è tuttavia molto più lunga, ed è come
sempre, in un libro, la parte più gradita da scrivere. Si apre con tre perso-
ne che non ci sono più, che mi hanno fatto scoprire e amare il mondo elle-
nistico, in anni molto remoti: il mio insegnante di greco e latino del liceo,
Vincenzo Fattoruso, e i miei maestri universitari, Domenico Musti e Luigi
Moretti. Lunghissima è la lista di coloro che, mentre lavoravo a questo volu-
me, hanno fornito suggerimenti, stimoli, spunti, sollevato domande cruciali
(alle quali per lo più non ho saputo rispondere), o inviato tempestivamente
materiale bibliografico altrimenti irreperibile. Sperando di non dimenticare
nessuno, ringrazio Alice Bencivenni, Marco Bettalli, Gabriella Bevilacqua,
Pierre Briant, Paola Ceccarelli, Omar Coloru, Lucia Criscuolo, Lucia D'A-
more, John K. Davies, Stefania De Vido, Valentina Di Napoli, Margherita
Facella, Stefano Ferrucci, Maurizio Giangiulio, Miltos Hatzopoulos, Sophia
Kremydi, Paola Lombardi, Daniela Marchiandi, Federicomaria Muccioli,
Eugenio Polito, Ivana Savalli-Lemade, Giusto Traina.
Il libro nasce da un'idea di Claudia Evangelisti, dalla sua tenacia nel vincere le
mie resistenze, dalla sua disponibilità ad adattarsi alle mie richieste: senza di
lei, questo libro non sarebbe mai stato scritto, e alla sua memoria è dedicato,
con affetto e rimpianto.
12.
14. I
Quando il mondo parlava greco
di Manuela Mari
I.I
L'"ellenismo" e i suoi limiti cronologici
Hellenismos, e le altre parole della stessa famiglia lessicale (hellenistes,
hellenizein), esistono già in greco antico: questi termini esprimono una
nozione innanzitutto linguistica, l'atto di "parlare greco" di chi greco
non era. Per i Greci antichi, "parlare greco" (hellenizein) rimanda più in
generale all'assunzione di uno "stile di vita greco"; hellenistes è dunque
qualcuno (non greco) "che parla il greco" e più in generale assume atteg-
giamenti culturali di derivazione greca. Negli usi antichi, hellenismos è
dunque in primo luogo il greco parlato da non greci, ma può includere
anche il "greco comune" (koine), la versione semplificata e modificata
del dialetto attico attraverso gli apporti di altri dialetti, che si afferma
progressivamente; parallelamente, il verbo hellenizein, riferito in primo
luogo ai non greci, può indicare anche il "parlare la lingua comune",
in opposizione ad attikizein, "parlare il puro attico" (Canfora, 1987b,
p. 83). I Greci antichi dividevano il mondo, essenzialmente, in Greci
e barbari (sia pure con infinite sfumature all'interno delle due catego-
rie), ma chiunque poteva hellenizein e dunque, per così dire, "diventare
greco". È una visione del mondo in cui alla fortissima convinzione del
proprio primato culturale si associa un'idea estremamente dinamica ed
elastica di quella che oggi chiamiamo ethnicity, che privilegia il dato
linguistico e culturale sull'appartenenza "di sangue" (entrambi presen-
ti, comunque, nella famosa definizione della "grecità", Hellenikon, di
Erodoto VIII 144, 2). Viceversa, l'interesse dei Greci per le culture
"altre" fu notevolmente ostacolato dalla scarsa disponibilità, almeno
da parte dell'élite colta, a imparare lingue diverse (Momigliano, 1975,
p. 8). Quell'interesse, e anche la disponibilità a imparare altre lingue,
15
15. L'ETÀ ELLENISTICA
crebbero comw,que molto nel "nuovo mondo" creato a partire dagli
anni Trenta del IV secolo a.C. dalle conquiste di Alessandro Magno.
Fu lo studioso ottocentesco Johann G. Droysen a intuire il felice
potenziale del termine èÀÀl'JVLG"fL6ç e a utilizzarlo per primo per descri-
vere quel "nuovo mondo". Dopo la vertiginosa epopea del re macedone,
nato a Pella nel 356 e morto a Babilonia nel 323 a.C., divenuto signore
del plurisecolare impero dei Persiani con una campagna militare durata
appena quattro anni (334-330), il mondo certamente fu assai diverso da
com'era prima: la conquista militare fu la premessa del trasferimento di
un numero consistente di Greci e di Macedoni in Egitto e in vaste re-
gioni dell'Asia, dal Mediterraneo ali' Indo; una élite culturalmente gre-
co-macedone fu alla testa di estesi Stati territoriali nati dallo smembra-
mento dell'impero di Alessandro (cfr. FIGG. 1-2 alle pp. 13-4); in quei
territori si sviluppò in molte forme una cultura nuova, che Droysen
descriveva come una "fusione" o "amalgama" (Verschmelzung, o Vermi-
schung) tra cultura greca e culture orientali, destinata a durare parecchi
secoli, e con effetti sensibili, come si diceva, sulla stessa lingua greca, di-
venuta ormai in più sensi "lingua comw,e". Droysen non fu il primo in
assoluto a cogliere il formidabile interesse di quel periodo storico (che
aveva già attirato l'attenzione, tra gli altri, dei deisti inglesi e di Voltai-
re: cfr. Bikerman, 1945, p. 382, con Briant, 2015; Marcone, 2013, p. 230,
nota 1), ma fu il primo a dedicare a esso una sistematica attenzione di
studio e, soprattutto, a dargli un nome. L'importanza della sua "scoper-
ta" e la complessità del percorso intellettuale che la presuppone sono
testimoniate anche dai fraintendimenti della tesi di Droysen, cui si è
voluta attribuire un'interpretazione dell'"ellenismo" (linguistico e cul-
turale) ristretta solo o prevalentemente agli Ebrei "ellenizzanti" (Helle-
nistai) cicaci negli Atti degli apostoli (6, 1; 9, 29): Droysen guardava, in
realtà, a un orizzonte molto più ampio, che includeva il Mediterraneo
occidentale, pur non direttamente toccato dalle conquiste di Alessan-
dro e dalle formazioni statali che ne conseguirono (cfr. Canfora, 1987b;
Musei, 19902, pp. 683-5; Marcone, 2013; Prag, Crawley Quinn, 2013b,
pp. 5-7; cfr. FIG. I.I a p. 30).
Nei quasi due secoli trascorsi dalla "scoperta" di Droysen molte
cose sono cambiate, nel nostro modo di guardare al mondo antico, che
è sempre fortemente condizionato dal presente in cui siamo immer-
si: la storia dell'area mediterranea e dell'Asia nei ere secoli aperti dalle
conquiste di Alessandro, e degli incroci di culture che ne derivarono, è
stata letta in modi via via diversi, figli degli imperi coloniali moderni,
16
16. I. QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
poi della "decolonizzazione", e, da ultimo, della dolorosa consapevo-
lezza di come ogni Verschmelzung sia frutto di faticose mediazioni e
ricerche di equilibri, e potenzialmente foriera di nuovi e dirompenti
conflitti. Ma il sopraggiungere di nuovi sguardi su quelle epoche lon-
tane, e una complessiva maggiore attenzione dei moderni a tutto ciò
che, nell'età ellenistica, greco non era né diventò (cfr. PAR. 1.3) non to-
glie nulla alla validità e fecondità dell'intuizione storica di Droysen:
lo dimostra la difficoltà, o impossibilità, di descrivere l'era aperta dalle
conquiste di Alessandro con un termine diverso da hellenismos, parti-
colarmente evidente proprio negli studiosi più critici verso l'approccio
ellenocentrico e "colonialista" dello studioso tedesco (un esempio re-
cente è Bonnet, 2015, pp. 19-22, 521-3).
Anche nel tentare di dare, dell'epoca ellenistica, una delimitazione
cronologica, non possiamo non partire da Droysen. La struttura della
sua opera, articolata in tre volumi dedicati rispettivamente ad Ales-
sandro, ai suoi successori e al "sistema statale ellenistico" (1833, 1836 e
1843, ripubblicati come unica Geschichte des Hellenismus nel 1877-78),
contiene in sé e suggerisce due letture alternative: una - che ha avu-
to a lungo maggiore fortuna negli studi - che fa iniziare l'ellenismo
con le guerre dei Diadochi ("successori") di Alessandro, e dunque con
la morte del re nel 323, e una che comprende nell'ellenismo tutto il
regno di colui che ne creò le premesse storiche, a partire dunque dal
336. Quest'ultima è certamente preferibile (Gehrke, 2007, p. 366). Se il
termine cronologico alto è relativamente chiaro, quello basso lo è assai
meno: e anche in questo caso tutto nasce da Droysen. Nella Vorrede
a Droysen (1836), il giovane studioso individuava quel termine basso,
storicamente, nella scomparsa dell'ultimo degli Stati nati dall'impe-
ro di Alessandro, l'Egitto tolemaico (la sconfitta di Marco Antonio
e Cleopatra per mano di Ottaviano ad Azio è del 31 a.C.; la morte di
Antonio e Cleopatra e la definitiva liquidazione del regno tolemaico
avvengono nel 30), ma al tempo stesso dava una lettura amplissima
dell'ellenismo culturale, artistico, letterario, per il quale il punto di ar-
rivo era la fine dell'impero romano d'Oriente, con la conquista turca
di Costantinopoli nel 1453 d.C. (ivi, pp. XV-XVI: cfr. Canfora, 1987b,
pp. 56-7). Droysen si arrestò, nei fatti, assai prima: la Geschichte co-
pre appena il primo secolo successivo alla morte di Alessandro, chiu-
dendosi con la sconfitta, nel 222 a.C., del re "riformatore" spartano
Cleomene III a Sellasia contro una coalizione di Stati greci guidata
dal re macedone Antigono Dosane, un evento importante, ma certa-
17
17. L'ETÀ ELLENISTICA
mente non tale da segnare un'epoca. Furono altri studiosi, ammiratori
di Droysen, e in particolare Ulrich von Wilamowitz-Mollendorff, a
imporre, tra le varie date possibili di conclusione dell'età ellenistica,
il 31/30 a.C. (Canfora, 1987b, pp. 58-9). Questa data individua un in-
sieme di vicende suggestive e importanti - la fine del regno tolemaico
e dell'ultima dinastia fondata da uno dei Diadochi che fosse ancora al
potere, l'ingresso di Ottaviano ad Alessandria, le basi stesse dell'im-
minente trasformazione della repubblica in principato -, e per tutte
queste ragioni essa, pur essendo ovviamente convenzionale, ha avuto
una meritata fortuna: una delle migliori storie dell'epoca ellenistica,
quella di Peter Green (1990), si intitola appunto Alexander to Actium,
e le date della morte di Alessandro e di Cleopatra circoscrivono anche
la Histoirepolitiquedu monde hellénistique di Édouard Will (1979-821
),
per fare solo due esempi illustri.
Resta però legittimo chiedersi se la data indubbiamente suggesti-
va del 31/30 sia anche storicamente significativa come lo sono, a loro
modo, sia il 336 che il 323: ed è inevitabile ammettere che gli equilibri
storici e il sistema "internazionale" creati dalle conquiste di Alessandro
e dalle guerre tra i suoi successori erano tramontati molto tempo prima
del 31/30. Al mondo ellenistico come sistema di Stati in competizione
tra loro aveva di fatto posto fine già la vittoria di Lucio Emilio Paolo sul
re macedone Perseo a Pidna, nel 168, sostituendovi !'"impero inconte-
stato" (aderitos exousia) o "unico" (mia arche), nei termini polibiani, di
Roma: gli anni che colmano il vuoto, all'incirca, tra la conclusione del-
la narrazione droyseniana e la battaglia di Pidna sono proprio i famosi
«meno di cinquantatré anni interi» del piano originario delle Storie
di Polibio, I 1, 5 (poi esteso al 146, come da "secondo proemio", III 1-5:
cfr. PAR. 8.1.7). Viceversa, in termini di storia culturale in senso lato,
Droysen non aveva torto a estendere la storia ellenistica molto oltre il
31/30: quello nato dalla progressiva eliminazione dei regni ellenistici
ha potuto essere descritto per lingua e cultura, a buon diritto, come
un «impero greco-romano» (Veyne, 2005), la coerente e compatta
conseguenza della storia aperta dalle conquiste di Alessandro (Davies,
20136, p. 413). In un autorevole libro recente sull'età ellenistica, così
(Chaniotis, 2018), si dà come termine cronologico basso il principa-
to di Adriano (117-38 d.C.), l'imperatore filelleno al quale Marguerite
Yourcenar, nelle Memorie, fa pronunciare un famoso e toccante elogio
della lingua greca che si conclude così: «L'impero, l'ho governato in
latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mau-
18
18. I, QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
soleo in riva al Tevere; ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto»
(trad. it. L. Storoni Mazzolani).
L'utopistico piano iniziale di Droysen, insomma, aveva le sue ra-
gioni d'essere: ed esso conteneva già in sé le alternative e le incertezze
che abbiamo qui rapidamente esposto, quanto a scelta di un confine
cronologico sicuro. Da storici, associamo volentieri svolte storiche
importanti, o almeno spartiacque cronologici comodi, a grandi even-
ti politico-militari, per orientarci più facilmente, pur sapendo bene
che i mutamenti storici non avvengono mai in un giorno. Per fare due
esempi tratti dalla storia contemporanea, lo scoppio della Prima guerra
mondiale e il collasso dell'Unione Sovietica sono solo il punto più visi-
bile di processi storici durati molto più a lungo e iniziati molto prima:
ma Eric J. Hobsbawm (1994) ne ha fatto i termini, riconoscibili e sto-
ricamente fondati, della sua felice interpretazione del xx secolo come
« secolo breve».
È dunque dal nostro bisogno di attribuire a singole date un valore
"epocale" che viene la scelta del 336 e del 30 a.C. per circoscrivere l'e-
poca che, con Droysen, chiamiamo "ellenistica": ma quella scelta, per
quanto convenzionale, resta ampiamente giustificata.
1.2
Frammenti di un mondo perduto.
Le fonti per lo studio della storia ellenistica
Un tratto comune di questo libro, che ne attraversa tutti i capitoli, è la
constatazione del carattere vario, disorganico, irregolare dei fenomeni
osservati. Una estrema complessità, frammentarietà, ricchezza disper-
siva di varianti locali o regionali caratterizza le strutture e i proces-
si economici, i rapporti e i conflitti sociali, le ideologie politiche e i
rapporti tra Stati, la vita e le istituzioni delle poleis, le forme del culto
(incluso quello dei sovrani), l'evoluzione di feste e cerimonie pubbli-
che, le espressioni artistiche e letterarie. È legittimo chiedersi quanto
di questa immagine ricorrente del mondo ellenistico (che non siamo
evidentemente i primi a cogliere e proporre) dipenda dalla natura delle
fonti di cui disponiamo: è una domanda cruciale per uno storico (non
solo dell'antichità), che in questo libro ci porremo spesso.
Mentre l'ossatura della nostra conoscenza della storia greca dagli
inizi del val pieno IV secolo, in termini evenemenziali e di successio-
19
19. L
0
ETÀ ELLENISTICA
ne cronologica, è costituita da alcune opere di "grande storiografia"
scritte da autori contemporanei ai fatti o appartenenti alla genera-
zione successiva la cui opera è sopravvissuta (Erodoto, almeno per la
narrazione delle guerre persiane, Tucidide, Senofonte), nel caso della
storia ellenistica ci troviamo in una condizione assai diversa. L'unico
storico contemporaneo a una parte dei fatti che narra la cui opera sia
giunta (parzialmente) fino a noi è Polibio, e i suoi giudizi fortemente
critici incidono sulla nostra possibilità di intendere davvero storici più
antichi, i cui "frammenti" ci sono giunti solo o in massima parte attra-
verso la sua mediazione. Il caso classico è il massimo storico dell'Oc-
cidente ellenistico, Timeo di Tauromenio, nato non molti anni dopo
la nascita di Alessandro e vissuto fino al pieno III secolo (cfr. PARR.
8.1.1 e 8.1.3), oggetto nel XII libro delle Storie di Polibio di una critica
serrata che nasce da una profonda distanza culturale (Vattuone, 1991)
e che ha finito per determinare la successiva eclissi dell'opera dello sto-
rico siceliota: è grazie a Polibio che recuperiamo sezioni importanti
e "frammenti" della sua Storia di Sicilia, ed è (quasi) solo nell'ottica
distruttiva e spesso sarcastica di Polibio che li leggiamo. Il quasi totale
naufragio della letteratura storica ellenistica ci priva non solo di opere
di ampio respiro come quella di Timeo, ma di un intero sottogenere
della storiografia antica, la "alessandrografia" (le narrazioni supersti-
ti delle imprese di Alessandro sono tutte di età romana), delle opere
dedicate ai suoi successori e alle loro guerre, e di tutta la storiografia
"locale", genere congeniale all'eterno particolarismo dei Greci e fiorito
con particolare intensità in epoca ellenistica (PAR. 8.1.4). Un sotto-
genere particolarmente popolare di questo genere storiografico è la
scoria di santuari e culti locali (definita da alcuni moderni, in modo
non troppo soddisfacente, "scoria sacra"): di quest'ultima categoria re-
sti preziosi sono stati restituiti dall'epigrafia, come nei casi del corpus
di iscrizioni da Magnesia al Meandro relative all'istituzione delle feste
per Artemide Leukophryene e al loro riconoscimento da parte di una
grande quantità di Stati, alla fine del III secolo a.C. (PAR. 3.2.2) e la
cosiddetta Cronaca di Lindo, dal tempio di Atena di Lindo, a Rodi,
agli inizi del I secolo. In entrambi i casi la gloria di un santuario e la
rete delle sue relazioni esterne sono alla base di uno sforzo cosciente
di interpretazione del ruolo di una certa comunità nel mondo, che è
stato definito, con formula felice, intentional history (Gehrke, 2001;
Dillery, 2005; sul contributo dell'epigrafia alla nostra conoscenza del-
la storia locale cfr. Chaniotis, 1988).
20
20. I. QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
La preziosa Biblioteca storica di Diodoro Siculo, summa della sto-
riografia precedente composta senza particolari ambizioni di origina-
lità, a beneficio di un pubblico colco, nel I secolo a.C. (PARR. 8.1.4 e
8.1.9), ci è a sua volta pervenuta solo parzialmente: i libri dal XVI al xx,
pur spesso problematici nella sistemazione dei dati cronologici e nella
"cucitura" delle diverse fonti era loro (cfr., soprattutto per gli aspetti
cronologici, Erringcon, 1977; Boiy, 2007; Wheacley, 2007; Landucci
Gaccinoni, 2008, pp. XXVIII-XXXVI; Prandi, 2013, pp. XXXVIII-XLI;
Goukowsky, 2016, pp. XXIII-XL, XCVIII-CXIX, CLII-CLIX), costitui-
scono una guida irrinunciabile all'età di Filippo II e di Alessandro, alla
prima fase delle guerre dei Diadochi e alle contemporanee vicende di
Sicilia. La conservazione solo parziale e frammentaria dei libri succes-
sivi di Diodoro è era le ragioni della nostra difficoltà a ricostruire in
modo coerente la "scoria evenemenziale" di gran parte del III secolo (la
narrazione polibiana, i cui primi slibri sono integralmente conservaci,
copre gli anni dal 220 circa al 168 e contiene una "premessa introdut-
tiva", prokataskeue, che risale al 264, ampia ma fortemente selettiva).
Un esempio tra i canti di questa difficolcà è la crux rappresentata dalla
guerra cremonidea, un episodio cruciale della storia ateniese degli anni
Sessanta del III secolo, i cui esiti riconsegnano la città per decenni al
controllo degli Ancigonidi: sulla sua cronologia e sulla esatta ricostru-
zione degli eventi si continua a dibattere (cfr., era i contributi più re-
centi, O'Neil, 2008; Marquaille, 2008).
Le ragioni per cui ceree opere antiche sono sopravvissute e altre no
sono, notoriamente, molteplici e in parte accidentali. Restando alla
storiografia, è stato giustamente osservato che le scelce tematiche de-
gli storici di epoca romana (di lingua sia greca che latina) in maceria
di scoria ellenistica rispecchiano un interesse fortemente polarizzato
attorno ai due estremi dell'impero di Alessandro e della conquista ro-
mana della Grecia e dell'Oriente. Se l'effimero "impero universale" di
Alessandro poteva rappresentare un modello per Roma, un'attenzio-
ne assai minore suscitavano le vicende successive dei regni ellenistici:
l'aneddoto in Svetonio, Vite dei Cesari II 18, 1 sulla visita di Ottaviano
alle rombe reali di Alessandria (PAR. 4.1), per quanto probabilmente
inventato, è in questo senso molto significativo. I Greci stessi, in epoca
romana, consolidarono un interesse "classicistico" per la storia del ve
rv secolo, fino appunto ad Alessandro, che finì per cagliare fuori le vi-
cende dei Diadochi e delle dinastie ellenistiche: è una scelta che ha con-
dizionato, almeno fino alla "riscoperta" droyseniana, anche lo sguardo
21
21. L
0
ETÀ ELLENISTICA
dei moderni sulla scoria greca antica. Così, in età anconina, Pausania,
che considera nell'insieme quella apertasi con l'egemonia macedone
sulla Grecia un'epoca di decadenza, pur riconoscendo la grandezza di
Filippo II e di Alessandro, concentra i suoi excursus ellenistici soprat-
tutto sull'età dei Diadochi, con ciò indirettamente segnalandoci che
fra i suoi lettori personaggi come Lisimaco, Pirro o Seleuco non erano
più così noti, e necessitavano di qualche "nota integrativa". Gli storici
che parlavano dei Diadochi o dei successivi re ellenistici, cerco anche
per un mutamento di gusto letterario intervenuto nel frattempo, non
erano probabilmente più letti in età imperiale, e in generale un cer-
to oblio aveva avvolto i protagonisti delle loro opere, come conferma
la loro limitata presenza era i protagonisti delle Vite di Plutarco (oltre
Alessandro, vi figurano solo Eumene, Pirro e Demetrio Poliorcete: cfr.
Préaux, 1975-76; Erskine, 1003a, pp. 7-8; su Pausania, Musei, 1981b,
pp. XLVIII-L, LIII).
A cucce le ragioni "strutturali" e storiche fin qui ricordate sono poi
da aggiungersi, naturalmente, le casuali circostanze della conservazio-
ne (o riemersione attraverso i papiri) di opere, excerpta o "frammenti"
(incesi, convenzionalmente e in modo elastico, come citazioni dirette,
ma anche perifrasi e adattamenti) delle opere storiografiche elleni-
stiche, a giustificare l'immagine del "naufragio". E sia l'immagine del
"naufragio" che le considerazioni sulle molteplici cause che lo hanno
determinato possono essere estese a gran parte degli altri generi della
vastissima, variegata, e in larga parte perduta produzione letteraria di
epoca ellenistica. Mentre la storiografia è oggetto di una trattazione
puntuale nel paragrafo 8.1, in questo libro non ci occuperemo speci-
ficamente degli altri "generi letterari" ellenistici o della loro fortuna,
scomparsa o conservazione successiva. Quanto sopravvive della let-
teratura ellenistica offre, in ogni caso, molto materiale allo storico, e
qua e là, nei capitoli di questo volume, dovremo darne conto: spunti di
riflessione ci sono venuti dal pensiero politico di Aristotele e dalla sua
idea di polis e, per la classificazione delle diverse forme di economia,
dall'Economico, della primissima età ellenistica, che ci è stato trasmesso
sotto il suo nome; dalle immagini della regalità, della vita di coree e dei
rapporti era sovrani e città offerte dai poeti, come Teocrito e l'anonimo
autore dell'inno icifallico per Demetrio Poliorcete trasmessoci da Ate-
neo; dalle notizie di matrice geografica e da quella tradizione descritti-
va o periegetica, vivissima in epoca ellenistica, di cui Pausania è l'erede
più conosciuto. La commedia attica nuova presenta -scorci vivaci della
l l
22. J. Q_UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
vita, della società e del diritto ateniese, e il gusto erudito dei poeti elle-
nistici per gli aitia trasmette informazioni preziose, per quanto spesso
non facili da decodificare, sulle "origini" di usanze, riti, santuari, e per
le fondazioni di città.
La ricchezza, ma anche la complessità e frammentarietà, della storia
ellenistica si colgono ancora meglio se spostiamo lo sguardo, dalla tra-
dizione letteraria, agli altri ordini di evidenza disponibile: una sintetica
presentazione dei problemi e delle straordinarie opportunità offerti
dalle testimonianze epigrafiche, numismatiche e papiracee è qui ai pa-
ragrafi 8.1-8.4, e il contributo di quelle fonti è costantemente evocato
nei capitoli di questo libro, a proposito dei problemi più diversi. Il pa-
trimonio epigrafico disponibile in epoca ellenistica e romana èeccezio-
nalmente abbondante (e in aumento progressivo grazie a nuovi scavi),
se confrontato con quello delle epoche precedenti, anche per la più
spiccata attitudine delle comunità alla conservazione e pubblicazione
di (certi) documenti di interesse pubblico. Se alcune località tradizio-
nalmente generose di epigrafi (in primis Atene) continuano a esserlo
per tutta l'età ellenistica e oltre, altre si affacciano per la prima volta sul-
la scena e cominciano « a parlare attraverso le iscrizioni»: quest'ultima
era la constatazione di Louis Robert (1974, p. 193) sulla Macedonia,
per la quale la quasi totalità dei documenti della cancelleria reale e di
quelli cittadini oggi noti èsuccessiva alla sua ascesa a potenza mondiale
(Hatzopoulos, 1996, voi. 11). In generale, il panorama geografico delle
iscrizioni ellenistiche èenormemente esteso, per effetto sia del radicarsi
di una nuova "attitudine epigrafica" nelle aree di lingua greca (come ap-
punto la Macedonia), sia della generale mobilità e della più larga diffu-
sione, nel mondo, di genti parlanti greco (gli hellenizontes o hellenistai
nel senso più ampio di questi due termini, prima discusso): il caso delle
massime delfiche incise e pubblicate ad Ai Khanum, in Afghanistan, è
particolarmente noto e suggestivo (PAR. 7.3).
Nei decreti onorari - la cui testimonianza è valorizzata, nei capitoli
che seguono, sui temi più diversi, e la cui pervasività nel panorama epi-
grafico delle città ellenistiche èeccezionale - si riscontra una crescente
tendenza a includere narrazioni dettagliate, spesso ricche di pathos, per
molti aspetti confrontabili con lo stile della storiografia contempora-
nea, anche per una certa sovrapponibilità del pubblico a cui si rivolgo-
no gli oratori d'assemblea e molti storici ellenistici: è un'altra faccia di
quella intentiona/ history che abbiamo visto rappresentata nelle iscri-
zioni che registrano la storia o la "clientela" di santuari locali, e che
13
23. L'ETÀ ELLENISTICA
torna - come memoria interessata o distorta del passato - nelle sezioni
narrative dei trattati interstatali e degli arbitrati (PARR. 3-2.3, 8.1.6 e 8.2;
cfr. Rosen, 1987; Chaniotis, 2013; 2016; Thornton, 2013b).
A sua volta, la quantità di papiri restituiti dall'Egitto ellenistico-
romano, greci e demotici, è straordinaria: accanto agli importantissimi
papiri di contenuto letterario, che hanno consentito la riscoperta di
autori (come il commediografo Menandro) o singole opere (come la
Costituzione degli Ateniesi aristotelica) fino ad allora travolti dal "nau-
fragio", essi ci consegnano materiale documentario grezzo, nella mi-
gliore delle ipotesi destinato ad archivi privati (di una natura dunque
ben diversa dalle iscrizioni, per definizione destinate a essere esposte in
pubblico, con rare eccezioni come le defixiones), ma proprio per que-
sto assai più ricco di quei dati materiali e numerici di cui soprattutto
gli storici delle economie antiche lamentano la carenza o inaffidabilità
nei testi letterari (PARR. 2.3, 2.5 e 8.4). L'ampliarsi della documentazio-
ne su papiro e il consolidamento della papirologia alla fine dell'Otto-
cento, così, sono stati fondamentali per l'ampliarsi dell'interesse mo-
derno per la storia ellenistica, soprattutto sui versanti dell'economia e
del diritto.
Iscrizioni, papiri e monete richiedono una competenza tecnica spe-
cifica che è essenziale alla loro corretta interpretazione, ma che deve
sempre accompagnarsi a una visione storica a più ampio raggio per
collocare quei "documenti" entro un contesto generale e trarne tut-
te le possibili implicazioni. Così, i documenti epigrafici, a meno che
non siano in relazione diretta ed esplicita con un evento della "grande
storia", sono difficili da datare ad annum, con l'eccezione dei testi di
cancellerie reali datati con l'anno di regno di un sovrano chiaramen-
te identificabile e dei documenti pubblici di località i cui magistrati
eponimi siano a loro volta riconducibili ad anni specifici (è il caso, na-
turalmente, di Atene: cfr. Habicht, 1995; Tracy, 1995; Osborne, 2009;
Lambert, 2012). Ma, anche in assenza di una o di entrambe queste con-
dizioni, nel caso di località per le quali sia disponibile una quantità ab-
bondante di documenti, il paziente incrocio di dati paleografici, pro-
sopografici e formulari e il vaglio degli eventuali riferimenti a eventi
della "grande storia" consentono di disporre i documenti in sequenza e
farne fonti di prim'ordine per la ricostruzione della storia locale (due
eccellenti esempi recenti sono offerti, per laso e Rodi rispettivamente,
da Fabiani, 2015, e Badoud, 2015).
L'analisi minuta di papiri documentari, a sua vol_ta, consente di ri-
24
24. I. QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
mettere in discussione idee consolidate sulla natura del regno tolemai-
co edel suo sistema economico, e sul peso dell'eredità faraonica e ache-
menide nell'Egitto ellenistico, e di raggiungere conclusioni di ampia
portata sui sistemi di esazione fiscale, sullo spazio rispettivo delle tran-
sazioni in natura e in denaro, sulla partecipazione della popolazione
non greca all'economia monetaria, sull'utilizzazione o meno di unità
in natura (in particolare grano) come indicatori di valore (sui temi qui
indicati, per i quali rinvio ai PARR. 2.3 e 2.5, uno studio metodologica-
mente esemplare è Criscuolo, 2011; cfr. anche Criscuolo, 2007).
Per l'importanza della corretta interpretazione storica dei dati nu-
mismatici un esempio non meno eloquente è offerto dalla Macedonia:
la corretta datazione, su base strettamente numismatica, delle monete
che portano l'indicazione numerata della meris ("distretto" di emissio-
ne) ha permesso di attribuire questa suddivisione amministrativa già
agli ultimi re antigonidi, ridimensionando il peso della riorganizza-
zione "repubblicana" della Macedonia operata da Lucio Emilio Paolo
dopo la vittoria di Pidna; viceversa, il peso delle serie monetali emesse
ad Anfìpoli, Tessalonica e Pella, considerate in passato da alcuni studio-
si il segno di una maggiore autonomia concessa alle capitali distrettuali
a partire da Filippo v, è in questo senso da ridimensionare con la rida-
tazione delle serie in epoca romana (Kremydi, 2011, pp. 175-6; 2018).
Nel campo delle fonti scritte prese nel loro insieme {letteratura, pa-
piri, iscrizioni e, se si vuole, monete) la nostra conoscenza del mondo el-
lenistico continua a dipendere in larga parte, anche solo per la mole dei
materiali, da testi scritti in greco (e più tardi in latino): è un dato certo
non accidentale, ma legato a quella larga diffusione della koine (come
lingua scritta e parlata, letteraria ma anche politico-amministrativa)
che èal centro della interpretazione droyseniana dell'"ellenismo". Ogni
studioso di storia ellenistica, tuttavia, deve confrontarsi criticamente
con i documenti scritti in lingue diverse, che permettono di cogliere
aspetti essenziali dell'interazione tra Greco-Macedoni ed Egiziani nel
regno tolemaico; di cogliere il persistente multilinguismo, anche am-
ministrativo, del regno seleucidico; di apprezzare la fedeltà all'aramai-
co e all'ebraico come lingue "religiose" all'interno di quella resistenza
all'ellenizzazione di una parte cospicua della società giudaica che ci è
ben nota dalle fonti scritte o tradotte in greco (più ancora che nei passi
già citati degli Atti degli apostoli, nei Maccabei I 1, 11-15 e II 4, 7-17 l'a-
dozione della lingua e di tratti della cultura ellenica da parte di Ebrei è
espressamente condannata); più in generale di far emergere almeno in
25. L'ETÀ ELLENISTICA
parte quella «reazione all'Ellenismo», che, come notava Momiglia-
no (1966, pp. XX-XXI, XXIII), è un fenomeno storico non meno im-
portante della "ellenizzazione" di vasti territori seguita alle conquiste
di Alessandro. La letteratura sacerdotale babilonese, a sua volta, getta
luce su episodi poco noti delle guerre dei Diadochi nella regione e offre
informazioni di prima mano, da una prospettiva interna, sui rapporti
dell'élite sacerdotale locale con gli Achemenidi e più tardi con i Seleu-
cidi (una interessante messa a punto è ora inJursa, in stampa).
Proprio per l'egemonia esercitata dal greco sulle fonti scritte dispo-
nibili, allora, èl'evidenza materiale a risultare particolarmente preziosa
a illwninare le forme di ibridazione - ma anche di resistenza - cultu-
rale caratteristiche del mondo ellenistico. L'indagine archeologica ci
illustra con immediatezza questi processi, nei loro esiti più fecondi e
sorprendenti nel campo delle tecniche e dell'uso dei materiali come
in quello dei linguaggi visivi, e dunque nell'architettura e nell'urba-
nistica come nelle arti figurative. L'arte greco-indiana del Gandhara
(in cui soggetti buddhistici sono rappresentati in un linguaggio visivo
fortemente influenzato dall'arte ellenistico-romana), la convivenza,
nella Babilonia ellenistica, di architettura tradizionale mesopotamica
e di strutture tipicamente greche come il ginnasio, e la raffigurazione
dei Tolemei come faraoni, secondo i moduli millenari dell'arte egizia-
na, sono solo tre dei molti esempi che possono chiarire questo punto.
Nei capitoli che seguono, i dati archeologici saranno però soprattutto
discussi, presupposti, o rapidamente evocati, per il contributo fonda-
mentale che recano alla conoscenza della storia economica e sociale
(PAR. 2.4, sull'evolversi degli insediamenti agricoli e della concentra-
zione proprietaria nel corso del III secolo), per la diffusione e le dimen-
sioni fisiche e demografiche degli insediamenti urbani nei territori
conquistati da Alessandro e poi acquisiti dai suoi successori (PARR. 7.1
e 7.2), per aspetti del culto del sovrano (PAR. 4.2).
1.3
Un "mondo nuovo"?
Qualche aspetto caratterizzante dell'età ellenistica
Il carattere di questa vasta evidenza (scritta e materiale), di cui si ècerca-
to di dare un'idea generale nel paragrafo precedente, chiarisce alcune
ragioni di certi caratteri centrali e ricorrenti della st9ria ellenistica, sui
26. I. Q.UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
quali i capitoli che seguono richiameranno l'attenzione: 1. il suo poli-
centrismo, rispetto all'idea di una monolitica successione di egemonie
di grandi città suggerita per il v e per la prima metà del IV secolo dalla
"grande storiografia" di età classica; 2.. l'enorme varietà di declinazio-
ni locali di sistemi economici, culti, istituzioni politiche, che rende
avventurosa qualunque lettura "globalizzante" del mondo ellenistico,
per mostrarcelo invece in piena continuità con il particolarismo greco
delle epoche precedenti; 3. l'ampia gamma di sfumature con le quali
cogliamo, in tutti i suoi aspetti, la cultura ellenistica, nella ricchezza e
varietà interna dei contributi squisitamente greci a essa, nell'infinita
varietà di reazioni che essa suscitò nelle culture locali, nelle influenze
che subì da queste ultime.
1.3.1. SUL MODELLO "coLONIALISTA"
E ALTRE LETTURE MODERNIZZANTI DELL'EPOCA ELLENISTICA
La civiltà che ne deriva non è un "amalgama", come immaginava
Droysen, né certo si può attribuire ad Alessandro, e ancor meno ai
suoi successori, l'utopistico progetto di una unity o/mankind (Tam,
1948, voi. II, pp. 434-49): ma sarebbe altrettanto fuori luogo pensare
alla mera sovrapposizione di una cultura dominante a tradizioni locali
destinate a scomparire o ad assimilarsi. Ènecessario fare posto a un'im-
magine più complessa e sfaccettata, in cui vi sia posto per «processi
diversi di avvicinamento e assimilazione, di incontro e di contatto, di
resistenza e di rigetto», tutti ugualmente significativi per la compren-
sione di quel mondo (Gehrke, 2.008, p. 653, e cfr. Momigliano, 1966,
pp. XX-XXI; Davies, 1984, p. 2.63). È pure opportuno ricordare, come
si accennava, che la nostra maggiore inclinazione a far prevalere uno
solo degli aspetti prima richiamati e anzi le nostre letture complessi-
ve dell'età ellenistica, come di qualunque fase storica, non sono mai
immuni dal condizionamento della realtà contemporanea a ciascuno
studioso. Se può essere utile operare confronti tra passato e presente
e trarre dall'uno stimoli per interpretare criticamente l'altro, bisogna
essere sempre consapevoli dei rischi che l'operazione comporta e delle
fondamentali peculiarità di ogni epoca: è questa «coscienza della
propria dipendenza dal proprio tempo e dalla propria società» che
salva lo storico dai «rischi dell'anacronismo» (Vernant, 2.004, trad.
it. pp. 46-7; per le successive letture "modernizzanti" che delle società
ellenistiche facevano emergere di volta in volta aspetti centrali dell'e-
2.7
27. L'ETÀ ELLENISTICA
poca cui appartenevano gli studiosi interessati cfr. Momigliano, 1970).
Modelli interpretativi fondati sull'esperienza storica degli imperi colo-
niali moderni o dei successivi processi di decolonizzazione, o centra-
ti su concetti elaborati da altre discipline - come quelli di "ibridità"
e di middle ground - possono apportare qualcosa di utile alla nostra
analisi, purché dosati con attenzione e senza perdere di vista i rischi
che comporta la prevalenza dei modelli astratti sulla lettura corretta
dei dati e delle evidenze disponibili.
Un celebre passo di Plutarco (Sulla fortuna o la virtu di Alessan-
dro, 32.8 B-32.9 A) ha largamente contribuito a modellare l'immagine
moderna dell'"ellenizzazione" duratura dei territori conquistati da
Alessandro. Leggiamone i punti essenziali: mentre Socrate e Platone
avevano avuto per allievi giovani greci di talento, Alessandro «insegnò
agli lrcani a praticare il matrimonio e agli Aracosii l'agricoltura; per-
suase i Sogdiani ad aver cura dei padri, anziché ucciderli, e i Persiani a
rispettare le madri, anziché giacersi con loro», e, ancora, «gli Indiani
a venerare dèi greci e gli Sciti a seppellire i morti, anziché mangiarli»;
se qualche filosofo greco aveva trasmesso i suoi insegnamenti a singoli
esponenti di spicco di popolazioni barbariche, con la conquista dell'A-
sia da parte di Alessandro « si cominciò a leggere Omero, e i figli dei
Persiani, dei Susiani e dei Gedrosii cantavano le tragedie di Euripide e
di Sofocle», e «grazie ad Alessandro la Battriana e il Caucaso venera-
rono gli dèi dei Greci»; Platone non era riuscito a tradurre in pratica la
sua costituzione ideale, mentre «Alessandro, fondando oltre settanta
città in paesi stranieri e diffondendo istituzioni greche per tutta l'Asia,
si impose su uno stile di vita incivile e bestiale», e introdusse le proprie
leggi presso decine di migliaia di persone.
Questo passo plutarcheo, nel quale al paragrafo 7.2. si sottolinea
l'equivalenza - da esso presupposta, e caratteristicamente greca - tra
"civilizzazione" e fondazione di città, presenta altri aspetti di grande
interesse. Abbiamo qui un esempio di quelle descrizioni antiche degli
effetti della conquista di Alessandro che, negli studiosi moderni più
influenzati dall'esperienza contemporanea dei grandi imperi coloniali,
hanno suscitato o rafforzato l'idea che l'ellenismo fu un'imposizione
"dall'alto", pianificata e capillare, della lingua, delle istituzioni e della
cultura greche alle popolazioni dei territori conquistati, in particolare
in Asia (vi sono rappresentazioni analoghe in altri autori antichi, ma
questo brano di Plutarco concentra in poche righe tutti gli aspetti che
qui ci interessano). E tuttavia, se lo sganciamo dal peso condizionante
28. I. QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
di esperienze storiche più vicine a noi, il passo plutarcheo ci sembra
soprattutto una perfetta sintesi di quell'ellenocentrismo, o, se si vuole,
di quell"'imperialismo culturale", che è un tratto fondante della cultu-
ra greca antica di ogni epoca (nelle parole di Plutarco, le popolazioni
dell'impero di Alessandro « non sarebbero state civilizzate, se non fos-
sero state conquistate» [oùic &v ~i,tEp6>6YJcrtXv, ei !L~ èicptXT~6YJCTtXV]): come
tale, dunque, non può essere considerato una descrizione oggettiva dei
processi che pretende di narrarci (Millar, 1983).
È anche interessante notare che, mentre la conquista dei territori
appartenuti all'impero persiano stimolò nei Greci - anche a distanza
di secoli, come abbiamo visto dal passo plutarcheo - una visione ag-
gressiva, dominante, del proprio ruolo di "civilizzatori", essi valutarono
in modo diverso, almeno sul lungo periodo, l'esito del proprio incon-
tro con le civiltà indigene nelle aree del Mediterraneo occidentale che
erano state oggetto della "colonizzazione" greca arcaica. Il geografo
Strabone, nell'età di Augusto, segnala una sostanziale scomparsa dei
caratteri di civiltà greca da quella che un tempo si era chiamataMegale
Hellas, con le sole eccezioni di Taranto, Reggio e Napoli, e impiega,
per descrivere questo processo, il verbo ekbarbarousthai, "imbarbarirsi",
che èl'altra faccia di hellenizein (v11, 2, con Erskine, 2013, pp. 30-1; cfr.
FIG. 1.1). Questa prospettiva diversa, applicata all'Occidente, può di-
pendere dal fatto che in Italia meridionale, in Sicilia, sulle coste dell'I-
beria e della Gallia i Greci avevano fondato decine di poleis ma erano
da sempre abituati a convivere con le popolazioni e le culture indigene
e non avevano mai imposto un controllo stabileecontinuo su vaste regio-
ni, come avvenne con la conquista dell'ex impero achemenide da parte
di Alessandro: l'archaiologia siceliota di Tucidide, tipicamente, insiste
sulla mescolanza etnica caratteristica della Sicilia, in cui i Greci (a loro
volta di svariata provenienza) sono solo un elemento tra i molti (VI 1, 1;
2; 6, 1; peraltro, parlando delle singole "colonie" o apoikiai greche, Tu-
cidide e gli altri autori antichi, non meno caratteristicamente, tendono
a ridurre o a cancellare l'apporto indigeno al loro popolamento, che
pure certamente vi fu; cfr. Moggi, 1983).
1.3.2. ECONOMIE E SOCIETÀ ELLENISTICHE
Uno degli ambiti del mondo ellenistico in cui si colgono con partico-
lare evidenza quei caratteri dipluralita epolicentrismo prima ricordati è
l'economia (in un senso ampio che include strutture e processi econo-
29
29. L'ETÀ ELLENISTICA
FIGURA I.I
Il Mediterraneo occidentale
MAR
TIRRENO
Fonte: adattata da Green (1990, p. ll9).
MAR
IO IO
miei, istituzioni e politiche economico-finanziarie, comportamenti
sociali e mentalità collettive). In uno con la sopravvivenza, all'inter-
no dei grandi regni ellenistici, di sistemi politici e di organismi stata-
li differenti, sembra impossibile ricondurre a un quadro unitario e
omogeneo anche le "economie ellenistiche": il titolo del capitolo l
riecheggia volutamente quello di un importante volume a più mani
che ha consolidato, in anni recenti, questa visione "non globalizzata"
dei fenomeni economici nell'era aperta dalle conquiste di Alessandro
(Archibald et al., lOOI; cfr. Archibald, Davies, Gabrielsen, l005; lOII).
Anche (o più che mai) in questo campo, le letture dettate dalle espe-
rienze contemporanee hanno imposto nel tempo modelli fuorvianti,
inducendo ad attribuire all'epoca ellenistica forme "capitalistiche" di
produzione e di mercato, accentuando per l'Egitto tolemaico l'idea
di un fortissimo controllo statale su parte della produzione, o sugge-
rendo paragoni con l'attuale economia "globalizzata". Se prendiamo le
30
30. I. Q.UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
distanze da un'applicazione meccanica di modelli tratti da epoche più
vicine a noi, restano indubbi aspetti di innovazione e di maggior di-
namismo nelle economie ellenistiche, rispetto alle epoche precedenti,
alle radici di alcuni dei quali si individua il formidabile propellente co-
stituito dalle campagne militari di Alessandro e dei Diadochi e poi dai
continui conflitti territoriali tra i regni ellenistici: penso alla maggiore
diffusione dell'economia monetaria, all'insediamento di nuovi centri
urbani, all'incoraggiamento alle migrazioni "internazionali" verso le
nuove terre conquistate e all'impiego militare di tanta forza-lavoro, al
maggior volume e raggio d'azione degli scambi e anche, in una certa
misura, allo stimolo alla produzione in settori direttamente legati alla
guerra. Tuttavia, nella vita interna delle città, gli effetti economici delle
guerre si percepiscono, almeno nella nostra documentazione, piutto-
sto in senso negativo (Chaniotis, 2011a). Tra le diverse forme statali el-
lenistiche, sono soprattutto le città a mettere a punto nuovi strumenti
legislativi a protezione dei propri interessi economici, forme di pianifi-
cazione finanziaria, e stratagemmi a volte estremamente creativi per re-
perire fondi (si insiste molto, egiustamente, sulla crescente dipendenza
delle poleis da piccoli e grandi evergeti: ma gli atti di evergetismo sono
lungi dall'esaurire la politica finanziaria delle città ellenistiche).
Nel complesso, anziché parlare di una economia "globale" (anche
solo del Mediterraneo e delle regioni gravitanti su di esso), sembra
preferibile descrivere un mondo in cui i circuiti esclusivamente locali,
microregionali o al massimo regionali costituivano ancora la norma.
Contemporaneamente, comportamenti economici più tradiziona-
li, come gli scambi in natura, e assetti proprietari e produttivi che nel
mondo greco erano decisamente minoritari o del tutto scomparsi, come
la servitù rurale legata alla terra (laoi), sopravvissero nei nuovi territo-
ri conquistati. Un carattere predatorio di fondo accomuna due aspetti
centrali delle economie ellenistiche, quali la guerra e la pirateria (cfr.
Austin, 1986, pp. 465-6; PAR. 2.8), ed è descritto con suggestiva efficacia
in un aneddoto riferito da Agostino (La citta di Dio IV 4: dopo aver
catturato W1 pirata, Alessandro gli avrebbe chiesto perché tormentava i
mari, e quello gli avrebbe risposto: «Per la stessa ragione per cui tu tor-
menti il mondo. lo lo faccio con W1a piccola nave, e allora mi chiamano
pirata. Tu lo fai con W1a grande flotta, e così ti chiamano re [impera-
tor] »).Questo aspetto predatorio ci appare in fondo W1 tratto arcaico,
0 comunque fortemente conservativo, di queste società, in contrapposi-
zione con gli aspetti maggiormente innovativi poc'anzi richiamati.
31
31. L
0
ETÀ ELLENISTICA
Recuperare la molteplicita degli assetti economici e sociali e dei con-
tributi culturali alla creazione del "mondo ellenistico", sia pure valoriz-
zando i caratteri peculiari del contributo dei Greci (senza i quali esso
non sarebbe esistito), significa anche guardare alla storia dell'impero
di Alessandro, e in particolare della sua parte asiatica, nel momento
della conquista macedone e nei secoli successivi, secondo una prospet-
tiva di "lungo periodo", perché quella pluralità era stata l'essenza del
plurisecolare impero achemenide. Di quell'impero Alessandro fu e si
sentì erede, e dopo di lui lo furono i Seleucidi. Questa continuità si
coglie nell'ideologia regale, laddove furono accolti rappresentazioni
della regalità e cerimoniali a essa legati che risultassero consoni alle tra-
dizioni locali, iraniche o mesopotamiche; nell'amministrazione, con
la sicura sopravvivenza e uso ufficiale di lingue diverse dal greco; nel
sistema economico, nella gestione dei territori, negli assetti proprieta-
ri, nella fiscalità, in cui molti assetti tradizionali di quelle aree furono
lasciati in piedi (Briant, 1982.; 1996; 2.009, con ulteriore bibliografia;
2.015, per il debito verso l'opera di Rostovtzeff; Sherwin-White, Kuhrt,
1993, pp. 144-5, 167-8; cfr. FIG. 2. a p. 14 e FIG. 2..1 a p. 76).
1.3.3. E ALLORA, CHE COSA C
1
È DI NUOVO?
È legittimo allora interrogarsi sugli aspetti di reale innovazione che la
conquista di Alessandro e l'epoca ellenistica portarono con sé, a partire
dai dati che emergono dai contributi che compongono questo volu-
me (trovo meno interessante interrogarsi, come molti studiosi tuttora
fanno, sulla modernita dell'ellenismo: la domanda è in sé pericolosa-
mente anacronistica). Come si diceva discutendo dei limiti cronologici
dell'ellenismo, la storia è evoluzione costante: conosce accelerazioni
clamorose, punto di emergenza di movimenti sotterranei più lunghi e
complessi, ma per il resto si presenta come un perenne amalgama di
conservazione e innovazione. La conquista greco-macedone dell'im-
pero persiano, come impresa politico-militare in sé e per l'insieme
delle sue conseguenze, anche sul lunghissimo periodo, è certamente
una delle accelerazioni più appariscenti della storia, non solo antica
(l'immagine della "crisi", dell'evento storico drammatico, come ICLV'l']<rlç,
"movimento~ è del proemio tucidideo, e si fatica a trovarne una miglio-
re): ma i diversi comparti dell'esperienza umana (organizzazioni statali,
assetti economici, rapporti sociali, religione e cultura) reagiscono alle
"crisi" e ai mutamenti con tempistiche diverse. È in questa naturale
32.
32. I. Q_UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
vischiosità dei processi storici che risiede la nostra difficoltà a definire
un "punto d'arrivo" dell'ellenismo che valga per tutti gli aspetti osser-
vabili (PAR. 1.1, con Gehrke, 2.007). Per giunta, aspetti dell'ellenismo
che appaiono radicalmente nuovi per alcune aree dell'impero e poi dei
regni ellenistici che ne derivano lo sono assai meno in altre: la "novi-
tà" portata dalla conquista di Alessandro ha accezioni e caratteristiche
diverse, insomma, anche se osservata geograficamente.
Quest'ultima affermazione si chiarisce guardando alla conseguenza
storica più appariscente delle conquiste di Alessandro: l'affermazione
stabile di/onne monarchiche e dei connessi Stati territorialifondati sul-
la conquista militare, nei quali una élite in larga parte greco-macedone
governa amplissimi territori e popolazioni etnicamente e culturalmen-
te miste (è il principio della doriktetos chora, "terra conquistata con la
lancia~ a fondare la nozione di "terra del re" e a legittimarne il possesso:
cfr. PAR. 2..3, con Mehl, 1980-81). Questa è evidentemente una novità
rivoluzionaria se la guardiamo dalla prospettiva della "Grecia delle cit-
tà", ma è in piena continuità con la scoria plurisecolare del Vicino e Me-
dio Oriente; inoltre, la basi/eia militare e lo Stato territoriale fondato
sul diritto di conquista erano da sempre le caratteristiche del principale
protagonista dell'impresa di conquista, lo Stato macedone. Quest'ul-
timo era alla lettera identificato con il "territorio (di proprietà) dei
Macedoni" (l'espressione xwpa. Ma.1CeÒ6vwv compare come sinonimo
di Makedonia, nel decreto di Pella che riconosce l'asylia del santuario
di Asclepio a Cos, del 2.43 a.C.: Hatzopoulos, 1996, voi. II, n. 58, I. 6).
A partire da Filippo II assistiamo, con il forte espandersi territoriale
soprattutto verso est e sud-est (Tracia e Calcidica), a una vera e propria
"colonizzazione interna" di quei territori, con assegnazioni di terre ai
Makedones, vincolati in cambio al servizio militare, e di proprietà più
estese ai "compagni" del re (hetairoi) e ad alcri membri dell'élite {mace-
doni e non): è il modello che Alessandro e i suoi successori attueranno,
su proporzioni gigantesche, nei nuovi territori conquistati, introdu-
cendo nelle nuove città fondate in Asia tipiche istituzioni macedoni
come l'epistates, il sommo magistrato civico, e ipeliganes, i membri del
consiglio (Billows, 1995; Mari, 2.017; in stampa a).
In assoluto, naturalmente, la regalita non era un'esperienza nuova
per il mondo greco: senza risalire fìno all'età micenea, vi erano aree
stabilmente governate da re o almeno storicamente inclini a forme di
potere personale (Macedonia ed Epiro, Cipro, Sicilia, lasciando da
parre il caso peculiare della "doppia regalità" di Sparta: cfr. Carlier,
33
33. L'ETÀ ELLENISTICA
1984, e, sugli aspetti ideologici, Luraghi, 2.013a). Le novità sono, dal
punto di vista dei Greci, altrove: nella generalizzazione degli Stati mo-
narchici sulla scena politico-diplomatica del Mediterraneo orientale,
nell'inclusione delle poleis ali'interno di questo orizzonte di grandi
Stati territoriali, e nella conseguente necessità di adattare alle nuove
condizioni la cultura politica del mondo cittadino, a partire dal lin-
guaggio (CAP. 4).
Usiamo inevitabilmente delle semplificazioni: la stessa nozione di
"monarchia ellenistica" è inadeguata a descrivere una realtà estrema-
mente eterogenea per estensione fisica dei regni, forme di occupazione
del territorio, rapporti con le realtà locali e le differenti componenti
emiche, modelli di regalità assorbici e rielaboraci, in dosaggi differenti a
seconda delle diverse aree (Musei, 1977: cfr. in pare. p. 2.32., per i dati sul-
le dimensioni territoriali e demografiche dei diversi regni ellenistici).
Si è molco discusso se il regno dei Seleucidi si possa definire una
struttura statale "forte" o "debole", e sul grado di effettivo controllo di
territori canto vasti da parte del potere centrale, e la questione potreb-
be porsi in forme diverse per i principali regni sorci dalle conquiste di
Alessandro, cucci, in varia misura, eterogenei al loro interno per sud-
divisioni politico-amministrative (soprattutto laddove accoglievano
un rilevante numero di entità cittadine), ma anche (con la parziale ec-
cezione della Macedonia antigonide) per gli assetti di proprietà della
terra, le forme produttive prevalenti, le tradizioni culturali e religiose.
In una cale condizione, i re ellenistici necessitavano di un capillare so-
stegno nelle élites locali (cittadine e/o sacerdotali) e di "negoziare" il
riconoscimento e le condizioni del loro potere. Di qui la necessità di
modulare l'ideologia, le cerimonie e le rappresentazioni della regalità
anche sulle aspettative e tradizioni locali: si pensi, per fare solo qualche
esempio, all'aspetto mulciforme che assume il potere dell'ultimo gran-
de sovrano seleucide, Antioco III (Ma, 2.003a); al complesso e faticoso
dialogo dei Tolemei con l'élite sacerdotale egiziana e alla studiata con-
servazione di alcuni tracci di eredità faraonica (Peremans, 1987; Huss,
1994); al mantenimento di canti aspetti della tradizione macedone pre-
elleniscica nella monarchia degli Antigonidi; ali'assunzione da parte di
cucci i re ellenistici, nelle loro relazioni con le poleis greche, del ruolo
del "benefattore" (euergetes: Gauchier, 1985, pp. 39-53). Prima che in un
passo di Scrabone (1x 2., 40) qui menzionato ai paragrafi 2..6 e 7.5, l'idea
che - nei confronti dei Greci, in maggioranza poco inclini ad accettare
forme monarchiche - il re dovesse prima di cucco euergetein, "fare del
34
34. I, QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
bene", era suggerita a Filippo II già da Isocrate, in una significativa gra-
dazione di espressioni verbali, in cui archein, "comandare, dominare~
era riservato ai barbari, e un intermedio basileuein, "regnare", ai Mace-
doni (v [Filippo] 154).
L'attitudine "evergetica" del re ellenistico discende da uno dei suoi
attributi più frequentemente sottolineati (nelle descrizioni letterarie
e, in forma più obliqua, nei testi epigrafici): ossia la sua straordinaria
ricchezza, vista prima di tutto come un bene da redistribuire. Questo
meccanismo di redistribuzione - applicato in primo luogo al botti-
no -, già definiva il rapporto tra re macedone e hetairoi, ma anche tra
re e Makedones in senso lato: vale, come abbiamo visto, per le attri-
buzioni di proprietà terriere, ma persino per le distribuzioni di cibo e
viveri durante i banchetti, che toccano la cerchia immediata del re ma
possono essere estese a migliaia di persone nel corso di feste pubbli-
che in cui questo ruolo del re come "colui che nutre" il suo popolo è
fortemente sottolineato, con rivisitazioni che arrivano all'età romana,
molto tempo dopo la scomparsa dei re dalla Macedonia (Mari, 2018;
sull'attribuzione preferenziale ai sovrani del lessico della euergesia in
Macedonia cfr. Xydopoulos, 2018). Applicato alla cerchia più ristretta
di hetairoi ephiloi, il meccanismo redistriburivo, persino nei banchetti
(Murray, 1996, p. 18), è strettamente correlato a forme embrionali di
gerarchia, sottolinea il favore del sovrano, e, a partire dalla riorganiz-
zazione dello Stato dovuta a Filippo II e con una decisa accelerazione
sotto Alessandro, finisce per creare un'autentica "classe dirigente": non
solo l'unione tra il re e i membri del suo entourage si fonda (anche) sul-
la condivisione di un dispendioso stile di vita, ma la disponibilità del
primo a spendere in favore dei secondi, o a mettere a loro disposizione
beni e servizi, è un potente meccanismo di creazione del consenso, se
non proprio di eliminazione del dissenso (Monson, in stampa). Que-
sto aspetto del rapporto tra il sovrano e la élite del regno è essenziale e
funzionale, e ha ricadute importanti sia sull'ideologia del potere che
sull'economia degli Stati ellenistici: non a caso, in questo libro se ne
parla spesso, da punti di vista differenti (PARR. 2.5, 2.6, 4.2, 5.1 e 6.2).
Come abbiamo visto, il rapporto di euergesia che lega il re a chi gli è
sottoposto è, per così dire, un sistema in cerchi concentrici: investe i
membri dell'élite del regno, ma raggiunge, nello Stato macedone, l'in-
sieme dei Makedones; in Macedonia come negli altri regni ellenistici,
e nelle città greche teoricamente autonome, poi, ne sono gratificate
più in particolare le élites locali e infine, più in generale, le comunità
35
35. L'ETÀ ELLENISTICA
cittadine. Per queste ultime l'intervento "benefico" del re si converte
in infrastrutture, costruzione o manutenzione di edifici pubblici, con-
cessioni territoriali, privilegi fiscali, sostegno (in denaro o in natura) in
casi di emergenza come calamità naturali o eventi bellici distruttivi, e
in forme rudimentali di assistenza sociale alle fasce più disagiate della
popolazione.
Al di là di questi aspetti "negoziabili", il principio generale del con-
trollo centralizzato del territorio e dello sfruttamento sistematico delle
sue risorse da parte del re non è in discussione in nessuno dei regni
ellenistici (Ma, 2003a): usurpatori, amministratori locali ribelli, dina-
sti ambiziosi (fenomeni caratteristici, in particolare, del regno seleu-
cidico: Chrubasik, 2016) non mettono in discussione l'idea di fondo,
e ambiscono semmai a costituirsi "regni" propri. Il basileus è in grado
di mobilitare risorse economiche, e di conseguenza militari, fuori dal-
la portata di qualunque città, koinon, Stato templare, o piccolo dina-
sta locale: la minaccia militare resta sempre sullo sfondo, a rendere le
relazioni di potere ben poco equilibrate. Al tempo stesso, la perenne
conflittualità era i diversi regni per il controllo di aree sensibili fa del
mondo ellenistico un sistema di Stati in perenne competizione era loro,
fino all'affermazione del dominio unico dei Romani (PAR. 1.1): questa
situazione di latente instabilità apre spazi ulteriori di negoziato, rispet-
to al potere regale, per le città che si trovano in aree contese (in primo
luogo le città greche d'Asia Minore e le isole dell'Egeo, ma anche, per
lunghi periodi della sua storia in epoca ellenistica, la stessa Atene).
Da quanto si è osservato fin qui, emerge un dato che non sfuggì a
Droysen e che con crescente forza e ricchezza di sfumature è stato riba-
dito in tutti gli scudi recenti sul mondo ellenistico: accanto alla nascita
di nuove forme statali, è la sopravvivenza, la capacità di adattamento e
la larghissima diffusione della citta il dato caratterizzante dell'ecà elle-
nistica (CAP. 7). La cosa è meno paradossale di quanto sembri: il ruolo
associato per eccellenza al basileus ellenistico, insieme a quello di ricco
e potente euergetes, è proprio quello del fondatore di città. In questo
caso, l'elemento di novità è rappresentato soprattutto dalla quantita
delle nuove fondazioni (in Asia in primo luogo), dalle dimensioni fisi-
che e demografiche di alcune di esse, che superano di molto la pruden-
te soglia della "città di diecimila abitanti" ancora guardata con sospetto
da Aristotele, e dalla diffusione su una vastissima area geografica di un
modello urbanistico in cui riconosciamo molti tratti di derivazione gre-
ca, sia pure con cucce le varianti del caso.
36. I. Q_UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
Anche se guardiamo alla città come organismopolitico-istituzionale
ecome forma preminente di organizzazione comunitaria, nessuno oggi
potrebbe più sostenere che la polis è morta a Cheronea, nel 338 a.C.:
per i Greci - anche quelli organizzati in koina o organismi federali, che
dello scenario politico ellenistico sono protagonisti come forse mai
prima nella storia greca - la polis resta l'orizzonte "naturale" della vita
sociale e politica, e anche in questo caso assistiamo alla larga diffusione
di un modello, quello di regimi che si autodefiniscono "democratici"
(PARR. 4.1 e 7.3), in uno scenario, interno e internazionale, che ha poco
o nulla in comune con quello che vide l'affermarsi della democrazia
ateniese div secolo. Rispetto a questa persistente vitalità e capacità di
adattamento della polis, la novità sarà allora da cogliere nel fatto che
la città non è evidentemente più la forma di organizzazione politica
dominante o esclusiva, e nella suaperdita di centralita in politica estera:
un fenomeno quest'ultimo, peraltro, che ci sembra macroscopico se
guardiamo al destino di Atene, ma che per tante città minori èin piena
continuità con il passato (PAR. 7.1).
Stati monarchici e città (e naturalmente, almeno per il continente
greco nel III e nel II secolo, i koina) concorrono insieme a costituire
lo scenario politico del mondo ellenistico: sono attori compresenti,
sia pure, evidentemente, di peso differente. Singole carriere, per lo più
note dalle fonti epigrafiche, di esponenti politici cittadini che entrano
in relazione con il mondo delle corti reali e fanno costantemente la
spola tra la propriapolis d'origine e una o più corti, ricavando vantaggi
per la città e opportunità di carriera per se stessi, mostrano con la mas-
sima chiarezza l'estrema permeabilità e osmosi tra i due ambiti, che
diventano tre nei casi in cui la città sia anche inclusa in un organismo
"federale" (è esemplare in questo senso il caso di Arato di Sidone, de-
scritto al PAR. 6.3). In Babilonia, i testi cuneiformi di Uruk lasciano
intuire dinamiche non dissimili: gli esponenti delle élites locali sono
anche qui essenziali per il controllo regio del territorio, assumendo il
ruolo aggiuntivo di "mediatori culturali" (un aspetto, quest'ultimo,
che è trasversale sia cronologicamente che geograficamente al mon-
do ellenistico: le stesse Storie di Polibio possono essere lette come un
ambizioso tentativo di mediazione culturale tra due mondi). Alcune
figure eminenti della Uruk sottoposta al controllo seleucide agiscono
da rappresentanti delle comunità locali e difensori delle loro tradizioni
culturali e religiose e, allo stesso tempo, da terminali di riferimento del
potere regale. Il tratto più evidente dell'"identità multipla" che queste
37
37. L'ETÀ ELLENISTICA
figure assumono, nei documenti noti, è l'attribuzione ad alcuni di loro
di un secondo nome greco-macedone: un'abitudine riconducibile a
diversi sovrani del Vicino Oriente, inclusi i re Achemenidi, che utiliz-
zavano questo strumento per assimilare e promuovere funzionari locali
leali ed efficienti (Sherwin-White, Kuhrt, 1993, pp. 149-53). A Uruk
due di questi personaggi (tutti e due di nome Anu-uballit, alias, alla
greca, Nikarchos e Kephalon) sono stati identificati con i destinatari
di tombe a tumulo di tipo macedone: anche se l'identificazione non
è sicura, è evidente che nell'élite locale si poteva ostentare il proprio
hellenismos in più di un senso, dal nome personale al richiamo all'i-
dentità "macedone" dei sovrani (Baker, 2013; Monerie, 2014; sulla que-
stione generale della "macedonicità" dei Seleucidi e del loro Stato cfr.
Musti, 1966, pp. m-38; 1977, pp. 296-307).
Un altro dato che indiscutibilmente caratterizza l'età ellenisti-
ca, anche in confronto alla diffusa presenza greca nel Mediterraneo
e nell'area del mar Nero legata alla "colonizzazione" arcaica, è l'ecce-
zionale espandersi degli scenarigeografici della grecità, a partire, ancora
una volta, dalla lingua. Prima ancora che Droysen partisse da quel dato
per caratterizzare un'intera epoca storica, i moderni avevano già inizia-
to a discutere sulla natura della koine, enfatizzandone di volta in volta
l'impiego nei linguaggi specialistici o tecnici e la larga diffusione come
lingua ufficiale delle istituzioni e delle cancellerie, o viceversa insisten-
do sul suo carattere di lingua franca parlata anche da non Greci: è stato
giustamente osservato che entrambe le interpretazioni colgono due
aspetti essenziali della storia della koine, ovvero la sua indiscutibile dif-
fusione geografica presso grandi quantità di persone di origini diverse e
le modifiche che ne derivarono sulla lingua (Canfora, 1987b, pp. 79-83).
Quanto alla latitudine spaziale della storia ellenistica, rispetto alla
inevitabile enfasi di Droysen e di molti studiosi moderni sull'Oriente,
si è giustamente richiamata la fondamentale unità dell'area mediter-
ranea e la necessità di superare l'opposizione polibiana tra un Oriente
culturalmente "greco" e un Occidente, almeno fino alla finale afferma-
zione di Roma, più misto (Erskine, 2013; Purcell, 2013). Lepoleis greche
d'Occidente mantengono ben saldi i legami con la madrepatria, atti-
vando i tipici strumenti diplomatici che consolidano i legami tra città
ellenistiche (riconoscimenti di asylia e syngeneia, decreti onorari per
forestieri) o rinnovando la propria presenza nei santuari panellenici, ed
enfatizzano così la propria appartenenza ali'Hellenikon e la condivisio-
ne di un lessico diplomatico e politico comune alle diverse sponde del
38. I. Q_UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
Mediterraneo. Una tra le più illustri e popolose di quellepoleis d'Occi-
dente, poi, Siracusa, con Agatocle prima e con lerone II poi, agisce in
rutto e per tutto come un regno ellenistico, sia pure di rango minore, in
parziale continuità con il proprio passato "monarchico": in linea con
quella visione del mondo "provinciale" rimproveratagli aspramente da
Polibio, ma certamente con qualche fondamento nella realtà urbanisti-
ca e monumentale della città rifondata da Timoleonte e poi ampliata e
abbellita dai suoi sovrani, lo storico siceliota Timeo la definiva «la più
grande e bella di tutte le città greche» (Die Fragmente dergriechischen
Historiker, d'ora in avanti FGrHist, 566 F 40).
Più difficile, ma non meno affascinante, è definire i mutamenti nel
campo delle figure e dei ruoli sociali: si è già richiamata e sarà indagata
nel capitolo 6 la connessione "strutturale" tra élites locali ed élites di
corte, ben osservabile quando è possibile ricostruire singole carriere e
biografie. La frequentazione di uno o più sovrani e la familiarità con
una o più corti consente agli esponenti di questa upper class "interna-
zionale" di ricoprire ruoli anche molto diversi tra loro, senza che appaia
necessaria una specializzazione di competenze: la precarietà delle for-
tune a corte, sottolineata e stigmatizzata da un tipico esponente della
"Grecia delle città" quale Polibio, èla faccia negativa di un mondo che,
in positivo, offre rapide possibilità di ascesa sociale e opportunità di
muoversi, viaggiare, conoscere il mondo (le une e le altre raramente alla
portata del politico locale di epoca classica).
La mobilita geografica e quella professionale, incarnata in questi casi
dall'accesso a cariche differenti al servizio di più corti, sono un versante
particolare di un'attitudine allo spostamento e al cambiamento che ca-
ratterizza le persone in epoca ellenistica in modo più accentuato che in
epoche precedenti, e che non è limitata ai soli Greci e Macedoni. Si con-
tinua a viaggiare soprattutto per necessità e per lavoro, ma lo si fa proba-
bilmente più che in passato, per ragioni e professioni diverse (mercanti,
mercenari, intellettuali, politici e ambasciatori, esuli in cerca di una nuo-
va patria), e con più ampie possibilità di ricollocazione altrove, nel vasto
scenario internazionale dei regni a guida greco-macedone (sul fenomeno
generale e sulle strategie delle città per trattenere potenziali "migranti" e
attirarne da fuori cfr. Oliver, 2011; sull'attivismo e la particolare "visibi-
lità" dei Fenici, anche nei documenti greci, Millar, 1983; sull'entità del
presunto "spopolamento" di Grecia e Macedonia ipotizzato da alcuni
studiosi in passato e certamente da ridimensionare cfr. PARR. 2.4 e 7.5).
Ancora una volta, però, non è prudente generalizzare: sembra
39
39. L'ETÀ ELLENISTICA
chiaro che dalle katoikiai a carattere militare, e probabilmente anche
dalle fondazioni regie, non si era (sempre e del tutto) liberi di parti-
re in cerca di nuove destinazioni. Oltre a indicazioni meno esplici-
te in altre fonti letterarie e nei testi epigrafici, lo suggerisce Diodoro
Siculo (xvm 7) descrivendo il malcontento dei coloni stanziati da
Alessandro nella remota Battriana, che alla notizia della morte del re
tentarono la rivolta e la fuga «perché avevano nostalgia dello stile di
vita greco, relegati com'erano agli estremi confini dell'impero» (7ro-
0oiivnç f,LÈv -r~v 'EÀÀY]VllC~V àywy~v 1ettl ò(a.t-rttv, èv ÒÈ -ra.iç Èa"XttTLa.iç -r~ç
~tto"LÀe(ttç è~epplf,Lf,LÉV01: Robert, 1968, p. 421; Bettalli, 2013, pp. 395-7).
Nell'ottica del potere centrale, imporre vincoli di residenza è una mi-
sura ineludibile per mantenere stabili le dimensioni di quegli insedia-
menti e il conseguente controllo del territorio che essi assicuravano:
restrizioni simili esistevano probabilmente già in Macedonia per gli
assegnatari di terre nei "nuovi territori" annessi al regno da Filippo
II, e in Asia esse sono state ricondotte alla ancor più remota politi-
ca dei regni vicino-orientali, ereditata dagli Achemenidi e, attraverso
Alessandro, dai Seleucidi (Sherwin-White, Kuhrt, 1993, pp. 9, 165-6;
Mari, in stampa a). Vi è poi, nella accentuata mobilità che caratterizza
gli individui (e a volte le popolazioni intere) nel mondo ellenistico,
un versante negativo e violento che non dovremmo dimenticare: non
solo quello degli spostamenti forzati di popolazioni imposti dai sovra-
ni, ma quello delle innumerevoli vittime di guerre o atti di pirateria e
brigantaggio, che finiscono imprigionati e spesso venduti come schia-
vi e dunque forzatamente allontanati dalle regioni di origine. Anche
questi fenomeni, con le contromisure che furono prese per limitar-
ne gli effetti, contribuirono agli aspetti di koine culturale e giuridi-
ca che caratterizzano le relazioni internazionali in epoca ellenistica
(Chaniotis, 2004b).
L'abbondante documentazione epigrafica e papiracea ellenistica
e la grande distribuzione geografica almeno della prima consentono
di indagare aspetti della società, dei costumi e del diritto nel mondo
greco che per le epoche precedenti conosciamo assai meno e in riferi-
mento quasi esclusivo alla realtà ateniese. Così, l'idea, avanzata da Po-
meroy (1975), che l'età ellenistica - anche per lo sradicamento fisico
di tanti Greci dalle terre d'origine - comportò una significativa evolu-
zione della condizione femminile, ampliando la capacità giuridica ed
economica delle donne e la loro capacità di decidere del proprio desti-
no, è stata ridimensionata proprio considerando fuorviante il quadro
40. I. Q.UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
precedente, fondato prevalentemente sulla realtà ateniese per scarsità
o assenza di dati da altri contesti. Ad Atene, come emerge da una ricca
messe di dati letterari ed epigrafici, vigeva l'istituto della kyria, ossia
della "tutela legale" cui la donna era sottoposta da parte del padre, del
marito e, in caso di vedovanza, dei figli: l'apparente assenza di questo
strumento giuridico in molti documenti di epoca ellenistica ha sug-
gerito un influsso, sui Greci, dei nuovi contesti in cui essi vivevano,
e in cui le donne godevano di maggiore libertà d'azione; ma la kyria
ateniese non era sicuramente generalizzata a tutto il mondo greco, per
il quale dunque bisogna ammettere già prima dell'epoca ellenistica
una maggiore varietà di situazioni e prassi giuridiche: è innegabile, per
esempio, che a Sparta, in altre società doriche e in Macedonia la donna
godesse da sempre di diritti e spazi di autonomia impensabili ad Ate-
ne (Pomeroy, 2.002.; Le Bohec-Bouhet, 2.006). D'altra parte, l'assenza
della kyria in parte della documentazione relativa alle donne in epoca
ellenistica potrebbe essere solo apparente e legata alla natura delle te-
stimonianze di cui disponiamo; nei testi cuneiformi babilonesi e nei
papiri egiziani la tutela legale da parte dei parenti maschi, apparente-
mente estranea alle tradizioni giuridiche locali, affiora in certi con-
testi in età ellenistica (Ramsey, 2.016), e uno studio recente ha iden-
tificato un intervento normativo tolemaico che prima del 2.41/2.40
avrebbe tentato di contrastare l'evoluzione dei costumi in corso, che
concedeva alle donne maggiore autonomia nella prassi matrimoniale
(Kaltsas, 2.017). In questo come in molti altri campi, insomma, l'elle-
nismo non è tanto una fusione, ma una giustapposizione - non priva
di tensioni - tra culture e abitudini differenti. Sul piano delle menta-
lità collettive, ben illustrate per esempio dagli epitafi e rilievi funerari,
il ruolo sociale della donna e le virtù che ne venivano maggiormente
apprezzate (quelle domestiche e familiari) rivelano una sostanziale
continuità con il passato (van Bremen, 1983; Davies, 1984, pp. 311-3);
non mancano i casi, soprattutto in epoca tardo-ellenistica e romana,
in cui delle donne si sottolineino, nei monumenti funerari, la cultura
o la capacità professionale, ma non sembrano evidentemente i casi più
comuni. Analogamente, la sicura attestazione di un certo numero di
donne tra le evergeti, o addirittura tra le "grandi evergeti~ di epoca
tardo-ellenistica e soprattutto romana, è certamente significativo di
una evoluzione generale della concentrazione e trasmissione della pro-
prietà nel mondo greco che porta alcune donne ad accumulare estese
fortune, soprattutto fondiarie (Aristotele, Politica II 6, 12.69a-12.71b,
41
41. L'ETÀ ELLENISTICA
segnalava già nel IV secolo questo processo tra i fattori di visibile crisi
della società spartana), ma non può essere considerato la norma (van
Bremen, 1983; testimonianze epigrafiche su alcune di queste figure
si trovano in Pleket, 1969). Anche la presenza, non trascurabile, del-
le donne nelle sottoscrizioni pubbliche (epidoseis) informa più sulle
modalità di solidarietà familiare che questo strumento di raccolta di
fondi sollecitava che su un'autentica promozione delle donne al rango
di "cittadine": con rare eccezioni, esse sono sempre associate a mariti
o kyrioi e dunque non compaiono in prima persona in assemblea per
la promessa pubblica di donazione che apre la procedura di epidosis;
le loro offerte sono di solito piuttosto modeste, ma questo carattere è
comune a tutte le donazioni di questo tipo: più significativo è forse
il fatto che esse siano preferibilmente indirizzate a finanziare culti e
santuari di divinità femminili (Migeotte, 1992.b).
Tra le grandi evergeti hanno naturalmente un ruolo di primo pia-
no le regine (il titolo di basilissa, estraneo alla tradizione macedone,
è attestato invece in epoca ellenistica): un caso particolarmente ben
documentato dai testi epigrafici è quello di Laodice, moglie di Antio-
co III, per la quale il sovrano organizzò una elaborata forma di culto
di Stato (PAR. 4.2.), e i cui rapporti con diverse città del regno seguo-
no la stessa dialettica "benefici vs onori" che è centrale nell'ideologia
regale del suo sposo e di tanti sovrani ellenistici (Ma, 1999). È in ogni
caso necessario separare il discorso sulla condizione delle donne co-
muni, che attiene alla storia economica, sociale, giuridica e delle men-
talità, da quello sul ruolo delle regine ellenistiche, che i meccanismi
stessi della trasmissione del potere dinastico rendono fatalmente ec-
cezionale. La centralità delle "donne regali" ("regine" e "principesse")
ellenistiche è determinata soprattutto dalla capacità di fornire eredi
al sovrano. Dalla necessità di assicurare una discendenza e mantenere
la stabilità del casato dipendono anche le strategie matrimoniali o gli
strumenti successorii (come l'associazione al trono dell'erede) che le
diverse dinastie adottano, cercando di superare l'instabilità cronica
che in Macedonia aveva minato il potere degli Argeadi. Ancora alla
morte di Alessandro, nel 32.3, l'assenza di un erede in grado di assu-
mere subito il potere e, successivamente, la necessità di porre sotto
tutela i due eredi designati (Filippo III Arrideo e Alessandro IV) de-
terminarono la debolezza del potere centrale e la conseguente sparti-
zione dell'impero tra i Diadochi: proprio nei primissimi anni dopo la
morte di Alessandro giocarono un ruolo di primo piano, in quei con-
42.
42. I. QUANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
flirti, Olimpiade, madre del re defunto e nonna di Alessandro IV, ed
Euridice, moglie di Filippo Arrideo. Si trattava di un copione abituale
per il regno macedone, dove la morte di ciascun sovrano scatenava
regolarmente conflitti tra i diversi rami della dinastia e tra gli aspiran-
ti al trono, e la poligamia dei re, da ovvio strumento per assicurarsi
una discendenza, diventava fonte ulteriore di instabilità (è celebre un
commento di Plutarco, Vita di Alessandro 9, 5, a proposito del ruolo
nefasto delle donne alla corte di Filippo 11). Le dinastie ellenistiche
ricorsero a strumenti diversi per risolvere il problema: confermarono
la poligamia, ma praticandola in forme più controllate; adottarono
largamente l'associazione al trono dell'erede designato, per disinne-
scare potenziali conflitti; ricorsero all'endogamia, fino al caso estre-
mo dei matrimoni tolemaici tra fratello e sorella, per rafforzare la le-
gittimità e "purezza di sangue" dei regnanti (Ogden, 1999; Bielman,
2003; sulle Royal Women macedoni fondamentali gli studi di Carney,
2000; 2006; 2015). Al di là del loro ruolo essenziale nella trasmis-
sione del potere, le Royal Women svolgevano un ruolo di "rappresen-
tanza", accompagnando i sovrani nelle visite ufficiali e partecipando
alle relative cerimonie che caratterizzavano !'"accoglienza" del sovra-
no nelle città (apantesis); ricevevano petizioni e mediavano a favore
di individui e comunità (qualche esempio si può trovare nel CAP. 6),
assumendo un ruolo non formalizzato, ma importante, negli equili-
bri della corte; investivano parte delle loro risorse in favore di città,
santuari e comunità locali, finanziando edifici, dedicando offerte e
monumenti, contribuendo all'approvvigionamento alimentare nei
casi di carestia, in linea insomma con i comportamenti evergecici dei
sovrani (Savalli-Lestrade, 2003). Èstato suggerito che questi compor-
tamenti, come quelli dei sovrani rispetto agli euergetai di rango non
regale, possano aver agito da modello sulle benefattrici donne prima
menzionate, ma è bene ricordare che gli atti di evergetismo più signi-
ficativi di queste ultime compaiono nell'ultima fase di convivenza e
competizione tra dinastie ellenistiche (il II secolo a.C.) e sono poi ca-
ratteristici soprattutto dell'età romana. La loro comparsa è insomma
da associare, come si diceva, a dinamiche interne più generali delle so-
cietà interessate, piuttosto che all'influenza diretta del modello regale
(per lo spartiacque cronologico rappresentato in generale, nella storia
dell'evergetismo ellenistico, dal progressivo affermarsi del dominio di
Roma in Oriente, nei decenni centrali del II secolo, cfr. PAR. 7.5).
Un ultimo tratto caratterizzante dell'epoca ellenistica che rimane
43
43. L'ETÀ ELLENISTICA
da analizzare è l'evoluzione delle discipline intellettuali e della fruizio-
ne della cultura. Insieme a cerci tratti delle "megalopoli" ellenistiche,
sui quali si tornerà brevemente al capitolo 7, è questo, forse, un tracco
autenticamente moderno dell'epoca aperta dalle conquiste di Alessan-
dro, e in cui confluiscono molti dei temi craccaci fin qui: l'ideologia
regale e l'evergetismo "competitivo" dei re ellenistici, la ricchezza dei
sovrani e i modi socialmente utili di impiegarla, il ruolo delle corti e
delle élites nel funzionamento degli Stati, la mobilità di alcune fasce
sociali.
La storia, o sarebbe più corretto dire la leggenda, della biblioteca di
Alessandria èal cuore del fascino dell'epoca ellenistica: molto di quello
che crediamo di sapere in merito è alquanto dubbio - a partire dalle
cifre favolose di biblia, "libri", intesi come "rocoli di papiro", che essa
avrebbe contenuto fin dall'epoca di Tolemeo II Filadelfo-, ma la sua
centralità nella produzione, conservazione e diffusione della cultura
in epoca ellenistica è indiscutibile. Se le sue dimensioni e la quantità
di libri contenuti sono da ridimensionare e dobbiamo probabilmen-
te rinunciare a collegare a un unico evento traumatico la sua fine, che
simboleggia così bene il "naufragio" della letteratura antica (Canfora,
1987a; Bagnall, 2002), non c'è dubbio che il finanziamento di grandi
biblioteche fu uno dei campi - alternativi alla guerra - in cui meglio
si espresse la competitività dei grandi Stati ellenistici e dunque, in cer-
ca misura, anche la propaganda dei sovrani (Johnstone, 2014). Anche
grazie a questo campo privilegiato di azione dell'evergetismo dei sovra-
ni, si afferma l'importante principio che le collezioni librarie, a dispo-
sizione degli studiosi e dei cittadini comuni, siano un bene pubblico
importante e da tutelare.
Parallelamente, si afferma come un elemento ricorrente e centrale
dell'evergetismo regio il finanziamento all'opera di studiosi, ricercato-
ri, scienziati, scrittori, artisti: le carriere di Pindaro o di Euripide mo-
strano che forme di mecenatismo intellettuale da parte di re e tiranni
erano esistite anche in passato, ma a essere nuove sono la chiara con-
sapevolezza che i re ellenistici hanno, almeno a partire dalla seconda
generazione dei successori di Alessandro, del loro ruolo di finanziatori
della cultura; la stabilità con la quale i finanziamenti vengono assicu-
rati; la conseguente creazione di condizioni di lavoro ideali per artisti
e ricercatori che non hanno confronti nemmeno nell'Atene periclea
(Erskine, 1995). Viceversa è possibile che un modello parziale sia venu-
to dal mondo mesopotamico, dove erano esistite grandi biblioteche (a
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44. I. Q_UANDO IL MONDO PARLAVA GRECO
partire da quella di Assurbanipal a Ninive, la cui memoria sopravvisse a
quanto pare per molti secoli) e dove forme di regolare sostegno alle at-
tività intellettuali sono ben accescace dai documenti dell' Esagila di Ba-
bilonia (Beaulieu, 2.006; 2.010; Clancier, 2.009). Nell'organizzazione
del museo e della biblioteca di Alessandria, insomma, il modello delle
scuole filosofiche ateniesi, e del Liceo in particolare, non fu probabil-
mente l'unico: ma è impossibile farsi un'idea precisa del peso rispet-
tivo di questi antecedenti, da considerare in ogni caso come parziali.
Dall'attenzione particolare riservata al sostegno della scienza e del-
le tecniche applicate discende l'eccezionale ricchezza di risultaci della
speculazione ellenistica in matematica, ingegneria, fisica, astronomia,
medicina, urbanistica: il facto che in questi campi gli studiosi elleni-
stici abbiano facto segnare il punto più alto nella scoria premoderna
delle discipline e la vera e propria elaborazione di un metodo scientifi-
co sono conseguenze dirette delle condizioni di lavoro favorevoli, del
regolare sostegno dei sovrani (Tolemei prima di cucco, presto imitaci
sopraccucco da Seleucidi e Accalidi) ai loro sforzi, e della possibilità di
condividere idee e ambiente di lavoro con canti colleghi (Russo, 2.0011
;
Scholz, 2.007).
Proprio la cooperazione, il confronto delle idee, la convivenza quo-
tidiana con altri studiosi sembrano un dato particolarmente interes-
sante e moderno: queste condizioni privilegiate spiegano non solo i
progressi delle scienze, ma anche certi caratteri di particolare vivaci-
tà, originalità e "competitività" della letteratura ellenistica e le relati-
ve polemiche intellettuali (Callimaco ne è solo l'esempio più noto),
e la straordinaria versatilità di intelleccuali come Eratostene di Cirene
(2.75 ca.-194), direttore della grande biblioteca di Alessandria, scienzia-
to versato nei campi più diversi (geografia e cartografia, matematica,
geologia), erudito e letterato. I nemici - che nelle corti ellenistiche e
negli ambienti accademici non mancano mai - lo chiamarono beffar-
damente Beta o Pentathlos, a suggerire che si impegnava in molti campi
senza primeggiare in nessuno: ma egli è il simbolo forse migliore di
un'epoca in cui le frontiere era le discipline, come quelle geografiche,
divennero mobili.
45
45.
46. 2
Le economie degli Stati ellenistici
di Michele Faraguna
2.I
Economia ellenistica o economie ellenistiche?
La definizione della natura dell'economia ellenistica, il problema
- in altri termini - se il mondo ellenistico debba essere pensato come
un'entità culturalmente omogenea che sviluppò in modo caratteristi-
co e distintivo, al di là della sua straordinaria ampiezza geografica e
dell'accentuata diversificazione delle condizioni climatiche ed ecolo-
giche, un sistema economico unificato e interdipendente, o non debba
piuttosto essere concepito, parallelamente alla sua frammentazione e
varietà sul piano delle forme di organizzazione politica (monarchie
territoriali, Stati federali, città), come un disorganico coacervo in cui
una pluralita di forme, comportamenti e mentalita economiche etero-
genee, non riconducibili a un quadro analitico unitario, coesistevano
fianco a fianco anche in spazi geografici ristretti, è stata sin dalla fine
dell'Ottocento al centro di un intenso dibattito storiografico, che ha
negli ultimi decenni acquisito nuovo slancio e vigore.
A una prima fase degli scudi, collocabile nel periodo anteriore al se-
condo conflitto mondiale, in cui, sotto l'influsso dell'esperienza del co-
lonialismo del XIX secolo, gli studiosi (Eduard Meyer, Gustave Glocz,
Fritz Heichelheim, Michael I. Rostovtzeff) sottolineavano soprattutto
la natura "capitalistica" e la "modernità" dell'economia del periodo inau-
gurato dalle conquiste di Alessandro (con l'importante eccezione rap-
presentata da Max Weber, che caratterizzava i regni ellenistici ricorrendo
alla nozione dello "Stato liturgico" organizzato in forme burocratiche e
tendente a reprimere più che a stimolare lo sviluppo dell'economia in
senso capitalistico: cfr. Bruhns, 1998; Capogrossi Colognesi, 1000), è se-
guita una seconda fase in cui la stessa categoria di "economia ellenistica"
è stata messa in discussione. Se infatti nel 1941, concludendo una lunga
47
47. L'ETÀ ELLENISTICA
stagione di studi, Rostovtzeffpubblicava i tre volwni della monwnentale
Social and Economie History ofthe Hellenistic World, nel 1985 nella se-
conda edizione della sua AncientEconomy Moses lsrael Finley sosteneva
al contrario che il termine "ellenistico" risultava del tutto "fuorviante"
e inadeguato per uno studio dell'economia antica. Secondo Finley, da
un lato, le strutture economiche del "vecchio" mondo greco, nonostan-
te i cambiamenti politici e culturali, non avrebbero subito nei tre secoli
successivi alla morte di Alessandro mutamenti degni di considerazione;
dall'altro, nelle regioni orientali il sistema economico e sociale sarebbe
anch'esso rimasto sostanzialmente invariato, al punto che diveniva più
corretto parlare non di un'"economia ellenistica" bensì di due economie,
il settore "antico" e il settore "orientale".
Negli ultimi decenni, tanto in virtù di una maggiore consapevolezza
derivante dal progressivo affinarsi della riflessione metodologica, orien-
tata secondo una pluralità di nuovi modelli di analisi (quale per esem-
pio la New Institutional Economics), quanto in virtù di una imponente
mole di dati forniti dalla docwnentazione epigrafica, papirologica (gre-
ca e non greca: papiri demotici, tavolette cuneiformi babilonesi ecc.),
numismatica e archeologica, si è riconosciuto che un quadro monoliti-
co dell'economia ellenistica, valido per un mondo che si estendeva dal
Mediterraneo alla valle dell'Indo e dal mar Nero all'Egitto e all'Afri-
ca settentrionale, non è di fatto più sostenibile: una nuova sintesi sarà
possibile in futuro soltanto dopo che un'ampia serie di studi parzia-
li, impostati ove possibile anche su basi quantitative, su specifici siti,
aree geografiche, materiali, istituzioni o processi, abbia messo in luce
costanti e regolarita nei sistemi e nei modelli di comportamento eco-
nomico. Appare in ogni caso allo stato attuale più corretto parlare di
"economie ellenistiche": della compresenza - in altri termini - di eco-
nomie, networks e circuiti di produzione e di scambio locali, regionali
o estesi, almeno per certi beni, su ampi spazi geografici, le cui modalità
di funzionamento e interazione diviene compito precipuo dello storico
indagare (per le aree geografiche cfr. infra, FIGG. 2.1-2.3 alle pp. 76-8).
2.2
Gli Oikonomika e le diverse forme di oikonomia
L'idea che l'economia del mondo ellenistico debba essere analizzata
come un sistema coerente a più livelli ci viene innanzitutto suggerita da