SlideShare a Scribd company logo
1 of 48
Download to read offline
Servizio Clienti - Tel. 02 63797510
mail: servizioclienti@corriere.itDEL LUNEDÌ
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
www.corriere.it
9771120498008
50223>
PosteItalianeSped.inA.P.-D.L.353/2003conv.L.46/2004art.1,c1,DCBMilano In Italia EURO 1,50 ANNO 54 - N. 8LUNEDÌ 23 FEBBRAIO 2015
L’incidente di Alonso diventa un giallo
F1, malore a Barcellona? Il pilota ricoverato. La McLaren: solo un’uscita di pista
Follie pubbliche, nefandezze
private: viaggio nel patri-
monio umiliato. Prima tappa a
Tivoli: il mausoleo dei Plautii
sull’Appia Antica è «oscurato»
da un muro in cemento armato.
a pagina 21
di Sergio Rizzo
COSE DELL’ALTRO MONDO
A TIVOLI IL MURO
DELLA VERGOGNA
C’è vita dopo l’Isis? Il paradi-
so può attendere e qualcu-
no ci ha ripensato. Viaggio in
Tunisia tra i reduci «pentiti»
della jihad, sopraffatti dai ri-
cordi, dall’alcol e dall’insonnia.
a pagina 16
di Francesco Battistini
I «PENTITI» IN TUNISIA
JIHAD, L’ORRORE
VISTO DAI REDUCI
GIDEE& INCHIESTE
di Daniele Sparisci
Comincia nel peggiore dei
modi l’esperienza dell’ex
ferrarista Fernando Alonso con
la McLaren. Nei test sulla pista
spagnola di Montmelò incappa
in una anomala uscita di pista.
Resta fermo nella sua F1 per 10
minuti, accusa vertigini e fini-
sce in ospedale. Sta bene ma a
provocare il fuoripista potreb-
be essere stato un malore. La
scuderia nega ma il ferrarista
Vettel dice che «girava piano e
ha fatto una manovra strana».
a pagina 42
Mercati
Arrivano i dividendi
La Borsa «firma»
un assegno da 17 miliardi
di Barrì, Marvelli, Sabella
nel supplemento
Campionato
Il Milan torna al successo
Roma pari, Juve a +9
Servizi, analisi e pagelle nello Sport
da pagina 35 a pagina 41
81
Il M
Ro
Servi
da pa
Oggi
su
CorrierEconomia
di Michele Ainis
M
agari dura
poco. Magari
fra qualche
tempo sfoggerà
un eloquio
torrenziale, costringendoci ai
tappi nelle orecchie. Ma
intanto la cifra di Sergio
Mattarella, in queste sue
prime settimane al Quirinale,
si riassume in una parola
muta: il silenzio. Un unico
intervento ufficiale (al Csm)
registrato sul sito web del
Colle, dopo il discorso
d’insediamento. E nel
frattempo partecipa silente
alla celebrazione dei Patti
lateranensi; annunzia
l’apertura quotidiana del
Palazzo in cui dimora,
dettando cinque frasi secche
come telegrammi; s’affaccia a
una cerimonia in ricordo di
Bachelet, ma resta ancora
una volta silenzioso;
commemora le foibe,
parlando per meno d’un
minuto; riceve le opposizioni
irate dopo il voto sulla
riforma costituzionale,
senza concedere nessuna
dichiarazione alle agenzie.
Tutto qui. Peraltro in
sintonia con lo stile di un
uomo che dal 2008 aveva
rilasciato un’unica intervista.
O che salutò gli italiani, nel
giorno dell’elezione,
evocandone difficoltà e
speranze con un soffio di
voce: 15 parole, su cui si
riversarono 15 quintali di
commenti. Sarà che i siciliani
sono di poche parole.
Tuttavia quel silenzio, lassù
dal Colle, rimbomba come
un tuono. E a suo modo
t’inquieta, mentre attorno la
gente non smette di vociare.
Infine t’interroga, ti rivolge
una domanda che rimane
poi senza risposta. Che cos’è,
infatti, il silenzio? La più
perfetta espressione del
disprezzo, come diceva
Bernard Shaw? O l’albero da
cui pende la pace, secondo
l’aforisma di Schopenhauer?
continua a pagina 25
Lo stile Mattarella
I SILENZI
E LE PAROLE
DEL COLLE
Sarannoperòassunti120milaprecari.Decisidaipresidigliaumentidimerito.Piùspazioaingleseearte
Incattedrasoloperconcorso
Renziannunciala«nuovascuola».ScontroconLandini.Rai,cambioamarzo
DIFESA E CONTRADDIZIONI
Sentenze miopi
e tagli sbagliati,
le armi puntate
contro di noi
Mentre la politica discute se
toccherà al nostro Paese
la guida di un’eventuale mis-
sione militare di pacificazione
(non chiamatela guerra, per ca-
rità) in Libia quando e se l’Onu
darà il benestare, da diverse
fonti emerge l’impreparazione
dell’Italia di fronte ai nuovi pe-
ricoli.
Il generale dell’aeronautica
Leonardo Tricarico, già viceco-
mandante della missione in
Kosovo, in una drammatica in-
tervista all’Espresso di questa
settimana, spiega che l’Italia
non solo non è pronta per in-
tervenire in Libia ma non ha
neppure la capacità di difende-
re adeguatamente il nostro ter-
ritorio.
continua a pagina 24
di Angelo PanebiancoIl decreto per «cambiare la
scuola» arriverà in Consiglio dei
ministri venerdì: saranno 120 mila
i precari assunti. Ma l’obiettivo è
non averne più ed entrare solo per
concorso.
da pagina 2 a pagina 6
PREPARARE AL LAVORO
Mastudiamoancora
conmetodiantichi
Meglio il liceo classico o il liceo
scientifico? Non è questo il
problema della scuola. Più delle
cose che si studiano, conta come
le si studia. Facendo crescere lo
spirito critico.
a pagina 25
di Roger Abravanel
GGIANNELLI GLA LINEA
Clima In America termometro fino a -26 gradi
Con i rompighiaccio
sul fiume di New York
Il record del gelo
Freddo record negli Usa: 26 sottozero a Cape
Girardeau, Missouri. A New York ieri il termometro è
tornato per qualche ora sopra lo zero, dopo vari giorni
con temperature tra -10 e -15 gradi. Una tregua che non
ha sciolto i ghiacci sul fiume Hudson, da New York
(foto) ad Albany. Solo i rompighiaccio della Guardia
Costiera riescono a liberare le chiatte. a pagina 18di Massimo Gaggi
GETTYIMAGES/AFP/SPENCERPLATT
Le ipotesi per uscite più flessibili. L’ostacolo Ue
Inpensioneprima
consgravicontributivi
eriscattodellalaurea
di Enrico Marro
Il governo rimanda la discus-
sione alla prossima legge di
Stabilità. Tuttavia, nonostante
gli ostacoli dell’Unione euro-
pea, la richiesta di rendere fles-
sibile l’età di pensionamento,
modificando la riforma Forne-
ro, non viene solo da sinistra e
dai sindacati, ma anche dal
Nuovo centrodestra, alleato di
governo del Pd. Due le propo-
ste dell’ex ministro del Lavoro,
Maurizio Sacconi: incentivare,
nel caso di accordi tra azienda e
dipendente sull’uscita antici-
pata dal lavoro, l’azienda stessa
a integrare i contributi previ-
denziali del lavoratore; e ren-
dere molto più conveniente di
ora il riscatto della laurea.
a pagina 15
IL NEGOZIATO
Le cifre di Tsipras
Lo scetticismo
sul debito greco
Al di là del chi vince e del chi
perde nei negoziati di Bru-
xelles, il dato di fatto è che, al
175% del Prodotto interno lor-
do, il debito greco non è soste-
nibile. Oggi Ue, Banca centrale
europea e Fondo monetario in-
ternazionale valuteranno gli
obiettivi e i numeri di Atene.
a pagina 13
alle pagine 12 e 13
Nicastro, Offeddu
di Danilo Taino
Il premier: nel 2018
vinceremo sempre noi
Il presidente del Consiglio ostenta sicu-
rezza: «La maggioranza è blindata sino
alla fine della legislatura». Ma non basta:
«Nel 2018 vinciamo noi». Renzi è orgoglio-
so del successo avuto con il Jobs act, «più
di quanto sperassi di fare». Esalta la «rivo-
luzione culturale» delle liberalizzazioni e
attacca a testa bassa Landini, il leader dei
metalmeccanici Fiom-Cgil: «Non credo
che sia lui ad abbandonare il sindacato, è il
sindacato che ha abbandonato lui». Non
dimentichiamoci che a Pomigliano ha
portato a scioperare 5 persone su 1.400».
a pagina 5
di Maria Teresa Meli
AL CENTRO DELLA STORIA
2 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Primopiano Le riforme
L’orchestra
Il presidente
del Consiglio Matteo
Renzi ieri a Roma —
durante il convegno
«La Scuola che
cambia, cambia
l’Italia» — con i ragazzi
della «JuniOrchestra»
dell’Accademia
nazionale di Santa
Cecilia, «la prima
orchestra di bambini
e ragazzi creata
nell’ambito
delle fondazioni lirico-
sinfoniche italiane».
Sono circa 300
giovanissimi
a suonare, divisi
in quattro orchestre
a seconda dell’età:
JuniOrchestra Baby
(6-7 anni), Kids (7-10),
Teen (11-14), Young
(14-21). Un gruppo
di loro ieri si è esibito
suonando «Il canto
degli italiani»
(l’inno di Mameli),
l’«Inno alla Gioia»
e un’aria dalla
«Cavalleria Rusticana»
(foto di Samantha
Zucchi/Insidefoto)
dI precari
hanno fatto
comodo
a qualcuno:
nel 2014
spesi 876
milioni per
le supplenze
Stefania
Giannini
dBasta alla
supplentite
e alla
didattica
precaria,
sì alla
valutazione
dei prof
Davide
Faraone
Lanciatoilpianoperl’istruzione:unmiliardodieurogiànel2015
Possibiledestinareil5permille.Lacontestazionedialcuniinsegnanti
Lasfidadelpremier:maipiùprecari
ROMA Da un lato: «Mai più inse-
gnanti precari e graduatorie».
Dall’altro: «Fateci parlare,
ascoltateci». Lui risponde:
«Parliamo da sei mesi, siete qui
solo per uno spazio in tv». Loro
lo contestano: «Diteci cosa vo-
lete fare realmente». Lui ne ap-
profitta e parte proprio da loro,
dagli insegnanti precari che gli
urlano contro appena sale sul
palco e prende il microfono al-
la giornata del Pd «La scuola
che cambia, cambia l’Italia»,
organizzata ieri a Roma per il
primo anno di governo.
Il premier Matteo Renzi, che
dal primo giorno a Palazzo Chi-
gi sulla scuola ci ha messo la
faccia, racconta della riforma
che «non è come le altre per-
ché è l’idea dell’Italia che vo-
gliamo per i prossimi 30 anni»
e della «Buona Scuola che in
Italia c’è già, ma va migliorata».
Ma per farlo, dice, «si deve par-
tire dagli insegnanti che devo-
no tornare il punto centrale
della scuola: ciò che mia figlia
sarà dipenderà dagli insegnan-
ti che troverà sulla sua strada».
E quindi, sì al loro ruolo so-
ciale, perché «una volta si dice-
va “l’ha detto la maestra” ed era
la Cassazione», e oggi «faccia-
mo passare il messaggio che i
nostri figli abbiano sempre ra-
gione». Così, prima di tutto bi-
sogna assumerli i precari, «co-
nosco questo dolore, so che si-
gnifica non poter fare un pro-
getto a lungo termine: basta
con le graduatorie e lo spezza-
tino», perché «non possiamo
consentire che uno ancora pri-
ma di arrivare in cattedra abbia
perso già tutti gli entusiasmi».
Il decreto che «cambia tut-
to» arriverà in Consiglio dei
ministri il 27 febbraio: calcolati
120 mila precari assunti (meno
però dei 150 mila annunciati).
Poi ci sarà un disegno di legge
delega. «Un piano organico —
spiega la ministra dell’Istruzio-
ne Stefania Giannini — di cui si
parla da 15 anni: la precarietà
ha fatto comodo a qualcuno».
Nel 2014, ricorda, «abbiamo
speso 876 milioni di euro per
coprire le supplenze annuali».
Con la riforma arriverà quasi
il 10 per cento in più di inse-
gnanti stabili. Dovranno porta-
re in classe più arte, più musi-
ca, più sport, più lingua stra-
niera. E dal 2016, si assumerà
solo con i concorsi pubblici.
Ma «il lavoro per la Buona
Scuola è appena cominciato»,
promette il sottosegretario al-
l’Istruzione Davide Faraone che
dice «basta alla supplentite e
alla didattica precaria» e sì «a
valutazione dei prof e scatti di
merito». Poiché «alcuni inse-
gnanti non sono degni del loro
compito» (Renzi), verranno va-
lutate «didattica e formazione
e valorizzata la professione del
docente: chi lavora con passio-
ne deve avere un congruo rico-
noscimento» (Faraone). I fon-
di: un miliardo per il 2015. Tre
dal 2016. E dal 2016 annuncia
Renzi, «il 5 per mille potrà an-
dare alla scuola». Che significa
anche edilizia scolastica.
Ma tutti i sindacati bocciano
la riforma di Renzi: «Una presa
in giro» (Cisl); «Solita retorica
e nessun impegno concreto»
(Cgil); «Kermesse di slogan,
aspettiamo i fatti» (Gilda); «Ti-
toli e buone intenzioni, ma ne-
anche un euro per impegno e
professionalità degli insegnan-
ti» (Uil). L’ex ministro Luigi
Berlinguer sintetizza: «La
scuola deve far godere, non an-
noiare».
Claudia Voltattorni
cvoltattorni@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista
«Ma anch’io, di ruolo (a 57 anni)
faccio la pendolare tra istituti»
Oggi si chiamano Dotazioni
di organico provinciale, doma-
ni si chiameranno organici
funzionali, ma la sostanza resta
la stessa: gli insegnanti che ne
fanno parte, pur essendo di
ruolo, non hanno una cattedra
fissa, e vengono spostati laddo-
ve servono. Anche a centinaia
di chilometri da casa, anche in
scuole diverse, senza tener
conto di età, esperienze, pro-
fessionalità. È lo «spezzatino di
cattedre» di cui parlava anche
il premier Renzi ieri, ma che la
Buona scuola non affronta. So-
no i docenti in esubero, come
Mariangela Fittipaldi, 57 anni,
da Lauria (Potenza). Che preci-
sa: «Il termine giusto è utilizza-
ti: siamo docenti utilizzati. Una
parola bruttissima, per dire che
possono decidere ogni anno
della nostra vita in base alle esi-
genze della scuola. Risultato?
Nessuna continuità didattica,
nessuna possibilità di organiz-
zarsi, costi altissimi e neanche
l’aggiornamento, perché i pre-
sidi non investono sugli inse-
gnanti volatili».
Da quanto tempo lavora?
«Da trent’anni, o giù di lì. Ho
iniziato a insegnare economia
aziendale nell’83-84».
Ha sempre insegnato nello
stesso posto?
«Per un lungo periodo della
mia vita, sì: quando sono di-
ventata di ruolo nel ’92, ho in-
segnato per 15 anni in un istitu-
to professionale a Maratea. Nel
2006 mi hanno spostato a Lau-
ria, in un istituto professionale
in pieno boom: la mia cattedra
aveva 20 ore. Sembrava un’oc-
casione, non ho chiesto la con-
tinuità didattica».
Con quali conseguenze?
«Che ero in fondo alle gra-
duatorie d’istituto e, quando
hanno iniziato a tagliare le cat-
tedre, mi sono dovuta spostare
per le mie 18 ore. Ma il peggio è
arrivato quando nel 2009-2010
sono stata inserita nella Dop».
Dove è finita?
«Per i primi due anni ho fat-
to spezzoni di ore nel lagone-
grese. Il terzo e quarto anno so-
no finita ad Acerenza, a 150 km
da casa, e ho dovuto affittare
un appartamento. Al quinto
anno tra Lagonegro e Maratea,
poi sono stata spostata su La-
vello, con cattedra serale».
Secondo un’interrogazione
dell’onorevole Chimienti
(M5S), nel 2014 eravate in 8
mila in esubero. Si somme-
ranno quelli dell’organico
funzionale?
«Sì: è molto triste, significa
perdere la dignità di docente».
V. San.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In esubero
Mariangela
Fittipaldi, 57
anni, da Lauria,
ha cominciato
a insegnare
nel 1983
Gli studenti
Tommaso Sassi, 18 anni: «Per me
la Buona scuola pecca nel diritto
allo studio e nel riordino dei cicli.
Un appunto anche alla didattica:
dare più spazio alla storia recente»
«Più storia recente»
«Spiegaremeglio»
Beatrice Pivirotto, 17 anni: «La
riforma dovrebbe essere meglio
pubblicizzata: molti non sanno
cosa cambierà e quali saranno
le opportunità per noi studenti»
«Vorrei laboratori»
Andrea Furegato, 17 anni: «Vorrei
una vera innovazione didattica: mi
piacerebbe che tutte le materie
fossero insegnate con laboratori»
«Stage per tutti»
Cecilia Gianni, 17 anni: «Trovo
l’alternanza scuola-lavoro
un’ottima occasione: io sono già
speaker in una web radio»
Il ministro
G Stefania
Giannini
in una foto
di quando
frequentava la
5° elementare
a Ponte
a Moriano
(Lucca) e
all’evento di ieri
L’iter
G Il governo
Renzi dà il via
a una riforma
complessiva
del sistema
scolastico.
L’iter legislativo
scatterà
venerdì,27
febbraio: pronti
un decreto
e un disegno
di legge
G Il percorso
dovrebbe
concludersi
entro l’estate.
Il premier spera
che «da qui
a settembre
il Parlamento
sia in grado
di licenziare
tutti i testi»
G I dubbi delle
opposizioni
riguardano
anche i tempi:
si teme che
l’inizio del
prossimo anno
scolastico
possa essere
messo a
rischio, visto
il complesso
iter legislativo
delle norme
da approvare
dUna presa
in giro. La
solita
retorica
e nessun
impegno
concreto
Cisl e Cgil
Funzione
pubblica
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015
PRIMOPIANO 3
MATERIE E MERITO
COSA CAMBIA I CONTENUTI
IL DECRETO SULLA SCUOLA. VIA LIBERA ATTESO VENERDÌ
I profili
Ecco «tutor» e «mentor»
Quest’anno è prevista la mega stabilizzazione dei precari: secondo le ultime
stime circa 120 mila insegnanti delle Graduatorie a esaurimento verranno
assunti. Dal 2016 (o 2017) si tornerà al vecchio sistema dei concorsi. Ma per gli
insegnanti sono previste novità. Gli scatti di anzianità verranno affiancati dai premi
di merito. Saranno i presidi a deciderli, come prevede la legge sull’autonomia
scolastica solo in parte attuata: la sfida sarà scrivere delle regole chiare sulla
valutazione degli insegnanti e sul calcolo dei premi. Il decreto che verrà presentato
venerdì introduce alcune figure nuove nella carriera degli insegnanti: non più
ausiliari e vicepresidi ma «tutor» e «mentor», figure con una certa carriera che
saranno usate non in classe ma per aiutare nella gestione di progetti o attività e
nel supporto agli allievi. La novità più importante è l’istituzionalizzazione
dell’organico funzionale: oltre agli insegnanti con cattedra, ce ne saranno «a
disposizione» che serviranno per una o più scuole per coprire le supplenze o
preparare programmi vari, tra i quali la scelta di materie aggiuntive nel curriculum
dei ragazzi. Per la formazione dei docenti i fondi sono rinviati all’anno prossimo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
120
La gestione
I presidi fanno i manager
L’idea dei due provvedimenti che verranno presentati in settimana è quella di
attuare quell’autonomia scolastica già prevista per legge ma che finora è
andata un po’ troppo a rilento, affidata più alla preparazione dei singoli presidi che
ad un piano generale. I presidi avranno — ma i fondi non sono ancora stati
stanziati, quindi non si partirà quest’anno — più autonomia di spesa. Saranno loro
a decidere gli aumenti di merito per i propri insegnanti su criteri che saranno
oggetto del provvedimento legislativo per evitare i ricorsi. Anche i presidi verranno
valutati nel loro lavoro e nella performance dell’istituto che «governano». Da loro
dipenderà l’organico funzionale, cioè quegli insegnanti senza cattedra con i quali
organizzare attività «collaterali» nella scuola, dai progetti, alle supplenze, alle
eventuali materie aggiuntive. Sui presidi potrebbe essere dirottato anche il 5 per
mille devoluto alle scuole. Ora è prevista l’opzione (solo da un anno) di dare il 5 per
mille per l’edilizia scolastica, ma la norma varata potrebbe essere corretta e
diventare una «donazione» alla singola scuola. Le donazioni da privati, già
defiscalizzate, potrebbero essere incoraggiate ulteriormente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mila
Gli insegnanti precari che dovrebbero
essere assunti, secondo il piano
del governo. Una cifra che è inferiore
ai 150 mila annunciati nelle scorse
settimane (sempre dall’esecutivo)
L’offerta formativa
Inglese e musica
Per quanto riguarda il curriculum scolastico, il
decreto non modifica l’impianto attuale. Alle
elementari ci sarà — in 4° e 5° — una materia
insegnata in modalità «Clil» (in inglese). La materia
verrà scelta dalla scuola in base alla disponibilità di
insegnanti. Sempre in 4° e 5° viene modificato
l’insegnamento della musica: non lo farà più la
maestra o il maestro ma un insegnante di musica o
strumento preso dalle graduatorie ad esaurimento
anche tra gli abilitati per le medie. Nelle scuole
superiori verrà introdotto — ma solo in 3° e 4°, non in
5° per evitare di cambiare l’esame di maturità — lo
studio dell’economia e delle materie giuridiche. Più
spazio anche a storia dell’arte, che sarà reintrodotta
nel biennio delle superiori. Ci saranno anche moduli di
educazione alla cittadinanza e di ecologia, così come il
coding (pensiero computazionale), che verrà
sperimentato con moduli di logica. I provvedimenti
puntano a rilanciare l’autonomia del piano formativo,
che già prevede da diversi anni che il 20%, cioè
un’ora di lezione su cinque, possa essere decisa dalla
scuola stessa: finora questa disposizione è attuata da
poche scuole, soprattutto per carenza di insegnanti.
Si tratta delle ore con le quali alcune scuole
preparano i ragazzi agli esami internazionali.
Nell’ultimo biennio delle superiori le singole scuole
potranno offrire potenziamenti di materie nuove o
progetti, permettendo di «personalizzare» il
curriculum, in base agli insegnanti a disposizione.
Resta ancora da attuare l’obbligo di una materia Clil
alla maturità, previsto da quest’anno ma rinviato per
carenza di insegnanti sufficientemente preparati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il digitale
Fondi 2.0, lezioni di logica
Èconfermato lo stop all’acquisto delle lavagne multimediali, ogni scuola potrà
continuare a decidere in autonomia come diventare 2.0. Secondo quanto
scritto nella legge di Stabilità 2014 una quota di fondi sarà comunque riservata
anche quest’anno per la digitalizzazione, che nel nostro Paese è ancora molto
arretrata. Servono wi-fi e tablet, ma anche insegnanti preparati all’uso nella
didattica delle nuove tecnologie. Renzi, nel suo discorso, ha fatto l’esempio di Bill
Clinton, che all’inizio del suo mandato «aveva meno informazioni di quelle che
sono contenute oggi in Rete e si possono consultare sul telefonino» per spiegare
che la digitalizzazione delle scuole non è solo questione di strumenti che possono
«invecchiare» velocemente. Dopo la sperimentazione attuata quest’anno —
un’ora di «coding», cioè di pensiero computazionale all’anno — i moduli dedicati a
questa disciplina potranno aumentare. Ma non diventerà una materia. Potrebbero
invece essere gli insegnanti di filosofia dell’organico funzionale, nelle scuole in cui
ce ne saranno, a proporre lezioni di logica, ma per ora fuori dal curriculum
scolastico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’alternanza
Scuola-lavoro, 200 ore
L’espansione del programma di alternanza scuola-lavoro, che finora ha dato
risultati molto buoni soprattutto nelle aree del Nord del Paese, è uno dei
capitoli della Buona scuola. La proposta è di estendere a 200 ore (potendo arrivare
anche a 400) il periodo di lavoro durante l’ultimo triennio delle superiori. La
possibilità di fare progetti di alternanza scuola-lavoro ci sarà anche per i licei
(finora esclusi) ma su base volontaria, e anche al di fuori dell’orario scolastico, per
esempio durante l’estate. Dopo la sperimentazione, che finirà l’anno prossimo, gli
stage — si tratta di veri e propri periodi strutturati dentro una realtà lavorativa con
un percorso formativo affiancato che entreranno anche nella pagella di fine anno
e della maturità — vengono confermati. La sfida, ora che il progetto è ben definito
e rodato, è trovare o indurre più aziende e realtà economiche a operarsi per
inserire i ragazzi nelle loro strutture per il periodo di stage. Anche per i laboratori
soprattutto degli istituti tecnici il tentativo è quello di coinvolgere aziende e
artigiani: chi costruisce strutture per le scuole della propria zona, potrà poi anche
usarle per le proprie attività economiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: Corte di giustizia dell’Ue, Anief, ministero dell’Istruzione d’Arco
Come si suddividono i precari nella scuola Il personale con oltre 36 mesi di contratto
200 –
250 mila
Il personale Ata
170 mila
iscritti nelle Gae
(Graduatorie
a esaurimento)
460 mila
iscritti in
Graduatoria
di istituto per
supplenze annuali
Gli insegnanti precari che sono
stati in cattedra più di tre anni
Di cui:
18.979
Il personale amministrativo,
tecnico e ausiliario (Ata) precario
30% – 61%
L’incidenza del personale Ata a tempo determinato
(a seconda degli anni) sul totale della categoria
gli insegnanti
a tempo
determinato,
tra il 2006 e il 2011,
secondo la Corte
di giustizia Ue
10 mila
nuovi abilitati con i
Tirocini formativi attivi
55 mila
diplomati magistrali
70 mila
con titolo dei
Percorsi abilitanti
speciali (Pas) iscritti nelle Gae
(Graduatorie a esaurimento)
abilitati
rimasti fuori
I precari, secondo il ministero,
che sarebbero toccati dalla sentenza Ue
170 mila
60 mila
80 mila30-8
13% –
18%
Testi a cura di Valentina Santarpia
www.corriere.it/scuola
4 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 5
Primopiano Il governo
La riforma
G Tra i piani del
governo Renzi
c’è anche una
riforma della
Rai: l’obiettivo
è di ridisegnare
diversi aspetti,
dal canone al
metodo di
scelta dei
vertici aziendali
«L’azienda va
sottratta al
controllo dei
partiti», ha
detto il premier
G È circolata
l’ipotesi, nei
giorni scorsi,
che il governo
agisca per
decreto sulla
Rai, per ridurre i
tempi:
l’opposizione
ha protestato,
ma il premier
ieri non ha
escluso la
possibilità. Il
governo vuole
partire a marzo
con la riforma
ROMA Casomai fosse rimasto
un dubbio. «Il nostro obiettivo
è di non far eleggere il nuovo
consiglio di amministrazione
della Rai con una legge chia-
mata Gasparri», ha detto ieri il
premier Matteo Renzi in due
momenti ravvicinati (al sum-
mit sulla scuola e a In ½ h da Lu-
cia Annunziata), confermando
che il governo ha fretta. Infatti
si parte a marzo: «Se ci sono i
tempi in Parlamento faremo
un disegno di legge, se invece
ci sono le condizioni di urgen-
za e necessità procederemo
con un decreto legge, come
prescrive la Costituzione». E
con il board di viale Mazzini in
scadenza ad aprile si dovrà agi-
re entro l’estate.
Istantanea, intanto, è scatta-
ta la reazione furiosa del cen-
trodestra. Scatenato su Twitter
il vicepresidente del Senato
Maurizio Gasparri che si vendi-
ca: «Matteo Renzi è un vero im-
becille, figlio di massone, di
una abissale ignoranza, privo
di basi culturali, solo chiac-
chiere, distintivo e insider tra-
ding. Ma finché la Rai resta
pubblica il dittatorello fiorenti-
no dovrà rinunciare ai sogni di
vana gloria». Il padre del pre-
mier, Tiziano Renzi, annuncia
querela.
Indignato Renato Brunetta:
«La Gasparri ha innovato e mi-
gliorato la tv in Italia, Renzi è
uno spudorato, il solito battuti-
sta, dimostra la sua ignoranza e
la pochezza di contenuti».
Stringata Alessandra Mussoli-
ni: «Renzi è solo un poverac-
cio». Il vicepresidente della Vi-
gilanza, Giorgio Lainati, si duo-
le per «la caduta di stile del
premier con una battuta poco
elegante e mal riuscita», men-
tre Giovanni Toti ricorda che
«la legge Gasparri ha moder-
nizzato il sistema radiotelevisi-
vo, cosa che la sinistra non è
mai riuscita a fare». Paolo Ro-
mani rivendica la bontà della
Gasparri: «Se oggi la Rai è una
industria culturale è merito
suo». Un altro senatore forzi-
sta, Franco Cardiello, chiede:
«Ma Renzi chi crede di essere?
Nemmeno un bullo come lui
può ignorare la Costituzione».
Il piglio di Renzi non va giù n
ai 5 Stelle: «Se il servizio pub-
blico non può essere discipli-
nato da una legge che si chia-
ma Gasparri, non può esserlo
nemmeno da un decreto che si
chiama Renzi, la riforma la fa il
Parlamento». Secondo Michele
Anzaldi, Pd, segretario della Vi-
gilanza, «i tempi per interveni-
re in via parlamentare ci sono,
per quanto stretti», perciò invi-
ta i presidenti di Camera e Se-
nato «ad aprire una corsia pre-
ferenziale». L’indignazione del
centrodestra, sostiene Lorenza
Bonaccorsi, responsabile Cul-
tura Pd, è solo per «continuare
a spartirsi i posti».
Giovanna Cavalli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La governance della tv di Stato
Corriere della Sera
Come regolato
dalla legge Gasparri,
7 consiglieri
sono eletti
dalla commissione
di Vigilanza
e 2 (tra cui il presidente)
indicati dal ministero
dell’Economia
(il maggiore
azionista
della Rai).
Il mandato
dei membri
del cda
è di 3 anni
(con possibilità
di nuova nomina)
È una commissione
parlamentare
bicamerale istituita
con la legge 103
del 1975. È composta
da 20 deputati
e 20 senatori
*compreso
il presidente,
il deputato
Roberto Fico
Nominati dalla Vigilanza
Indicati dal ministero dell’Economia
Anna Maria
Tarantola
Presidente
(votata dal Cda)
Marco
Pinto Antonio
Pilati
Antonio
Verro
Benedetta
Tobagi
Gherardo
Colombo
Guglielmo
Rositani
Luisa
Todini*
QUOTA CENTRODESTRAIl cda Rai
La commissione di Vigilanza
Al cda della Rai è affidata la gestione
dell’azienda, lo svolgimento di funzioni di
controllo e di garanzia e il voto del direttore
generale. Ha il potere di votare i contratti
aziendali superiori a 2,5 milioni di euro
I POTERI
*si è dimessa
il 19 novembre
2014
e non è stata
ancora sostituita
QUOTA CENTROSINISTRA
QUOTA CENTRO
Rodolfo
De Laurentiis
Sel 1
Pd 16
Scelta civica 1
M5S 6*
Autonomie-Psi-Maie 1 Ap (Ncd+Udc) 2 Per l’Italia-Centro
democratico 1
Gruppo misto 2
Grandi autonomie
e libertà 1
FI 7
Lega 1
Fratelli
d’Italia 1
La Commissione ha
il compito di sorvegliare l’attività
del servizio radiotelevisivo
e radiofonico; nomina 7 consiglieri
del cda; definisce l’indirizzo da seguire
nella programmazione, nella pubblicità
e nell’economia della società, definendo
i piani di spesa pluriennali
I POTERI
ROMA Matteo Renzi ha superato
il suo primo anno di governo.
Ma è convinto di avere ancora
tanto tempo davanti a sé: «La
maggioranza è blindata sino al-
la fine della legislatura». E «nel
2018 vinciamo noi». Non lo di-
ce con tracotanza. Ma ne è con-
vinto. Anche se sa che ormai il
partito di Berlusconi, allo sban-
do com’è, è una causa persa, su
cui è difficile fare affidamento
come ai tempi del patto del Na-
zareno: «Forza Italia sta esplo-
dendo e noi andiamo avanti da
soli. Se dovesse per caso rom-
persi qualcosa nella maggio-
ranza, cosa a cui non credo, sa-
rà fisiologico che qualcuno di
loro ci sostenga».
Insomma, per farla breve, in
questo primo compleanno del
suo governo il premier è con-
tento: «Abbiamo svolto un la-
voro durissimo, ma sul Jobs act
abbiamo fatto più di quanto
sperassi di fare. E quello che
abbiamo realizzato sui notai,
sulle assicurazioni, sui telefo-
nini, le banche e le poste rap-
presenta una rivoluzione cultu-
rale straordinaria. Non solo, il
bello è che l’Italia sta riparten-
do davvero».
Parla così, Matteo Renzi, pre-
so dall’entusiasmo. Ma su Rai-
tre, Lucia Annunziata, nella sua
trasmissione In mezz’ora, gli
ricorda che qualcosa di nuovo
si sta muovendo nel mondo
della sinistra. E non è detto che
sia foriero di buone notizie per
il premier. Già, Maurizio Lan-
dini, in un’intervista al Fatto
quotidiano, ha lasciato inten-
dere che potrebbe scendere in
politica, per guidare quella si-
nistra che è da qualche anno al-
la ricerca di un leader.
È vero che ore e ore dopo il
leader della Fiom, dopo una re-
primenda della Cgil, ridimen-
siona la portata delle sue paro-
le, ma la sua è una smentita a
metà in cui ribadisce che oc-
corre andare oltre la «rappre-
sentanza sindacale». Il premier
comunque risponde impertur-
babile ad Annunziata: «Non
credo che Landini abbandoni il
sindacato, è il sindacato che ha
abbandonato Landini. Il pro-
getto di Marchionne sta par-
tendo, la Fiat sta tornando a
produrre auto e ad assumere, è
ovvio che la sconfitta sindacale
lo porti ad abbracciare la politi-
ca, non dimentichiamoci che a
Pomigliano ha portato a scio-
perare cinque persone su
1400».
Ma Renzi non ha paura che
una parte del Pd possa essere
ora tentata dalla scissione? A
sera, dopo la trasmissione,
Renzi non sembra aver cam-
biato idea: «Non mi preoccupa
Landini. Ha acquisito visibilità
schierandosi contro Mar-
chionne. Oggi che Marchionne
sta vincendo, lui deve scappare
dal sindacato. Normale. Io pro-
vo massimo rispetto, per Lan-
dini, ma non è il primo sinda-
calista a buttarsi in politica e
non sarà l’ultimo. Gli faccio i
miei più sinceri auguri». Di
un’eventuale scissione, Renzi
non sembra avere paura: «Se
veramente il leader della Fiom
si buttasse in politica nessuno
del Pd lo seguirebbe, solo Sel
andrebbe con lui». E anche
Pippo Civati, aggiunge qualche
renziano duro e puro e ormai
convinto che il deputato del Pd
dissidente per vocazione e pro-
fessione sia prossimo all’addio
al partito.
Insomma, non sembrano
queste le preoccupazioni di
Renzi. E nemmeno le polemi-
che della sua minoranza sul
Jobs act paiono innervosirlo
più di tanto: «Ormai il Jobs act
è andato». Come a dire: ormai
è fatta, quindi pazienza per le
lamentele e gli attacchi, stra-
scichi inevitabili, se «si voglio-
no fare le riforme e cambiare
questo Paese», perché ci sarà
sempre «chi preferisce che tut-
to rimanga com’è adesso». Mo-
rale della favola: se la minoran-
za interna pensava di condizio-
nare le mosse del presidente
del Consiglio ora che il patto
del Nazareno sembra essere
andato in frantumi, ha sbaglia-
to i suoi piani. «Io non sarò
ostaggio di nessuno. So che ci
saranno quelli che ci proveran-
no, ma hanno sbagliato indiriz-
zo», sorride il premier.
E il varo dei decreti del Jobs
act pare essere la conferma di
queste sue parole. «Del resto,
come si fa a essere contrari a
una legge che per la prima vol-
ta si preoccupa veramente dei
non garantiti, cioè dei preca-
ri?», si chiede retoricamente il
premier. Che preferisce non
entrare in polemica diretta con
la presidente della Camera
Laura Boldrini che lo ha critica-
to e che ha stigmatizzato la fi-
gura «dell’uomo solo al co-
mando». Rispetto alle sue pa-
role, intervistato da Annunzia-
ta, l’inquilino di Palazzo Chigi
si limita a dire: «Questo è un
problema suo». Ma è a lei che
indirettamente si rivolge quan-
do spiega, sempre in quella tra-
smissione, che «il mio obietti-
vo non è costruire una leader-
ship carismatica». Con i colla-
boratori e gli amici più fidati
Renzi però si è lasciato andare
un po’ di più perché è rimasto
stupito per l’attacco di Boldrini
nei suoi confronti: «Lei è la
presidente della Camera e do-
vrebbe fare l’arbitro, mentre
mandiamo avanti il program-
ma per cui abbiamo preso la fi-
ducia».
Altro argomento, altro capo
di imputazione. Anche stavolta
Renzi è netto. Il tema, postogli
da Annunziata, è quello delle
Popolari e delle inchieste della
Consob e della magistratura
sui movimenti che ci sono stati
dopo il provvedimento del suo
governo. «Mi auguro che venga
fatta chiarezza al più presto
perché sono state fatte polemi-
che ridicole e dette castronerie
galattiche. Un galantuomo co-
me Ciampi insieme a Draghi
tentò di fare queste norme. Noi
abbiamo ripreso quel princi-
pio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I rapporti
G La sintonia
tra il premier e
Landini inizia
quando Renzi è
ancora solo
segretario pd. Il
leader Fiom
esprime un
giudizio
positivo sulle
intenzioni del
leader dem di
puntare sul
contratto unico
G Il 27 agosto
2014 Renzi
chiama Landini
a Palazzo Chigi:
un’ora e mezza
di confronto
sulle sfide
dell’autunno e
reciproci
attestati di
stima
G I rapporti
peggiorano
quando la Fiom
si schiera
contro Jobs act
e abolizione
dell’articolo 18
e toccano
l’apice il 21
novembre
quando Landini
dice: «Gli onesti
non stanno con
Renzi»
Il retroscena
di Maria Teresa Meli
367
i giorni da cui è
in carica
l’esecutivo
guidato da
Matteo Renzi. Il
segretario pd è
il più giovane
presidente del
Consiglio di
sempre ed è il
quarto premier
(dopo Ciampi,
Dini e Amato) a
non essere
parlamentare
dMatteo Renzi
Landini ha un approccio
pragmatico e non
ideologico
dMaurizio Landini
Matteo si è dimostrato
un interlocutore attento,
incarna il cambiamento
Le banche popolari
«Polemiche ridicole e
ho sentito castronerie
Mi auguro si faccia
chiarezza al più presto»
Le frasi di agosto 2014
Rai, legge a marzo. E il governo non esclude un decreto
Il presidente del Consiglio: non faremo eleggere il nuovo cda con la Gasparri. Proteste dal centrodestra
Renzi: Landini è uno sconfitto
Io duro fino al 2018 e poi vinco
Il premier: ha perso contro Marchionne, se fa politica solo Sel può seguirlo
6 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
La replica alle parole della
presidente della Camera — che
aveva parlato di «uomo solo al
comando» — è affidata alla vi-
ce segretaria Debora Serrac-
chiani. A L’intervista, su
SkyTg24, le definisce «eccessi-
ve rispetto alla sua posizione di
garanzia». A difesa della Bol-
drini si schiera Sel: «La presi-
dente difende il Parlamento, le
tifoserie le lasciamo ai ventrilo-
qui di corte».
Landini, invece, aveva lan-
ciato la sua sfida dalle colonne
del Fatto Quotidiano. Ieri ha
corretto il tiro: «Non ci sarà un
mio impegno di tipo partitico o
elettorale». Resta il senso della
«sfida democratica» contro
Renzi: «Serve una coalizione
sociale più larga, dobbiamo
aprirci a una rappresentanza
anche politica». A dimostra-
zione di quanto sia frammen-
tata l’opposizione, le reazioni
non sono compatte. Da Pippo
Civati arriva il no più secco:
«Premetto che mi piacerebbe
chiarire il tema con lui, per evi-
tare fraintendimenti, ma Lan-
dini parla di sinistra sociale da
contrapporre a quella politica.
Non capisco e non sono d’ac-
cordo. Per me l’obiettivo è una
sinistra di governo, che unisca,
non una sinistra divisa». An-
che Alfredo D’Attorre respinge
la suggestione di un’uscita dal
Pd, ma apre al dialogo: «Il tema
non è la nascita di un nuovo
partito, né la scissione dal Pd.
Piuttosto, possono essere inte-
ressanti battaglie comuni tra
forze politiche, forze sociali e
pezzi della società. Quanto alle
parole di Renzi, non mi pare
utile delegittimare un interlo-
cutore». Vincenzo Vita, vicino a
Civati e molto critico con il Pd,
la vede diversamente: «Mi
chiedo, se non ora, con lo slit-
tamento a destra di Renzi sul
lavoro, quando? Mi auguro che
Landini ci pensi davvero e che
nasca qualcosa di nuovo insie-
me alla minoranza del Partito
democratico».
Al. T.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel partito
Lorenzo
Guerini, 48
anni, deputato
dal 2013,
vicesegretario
e portavoce del
Pd (Benvegnù)
sui metodi scelti».
La minoranza non è d’ac-
cordo soprattutto sui metodi.
E sottolinea come Ncd canti
vittoria.
«Nel Pd c’è stato un percorso
di partecipazione molto am-
pio. Un ordine del giorno, vota-
to quasi all’unanimità, ha ap-
provato la legge delega. E an-
che Sacconi ci criticò molto».
Si contesta il fatto che il go-
verno non ha tenuto conto,
sui licenziamenti collettivi,
del parere negativo delle due
Commissioni.
«Le Commissioni hanno
espresso pareri articolati, che
non sono vincolanti ma solo
consultivi. Sta al governo deci-
dere se recepirli interamente o
in parte».
Ma, come dice Vannino
Chiti, ignorare il parere del
Parlamento è una scelta «non
priva di conseguenze».
«Alla gente credo che inte-
ressi poco la nostra dialettica
interna. Dobbiamo rimanere
sul merito».
Così non rischiate di perde-
re un pezzo della sinistra del
partito?
«Siamo un partito di sinistra
e riformista, in cui le diverse
storie politiche devono conti-
nuare a convivere come ele-
mento di ricchezza, non di dif-
ficoltà».
Laura Boldrini ha criticato
Renzi, parlando di «uomo so-
lo al comando».
«Un presidente della Came-
ra, figura di garanzia, dovrebbe
pesare ogni parola. Ci vuole
saggezza, prudenza, equilibrio.
Francamente non capisco cosa
significhi una frase del genere.
Se invece la questione è quella
di valutare il rapporto tra parti-
to e leader, il tema non va sotto-
valutato: abbiamo bisogno di
partiti che rappresentino la
complessità della società, ma
che siano anche connessi a una
leadership che sia punto di sin-
tesi e di guida dei processi».
Il leader della Fiom Mauri-
zio Landini lancia una sfida
«politica» a Renzi. Come va-
luta l’ipotesi di una sua disce-
sa in campo?
«È già successo in passato
che figure importanti del mo-
vimento sindacale siano entra-
te in politica. Ognuno può far
quel che vuole, anche se non
ho capito che contributo po-
trebbe dare Landini. Se il sin-
dacato non fa il suo mestiere,
difendere gli interessi dei lavo-
ratori, e confonde il suo ruolo,
rischia di muoversi nella dire-
zione sbagliata. Ma non con-
fonderei i desideri di un singo-
lo con quelli del sindacato».
Alessandro Trocino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il passo avanti del leader Fiom agita la minoranza dem
D’Attorre:possibililottecomuni,mailtemanonèlanascitadiunnuovopartito.Vita:senonoraquando?
Il colloquio
«Dialogo,noalleminacce
SiusaunpuntodelJobsact
peraprirealtrequestioni»
Guerini:Boldrinidovrebbepesareogniparola,serveequilibrio
Primopiano I democratici
ROMA Da una parte la presiden-
te della Camera, Laura Boldri-
ni. Dall’altro il leader della
Fiom, Maurizio Landini e la mi-
noranza del Pd, sempre più in-
quieta. Dopo il contestato varo
del decreto sul Jobs act, Matteo
Renzi riceve un attacco concen-
trico, con accuse di leaderismo
eccessivo e di scarso rispetto
per il Parlamento. E la mino-
ranza si trova a un bivio, tra
l’ammissione della resa e la ri-
cerca di nuove strade per inci-
dere di più.
166
i voti con cui
il 3 dicembre
scorso il Jobs
act è passato
al Senato
ROMA «Non si possono confon-
dere i piani e minacciare di far
mancare il voto. Nel Pd c’è stato
un dialogo ampio e il ruolo del
Parlamento è sempre stato ri-
spettato». Lorenzo Guerini, vi-
cesegretario democratico, ri-
sponde alla critiche arrivate
dalla minoranza del partito do-
po il varo del Jobs act.
La minoranza è in guerra.
Stefano Fassina pensa a un
coordinamento dei «dissi-
denti» per poter pesare di più
sui punti critici delle prossi-
me riforme.
«Non capisco come si possa
utilizzare una divergenza di
opinioni su un singolo passag-
gio del Jobs act per aprire que-
stioni che con l’attuazione del-
la delega lavoro non c’entrano
nulla».
Teme che la minoranza vo-
glia farvi una sorta di ricatto
o di veto?
«Non voglio usare questi ter-
mini, ma credo che sarebbe un
grave errore confondere i pia-
ni».
Però dopo il varo del Jobs
act c’è stata una mezza rivolta
nel Pd.
«Sul merito, il governo era
impegnato ad attuare una dele-
ga, votata dal Parlamento dopo
un dibattito importante, per
rendere più efficiente e moder-
no il mercato del lavoro. Per
estendere le tutele, disboscare
le forme contrattuali e ridurre
la precarietà».
Obiettivo fallito, per molta
sinistra pd.
«Le reazioni nazionali, per
esempio delle imprese, e quel-
le internazionali, danno il sen-
so di come questo passaggio
sia ritenuto una svolta impor-
tante. Credo che il giudizio
debba essere dato complessi-
vamente, sull’obiettivo scelto,
cioè la creazione di un contesto
che favorisca l’occupazione, e
dI piani confusi
Nonsipossonoconfondere
ipiani.Eallagente
interessapocolanostra
dialetticainterna
dLe storie politiche
Ilpartitoèdisinistrae
riformista.Lediverse
storiepolitichesiano
ricchezzanondifficoltà
dCivati
Landiniparla
disinistra
sociale
contro
sinistra
politica
Noncapisco
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 7
8 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Primopiano Il centrodestra
Nonricandidareifittiani,Berlusconicipensa
Il leader tentato dall’espulsione per i Ricostruttori. E l’eurodeputato strizza l’occhio al Carroccio
Responsabilità delle toghe
L’Anmboccia
losciopero
echiedeunincontro
aMattarella
ROMA Né sciopero, né
astensione dalle funzioni di
supplenza. Ora i magistrati
sperano nel capo dello Stato,
Sergio Mattarella. Contro il
provvedimento in dirittura di
arrivo alla Camera, sulla
responsabilità civile dei
magistrati, l’Anm ha scelto la
linea della «responsabilità».
Tracciata in apertura del
comitato direttivo centrale dal
presidente Rodolfo Sabelli:
«La norma resta sbagliata e
avrà pesanti ricadute», ma uno
sciopero «non sarebbe stato
compreso», e «nel peggiore
dei casi sarebbe additato come
la chiusura di una casta che
difende i suoi privilegi».
Bocciato lo sciopero proposto
da Magistratura indipendente,
corrente storicamente
moderata, da ieri spaccata in
due: con la nascita di
Autonomia e Indipendenza,
guidata da Piercamillo Davigo.
E non è passata neanche la via
mediana, indicata proprio da
AeI: uno sciopero bianco dei
magistrati con l’astensione, da
subito, da tutti quei compiti in
cui i magistrati ora fanno le
funzioni di altro personale
carente. Si è scelto, votando la
mozione di Area e Unicost, di
fare un monitoraggio sugli
effetti che avrebbe
l’applicazione di quella norma,
incluso l’aumento di ipotesi
ricusatorie che potrebbero
inceppare la macchina
organizzativa giudiziaria. E
anche dei suoi eventuali profili
di incostituzionalità. In
seguito valuterà anche lo
sciopero bianco proposto da
AeI. Basterà a scongiurare
l’imminente via libera
definitivo della Camera? I
magistrati non hanno perso le
speranze. E le ripongono tutte
in un’opera di «moral
suasion» di Mattarella.
«Confidiamo di essere ricevuti
dal capo dello Stato. Non
intendiamo tirarlo per la
giacchetta — spiega Sabelli —
ma vogliamo presentarci da lui
nella nostra funzione di
custodi della legalità e dei
valori costituzionali. In quanto
tali rappresenteremo la
necessità di poter contare su
buone riforme, giuste risorse,
una buona organizzazione e
buone leggi. Questa che sta
per essere varata alla Camera, a
nostro giudizio, non lo è». Un
giudizio negativo condiviso da
tutte le correnti. Una «riforma
punitiva nei confronti dei
magistrati» e di «manifesta
incostituzionalità» l’aveva
definita Magistratura
indipendente, chiedendo
l’astensione dalle attività
giurisdizionali, sostenuta
anche da Proposta B. Ma la
neonata AeI, con Sebastiano
Ardita, ha messo in guardia:
«Se non dovesse esserci la
maggioranza quale sarebbe la
motivazione dello sciopero?
Lacerare la magistratura? Ora
l’unica arma è la
compattezza».
Virginia Piccolillo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA La manifestazione dei Ri-
costruttori a Roma, che pure
non ha avuto i toni ultimativi
della rottura, ha lasciato il se-
gno. E il solco tra Silvio Berlu-
sconi e Raffaele Fitto si è acuito
fino a diventare una voragine. Il
leader azzurro non parla, ma a
interpretare il suo pensiero è il
neocoordinatore Luigi Vitali,
nominato per riportare l’ordine
in Puglia e per mettere in riga i
fittiani ribelli.
I toni sono durissimi, come
la minaccia di non ricandidare
per le prossime elezioni di
maggio tutti gli uomini vicini
all’ex governatore, che hanno
compiuto lo strappo di parteci-
pare alla kermesse romana.
L’ordine, dicono, arriva diretta-
mente dal leader azzurro, stan-
co ormai della guerra che ha
scatenato Fitto e deciso ad an-
dare fino in fondo. Si capirà nei
prossimi giorni se si arriverà al-
la sospensione o all’espulsione
(Berlusconi è sempre tentato),
o se ci si limiterà a fare terra
bruciata attorno a Fitto là dove
il suo consenso è forte. In ogni
caso, i parlamentari pugliesi a
lui vicini avvertono Vitali «sce-
riffo fuori dalle regole» (e Ber-
lusconi): se ci saranno epura-
zioni dalle liste ci sarebbero
«conseguenze sul piano lega-
le».
Ma un Berlusconi sempre
più indignato per le fughe di
notizie sull’inchiesta Ruby ter e
sul modo di procedere dei ma-
gistrati che, ne è convinto, mi-
ra a condizionare il verdetto
della Cassazione sul Ruby uno,
questa settimana scenderà a
Roma anche per affrontare altri
nodi delicati che rendono diffi-
cile la vita al suo partito.
Il primo è quello delle alle-
anze, sempre meno chiare.
Raccontano che, sottotraccia, i
contatti anche con i leghisti
proseguano, e la possibilità di
arrivare a qualche intesa non è
data per impossibile. Ma certo
è molto, molto difficile. Salvini
continua a prendere le distanze
da FI e a proclamare il suo mai
ad accordi con l’Ncd, con Alfa-
no che gli replica come «saran-
no gli altri, come in parte già
succede, a volersi alleare con
noi. Non andiamo a caccia di
alleanze ma di risultati per gli
italiani». Berlusconi vuole
mettere qualche punto fermo,
convinto com’è che per la stes-
sa Lega sarebbe un suicidio
presentarsi alle Regionali in
solitudine. A Salvini peraltro
manda un messaggio distensi-
vo proprio Fitto, approfittan-
done per tirare l’ennesimo col-
po ai suoi: «Caro Matteo, nes-
sun attacco a te e alla Lega, che
fate benissimo la vostra parte.
Il mio obiettivo è che anche il
mio partito faccia la parte che
gli compete». Come? Con le
«primarie». Quelle che lo stes-
so Salvini invoca.
Paola Di Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
130
i parlamentari
che fanno
parte dei
gruppi di Forza
Italia: sono 70
deputati a
Montecitorio e
60 senatori a
Palazzo
Madama
40
i parlamentari
di Forza Italia
che fanno capo
all’area critica
guidata da
Raffaele Fitto.
Tra deputati e
senatori, il
numero oscilla
tra 36 e 40
Il personaggio
di Fabrizio Roncone
Scajola:assurdo,adettarelalinea
orasonoRossieBergamini
L’exministrodàlepagelleaFI:Brunettacapogruppo?Nonèingrado
dManonlosa
Toticheun
dirigente
deveusare
dosi
massicce
didolcezza
diplomatica?
L’
idea è questa: chiede-
re a Claudio Scajola
una descrizione di
Forza Italia e di ciò che
sta avvenendo al suo interno. È
un partito che conosce non be-
ne, ma benissimo. Conosce il
capo, l’aspirante capo, tutti i ca-
petti e i frequentatori più assi-
dui di Palazzo Grazioli tranne
Dudù, e solo perché quando a
Palazzo Grazioli arrivò scodin-
zolando Dudù, Scajola — quat-
tro volte ministro e a lungo co-
ordinatore — era già alle prese
con i magistrati. Quindi di For-
za Italia può parlare, se vuole,
con cognizione e abbastanza li-
beramente.
Ma vuole?
(La segretaria prende tem-
po, dice che «l’onorevole non
può rispondere prima delle
17». Troppo tardi. Insista, pre-
go. Tanto Scajola è nel giardi-
no della sua villa di Imperia e
sta potando gli alberi di ulivo:
come poi ammetterà lui stes-
so).
«Beh, sono un imputato con
l’hobby del giardinaggio. As-
solto per la vicenda della casa
al Colosseo, archiviata la storia
di Napoli sulle presunte maz-
zette a Finmeccanica, non mi
resta che dimostrare la mia in-
nocenza nella vicenda Matace-
na: così mi distraggo tagliando
rami e, se vuole, però, sì, certo,
anche parlando di Forza Italia.
Sebbene...».
Sebbene?
«Forza Italia non esiste più
da tempo. È rimasto solo Silvio
Berlusconi, un po’ appannato,
stanco, ormai avanti con gli an-
ni eppure, nonostante i proble-
mi familiari e giudiziari che
sappiamo, i ricattini delle Ol-
gettine e tutto il resto, ancora
con una buona dose di autorità
carismatica. Ma da solo, senza
una rete sul territorio, a quanto
può arrivare? Tra il 12 e il 16%.
Un po’ poco, direi».
L’altro giorno, Raffaele Fit-
to ha organizzato una con-
vention da aspirante nuovo
capo.
«Raffaele lo presentai io, a
Silvio, nel 2000: era giovane e
tenace, lo candidammo a presi-
dente della Regione Puglia,
vinse. Lui è uno che ha impara-
to dal padre: sa che il territorio,
il consenso che porta voti, va
curato. Anzi, forse ha proprio il
difetto di essere molto settario,
o con me o contro di me. È un
ottimo dirigente... certo non
può pensare di essere l’erede di
Berlusconi...».
Quindi lei crede che...
«No, aspetti: su Fitto mi fac-
cia anche dire che ha torto
quando critica il patto del Na-
zareno, un buon patto per fare
le riforme, ma ha ragione
quando chiede che il partito
venga ricostruito con un pro-
getto, con una classe dirigente
adeguata. Perché no, dico: dav-
vero non è immaginabile che la
linea politica dei moderati ita-
liani sia dettata da Maria Rosa-
ria Rossi e Deborah Bergami-
ni... o dall’avvocato Niccolò
Ghedini, un ottimo penalista,
ma che insomma... beh...».
Il Cerchio Magico: magnifi-
co, continui.
«Io ricordo un tempo glorio-
so e di grande politica quando
intorno al tavolo di Berlusconi,
alla luce del suo genio, sedeva-
no straordinari dirigenti capaci
di controllare migliaia di voti
sul territorio e però anche per-
sonalità del prestigio di Mar-
cello Pera, Giuliano Urbani,
Giuliano Ferrara... Vede, Berlu-
sconi non ha bisogno di gente
che gli dica che dimostra cin-
quant’anni e che quando arriva
nelle città trova ancora folle
osannanti: ha, al contrario, bi-
sogno di persone capaci di dir-
gli anche di no».
Dipende dai punti di vista.
«Sì, ma poi il partito si disin-
tegra, com’è accaduto alle re-
gionali in Emilia Romagna e
come rischia di succedere an-
che in Puglia. In troppi sono
convinti che sia sufficiente Ber-
lusconi e il simbolo. Denis Ver-
dini, per esempio. Ottimo or-
ganizzatore ma con la terribile
convinzione che nei partiti la
democrazia non serva. Errore
blu! Io, per dire, che qualche
votuccio lo spostavo e ancora lo
sposto, fui epurato dalle liste
per le europee perché doveva-
no infilare il signor Toti. E qual
è il risultato? Che ora sentiamo
questo Toti rilasciare, nei pan-
ni del consigliere di cartavetra-
ta, brutali interviste contro Fit-
to. Ma benedetto ragazzo, non
lo sai che in una fase come que-
sta, dentro il partito un diri-
gente deve usare dosi massicce
di dolcezza diplomatica? Non
puoi rompere, sfasciare. Anzi,
devi confrontarti, mediare,
unire. Ma questa, se mi è con-
sentito, è la grammatica della
politica...».
Lei le ha mai sentite le di-
chiarazioni di Brunetta?
«Eh, Renato... Un uomo di
valore... Però... ecco, diciamo
così: ciascuno di noi ha le sue
attitudini. Voglio dire: a me
piace molto il calcio, ma secon-
do lei sarei in grado di scende-
re su un terreno da gioco? No.
Questo vale anche per Brunet-
ta. Il ruolo di capogruppo, che
per me, tra l’altro, dovrebbe es-
sere scelto dai deputati, non
può ricoprirlo perché proprio
non è in grado... Mhmm... Ma-
gari però non scriva così: sia un
po’ più morbido...».
(Poi, a intervista conclusa,
prima dei saluti, Scajola az-
zecca una buona metafora:
«Gli ulivi sono come i partiti:
per farli durare, vanno conci-
mati e, se serve, potati»).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
G Claudio
Scajola, 67
anni, eletto alla
Camera con
Forza Italia nel
‘96, rieletto fino
alle Politiche
del 2008
G È stato tre
volte ministro
nei governi
Berlusconi:
dell’Interno dal
2001 al 2002
(quando lasciò
dopo un
giudizio su
Marco Biagi);
Per l’attuazione
del Programma
dal 2003 al
2005 e allo
Sviluppo dal
2008 al 2010
(quando lasciò
per l’inchiesta
sulla casa con
vista Colosseo)
dÈunottimo
dirigente
Certonon
puòpensare
diessere
l’erededi
Silvio
Berlusconi
dVerdini
hala
terribile
convinzione
chenei
partitila
democrazia
nonserva
In Parlamento Claudio Scajola con Silvio Berlusconi nell’aula di Montecitorio in una foto del 2011 (Imagoeconomica)
GLa parola
CINCINNATO
Nel 2014 Scajola viene
escluso dalle liste di FI per
le Europee. «Mi dedicherò
all’orto» dice. E qualcuno vi
ha visto un riferimento alla
figura di Cincinnato,
console romano ritiratosi in
campagna e più volte
richiamato in politica.
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015
PRIMOPIANO 9
«Tosi? Non rispetta i militanti
Inaccettabile ostacolare Zaia»
Salvini:hadubbisuLePenesulnoall’euro,maseliavessiiononavreitriplicatoivoti
L’intervista
di Marco Cremonesi
dForse non è
chiaro ciò
che stiamo
facendo
Stiamo
preparando
il dopo Renzi
e c’è uno che
fa finta di
niente
dDice che
non sa se
viene in
corteo a
Roma. Non
è bello da
un dirigente
pagato
Vieni. Poi
discutiamo
dIn tanti
perderanno
la domenica
di riposo e
si alzeranno
prima
dell’alba
Perciò la
presa in
giro non va
MILANO «Forse non è chiaro che
cosa stiamo facendo: qui stia-
mo preparando il dopo Renzi.
Ma c’è un dirigente che fa finta
di niente. Questo non è accetta-
bile». Matteo Salvini non perde
la calma, ma che sia arrabbiato
si sente. E bene. Il «dirigente»,
Salvini lo chiamerà quasi sem-
pre così, è il sindaco di Verona
Flavio Tosi, che tra l’altro è an-
che il segretario della Liga ve-
neta. E ieri ha detto a chiare let-
tere quello che già era nell’aria
da tempo: se non trovasse un
accordo con Luca Zaia, il gover-
natore in corsa per la riconfer-
ma, lui potrebbe «prendere le
sue decisioni liberamente». E
cioè il candidarsi, lui leghista,
contro il presidente leghista
del Veneto.
Salvini, la minaccia è pe-
sante. Che cosa farebbe, in
quel caso? Ha un piano?
«Io ho messo la vicenda nel-
le mani del governatore e del
segretario. La soluzione è nelle
loro mani. Però, voglio prima
dirle un’altra cosa… ».
Prego.
«Ciò che mi ha dato più fa-
stidio è che abbia detto che
non sa se viene a Roma, alla
grande manifestazione che
stiamo organizzando per saba-
to prossimo. Ma come? Ci sono
centinaia di pullman del tuo
partito, c’è un mare di gente
che per essere presente rinun-
cerà a una domenica di riposo,
spenderà dei soldi, si alzerà
prima dell’alba. Ci saranno i
sindaci e i rappresentanti di
mille professioni e associazio-
ni, che saranno lì per dire il lo-
ro no a Renzi. Beh, non è bello
che un dirigente pagato dica
che non sa se verrà. Non fosse
altro che per il rispetto dovuto
ai militanti, tu alla manifesta-
zione vieni. Punto. Poi, discu-
tiamo della Regione. Accetto
tutto, ma non la presa in giro».
Tosi dice che con lui non
sono stati rispettati due ac-
cordi. L’ultimo nel 2012,
quando gli si disse che sareb-
be stato il candidato alla lea-
dership del centrodestra.
«Ancora? Ma basta… Il Vene-
to è la Regione con la sanità mi-
gliore d’Italia, la prima ad aver
aperto gli ospedali anche alla
sera per fare visite ed esami
senza perdere ore di lavoro. La
prima ad aiutare i genitori se-
parati con figli a carico. E nel
solo 2014, ha sostenuto 7.000
aziende. Questo è il Veneto. Il
mio dovere è preservarlo. Di
che cosa stiamo parlando?».
Di Tosi che sostiene di es-
sere vittima di accordi traditi.
«In Lega, le persone valide
sono sempre state valorizzate.
Lui è stato prima presidente e
poi segretario della Liga vene-
ta, candidato all’Europarla-
mento, è stato ed è il bravo sin-
daco di una città importante
come Verona. Ma nel momento
in cui sceglie di polemizzare e
mettere in difficoltà il suo go-
vernatore, non va bene».
Però, una candidatura di
Tosi sarebbe un problema
grosso. O no?
«Io so che i cittadini non vo-
gliono che si litighi. Credo che
in Veneto nessuno capirebbe
una cosa del genere, e credo
che nessuno si candiderebbe
contro Zaia. Il governatore non
è in discussione. Poi, se ci sono
altri problemi… ».
A che cosa si riferisce?
«Beh, avere dubbi è legitti-
mo. Se uno non è convinto nel
no all’euro, se uno non è con-
vinto dell’alleanza con Marine
Le Pen, va tutto bene. Se però io
avessi avuto questi dubbi,
beh… non avrei triplicato i con-
sensi della Lega».
Tosi chiede che Zaia possa
essere sostenuto da altre liste
civiche oltre che quella a no-
me del governatore.
«Ho visto un sondaggio fatto
per il Pd in cui si dice la Lega
più una lista Zaia non vince:
stravince. Chiaro e semplice.
Bisognerebbe fare altre liste
per recuperare tre amici di Cor-
rado Passera? Tra l’altro, perso-
nalmente non vedo nel futuro
di un centrodestra moderno
Passera, il banchiere che ha fat-
to il ministro per Monti e con
Fornero».
Il presidente della Liga, Lu-
ca Baggio, nel consiglio «na-
zionale» veneto ha chiesto a
Tosi di fare il candidato presi-
dente.
«In democrazia, ciascuno ha
le proprie idee. Io ragiono di
tutto e con tutti, ma ripeto: Zaia
non si tocca. È il governatore
che ci invidiano tutti. Sarebbe
folle metterlo in discussione».
Esiste anche un problema
di alleanze. Tosi sostiene che
in un’ottica nazionale do-
vrebbero esserci anche Forza
Italia e Ncd.
«Con FI in Veneto stanno
parlando e io seguo con rispet-
to la discussione. Quanto al
Ncd, per loro parlano i fatti: il
governo Renzi-Alfano taglia al
Veneto 300 milioni di euro e so-
no in arrivo altri 1.500 immi-
grati. E noi che cosa dovremmo
dire all’operaio di Marghera o
all’artigiano di Vicenza?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il no a Ncd
«Su Ncd parlano i fatti:
il governo con Alfano
taglia 300 milioni
di euro al Veneto»
Gli scenari
«Per un sondaggio con
la Lega più la lista Zaia
il governatore stravince
Perché fare altre liste?»
Quattro leader per una Lega
Alleanze La chiusura di Salvini verso Ncd è netta: mai con
loro alle Regionali, perché Alfano sostiene il governo Renzi.
Avviato il dialogo con FI: purché resti all’opposizione
Euro «Basta euro», slogan del voto per il Parlamento Ue, è ora
la linea della Lega: euroscettici, contro la moneta unica
Partito Meno federalista, più nazionalista. Resta la battaglia
contro l’immigrazione, ma Salvini guarda anche al Sud: pure i
siciliani sono vittime del centralismo di Roma e Bruxelles
Il segretario del partito
Alleanze L’apertura a Ncd e FI è netta: Tosi è convinto che
occorra guardare anche al centro, oltre che a destra, per poter
creare un’alternativa capace di sfidare Renzi
Euro Pur con alcune posizioni «euro-critiche», il sindaco di
Verona è contro l’uscita dall’euro e il ritorno alla lira
Partito È contro la linea lepenista di Salvini: spaventa i
moderati. Il segretario della Liga Veneta rivendica poi
l’autonomia del partito a livello territoriale
Il sindaco di Verona
Alleanze Per il governatore Maroni bisogna distinguere tra
livello nazionale e locale: se si può criticare Alfano al governo,
l’asse con Ncd nelle Regioni si può fare («in Lombardia va»)
Euro È contro l’euro, ma soprattutto per la creazione di una
macroregione alpina che coinvolga altri Paesi del continente
Partito Vuole che il partito federale lasci autonomia ai
territori per le scelte locali (Salvini vorrebbe cambiare).
In Lombardia ha lanciato il referendum per l’indipendenza
Il governatore lombardo
Alleanze Con Ncd c’è stata «totale sintonia» alla guida del
Veneto. Ma sulle alleanze, per il presidente Zaia, «deciderà il
segretario», contrario a correre con i centristi
Euro Contro la moneta unica, più volte da ministro delle
Politiche agricole ha combattuto contro Bruxelles
Partito Federalista, si è battuto per la causa del referendum
per l’indipendenza del Veneto. Ma a livello di partito meno
autonomia potrebbe favorirlo nel dualismo con Tosi
Il presidente del Veneto
10 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 11
Primopiano Il caso
Ilmisterodebito
in49cartelle
inviateallaCorte
deiconti
GL’analisi
I
l debito del Comune di
Parma è quasi una
materia esoterica.
Se ne riparla
ciclicamente ma nel fuoco
della polemica politica i
numeri ballano e vengono
tirati da una parte e
dall’altra. E le accuse del
consigliere comunale del
Pd Massimo Iotti al
Corriere hanno irritato
Federico Pizzarotti. Esiste
però un documento
ufficiale vidimato dallo
stesso sindaco e
dall’assessore al Bilancio
Marco Ferretti il 30 gennaio
scorso e inviato alla Corte
dei conti che aveva chiesto
lumi in materia. Si tratta di
49 cartelle, finora mai rese
note alla stampa, che
analizzano
minuziosamente
«l’evoluzione
dell’indebitamento del
Gruppo Comune di Parma»
in base agli ultimi dati
disponibili, quelli dei
bilanci 2012. Ebbene il
debito consolidato è 573,3
milioni che è grosso modo
scomponibile in tre voci
principali: debiti verso i
fornitori, verso le banche e
mutui aperti con le stesse
banche. Sarà interessante
conoscere a tempo debito
gli eventuali rilievi della
Corte dei conti, intanto può
essere utile ricapitolare
come si è mossa la giunta
Pizzarotti rispetto a una
maxi esposizione che ha
ereditato e che va imputata
totalmente alle precedenti
«giunte del mattone» che
volendo trasformare Parma
in una città da 400 mila
abitanti avevano edificato a
mani basse. Una stima
elaborata a suo tempo dal
commissario straordinario
Ciclosi nell’intermezzo tra
l’amministrazione Vignali e
quella Pizzarotti segnava
per l’indebitamento
addirittura quota 870. Ma
già a suo tempo quella cifra
fu contestata perché
comprendeva poste non
corrette ovvero sommava,
come si usa dire, mele con
pere. Rispetto a quell’epoca
Pizzarotti ha provveduto a
pagare a un gruppo di
fornitori del Comune 129
milioni, grazie alla
possibilità di splafonare il
patto di Stabilità concessa
dal governo Monti e
garantita con copertura
statale, poi ha venduto a
una cifra simbolica la
società Stu Pasubio (che si
è portata dietro i propri
debiti). Un’altra società, la
Spip, è fallita portandosi
dietro anch’essa il carico
debitorio. Così
l’esposizione è scesa a
fronte però di un doppio
depauperamento
patrimoniale, obietta il Pd.
L’assessore Ferretti
garantisce comunque che è
in dirittura d’arrivo la
ristrutturazione del debito
con le banche della società
più grande, la Stt holding,
che comporterà quasi
sicuramente la vendita di
parte delle azioni della
multiutility Iren.
D. D. V.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
G Federico
Pizzarotti, 41
anni, è sindaco
di Parma dal
maggio 2012,
quando si è
imposto al
ballottaggio
(con il 60,2%)
su Vincenzo
Bernazzoli,
candidato del
centrosinistra
G Pizzarotti è
stato il primo
sindaco del
Movimento 5
Stelle eletto in
una città
capoluogo
DAL NOSTRO INVIATO
PARMA È una domenica difficile
per la città con lo stadio chiuso
e il morale sotto i tacchi. Il sin-
daco Federico Pizzarotti è alla
sua scrivania, non vuol arren-
dersi al declino e per chiamare
alla riscossa non esita a usare
gli argomenti dell’antropologia
positiva. «Non si può dipingere
tutto a tinte fosche. Non mi
piace che si faccia politica così,
che alcuni esponenti del Pd in
città trasformino l’opposizione
in rissa. Bisogna dare spazio al-
la speranza».
Il Pd vi rende pan per focac-
cia visto che il M5S non è cer-
to tenero verso Renzi. In fon-
do siete il partito del Vaffa.
«Non mi interessa se il Movi-
mento a livello nazionale segue
questo indirizzo. Ho le mie
idee e anzi se la parabola del
M5S è quella che vediamo di-
pende proprio da un certo mo-
do di fare l’opposizione. Dire
che tutto va male non serve, ci
vuole un cambio di paradigma
culturale. Io il Vaffa non l’ho
mai detto e non mi sogno di
farlo. E sostenere che la classe
politica è tutta uguale serve so-
lo a disorientare i cittadini e
aumentare le astensioni».
Comunque Parma è attra-
versata da una congiuntura
astrale negativa. L’aeroporto
vicino a chiudere, la squadra
di calcio allo sbando, il Regio
declassato, il debito che resta
altissimo.
«Il debito lo abbiamo ridotto
a 550 milioni. L’aeroporto è da
10 anni in questa situazione a
causa di una linea di galleggia-
mento. Invece o lo ingrandisci
o lo chiudi. Bisogna cercare un
investitore da 50 milioni in su e
un piano decennale».
I cinesi della Izp sembrava-
no rispondere a questo iden-
tikit.
«Ci si è appiattiti troppo sul-
la loro offerta. Occorreva un
bando pubblico».
Perché tutti i faccendieri
del calcio internazionale si
danno convegno a Parma?
«Tante cose non capisco. Ep-
pure la squadra è il terzo brand
della città dopo parmigiano e
prosciutto e quindi me ne devo
occupare. Ma quando vengo a
sapere che ci sono a libro paga
250 calciatori mi cadono le
braccia. Manenti non è più cre-
dibile, non c’è voglia di presi-
denti di questo tipo. Se lui non
è in grado di continuare, si fac-
cia da parte e basta».
Ha avuto contatti con im-
prenditori disposti a rilevare
il club?
«Concordo che non possia-
mo stare ad aspettare che per
ogni cosa intervenga Barilla, ci
sono però persone credibili e
solvibili che sarebbero anche
disposte a farsi avanti e che si
ritraggono. Oggi è difficile sti-
mare persino quanti soldi ser-
vano per ripartire. L’obiettivo
comunque è ricominciare dalla
serie B ed evitare ulteriori re-
trocessioni».
E il Teatro Regio? I giudizi
parlano di una stagione an-
ch’essa di serie B.
«Ho ereditato un Regio con
11 milioni di debiti. Lo abbiamo
risanato chiudendo il bilancio
in pareggio. Il programma è
stato dimezzato ma anche i fi-
nanziamenti da Roma lo sono
stati. Ma se il Regio rappresen-
ta l’orgoglio di una comunità
mi aspetto che si contribuisca a
tenerlo in alto. Non si può solo
criticare, ci vuole uno scatto di
reni. E allora bisogna riempire
il teatro così come un tifoso de-
ve andare allo stadio. L’eccel-
lenza è fatica».
Come spiega che l’econo-
mia reale di Parma è viva e ve-
geta mentre l’economia am-
ministrata prende solo
schiaffi.
«Parma non è in declino, vi-
ve gli stessi problemi dell’Italia.
La città è ricca e dobbiamo usa-
re ciò come trampolino per ri-
partire. Bisogna metterci la fac-
cia, non basta più stare dietro
le quinte. Non so se a Parma
esistano dei poteri forti, al tem-
po della vecchia Parmalat mi
dicono di sì, ma forti o non for-
ti è il momento che non si na-
scondano».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
dLe polemiche
Qualcuno nel Pd vuole
soltanto la rissa
Il calcio? Manenti
non è più credibile
Sul «Corriere» L’inchiesta di Dario Di Vico pubblicata
sabato sulla situazione di Parma
«Io non dico mai Vaffa
A Parma si critica e basta»
Pizzarotti: è ora che i poteri locali, forti o no, ci mettano la faccia
Il sindaco
di Dario Di Vico
JAGUAR XF R-SPORT LAUNCH EDITION.
LO STILE SPORTIVO È GIÀ SULLA TUA STRADA.
Cosa potevamo aggiungere alla tecnologia evoluta e al piacere di guida di XF? Lo stile sportivo di Jaguar
XF R-Sport Launch Edition. Il design dinamico è accentuato dal body kit aerodinamico, prese laterali in
stile “R”, soglie d’ingresso e volante con logo R-Sport. All’interno, comfort e cura nei dettagli. Un esempio?
I sedili in morbida pelle martellata con inserti in tessuto e cuciture a contrasto.
XF R-Sport 2.2D 200 CV Launch Edition con bluetooth, sensori di parcheggio posteriori e cerchi in
lega da 18” è tua a € 488* al mese, Tan 3,50%, TAEG 4,68%.
Jaguar è Best Brand secondo il sondaggio WhatCar? J.D.Power 2014.
Per il terzo anno consecutivo l’affidabilità di Jaguar è vincente.
Prenota il tuo Test Drive su www.xfrsport.it
JAGUAR.IT
HOW ALIVE ARE YOU?
Consumi ciclo combinato da 4,9 a 11,6 l/100 km. Emissioni CO2 da 129 a 270 g/km. XF R-Sport Launch Edition 2.2 D 200 CV,
con bluetooth, sensori di parcheggio posteriori e cerchi in lega da 18”.
*Esempio di XF R-SPORT Launch Edition 2.2D 200 CV con programma Privilege per una percorrenza di 120.000 km. Offerta rivolta sia
a Persone Giuridiche che a Privati. Prezzo di listino: € 49.500 (IVA inclusa, escl. IPT). Anticipo: € 17.768, 48 mesi, 47 rate di € 488,23
(comprensive di spese di incasso SEPA € 4,27 a rata); Valore Futuro Garantito: € 12.375; importo totale del credito € 31.366; spese apertura
pratica € 427,00; bolli € 16,00; spese invio estratto conto: € 3,00/anno; importo totale dovuto: € 35.247. Tan fisso 3,50%; Taeg: 4,68%.
Il Valore Futuro Garantito è da pagare solo nel caso il cliente tenga la vettura. Salvo approvazione JAGUAR FINANCIAL SERVICES.
Iniziativa valida fino al 31/3/2015. Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Fogli informativi presso le Concessionarie Jaguar.
CHI HA DETTO CHE
LE JAGUAR SONO
IRRAGGIUNGIBILI?
12 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Primopiano La crisi
Sul carro
Un carro
di Carnevale
nella parata di
ieri a Patrasso:
la maschera
del premier
greco Alexis
Tsipras tiene
nella mano
sinistra un euro
e nella destra
una dracma.
Oggi Tsipras
presenta
le riforme
a Bruxelles
(Afp/Giota
Korbaki)
LeideediTsiprassultavolodellaUe
«Menoburocrazia,lottaall’evasione»
Atenepresentalalistadelleriforme.Varoufakis:creatività.LasinistradiSyrizadiceno
Il difficile viene adesso. I
quattro mesi di respiro finan-
ziario che la Grecia ha ottenuto
venerdì dall’Eurogruppo servo-
no ad Atene per convincere i
guardiani dell’austerità che si
sono sbagliati, che sei anni di
liberalizzazioni, di riduzione
del peso dello Stato e delle pre-
stazioni sociali sono stati un
errore perché l’economia inve-
ce di crescere si è prosciugata e
il debito invece di calare è cre-
sciuto. «Lavorerò notte e gior-
no per escogitare riforme» al-
ternative a quelle di riduzione
del deficit pubblico che sono
state applicate ovunque sino ad
oggi, promette il ministro delle
Finanze Yanis Varoufakis. E se
alla fine i risultati non arrive-
ranno perché l’Europa non si
farà convincere la porta di usci-
ta dall’euro è sempre lì a dispo-
sizione.
Il governo della sinistra gre-
ca guidato da Alexis Tsipras
discrezionalità politica è forte e
sarà con l’esame delle proposte
di oggi che si comincerà a mi-
surare la reale volontà di conci-
liazione delle parti.
Il ministro Varoufakis spiega
che disegnerà la nuova rotta
economica con «creatività e fe-
licità», «sicuro di poter convin-
cere i colleghi europei». Tsi-
pras ricorda l’impegno eletto-
rale a combattere la crisi «uma-
nitaria» e esclude gli aumenti
dell’Iva e le limate alle pensioni
chieste in passato dalla troika.
Tra le stelle polari di Atene c’è il
principio della spesa pubblica
come «moltiplicatore» della
crescita. «Vogliamo misure che
sveglino il Paese dall’anestesia.
Presenteremo piani per rende-
re più efficiente la pubblica
amministrazione e per recupe-
rare risorse facendo pagare chi
può farlo: gli evasori fiscali. Sa-
rà una battaglia quotidiana,
ogni centimetro andrà conqui-
stato con grandi sforzi» . A pre-
vedere tutto ciò è Nikos Pap-
pas, amico d’infanzia di Tsipras
e oggi ministro di Stato.
Non è solo un problema gre-
co. L’eco del dibattito politico
continentale tra rigidi e flessi-
bili, liberisti e statalisti, lo si
percepisce dalle dichiarazioni
allo spagnolo El País di una co-
lomba tedesca come Martin
Schulz, presidente del Parla-
mento europeo. «Il problema
di Syriza è che non hanno pro-
poste concrete per il cambia-
mento». Il problema è che
«stanno crescendo partiti che
dicono “votateci e cambieremo
tutto”. Ma non si può cambiare
tutto quando la realtà va al di là
del tuo Paese».
Andrea Nicastro
@andrea_nicastro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
presenterà oggi una prima
tranche di proposte per giusti-
ficare l’apertura di credito otte-
nuta venerdì. L’Eurogruppo ha
accettato di accantonare i pro-
grammi dettati dalla troika al
passato governo di centrode-
stra per vedere quel «qualcosa
di diverso» che promettono i
greci. Non si discute più su te-
sti presentati dai funzionari di
Banca Centrale europea, Fon-
do Monetario Internazionale e
Unione europea, ma su idee
«made in Greece». Il recupero
di sovranità promesso da Syri-
za, il partito di Tsipras prima
delle elezioni del 25 gennaio, è
tutto qui. Parrebbe poco e la si-
nistra interna di Syriza già
chiede un congresso straordi-
nario per defenestrare il segre-
tario, ma potrebbe non esser-
lo.
Il documento dell’Eurogrup-
po, infatti, non ripete i target di
surplus del 3% quest’anno e 4,5
l’anno venturo che Atene giudi-
ca incompatibili con qualsiasi
politica di rilancio. Accenna in-
vece alla possibilità di modifi-
care l’avanzo primario (cioè
prima del pagamento degli in-
teressi) a seconda «dell’anda-
mento economico dell’anno».
Con un testo così «ambiguo»
(come dice Romano Prodi), la
Reazioni
Il tedesco Schulz
(Europarlamento): «Il
problema? Non hanno
proposte concrete»
L’eroe della Resistenza antinazista
Glezos contro il governo: «Tradite le promesse»
Manolis Glezos, l’eroe 92enne della
Resistenza greca ai nazisti diventato
eurodeputato di Syriza, attacca
l’accordo di Bruxelles: un tradimento
delle promesse elettorali. Su un blog
Glezos chiede «scusa al popolo greco
per aver preso parte a questa illusione.
Rinominare la Troika “Istituzioni”... è
come chiamare la carne “pesce”, ma
non cambia le cose». Glezos fa appello
agli «amici e sostenitori di Syriza:
decidete se accettare questa
situazione». Per il governo «Glezos
forse non è stato bene informato».
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015
PRIMOPIANO 13
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES Oggi, Alexis Tsipras
consegnerà la sua «lista degli
impegni» alla Ue. Ma qualcuno
si chiede: riuscirà ad aggirare
l’«assioma di Szasz»? Tradu-
zione: a riempire di contenuto
le promesse fatte e ricevute da
tutti, in tanti vertici Ue, e spes-
so farcite solo di parole? «Fles-
sibilità», «periodo-ponte»...
Chi si chiede tutto ciò è
Ashoka Mody, economista in-
diano di Princeton, già vice-
presidente del dipartimento
europeo del Fondo monetario
internazionale, oggi analista
dell’Istituto Bruegel di Bruxel-
les.
L’«assioma di Szasz» prende
il nome dal banchiere centrale
olandese André Szasz, che nel
1970 lo definì così: «Un com-
promesso, non nel senso che
gli Stati membri risolvono le
loro differenze incontrandosi
su posizioni intermedie, ma
accordandosi su documenti
che li facciano sentire liberi di
premere ancora per le loro ri-
chieste».
Che cosa significa, nella real-
tà? «Che così è stata la storia ri-
corrente dell’euro — risponde
Mody — parole e documenti
che hanno significati comple-
tamente differenti per le diver-
se parti in campo. Ma ben al si-
curo, all’interno della trappola
retorica, il processo continua
ad andare avanti. E le incon-
gruenze continuano ad accu-
mularsi».
Per esempio? «Per esempio,
la proposta avanzata il 16 feb-
braio dalla Ue chiede ai greci di
“fare il miglior uso della flessi-
bilità già insita nel programma
corrente”. Ah! Quella meravi-
gliosa parola, flessibilità».
Quando Matteo Renzi per la
prima volta chiese ad Angela
Merkel «flessibilità» — ha
scritto lo stesso Mody nella sua
ultima analisi per l’Istituto
Bruegel — Angela Merkel tra-
salì: «Qual è il problema? È già
tutto nelle regole...». E allora
che cosa avrà voluto dire il mi-
gesti più dolci di questa crisi,
Renzi ha donato a Tsipras una
bella cravatta. Ma pubblica-
mente, ha scelto di distanziarsi
da lui. Ciò ha un senso, tattica-
mente. Però il gioco verrà ripe-
tuto».
Vale a dire, presto potrà ri-
trovarsi sulla griglia anche
l’Italia. Per molti, Tsipras e
Renzi si assomigliano. È così?
«Sì, anche perché rappre-
sentano un cambiamento ge-
nerazionale. Sempre di più, la
leadership arriverà dal gruppo
che più è stato ferito dalla crisi.
E se così sarà, altri ancora so-
sterranno questa causa».
loffeddu@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un Paese in quattro scatti: dal debito alle riforme
Il debito
L’80% del debito greco è in mano a istituzioni pubbliche
(in miliardi di euro)
Disoccupazione giovanile
(meno di 25 anni)
I Paesi che hanno fatto più riforme
(dal 2007 al 2014)
Corriere della SeraFonte: RBS Credit Strategy, EC, Fmi, Bloomberg, Eurostat, OECD
Banca
centrale
europea
20
Fmi
28
bond sul mercato
46
prestiti a breve
termine
14
Unione Europea
(attraverso
l’EFSF, il Fondo
di stabilità
europeo,
e prestiti di
singoli Paesi)
187
0%
0,0 0,2 0,4 0,6
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Pil a confronto:
più ricca la Grecia o Milano?
(in miliardi di euro)
SpagnaGrecia
Italia
Portogallo
Cipro
Belgio
Francia
Irlanda
RegnoUnitoOlandaAustria
Germ
ania
0
100
200
300
400
500
600
Île
deFranceLondraGreciaM
adrid
Düsseldorf
Istanbul
Stoccarda
M
ilanoColonia
Grecia
Portogallo
Irlanda
Spagna
Austria
Italia
Gran Bretagna
Francia
Finlandia
Svezia
Olanda
Germania
Usa
Belgio
nistro Pier Carlo Padoan, dopo
l’ultimo Eurogruppo, con il suo
«Abbiamo vinto tutti»?
«Aveva ragione — risponde
ora l’economista indiano —
perché l’assioma di Szasz fun-
ziona temporaneamente. Ma
ogni nuova decisione presa,
genera nuove pressioni che de-
vono poi essere contenute».
Secondo Renzi, le sue pro-
teste sulla flessibilità hanno
avuto effetto nella Ue.
«Sì, hanno avuto effetto.
Hanno procurato all’Italia un
qualche, assai modesto, sollie-
vo dalla crisi. La situazione gre-
ca è molto più dura. Ma la sua
causa è identica a quella della
situazione italiana. In uno dei
L’intervista
«L’assioma di Szasz: così si accontentano tutti»
L’economistaindianoMody:leparolevagheneinegoziatiprovocanoulterioripressioni
COME SALVARE LA GRECIA
(se il suo debito è insostenibile?)
I CONTI DI ATENE
Ibondlegatiallacrescita
unasoluzionepossibile
Mal’ipotesi«Grexit»
nonèancoradascartare
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO Ad Atene, Alexis Tsi-
pras racconta di avere vinto,
nella trattativa con i 18 partner
dell’Eurozona: tutti sanno che,
al momento, non è vero. A Ber-
lino, colui che è apparente-
mente il suo avversario princi-
pale, Wolfgang Schäuble, du-
rante il weekend si è invece
guardato dall’usare toni da vin-
citore: sa che nei prossimi gior-
ni e settimane ci saranno guai.
La situazione, in effetti, è de-
licata, come forse non lo era
mai stata finora, per l’Eurozo-
na. Al di là del chi vince e del
chi perde nei negoziati di Bru-
xelles, il dato di fatto è che, al
175% del Prodotto interno lor-
do, il debito greco non è soste-
nibile. Si può continuare a fare
finta che lo possa essere. Ma
prima o poi la questione andrà
affrontata.
Oggi, la ex troika (Ue, Banca
centrale europea, Fondo mo-
netario internazionale) valute-
rà la lettera inviata dal ministro
delle Finanze Yanis Varoufakis
nella quale si delineano alcuni
obiettivi di Atene. Dalle indi-
screzioni si capisce che avrà
pochi numeri, probabilmente
nessuno, per dimostrare la so-
stenibilità del debito. E d’altra
parte è stato lo stesso Varou-
fakis a sostenere che il suo Pae-
se è alla bancarotta.
La questione, però, è stata
focalizzata in questi giorni da
molti osservatori. La Royal
Bank of Scotland, ha per esem-
pio scritto in un paper che «nel
lungo termine il debito greco
non è sostenibile». L’Fmi pre-
vede che cali al 110-120% del Pil
nel 2022 e perché ciò avvenga
punta a una crescita annua da
qui ad allora del 3,5% e a un
avanzo pubblico primario (pri-
ma degli interessi sul debito) di
oltre il 4%. «Non realistico», di-
ce Rbs: date le condizioni at-
tuali (il Pil greco è tornato a
contrarsi nel quarto trimestre
del 2014) è probabile che, al
2022, il debito sia uguale o su-
periore all’attuale. Rinviare e
non riconoscere il problema si-
gnifica aggravare la situazione.
In questo quadro, dopo cin-
que anni di crisi profonda, il Pil
crollato del 24%, la disoccupa-
zione al 25% e nessuna soluzio-
ne in vista, l’uscita dall’euro sa-
rebbe tra le opzioni da conside-
rare. Ma nessuno dice di volere
la Grexit. Il dipartimento di ri-
cerca di Rbs, guidato da Alber-
to Gallo, ha dunque fatto una
simulazione, che finora non
era mai stata effettuata, su una
delle proposte avanzate dal
nuovo governo di Atene e che
in teoria potrebbe essere tra le
meno inaccettabili dai partner
europei. Si tratta della propo-
sta di swap — in sostanza di
lità maggiori di sostenere il de-
bito. Servirebbero salvaguar-
die: soprattutto, occorrerebbe
essere certi di un’estrema cor-
rettezza contabile. La cosa inte-
ressante è che l’esercizio serve
a dire che le soluzioni tecniche
per affrontare la questione gre-
ca non mancano (anche se non
abbondano).
L’ostacolo è politico. Da un
lato si tratta di capire se il nuo-
vo governo di Atene ha la credi-
bilità per promuovere e garan-
tire la gestione di un percorso
del genere: il clima di sfiducia
che ha creato nei giorni scorsi
nelle trattative di Bruxelles non
è un indicatore positivo. Dal-
l’altro, c’è il problema dell’ac-
cettabilità per i 18 partner della
Grecia di una soluzione diversa
dal pieno rispetto degli impe-
gni presi.
Questo è un ostacolo enor-
me. Dare ad Atene una flessibi-
lità maggiore di quella prevista
— tale sarebbe lo swap — co-
stituirebbe un affronto per
quei governi che gli impegni
presi con i partner li hanno ri-
spettati e ora iniziano a veder-
ne i risultati: soprattutto Porto-
gallo, Irlanda e Spagna. Lo vi-
vrebbero come un tradimento,
non tanto perché alla Grecia si
alleggerirebbe un peso ma so-
prattutto perché le loro opinio-
ni pubbliche li accuserebbero
di incapacità. E questo sarebbe
particolarmente grave in un Pa-
ese come la Spagna, dove una
forza di opposizione simil-
Syriza, Podemos, è già ora forte
nei sondaggi. E il primo tradi-
tore sarebbe individuato nel
governo tedesco.
Per questo, il passaggio è
estremamente delicato: il debi-
to greco è insostenibile nelle
condizioni attuali; l’alternativa
politica potrebbe esserlo anche
meno.
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sostituzione — degli attuali ti-
toli di debito greco con obbli-
gazioni legate all’andamento
del Pil ellenico stesso. Fissata
una certa soglia di crescita del-
l’economia, se si va sopra a
quella Atene paga interessi su-
periori a quelli stabiliti, sotto
quella soglia, interessi inferio-
ri.
Il calcolo non è semplice, ci
sono coefficienti da utilizzare,
ma quello che conta è che Rbs
abbia simulato una soluzione
del genere — dice il suo paper
— su diecimila casi di shock
che possono colpire una nazio-
ne in vent’anni: il risultato
«mostra che i Paesi che usano i
bond legati al Pil sono più ca-
paci di sopportare shock nega-
tivi», cioè raggiungono un rap-
porto tra debito e Pil più basso.
Con uno strumento del ge-
nere, la Grecia avrebbe possibi-
GIl Commissario al Lavoro
E si aspetta il parere del «falco» Katainen
(l.off.) Dombrovskis, Moscovici: quasi ogni giorno, vari commissari Ue
spiegano ai media il caso greco. Jyrki Katainen, vicepresidente della
Commissione e commissario al Lavoro e alla Crescita, finora no: è il più
riservato di tutti. Perché questo dossier è stato affidato a Moscovici, spiegano a
Bruxelles. Ma forse anche perché Katainen, considerato il più esperto e
brillante teorico del rigorismo alla Merkel, non è entusiasta della trattativa
«morbida» con Atene, e pensa d’accordo con Virgilio che «timeo Danaos, et
dona ferentes»: «Temo i Danai, i Greci, anche quando portano doni...».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo studio
G Il
dipartimento
di ricerca della
Royal Bank
of Scotland
ha effettuato
una
simulazione
su una delle
proposte
avanzate dal
nuovo governo
di Atene (nella
foto sopra, il
ministro delle
Finanze Yanis
Varoufakis)
G Si tratta
della proposta
di swap
(sostituzione)
degli attuali
titoli di debito
greco con
obbligazioni
legate
all’andamento
del Pil ellenico
stesso: fissata
una certa
soglia di
crescita
dell’economia,
se la soglia
viene superata
Atene paga
interessi
superiori a
quelli stabiliti.
Sotto la soglia,
invece, gli
interessi sono
inferiori. La
simulazione
mostra che
i Paesi che
usano i bond
legati alla
crescita
raggiungono
un rapporto
tra debito
e Pil più basso
Chi è
G Ashoka
Mody,
economista
indiano, ex
dirigente al Fmi
e oggi analista
dell’Istituto
Bruegel a
Bruxelles. Nel
2009 ha subito
un attentato
175
per cento
Il debito
pubblico
greco in
rapporto
al Prodotto
interno lordo
110
per cento
Il debito
in rapporto
al Pil nel 2022
secondo
previsioni
dell’Fmi
di Danilo Taino
di Luigi Offeddu
14 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 15
Primopiano Conti pubblici
La vicenda
G A
prescindere
«dall’esistenza
di nuovi
meccanismi di
valutazione
delle regole» il
giudizio sui
conti pubblici
italiani, diceva
a inizio anno il
ministro del
Tesoro Pier
Carlo Padoan
«non è un
problema»
G Il riferimento
ai «nuovi
meccanismi»
era per le linee
guida sulla
flessibilità
annunciate
dalla
Commissione
Ue, in base alle
quali, pur nel
rispetto del
tetto del 3%
per il rapporto
deficit/Pil,
l’Europa ha
deciso di
concedere più
tempo per un
aggiustamento
dei conti a quei
Paesi che
facciano le
riforme
G In ottobre la
Commissione
aveva sollevato
perplessità
sulla legge di
Stabilità che
non
prevederebbe
una sufficiente
velocità di
riduzione del
deficit tale da
rispettare le
regole europee
sul debito
anche ai fini del
pareggio di
bilancio
richiesto dal
«Fiscal
compact» e
rinviato dal
governo al
2017 insieme
agli obiettivi sul
debito per gli
anni successivi.
G Ottenuto in
ottobre il via
alla manovra
2015, ora la
verifica sulle
riforme
Pagelle Ue anticipate per Francia e Italia
Venerdìilsupplementod’esameallamanovra.Ilnododeldebito.Padoan:avantisullacessionediPosteeFs
ConinuovimarginieuropeiRoma(conParigi)rischiameno,malaCommissionevalutanuovirilievi
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES L’appuntamento è
per il giorno dello stipendio,
venerdì 27. E in questo caso, lo
stipendio dell’Italia sarà il giu-
dizio della Commissione Ue sul
piano di Stabilità e crescita del
governo Renzi. Era stato riman-
dato da ottobre, prima a marzo
e poi appunto a fine febbraio.
Ed ora l’«udienza» è finalmen-
te fissata, come quelle che ri-
guardano Francia e Belgio. Tre
Paesi che in un modo o nell’al-
tro violano le regole del patto
di Stabilità: non sono certo ri-
dotti come la Grecia, ma posso-
no rischiare una procedura di
infrazione, cioè in media centi-
naia di milioni di multa. L’Italia
dovrebbe cavarsela con un’as-
soluzione o al peggio con
un’assoluzione a metà per in-
sufficienza di prove, secondo le
assicurazioni ufficiose ricevute
da Bruxelles negli ultimi mesi e
anche negli ultimissimi giorni.
Per la Francia, il problema
principale è un deficit che sfio-
ra il 5% del Pil, ben oltre quel
tetto massimo del 3% fissato
dall’Ue. Per noi è invece il debi-
to pubblico, 2.134,9 miliardi o
il 131,6% del Pil, il secondo de-
bito europeo dopo quello della
Grecia, la ragione che ha spinto
il Washington Post, l’altro gior-
no, a definirci una «bomba ad
orologeria», «il vero problema
del continente». Non solo: «Da
quando è stato creato l’euro, 16
anni fa, l’Italia è cresciuta solo
del 4%», facendo «peggio della
Grecia… Cosa è andato storto?
Praticamente tutto. Hanno
problemi di offerta e di do-
manda, la prima parte significa
che è troppo difficile avviare
un’impresa, troppo difficile
ampliarla e troppo difficile li-
cenziare le persone. E questo
rende le economie sclerotiche
anche in tempi buoni, spacciati
per tempi difficili».
Il «Post» non è certo la voce
del re Salomone, e vede le cose
da una prospettiva atlantica
che comprende una crescita
sempre più forte e sicura. Ma la
realtà di oggi, per Roma, ha
davvero dei lati inquietanti:
mentre per il deficit possiamo
stare relativamente tranquilli,
la Commissione ha lasciato tra-
pelare che proprio il debito
pubblico potrebbe essere la
trappola di venerdì prossimo.
Quello, e le riforme ancora in
via di completamento: Fisco,
privatizzazioni, mercato del la-
voro. Esiste da tempo una
“road map” delle cose da fare.
L’ha ricordato ieri il ministro
dell’Economia Per Carlo Pado-
an, in un’intervista a «Italy 24»:
«L’Italia ha fatto molto più di
altri Paesi per ritirare progres-
sivamente la presenza dello
Stato dai settori dell’economia
dove il mercato può essere più
efficiente». Ora, tocca a Poste e
Ferrovie, «settori che possono
essere aperti alla concorrenza
con l’obiettivo di creare più ef-
ficienza»: e quindi «nel 2015
apriremo ai privati il capitale di
queste società». Ma «senza
svendere». Quanto alla riforma
del Fisco, «è molto ampia, una
vera e propria operazione di
manutenzione straordinaria»,
e sarà varata a maggio.
Luigi Offeddu
loffeddu@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
QuellestimesulPil
doveStatoegiustizia
pesanopiùdellavoro
GIl caso
P
iù 3,6% in sei anni. A tanto
ammonterà la crescita aggiuntiva
del Pil da qui al 2020 ottenuta
grazie alle riforme. Un buon 0,6%
l’anno, pari a poco meno di 10 miliardi
di prodotto in più ogni dodici mesi. Il
valore diffuso ieri del ministero
dell’Economia non è distante dalla
stima Ocse, leggermente più bassa:
3,3%. Ma cosa concorre a questo
aumento? Il Jobs act con un più 0,9% in
sei anni. Ma non sarebbe questo il
maggior contributo. A fare la
differenza potrebbero essere le
riforme di pubblica amministrazione e
giustizia. Con un buon 1,4% di crescita
aggiuntiva del Pil da qui al 2020.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’analisi
di Enrico Marro
Il progetto
Le due proposte
di Sacconi mentre
guadagna terreno
anche nel governo
la spinta a riaprire
il cantiere previdenza
(dati aggiornati al 23.01.2015)
(legge n. 214/2011)
1ª SALVAGUARDIA
(legge n. 135/2012)
(legge n. 228/2012)
2ª SALVAGUARDIA
TOTALE 170.230 97.996
NUMERO PERSONE
SALVAGUARDATE
CERTIFICAZIONI
(decorrenza dal 2013 in poi)
PENSIONI LIQUIDATE (Non comprende
pensioni liquidate nella gestione ex Inpdap)
Le sei operazioni di salvaguardia
d’Arco
65.000
35.000*
16.130
5.000*
17.000
32.100
64.374
17.114
7.344
5.870
3.294
9.593
5.981
1.399
2.990
-
64.077
-
3ª SALVAGUARDIA
(legge n. 124/2013)
4ª SALVAGUARDIA
(legge n. 147/2013)
5ª SALVAGUARDIA
(legge n. 147/2014)
Fonte: Inps *Contingente rideterminato dall’art. 1 della legge n. 147 del 2014
6ª SALVAGUARDIA
44.114
11,7
miliardi
Stanziati
dallo Stato da qui
al 2020 per le sei
operazioni
di salvaguardia
Pensioni, la mini riforma strisciante
Con sgravi alle imprese e riscatto laurea Spunta la sanatoria
per mettere in regola
partite Iva e co.co.co.
GLa questione
S
anatoria in arrivo per
favorire la
stabilizzazione di false
partite Iva e collaborazioni,
quelle cioè che nascondono
un rapporto di lavoro
subordinato. La prevede
l’articolo 48 dello schema di
decreto legislativo sul
riordino dei contratti che il
governo ha mandato in
Parlamento per i previsti
pareri. Per promuovere la
trasformazione dei falsi
rapporti di lavoro precario
nei nuovi contratti a tutele
crescenti, fino al 31
dicembre 2015, i datori di
lavoro privati che
procedano alla
stabilizzazione godono
«dell’estinzione delle
violazioni previste dalle
disposizioni in materia di
obblighi contributivi,
assicurativi e fiscali
connessi alla eventuale
erronea qualificazione del
rapporto di lavoro
pregresso, salve le
violazioni già accertate
prima dell’assunzione». Se
ciò non basterà, al
lavoratore non resterà che
rivolgersi al giudice.
Enr. Ma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA Se dipendesse solo dal
ministro del Lavoro, Giuliano
Poletti, il cantiere della previ-
denza sarebbe già stato riaper-
to da un pezzo. Tutte le volte
che ne ha avuto l’occasione il
ministro ha infatti sottolineato
l’urgenza di «introdurre ele-
menti di flessibilità» sull’età
pensionabile anche per evitare
il formarsi di ondate di lavora-
tori anziani espulsi dalle azien-
de ma lontani dal raggiungi-
mento dei requisiti per la pen-
sione che, una volta, esaurito il
sussidio di disoccupazione, re-
sterebbero senza reddito. In-
somma i cosiddetti nuovi eso-
dati, anche se il termine è im-
proprio, perché gli esodati veri
sono solo quelli che, usciti dal
lavoro anticipatamente prima
del 2012 con l’attesa di andare
di lì a poco in pensione sono
invece rimasti bloccati dallo
scalone della riforma Fornero.
Anche ieri Poletti, in un’in-
tervista pubblicata da Avveni-
re, ha rilanciato il tema della
flessibilità, osservando che, tra
l’altro, potrebbe convenire alle
stesse imprese: «Quanto costa
in termini di competitività te-
nere al lavoro persone che già
hanno dato tutto?». Solo che,
intervenire per consentire, sia
pure a determinate condizioni,
di andare in pensione prima di
quanto preveda la Fornero co-
sta e crea problemi con la Com-
missione europea. Eppure la
discussione, sotto traccia, con-
tinua. A partire dalla vecchia
proposta (governo Letta) del
mini anticipo: chi è a 2-3 anni
dalla pensione e resta senza la-
voro può chiedere un anticipo
di 6-700 euro al mese che poi
restituisce in piccolissime rate
quando scatta l’assegno pieno.
Intanto è significativo che la
richiesta di flessibilizzare l’età
di pensionamento non venga
solo da sinistra e dai sindacati,
ma anche da Ncd, alleato di
maggioranza del Pd. Maurizio
Sacconi, presidente della com-
missione Lavoro del Senato, ha
avanzato a Poletti due propo-
ste. 1) Incentivare, nel caso di
accordi tra azienda e dipen-
dente sull’uscita anticipata dal
lavoro, l’azienda stessa a inte-
grare i contributi previdenziali
del lavoratore. 2) Rendere mol-
to più conveniente di ora il ri-
scatto della laurea. Misure che
avrebbero un duplice effetto:
aumentare il risparmio previ-
denziale e quindi l’importo
della pensione; aiutare in molti
casi chi rimane senza lavoro
ma non ha i contributi suffi-
cienti (ne servono 42 anni e
mezzo) ad andare in pensione.
Il tutto, continua Sacconi, an-
drebbe accompagnato dal «fa-
scicolo elettronico della vita at-
tiva» per un monitoraggio del
conto corrente previdenziale,
con l’obiettivo di stimolare il la-
voratore ad «accrescere il suo
gruzzolo contributivo».
Questi primi passi sono indi-
spensabili, secondo l’ex mini-
stro del Lavoro, per intervenire
rispetto a una riforma Fornero
ha reso «assurdamente rigida
l’età di pensionamento». Il te-
ma è ben presente anche a Pa-
lazzo Chigi, ma i primi sondag-
gi con Bruxelles non sono inco-
raggianti. Ecco perché il gover-
no prende tempo e dice: ne
parleremo con la prossima leg-
ge di Stabilità. Nel frattempo va
avanti la telenovela degli eso-
dati. Finora con 6 decreti dal
2012 a oggi sono state salva-
guardate 170 mila persone, alle
quali si è concesso di andare in
pensione con le regole prece-
denti alla Fornero. Ma i comita-
ti esodati premono per un altro
decreto per ampliare la platea.
Palazzo Chigi è contrario, an-
che perché le sei salvaguardie
hanno già impegnato una spe-
sa di quasi 12 miliardi fino al
2020. Per fare chiarezza Sacco-
ni ha incaricato una commis-
sione coordinata da Annama-
ria Parente (Pd) di censire
l’eventuale esistenza di altri
esodati . In seguito a un ordine
del giorno di Pietro Ichino (Pd)
è stato predisposto un modulo
che verrà messo online sul sito
del Senato («è questione di set-
timane», dice Parente) dove chi
ha perso il posto in seguito ad
accordi con l’azienda prima
della Fornero potrà dichiararsi,
allegando l’atto di scioglimen-
to del rapporto di lavoro. Pa-
rente e Ichino sono convinti
che di esodati veri ne siano ri-
masti pochi. Il resto, dice Ichi-
no, «sono disoccupati anziani
che non hanno i requisiti per la
pensione: vanno assistiti con le
indennità di disoccupazione e
con attività di ricollocamento,
ma non sono esodati in senso
tecnico».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GLa parola
ESODATI
È un neologismo di fine
2011: identifica i lavoratori
che intendevano ritirarsi
dal lavoro in anticipo dopo
intese (anche collettive)
con l’azienda. L’improvviso
innalzamento dell’età del
ritiro per la riforma Fornero
ha fatto sì che siano rimasti
senza stipendio, pensione o
ammortizzatori.
di Rita Querzé
132
per cento il
rapporto tra
debito (2.134,9
miliardi) e Pil
Per l’esattezza
il rapporto è
pari al 131,6%
Welfare
Il ministro
del Lavoro e
delle Politiche
sociali
Giuliano Poletti
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA
 REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA

More Related Content

Viewers also liked

Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final Report
Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final ReportPeter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final Report
Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final ReportFirstlightClearlight
 
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016Francisco Pando
 
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspective
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian PerspectiveRoger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspective
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspectiveassolavoro
 
UCLA Invents 2008
UCLA Invents 2008UCLA Invents 2008
UCLA Invents 2008bnidever
 
BioWorld 20th Anniversary Magazine
BioWorld 20th Anniversary MagazineBioWorld 20th Anniversary Magazine
BioWorld 20th Anniversary MagazineNicole Cathcart
 
Forecast 2016 - Global Tech M&A Report
Forecast 2016 - Global Tech M&A ReportForecast 2016 - Global Tech M&A Report
Forecast 2016 - Global Tech M&A ReportCorum Group
 
Meritocrazia - Roger Abravanel
Meritocrazia - Roger AbravanelMeritocrazia - Roger Abravanel
Meritocrazia - Roger Abravanelguestc242c1
 
Healthcare It In Israel
Healthcare It In IsraelHealthcare It In Israel
Healthcare It In IsraelTalor Sax
 

Viewers also liked (9)

Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final Report
Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final ReportPeter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final Report
Peter Bromley Leadership Org. Culture And Prosperity Final Report
 
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016
APLEIN INGENIEROS PRESENTACION SALAS DE CONTROL 2016
 
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspective
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian PerspectiveRoger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspective
Roger Abravanel - The Human Capital Opportunity. An Italian Perspective
 
Itac training disciplines, International Tactical and Canine Training Centre.
Itac training disciplines, International Tactical and Canine Training Centre.Itac training disciplines, International Tactical and Canine Training Centre.
Itac training disciplines, International Tactical and Canine Training Centre.
 
UCLA Invents 2008
UCLA Invents 2008UCLA Invents 2008
UCLA Invents 2008
 
BioWorld 20th Anniversary Magazine
BioWorld 20th Anniversary MagazineBioWorld 20th Anniversary Magazine
BioWorld 20th Anniversary Magazine
 
Forecast 2016 - Global Tech M&A Report
Forecast 2016 - Global Tech M&A ReportForecast 2016 - Global Tech M&A Report
Forecast 2016 - Global Tech M&A Report
 
Meritocrazia - Roger Abravanel
Meritocrazia - Roger AbravanelMeritocrazia - Roger Abravanel
Meritocrazia - Roger Abravanel
 
Healthcare It In Israel
Healthcare It In IsraelHealthcare It In Israel
Healthcare It In Israel
 

Similar to REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA

Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_monetica
Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_moneticaCorriere sera 10-05-13_ricerca_personale_monetica
Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_moneticaGregorio Fogliani
 
CC-2016-NAT-MediaKit
CC-2016-NAT-MediaKitCC-2016-NAT-MediaKit
CC-2016-NAT-MediaKitReham Teama
 
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggio
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggioPasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggio
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggioGregorio Fogliani
 
Siderweb Outlook Obiettivo Forge
Siderweb Outlook Obiettivo ForgeSiderweb Outlook Obiettivo Forge
Siderweb Outlook Obiettivo ForgeSiderweb
 
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...FlavioAntonelli1
 
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014novellara
 
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano il foglio
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano   il foglioMediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano   il foglio
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano il foglioCarlo Favaretti
 
Ticonzero news 49 febbraio 2015
Ticonzero news 49 febbraio 2015Ticonzero news 49 febbraio 2015
Ticonzero news 49 febbraio 2015PierLuigi Albini
 
Mercati € Mercanti _ numero 36
Mercati € Mercanti _ numero 36Mercati € Mercanti _ numero 36
Mercati € Mercanti _ numero 36Marcello Agnello
 
5_Stelle_Ostuni_01_2014
5_Stelle_Ostuni_01_20145_Stelle_Ostuni_01_2014
5_Stelle_Ostuni_01_2014Paolo Mariani
 

Similar to REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA (20)

Pieghevole20141016
Pieghevole20141016Pieghevole20141016
Pieghevole20141016
 
Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_monetica
Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_moneticaCorriere sera 10-05-13_ricerca_personale_monetica
Corriere sera 10-05-13_ricerca_personale_monetica
 
Pieghevole20141211orange
Pieghevole20141211orangePieghevole20141211orange
Pieghevole20141211orange
 
CC-2016-NAT-MediaKit
CC-2016-NAT-MediaKitCC-2016-NAT-MediaKit
CC-2016-NAT-MediaKit
 
Portico 272
Portico 272Portico 272
Portico 272
 
Pieghevole20150115
Pieghevole20150115Pieghevole20150115
Pieghevole20150115
 
Portico 272
Portico 272Portico 272
Portico 272
 
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggio
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggioPasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggio
Pasto Buono di Gregorio Fogliani - Articolo de Il Messaggero dell'8 maggio
 
PENSA ALLA SALUTE
PENSA ALLA SALUTE PENSA ALLA SALUTE
PENSA ALLA SALUTE
 
Pieghevole20150423
Pieghevole20150423Pieghevole20150423
Pieghevole20150423
 
La Voce Alternativa
La Voce AlternativaLa Voce Alternativa
La Voce Alternativa
 
Pieghevole20141113
Pieghevole20141113Pieghevole20141113
Pieghevole20141113
 
Siderweb Outlook Obiettivo Forge
Siderweb Outlook Obiettivo ForgeSiderweb Outlook Obiettivo Forge
Siderweb Outlook Obiettivo Forge
 
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...
Www informazionesenzafiltro-it-covid-19-il-racconto-da-new-york-qui-lo-chiama...
 
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014
Il Portico n.313 SETTEMBRE 2014
 
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano il foglio
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano   il foglioMediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano   il foglio
Mediaset, unicredit e la sconfitta del capitalismo italiano il foglio
 
Ticonzero news 49 febbraio 2015
Ticonzero news 49 febbraio 2015Ticonzero news 49 febbraio 2015
Ticonzero news 49 febbraio 2015
 
Il Silenzio degli insolventi
Il Silenzio degli insolventiIl Silenzio degli insolventi
Il Silenzio degli insolventi
 
Mercati € Mercanti _ numero 36
Mercati € Mercanti _ numero 36Mercati € Mercanti _ numero 36
Mercati € Mercanti _ numero 36
 
5_Stelle_Ostuni_01_2014
5_Stelle_Ostuni_01_20145_Stelle_Ostuni_01_2014
5_Stelle_Ostuni_01_2014
 

More from Hazem Ksouri

i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila
 i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila
i foreign fighters tunisini sono almeno 9milaHazem Ksouri
 
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحة
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحةجمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحة
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحةHazem Ksouri
 
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوة
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوةلجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوة
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوةHazem Ksouri
 
مبادئ أساسية بشأن دور المحامين
مبادئ أساسية بشأن دور المحامينمبادئ أساسية بشأن دور المحامين
مبادئ أساسية بشأن دور المحامينHazem Ksouri
 
مرسوم المحاماة
مرسوم المحاماةمرسوم المحاماة
مرسوم المحاماةHazem Ksouri
 
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمين
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمينسر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمين
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمينHazem Ksouri
 
كتاب قلب الاخوان
كتاب قلب الاخوانكتاب قلب الاخوان
كتاب قلب الاخوانHazem Ksouri
 

More from Hazem Ksouri (8)

i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila
 i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila
i foreign fighters tunisini sono almeno 9mila
 
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحة
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحةجمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحة
جمعية تونسية تدعو الحكومة للانضمام إلى المعاهدة الدولية لتجارة الأسلحة
 
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوة
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوةلجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوة
لجنة تقصي الحقائق عن الفساد والرشوة
 
مبادئ أساسية بشأن دور المحامين
مبادئ أساسية بشأن دور المحامينمبادئ أساسية بشأن دور المحامين
مبادئ أساسية بشأن دور المحامين
 
فن الحرب
فن الحربفن الحرب
فن الحرب
 
مرسوم المحاماة
مرسوم المحاماةمرسوم المحاماة
مرسوم المحاماة
 
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمين
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمينسر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمين
سر المعبد: الأسرار الخفية لجماعة الإخوان المسلمين
 
كتاب قلب الاخوان
كتاب قلب الاخوانكتاب قلب الاخوان
كتاب قلب الاخوان
 

REPORTAGE I "PENTIT" IN TUNISIA

  • 1. Servizio Clienti - Tel. 02 63797510 mail: servizioclienti@corriere.itDEL LUNEDÌ Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 www.corriere.it 9771120498008 50223> PosteItalianeSped.inA.P.-D.L.353/2003conv.L.46/2004art.1,c1,DCBMilano In Italia EURO 1,50 ANNO 54 - N. 8LUNEDÌ 23 FEBBRAIO 2015 L’incidente di Alonso diventa un giallo F1, malore a Barcellona? Il pilota ricoverato. La McLaren: solo un’uscita di pista Follie pubbliche, nefandezze private: viaggio nel patri- monio umiliato. Prima tappa a Tivoli: il mausoleo dei Plautii sull’Appia Antica è «oscurato» da un muro in cemento armato. a pagina 21 di Sergio Rizzo COSE DELL’ALTRO MONDO A TIVOLI IL MURO DELLA VERGOGNA C’è vita dopo l’Isis? Il paradi- so può attendere e qualcu- no ci ha ripensato. Viaggio in Tunisia tra i reduci «pentiti» della jihad, sopraffatti dai ri- cordi, dall’alcol e dall’insonnia. a pagina 16 di Francesco Battistini I «PENTITI» IN TUNISIA JIHAD, L’ORRORE VISTO DAI REDUCI GIDEE& INCHIESTE di Daniele Sparisci Comincia nel peggiore dei modi l’esperienza dell’ex ferrarista Fernando Alonso con la McLaren. Nei test sulla pista spagnola di Montmelò incappa in una anomala uscita di pista. Resta fermo nella sua F1 per 10 minuti, accusa vertigini e fini- sce in ospedale. Sta bene ma a provocare il fuoripista potreb- be essere stato un malore. La scuderia nega ma il ferrarista Vettel dice che «girava piano e ha fatto una manovra strana». a pagina 42 Mercati Arrivano i dividendi La Borsa «firma» un assegno da 17 miliardi di Barrì, Marvelli, Sabella nel supplemento Campionato Il Milan torna al successo Roma pari, Juve a +9 Servizi, analisi e pagelle nello Sport da pagina 35 a pagina 41 81 Il M Ro Servi da pa Oggi su CorrierEconomia di Michele Ainis M agari dura poco. Magari fra qualche tempo sfoggerà un eloquio torrenziale, costringendoci ai tappi nelle orecchie. Ma intanto la cifra di Sergio Mattarella, in queste sue prime settimane al Quirinale, si riassume in una parola muta: il silenzio. Un unico intervento ufficiale (al Csm) registrato sul sito web del Colle, dopo il discorso d’insediamento. E nel frattempo partecipa silente alla celebrazione dei Patti lateranensi; annunzia l’apertura quotidiana del Palazzo in cui dimora, dettando cinque frasi secche come telegrammi; s’affaccia a una cerimonia in ricordo di Bachelet, ma resta ancora una volta silenzioso; commemora le foibe, parlando per meno d’un minuto; riceve le opposizioni irate dopo il voto sulla riforma costituzionale, senza concedere nessuna dichiarazione alle agenzie. Tutto qui. Peraltro in sintonia con lo stile di un uomo che dal 2008 aveva rilasciato un’unica intervista. O che salutò gli italiani, nel giorno dell’elezione, evocandone difficoltà e speranze con un soffio di voce: 15 parole, su cui si riversarono 15 quintali di commenti. Sarà che i siciliani sono di poche parole. Tuttavia quel silenzio, lassù dal Colle, rimbomba come un tuono. E a suo modo t’inquieta, mentre attorno la gente non smette di vociare. Infine t’interroga, ti rivolge una domanda che rimane poi senza risposta. Che cos’è, infatti, il silenzio? La più perfetta espressione del disprezzo, come diceva Bernard Shaw? O l’albero da cui pende la pace, secondo l’aforisma di Schopenhauer? continua a pagina 25 Lo stile Mattarella I SILENZI E LE PAROLE DEL COLLE Sarannoperòassunti120milaprecari.Decisidaipresidigliaumentidimerito.Piùspazioaingleseearte Incattedrasoloperconcorso Renziannunciala«nuovascuola».ScontroconLandini.Rai,cambioamarzo DIFESA E CONTRADDIZIONI Sentenze miopi e tagli sbagliati, le armi puntate contro di noi Mentre la politica discute se toccherà al nostro Paese la guida di un’eventuale mis- sione militare di pacificazione (non chiamatela guerra, per ca- rità) in Libia quando e se l’Onu darà il benestare, da diverse fonti emerge l’impreparazione dell’Italia di fronte ai nuovi pe- ricoli. Il generale dell’aeronautica Leonardo Tricarico, già viceco- mandante della missione in Kosovo, in una drammatica in- tervista all’Espresso di questa settimana, spiega che l’Italia non solo non è pronta per in- tervenire in Libia ma non ha neppure la capacità di difende- re adeguatamente il nostro ter- ritorio. continua a pagina 24 di Angelo PanebiancoIl decreto per «cambiare la scuola» arriverà in Consiglio dei ministri venerdì: saranno 120 mila i precari assunti. Ma l’obiettivo è non averne più ed entrare solo per concorso. da pagina 2 a pagina 6 PREPARARE AL LAVORO Mastudiamoancora conmetodiantichi Meglio il liceo classico o il liceo scientifico? Non è questo il problema della scuola. Più delle cose che si studiano, conta come le si studia. Facendo crescere lo spirito critico. a pagina 25 di Roger Abravanel GGIANNELLI GLA LINEA Clima In America termometro fino a -26 gradi Con i rompighiaccio sul fiume di New York Il record del gelo Freddo record negli Usa: 26 sottozero a Cape Girardeau, Missouri. A New York ieri il termometro è tornato per qualche ora sopra lo zero, dopo vari giorni con temperature tra -10 e -15 gradi. Una tregua che non ha sciolto i ghiacci sul fiume Hudson, da New York (foto) ad Albany. Solo i rompighiaccio della Guardia Costiera riescono a liberare le chiatte. a pagina 18di Massimo Gaggi GETTYIMAGES/AFP/SPENCERPLATT Le ipotesi per uscite più flessibili. L’ostacolo Ue Inpensioneprima consgravicontributivi eriscattodellalaurea di Enrico Marro Il governo rimanda la discus- sione alla prossima legge di Stabilità. Tuttavia, nonostante gli ostacoli dell’Unione euro- pea, la richiesta di rendere fles- sibile l’età di pensionamento, modificando la riforma Forne- ro, non viene solo da sinistra e dai sindacati, ma anche dal Nuovo centrodestra, alleato di governo del Pd. Due le propo- ste dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: incentivare, nel caso di accordi tra azienda e dipendente sull’uscita antici- pata dal lavoro, l’azienda stessa a integrare i contributi previ- denziali del lavoratore; e ren- dere molto più conveniente di ora il riscatto della laurea. a pagina 15 IL NEGOZIATO Le cifre di Tsipras Lo scetticismo sul debito greco Al di là del chi vince e del chi perde nei negoziati di Bru- xelles, il dato di fatto è che, al 175% del Prodotto interno lor- do, il debito greco non è soste- nibile. Oggi Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario in- ternazionale valuteranno gli obiettivi e i numeri di Atene. a pagina 13 alle pagine 12 e 13 Nicastro, Offeddu di Danilo Taino Il premier: nel 2018 vinceremo sempre noi Il presidente del Consiglio ostenta sicu- rezza: «La maggioranza è blindata sino alla fine della legislatura». Ma non basta: «Nel 2018 vinciamo noi». Renzi è orgoglio- so del successo avuto con il Jobs act, «più di quanto sperassi di fare». Esalta la «rivo- luzione culturale» delle liberalizzazioni e attacca a testa bassa Landini, il leader dei metalmeccanici Fiom-Cgil: «Non credo che sia lui ad abbandonare il sindacato, è il sindacato che ha abbandonato lui». Non dimentichiamoci che a Pomigliano ha portato a scioperare 5 persone su 1.400». a pagina 5 di Maria Teresa Meli AL CENTRO DELLA STORIA
  • 2. 2 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primopiano Le riforme L’orchestra Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ieri a Roma — durante il convegno «La Scuola che cambia, cambia l’Italia» — con i ragazzi della «JuniOrchestra» dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, «la prima orchestra di bambini e ragazzi creata nell’ambito delle fondazioni lirico- sinfoniche italiane». Sono circa 300 giovanissimi a suonare, divisi in quattro orchestre a seconda dell’età: JuniOrchestra Baby (6-7 anni), Kids (7-10), Teen (11-14), Young (14-21). Un gruppo di loro ieri si è esibito suonando «Il canto degli italiani» (l’inno di Mameli), l’«Inno alla Gioia» e un’aria dalla «Cavalleria Rusticana» (foto di Samantha Zucchi/Insidefoto) dI precari hanno fatto comodo a qualcuno: nel 2014 spesi 876 milioni per le supplenze Stefania Giannini dBasta alla supplentite e alla didattica precaria, sì alla valutazione dei prof Davide Faraone Lanciatoilpianoperl’istruzione:unmiliardodieurogiànel2015 Possibiledestinareil5permille.Lacontestazionedialcuniinsegnanti Lasfidadelpremier:maipiùprecari ROMA Da un lato: «Mai più inse- gnanti precari e graduatorie». Dall’altro: «Fateci parlare, ascoltateci». Lui risponde: «Parliamo da sei mesi, siete qui solo per uno spazio in tv». Loro lo contestano: «Diteci cosa vo- lete fare realmente». Lui ne ap- profitta e parte proprio da loro, dagli insegnanti precari che gli urlano contro appena sale sul palco e prende il microfono al- la giornata del Pd «La scuola che cambia, cambia l’Italia», organizzata ieri a Roma per il primo anno di governo. Il premier Matteo Renzi, che dal primo giorno a Palazzo Chi- gi sulla scuola ci ha messo la faccia, racconta della riforma che «non è come le altre per- ché è l’idea dell’Italia che vo- gliamo per i prossimi 30 anni» e della «Buona Scuola che in Italia c’è già, ma va migliorata». Ma per farlo, dice, «si deve par- tire dagli insegnanti che devo- no tornare il punto centrale della scuola: ciò che mia figlia sarà dipenderà dagli insegnan- ti che troverà sulla sua strada». E quindi, sì al loro ruolo so- ciale, perché «una volta si dice- va “l’ha detto la maestra” ed era la Cassazione», e oggi «faccia- mo passare il messaggio che i nostri figli abbiano sempre ra- gione». Così, prima di tutto bi- sogna assumerli i precari, «co- nosco questo dolore, so che si- gnifica non poter fare un pro- getto a lungo termine: basta con le graduatorie e lo spezza- tino», perché «non possiamo consentire che uno ancora pri- ma di arrivare in cattedra abbia perso già tutti gli entusiasmi». Il decreto che «cambia tut- to» arriverà in Consiglio dei ministri il 27 febbraio: calcolati 120 mila precari assunti (meno però dei 150 mila annunciati). Poi ci sarà un disegno di legge delega. «Un piano organico — spiega la ministra dell’Istruzio- ne Stefania Giannini — di cui si parla da 15 anni: la precarietà ha fatto comodo a qualcuno». Nel 2014, ricorda, «abbiamo speso 876 milioni di euro per coprire le supplenze annuali». Con la riforma arriverà quasi il 10 per cento in più di inse- gnanti stabili. Dovranno porta- re in classe più arte, più musi- ca, più sport, più lingua stra- niera. E dal 2016, si assumerà solo con i concorsi pubblici. Ma «il lavoro per la Buona Scuola è appena cominciato», promette il sottosegretario al- l’Istruzione Davide Faraone che dice «basta alla supplentite e alla didattica precaria» e sì «a valutazione dei prof e scatti di merito». Poiché «alcuni inse- gnanti non sono degni del loro compito» (Renzi), verranno va- lutate «didattica e formazione e valorizzata la professione del docente: chi lavora con passio- ne deve avere un congruo rico- noscimento» (Faraone). I fon- di: un miliardo per il 2015. Tre dal 2016. E dal 2016 annuncia Renzi, «il 5 per mille potrà an- dare alla scuola». Che significa anche edilizia scolastica. Ma tutti i sindacati bocciano la riforma di Renzi: «Una presa in giro» (Cisl); «Solita retorica e nessun impegno concreto» (Cgil); «Kermesse di slogan, aspettiamo i fatti» (Gilda); «Ti- toli e buone intenzioni, ma ne- anche un euro per impegno e professionalità degli insegnan- ti» (Uil). L’ex ministro Luigi Berlinguer sintetizza: «La scuola deve far godere, non an- noiare». Claudia Voltattorni cvoltattorni@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista «Ma anch’io, di ruolo (a 57 anni) faccio la pendolare tra istituti» Oggi si chiamano Dotazioni di organico provinciale, doma- ni si chiameranno organici funzionali, ma la sostanza resta la stessa: gli insegnanti che ne fanno parte, pur essendo di ruolo, non hanno una cattedra fissa, e vengono spostati laddo- ve servono. Anche a centinaia di chilometri da casa, anche in scuole diverse, senza tener conto di età, esperienze, pro- fessionalità. È lo «spezzatino di cattedre» di cui parlava anche il premier Renzi ieri, ma che la Buona scuola non affronta. So- no i docenti in esubero, come Mariangela Fittipaldi, 57 anni, da Lauria (Potenza). Che preci- sa: «Il termine giusto è utilizza- ti: siamo docenti utilizzati. Una parola bruttissima, per dire che possono decidere ogni anno della nostra vita in base alle esi- genze della scuola. Risultato? Nessuna continuità didattica, nessuna possibilità di organiz- zarsi, costi altissimi e neanche l’aggiornamento, perché i pre- sidi non investono sugli inse- gnanti volatili». Da quanto tempo lavora? «Da trent’anni, o giù di lì. Ho iniziato a insegnare economia aziendale nell’83-84». Ha sempre insegnato nello stesso posto? «Per un lungo periodo della mia vita, sì: quando sono di- ventata di ruolo nel ’92, ho in- segnato per 15 anni in un istitu- to professionale a Maratea. Nel 2006 mi hanno spostato a Lau- ria, in un istituto professionale in pieno boom: la mia cattedra aveva 20 ore. Sembrava un’oc- casione, non ho chiesto la con- tinuità didattica». Con quali conseguenze? «Che ero in fondo alle gra- duatorie d’istituto e, quando hanno iniziato a tagliare le cat- tedre, mi sono dovuta spostare per le mie 18 ore. Ma il peggio è arrivato quando nel 2009-2010 sono stata inserita nella Dop». Dove è finita? «Per i primi due anni ho fat- to spezzoni di ore nel lagone- grese. Il terzo e quarto anno so- no finita ad Acerenza, a 150 km da casa, e ho dovuto affittare un appartamento. Al quinto anno tra Lagonegro e Maratea, poi sono stata spostata su La- vello, con cattedra serale». Secondo un’interrogazione dell’onorevole Chimienti (M5S), nel 2014 eravate in 8 mila in esubero. Si somme- ranno quelli dell’organico funzionale? «Sì: è molto triste, significa perdere la dignità di docente». V. San. © RIPRODUZIONE RISERVATA In esubero Mariangela Fittipaldi, 57 anni, da Lauria, ha cominciato a insegnare nel 1983 Gli studenti Tommaso Sassi, 18 anni: «Per me la Buona scuola pecca nel diritto allo studio e nel riordino dei cicli. Un appunto anche alla didattica: dare più spazio alla storia recente» «Più storia recente» «Spiegaremeglio» Beatrice Pivirotto, 17 anni: «La riforma dovrebbe essere meglio pubblicizzata: molti non sanno cosa cambierà e quali saranno le opportunità per noi studenti» «Vorrei laboratori» Andrea Furegato, 17 anni: «Vorrei una vera innovazione didattica: mi piacerebbe che tutte le materie fossero insegnate con laboratori» «Stage per tutti» Cecilia Gianni, 17 anni: «Trovo l’alternanza scuola-lavoro un’ottima occasione: io sono già speaker in una web radio» Il ministro G Stefania Giannini in una foto di quando frequentava la 5° elementare a Ponte a Moriano (Lucca) e all’evento di ieri L’iter G Il governo Renzi dà il via a una riforma complessiva del sistema scolastico. L’iter legislativo scatterà venerdì,27 febbraio: pronti un decreto e un disegno di legge G Il percorso dovrebbe concludersi entro l’estate. Il premier spera che «da qui a settembre il Parlamento sia in grado di licenziare tutti i testi» G I dubbi delle opposizioni riguardano anche i tempi: si teme che l’inizio del prossimo anno scolastico possa essere messo a rischio, visto il complesso iter legislativo delle norme da approvare dUna presa in giro. La solita retorica e nessun impegno concreto Cisl e Cgil Funzione pubblica
  • 3. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 PRIMOPIANO 3 MATERIE E MERITO COSA CAMBIA I CONTENUTI IL DECRETO SULLA SCUOLA. VIA LIBERA ATTESO VENERDÌ I profili Ecco «tutor» e «mentor» Quest’anno è prevista la mega stabilizzazione dei precari: secondo le ultime stime circa 120 mila insegnanti delle Graduatorie a esaurimento verranno assunti. Dal 2016 (o 2017) si tornerà al vecchio sistema dei concorsi. Ma per gli insegnanti sono previste novità. Gli scatti di anzianità verranno affiancati dai premi di merito. Saranno i presidi a deciderli, come prevede la legge sull’autonomia scolastica solo in parte attuata: la sfida sarà scrivere delle regole chiare sulla valutazione degli insegnanti e sul calcolo dei premi. Il decreto che verrà presentato venerdì introduce alcune figure nuove nella carriera degli insegnanti: non più ausiliari e vicepresidi ma «tutor» e «mentor», figure con una certa carriera che saranno usate non in classe ma per aiutare nella gestione di progetti o attività e nel supporto agli allievi. La novità più importante è l’istituzionalizzazione dell’organico funzionale: oltre agli insegnanti con cattedra, ce ne saranno «a disposizione» che serviranno per una o più scuole per coprire le supplenze o preparare programmi vari, tra i quali la scelta di materie aggiuntive nel curriculum dei ragazzi. Per la formazione dei docenti i fondi sono rinviati all’anno prossimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 120 La gestione I presidi fanno i manager L’idea dei due provvedimenti che verranno presentati in settimana è quella di attuare quell’autonomia scolastica già prevista per legge ma che finora è andata un po’ troppo a rilento, affidata più alla preparazione dei singoli presidi che ad un piano generale. I presidi avranno — ma i fondi non sono ancora stati stanziati, quindi non si partirà quest’anno — più autonomia di spesa. Saranno loro a decidere gli aumenti di merito per i propri insegnanti su criteri che saranno oggetto del provvedimento legislativo per evitare i ricorsi. Anche i presidi verranno valutati nel loro lavoro e nella performance dell’istituto che «governano». Da loro dipenderà l’organico funzionale, cioè quegli insegnanti senza cattedra con i quali organizzare attività «collaterali» nella scuola, dai progetti, alle supplenze, alle eventuali materie aggiuntive. Sui presidi potrebbe essere dirottato anche il 5 per mille devoluto alle scuole. Ora è prevista l’opzione (solo da un anno) di dare il 5 per mille per l’edilizia scolastica, ma la norma varata potrebbe essere corretta e diventare una «donazione» alla singola scuola. Le donazioni da privati, già defiscalizzate, potrebbero essere incoraggiate ulteriormente. © RIPRODUZIONE RISERVATA Mila Gli insegnanti precari che dovrebbero essere assunti, secondo il piano del governo. Una cifra che è inferiore ai 150 mila annunciati nelle scorse settimane (sempre dall’esecutivo) L’offerta formativa Inglese e musica Per quanto riguarda il curriculum scolastico, il decreto non modifica l’impianto attuale. Alle elementari ci sarà — in 4° e 5° — una materia insegnata in modalità «Clil» (in inglese). La materia verrà scelta dalla scuola in base alla disponibilità di insegnanti. Sempre in 4° e 5° viene modificato l’insegnamento della musica: non lo farà più la maestra o il maestro ma un insegnante di musica o strumento preso dalle graduatorie ad esaurimento anche tra gli abilitati per le medie. Nelle scuole superiori verrà introdotto — ma solo in 3° e 4°, non in 5° per evitare di cambiare l’esame di maturità — lo studio dell’economia e delle materie giuridiche. Più spazio anche a storia dell’arte, che sarà reintrodotta nel biennio delle superiori. Ci saranno anche moduli di educazione alla cittadinanza e di ecologia, così come il coding (pensiero computazionale), che verrà sperimentato con moduli di logica. I provvedimenti puntano a rilanciare l’autonomia del piano formativo, che già prevede da diversi anni che il 20%, cioè un’ora di lezione su cinque, possa essere decisa dalla scuola stessa: finora questa disposizione è attuata da poche scuole, soprattutto per carenza di insegnanti. Si tratta delle ore con le quali alcune scuole preparano i ragazzi agli esami internazionali. Nell’ultimo biennio delle superiori le singole scuole potranno offrire potenziamenti di materie nuove o progetti, permettendo di «personalizzare» il curriculum, in base agli insegnanti a disposizione. Resta ancora da attuare l’obbligo di una materia Clil alla maturità, previsto da quest’anno ma rinviato per carenza di insegnanti sufficientemente preparati. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il digitale Fondi 2.0, lezioni di logica Èconfermato lo stop all’acquisto delle lavagne multimediali, ogni scuola potrà continuare a decidere in autonomia come diventare 2.0. Secondo quanto scritto nella legge di Stabilità 2014 una quota di fondi sarà comunque riservata anche quest’anno per la digitalizzazione, che nel nostro Paese è ancora molto arretrata. Servono wi-fi e tablet, ma anche insegnanti preparati all’uso nella didattica delle nuove tecnologie. Renzi, nel suo discorso, ha fatto l’esempio di Bill Clinton, che all’inizio del suo mandato «aveva meno informazioni di quelle che sono contenute oggi in Rete e si possono consultare sul telefonino» per spiegare che la digitalizzazione delle scuole non è solo questione di strumenti che possono «invecchiare» velocemente. Dopo la sperimentazione attuata quest’anno — un’ora di «coding», cioè di pensiero computazionale all’anno — i moduli dedicati a questa disciplina potranno aumentare. Ma non diventerà una materia. Potrebbero invece essere gli insegnanti di filosofia dell’organico funzionale, nelle scuole in cui ce ne saranno, a proporre lezioni di logica, ma per ora fuori dal curriculum scolastico. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’alternanza Scuola-lavoro, 200 ore L’espansione del programma di alternanza scuola-lavoro, che finora ha dato risultati molto buoni soprattutto nelle aree del Nord del Paese, è uno dei capitoli della Buona scuola. La proposta è di estendere a 200 ore (potendo arrivare anche a 400) il periodo di lavoro durante l’ultimo triennio delle superiori. La possibilità di fare progetti di alternanza scuola-lavoro ci sarà anche per i licei (finora esclusi) ma su base volontaria, e anche al di fuori dell’orario scolastico, per esempio durante l’estate. Dopo la sperimentazione, che finirà l’anno prossimo, gli stage — si tratta di veri e propri periodi strutturati dentro una realtà lavorativa con un percorso formativo affiancato che entreranno anche nella pagella di fine anno e della maturità — vengono confermati. La sfida, ora che il progetto è ben definito e rodato, è trovare o indurre più aziende e realtà economiche a operarsi per inserire i ragazzi nelle loro strutture per il periodo di stage. Anche per i laboratori soprattutto degli istituti tecnici il tentativo è quello di coinvolgere aziende e artigiani: chi costruisce strutture per le scuole della propria zona, potrà poi anche usarle per le proprie attività economiche. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Corte di giustizia dell’Ue, Anief, ministero dell’Istruzione d’Arco Come si suddividono i precari nella scuola Il personale con oltre 36 mesi di contratto 200 – 250 mila Il personale Ata 170 mila iscritti nelle Gae (Graduatorie a esaurimento) 460 mila iscritti in Graduatoria di istituto per supplenze annuali Gli insegnanti precari che sono stati in cattedra più di tre anni Di cui: 18.979 Il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) precario 30% – 61% L’incidenza del personale Ata a tempo determinato (a seconda degli anni) sul totale della categoria gli insegnanti a tempo determinato, tra il 2006 e il 2011, secondo la Corte di giustizia Ue 10 mila nuovi abilitati con i Tirocini formativi attivi 55 mila diplomati magistrali 70 mila con titolo dei Percorsi abilitanti speciali (Pas) iscritti nelle Gae (Graduatorie a esaurimento) abilitati rimasti fuori I precari, secondo il ministero, che sarebbero toccati dalla sentenza Ue 170 mila 60 mila 80 mila30-8 13% – 18% Testi a cura di Valentina Santarpia www.corriere.it/scuola
  • 4. 4 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
  • 5. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 5 Primopiano Il governo La riforma G Tra i piani del governo Renzi c’è anche una riforma della Rai: l’obiettivo è di ridisegnare diversi aspetti, dal canone al metodo di scelta dei vertici aziendali «L’azienda va sottratta al controllo dei partiti», ha detto il premier G È circolata l’ipotesi, nei giorni scorsi, che il governo agisca per decreto sulla Rai, per ridurre i tempi: l’opposizione ha protestato, ma il premier ieri non ha escluso la possibilità. Il governo vuole partire a marzo con la riforma ROMA Casomai fosse rimasto un dubbio. «Il nostro obiettivo è di non far eleggere il nuovo consiglio di amministrazione della Rai con una legge chia- mata Gasparri», ha detto ieri il premier Matteo Renzi in due momenti ravvicinati (al sum- mit sulla scuola e a In ½ h da Lu- cia Annunziata), confermando che il governo ha fretta. Infatti si parte a marzo: «Se ci sono i tempi in Parlamento faremo un disegno di legge, se invece ci sono le condizioni di urgen- za e necessità procederemo con un decreto legge, come prescrive la Costituzione». E con il board di viale Mazzini in scadenza ad aprile si dovrà agi- re entro l’estate. Istantanea, intanto, è scatta- ta la reazione furiosa del cen- trodestra. Scatenato su Twitter il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri che si vendi- ca: «Matteo Renzi è un vero im- becille, figlio di massone, di una abissale ignoranza, privo di basi culturali, solo chiac- chiere, distintivo e insider tra- ding. Ma finché la Rai resta pubblica il dittatorello fiorenti- no dovrà rinunciare ai sogni di vana gloria». Il padre del pre- mier, Tiziano Renzi, annuncia querela. Indignato Renato Brunetta: «La Gasparri ha innovato e mi- gliorato la tv in Italia, Renzi è uno spudorato, il solito battuti- sta, dimostra la sua ignoranza e la pochezza di contenuti». Stringata Alessandra Mussoli- ni: «Renzi è solo un poverac- cio». Il vicepresidente della Vi- gilanza, Giorgio Lainati, si duo- le per «la caduta di stile del premier con una battuta poco elegante e mal riuscita», men- tre Giovanni Toti ricorda che «la legge Gasparri ha moder- nizzato il sistema radiotelevisi- vo, cosa che la sinistra non è mai riuscita a fare». Paolo Ro- mani rivendica la bontà della Gasparri: «Se oggi la Rai è una industria culturale è merito suo». Un altro senatore forzi- sta, Franco Cardiello, chiede: «Ma Renzi chi crede di essere? Nemmeno un bullo come lui può ignorare la Costituzione». Il piglio di Renzi non va giù n ai 5 Stelle: «Se il servizio pub- blico non può essere discipli- nato da una legge che si chia- ma Gasparri, non può esserlo nemmeno da un decreto che si chiama Renzi, la riforma la fa il Parlamento». Secondo Michele Anzaldi, Pd, segretario della Vi- gilanza, «i tempi per interveni- re in via parlamentare ci sono, per quanto stretti», perciò invi- ta i presidenti di Camera e Se- nato «ad aprire una corsia pre- ferenziale». L’indignazione del centrodestra, sostiene Lorenza Bonaccorsi, responsabile Cul- tura Pd, è solo per «continuare a spartirsi i posti». Giovanna Cavalli © RIPRODUZIONE RISERVATA La governance della tv di Stato Corriere della Sera Come regolato dalla legge Gasparri, 7 consiglieri sono eletti dalla commissione di Vigilanza e 2 (tra cui il presidente) indicati dal ministero dell’Economia (il maggiore azionista della Rai). Il mandato dei membri del cda è di 3 anni (con possibilità di nuova nomina) È una commissione parlamentare bicamerale istituita con la legge 103 del 1975. È composta da 20 deputati e 20 senatori *compreso il presidente, il deputato Roberto Fico Nominati dalla Vigilanza Indicati dal ministero dell’Economia Anna Maria Tarantola Presidente (votata dal Cda) Marco Pinto Antonio Pilati Antonio Verro Benedetta Tobagi Gherardo Colombo Guglielmo Rositani Luisa Todini* QUOTA CENTRODESTRAIl cda Rai La commissione di Vigilanza Al cda della Rai è affidata la gestione dell’azienda, lo svolgimento di funzioni di controllo e di garanzia e il voto del direttore generale. Ha il potere di votare i contratti aziendali superiori a 2,5 milioni di euro I POTERI *si è dimessa il 19 novembre 2014 e non è stata ancora sostituita QUOTA CENTROSINISTRA QUOTA CENTRO Rodolfo De Laurentiis Sel 1 Pd 16 Scelta civica 1 M5S 6* Autonomie-Psi-Maie 1 Ap (Ncd+Udc) 2 Per l’Italia-Centro democratico 1 Gruppo misto 2 Grandi autonomie e libertà 1 FI 7 Lega 1 Fratelli d’Italia 1 La Commissione ha il compito di sorvegliare l’attività del servizio radiotelevisivo e radiofonico; nomina 7 consiglieri del cda; definisce l’indirizzo da seguire nella programmazione, nella pubblicità e nell’economia della società, definendo i piani di spesa pluriennali I POTERI ROMA Matteo Renzi ha superato il suo primo anno di governo. Ma è convinto di avere ancora tanto tempo davanti a sé: «La maggioranza è blindata sino al- la fine della legislatura». E «nel 2018 vinciamo noi». Non lo di- ce con tracotanza. Ma ne è con- vinto. Anche se sa che ormai il partito di Berlusconi, allo sban- do com’è, è una causa persa, su cui è difficile fare affidamento come ai tempi del patto del Na- zareno: «Forza Italia sta esplo- dendo e noi andiamo avanti da soli. Se dovesse per caso rom- persi qualcosa nella maggio- ranza, cosa a cui non credo, sa- rà fisiologico che qualcuno di loro ci sostenga». Insomma, per farla breve, in questo primo compleanno del suo governo il premier è con- tento: «Abbiamo svolto un la- voro durissimo, ma sul Jobs act abbiamo fatto più di quanto sperassi di fare. E quello che abbiamo realizzato sui notai, sulle assicurazioni, sui telefo- nini, le banche e le poste rap- presenta una rivoluzione cultu- rale straordinaria. Non solo, il bello è che l’Italia sta riparten- do davvero». Parla così, Matteo Renzi, pre- so dall’entusiasmo. Ma su Rai- tre, Lucia Annunziata, nella sua trasmissione In mezz’ora, gli ricorda che qualcosa di nuovo si sta muovendo nel mondo della sinistra. E non è detto che sia foriero di buone notizie per il premier. Già, Maurizio Lan- dini, in un’intervista al Fatto quotidiano, ha lasciato inten- dere che potrebbe scendere in politica, per guidare quella si- nistra che è da qualche anno al- la ricerca di un leader. È vero che ore e ore dopo il leader della Fiom, dopo una re- primenda della Cgil, ridimen- siona la portata delle sue paro- le, ma la sua è una smentita a metà in cui ribadisce che oc- corre andare oltre la «rappre- sentanza sindacale». Il premier comunque risponde impertur- babile ad Annunziata: «Non credo che Landini abbandoni il sindacato, è il sindacato che ha abbandonato Landini. Il pro- getto di Marchionne sta par- tendo, la Fiat sta tornando a produrre auto e ad assumere, è ovvio che la sconfitta sindacale lo porti ad abbracciare la politi- ca, non dimentichiamoci che a Pomigliano ha portato a scio- perare cinque persone su 1400». Ma Renzi non ha paura che una parte del Pd possa essere ora tentata dalla scissione? A sera, dopo la trasmissione, Renzi non sembra aver cam- biato idea: «Non mi preoccupa Landini. Ha acquisito visibilità schierandosi contro Mar- chionne. Oggi che Marchionne sta vincendo, lui deve scappare dal sindacato. Normale. Io pro- vo massimo rispetto, per Lan- dini, ma non è il primo sinda- calista a buttarsi in politica e non sarà l’ultimo. Gli faccio i miei più sinceri auguri». Di un’eventuale scissione, Renzi non sembra avere paura: «Se veramente il leader della Fiom si buttasse in politica nessuno del Pd lo seguirebbe, solo Sel andrebbe con lui». E anche Pippo Civati, aggiunge qualche renziano duro e puro e ormai convinto che il deputato del Pd dissidente per vocazione e pro- fessione sia prossimo all’addio al partito. Insomma, non sembrano queste le preoccupazioni di Renzi. E nemmeno le polemi- che della sua minoranza sul Jobs act paiono innervosirlo più di tanto: «Ormai il Jobs act è andato». Come a dire: ormai è fatta, quindi pazienza per le lamentele e gli attacchi, stra- scichi inevitabili, se «si voglio- no fare le riforme e cambiare questo Paese», perché ci sarà sempre «chi preferisce che tut- to rimanga com’è adesso». Mo- rale della favola: se la minoran- za interna pensava di condizio- nare le mosse del presidente del Consiglio ora che il patto del Nazareno sembra essere andato in frantumi, ha sbaglia- to i suoi piani. «Io non sarò ostaggio di nessuno. So che ci saranno quelli che ci proveran- no, ma hanno sbagliato indiriz- zo», sorride il premier. E il varo dei decreti del Jobs act pare essere la conferma di queste sue parole. «Del resto, come si fa a essere contrari a una legge che per la prima vol- ta si preoccupa veramente dei non garantiti, cioè dei preca- ri?», si chiede retoricamente il premier. Che preferisce non entrare in polemica diretta con la presidente della Camera Laura Boldrini che lo ha critica- to e che ha stigmatizzato la fi- gura «dell’uomo solo al co- mando». Rispetto alle sue pa- role, intervistato da Annunzia- ta, l’inquilino di Palazzo Chigi si limita a dire: «Questo è un problema suo». Ma è a lei che indirettamente si rivolge quan- do spiega, sempre in quella tra- smissione, che «il mio obietti- vo non è costruire una leader- ship carismatica». Con i colla- boratori e gli amici più fidati Renzi però si è lasciato andare un po’ di più perché è rimasto stupito per l’attacco di Boldrini nei suoi confronti: «Lei è la presidente della Camera e do- vrebbe fare l’arbitro, mentre mandiamo avanti il program- ma per cui abbiamo preso la fi- ducia». Altro argomento, altro capo di imputazione. Anche stavolta Renzi è netto. Il tema, postogli da Annunziata, è quello delle Popolari e delle inchieste della Consob e della magistratura sui movimenti che ci sono stati dopo il provvedimento del suo governo. «Mi auguro che venga fatta chiarezza al più presto perché sono state fatte polemi- che ridicole e dette castronerie galattiche. Un galantuomo co- me Ciampi insieme a Draghi tentò di fare queste norme. Noi abbiamo ripreso quel princi- pio». © RIPRODUZIONE RISERVATA I rapporti G La sintonia tra il premier e Landini inizia quando Renzi è ancora solo segretario pd. Il leader Fiom esprime un giudizio positivo sulle intenzioni del leader dem di puntare sul contratto unico G Il 27 agosto 2014 Renzi chiama Landini a Palazzo Chigi: un’ora e mezza di confronto sulle sfide dell’autunno e reciproci attestati di stima G I rapporti peggiorano quando la Fiom si schiera contro Jobs act e abolizione dell’articolo 18 e toccano l’apice il 21 novembre quando Landini dice: «Gli onesti non stanno con Renzi» Il retroscena di Maria Teresa Meli 367 i giorni da cui è in carica l’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Il segretario pd è il più giovane presidente del Consiglio di sempre ed è il quarto premier (dopo Ciampi, Dini e Amato) a non essere parlamentare dMatteo Renzi Landini ha un approccio pragmatico e non ideologico dMaurizio Landini Matteo si è dimostrato un interlocutore attento, incarna il cambiamento Le banche popolari «Polemiche ridicole e ho sentito castronerie Mi auguro si faccia chiarezza al più presto» Le frasi di agosto 2014 Rai, legge a marzo. E il governo non esclude un decreto Il presidente del Consiglio: non faremo eleggere il nuovo cda con la Gasparri. Proteste dal centrodestra Renzi: Landini è uno sconfitto Io duro fino al 2018 e poi vinco Il premier: ha perso contro Marchionne, se fa politica solo Sel può seguirlo
  • 6. 6 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera La replica alle parole della presidente della Camera — che aveva parlato di «uomo solo al comando» — è affidata alla vi- ce segretaria Debora Serrac- chiani. A L’intervista, su SkyTg24, le definisce «eccessi- ve rispetto alla sua posizione di garanzia». A difesa della Bol- drini si schiera Sel: «La presi- dente difende il Parlamento, le tifoserie le lasciamo ai ventrilo- qui di corte». Landini, invece, aveva lan- ciato la sua sfida dalle colonne del Fatto Quotidiano. Ieri ha corretto il tiro: «Non ci sarà un mio impegno di tipo partitico o elettorale». Resta il senso della «sfida democratica» contro Renzi: «Serve una coalizione sociale più larga, dobbiamo aprirci a una rappresentanza anche politica». A dimostra- zione di quanto sia frammen- tata l’opposizione, le reazioni non sono compatte. Da Pippo Civati arriva il no più secco: «Premetto che mi piacerebbe chiarire il tema con lui, per evi- tare fraintendimenti, ma Lan- dini parla di sinistra sociale da contrapporre a quella politica. Non capisco e non sono d’ac- cordo. Per me l’obiettivo è una sinistra di governo, che unisca, non una sinistra divisa». An- che Alfredo D’Attorre respinge la suggestione di un’uscita dal Pd, ma apre al dialogo: «Il tema non è la nascita di un nuovo partito, né la scissione dal Pd. Piuttosto, possono essere inte- ressanti battaglie comuni tra forze politiche, forze sociali e pezzi della società. Quanto alle parole di Renzi, non mi pare utile delegittimare un interlo- cutore». Vincenzo Vita, vicino a Civati e molto critico con il Pd, la vede diversamente: «Mi chiedo, se non ora, con lo slit- tamento a destra di Renzi sul lavoro, quando? Mi auguro che Landini ci pensi davvero e che nasca qualcosa di nuovo insie- me alla minoranza del Partito democratico». Al. T. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel partito Lorenzo Guerini, 48 anni, deputato dal 2013, vicesegretario e portavoce del Pd (Benvegnù) sui metodi scelti». La minoranza non è d’ac- cordo soprattutto sui metodi. E sottolinea come Ncd canti vittoria. «Nel Pd c’è stato un percorso di partecipazione molto am- pio. Un ordine del giorno, vota- to quasi all’unanimità, ha ap- provato la legge delega. E an- che Sacconi ci criticò molto». Si contesta il fatto che il go- verno non ha tenuto conto, sui licenziamenti collettivi, del parere negativo delle due Commissioni. «Le Commissioni hanno espresso pareri articolati, che non sono vincolanti ma solo consultivi. Sta al governo deci- dere se recepirli interamente o in parte». Ma, come dice Vannino Chiti, ignorare il parere del Parlamento è una scelta «non priva di conseguenze». «Alla gente credo che inte- ressi poco la nostra dialettica interna. Dobbiamo rimanere sul merito». Così non rischiate di perde- re un pezzo della sinistra del partito? «Siamo un partito di sinistra e riformista, in cui le diverse storie politiche devono conti- nuare a convivere come ele- mento di ricchezza, non di dif- ficoltà». Laura Boldrini ha criticato Renzi, parlando di «uomo so- lo al comando». «Un presidente della Came- ra, figura di garanzia, dovrebbe pesare ogni parola. Ci vuole saggezza, prudenza, equilibrio. Francamente non capisco cosa significhi una frase del genere. Se invece la questione è quella di valutare il rapporto tra parti- to e leader, il tema non va sotto- valutato: abbiamo bisogno di partiti che rappresentino la complessità della società, ma che siano anche connessi a una leadership che sia punto di sin- tesi e di guida dei processi». Il leader della Fiom Mauri- zio Landini lancia una sfida «politica» a Renzi. Come va- luta l’ipotesi di una sua disce- sa in campo? «È già successo in passato che figure importanti del mo- vimento sindacale siano entra- te in politica. Ognuno può far quel che vuole, anche se non ho capito che contributo po- trebbe dare Landini. Se il sin- dacato non fa il suo mestiere, difendere gli interessi dei lavo- ratori, e confonde il suo ruolo, rischia di muoversi nella dire- zione sbagliata. Ma non con- fonderei i desideri di un singo- lo con quelli del sindacato». Alessandro Trocino © RIPRODUZIONE RISERVATA Il passo avanti del leader Fiom agita la minoranza dem D’Attorre:possibililottecomuni,mailtemanonèlanascitadiunnuovopartito.Vita:senonoraquando? Il colloquio «Dialogo,noalleminacce SiusaunpuntodelJobsact peraprirealtrequestioni» Guerini:Boldrinidovrebbepesareogniparola,serveequilibrio Primopiano I democratici ROMA Da una parte la presiden- te della Camera, Laura Boldri- ni. Dall’altro il leader della Fiom, Maurizio Landini e la mi- noranza del Pd, sempre più in- quieta. Dopo il contestato varo del decreto sul Jobs act, Matteo Renzi riceve un attacco concen- trico, con accuse di leaderismo eccessivo e di scarso rispetto per il Parlamento. E la mino- ranza si trova a un bivio, tra l’ammissione della resa e la ri- cerca di nuove strade per inci- dere di più. 166 i voti con cui il 3 dicembre scorso il Jobs act è passato al Senato ROMA «Non si possono confon- dere i piani e minacciare di far mancare il voto. Nel Pd c’è stato un dialogo ampio e il ruolo del Parlamento è sempre stato ri- spettato». Lorenzo Guerini, vi- cesegretario democratico, ri- sponde alla critiche arrivate dalla minoranza del partito do- po il varo del Jobs act. La minoranza è in guerra. Stefano Fassina pensa a un coordinamento dei «dissi- denti» per poter pesare di più sui punti critici delle prossi- me riforme. «Non capisco come si possa utilizzare una divergenza di opinioni su un singolo passag- gio del Jobs act per aprire que- stioni che con l’attuazione del- la delega lavoro non c’entrano nulla». Teme che la minoranza vo- glia farvi una sorta di ricatto o di veto? «Non voglio usare questi ter- mini, ma credo che sarebbe un grave errore confondere i pia- ni». Però dopo il varo del Jobs act c’è stata una mezza rivolta nel Pd. «Sul merito, il governo era impegnato ad attuare una dele- ga, votata dal Parlamento dopo un dibattito importante, per rendere più efficiente e moder- no il mercato del lavoro. Per estendere le tutele, disboscare le forme contrattuali e ridurre la precarietà». Obiettivo fallito, per molta sinistra pd. «Le reazioni nazionali, per esempio delle imprese, e quel- le internazionali, danno il sen- so di come questo passaggio sia ritenuto una svolta impor- tante. Credo che il giudizio debba essere dato complessi- vamente, sull’obiettivo scelto, cioè la creazione di un contesto che favorisca l’occupazione, e dI piani confusi Nonsipossonoconfondere ipiani.Eallagente interessapocolanostra dialetticainterna dLe storie politiche Ilpartitoèdisinistrae riformista.Lediverse storiepolitichesiano ricchezzanondifficoltà dCivati Landiniparla disinistra sociale contro sinistra politica Noncapisco
  • 7. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 7
  • 8. 8 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primopiano Il centrodestra Nonricandidareifittiani,Berlusconicipensa Il leader tentato dall’espulsione per i Ricostruttori. E l’eurodeputato strizza l’occhio al Carroccio Responsabilità delle toghe L’Anmboccia losciopero echiedeunincontro aMattarella ROMA Né sciopero, né astensione dalle funzioni di supplenza. Ora i magistrati sperano nel capo dello Stato, Sergio Mattarella. Contro il provvedimento in dirittura di arrivo alla Camera, sulla responsabilità civile dei magistrati, l’Anm ha scelto la linea della «responsabilità». Tracciata in apertura del comitato direttivo centrale dal presidente Rodolfo Sabelli: «La norma resta sbagliata e avrà pesanti ricadute», ma uno sciopero «non sarebbe stato compreso», e «nel peggiore dei casi sarebbe additato come la chiusura di una casta che difende i suoi privilegi». Bocciato lo sciopero proposto da Magistratura indipendente, corrente storicamente moderata, da ieri spaccata in due: con la nascita di Autonomia e Indipendenza, guidata da Piercamillo Davigo. E non è passata neanche la via mediana, indicata proprio da AeI: uno sciopero bianco dei magistrati con l’astensione, da subito, da tutti quei compiti in cui i magistrati ora fanno le funzioni di altro personale carente. Si è scelto, votando la mozione di Area e Unicost, di fare un monitoraggio sugli effetti che avrebbe l’applicazione di quella norma, incluso l’aumento di ipotesi ricusatorie che potrebbero inceppare la macchina organizzativa giudiziaria. E anche dei suoi eventuali profili di incostituzionalità. In seguito valuterà anche lo sciopero bianco proposto da AeI. Basterà a scongiurare l’imminente via libera definitivo della Camera? I magistrati non hanno perso le speranze. E le ripongono tutte in un’opera di «moral suasion» di Mattarella. «Confidiamo di essere ricevuti dal capo dello Stato. Non intendiamo tirarlo per la giacchetta — spiega Sabelli — ma vogliamo presentarci da lui nella nostra funzione di custodi della legalità e dei valori costituzionali. In quanto tali rappresenteremo la necessità di poter contare su buone riforme, giuste risorse, una buona organizzazione e buone leggi. Questa che sta per essere varata alla Camera, a nostro giudizio, non lo è». Un giudizio negativo condiviso da tutte le correnti. Una «riforma punitiva nei confronti dei magistrati» e di «manifesta incostituzionalità» l’aveva definita Magistratura indipendente, chiedendo l’astensione dalle attività giurisdizionali, sostenuta anche da Proposta B. Ma la neonata AeI, con Sebastiano Ardita, ha messo in guardia: «Se non dovesse esserci la maggioranza quale sarebbe la motivazione dello sciopero? Lacerare la magistratura? Ora l’unica arma è la compattezza». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA La manifestazione dei Ri- costruttori a Roma, che pure non ha avuto i toni ultimativi della rottura, ha lasciato il se- gno. E il solco tra Silvio Berlu- sconi e Raffaele Fitto si è acuito fino a diventare una voragine. Il leader azzurro non parla, ma a interpretare il suo pensiero è il neocoordinatore Luigi Vitali, nominato per riportare l’ordine in Puglia e per mettere in riga i fittiani ribelli. I toni sono durissimi, come la minaccia di non ricandidare per le prossime elezioni di maggio tutti gli uomini vicini all’ex governatore, che hanno compiuto lo strappo di parteci- pare alla kermesse romana. L’ordine, dicono, arriva diretta- mente dal leader azzurro, stan- co ormai della guerra che ha scatenato Fitto e deciso ad an- dare fino in fondo. Si capirà nei prossimi giorni se si arriverà al- la sospensione o all’espulsione (Berlusconi è sempre tentato), o se ci si limiterà a fare terra bruciata attorno a Fitto là dove il suo consenso è forte. In ogni caso, i parlamentari pugliesi a lui vicini avvertono Vitali «sce- riffo fuori dalle regole» (e Ber- lusconi): se ci saranno epura- zioni dalle liste ci sarebbero «conseguenze sul piano lega- le». Ma un Berlusconi sempre più indignato per le fughe di notizie sull’inchiesta Ruby ter e sul modo di procedere dei ma- gistrati che, ne è convinto, mi- ra a condizionare il verdetto della Cassazione sul Ruby uno, questa settimana scenderà a Roma anche per affrontare altri nodi delicati che rendono diffi- cile la vita al suo partito. Il primo è quello delle alle- anze, sempre meno chiare. Raccontano che, sottotraccia, i contatti anche con i leghisti proseguano, e la possibilità di arrivare a qualche intesa non è data per impossibile. Ma certo è molto, molto difficile. Salvini continua a prendere le distanze da FI e a proclamare il suo mai ad accordi con l’Ncd, con Alfa- no che gli replica come «saran- no gli altri, come in parte già succede, a volersi alleare con noi. Non andiamo a caccia di alleanze ma di risultati per gli italiani». Berlusconi vuole mettere qualche punto fermo, convinto com’è che per la stes- sa Lega sarebbe un suicidio presentarsi alle Regionali in solitudine. A Salvini peraltro manda un messaggio distensi- vo proprio Fitto, approfittan- done per tirare l’ennesimo col- po ai suoi: «Caro Matteo, nes- sun attacco a te e alla Lega, che fate benissimo la vostra parte. Il mio obiettivo è che anche il mio partito faccia la parte che gli compete». Come? Con le «primarie». Quelle che lo stes- so Salvini invoca. Paola Di Caro © RIPRODUZIONE RISERVATA 130 i parlamentari che fanno parte dei gruppi di Forza Italia: sono 70 deputati a Montecitorio e 60 senatori a Palazzo Madama 40 i parlamentari di Forza Italia che fanno capo all’area critica guidata da Raffaele Fitto. Tra deputati e senatori, il numero oscilla tra 36 e 40 Il personaggio di Fabrizio Roncone Scajola:assurdo,adettarelalinea orasonoRossieBergamini L’exministrodàlepagelleaFI:Brunettacapogruppo?Nonèingrado dManonlosa Toticheun dirigente deveusare dosi massicce didolcezza diplomatica? L’ idea è questa: chiede- re a Claudio Scajola una descrizione di Forza Italia e di ciò che sta avvenendo al suo interno. È un partito che conosce non be- ne, ma benissimo. Conosce il capo, l’aspirante capo, tutti i ca- petti e i frequentatori più assi- dui di Palazzo Grazioli tranne Dudù, e solo perché quando a Palazzo Grazioli arrivò scodin- zolando Dudù, Scajola — quat- tro volte ministro e a lungo co- ordinatore — era già alle prese con i magistrati. Quindi di For- za Italia può parlare, se vuole, con cognizione e abbastanza li- beramente. Ma vuole? (La segretaria prende tem- po, dice che «l’onorevole non può rispondere prima delle 17». Troppo tardi. Insista, pre- go. Tanto Scajola è nel giardi- no della sua villa di Imperia e sta potando gli alberi di ulivo: come poi ammetterà lui stes- so). «Beh, sono un imputato con l’hobby del giardinaggio. As- solto per la vicenda della casa al Colosseo, archiviata la storia di Napoli sulle presunte maz- zette a Finmeccanica, non mi resta che dimostrare la mia in- nocenza nella vicenda Matace- na: così mi distraggo tagliando rami e, se vuole, però, sì, certo, anche parlando di Forza Italia. Sebbene...». Sebbene? «Forza Italia non esiste più da tempo. È rimasto solo Silvio Berlusconi, un po’ appannato, stanco, ormai avanti con gli an- ni eppure, nonostante i proble- mi familiari e giudiziari che sappiamo, i ricattini delle Ol- gettine e tutto il resto, ancora con una buona dose di autorità carismatica. Ma da solo, senza una rete sul territorio, a quanto può arrivare? Tra il 12 e il 16%. Un po’ poco, direi». L’altro giorno, Raffaele Fit- to ha organizzato una con- vention da aspirante nuovo capo. «Raffaele lo presentai io, a Silvio, nel 2000: era giovane e tenace, lo candidammo a presi- dente della Regione Puglia, vinse. Lui è uno che ha impara- to dal padre: sa che il territorio, il consenso che porta voti, va curato. Anzi, forse ha proprio il difetto di essere molto settario, o con me o contro di me. È un ottimo dirigente... certo non può pensare di essere l’erede di Berlusconi...». Quindi lei crede che... «No, aspetti: su Fitto mi fac- cia anche dire che ha torto quando critica il patto del Na- zareno, un buon patto per fare le riforme, ma ha ragione quando chiede che il partito venga ricostruito con un pro- getto, con una classe dirigente adeguata. Perché no, dico: dav- vero non è immaginabile che la linea politica dei moderati ita- liani sia dettata da Maria Rosa- ria Rossi e Deborah Bergami- ni... o dall’avvocato Niccolò Ghedini, un ottimo penalista, ma che insomma... beh...». Il Cerchio Magico: magnifi- co, continui. «Io ricordo un tempo glorio- so e di grande politica quando intorno al tavolo di Berlusconi, alla luce del suo genio, sedeva- no straordinari dirigenti capaci di controllare migliaia di voti sul territorio e però anche per- sonalità del prestigio di Mar- cello Pera, Giuliano Urbani, Giuliano Ferrara... Vede, Berlu- sconi non ha bisogno di gente che gli dica che dimostra cin- quant’anni e che quando arriva nelle città trova ancora folle osannanti: ha, al contrario, bi- sogno di persone capaci di dir- gli anche di no». Dipende dai punti di vista. «Sì, ma poi il partito si disin- tegra, com’è accaduto alle re- gionali in Emilia Romagna e come rischia di succedere an- che in Puglia. In troppi sono convinti che sia sufficiente Ber- lusconi e il simbolo. Denis Ver- dini, per esempio. Ottimo or- ganizzatore ma con la terribile convinzione che nei partiti la democrazia non serva. Errore blu! Io, per dire, che qualche votuccio lo spostavo e ancora lo sposto, fui epurato dalle liste per le europee perché doveva- no infilare il signor Toti. E qual è il risultato? Che ora sentiamo questo Toti rilasciare, nei pan- ni del consigliere di cartavetra- ta, brutali interviste contro Fit- to. Ma benedetto ragazzo, non lo sai che in una fase come que- sta, dentro il partito un diri- gente deve usare dosi massicce di dolcezza diplomatica? Non puoi rompere, sfasciare. Anzi, devi confrontarti, mediare, unire. Ma questa, se mi è con- sentito, è la grammatica della politica...». Lei le ha mai sentite le di- chiarazioni di Brunetta? «Eh, Renato... Un uomo di valore... Però... ecco, diciamo così: ciascuno di noi ha le sue attitudini. Voglio dire: a me piace molto il calcio, ma secon- do lei sarei in grado di scende- re su un terreno da gioco? No. Questo vale anche per Brunet- ta. Il ruolo di capogruppo, che per me, tra l’altro, dovrebbe es- sere scelto dai deputati, non può ricoprirlo perché proprio non è in grado... Mhmm... Ma- gari però non scriva così: sia un po’ più morbido...». (Poi, a intervista conclusa, prima dei saluti, Scajola az- zecca una buona metafora: «Gli ulivi sono come i partiti: per farli durare, vanno conci- mati e, se serve, potati»). © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è G Claudio Scajola, 67 anni, eletto alla Camera con Forza Italia nel ‘96, rieletto fino alle Politiche del 2008 G È stato tre volte ministro nei governi Berlusconi: dell’Interno dal 2001 al 2002 (quando lasciò dopo un giudizio su Marco Biagi); Per l’attuazione del Programma dal 2003 al 2005 e allo Sviluppo dal 2008 al 2010 (quando lasciò per l’inchiesta sulla casa con vista Colosseo) dÈunottimo dirigente Certonon puòpensare diessere l’erededi Silvio Berlusconi dVerdini hala terribile convinzione chenei partitila democrazia nonserva In Parlamento Claudio Scajola con Silvio Berlusconi nell’aula di Montecitorio in una foto del 2011 (Imagoeconomica) GLa parola CINCINNATO Nel 2014 Scajola viene escluso dalle liste di FI per le Europee. «Mi dedicherò all’orto» dice. E qualcuno vi ha visto un riferimento alla figura di Cincinnato, console romano ritiratosi in campagna e più volte richiamato in politica.
  • 9. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 PRIMOPIANO 9 «Tosi? Non rispetta i militanti Inaccettabile ostacolare Zaia» Salvini:hadubbisuLePenesulnoall’euro,maseliavessiiononavreitriplicatoivoti L’intervista di Marco Cremonesi dForse non è chiaro ciò che stiamo facendo Stiamo preparando il dopo Renzi e c’è uno che fa finta di niente dDice che non sa se viene in corteo a Roma. Non è bello da un dirigente pagato Vieni. Poi discutiamo dIn tanti perderanno la domenica di riposo e si alzeranno prima dell’alba Perciò la presa in giro non va MILANO «Forse non è chiaro che cosa stiamo facendo: qui stia- mo preparando il dopo Renzi. Ma c’è un dirigente che fa finta di niente. Questo non è accetta- bile». Matteo Salvini non perde la calma, ma che sia arrabbiato si sente. E bene. Il «dirigente», Salvini lo chiamerà quasi sem- pre così, è il sindaco di Verona Flavio Tosi, che tra l’altro è an- che il segretario della Liga ve- neta. E ieri ha detto a chiare let- tere quello che già era nell’aria da tempo: se non trovasse un accordo con Luca Zaia, il gover- natore in corsa per la riconfer- ma, lui potrebbe «prendere le sue decisioni liberamente». E cioè il candidarsi, lui leghista, contro il presidente leghista del Veneto. Salvini, la minaccia è pe- sante. Che cosa farebbe, in quel caso? Ha un piano? «Io ho messo la vicenda nel- le mani del governatore e del segretario. La soluzione è nelle loro mani. Però, voglio prima dirle un’altra cosa… ». Prego. «Ciò che mi ha dato più fa- stidio è che abbia detto che non sa se viene a Roma, alla grande manifestazione che stiamo organizzando per saba- to prossimo. Ma come? Ci sono centinaia di pullman del tuo partito, c’è un mare di gente che per essere presente rinun- cerà a una domenica di riposo, spenderà dei soldi, si alzerà prima dell’alba. Ci saranno i sindaci e i rappresentanti di mille professioni e associazio- ni, che saranno lì per dire il lo- ro no a Renzi. Beh, non è bello che un dirigente pagato dica che non sa se verrà. Non fosse altro che per il rispetto dovuto ai militanti, tu alla manifesta- zione vieni. Punto. Poi, discu- tiamo della Regione. Accetto tutto, ma non la presa in giro». Tosi dice che con lui non sono stati rispettati due ac- cordi. L’ultimo nel 2012, quando gli si disse che sareb- be stato il candidato alla lea- dership del centrodestra. «Ancora? Ma basta… Il Vene- to è la Regione con la sanità mi- gliore d’Italia, la prima ad aver aperto gli ospedali anche alla sera per fare visite ed esami senza perdere ore di lavoro. La prima ad aiutare i genitori se- parati con figli a carico. E nel solo 2014, ha sostenuto 7.000 aziende. Questo è il Veneto. Il mio dovere è preservarlo. Di che cosa stiamo parlando?». Di Tosi che sostiene di es- sere vittima di accordi traditi. «In Lega, le persone valide sono sempre state valorizzate. Lui è stato prima presidente e poi segretario della Liga vene- ta, candidato all’Europarla- mento, è stato ed è il bravo sin- daco di una città importante come Verona. Ma nel momento in cui sceglie di polemizzare e mettere in difficoltà il suo go- vernatore, non va bene». Però, una candidatura di Tosi sarebbe un problema grosso. O no? «Io so che i cittadini non vo- gliono che si litighi. Credo che in Veneto nessuno capirebbe una cosa del genere, e credo che nessuno si candiderebbe contro Zaia. Il governatore non è in discussione. Poi, se ci sono altri problemi… ». A che cosa si riferisce? «Beh, avere dubbi è legitti- mo. Se uno non è convinto nel no all’euro, se uno non è con- vinto dell’alleanza con Marine Le Pen, va tutto bene. Se però io avessi avuto questi dubbi, beh… non avrei triplicato i con- sensi della Lega». Tosi chiede che Zaia possa essere sostenuto da altre liste civiche oltre che quella a no- me del governatore. «Ho visto un sondaggio fatto per il Pd in cui si dice la Lega più una lista Zaia non vince: stravince. Chiaro e semplice. Bisognerebbe fare altre liste per recuperare tre amici di Cor- rado Passera? Tra l’altro, perso- nalmente non vedo nel futuro di un centrodestra moderno Passera, il banchiere che ha fat- to il ministro per Monti e con Fornero». Il presidente della Liga, Lu- ca Baggio, nel consiglio «na- zionale» veneto ha chiesto a Tosi di fare il candidato presi- dente. «In democrazia, ciascuno ha le proprie idee. Io ragiono di tutto e con tutti, ma ripeto: Zaia non si tocca. È il governatore che ci invidiano tutti. Sarebbe folle metterlo in discussione». Esiste anche un problema di alleanze. Tosi sostiene che in un’ottica nazionale do- vrebbero esserci anche Forza Italia e Ncd. «Con FI in Veneto stanno parlando e io seguo con rispet- to la discussione. Quanto al Ncd, per loro parlano i fatti: il governo Renzi-Alfano taglia al Veneto 300 milioni di euro e so- no in arrivo altri 1.500 immi- grati. E noi che cosa dovremmo dire all’operaio di Marghera o all’artigiano di Vicenza?». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il no a Ncd «Su Ncd parlano i fatti: il governo con Alfano taglia 300 milioni di euro al Veneto» Gli scenari «Per un sondaggio con la Lega più la lista Zaia il governatore stravince Perché fare altre liste?» Quattro leader per una Lega Alleanze La chiusura di Salvini verso Ncd è netta: mai con loro alle Regionali, perché Alfano sostiene il governo Renzi. Avviato il dialogo con FI: purché resti all’opposizione Euro «Basta euro», slogan del voto per il Parlamento Ue, è ora la linea della Lega: euroscettici, contro la moneta unica Partito Meno federalista, più nazionalista. Resta la battaglia contro l’immigrazione, ma Salvini guarda anche al Sud: pure i siciliani sono vittime del centralismo di Roma e Bruxelles Il segretario del partito Alleanze L’apertura a Ncd e FI è netta: Tosi è convinto che occorra guardare anche al centro, oltre che a destra, per poter creare un’alternativa capace di sfidare Renzi Euro Pur con alcune posizioni «euro-critiche», il sindaco di Verona è contro l’uscita dall’euro e il ritorno alla lira Partito È contro la linea lepenista di Salvini: spaventa i moderati. Il segretario della Liga Veneta rivendica poi l’autonomia del partito a livello territoriale Il sindaco di Verona Alleanze Per il governatore Maroni bisogna distinguere tra livello nazionale e locale: se si può criticare Alfano al governo, l’asse con Ncd nelle Regioni si può fare («in Lombardia va») Euro È contro l’euro, ma soprattutto per la creazione di una macroregione alpina che coinvolga altri Paesi del continente Partito Vuole che il partito federale lasci autonomia ai territori per le scelte locali (Salvini vorrebbe cambiare). In Lombardia ha lanciato il referendum per l’indipendenza Il governatore lombardo Alleanze Con Ncd c’è stata «totale sintonia» alla guida del Veneto. Ma sulle alleanze, per il presidente Zaia, «deciderà il segretario», contrario a correre con i centristi Euro Contro la moneta unica, più volte da ministro delle Politiche agricole ha combattuto contro Bruxelles Partito Federalista, si è battuto per la causa del referendum per l’indipendenza del Veneto. Ma a livello di partito meno autonomia potrebbe favorirlo nel dualismo con Tosi Il presidente del Veneto
  • 10. 10 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
  • 11. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 11 Primopiano Il caso Ilmisterodebito in49cartelle inviateallaCorte deiconti GL’analisi I l debito del Comune di Parma è quasi una materia esoterica. Se ne riparla ciclicamente ma nel fuoco della polemica politica i numeri ballano e vengono tirati da una parte e dall’altra. E le accuse del consigliere comunale del Pd Massimo Iotti al Corriere hanno irritato Federico Pizzarotti. Esiste però un documento ufficiale vidimato dallo stesso sindaco e dall’assessore al Bilancio Marco Ferretti il 30 gennaio scorso e inviato alla Corte dei conti che aveva chiesto lumi in materia. Si tratta di 49 cartelle, finora mai rese note alla stampa, che analizzano minuziosamente «l’evoluzione dell’indebitamento del Gruppo Comune di Parma» in base agli ultimi dati disponibili, quelli dei bilanci 2012. Ebbene il debito consolidato è 573,3 milioni che è grosso modo scomponibile in tre voci principali: debiti verso i fornitori, verso le banche e mutui aperti con le stesse banche. Sarà interessante conoscere a tempo debito gli eventuali rilievi della Corte dei conti, intanto può essere utile ricapitolare come si è mossa la giunta Pizzarotti rispetto a una maxi esposizione che ha ereditato e che va imputata totalmente alle precedenti «giunte del mattone» che volendo trasformare Parma in una città da 400 mila abitanti avevano edificato a mani basse. Una stima elaborata a suo tempo dal commissario straordinario Ciclosi nell’intermezzo tra l’amministrazione Vignali e quella Pizzarotti segnava per l’indebitamento addirittura quota 870. Ma già a suo tempo quella cifra fu contestata perché comprendeva poste non corrette ovvero sommava, come si usa dire, mele con pere. Rispetto a quell’epoca Pizzarotti ha provveduto a pagare a un gruppo di fornitori del Comune 129 milioni, grazie alla possibilità di splafonare il patto di Stabilità concessa dal governo Monti e garantita con copertura statale, poi ha venduto a una cifra simbolica la società Stu Pasubio (che si è portata dietro i propri debiti). Un’altra società, la Spip, è fallita portandosi dietro anch’essa il carico debitorio. Così l’esposizione è scesa a fronte però di un doppio depauperamento patrimoniale, obietta il Pd. L’assessore Ferretti garantisce comunque che è in dirittura d’arrivo la ristrutturazione del debito con le banche della società più grande, la Stt holding, che comporterà quasi sicuramente la vendita di parte delle azioni della multiutility Iren. D. D. V. © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è G Federico Pizzarotti, 41 anni, è sindaco di Parma dal maggio 2012, quando si è imposto al ballottaggio (con il 60,2%) su Vincenzo Bernazzoli, candidato del centrosinistra G Pizzarotti è stato il primo sindaco del Movimento 5 Stelle eletto in una città capoluogo DAL NOSTRO INVIATO PARMA È una domenica difficile per la città con lo stadio chiuso e il morale sotto i tacchi. Il sin- daco Federico Pizzarotti è alla sua scrivania, non vuol arren- dersi al declino e per chiamare alla riscossa non esita a usare gli argomenti dell’antropologia positiva. «Non si può dipingere tutto a tinte fosche. Non mi piace che si faccia politica così, che alcuni esponenti del Pd in città trasformino l’opposizione in rissa. Bisogna dare spazio al- la speranza». Il Pd vi rende pan per focac- cia visto che il M5S non è cer- to tenero verso Renzi. In fon- do siete il partito del Vaffa. «Non mi interessa se il Movi- mento a livello nazionale segue questo indirizzo. Ho le mie idee e anzi se la parabola del M5S è quella che vediamo di- pende proprio da un certo mo- do di fare l’opposizione. Dire che tutto va male non serve, ci vuole un cambio di paradigma culturale. Io il Vaffa non l’ho mai detto e non mi sogno di farlo. E sostenere che la classe politica è tutta uguale serve so- lo a disorientare i cittadini e aumentare le astensioni». Comunque Parma è attra- versata da una congiuntura astrale negativa. L’aeroporto vicino a chiudere, la squadra di calcio allo sbando, il Regio declassato, il debito che resta altissimo. «Il debito lo abbiamo ridotto a 550 milioni. L’aeroporto è da 10 anni in questa situazione a causa di una linea di galleggia- mento. Invece o lo ingrandisci o lo chiudi. Bisogna cercare un investitore da 50 milioni in su e un piano decennale». I cinesi della Izp sembrava- no rispondere a questo iden- tikit. «Ci si è appiattiti troppo sul- la loro offerta. Occorreva un bando pubblico». Perché tutti i faccendieri del calcio internazionale si danno convegno a Parma? «Tante cose non capisco. Ep- pure la squadra è il terzo brand della città dopo parmigiano e prosciutto e quindi me ne devo occupare. Ma quando vengo a sapere che ci sono a libro paga 250 calciatori mi cadono le braccia. Manenti non è più cre- dibile, non c’è voglia di presi- denti di questo tipo. Se lui non è in grado di continuare, si fac- cia da parte e basta». Ha avuto contatti con im- prenditori disposti a rilevare il club? «Concordo che non possia- mo stare ad aspettare che per ogni cosa intervenga Barilla, ci sono però persone credibili e solvibili che sarebbero anche disposte a farsi avanti e che si ritraggono. Oggi è difficile sti- mare persino quanti soldi ser- vano per ripartire. L’obiettivo comunque è ricominciare dalla serie B ed evitare ulteriori re- trocessioni». E il Teatro Regio? I giudizi parlano di una stagione an- ch’essa di serie B. «Ho ereditato un Regio con 11 milioni di debiti. Lo abbiamo risanato chiudendo il bilancio in pareggio. Il programma è stato dimezzato ma anche i fi- nanziamenti da Roma lo sono stati. Ma se il Regio rappresen- ta l’orgoglio di una comunità mi aspetto che si contribuisca a tenerlo in alto. Non si può solo criticare, ci vuole uno scatto di reni. E allora bisogna riempire il teatro così come un tifoso de- ve andare allo stadio. L’eccel- lenza è fatica». Come spiega che l’econo- mia reale di Parma è viva e ve- geta mentre l’economia am- ministrata prende solo schiaffi. «Parma non è in declino, vi- ve gli stessi problemi dell’Italia. La città è ricca e dobbiamo usa- re ciò come trampolino per ri- partire. Bisogna metterci la fac- cia, non basta più stare dietro le quinte. Non so se a Parma esistano dei poteri forti, al tem- po della vecchia Parmalat mi dicono di sì, ma forti o non for- ti è il momento che non si na- scondano». © RIPRODUZIONE RISERVATA dLe polemiche Qualcuno nel Pd vuole soltanto la rissa Il calcio? Manenti non è più credibile Sul «Corriere» L’inchiesta di Dario Di Vico pubblicata sabato sulla situazione di Parma «Io non dico mai Vaffa A Parma si critica e basta» Pizzarotti: è ora che i poteri locali, forti o no, ci mettano la faccia Il sindaco di Dario Di Vico JAGUAR XF R-SPORT LAUNCH EDITION. LO STILE SPORTIVO È GIÀ SULLA TUA STRADA. Cosa potevamo aggiungere alla tecnologia evoluta e al piacere di guida di XF? Lo stile sportivo di Jaguar XF R-Sport Launch Edition. Il design dinamico è accentuato dal body kit aerodinamico, prese laterali in stile “R”, soglie d’ingresso e volante con logo R-Sport. All’interno, comfort e cura nei dettagli. Un esempio? I sedili in morbida pelle martellata con inserti in tessuto e cuciture a contrasto. XF R-Sport 2.2D 200 CV Launch Edition con bluetooth, sensori di parcheggio posteriori e cerchi in lega da 18” è tua a € 488* al mese, Tan 3,50%, TAEG 4,68%. Jaguar è Best Brand secondo il sondaggio WhatCar? J.D.Power 2014. Per il terzo anno consecutivo l’affidabilità di Jaguar è vincente. Prenota il tuo Test Drive su www.xfrsport.it JAGUAR.IT HOW ALIVE ARE YOU? Consumi ciclo combinato da 4,9 a 11,6 l/100 km. Emissioni CO2 da 129 a 270 g/km. XF R-Sport Launch Edition 2.2 D 200 CV, con bluetooth, sensori di parcheggio posteriori e cerchi in lega da 18”. *Esempio di XF R-SPORT Launch Edition 2.2D 200 CV con programma Privilege per una percorrenza di 120.000 km. Offerta rivolta sia a Persone Giuridiche che a Privati. Prezzo di listino: € 49.500 (IVA inclusa, escl. IPT). Anticipo: € 17.768, 48 mesi, 47 rate di € 488,23 (comprensive di spese di incasso SEPA € 4,27 a rata); Valore Futuro Garantito: € 12.375; importo totale del credito € 31.366; spese apertura pratica € 427,00; bolli € 16,00; spese invio estratto conto: € 3,00/anno; importo totale dovuto: € 35.247. Tan fisso 3,50%; Taeg: 4,68%. Il Valore Futuro Garantito è da pagare solo nel caso il cliente tenga la vettura. Salvo approvazione JAGUAR FINANCIAL SERVICES. Iniziativa valida fino al 31/3/2015. Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Fogli informativi presso le Concessionarie Jaguar. CHI HA DETTO CHE LE JAGUAR SONO IRRAGGIUNGIBILI?
  • 12. 12 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primopiano La crisi Sul carro Un carro di Carnevale nella parata di ieri a Patrasso: la maschera del premier greco Alexis Tsipras tiene nella mano sinistra un euro e nella destra una dracma. Oggi Tsipras presenta le riforme a Bruxelles (Afp/Giota Korbaki) LeideediTsiprassultavolodellaUe «Menoburocrazia,lottaall’evasione» Atenepresentalalistadelleriforme.Varoufakis:creatività.LasinistradiSyrizadiceno Il difficile viene adesso. I quattro mesi di respiro finan- ziario che la Grecia ha ottenuto venerdì dall’Eurogruppo servo- no ad Atene per convincere i guardiani dell’austerità che si sono sbagliati, che sei anni di liberalizzazioni, di riduzione del peso dello Stato e delle pre- stazioni sociali sono stati un errore perché l’economia inve- ce di crescere si è prosciugata e il debito invece di calare è cre- sciuto. «Lavorerò notte e gior- no per escogitare riforme» al- ternative a quelle di riduzione del deficit pubblico che sono state applicate ovunque sino ad oggi, promette il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. E se alla fine i risultati non arrive- ranno perché l’Europa non si farà convincere la porta di usci- ta dall’euro è sempre lì a dispo- sizione. Il governo della sinistra gre- ca guidato da Alexis Tsipras discrezionalità politica è forte e sarà con l’esame delle proposte di oggi che si comincerà a mi- surare la reale volontà di conci- liazione delle parti. Il ministro Varoufakis spiega che disegnerà la nuova rotta economica con «creatività e fe- licità», «sicuro di poter convin- cere i colleghi europei». Tsi- pras ricorda l’impegno eletto- rale a combattere la crisi «uma- nitaria» e esclude gli aumenti dell’Iva e le limate alle pensioni chieste in passato dalla troika. Tra le stelle polari di Atene c’è il principio della spesa pubblica come «moltiplicatore» della crescita. «Vogliamo misure che sveglino il Paese dall’anestesia. Presenteremo piani per rende- re più efficiente la pubblica amministrazione e per recupe- rare risorse facendo pagare chi può farlo: gli evasori fiscali. Sa- rà una battaglia quotidiana, ogni centimetro andrà conqui- stato con grandi sforzi» . A pre- vedere tutto ciò è Nikos Pap- pas, amico d’infanzia di Tsipras e oggi ministro di Stato. Non è solo un problema gre- co. L’eco del dibattito politico continentale tra rigidi e flessi- bili, liberisti e statalisti, lo si percepisce dalle dichiarazioni allo spagnolo El País di una co- lomba tedesca come Martin Schulz, presidente del Parla- mento europeo. «Il problema di Syriza è che non hanno pro- poste concrete per il cambia- mento». Il problema è che «stanno crescendo partiti che dicono “votateci e cambieremo tutto”. Ma non si può cambiare tutto quando la realtà va al di là del tuo Paese». Andrea Nicastro @andrea_nicastro © RIPRODUZIONE RISERVATA presenterà oggi una prima tranche di proposte per giusti- ficare l’apertura di credito otte- nuta venerdì. L’Eurogruppo ha accettato di accantonare i pro- grammi dettati dalla troika al passato governo di centrode- stra per vedere quel «qualcosa di diverso» che promettono i greci. Non si discute più su te- sti presentati dai funzionari di Banca Centrale europea, Fon- do Monetario Internazionale e Unione europea, ma su idee «made in Greece». Il recupero di sovranità promesso da Syri- za, il partito di Tsipras prima delle elezioni del 25 gennaio, è tutto qui. Parrebbe poco e la si- nistra interna di Syriza già chiede un congresso straordi- nario per defenestrare il segre- tario, ma potrebbe non esser- lo. Il documento dell’Eurogrup- po, infatti, non ripete i target di surplus del 3% quest’anno e 4,5 l’anno venturo che Atene giudi- ca incompatibili con qualsiasi politica di rilancio. Accenna in- vece alla possibilità di modifi- care l’avanzo primario (cioè prima del pagamento degli in- teressi) a seconda «dell’anda- mento economico dell’anno». Con un testo così «ambiguo» (come dice Romano Prodi), la Reazioni Il tedesco Schulz (Europarlamento): «Il problema? Non hanno proposte concrete» L’eroe della Resistenza antinazista Glezos contro il governo: «Tradite le promesse» Manolis Glezos, l’eroe 92enne della Resistenza greca ai nazisti diventato eurodeputato di Syriza, attacca l’accordo di Bruxelles: un tradimento delle promesse elettorali. Su un blog Glezos chiede «scusa al popolo greco per aver preso parte a questa illusione. Rinominare la Troika “Istituzioni”... è come chiamare la carne “pesce”, ma non cambia le cose». Glezos fa appello agli «amici e sostenitori di Syriza: decidete se accettare questa situazione». Per il governo «Glezos forse non è stato bene informato».
  • 13. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 PRIMOPIANO 13 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Oggi, Alexis Tsipras consegnerà la sua «lista degli impegni» alla Ue. Ma qualcuno si chiede: riuscirà ad aggirare l’«assioma di Szasz»? Tradu- zione: a riempire di contenuto le promesse fatte e ricevute da tutti, in tanti vertici Ue, e spes- so farcite solo di parole? «Fles- sibilità», «periodo-ponte»... Chi si chiede tutto ciò è Ashoka Mody, economista in- diano di Princeton, già vice- presidente del dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, oggi analista dell’Istituto Bruegel di Bruxel- les. L’«assioma di Szasz» prende il nome dal banchiere centrale olandese André Szasz, che nel 1970 lo definì così: «Un com- promesso, non nel senso che gli Stati membri risolvono le loro differenze incontrandosi su posizioni intermedie, ma accordandosi su documenti che li facciano sentire liberi di premere ancora per le loro ri- chieste». Che cosa significa, nella real- tà? «Che così è stata la storia ri- corrente dell’euro — risponde Mody — parole e documenti che hanno significati comple- tamente differenti per le diver- se parti in campo. Ma ben al si- curo, all’interno della trappola retorica, il processo continua ad andare avanti. E le incon- gruenze continuano ad accu- mularsi». Per esempio? «Per esempio, la proposta avanzata il 16 feb- braio dalla Ue chiede ai greci di “fare il miglior uso della flessi- bilità già insita nel programma corrente”. Ah! Quella meravi- gliosa parola, flessibilità». Quando Matteo Renzi per la prima volta chiese ad Angela Merkel «flessibilità» — ha scritto lo stesso Mody nella sua ultima analisi per l’Istituto Bruegel — Angela Merkel tra- salì: «Qual è il problema? È già tutto nelle regole...». E allora che cosa avrà voluto dire il mi- gesti più dolci di questa crisi, Renzi ha donato a Tsipras una bella cravatta. Ma pubblica- mente, ha scelto di distanziarsi da lui. Ciò ha un senso, tattica- mente. Però il gioco verrà ripe- tuto». Vale a dire, presto potrà ri- trovarsi sulla griglia anche l’Italia. Per molti, Tsipras e Renzi si assomigliano. È così? «Sì, anche perché rappre- sentano un cambiamento ge- nerazionale. Sempre di più, la leadership arriverà dal gruppo che più è stato ferito dalla crisi. E se così sarà, altri ancora so- sterranno questa causa». loffeddu@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Un Paese in quattro scatti: dal debito alle riforme Il debito L’80% del debito greco è in mano a istituzioni pubbliche (in miliardi di euro) Disoccupazione giovanile (meno di 25 anni) I Paesi che hanno fatto più riforme (dal 2007 al 2014) Corriere della SeraFonte: RBS Credit Strategy, EC, Fmi, Bloomberg, Eurostat, OECD Banca centrale europea 20 Fmi 28 bond sul mercato 46 prestiti a breve termine 14 Unione Europea (attraverso l’EFSF, il Fondo di stabilità europeo, e prestiti di singoli Paesi) 187 0% 0,0 0,2 0,4 0,6 10% 20% 30% 40% 50% 60% Pil a confronto: più ricca la Grecia o Milano? (in miliardi di euro) SpagnaGrecia Italia Portogallo Cipro Belgio Francia Irlanda RegnoUnitoOlandaAustria Germ ania 0 100 200 300 400 500 600 Île deFranceLondraGreciaM adrid Düsseldorf Istanbul Stoccarda M ilanoColonia Grecia Portogallo Irlanda Spagna Austria Italia Gran Bretagna Francia Finlandia Svezia Olanda Germania Usa Belgio nistro Pier Carlo Padoan, dopo l’ultimo Eurogruppo, con il suo «Abbiamo vinto tutti»? «Aveva ragione — risponde ora l’economista indiano — perché l’assioma di Szasz fun- ziona temporaneamente. Ma ogni nuova decisione presa, genera nuove pressioni che de- vono poi essere contenute». Secondo Renzi, le sue pro- teste sulla flessibilità hanno avuto effetto nella Ue. «Sì, hanno avuto effetto. Hanno procurato all’Italia un qualche, assai modesto, sollie- vo dalla crisi. La situazione gre- ca è molto più dura. Ma la sua causa è identica a quella della situazione italiana. In uno dei L’intervista «L’assioma di Szasz: così si accontentano tutti» L’economistaindianoMody:leparolevagheneinegoziatiprovocanoulterioripressioni COME SALVARE LA GRECIA (se il suo debito è insostenibile?) I CONTI DI ATENE Ibondlegatiallacrescita unasoluzionepossibile Mal’ipotesi«Grexit» nonèancoradascartare DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO Ad Atene, Alexis Tsi- pras racconta di avere vinto, nella trattativa con i 18 partner dell’Eurozona: tutti sanno che, al momento, non è vero. A Ber- lino, colui che è apparente- mente il suo avversario princi- pale, Wolfgang Schäuble, du- rante il weekend si è invece guardato dall’usare toni da vin- citore: sa che nei prossimi gior- ni e settimane ci saranno guai. La situazione, in effetti, è de- licata, come forse non lo era mai stata finora, per l’Eurozo- na. Al di là del chi vince e del chi perde nei negoziati di Bru- xelles, il dato di fatto è che, al 175% del Prodotto interno lor- do, il debito greco non è soste- nibile. Si può continuare a fare finta che lo possa essere. Ma prima o poi la questione andrà affrontata. Oggi, la ex troika (Ue, Banca centrale europea, Fondo mo- netario internazionale) valute- rà la lettera inviata dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis nella quale si delineano alcuni obiettivi di Atene. Dalle indi- screzioni si capisce che avrà pochi numeri, probabilmente nessuno, per dimostrare la so- stenibilità del debito. E d’altra parte è stato lo stesso Varou- fakis a sostenere che il suo Pae- se è alla bancarotta. La questione, però, è stata focalizzata in questi giorni da molti osservatori. La Royal Bank of Scotland, ha per esem- pio scritto in un paper che «nel lungo termine il debito greco non è sostenibile». L’Fmi pre- vede che cali al 110-120% del Pil nel 2022 e perché ciò avvenga punta a una crescita annua da qui ad allora del 3,5% e a un avanzo pubblico primario (pri- ma degli interessi sul debito) di oltre il 4%. «Non realistico», di- ce Rbs: date le condizioni at- tuali (il Pil greco è tornato a contrarsi nel quarto trimestre del 2014) è probabile che, al 2022, il debito sia uguale o su- periore all’attuale. Rinviare e non riconoscere il problema si- gnifica aggravare la situazione. In questo quadro, dopo cin- que anni di crisi profonda, il Pil crollato del 24%, la disoccupa- zione al 25% e nessuna soluzio- ne in vista, l’uscita dall’euro sa- rebbe tra le opzioni da conside- rare. Ma nessuno dice di volere la Grexit. Il dipartimento di ri- cerca di Rbs, guidato da Alber- to Gallo, ha dunque fatto una simulazione, che finora non era mai stata effettuata, su una delle proposte avanzate dal nuovo governo di Atene e che in teoria potrebbe essere tra le meno inaccettabili dai partner europei. Si tratta della propo- sta di swap — in sostanza di lità maggiori di sostenere il de- bito. Servirebbero salvaguar- die: soprattutto, occorrerebbe essere certi di un’estrema cor- rettezza contabile. La cosa inte- ressante è che l’esercizio serve a dire che le soluzioni tecniche per affrontare la questione gre- ca non mancano (anche se non abbondano). L’ostacolo è politico. Da un lato si tratta di capire se il nuo- vo governo di Atene ha la credi- bilità per promuovere e garan- tire la gestione di un percorso del genere: il clima di sfiducia che ha creato nei giorni scorsi nelle trattative di Bruxelles non è un indicatore positivo. Dal- l’altro, c’è il problema dell’ac- cettabilità per i 18 partner della Grecia di una soluzione diversa dal pieno rispetto degli impe- gni presi. Questo è un ostacolo enor- me. Dare ad Atene una flessibi- lità maggiore di quella prevista — tale sarebbe lo swap — co- stituirebbe un affronto per quei governi che gli impegni presi con i partner li hanno ri- spettati e ora iniziano a veder- ne i risultati: soprattutto Porto- gallo, Irlanda e Spagna. Lo vi- vrebbero come un tradimento, non tanto perché alla Grecia si alleggerirebbe un peso ma so- prattutto perché le loro opinio- ni pubbliche li accuserebbero di incapacità. E questo sarebbe particolarmente grave in un Pa- ese come la Spagna, dove una forza di opposizione simil- Syriza, Podemos, è già ora forte nei sondaggi. E il primo tradi- tore sarebbe individuato nel governo tedesco. Per questo, il passaggio è estremamente delicato: il debi- to greco è insostenibile nelle condizioni attuali; l’alternativa politica potrebbe esserlo anche meno. @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA sostituzione — degli attuali ti- toli di debito greco con obbli- gazioni legate all’andamento del Pil ellenico stesso. Fissata una certa soglia di crescita del- l’economia, se si va sopra a quella Atene paga interessi su- periori a quelli stabiliti, sotto quella soglia, interessi inferio- ri. Il calcolo non è semplice, ci sono coefficienti da utilizzare, ma quello che conta è che Rbs abbia simulato una soluzione del genere — dice il suo paper — su diecimila casi di shock che possono colpire una nazio- ne in vent’anni: il risultato «mostra che i Paesi che usano i bond legati al Pil sono più ca- paci di sopportare shock nega- tivi», cioè raggiungono un rap- porto tra debito e Pil più basso. Con uno strumento del ge- nere, la Grecia avrebbe possibi- GIl Commissario al Lavoro E si aspetta il parere del «falco» Katainen (l.off.) Dombrovskis, Moscovici: quasi ogni giorno, vari commissari Ue spiegano ai media il caso greco. Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione e commissario al Lavoro e alla Crescita, finora no: è il più riservato di tutti. Perché questo dossier è stato affidato a Moscovici, spiegano a Bruxelles. Ma forse anche perché Katainen, considerato il più esperto e brillante teorico del rigorismo alla Merkel, non è entusiasta della trattativa «morbida» con Atene, e pensa d’accordo con Virgilio che «timeo Danaos, et dona ferentes»: «Temo i Danai, i Greci, anche quando portano doni...». © RIPRODUZIONE RISERVATA Lo studio G Il dipartimento di ricerca della Royal Bank of Scotland ha effettuato una simulazione su una delle proposte avanzate dal nuovo governo di Atene (nella foto sopra, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis) G Si tratta della proposta di swap (sostituzione) degli attuali titoli di debito greco con obbligazioni legate all’andamento del Pil ellenico stesso: fissata una certa soglia di crescita dell’economia, se la soglia viene superata Atene paga interessi superiori a quelli stabiliti. Sotto la soglia, invece, gli interessi sono inferiori. La simulazione mostra che i Paesi che usano i bond legati alla crescita raggiungono un rapporto tra debito e Pil più basso Chi è G Ashoka Mody, economista indiano, ex dirigente al Fmi e oggi analista dell’Istituto Bruegel a Bruxelles. Nel 2009 ha subito un attentato 175 per cento Il debito pubblico greco in rapporto al Prodotto interno lordo 110 per cento Il debito in rapporto al Pil nel 2022 secondo previsioni dell’Fmi di Danilo Taino di Luigi Offeddu
  • 14. 14 Lunedì 23 Febbraio 2015 Corriere della Sera
  • 15. Corriere della Sera Lunedì 23 Febbraio 2015 15 Primopiano Conti pubblici La vicenda G A prescindere «dall’esistenza di nuovi meccanismi di valutazione delle regole» il giudizio sui conti pubblici italiani, diceva a inizio anno il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan «non è un problema» G Il riferimento ai «nuovi meccanismi» era per le linee guida sulla flessibilità annunciate dalla Commissione Ue, in base alle quali, pur nel rispetto del tetto del 3% per il rapporto deficit/Pil, l’Europa ha deciso di concedere più tempo per un aggiustamento dei conti a quei Paesi che facciano le riforme G In ottobre la Commissione aveva sollevato perplessità sulla legge di Stabilità che non prevederebbe una sufficiente velocità di riduzione del deficit tale da rispettare le regole europee sul debito anche ai fini del pareggio di bilancio richiesto dal «Fiscal compact» e rinviato dal governo al 2017 insieme agli obiettivi sul debito per gli anni successivi. G Ottenuto in ottobre il via alla manovra 2015, ora la verifica sulle riforme Pagelle Ue anticipate per Francia e Italia Venerdìilsupplementod’esameallamanovra.Ilnododeldebito.Padoan:avantisullacessionediPosteeFs ConinuovimarginieuropeiRoma(conParigi)rischiameno,malaCommissionevalutanuovirilievi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES L’appuntamento è per il giorno dello stipendio, venerdì 27. E in questo caso, lo stipendio dell’Italia sarà il giu- dizio della Commissione Ue sul piano di Stabilità e crescita del governo Renzi. Era stato riman- dato da ottobre, prima a marzo e poi appunto a fine febbraio. Ed ora l’«udienza» è finalmen- te fissata, come quelle che ri- guardano Francia e Belgio. Tre Paesi che in un modo o nell’al- tro violano le regole del patto di Stabilità: non sono certo ri- dotti come la Grecia, ma posso- no rischiare una procedura di infrazione, cioè in media centi- naia di milioni di multa. L’Italia dovrebbe cavarsela con un’as- soluzione o al peggio con un’assoluzione a metà per in- sufficienza di prove, secondo le assicurazioni ufficiose ricevute da Bruxelles negli ultimi mesi e anche negli ultimissimi giorni. Per la Francia, il problema principale è un deficit che sfio- ra il 5% del Pil, ben oltre quel tetto massimo del 3% fissato dall’Ue. Per noi è invece il debi- to pubblico, 2.134,9 miliardi o il 131,6% del Pil, il secondo de- bito europeo dopo quello della Grecia, la ragione che ha spinto il Washington Post, l’altro gior- no, a definirci una «bomba ad orologeria», «il vero problema del continente». Non solo: «Da quando è stato creato l’euro, 16 anni fa, l’Italia è cresciuta solo del 4%», facendo «peggio della Grecia… Cosa è andato storto? Praticamente tutto. Hanno problemi di offerta e di do- manda, la prima parte significa che è troppo difficile avviare un’impresa, troppo difficile ampliarla e troppo difficile li- cenziare le persone. E questo rende le economie sclerotiche anche in tempi buoni, spacciati per tempi difficili». Il «Post» non è certo la voce del re Salomone, e vede le cose da una prospettiva atlantica che comprende una crescita sempre più forte e sicura. Ma la realtà di oggi, per Roma, ha davvero dei lati inquietanti: mentre per il deficit possiamo stare relativamente tranquilli, la Commissione ha lasciato tra- pelare che proprio il debito pubblico potrebbe essere la trappola di venerdì prossimo. Quello, e le riforme ancora in via di completamento: Fisco, privatizzazioni, mercato del la- voro. Esiste da tempo una “road map” delle cose da fare. L’ha ricordato ieri il ministro dell’Economia Per Carlo Pado- an, in un’intervista a «Italy 24»: «L’Italia ha fatto molto più di altri Paesi per ritirare progres- sivamente la presenza dello Stato dai settori dell’economia dove il mercato può essere più efficiente». Ora, tocca a Poste e Ferrovie, «settori che possono essere aperti alla concorrenza con l’obiettivo di creare più ef- ficienza»: e quindi «nel 2015 apriremo ai privati il capitale di queste società». Ma «senza svendere». Quanto alla riforma del Fisco, «è molto ampia, una vera e propria operazione di manutenzione straordinaria», e sarà varata a maggio. Luigi Offeddu loffeddu@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA QuellestimesulPil doveStatoegiustizia pesanopiùdellavoro GIl caso P iù 3,6% in sei anni. A tanto ammonterà la crescita aggiuntiva del Pil da qui al 2020 ottenuta grazie alle riforme. Un buon 0,6% l’anno, pari a poco meno di 10 miliardi di prodotto in più ogni dodici mesi. Il valore diffuso ieri del ministero dell’Economia non è distante dalla stima Ocse, leggermente più bassa: 3,3%. Ma cosa concorre a questo aumento? Il Jobs act con un più 0,9% in sei anni. Ma non sarebbe questo il maggior contributo. A fare la differenza potrebbero essere le riforme di pubblica amministrazione e giustizia. Con un buon 1,4% di crescita aggiuntiva del Pil da qui al 2020. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’analisi di Enrico Marro Il progetto Le due proposte di Sacconi mentre guadagna terreno anche nel governo la spinta a riaprire il cantiere previdenza (dati aggiornati al 23.01.2015) (legge n. 214/2011) 1ª SALVAGUARDIA (legge n. 135/2012) (legge n. 228/2012) 2ª SALVAGUARDIA TOTALE 170.230 97.996 NUMERO PERSONE SALVAGUARDATE CERTIFICAZIONI (decorrenza dal 2013 in poi) PENSIONI LIQUIDATE (Non comprende pensioni liquidate nella gestione ex Inpdap) Le sei operazioni di salvaguardia d’Arco 65.000 35.000* 16.130 5.000* 17.000 32.100 64.374 17.114 7.344 5.870 3.294 9.593 5.981 1.399 2.990 - 64.077 - 3ª SALVAGUARDIA (legge n. 124/2013) 4ª SALVAGUARDIA (legge n. 147/2013) 5ª SALVAGUARDIA (legge n. 147/2014) Fonte: Inps *Contingente rideterminato dall’art. 1 della legge n. 147 del 2014 6ª SALVAGUARDIA 44.114 11,7 miliardi Stanziati dallo Stato da qui al 2020 per le sei operazioni di salvaguardia Pensioni, la mini riforma strisciante Con sgravi alle imprese e riscatto laurea Spunta la sanatoria per mettere in regola partite Iva e co.co.co. GLa questione S anatoria in arrivo per favorire la stabilizzazione di false partite Iva e collaborazioni, quelle cioè che nascondono un rapporto di lavoro subordinato. La prevede l’articolo 48 dello schema di decreto legislativo sul riordino dei contratti che il governo ha mandato in Parlamento per i previsti pareri. Per promuovere la trasformazione dei falsi rapporti di lavoro precario nei nuovi contratti a tutele crescenti, fino al 31 dicembre 2015, i datori di lavoro privati che procedano alla stabilizzazione godono «dell’estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, salve le violazioni già accertate prima dell’assunzione». Se ciò non basterà, al lavoratore non resterà che rivolgersi al giudice. Enr. Ma. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA Se dipendesse solo dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il cantiere della previ- denza sarebbe già stato riaper- to da un pezzo. Tutte le volte che ne ha avuto l’occasione il ministro ha infatti sottolineato l’urgenza di «introdurre ele- menti di flessibilità» sull’età pensionabile anche per evitare il formarsi di ondate di lavora- tori anziani espulsi dalle azien- de ma lontani dal raggiungi- mento dei requisiti per la pen- sione che, una volta, esaurito il sussidio di disoccupazione, re- sterebbero senza reddito. In- somma i cosiddetti nuovi eso- dati, anche se il termine è im- proprio, perché gli esodati veri sono solo quelli che, usciti dal lavoro anticipatamente prima del 2012 con l’attesa di andare di lì a poco in pensione sono invece rimasti bloccati dallo scalone della riforma Fornero. Anche ieri Poletti, in un’in- tervista pubblicata da Avveni- re, ha rilanciato il tema della flessibilità, osservando che, tra l’altro, potrebbe convenire alle stesse imprese: «Quanto costa in termini di competitività te- nere al lavoro persone che già hanno dato tutto?». Solo che, intervenire per consentire, sia pure a determinate condizioni, di andare in pensione prima di quanto preveda la Fornero co- sta e crea problemi con la Com- missione europea. Eppure la discussione, sotto traccia, con- tinua. A partire dalla vecchia proposta (governo Letta) del mini anticipo: chi è a 2-3 anni dalla pensione e resta senza la- voro può chiedere un anticipo di 6-700 euro al mese che poi restituisce in piccolissime rate quando scatta l’assegno pieno. Intanto è significativo che la richiesta di flessibilizzare l’età di pensionamento non venga solo da sinistra e dai sindacati, ma anche da Ncd, alleato di maggioranza del Pd. Maurizio Sacconi, presidente della com- missione Lavoro del Senato, ha avanzato a Poletti due propo- ste. 1) Incentivare, nel caso di accordi tra azienda e dipen- dente sull’uscita anticipata dal lavoro, l’azienda stessa a inte- grare i contributi previdenziali del lavoratore. 2) Rendere mol- to più conveniente di ora il ri- scatto della laurea. Misure che avrebbero un duplice effetto: aumentare il risparmio previ- denziale e quindi l’importo della pensione; aiutare in molti casi chi rimane senza lavoro ma non ha i contributi suffi- cienti (ne servono 42 anni e mezzo) ad andare in pensione. Il tutto, continua Sacconi, an- drebbe accompagnato dal «fa- scicolo elettronico della vita at- tiva» per un monitoraggio del conto corrente previdenziale, con l’obiettivo di stimolare il la- voratore ad «accrescere il suo gruzzolo contributivo». Questi primi passi sono indi- spensabili, secondo l’ex mini- stro del Lavoro, per intervenire rispetto a una riforma Fornero ha reso «assurdamente rigida l’età di pensionamento». Il te- ma è ben presente anche a Pa- lazzo Chigi, ma i primi sondag- gi con Bruxelles non sono inco- raggianti. Ecco perché il gover- no prende tempo e dice: ne parleremo con la prossima leg- ge di Stabilità. Nel frattempo va avanti la telenovela degli eso- dati. Finora con 6 decreti dal 2012 a oggi sono state salva- guardate 170 mila persone, alle quali si è concesso di andare in pensione con le regole prece- denti alla Fornero. Ma i comita- ti esodati premono per un altro decreto per ampliare la platea. Palazzo Chigi è contrario, an- che perché le sei salvaguardie hanno già impegnato una spe- sa di quasi 12 miliardi fino al 2020. Per fare chiarezza Sacco- ni ha incaricato una commis- sione coordinata da Annama- ria Parente (Pd) di censire l’eventuale esistenza di altri esodati . In seguito a un ordine del giorno di Pietro Ichino (Pd) è stato predisposto un modulo che verrà messo online sul sito del Senato («è questione di set- timane», dice Parente) dove chi ha perso il posto in seguito ad accordi con l’azienda prima della Fornero potrà dichiararsi, allegando l’atto di scioglimen- to del rapporto di lavoro. Pa- rente e Ichino sono convinti che di esodati veri ne siano ri- masti pochi. Il resto, dice Ichi- no, «sono disoccupati anziani che non hanno i requisiti per la pensione: vanno assistiti con le indennità di disoccupazione e con attività di ricollocamento, ma non sono esodati in senso tecnico». © RIPRODUZIONE RISERVATA GLa parola ESODATI È un neologismo di fine 2011: identifica i lavoratori che intendevano ritirarsi dal lavoro in anticipo dopo intese (anche collettive) con l’azienda. L’improvviso innalzamento dell’età del ritiro per la riforma Fornero ha fatto sì che siano rimasti senza stipendio, pensione o ammortizzatori. di Rita Querzé 132 per cento il rapporto tra debito (2.134,9 miliardi) e Pil Per l’esattezza il rapporto è pari al 131,6% Welfare Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti