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UNIVERSITÀ DEL SALENTO
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica
PROGETTAZIONE ASSISTITA E MECCANICA SPERIMENTALE
RELAZIONI TECNICHE DI
LABORATORIO GRUPPO 3
Docente:
Chiar.mo Prof. Ing. Riccardo Nobile
Studente:
Antonio DELLE DONNE
Federico GRECO
Piero NACCI
Fabrizio VENA
ANNO ACCADEMICO 2016-2017
Il presente lavoro è stato realizzato a termine del corso di Progettazione
Assistita e Meccanica Sperimentale tenuto dal Prof. Ing. Riccardo Nobile, nell’anno
accademico 2016-2017.
Ci è stato richiesto di stilare delle relazioni tecniche riferite alle prove realizzate
durante il corso.
Le prove in questione sono state quattro, di cui tre utilizzando le tecniche
estensimetriche ed una invece tramite la termografia per la valutazione di difetti
superficiali.
A tal proposito si è scelto di dividere il presente lavoro in 3 capitoli:
- Capitolo 1: analisi delle sollecitazioni e deformazioni di un sistema trave;
- Capitolo 2: analisi tensione residue in uno stato tensionale piano;
- Capitolo 3: valutazione difetti tramite tecniche termografiche.
Capitolo 1
Sommario
1. Introduzione................................................................................................................................... 1
2. Teoria estensimetria....................................................................................................................... 2
2.1 Estensimetro elettrico a resistenza............................................................................................. 2
2.2 Circuiti per le misure estensimetriche ....................................................................................... 5
2.3 Preparazione provino................................................................................................................. 7
3. Prova di flessione........................................................................................................................... 9
3.1 Caratteristiche generali............................................................................................................ 10
3.2 Cenni di teoria della trave........................................................................................................ 12
3.3 Elaborazione dati..................................................................................................................... 14
3.4 Analisi FEM ............................................................................................................................ 18
3.5 Conclusioni.............................................................................................................................. 23
4. Prova di trazione.......................................................................................................................... 24
4.1 Caratteristiche generali............................................................................................................ 24
4.2 Cenni di teoria della trave........................................................................................................ 26
4.3 Elaborazione dati..................................................................................................................... 28
4.3.1 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN con correzione della St ............................................ 29
4.3.2 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN senza correzione della St ......................................... 30
4.3.3 Range valutato da 2 kN a 9 kN con correzione della St .................................................. 31
4.3.4 Range valutato da 3 kN a 8 kN con correzione della St .................................................. 32
4.3.5 Range valutato da 4 kN a 7 kN con correzione della St .................................................. 33
4.3.6 Range valutato da 5 kN a 6 kN con correzione della St .................................................. 34
4.3.7 Fase di scarico ................................................................................................................. 35
4.4 Analisi FEM ............................................................................................................................ 36
4.5 Conclusioni.............................................................................................................................. 40
1
Capitolo 1
1. Introduzione
Obiettivo della seguente relazione tecnica è descrivere in maniera esaustiva le due esperienze di
laboratorio riguardanti il metodo sperimentale dell'estensimetria mediante utilizzo di estensimetri elettrici a
resistenza, riportandone i risultati ottenuti. Le misure puntuali effettuate con tale tipologia di indagine sono le
più diffuse nell'ambito industriale e della ricerca perché permettono di determinare lo stato tensionale e
deformativo dei componenti e delle strutture. In questa maniera tale tecnica di analisi sperimentale delle
deformazioni/tensioni assume il ruolo di potente ed efficace strumento di indagine e monitoraggio nei diversi
stadi di vita di un prodotto: progettazione, validazione del prototipo prima della produzione, prove di sicurezza
e sovraccarico, prove per l'analisi di rotture in servizio.
Nello specifico le prove di laboratorio consistevano nell'applicazione di estensimetri elettrici a
resistenza sulle superfici di determinati provini e sul rilevamento in tempo reale delle deformazioni provocate
dall'applicazione di carichi specifici (due estensimetri, uno orientato secondo la direzione longitudinale e l'altro
secondo la direzione trasversale del provino sottoposto a trazione nella prima prova, un solo estensimetro
orientato secondo la direzione longitudinale del provino sottoposto a flessione nella seconda prova).
Successivamente, sono state confrontate le misure sperimentali con i dati analitici, ricavati attraverso l'uso
delle relazioni note dalla Scienza delle Costruzioni.
In particolare, quindi, sono state analizzate due diverse tipologie di test:
- Il primo realizzato andando ad applicare su di un componente in Waspaloy un carico di trazione con
una macchina a fatica con lo scopo di andare a valutare il modulo di Young (E) e il modulo di
Poisson (ν), si è proceduto successivamente anche al confronto tra i valori numerici e quelli
sperimentali;
- Il secondo realizzato andando ad applicare su di un componente in alluminio un carico di flessione
tramite un micrometro flessionale con lo scopo di andare a valutare la deformazione longitudinale
e confrontando i valori sperimentali con quelli analitici (e FEM).
Per facilità di comprensione si è preferito dividere il presente lavoro in tre parti nelle quali, la prima
parte presenta un carattere generale introducendo la tecnica dell’estensimetria (estensimetro e circuiti per
misure), la seconda si riferisce in particolare alla prova di trazione e l’ultima alla prova di flessione.
Nelle ultime due sezioni si valuteranno dei concetti di Scienza delle Costruzioni, propedeutici al
commento degli elaborati ottenuti.
2
Capitolo 1
2. Teoria estensimetria
L’estensimetria è una tecnica di analisi sperimentale, non distruttiva che permette di rilevare le
tensioni/deformazioni in un pezzo meccanico.
Tale rilevazione viene effettuata attraverso l’estensimetro, un dispositivo che ha la funzione di misurare
la deformazione di un componente sottoposto a carichi meccanici o termici al fine di poter ricavare lo stato
tensionale. Tali dispositivi misurano la deformazione di un componente sottoposto a sollecitazioni meccaniche
o termiche e sono in grado di rilevare la variazione di distanza ΔL tra due punti di uno stesso corpo, posti alla
distanza iniziale L0. I loro campi di applicazione vanno quindi dall'analisi sperimentale di tensioni e
deformazioni alla realizzazione di trasduttori per la misura di grandezze quali forza (celle di carico), coppia,
peso, pressione.
Sono disponibili in commercio varie tipologie di estensimetri che si differenziano in base al principio di
funzionamento. Ad esempio abbiamo gli estensimetri induttivi, capacitivi e resistivi.
Nella seguente relazione si prenderanno in considerazione gli estensimetri elettrici a resistenza, utilizzati
nelle prove di laboratorio e con i quali il risultato della misura è di tipo puntuale ed espresso in termini di
deformazione.
2.1Estensimetro elettrico a resistenza
La deformazione di un corpo, in generale, oltre a produrre una variazione di forma e di volume, dà luogo
a delle variazioni delle proprietà fisiche del materiale; il principio fisico sfruttato nel funzionamento degli
estensimetri è, quindi, la variazione di resistenza elettrica, ΔR, originata in un conduttore sottoposto a
deformazione. L'estensimetro consiste in una griglia di misura, costituita da una sottile lamina di lega
fotoincisa, che consente di avere uno spessore del conduttore di 3–5 μm , annegata in un sottilissimo strato di
materiale polimerico che funge da supporto, il quale provvede all'isolamento elettrico della griglia dalla
struttura, alla stabilità dimensionale del sensore durante le operazioni di installazione, alla trasmissione della
deformazione della struttura sottostante alla griglia e al sostegno dei sottilissimi filamenti. Alle due estremità
della griglia sono posti due reofori, ossia i connettori per il collegamento del sensore al circuito di misura (Fig.
1).
Figura 1: Estensimetro
3
Capitolo 1
L’estensimetro viene incollato, mediante un preciso procedimento, sulla superficie del pezzo del quale
si vogliono calcolare le deformazioni durante una sollecitazione. Queste deformazioni vengono trasmesse alla
griglia causando una variazione proporzionale di resistenza elettrica. Tale variazione verrà quindi letta da
appositi strumenti con una risoluzione dell’ordine dei µm/m.
La legge che regola la variazione di resistenza elettrica è data da:
𝑅 = 𝜌
𝑙
𝐴
dove:
𝑅 è la resistenza elettrica;
𝜌 è la resistività del materiale;
𝑙 è la lunghezza del conduttore;
𝐴 è l’area della sezione trasversale.
Da questa legge si ottiene:
log 𝑅 = log 𝜌 + log 𝑙 − log 𝐴
𝑑𝑅
𝑅
=
𝑑𝜌
𝜌
+
𝑑𝑙
𝑙
−
𝑑𝐴
𝐴
dove:
𝑑𝑙
𝑙
= 𝜀1 è la deformazione
𝑑𝐴
𝐴
= 2×
𝑑𝑏
𝑏
e b è il raggio del conduttore
Tramite la definizione di coefficiente di Poisson otteniamo:
𝑑𝑅
𝑅
=
𝑑𝜌
𝜌
+ 𝜀1×(1 + 2υ)
Questa relazione lega direttamente la variazione di resistenza alla deformazione longitudinale.
Di seguito vengono riportate le proprietà principali di un estensimetro.
 Resistenza elettrica nominale: dipende dalle dimensioni della griglia e dalla resistività del materiale.
Essa assume i valori standard principali di 120 Ω (materiali metallici), 350 Ω (materiali compositi e
trasduttori), 700 Ω, 1000 Ω.
 Resistenza di isolamento: è la resistenza elettrica che si misura tra la griglia estensimetrica e la
superficie su cui l'estensimetro è installato; si configura come una resistenza in parallelo a quella
dell'estensimetro installato R0 e non deve essere inferiore a 1000 MΩ.
 Sensibilità alla deformazione: per un estensimetro sottoposto ad uno stato di deformazione biassiale
prodotto da una sollecitazione monoassiale il rapporto tra la variazione di resistenza relativa
𝑑𝑅
𝑅
e la
deformazione longitudinale ε è definito fattore di taratura K (gage factor):
4
Capitolo 1
K = [ 𝛥𝑅
𝑅0
1
𝜀
]εt = – νε =
𝑑𝑅
𝑅
𝜀
=
𝑑𝜌
𝜌
𝜀
+ 1 + 2ν
con R0 resistenza dell'estensimetro installato. Il valore del fattore di taratura viene determinato
sperimentalmente dagli stessi produttori, i quali applicano metodi statistici. Esso dipende principalmente dal
materiale utilizzato (K compreso tra 2 e 4 per estensimetri metallici, fino a 150 per estensimetri a
semiconduttore) ed è dipendente dalla temperatura di prova (in prima approssimazione si può assumere una
legge di variazione lineare):
KT = K (1 + βKΔT)
con βK coefficiente di temperatura e ΔT differenza tra la temperatura di prova e quella di riferimento (in
genere 20°C).
 Sensibilità trasversale: è la variazione di resistenza elettrica causata dall'applicazione di una
deformazione perpendicolare all'asse dell'estensimetro (contributo alla variazione della resistenza
dovuto ai tratti trasversali della griglia). Il suo valore è ridotto al minimo affinché la misura della
deformazione sia accurata (generalmente pari all' 1 – 2 % della sensibilità longitudinale).
 Portata o deformazione massima: è la massima deformazione che può essere applicata
all'estensimetro installato su una struttura registrando una misura di deformazione affetta da un
errore non superiore al 10%.
 Sensibilità alla temperatura: Il valore della temperatura nella zona in cui si effettua la misura e la
variazione di temperatura durante la prova sono fattori molto importanti da considerare nella tecnica
estensimetrica. Il calore presente sul provino o quello generato nell'estensimetro stesso dal passaggio
di corrente (effetto Joule) possono causare alcuni inconvenienti come ad esempio il deterioramento
dell'adesivo, del supporto e della griglia che producono una misura non corretta. Inoltre ad elevati
livelli di temperatura è importante conoscere quanto tempo può resistere l'incollaggio e come si
comportano gli elementi di connessione (cablaggi).
 Precisione.
5
Capitolo 1
2.2Circuiti per le misure estensimetriche
La lettura delle piccole variazioni di resistenza indotte dalle deformazioni dell'estensimetro necessitano
di un circuito di collegamento che sia in grado di fornire un segnale amplificato. Il circuito più adatto è quello
del collegamento tramite ponte di Wheatstone.
Figura 2: Rappresentazione ponte di Wheatstone
Questo circuito permette di misurare la variazione di resistenza leggendo la differenza di potenziale
ΔVout, detta tensione di sbilanciamento, che si genera ai capi non alimentati del ponte. Oltre a rimediare al
problema di una bassa sensibilità dell'estensimetro, il ponte di Wheatstone consente di compensare le
deformazioni termiche e di distinguere gli effetti dovuti ad azioni meccaniche differenti. Il circuito si compone
di quattro lati occupati da resistori, alimentati da una tensione VIN attraverso due nodi; i restanti nodi sono
sottoposti a una tensione ΔVOUT oggetto di misura.
Studiando il circuito di sopra è facile risalire al valore di Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 (Tensione di sbilanciamento):
Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 = 𝑉𝑖𝑛
𝑅1 𝑅3 − 𝑅2 𝑅4
(𝑅1 + 𝑅4)(𝑅2 𝑅3)
Nell’ipotesi di avere ciascuna delle resistenze R= cost, se il sistema non è soggetto a nessun tipo di
sollecitazione, la Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 è nulla (sistema bilanciato). Nel caso in cui interviene una sollecitazione esterna,
ciascuna delle resistenze modifica il proprio valore e quindi il valore di Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 sarà pari a:
Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 =
𝑉𝑖𝑛
4
(
∆𝑅1
𝑅1
−
∆𝑅4
𝑅4
+
∆𝑅3
𝑅3
−
∆𝑅2
𝑅2
)
Da cui:
Δ𝑉𝑜𝑢𝑡 =
𝑉𝑖𝑛
2
×(𝜀1 − 𝜀2 + 𝜀4 − 𝜀3)
In generale, a seconda del numero di estensimetri collegati al circuito, esistono tre possibili
configurazioni di collegamento del ponte di Wheatstone e precisamente:
6
Capitolo 1
 collegamento a ponte intero, realizzato con l'utilizzo di quattro estensimetri. Viene usato per
compensare gli effetti termici e per eliminare le deformazioni cosiddette spurie (derivanti da
carichi di diversa tipologia). Il segnale viene amplificato del fattore 4.
 collegamento a mezzo ponte, realizzato con l'utilizzo di due estensimetri e due resistenze di
completamento. Il segnale viene amplificato del fattore 2.
 collegamento a quarto di ponte, soluzione più economica in quanto è realizzato con l'utilizzo di un
solo estensimetro e di tre resistenze di completamento. Non consente la compensazione degli effetti
termici (vengono invece utilizzati estensimetri autocompensati), né l'eliminazione di deformazioni
spurie. Il segnale non viene amplificato.
Figura 3: Collegamento ponte di Wheatstone-centralina estensimetrica
7
Capitolo 1
2.3Preparazione provino
Di seguito si illustra come predisporre la superficie ad ospitare lo strain gage.
L’operazione di installazione degli estensimetri avviene secondo i seguenti step:
1. Si utilizza la carta abrasiva a grana fine in carburo di silicio in corrispondenza del punto di
applicazione dell’estensimetro per aumentare le asperità in modo da migliorare l’incollaggio.
2. Si pulisce con alcool per togliere grassi, solventi, oli e parti metalliche tramite delle garze.
3. Si procede con la tracciatura tramite un tracciatore per metalli. Se montiamo l’estensimetro nel
punto sbagliato avremo una misura sbagliata.
4. Si tracciano delle linee di riferimento ortogonali con un pennarello in modo da posizionare
correttamente l’estensimetro, l’operazione viene agevolata mediante l’uso di squadre;
5. Si va ad intagliare o con una penna a sfera o con un coltello; durante l’operazione non bisogna
premere eccessivamente dal momento che trattandosi di un intaglio se fosse troppo profondo
produrrebbe delle tensioni residue che invaliderebbero i dati assunti.
6. Si opera la pulizia della zona individuata per mezzo di garze tramite:
a. Acido fosforico che sgrassa la superficie (M-Prep Conditioner A);
b. Neutralizzatore (M-Prep Neutralizer 5) a base di ammoniaca;
Da notare che la superficie trattata non deve più essere toccata altrimenti viene nuovamente contaminata.
7. Si posiziona l’estensimetro collocandolo con la griglia fotoincisa rivolta verso l’alto (esterno)
sul banco di prova dopo che quest’ultimo è stato opportunamente pulito con alcool; a questo
punto viene posto un nastro adesivo sulla parte superiore dell’estensimetro. In tutte queste
operazioni l’estensimetro non dev’essere toccato ma bisognerà spostarlo solo con le pinze.
8. Si pone, grazie al nastro appena applicato, l’estensimetro sul provino, prestando attenzione a far
coincidere la croce di riferimento della griglia con la croce intagliata nel provino.
9. Si applica il catalizzatore (Adesivo M-Bond 200) con delle garze sull’estensimetro nella parte
che si interfaccia con il provino, attendendo che evapori la sostanza; si applica solo una passata.
10. Si applica una goccia di ciano acrilato (colla) per l’incollaggio dell’estensimetro sempre nella
porzione compresa tra estensimetro e superficie del provino.
Figura 4: Agenti usati, da sinistra a destra: Acido, Neutralizzatore, Catalizzatore, Ciano acrilato
8
Capitolo 1
11. Tramite una pressione di pochi secondi realizzata con una garza viene definitivamente incollato
l’estensimetro.
12. Il posizionamento delle basette necessita della stessa procedura vista dai punti 1 a 10.
13. Si realizza la saldatura dei terminali tramite stagno cortocircuitando il cavo rosso col bianco su
di una basetta e il nero sull’altra, questa operazione permette la connessione dell’estensimetro
con la centralina estensimetrica realizzando un ponte di Wheatstone a 3 fili.
14. Si pone del nastro carta per impedire spostamenti involontari che potrebbero dissaldare i punti
di saldatura realizzati.
15. Opzionalmente, a seconda della tipologia del test si può procedere ad applicare uno strato di
vernice poliuretanica, come nel caso del test di trazione in questa trattazione.
16. Valutazione della resistenza elettrica nominale e di isolamento.
Figura 5: Provino finale
Per concludere, precisiamo che la colla utilizzata non deve essere troppo poca poiché non ci sarebbe
un’adeguata adesione tra estensimetro e pezzo, ma neppure eccessiva, in quanto finirebbe per creare uno strato
elastico impedendo all’estensimetro di deformarsi come il pezzo, provocando problemi di variazione apparente
di K, di isteresi e di deriva; inoltre aumenterebbe la difficoltà da parte della griglia sensibile di dissipare il
calore prodotto. In aggiunta l’estensimetro deve essere sì ben incollato al pezzo ma deve sussistere anche un
perfetto isolamento elettrico tra griglia e la superficie su cui è incollato.
La presente procedura di installazione viene riportata nel documento Micro-Measurements, Vishay.
"Strain gage installations with M-Bond 200 Adhesive." Instruction Bulletin, B-127-14 (2005): 1-4.
9
Capitolo 1
3. Prova di flessione
La prova consiste nel confronto dei valori sperimentali e teorici delle deformazioni Ɛz per un elemento
trave incastrata-libera in alluminio al variare della freccia in punta, fy. Le dimensioni della trave, sono:
 ℎ = 5.12 𝑚𝑚
 𝐿 = 254 𝑚𝑚 (lunghezza realmente considerata, valutata dall’incastro al punto di applicazione del
carico)
 𝑏 = 25 𝑚𝑚
 𝐿 𝑡𝑜𝑡 = 305 𝑚𝑚 (lunghezza totale asta)
Figura 6: Trave incastrata con dimensioni pari al provino esaminato
Il modello utilizzato per descrivere il comportamento a flessione della trave è quello di Saint Venant.
La trave è montata a sbalzo per mezzo di un morsetto a vite. La distanza tra l’incastro ed il punto di applicazione
della freccia e di 254 mm. La freccia viene imposta tramite un punzone che impone alla trave una freccia di
0,5 𝑚𝑚/𝑔𝑖𝑟𝑜 da 0 [mm] fino a 10 [mm] per la prova di carico e poi da 10 [mm] a 0 [mm] per lo scarico.
Figura 7: Provino esaminato montato sul micrometro flessionale
10
Capitolo 1
3.1Caratteristiche generali
Il tipo di estensimetro utilizzato ha una lunghezza di griglia di 3 mm (0.25 pollici ca.), 120 Ω.
L’estensimetro è autocompensato per leghe di alluminio; avremo degli errori in termini di temperatura ma
andando a realizzare delle prove di breve durata riduciamo l’errore. Usiamo come collegamento un ponte di
Wheatstone a 3 fili.
Il dato più importante che ci viene fornito è il Gage Factor K (2.11±0.5%).
Per interfacciarci col sensore applicato sul provino si è predisposto il collegamento con la centralina
estensimetrica; successivamente si è utilizzato il software CatMan che previo input delle caratteristiche
costruttive dell’estensimetro (Gage Factor = 2,11 e GridResistance = 120Ω), della tipologia di ponte di
Wheatstone (1/4 nel nostro caso) e taratura iniziale, converte il segnale elettrico in valore numerico espresso
in µƐ/m. Inoltre vengono settati sul PC sia la frequenza di campionamento (5 Hz) e il valore di alimentazione
che per default è 2.5 V.
Figura 8: Scheda tecnica estensimetro Figura 8: Centralina estensimetrica
Seguendo la normativa il collegamento dei cavi con la centralina è stato tale da avere i cavi
cortocircuitati al canale 2 e il cavo nero al canale 1. Lo spegnimento delle spie luminose sulla centralina è
sintomatico di un corretto collegamento.
Prima di realizzare il test ci si assicura di procedere con cicli di carico, tali da allenare il provino e
permettere di non realizzare fenomeni di isteresi.
Figura 9: Collegamento terminali estensimetro-centralina estensimetrica
11
Capitolo 1
Prima di realizzare la prova è stato necessario verificare che il dato riportato sulla scheda tecnica
dell’estensimetro in riferimento alla resistenza di isolamento R0 fosse corretto e non avessimo ottenuto un
valore inferiore dettato da un cattivo incollaggio dell’estensimetro. A tal proposito abbiamo usato un ohmetro,
il 1300 GAGE INSTALLATION TESTER collegando le estremità libere dei terminali elettrici legati
all’estensimetro:
Figura 10: Verifica resistenza di isolamento
In questo modo si è verificato che la resistenza di isolamento, come si può notare in figura, fosse
superiore a 10 MΩ, confermando di non aver commesso errori nell’incollaggio dell’estensimetro.
La resistenza di isolamento valutata è circa 20 MΩ.
Per verificare anche la saldatura corretta dell’estensimetro si è proceduto a valutare la resistenza elettrica
nominale tramite un multimetro. Abbiamo:
Figura 11: Verifica resistenza nominale estensimetro
Come si può notare dalla figura la resistenza elettrica risulta pari a 120 Ω.
12
Capitolo 1
Confortati da questi valori, si è potuto procedere con la misura vera e propria, realizzata valutando in
realtime l’andamento della deformazione (Ɛz) valutata in funzione del tempo, dal quale poi è stato possibile
estrapolare un file ASCII che ha permesso la successiva elaborazione dei dati. Dal monitor abbiamo ottenuto
il seguente grafico:
Figura 12: Grafico deformazione valutata-tempo
3.2Cenni di teoria della trave
Dalla teoria del De Saint Venant si definisce la legge differenziale che lega la freccia al carico di
flessione applicato ad una trave montata a sbalzo. Si riporta la schematizzazione nella figura seguente:
Figura 13: Schematizzazione dimensionale trave a sbalzo con estensimetro
-40
-20
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
220
240
260
280
300
320
340
360
380
400
420
440
460
480
0
13
27
40
54
67
80
94
107
121
134
147
161
174
188
201
214
228
241
255
268
281
295
308
322
335
348
362
375
389
402
415
429
442
456
469
482
496
Deformazionevalutata(μm/m)
Tempo (s)
Prova flessione gruppo 3
13
Capitolo 1
Dalla teoria conosciamo la risoluzione dell’equazione differenziale della linea elastica per le travi:
𝑑2
𝑓
𝑑𝑧2
= −
𝑀𝑥
𝐸𝐼 𝑥
dove:
E: modulo di Young del provino che per l’alluminio assumiamo pari a 70 [GPa];
Ix: momento d’inerzia di una sezione rettangolare 𝐼𝑥 =
𝑏ℎ3
12
.
Figura 14: Momento d’inerzia
Nell’analisi FEM riportata in calce è stato assunto un sistema di riferimento tale per cui la lunghezza si
sviluppa lungo la coordinata x, motivo per cui nella figura precedente consideriamo il momento d’inerzia
cercato pari a Iz= 279.62 [m4
].
L’espressione precedente risulta un’equazione del secondo ordine la cui soluzione è determinata
attraverso l’imposizione di due condizioni al contorno, ovvero z(0)=0 e z’(0)=0. In questo modo otteniamo la
relazione:
𝑓 =
𝐹𝑦 𝑙3
3𝐸𝐼 𝑥
Sapendo che l’estensimetro è stato posizionato ad una distanza pari a d = 106.5 [mm] dal punto di
applicazione della forzante, il momento flettente a cui il provino è sottoposto è dato da:
𝑀𝑥 = 𝐹𝑦 𝑑
14
Capitolo 1
e la deformazione ad esso associata sarà pari a:
Ɛ 𝑧 =
𝑀 𝑥
𝐸𝐼 𝑥
ℎ
2
Dove, in questo caso
ℎ
2
= 2.56 [mm], poniamo
ℎ
2
al posto di y in quanto stiamo considerando la linea
baricentrica. La relazione è stata ottenuta considerando il legame costitutivo dal momento che 𝜎𝑧 =
𝑀 𝑥
𝐼 𝑥
ℎ
2
.
3.3Elaborazione dati
Da queste considerazioni possiamo riassumere, per la prova di carico e scarico:
freccia
[mm]
Fy [N]
Mx
[Nmm]
σz [N/mm2
] εz [mm/mm] εz [μm/m]
0,5 1,791663 190,81213 1,746938927 2,49563E-05 24,95627038
1 3,583326 381,62427 3,493877854 4,99125E-05 49,91254077
1,5 5,37499 572,4364 5,240816781 7,48688E-05 74,86881115
2 7,166653 763,24854 6,987755708 9,98251E-05 99,82508154
2,5 8,958316 954,06067 8,734694635 0,000124781 124,7813519
3 10,74998 1144,8728 10,48163356 0,000149738 149,7376223
3,5 12,54164 1335,6849 12,22857249 0,000174694 174,6938927
4 14,33331 1526,4971 13,97551142 0,00019965 199,6501631
4,5 16,12497 1717,3092 15,72245034 0,000224606 224,6064335
5 17,91663 1908,1213 17,46938927 0,000249563 249,5627038
5,5 19,7083 2098,9335 19,2163282 0,000274519 274,5189742
6 21,49996 2289,7456 20,96326712 0,000299475 299,4752446
6,5 23,29162 2480,5577 22,71020605 0,000324432 324,431515
7 25,08329 2671,3699 24,45714498 0,000349388 349,3877854
7,5 26,87495 2862,182 26,2040839 0,000374344 374,3440558
8 28,66661 3052,9941 27,95102283 0,0003993 399,3003262
8,5 30,45827 3243,8063 29,69796176 0,000424257 424,2565965
9 32,24994 3434,6184 31,44490069 0,000449213 449,2128669
9,5 34,0416 3625,4305 33,19183961 0,000474169 474,1691373
10 35,83326 3816,2427 34,93877854 0,000499125 499,1254077
Tabella 1: εz prova di carico
15
Capitolo 1
freccia [mm] Fy [N] Mx [Nmm] σz [N/mm2
] εz [mm/mm] εz [μm/m]
10 35,83326 3816,242678 34,93877854 0,000499 499,1254077
9,5 34,0416 3625,430544 33,19183961 0,000474 474,1691373
9 32,24994 3434,61841 31,44490069 0,000449 449,2128669
8,5 30,45827 3243,806276 29,69796176 0,000424 424,2565965
8 28,66661 3052,994142 27,95102283 0,000399 399,3003262
7,5 26,87495 2862,182008 26,2040839 0,000374 374,3440558
7 25,08329 2671,369874 24,45714498 0,000349 349,3877854
6,5 23,29162 2480,557741 22,71020605 0,000324 324,431515
6 21,49996 2289,745607 20,96326712 0,000299 299,4752446
5,5 19,7083 2098,933473 19,2163282 0,000275 274,5189742
5 17,91663 1908,121339 17,46938927 0,00025 249,5627038
4,5 16,12497 1717,309205 15,72245034 0,000225 224,6064335
4 14,33331 1526,497071 13,97551142 0,0002 199,6501631
3,5 12,54164 1335,684937 12,22857249 0,000175 174,6938927
3 10,74998 1144,872803 10,48163356 0,00015 149,7376223
2,5 8,958316 954,0606694 8,734694635 0,000125 124,7813519
2 7,166653 763,2485356 6,987755708 9,98E-05 99,82508154
1,5 5,37499 572,4364017 5,240816781 7,49E-05 74,86881115
1 3,583326 381,6242678 3,493877854 4,99E-05 49,91254077
0,5 1,791663 190,8121339 1,746938927 2,5E-05 24,95627038
Tabella 2: εz prova di scarico
Possiamo affiancare i valori teorici appena ottenuti con i valori assunti dalla prova sperimentale ottenuti
andando a considerare una media aritmetica dei valori presenti sui vari tratti a tangenza orizzontale sul grafico
in fig.12. In questo modo, si è ottenuto:
freccia [mm] deformazione reale[μm/m] Deformazione teorica [μm/m] Errore
0,5 23,46545455 24,95627038 5,97
1 46,15166667 49,91254077 7,53
1,5 69,40818182 74,86881115 7,29
2 92,29033333 99,82508154 7,55
2,5 114,7387097 124,7813519 8,05
3 137,247027 149,7376223 8,34
3,5 159,8569231 174,6938927 8,49
4 182,8142308 199,6501631 8,43
4,5 205,6185714 224,6064335 8,45
5 225,6654545 249,5627038 9,58
5,5 250,6725 274,5189742 8,69
6 272,6879545 299,4752446 8,94
6,5 294,7122222 324,431515 9,16
7 317,7144898 349,3877854 9,07
7,5 340,603125 374,3440558 9,01
8 362,947069 399,3003262 9,10
8,5 384,7714583 424,2565965 9,31
9 407,4355263 449,2128669 9,30
9,5 429,6417308 474,1691373 9,39
10 452,3303093 499,1254077 9,38
Tabella 3: Confronto εz prova carico
16
Capitolo 1
freccia [mm] deformazione reale[μm/m] Deformazione teorica [μm/m] Errore
10 452,3303093 499,1254077 9,38
9,5 429,9962791 474,1691373 9,32
9 406,3348571 449,2128669 9,55
8,5 382,9584706 424,2565965 9,73
8 360,6238776 399,3003262 9,69
7,5 337,6475676 374,3440558 9,80
7 315,0655814 349,3877854 9,82
6,5 292,2145455 324,431515 9,93
6 270,0186842 299,4752446 9,84
5,5 247,3675 274,5189742 9,89
5 225,41575 249,5627038 9,68
4,5 202,2966667 224,6064335 9,93
4 180,0188889 199,6501631 9,83
3,5 156,4682857 174,6938927 10,43
3 133,1995455 149,7376223 11,04
2,5 110,3716667 124,7813519 11,55
2 87,96368421 99,82508154 11,88
1,5 65,5172093 74,86881115 12,49
1 42,27610169 49,91254077 15,30
0,5 19,94816667 24,95627038 20,07
0 -2,3370375 0 /
Tabella 4: Confronto εz prova scarico
Tramite queste elaborazioni possiamo ottenere gli andamenti della deformazione in funzione della
freccia imposta, avremo:
Figura 15: Andamento della prova di carico
0
100
200
300
400
500
600
0, 5 1 1, 5 2 2, 5 3 3, 5 4 4, 5 5 5, 5 6 6, 5 7 7, 5 8 8, 5 9 9, 5 10
DEFORMAZIONE
FRECCIA
PROVA CARICO
Curva sperimentale Curva analitica
17
Capitolo 1
Figura 16: Andamento della prova di scarico
Il calcolo dell’errore relativo percentuale è stato realizzato utilizzando la seguente formula:
𝛥𝜀 𝑧 =
𝜀𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 − 𝜀 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒
𝜀𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎
∗ 100
Dalla quale otteniamo:
Figura 17: Andamento delle curve di errore relativo
-100
0
100
200
300
400
500
600
10 9 , 5 9 8, 5 8 7 , 5 7 6, 5 6 5, 5 5 4, 5 4 3, 5 3 2, 5 2 1, 5 1 0, 5 0
DEFORMAZIONE
FRECCIA
PROVA SCARICO
Curva Sperimentale Curva analitica
5,00
6,00
7,00
8,00
9,00
10,00
11,00
12,00
13,00
14,00
15,00
16,00
17,00
18,00
19,00
20,00
21,00
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5
ERRORE%
FRECCIA [mm]
Errore relativo percentuale
Prova carico Prova scarico
18
Capitolo 1
3.4Analisi FEM
Per completezza di trattazione si è voluto simulare il test descritto precedentemente tramite un software
agli elementi finiti, per tale scopo si è scelto il software ANSYS APDL che permette di realizzare un’analisi
numerica in modo appropriato.
Si è cominciato dunque scegliendo la tipologia di elemento: per un componente snello sottoposto ad uno
sforzo flessionale, si è scelto l’elemento BEAM188, nelle cui opzioni abbiamo settato l’opzione “linear form”
che specifica il calcolo mediante il modello euleriano.
Il passaggio successivo è l’inserimento delle caratteristiche del materiale che per i nostri scopi dovrà
essere lineare, omogeneo e isotropo fornendo i seguenti valori che sono stati assunti da tabelle tecniche:
 Modulo di Young E: 70000 MPa
 Coefficiente di Poisson ν: 0.3
A questo punto si è definita la sezione del modello che ricordiamo presenta dimensioni h = 5.12 [mm]
e b = 25 [mm], a tal proposito da SectionsBeamCommon Section abbiamo scelto un elemento di tipo
rettangolare.
Una volta definite le operazioni preliminari si è stati in grado di definire propriamente l’elemento e per
tale scopo si sono assunti due Keypoints uno posizionato nell’origine e il secondo a posizione x=254 e y=0.
Successivamente attraverso il comando Straight Line si sono uniti i due punti e si è ottenuta la linea
baricentrica. A questo punto nella sezione Mesh si è impostata una suddivisione degli elementi pari a 254, in
modo da ottenere correttamente la misura nel punto posto a distanza 147.5 rispetto all’origine.
Col comando Mesh abbiamo ottenuto la seguente figura:
Figura 18: Mesh elemento trave
In seguito si sono potuti applicare i vincoli e carichi, in corrispondenza dell’origine abbiamo imposto
che tutti gli spostamenti fossero impediti (All DOF) mentre in corrispondenza dell’altro estremo abbiamo
imposto una freccia lungo y (UY) di -10 mm; ottenendo:
Figura 19: Definizione carichi elemento trave
19
Capitolo 1
Dopodiché si è stati in grado di lanciare la soluzione, ovviamente di tipo statico, andando nella sezione Sol’n
Options a definire un numero di substep pari a 20 (e anche nella sezione minima e massima) e lasciando la
valutazione di piccoli spostamenti. Lanciando la soluzione abbiamo ottenuto la seguente deformata:
Figura 20: Deformata rilevata al substep 20
Dai dati geometrici riguardo la zona d’incollaggio dell’estensimetro, si è risaliti ai nodi interessati e ai
relativi valori numerici, costituiti dalla deformazione longitudinale di un’area sulla superficie superiore per la
quale quindi nella sezione Element Solution si è scelto l’opzione Strain e successivamente longitudinal strain.
Da cui otteniamo:
Figura 21: Deformazione longitudinale per uno step di carico
20
Capitolo 1
Figura 22: Particolare della deformazione longitudinale per uno step di carico
Andando a valutare l’elemento posto a distanza 147.5 dall’origine e prendendo nota per ogni substep
del valore assunto dalla deformazione longitudinale, otteniamo:
Figura 23: Elemento a distanza 147.5, deformazione longitudinale per uno step di carico
21
Capitolo 1
Da queste considerazioni è stato possibile confrontare i valori assunti dall’analisi FEM, con quelli teorici
e sperimentali per i quali otteniamo:
freccia [mm] deformazione reale[μm/m]
deformazione
teorica analitica [μm/m]
deformazione
teorica FEM[μm/m]
0,5 23,46545455 24,95627038 24,89
1 46,15166667 49,91254077 49,78
1,5 69,40818182 74,86881115 74,67
2 92,29033333 99,82508154 99,56
2,5 114,7387097 124,7813519 124,45
3 137,247027 149,7376223 149,34
3,5 159,8569231 174,6938927 174,23
4 182,8142308 199,6501631 199,12
4,5 205,6185714 224,6064335 224,01
5 225,6654545 249,5627038 248,9
5,5 250,6725 274,5189742 273,79
6 272,6879545 299,4752446 298,68
6,5 294,7122222 324,431515 323,57
7 317,7144898 349,3877854 348,46
7,5 340,603125 374,3440558 373,35
8 362,947069 399,3003262 398,24
8,5 384,7714583 424,2565965 423,13
9 407,4355263 449,2128669 448,02
9,5 429,6417308 474,1691373 472,91
10 452,3303093 499,1254077 497,8
9,5 429,9962791 474,1691373 472,91
9 406,3348571 449,2128669 448,02
8,5 382,9584706 424,2565965 423,13
8 360,6238776 399,3003262 398,24
7,5 337,6475676 374,3440558 373,35
7 315,0655814 349,3877854 348,46
6,5 292,2145455 324,431515 323,57
6 270,0186842 299,4752446 298,68
5,5 247,3675 274,5189742 273,79
5 225,41575 249,5627038 248,9
4,5 202,2966667 224,6064335 224,01
4 180,0188889 199,6501631 199,12
3,5 156,4682857 174,6938927 174,23
3 133,1995455 149,7376223 149,34
2,5 110,3716667 124,7813519 124,45
2 87,96368421 99,82508154 99,56
1,5 65,5172093 74,86881115 74,67
1 42,27610169 49,91254077 49,78
0,5 19,94816667 24,95627038 24,89
0 -2,3370375 0 0
Tabella 5: Confronto εz prova carico e scarico
22
Capitolo 1
Figura 24: Confronto andamenti prova carico
Figura 25: Confronto andamenti prova scarico
0
100
200
300
400
500
600
0, 5 1 1, 5 2 2, 5 3 3, 5 4 4, 5 5 5, 5 6 6, 5 7 7, 5 8 8, 5 9 9, 5 10
DEFORMAZIONE
FRECCIA
PROVA CARICO
Curva sperimentale Curva analitica Curva FEM
-100
0
100
200
300
400
500
600
10 9, 5 9 8, 5 8 7, 5 7 6, 5 6 5, 5 5 4, 5 4 3, 5 3 2, 5 2 1, 5 1 0, 5 0
DEFORMAZIONE
FRECCIA
PROVA SCARICO
Curva Sperimentale Curva analitica Curva FEM
23
Capitolo 1
3.5Conclusioni
Come ci aspettavamo il comportamento reale si discosta dal comportamento teorico dal momento che
nell’analisi del nostro modello analitico abbiamo considerato il componente costituito da materiale omogeneo
isotropo e a sezione costante, quando nella realtà è impossibile ottenere una tale combinazione di fattori.
Inoltre, è stata considerata l’equazione della linea elastica che approssima il comportamento dell’intero
componente alla sola linea baricentrica e ciò comporta un ulteriore errore di valutazione, oltre al fatto che
stiamo considerando un carico puntuale. Se si aggiunge all’insieme di questi fattori l’imprecisione
nell’incollaggio e nella valutazione dei dati, dovuta sia alla sensibilità della strumentazione ma anche a fattori
ambientali otteniamo un discostamento tra le due curve schematizzato nelle figure precedenti. Inoltre si può
notare che in corrispondenza del valore di freccia nullo per la prova di scarico, troviamo un valore negativo di
tensione, sintomatico di un fenomeno di isteresi che ha interessato il provino e motivo per il quale l’errore
nell’intorno dello zero della prova di scarico risulta molto accentuato.
Ad ogni modo i valori teorici presentano una pendenza maggiore rispetto a quelli sperimentali a parità
di freccia, pertanto il modello teorico si dimostra molto valido e a vantaggio di sicurezza.
24
Capitolo 1
4. Prova di trazione
La prova consiste nel confronto dei valori sperimentali per andare a determinare il modulo di Young e
il coefficiente di Poisson di un provino in Waspaloy. Le dimensioni della sezione centrale, sono:
 ℎ = 3.07 𝑚𝑚
 𝑏 = 12.71 𝑚𝑚
Figura 26: Provino con dimensioni
In questo caso abbiamo valutato la deformazione longitudinale e trasversale applicando un carico
monoassiale di trazione sul provino riportato in figura tramite una macchina idraulica a fatica, con uno sforzo
crescente da 0 a 10 kN e poi successivamente è stata valutato anche lo scarico.
Nella presente trattazione si è tenuto particolarmente conto della sensibilità trasversale degli
estensimetri.
4.1Caratteristiche generali
Il tipo di estensimetro ha una lunghezza di griglia di 3 mm (0.25 pollici ca.), con una resistenza nominale
di 120 Ω. L’estensimetro è autocompensato per leghe di alluminio mentre il provino in esame non è in lega di
alluminio bensì una lega di nichel; avremo degli errori in termini di temperatura ma andando a realizzare delle
prove di breve durata riduciamo l’errore. Il dato più importante che ci viene fornito è il gage factor K
(2.11±0.5%). Questo valore ci serve perché lo dobbiamo inserire nella centralina, ci viene fornito anche S
25
Capitolo 1
(sensibilità trasversale) che è dato da S=
𝐾𝑡
𝐾 𝑙
= 0.8%. Se applico una deformazione di 100µƐ lungo l abbiamo
un errore di 0.8 µƐ in direzione t. Ne dobbiamo tenere conto nella valutazione del coefficiente di Poisson.
Usiamo come collegamento un ponte di Wheatstone a 3 fili.
Per interfacciarci col sensore applicato sul provino si è predisposto il collegamento con la centralina
estensimetrica; successivamente si è utilizzato il software CatMan che previo input delle caratteristiche
costruttive dell’estensimetro (Gage Factor = 2,11 e GridResistance = 120Ω), della tipologia di ponte di
Wheatstone (1/4 nel nostro caso) e taratura iniziale, converte il segnale elettrico in valore numerico espresso
in µƐ/m. Inoltre vengono settati sul PC sia la frequenza di campionamento (5 Hz) e il valore di alimentazione
che per default è 2.5 V.
Nota importante rispetto al caso precedente è dato dal fatto che la centralina non sia solo multiplexata
ma presenti più circuiti di campionamento e quindi canali; in questo modo è possibile andare a determinare
contemporaneamente nel file finale, in ASCII, sia la forza, valutata con la cella di carico e lo spostamento
valutato con il trasduttore di posizione. Grazie agli estensimetri, invece, collegati entrambi a ¼ di ponte di
Wheatstone è stato possibile andare a determinare le deformazioni.
Figura 27: Scheda tecnica estensimetro Figura 28: Centralina estensimetrica
Seguendo la normativa il collegamento dei cavi con la centralina è stato tale da avere il primo
estensimetro collegato al canale 5 e l’altro estensimetro al canale 6.
Lo spegnimento delle spie luminose sulla centralina è sintomatico di un corretto collegamento.
Prima di realizzare il test ci si assicura di procedere con cicli di carico, tali da allenare il provino e
permettere di non realizzare fenomeni di isteresi.
Il canale 1 è riservato allo spostamento dell’attuatore, mentre il canale 2 è riferito al segnale in tensione
della cella di carico. Abbiamo imposto sul software un valore di tensione corrispondente a 50 mm e un fisical
range di 100 mm. Mentre per il canale 2, riferito alla forza, poniamo il valore di tensione corrispondente a 0
kN e poniamo un fisical range di 10 kN. Facciamo partire il test dal software osservando l’andamento delle
deformazioni in realtime. Da notare che è buona norma prima alimentare l’estensimetro attendendo 10 s prima
di eseguire il vero e proprio test in cui permettiamo all’estensimetro di raggiungere l’equilibrio termico.
26
Capitolo 1
Possiamo notare che nella parte iniziale del test otteniamo valori negativi di tensione valutati dagli
estensimetri, dovuti al fatto che i sensori erano in presenza di uno sforzo di compressione generato dall'azione
degli afferraggi della macchina idraulica.
Per analizzare i dati ottenuti, abbiamo valutato diversi range di forza, nello specifico:
- Da 1.5 a 9.5 kN con e senza la correzione dovuta alla sensibilità trasversale;
- Da 2 a 9 kN;
- Da 3 a 8 kN;
- Da 4 a 7 kN;
- Da 5 a 6 kN.
Il materiale di cui è costituito il provino è in Waspaloy, una lega di nichel, di cui nel seguito si riporta
una scheda tecnica:
Figura 29: Proprietà Waspaloy
4.2Cenni di teoria della trave
La prova di trazione (o prova di trazione uniassiale) è una prova di caratterizzazione meccanica in cui
si applica un carico F (load) uniassiale, inizialmente nullo che viene incrementato fino ad un valore massimo,
ad un provino di dimensioni unificate fino a provocarne la rottura. La prova ha lo scopo principale di valutare
quantitativamente la resistenza e il comportamento del materiale sottoposto ad uno stato di sollecitazione. I
dati che si ricavano forniscono risultati differenti a seconda del diverso materiale in esame di cui il provino è
costituito. Questo test serve a determinare diverse caratteristiche, quali la resistenza meccanica, modulo di
Young, carico unitario di snervamento, allungamento percentuale e la strizione percentuale; inoltre tramite
questa tecnica è possibile determinare durezza, resilienza e coefficiente di Poisson; quest’ultimo misura, in
presenza di una sollecitazione monodirezionale longitudinale il grado in cui il campione di materiale si
restringe o si dilata trasversalmente.
27
Capitolo 1
Indipendentemente dalle dimensioni, in tutte le provette di trazione possiamo determinare una parte
centrale a sezione costante, detta parte calibrata (o gage length); un tratto utile definito come la lunghezza
iniziale fra i riferimenti entro la quale vengono determinate le varie proprietà meccaniche; le teste, ovvero le
estremità che presentano delle sezioni maggiori per consentire l’ammorsaggio alla macchina (quest’ultime
sono opportunamente raccordate al tratto calibrato). La geometria del provino è studiata in maniera tale che si
abbia la rottura nella parte centrale; in corrispondenza delle teste, vicino alle ganasce, entrano in gioco altre
forze che non hanno componente unicamente uniassiale e in questo modo non potrebbe essere applicata la
teoria di elasticità e plasticità unidimensionale.
Un carico di trazione è applicato al provino fino alla rottura. Durante il test, il carico richiesto fornisce
una determinata elongazione (variazione percentuale di lunghezza) sul materiale, la quale viene registrata. Una
curva carico-lunghezza è rappresentata su un piano cartesiano, in questo modo viene determinato il
comportamento del materiale e le relative proprietà. In realtà però, in questo modo, si otterrebbero dei valori
viziati dalle dimensioni geometriche del provino considerato; per rendere indipendenti i valori dalla geometria
del provino e validi per qualsiasi forma e dimensione, si misura lo sforzo σ (stress) e la deformazione ε (strain)
tramite la cella di carico e l’estensometro, riportando i risultati su un diagramma stress-strain. Le grandezze
vengono ottenute come:
σ =
𝐹
𝐴0
(Forza applicata/area trasversale iniziale)
ε =
∆𝐿
𝐿0
=
L−𝐿0
𝐿0
(Elongazione/lunghezza iniziale parte calibrata)
Dove la prima viene misurata nel S.I. in [MPa], mentre la seconda è un valore adimensionalizzato che
tiene conto della variazione finale della lunghezza del provino rispetto al riferimento iniziale.
In tal modo si rappresenta la curva stress-strain:
Figura 30: Curva sforzo-deformazione e caratteristiche del materiale
28
Capitolo 1
Per quanto riguarda i coefficienti cercati utilizziamo le seguenti formule, valutate studiando il primo
tratto lineare della curva di carico nella figura precedente:
𝐸 =

 l
;  = |
 t
 l
|
In questa sede terremo conto anche della sensibilità trasversale dell’estensimetro.
La sensibilità trasversale degli estensimetri è la variazione di resistenza elettrica causata
dall’applicazione di una deformazione perpendicolare all’asse dell’estensimetro.
La sensibilità trasversale viene valutata attraverso il fattore di sensibilità trasversale:
𝑆 =
𝐾t
𝐾l
In presenza di un campo di deformazione piano possiamo legare la variazione di resistenza degli
estensimetri passando attraverso la correzione dovuta alla sensibilità trasversale, ottenendo:
Avendo indicato con i termini soprassegnati le deformazioni misurate dai due estensimetri.
In questo modo determiniamo il valore effettivo delle deformazioni longitudinale e trasversale.
Nelle relazioni precedenti andiamo a considerare un valore di ν pari a 0.28 in quanto supponiamo di
lavorare con un provino in acciaio, tutte le determinazioni precedenti possono difatti essere ricavate grazie a
questa assunzione.
4.3Elaborazione dati
In allegato è riportato il file Excel di elaborazione dei dati, del quale si riportano unicamente i grafici
che permettono la determinazione del modulo di Young, determinato considerando il coefficiente angolare
della curva di carico sul piano σ-ε. Mentre il coefficiente di Poisson è stato determinato valutando il valore
assoluto del coefficiente angolare della curva sul piano εl-εt.
Si presentano nel seguito diversi range di valutazione del carico applicato.
29
Capitolo 1
4.3.1 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN con correzione della St
Figura 31: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.38 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.271
y = 216382x + 12,903
0
50
100
150
200
250
300
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN
y = -0,27054x - 0,00003
-0,00035
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm
Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN
30
Capitolo 1
4.3.2 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN senza correzione della St
Figura 32: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson senza la correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.24 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.263
Come possiamo notare otteniamo valori diversi in questi ultimi due casi.
y = 216.243,95x + 12,96
R² = 1,00
0
50
100
150
200
250
300
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm
Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN
senza correzione della St
y = -0,26311x - 0,00003
-0,00035
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm
Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN
senza correzione della St
31
Capitolo 1
4.3.3 Range valutato da 2 kN a 9 kN con correzione della St
Figura 33: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.43 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.271
y = 216434x + 12,86
0
50
100
150
200
250
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 2 a 9 kN
y = -0,2706x - 3E-05
-0,00035
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 2 a 9 kN
32
Capitolo 1
4.3.4 Range valutato da 3 kN a 8 kN con correzione della St
Figura 34: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.68 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.271
y = 216681x + 12,695
0
50
100
150
200
250
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 0,001
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 3 a 8 kN
y = -0,2709x - 3E-05
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 0,001
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 3 a 8 kN
33
Capitolo 1
4.3.5 Range valutato da 4 kN a 7 kN con correzione della St
Figura 35: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.86 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.271
y = 216856x + 12,601
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 4 a 7 kN
y = -0,2712x - 3E-05
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 4 a 7 kN
34
Capitolo 1
4.3.6 Range valutato da 5 kN a 6 kN con correzione della St
Figura 36: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:
 modulo di Young E: 216.74 GPa
 coefficiente di Poisson ν: 0.272
Restringendo i range abbiamo notato che sia il modulo di Young che il coefficiente di Poisson
aumentano, in particolare quindi possiamo considerare questo ultimo range per andare a definire i coefficienti
cercati, abbiamo:
E = 216.742 GPa ν= 0.272
y = 216742x + 12,732
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 5 a 6 kN
y = -0,2719x - 3E-05
-0,000215
-0,00021
-0,000205
-0,0002
-0,000195
-0,00019
-0,000185
-0,00018
-0,000175
0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 5 a 6 kN
35
Capitolo 1
4.3.7 Fase di scarico
Per ragione di completezza si pongono anche le curve risultanti dalla valutazione della prova di scarico,
abbiamo:
Figura 37: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St
È ovvio che considerando un range identico a quello considerato nel punto 4.3.1 otteniamo valori molto
simili di E e ν, sintomatico del fatto che non sono avvenuti cicli di isteresi e abbiamo effettuato correttamente
il test.
y = 216,38x + 12,90
0
50
100
150
200
250
300
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 9,5 a 0,5 kN
y = -0,27415x - 0,00003
-0,0004
-0,00035
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 9,5 a 0,5 kN
36
Capitolo 1
4.4 Analisi FEM
Per completezza di trattazione si è voluto simulare il test descritto precedentemente tramite un software
agli elementi finiti, per tale scopo si è scelto il software ANSYS APDL che permette di realizzare un’analisi
numerica in modo appropriato.
Si è cominciato dunque scegliendo la tipologia di elemento: per tenere conto dell’effetto di contrazione
trasversale si è scelto l’elemento solid brick 8 node 185.
Il passaggio successivo è l’inserimento delle caratteristiche del materiale che per i nostri scopi dovrà
essere lineare, omogeneo e isotropo fornendo i seguenti valori che sono stati assunti da tabelle tecniche:
 Modulo di Young E: 216742 MPa
 Coefficiente di Poisson ν: 0.272
A questo punto si è definita la sezione del modello attraverso i comandi Modelling  Create  Areas
 Rectangle  by dimension  x1=-6.355, x2=--6.355, y1=-1.535, y2=-1.535. Otteniamo:
Figura 38: Sezione provino
Per andare ad approssimare il provino reale si è scelto una lunghezza del modello di 190 mm, realizzando
un offset lungo z, si è ottenuto:
Figura 39: Rappresentazione modello
37
Capitolo 1
A questo punto nella sezione Mesh si è impostata una suddivisione delle aree pari a 10 e si è meshato il
volume attraverso il comando Mesh VolumesMapped4 to 6 sided. Definito questo si sono imposti
vincoli e carichi, ovvero si è vincolata completamente la superficie sul piano x-y col comando All DOF e si è
imposto un carico di pressione sulla superficie opposta, considerando la F=10kN divisa per l’area rettangolare
dell’elemento che nel nostro caso è pari a 39.0197 mm2
. Da cui:
Figura 40: Mesh e carichi sul modello
Dopodiché si è stati in grado di lanciare la soluzione, ovviamente di tipo statico, andando nella sezione
Sol’n Options a definire un numero di substep pari a 722 (e anche nella sezione minima e massima) e lasciando
la valutazione di piccoli spostamenti. Lanciando la soluzione abbiamo ottenuto i seguenti risultati:
Figura 41: Valutazione spostamento lungo z del substep 722
38
Capitolo 1
Figura 42: Valutazione sollecitazione lungo z del substep 722
Figura 43: Valutazione deformazione lungo z del substep 722
Figura 44: Valutazione deformazione lungo x del substep 722
39
Capitolo 1
Prendendo nota dei valori assunti possiamo ottenere i seguenti grafici di confronto nel range di carico
valutato tra 1.5 e 9.5 kN:
Figura 45: Confronto curve andamento sperimentale e numerico
Come si può notare l’andamento del modulo di Young è confrontabile con quello sperimentale e
abbiamo una corrispondenza molto forte tra le due curve. Per quanto riguarda il modulo di Poisson, invece,
l’andamento è dissimile in quanto l’effetto di contrazione trasversale risulta influenzato dalla geometria del
provino che non è a noi nota, tranne che nella sezione di gola. Le approssimazioni assunte hanno determinato
la differenza di pendenza tra le due curve.
0
50
100
150
200
250
300
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 0,0014
σ[N/mm^2]
Ɛx [mm/mm]
Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN
Curva sperimentale Curva FEM
-0,00045
-0,0004
-0,00035
-0,0003
-0,00025
-0,0002
-0,00015
-0,0001
-0,00005
0
0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 0,0014
Ɛy[mm/mm]
Ɛx [mm/mm]
Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN
Curva sperimentale Curva FEM
40
Capitolo 1
4.5 Conclusioni
Da questa elaborazione ci si è resi conto come la valutazione di diversi range di carico su una stessa
prova vada a far ottenere valori leggermente diversi in termini di modulo di Young e coefficiente di Poisson,
per i quali si sono scelti i coefficienti ottenuti nella fase di carico intermedia (da 5 a 6 kN), in modo tale da
poter evidenziare piccole variazioni intorno al valore medio.
Inoltre si è dimostrata anche l’influenza fornita dalla sensibilità trasversale dell’estensimetro che può
compromettere, se non opportunamente considerata, l’elaborazione stessa dei dati e le valutazioni definitive.
I valori ottenuti non sono di molto dissimili dai coefficienti tabulati presenti nelle schede tecniche.
Capitolo 2
Sommario
1. Introduzione....................................................................................................................................... 1
2. Tensioni residue................................................................................................................................. 2
3. Rosetta estensimetrica ....................................................................................................................... 4
4. Strumentazione.................................................................................................................................. 5
4.1 Apparecchiatura Restan MTS3000............................................................................................ 6
5. Metodo del foro incrementale............................................................................................................ 7
6. Descrizione prova............................................................................................................................ 10
7. Elaborazione dati............................................................................................................................. 13
8. Conclusioni...................................................................................................................................... 15
1
Capitolo 2
1. Introduzione
Obiettivo della seguente relazione è la valutazione delle tensioni residue su di una lamina metallica. Le
tensioni residue nelle strutture metalliche influenzano notevolmente il comportamento del materiale per quanto
riguarda la resistenza a fatica, la stabilità strutturale e dimensionale, la resistenza alla frattura. Il loro effetto
può anche essere benefico, ma ad ogni modo si evidenzia solo quando non interviene un cedimento o la rottura
della struttura stessa. Per questi motivi, si rende necessario un metodo sicuro ed affidabile per la misura delle
tensioni residue.
Nell'ambito del presente lavoro, per la misura delle tensioni residue è stato utilizzato il metodo della
rosetta forata. Si tratta di un metodo di rilassamento della tensione che prevede la foratura, tramite il sistema
“RESTAN”, e di una rosetta a tre estensimetri posizionata nel punto di misura. Gli estensimetri elettrici a
resistenza misurano le deformazioni rilassate da cui si possono calcolare le tensioni residue, attraverso le
relazioni fornite dalla norma ASTM E-837 del 1995.
Si terrà conto, attraverso la normativa, anche degli errori dovuti alla eccentricità del foro.
Il metodo della rosetta forata si presta in particolare alla misura delle tensioni residue nelle saldature.
Questo tipo di misura è fondamentale poiché le tensioni residue in prossimità dei cordoni di saldatura e nei
giunti saldati in genere sono molto elevate e costituiscono una delle cause più frequenti di difetti o rotture del
giunto. Il presente lavoro si basa proprio sullo studio delle tensioni residue in corrispondenza di un cordone di
saldatura su di un provino in acciaio AISI 304 (E= 198000 N/mm2
, ν=0.3) costituito da due piastre con cordone
di saldatura centrale.
In questa esperienza eseguiamo un’analisi delle tensioni residue attraverso il metodo della rosetta forata
ASTM E837, con questa procedura assumiamo che le tensioni siano uniformi lungo l’intera profondità del
foro, ottenendo così un’unica coppia di tensioni principali. L’uniformità viene verificata dopo la prova
confrontando le curve ottenute con quelle presenti nella normativa.
Il metodo perde la sua accuratezza in presenza di tensioni residue molto elevate, a causa dell'effetto di
plasticizzazione ai bordi del foro, ovvero a causa di elevate componenti plastiche delle deformazioni.
Nel seguente lavoro si procederà prima con una breve trattazione a carattere generale riguardante le
tensioni residue, le rosette estensimetriche, la strumentazione e la normativa per definire successivamente la
realizzazione della prova e le elaborazioni effettuate.
2
Capitolo 2
2. Tensioni residue
Gli sforzi residui sono sforzi di trazione o di compressione a risultante nulla senza che vi sia applicato un
carico esterno (forza o gradiente termico) in un componente che risulta, quindi in equilibrio; solitamente essi
sono presenti in zone ben delimitate ed hanno il loro massimo in superficie.
Generalmente gli sforzi residui si generano a causa di una deformazione plastica non omogenea che può
derivare, oltre che dall’applicazione di un carico, anche da una contrazione o dilatazione termica o da una
trasformazione di fase avvenuta durante il processo di produzione del componente.
Per esempio, gradienti di temperatura lungo una dimensione generano sforzi di natura termica non
uniformi, il cui effetto può diventare molto consistente quando il materiale ha modulo di Young e carico di
snervamento elevati; se la conduttività termica è elevata gli sforzi residui possono essere ridotti contenendo il
gradiente di temperatura. Inoltre lo scambio di calore dipende, oltre che dall’ambiente esterno, anche dal calore
generato internamente al materiale (calore latente di trasformazione).
Infine è importante ricordare che, normalmente, maggiore è il valore del carico di snervamento del pezzo,
maggiore è la possibilità di avere sforzi residui. Dal momento che i trattamenti termici e meccanici innalzano
la resistenza del materiale, i pezzi così trattati aumentano la possibilità di avere problemi dovuti alle tensioni
residue1
.
Se il corpo non collassa significa che le proprie tensioni residue dei singoli punti sono bilanciate
opportunamente dalla resistenza del materiale di cui è costituito il corpo, per questo si parla di tensioni residue
autobilanciate.
Secondo la teoria di Orowan, in un corpo sono presenti tensioni interne se alcune parti di esso sono
costrette da quelle circostanti in un volume che differisce, in forma e dimensioni, da quello che occuperebbero
se fossero separate dal corpo (“stato di coazione”)
Le tensioni residue posso essere di origine termica, meccanica, chimica oppure dovuta ad un cambiamento
di fase. In alcuni casi, come nel processo di pallinatura, volontariamente si genera uno stato di tensione
superficiale che porta ad un miglioramento in termini di durezza superficiale del componente meccanico.
La conoscenza dell’andamento e sviluppo delle tensioni residue, nel processo produttivo, nel quale un
componente grezzo viene trasformato per arrivare a essere un prodotto finito, sono di fondamentale importanza
per garantire la qualità in termini di particolari applicazioni meccaniche e costruttive.
Le tensioni residue hanno generalmente un valore massimo in superficie, possono essere di trazione o di
compressione, vengono classificate in funzione della loro lunghezza caratteristica, la loro presenza è dovuta a
un campo non omogeneo di deformazioni di tipo elasto-plastico generato dall’esterno, con il risultato che le
tensioni residue permangono nel componente anche quando l’agente esterno che le ha prodotte non è più
presente.
1
Boniardi, M., C. Tagliabue, and R. Venturini. "Origine delle tensioni residue: deformazioni plastiche e lavorazioni
meccaniche." Metallurgia Italiana 98.11/12 (2006): 53.
3
Capitolo 2
Le tensioni residue tendono a ridistribuirsi nei materiali duttili nel caso in cui queste tensioni arrivino allo
snervamento mentre nei materiali fragili questo fenomeno di ridistribuzione non avviene con conseguente
cedimento della struttura.
Nelle prove di fatica le tensioni residue hanno un ruolo molto importante in quanto in uno sforzo di
trazione possono accelerare la velocità di propagazione della cricca
Gli sforzi residui possono essere classificati anche in funzione della porzione di materiale che interessano.
In base a questo criterio, si definiscono tre tipi di sforzo:
• Tipo 1: macrostress costanti in grandezza e in direzione su un'area estesa (dell'ordine di parecchi grani);
• Tipo 2: microstress costanti su un'area dell'ordine di un grano;
• Tipo 3: microstress non costanti entro la dimensione di un grano (dovuti essenzialmente a disomogeneità
interne al grano quali dislocazioni, vacanze, imperfezioni del reticolo, ecc.).
Attualmente, esistono diverse tecniche di misura delle tensioni residue, che possono essere classificate in
quattro categorie:
• tecniche di rilassamento della tensione;
• tecniche di diffrazione con raggi X;
• tecniche basate su proprietà sensibili alla tensione (durezza, ultrasuoni);
• tecniche di cracking.
Le tecniche di rilassamento della tensione prevedono la foratura o il sezionamento del componente su cui
si effettuano le misure, in modo da provocare un rilassan1ento delle deformazioni indotte dalle tensioni residue.
Le deformazioni rilassate vengono poi misurate attraverso estensimetri elettrici o meccanici, oppure
utilizzando rivestimenti fotoelastici o fragili. Le altre tecniche sono più complesse, per cui hanno applicazioni
particolari o vengono utilizzate solo per prove di laboratorio.
In questa sede è stato utilizzato il metodo del rilassamento della tensione attraverso l’utilizzo di una rosetta
estensimetrica.
4
Capitolo 2
3. Rosetta estensimetrica
Gli estensimetri elettrici misurano le deformazioni solo in direzione longitudinale, mentre lo stato
tensionale e deformativo originato da una o più sollecitazioni elementari non è adatto per componenti con
geometrie complesse, per i quali serve valutare lo stato di deformazione complessivo. Considerando un corpo
soggetto ad un sistema di forze esterne, lo stato di deformazione all'interno è tridimensionale (quindi definito
da sei componenti di deformazione), mentre nel generico punto P posto in superficie e libero da forze esterne,
il campo di deformazione nel piano tangente π alla superficie in P è definito dalle sole tre componenti della
deformazione εx, εy, ϒxy (Fig.1). Nel piano tangente abbiamo uno stato di tensione piano con σ3= 0 ed
imponendo tale condizione si può conoscere la deformazione normale al piano (la direzione normale al piano
è direzione principale sia per lo sforzo che per la deformazione).
Figura 1: Campo di deformazione in un punto P posto in superficie e non soggetto a forze esterne.
In generale è perciò necessario misurare tre deformazioni secondo tre diverse orientazioni per determinare
lo stato di deformazione in un punto P appartenente alla superficie. Difatti, considerando tre estensimetri
installati nel punto P, con gli assi paralleli alle direzioni a, b e c, formanti angoli ϴa, ϴb e ϴc rispetto ad una
direzione di riferimento x (e misurati positivamente in verso antiorario a partire dall' asse x stesso (Fig.2)) è
possibile misurare le deformazioni εa, εb, εc. Tramite queste ed utilizzando note relazioni di Scienza delle
Costruzioni è possibile risalire prima alle deformazioni εx, εy, ϒxy (conoscenza dello stato di deformazione nel
piano), quindi alle deformazioni principali ε1, ε2 ed al loro orientamento ϴ, ed infine alle tensioni principali σ1
e σ2 (σ3 = 0) e alla deformazione ε3 normale alla superficie.
Figura 2: Orientamento generico degli estensimetri nell'intorno del punto P.
5
Capitolo 2
Nella pratica sperimentale la misura delle deformazioni nell'intorno di un punto P non si effettua mediante
estensimetri singoli posizionati secondo le direzioni assegnate ϴa, ϴb e ϴc, ma mediante le rosette
estensimetriche evitando in questo modo i relativi errori di posizionamento e orientazione dei primi. Le rosette
sono dei supporti su cui vengono fotoincise più griglie estensimetriche elettricamente indipendenti tra loro e
opportunamente orientate. I tipi comunemente impiegati sono i seguenti:
 rosetta rettangolare a due griglie ortogonali tra di loro (Fig. 3(a))
 rosetta rettangolare a tre griglie a 45° tra di loro (Fig. 3(b))
 rosetta rettangolare a quattro griglie a 45° tra di loro (Fig. 3(c))
 rosetta equiangola (a delta) a tre griglie a 120° tra di loro (Fig. 3(d))
 rosetta rettangolare o equiangola a quattro griglie (T–Δ) (Fig. 3(e))
Figura 3: Orientamento delle griglie delle rosette estensimetriche.
4. Strumentazione
Al fine di determinare le tensioni residue, nel nostro caso, è stato necessario disporre di:
1. Piastra saldata in acciaio AISI 304 (E= 198000 N/mm2
, ν=0.3);
2. 1 rosetta estensimetrica rettangolare CEA-06062-UM120, avente tre griglie disposte a
0°/45°/90°, disposta a due mm dal cordone di saldatura per valutare le tensioni residue;
3. 1 rosetta estensimetrica rettangolare CEA-06062-UM120, avente tre griglie disposte a
0°/45°/90°, montata su un altro provino che presenta lo stesso materiale della piastra in
esame. Questo ci permette di modificare i risultati ottenuti dalla prima rosetta depurandoli
dall’errore dovuto all’effetto termico andando a realizzare ½ ponte di Wheatstone;
4. Sistema "RESTAN MTS3000" realizzato dalla SINI Technology s.r.l. di Calenzano (FI);
L’applicazione della rosetta sul provino presenta una metodologia simile a quella realizzata per
l’applicazione del singolo provino, operazione già valutata nella relazione “Capitolo 1”.
6
Capitolo 2
4.1Apparecchiatura Restan MTS3000
Il sistema "RESTAN" realizzato dalla SINI Technology s.r.l. di Calenzano (FI) è un sistema innovativo
per la misura delle tensioni residue con il metodo della rosetta forata. Esso è caratterizzato dalla completa
automazione delle fasi di foratura e di misura delle deformazioni, e consente un'analisi accurata delle tensioni
residue attraverso un apposito software.
Il RESTAN è costituito da un sistema optomeccanico controllato, tramite una centralina elettronica, da
un programma software specifico. In particolare il cuore del sistema è rappresentato dalla testa dell’apparato
optomeccanico nella quale trovano alloggio contemporaneamente sia il sistema di foratura che il sistema di
centraggio e valutazione dell’eccentricità del foro eseguito. La turbina ad elevata velocità permette di non
indurre tensioni nel materiale durante l’esecuzione della prova, mentre l’avanzamento, realizzato mediante un
motore passo-passo, consente di effettuare passi di foratura micrometrici e precisi, con profili che possono
essere anche di tipo iperbolico, garantendo la massima accuratezza nelle misure effettuate.
Inoltre, il software gestisce non solo il processo di foratura, ma anche le acquisizioni delle deformazioni
del materiale rilevate mediante l’impiego di condizionatori estensimetrici HBM, SINT Technology o di tipo
analogico.
L’impiego del sistema RESTAN offre dunque due vantaggi:
• la possibilità di eseguire la fase d’acquisizione in maniera versatile, gestendo automaticamente
il sistema di condizionamento estensimetrico prescelto, e le condizioni di prova più idonee alle
esigenze specifiche;
• la possibilità di rielaborare i dati in maniera veloce, a partire dalle misure effettuate, mediante
l’impiego di algoritmi complessi, consentendo il confronto tra più sistemi di rielaborazione.
Figura 4: Sistema Restan MTS3000.
7
Capitolo 2
5. Metodo del foro incrementale
Questo metodo di prova è utilizzabile per determinare le tensioni residue in prossimità della superficie in
materiali omogenei, isotropi e lineari elastici utilizzando la tecnica del foro incrementale. Il metodo di prova
può essere considerato “semi-distruttivo” in quanto il danno causato è molto localizzato ed in molti casi non
influenza l’impiego del componente in prova. Il metodo, che costituisce un’evoluzione di quello descritto nella
norma ASTM E837-08, può essere anche applicato in presenza di: a) tensioni variabili nello spessore, b) una
piccola eccentricità tra l’asse del foro ed il centro della rosetta estensimetrica. Il metodo è limitato al caso in
cui le tensioni massime non superino la metà della resistenza allo snervamento: per tensioni superiori alla metà
dello snervamento è previsto un metodo di correzione, applicabile solamente al caso di tensioni distribuite in
modo costante nello spessore. Permane invece, con riferimento alla norma ASTM E837-08, la limitazione
relativa allo spessore del componente. Infatti nel caso in cui lo spessore sia compreso tra 0.4 D ed 1.2 D, con
D diametro medio della rosetta estensimetrica, i risultati ottenuti devono essere considerati “approssimati”
Figura 5: Un sistema automatico per la misura delle tensioni residue con il metodo della rosetta forata
(MTS3000- RESTAN di SINT Technology).
Il metodo del foro comporta l’esecuzione di un piccolo foro sulla superficie del componente oggetto della
prova, in corrispondenza del centro di una speciale rosetta estensimetrica, e la conseguente misura delle
deformazioni rilassate. La massima profondità del foro è corrispondente a circa 0.4 D. Le singole misure
rappresentano i valori medi della deformazione superficiale nell’area delle griglie dovuta al rilassamento delle
tensioni ed il valore delle letture risulta maggiormente sensibile al rilassamento del materiale più vicino alla
superficie; questa sensibilità decresce con l’aumentare della profondità fino a portarsi a zero. Il calcolo delle
tensioni residue inizialmente presenti nella zona del foro viene effettuato a partire dai valori di deformazione
rilevati. Le deformazioni rilassate dipendono dalle tensioni esistenti originariamente al contorno del foro (si
suppone uno stato piano di tensione nell’area della rosetta, variabile soltanto in funzione della posizione nello
spessore del materiale) e non vengono influenzate dallo stato di tensione esterno al contorno del foro. Si
assume, inoltre, che la tecnica di foratura utilizzata non introduca deformazioni locali di tipo plastico:
l’operazione di foratura richiede tecniche ed accorgimenti specifici per eliminare questo tipo di fenomeno. Per
il metodo incrementale è consigliabile che il sistema di foratura sia automatico e controllato elettronicamente:
a titolo di esempio in Figura 5 è riportata un’immagine di una prova effettuata utilizzando un sistema
8
Capitolo 2
automatico con turbina ad aria ad alta velocità. È necessario utilizzare un accurato sistema di allineamento e
foratura per effettuare queste misure; inoltre, è preferibile eseguire il foro in piccoli incrementi di profondità,
registrando ad ogni incremento sia le deformazioni misurate che la profondità del foro.2
Le problematiche relative associate alla misura sono:
• L’installazione estensimetrica che dev’essere effettuata da personale qualificato;
• Garantire la perpendicolarità e il contatto iniziale;
• Assicurare la corretta distanza dai fori e dalle discontinuità geometriche;
• Definire correttamente il raggio di fondo del foro, difatti gli errori crescono all’aumentare del
raggio di raccordo al fondo del foro e diminuiscono incrementando la profondità del foro
realizzato
In sostanza la prova dovrà essere realizzata da una persona molto qualificata, difatti il docente aveva già
predisposto tutta la strumentazione nonché l’incollaggio della rosetta anticipatamente all’esecuzione del test.
Nel caso in cui sia verificata l’uniformità della distribuzione, come richiesto dalla normativa, delle tensioni
residue, i parametri σmax, σmin, α, sono ricavati attraverso la risoluzione di sistema di tre equazioni nel quale
compaiono le deformazioni registrate dalle tre griglie (numerate in senso orario, caratteristica tipica delle
rosette estensimetriche). Le deformazioni avvengono a seguito del rilassamento delle tensioni residue dovuto
all’asportazione degli strati superficiali del foro.
Figura 10: Geometria della rosetta utilizzata.
2
Ajovalasit, A., Beghini, M., Benincasa, A., Bertelli, L., Bertini, L., Petrucci, G., et al. (2010). IL METODO DI PROVA
“AIAS - TR” PER LA MISURA DELLE TENSIONI RESIDUE COSTANTI O VARIABILI CON LA TECNICA DEL FORO
INCREMENTALE. In Atti del XXXIX Convegno Nazionale. Castrolibero (CS) : Nuova Bios.
9
Capitolo 2
Da cui Ao e Bo sono determinabili nel seguente modo:
Che prevede il rispetto di determinate condizioni quali, foro passante in lastra piana indefinita soggetta a
uno stato di tensione piano, rilassamento elastico delle tensioni, foro centrato sulla rosetta. Poiché queste tre
condizioni sono poco attuabili (ad esempio il nostro foro è cieco) possiamo determinare i due coefficienti
secondi il seguente metodo:
10
Capitolo 2
6. Descrizione prova
Come già accennato la prova è stata eseguita dal docente che aveva già predisposto l’incollaggio della
rosetta sul provino a 2 [mm] dal cordone di saldatura di una piastra saldata in AISI 304. Un’altra rosetta
estensimetrica era stata posta su di un provino con le stesse caratteristiche del provino di partenza ma senza la
presenza di tensioni residue, in modo da ottenere un ½ ponte di Wheatstone e annullare gli effetti termici
secondo il seguente schema:
Le griglie nel caso della rosetta estensimetrica vengono valutate in senso orario, come segue:
Figura 11: Disposizione delle rosette ed eccentricità del foro.
11
Capitolo 2
Nella figura precedente possiamo valutare la disposizione delle griglie che viene posta in senso antiorario
in quanto viene presupposto che si stia osservando tramite un sistema di lenti (l’ottica del MTS3000 che ribalta
il riferimento), in realtà l’ordine è definito in senso orario e tale viene assunto per le nostre determinazioni.
Inoltre dalla figura precedente possiamo fare un’altra valutazione circa l’eccentricità del foro; difatti la
norma prevede la perfetta corrispondenza tra il centro di foratura e il centro della croce di riferimento presente
sulla rosetta, in realtà ciò risulta praticamente impossibile se non realizzato attraverso un sistema
automatizzato, ecco perché a fine prova è stato necessario andare a valutare l’eccentricità lungo x e y per
correggere gli eventuali errori presenti. La normativa prevede di determinare le misure degli errori dovuti
all’eccentricità, così come riportato in Fig. 11. In pratica valutare l’eccentricità significa definire la differenza
tra i punti O e O’. L’uso di compensatori che in pratica sono cinematismi a vite, ci permettono di spostare la
croce centrale del microscopio disegnata in O’, facendola diventare tangente, sia con l’asse orizzontale o
verticale, con la circonferenza del foro effettuato definendo le grandezze x1,x2,y1,y2. Andiamo a valutare i
seguenti valori:
 OO’=0.33 [mm] (eccentricità)
 α = 1.76° (angolo di eccentricità)
Questi valori poi vengono assunti all’interno della formulazione:
dove i coefficienti A0
, B0
, C0
dipendono non solo dal raggio del foro e dalla geometria della griglia (come
accade per A0 e B0) ma anche dall’orientamento della griglia e dall’eccentricità.
Questa operazione viene eseguita direttamente dal software RESTAN.
Per realizzare la prova è necessario conoscere il diametro della punta che nel nostro caso è punta da
foratura al carburo di tungsteno con diametro in punta di 1.8 mm e forma tronco-conica rovesciata, per
realizzare un foro a fondo piatto. La normativa inoltre prevede che la profondità del processo di foratura sia
coincidente con il diametro della punta; nel nostro caso, a causa di problemi tecnici non è stato possibile
eseguire fedelmente la prova. Si sono assunti i seguenti valori:
 R= 1.06 [mm], da cui D= 2.12 [mm] (raggio e diametro del foro);
 Profondità = 1 [mm]
Sempre per gli stessi problemi tecnici abbiamo ottenuto dei valori di eccentricità molto elevati, in quanto
il foro e il centro della rosetta non risultano coincidenti.
A questo punto tramite un sistema di cinematismi a vite abbiamo avvicinato la punta al centro della rosetta,
garantendo la coincidenza punta-croce e la perpendicolarità rispetto al provino. Tramite una turbina azionata
ad aria compressa viene garantita la rotazione della punta e un motore passo-passo permette l’avanzamento in
maniera automatizzata.
A questo punto, ci si è posti il problema di come realizzare la foratura, se con un’unica passata o
molteplici. Se realizzassimo tutto in un’unica passata allora avremmo una tensione residua che risulterebbe la
media di tutte le tensioni residue valutate nell’unica passata effettuata e non è una situazione conveniente.
12
Capitolo 2
Eseguiremo, invece, delle forature con un metodo incrementale. Ad esempio, possiamo realizzare la prima
a
10
100
di mm di profondità dalla superficie e valutiamo la tensione residua, poi scendiamo di altri e
10
100
nel
secondo step e valutiamo la variazione incrementale dovuta al fatto che abbiamo aumentato la profondità del
foro, e così via…
C’è da notare, però, che il primo foro (
10
100
) presenta un incremento di tensione residua superiore a quello
dei
50
100
prossimi alla mezzeria delle ultime passate.
Troviamo un valore di tensione molto elevato se valutato in corrispondenza della superficie.
Per cui, l’incremento del passo non verrà realizzato in maniera costante ma in maniera incrementale, quindi
all’inizio il passo sarà piccolo e andrà ad aumentare procedendo fino alle ultime passate. Se superiamo i 2
[mm] (che avevamo imposto inizialmente seguendo la normativa, in quanto avevamo supposto un diametro
del foro pari a 2 [mm]) di profondità le rosette non vanno più a valutare la tensione residua ed è questo il
motivo per cui si usa un passo incrementale crescente. In questo modo si tiene conto della non uniformità delle
tensioni residue valutate lungo la profondità del provino.
Prima di eseguire la misura avviciniamo la punta del MTS3000 alla rosetta (senza toccarla),
posizionandola in corrispondenza del centro della rosetta e misurando la profondità di penetrazione con le
rotazioni del motore passo-passo. Per posizionare correttamente la punta, ovvero andare a definire il
riferimento zero da cui cominciare la misura, dovremo utilizzare i due terminali elettrici della macchina che
realizza il foro; un terminale andrà collegato alla punta e l’altro sul provino da perforare.
Difatti, quando la punta viene azionata, prima di tutto distrugge lo strato di poliammide presente sulla
rosetta; in questo modo, quindi, la punta toccherà il provino metallico e andrà a chiudersi, cortocircuitando, il
circuito costituito dai due terminali. In questo modo si definisce lo zero che viene riconosciuto e registrato dal
sistema.
Da quel momento in poi, può cominciare la misura, avviando direttamente la macchina. È importante
tenere in contatto il terminale della macchina col provino affinché possa essere realizzata la prova.
Arrivato sulla superficie e assunto lo zero la macchina si arresta automaticamente. Solo da questo
momento in poi può essere valutata e registrata la prova.
Infine, inserite le caratteristiche del materiale e degli estensimetri possiamo impostare la sequenza
automatica in cui il software va a realizzare la perforazione automaticamente, si arresta per 3 secondi,
acquisisce la misura e riesegue il successivo step di foratura, si sono assunti 20 step di perforazione.
A causa dei problemi tecnici evidenziati precedenti non è stato possibile effettuare la foratura automatica
e si è realizzato un comando manuale per perforare il provino, si è notato che nei successivi step (una volta
azzerato il riferimento della macchina impostando la corsa a 0), gli incrementi di foratura che erano stati
raggiunti con lo step precedente segneranno dei valori di tensione residua praticamente nulli nello step
successivo, in quanto era già stato asportato il materiale interessato dall’incremento valutato; una volta
raggiunto nuovo materiale da asportare allora i valori di tensioni crescevano nuovamente.
Da notare che quando ci allontaniamo dalla superficie la sensibilità della rosetta è bassa.
13
Capitolo 2
7. Elaborazione dati
Se andiamo a vedere il file di dati avremo varie colonne, in cui trovo σmax, σmin e σVonMises. Nelle prime
colonne invece trovo l’angolo β che è l’angolo di orientazione della tensione principale rispetto a quello della
griglia 1 (se troviamo un angolo β=-33° indica che le tensioni sono allineati quasi con la griglia centrale).
Per ogni riga abbiamo i vari valori di tensione per quella data profondità e le relative tensioni principali
che successivamente sono ricondotte alle tensioni longitudinali lungo x e trasversali, lungo y.
Depth
[mm]
Strain (1)
[1E 10-6]
Strain (2)
[1E 10-6]
Strain (3)
[1E 10-6]
Beta
Angle
[°]
σmin
[N/mm2
]
σmax
[N/mm2]
Von Mises
[N/mm2]
Tresca
[N/mm2]
0,1 -0,969 -0,969 -0,919 22,554 6,966 7,328 7,154 0,362
0,2 -4,149 -1,615 -1,587 -22,186 6,278 15,443 13,451 9,164
0,3 -7,33 -2,261 -2,138 -21,808 5,585 17,788 15,756 12,203
0,4 -10,51 -2,907 -2,573 -21,242 4,872 18,577 16,683 13,704
0,5 -13,691 -3,552 -2,89 -20,631 4,357 18,971 17,211 14,614
0,6 -16,871 -4,198 -3,09 -20,002 4,324 19,506 17,743 15,182
0,7 -20,052 -4,844 -3,174 -19,366 4,295 19,889 18,127 15,594
0,8 -23,233 -5,49 -3,141 -18,728 4,312 20,392 18,615 16,08
0,9 -26,413 -6,136 -2,99 -18,09 4,504 21,362 19,504 16,857
1 -29,594 -6,782 -2,723 -17,455 4,633 22,166 20,251 17,533
Tabella 1: File dati tensioni residue.
Dalla teoria delle lastre piane mediante le formule di Mohr possiamo scrivere:
σx =
σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛
2
+
σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛
2
cos (2𝛽)
σy =
σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛
2
-
σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛
2
cos (2𝛽)
Da cui otteniamo:
Depth
[mm]
σx σy
0,1 7,22493 7,06907
0,2 15,0994 6,62159
0,3 17,3832 5,98977
0,4 12,2209 11,2281
0,5 4,99592 18,3321
0,6 6,82969 17,0003
0,7 16,0867 8,09728
0,8 20,1556 4,54843
0,9 13,3685 12,4975
1 5,17197 21,627
Tabella 2: Valori tensioni rispetto al sistema di riferimento.
In questo modo abbiamo ottenuto i seguenti grafici:
14
Capitolo 2
Figura 12: Andamento tensioni residue massima e minima.
Come si può notare la tensione minima rimane pressoché costante intorno al valore medio 5 [N/mm2
], mentre
la tensione massima presenta un incremento notevole nelle prime fasi del processo per arrivare ad attestarsi
intorno a 20 [N/mm2
] nelle fasi successive.
Figura 13: Andamento tensioni residue lungo x e lungo y.
In questo caso, invece, possiamo valutare come ai picchi di una curva corrispondano rispettivamente le valli
dell’altra, andando ad ottenere un andamento quasi speculare fra le due curve. Ciò è sintomatico di uno stato
tensionale piano.
0
5
10
15
20
25
0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
tensione[N/mm2]
Passo [mm]
Andamento tensione residua
smin smax
0
5
10
15
20
25
0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
tensione[N/mm2]
Passo [mm]
Andamento tensione residua
sx sy
15
Capitolo 2
8. Conclusioni
Dal confronto rispetto ai valori assunti si può concludere che entrambe le tensioni, sia longitudinale che
trasversale risultano positive e quindi entrambe di trazione in ogni punto.
La loro perfetta alternanza è rappresentativo di uno stato piano di tensione e ciò lo si può evidenziare
soprattutto considerando che nei primi strati di foratura la σy risulta praticamente costante, mentre cresce il
valore della σx valutate.
Tra l’altro si ricorda anche che la somma delle tensioni principali e delle tensioni valutare nel sistema di
riferimento risulta costante per uno stato tensionale piano. Si nota come nella parte centrale del test la somma
delle tensioni resti quasi costante fatta eccezione nei primi due e negli ultimi due, abbiamo:
Depth [mm] I=σmax+σmin I=σx+σy
0,1 14,294 14,294
0,2 21,721 21,721
0,3 23,373 23,373
0,4 23,449 23,449
0,5 23,328 23,328
0,6 23,83 23,83
0,7 24,184 24,184
0,8 24,704 24,704
0,9 25,866 25,866
1 26,799 26,799
Tabella 3: Invariante stato tensionale piano.
Si può notare, infine, che in corrispondenza della profondità di 0.6 [mm] la tensione longitudinale presenta
un minimo, mentre la tensione trasversale un massimo dovuto al fatto che in corrispondenza di quella
profondità la tensione risulta preponderante solo lungo la direzione di y e ciò è dovuto al processo di
saldatura dal quale abbiamo ottenuto la piastra saldata.
Capitolo 3
Sommario
1. Introduzione................................................................................................................................... 1
2. La tecnica di termografia............................................................................................................... 2
3. Principio fisico............................................................................................................................... 3
4. La termocamera............................................................................................................................. 4
5. Tecniche termografiche ................................................................................................................. 6
5.1 Termografia passiva .................................................................................................................. 6
5.2 Termografia attiva ..................................................................................................................... 6
5.3.1 Termografia pulsata PT.......................................................................................................... 7
5.3 Problemi nella misurazione della radiazione infrarossa ............................................................ 8
5.3.1 Taratura (o Calibrazione)................................................................................................... 9
6. Componenti e attrezzature utilizzate ........................................................................................... 10
6.1 Stringer Assy ........................................................................................................................... 10
7. Descrizione della prova ............................................................................................................... 12
8. Elaborazione dei dati ................................................................................................................... 13
8.1 PROVA A................................................................................................................................ 13
8.1.1 Termogramma di fine riscaldo e difettosità..................................................................... 13
8.1.2 Difetto 1........................................................................................................................... 16
8.1.3 Difetto 2........................................................................................................................... 19
8.1.4 Difetto 3........................................................................................................................... 23
8.2 PROVA B................................................................................................................................ 27
8.2.1 Termogramma di fine riscaldo e difettosità..................................................................... 28
8.2.2 Confronto......................................................................................................................... 32
8.2.3 Difetto 1........................................................................................................................... 35
8.2.4 Difetto 2........................................................................................................................... 39
9. Conclusioni.................................................................................................................................. 43
1
Capitolo 3
1. Introduzione
Lo scopo della seguente trattazione è la discussione e l’analisi dell’esperienza di laboratorio di
termografia. Nello specifico si è utilizzata la tecnica della termografia pulsata per individuare dei difetti su un
componente aeronautico, lo “STRINGER ASSY”. È stata realizzata un’unica prova con una frequenza di
campionamento di 5 Hz e un tempo di riscaldo di 3 secondi. Una volta definito il lay-out e il set-up della prova,
con la successiva calibrazione si è stati in grado di poter effettuare la registrazione delle mappe termiche che
ha permesso la successiva elaborazione dei dati (post-processing) riportata nel presente lavoro.
Nel presente lavoro inoltre si è ritenuto necessario confrontare due diverse tipologie di file di output
forniti dal docente in riferimento alla stessa prova.
Il primo file, realizzato in compartecipazione con gli studenti, è stato caratterizzato dalla presenza di un
gruppo folto di persone che ha invalidato i dati o comunque inficiato sulla buona riuscita della prova; ciò è
dovuto al fatto che l’essere umano è associabile ad una fonte termica in quanto è noto che tutti i corpi a
temperature superiori a 0°C irradiano energia termica sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, per questo
motivo è risultato molto più complicato elaborare i dati di questo primo file (PROVA A).
Il secondo file (PROVA B), invece, è stato realizzato dal docente nelle classiche condizioni riportate
dalla normativa, ovvero il docente ha ripetuto la prova in maniera autonoma e in assenza di fonti di luce
importanti, e quindi è risultato molto più semplice ottenere delle elaborazioni ingegneristicamente utili.
A tal proposito si sono analizzati due difetti nella PROVA A, due difetti nella PROVA B e un difetto è
stato invece confrontato tra le due prove scegliendo ovviamente gli stessi punti di confronto. Le coordinate
scelte per confrontare questo ultimo difetto differiscono nelle due prove dal momento che il set-up, o meglio
la distanza del cavalletto dov’era installato il componente rispetto alla telecamera, era diverso.
2
Capitolo 3
2. La tecnica di termografia
La termografia è la scienza dell'utilizzo di dispositivi ottici elettronici capaci di rilevare e misurare la
radiazione e metterla in relazione con la temperatura superficiale. La radiazione è lo spostamento di calore che
si verifica quando l'energia radiante (onde elettromagnetiche) si sposta senza un mezzo di trasferimento diretto.
La moderna termografia a infrarossi viene eseguita mediante dispositivi ottici elettronici che rilevano e
misurano la radiazione mettendola in relazione con la temperatura superficiale della struttura o
dell'apparecchiatura ispezionata. La termografia, in sostanza, risulta un tipo di acquisizione immagini nel
campo dell'infrarosso. L’output della tecnica è il termogramma con il quale si intende la visualizzazione
bidimensionale della misura di irraggiamento proveniente dalla prova.
La usiamo soprattutto come tecnica di controllo; ad esempio, se abbiamo un’anomalia su di una
conduttura che presenta degli attriti eccessivi viene utilizzata la termografia. Tutti i fenomeni come controllo
di processi produttivi, impianti chimici, termici; controlli sulle macchine; edilizia, medicina, ecc.. portano delle
anomalie che possono essere valutate con la tecnica degli infrarossi che presentano una lunghezza d’onda da
3 a 14 μm.
In realtà il campo dell’infrarosso è molto più vasto, ma quello riportato precedentemente è ciò che noi
andiamo a sfruttare per i nostri fini. Un altro utilizzo potrebbe essere quello di sfruttare la termografia
nell’archeologia andando a visualizzare i resti degli edifici, ovviamente a secondo dei vari resti presenti
corrisponderà una diversa conducibilità termica del terreno.
Il fenomeno fisico su cui si basa la tecnica termografica all’infrarosso è l’irraggiamento termico. Si ha
trasmissione di calore per irraggiamento ogni volta che due o più corpi, aventi temperature diverse, si
trovano in presenza l’uno dell’altro, separati da un mezzo che sia sufficientemente trasparente alle radiazioni.
Ciascuno dei corpi emette energia radiante e nello stesso tempo ne riceve dagli altri, assorbendo almeno in
parte l’energia ricevuta. L’irraggiamento si può trasmettere nel vuoto, non ha bisogno di un mezzo; se è
presente l’aria come mezzo allora quest’ultima prende parte allo scambio termico emettendo una radiazione
elettromagnetica con caratteristiche diverse. L’onda elettromagnetica si propagherà ad una velocità c, che
considereremo praticamente istantanea per le nostre applicazioni.
Tra le principali applicazioni nell'ambito della meccanica vi è la determinazione del comportamento
meccanico degli acciai e dei materiali compositi sia in campo statico che in campo dinamico.
Nell'ambito dei controlli non distruttivi(CND) possono essere distinti due casi di applicazione della
tecnica:
• la sollecitazione termica è fornita direttamente dall'oggetto (apparecchiature elettriche, attriti
meccanici, fluidi caldi, ecc.);
• la sollecitazione termica è fornita all'oggetto dall'esterno, in fase di esame.
In entrambi i casi è necessario conoscere la distribuzione superficiale delle temperature in assenza di
difetti al fine di confrontare la mappa termica dell'oggetto ispezionato con i difetti presenti.
3
Capitolo 3
3. Principio fisico
Figura 1: Spettro della radiazione elettromagnetica emessa.
La radiazione infrarossa è quella che interessa per lo studio della termografia poiché la radiazione
emessa dai corpi a temperatura ambiente cade proprio nel campo dello spettro che va da 0.76 a 1000 µm; solo
a temperature superiori agli 800° Kelvin gli oggetti iniziano ad emettere radiazione nel campo del visibile in
quantità apprezzabile. Per cui a noi interessano delle radiazioni emesse a temperature inferiori a 500 °C, ovvero
nel campo dell’infrarosso.
Lo spettro IR, a seconda del livello di agitazione molecolare, può essere diviso in 3 zone principali:
 Vicino IR (lunghezze d’onda comprese tra 0.78 e 1.5 µm)
 Medio IR (lunghezze d’onda comprese tra 1.5 e 20 µm)
 Lontano IR (lunghezze d’onda comprese tra 20 e 1000 µm)
Per l’approccio attraverso le prove termografiche non distruttive (TNDT, Thermographic
NonDestructive Test) il campo più interessante è quello del vicino e medio IR, nella banda delle radiazioni
infrarosse con lunghezze d’onda comprese tra 0.75 e 14 micron. Dalla misurazione di tale radiazione è
possibile ottenere la temperatura superficiale dei corpi in esame.
Un elemento di superficie si dice nero quando il suo coefficiente di riflessione ρ ed il coefficiente di
trasmissione τ valgono zero. La denominazione deriva dal fatto che una superficie che assorbe tutti i raggi
luminosi appare nera alla vista; il concetto di corpo nero è utile poiché le leggi che ne governano la radiazione
sono relativamente semplici.
Kirchhoff mostrò, con considerazioni termodinamiche, che, all’equilibrio termico, la radiazione
contenuta in una cavità le cui pareti siano impermeabili alla radiazione è della stessa qualità ed intensità di
quella di un corpo nero alla stessa temperatura.
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Relazione Prove di Laboratorio Meccanica Sperimentale

  • 1. UNIVERSITÀ DEL SALENTO Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica PROGETTAZIONE ASSISTITA E MECCANICA SPERIMENTALE RELAZIONI TECNICHE DI LABORATORIO GRUPPO 3 Docente: Chiar.mo Prof. Ing. Riccardo Nobile Studente: Antonio DELLE DONNE Federico GRECO Piero NACCI Fabrizio VENA ANNO ACCADEMICO 2016-2017
  • 2. Il presente lavoro è stato realizzato a termine del corso di Progettazione Assistita e Meccanica Sperimentale tenuto dal Prof. Ing. Riccardo Nobile, nell’anno accademico 2016-2017. Ci è stato richiesto di stilare delle relazioni tecniche riferite alle prove realizzate durante il corso. Le prove in questione sono state quattro, di cui tre utilizzando le tecniche estensimetriche ed una invece tramite la termografia per la valutazione di difetti superficiali. A tal proposito si è scelto di dividere il presente lavoro in 3 capitoli: - Capitolo 1: analisi delle sollecitazioni e deformazioni di un sistema trave; - Capitolo 2: analisi tensione residue in uno stato tensionale piano; - Capitolo 3: valutazione difetti tramite tecniche termografiche.
  • 3. Capitolo 1 Sommario 1. Introduzione................................................................................................................................... 1 2. Teoria estensimetria....................................................................................................................... 2 2.1 Estensimetro elettrico a resistenza............................................................................................. 2 2.2 Circuiti per le misure estensimetriche ....................................................................................... 5 2.3 Preparazione provino................................................................................................................. 7 3. Prova di flessione........................................................................................................................... 9 3.1 Caratteristiche generali............................................................................................................ 10 3.2 Cenni di teoria della trave........................................................................................................ 12 3.3 Elaborazione dati..................................................................................................................... 14 3.4 Analisi FEM ............................................................................................................................ 18 3.5 Conclusioni.............................................................................................................................. 23 4. Prova di trazione.......................................................................................................................... 24 4.1 Caratteristiche generali............................................................................................................ 24 4.2 Cenni di teoria della trave........................................................................................................ 26 4.3 Elaborazione dati..................................................................................................................... 28 4.3.1 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN con correzione della St ............................................ 29 4.3.2 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN senza correzione della St ......................................... 30 4.3.3 Range valutato da 2 kN a 9 kN con correzione della St .................................................. 31 4.3.4 Range valutato da 3 kN a 8 kN con correzione della St .................................................. 32 4.3.5 Range valutato da 4 kN a 7 kN con correzione della St .................................................. 33 4.3.6 Range valutato da 5 kN a 6 kN con correzione della St .................................................. 34 4.3.7 Fase di scarico ................................................................................................................. 35 4.4 Analisi FEM ............................................................................................................................ 36 4.5 Conclusioni.............................................................................................................................. 40
  • 4. 1 Capitolo 1 1. Introduzione Obiettivo della seguente relazione tecnica è descrivere in maniera esaustiva le due esperienze di laboratorio riguardanti il metodo sperimentale dell'estensimetria mediante utilizzo di estensimetri elettrici a resistenza, riportandone i risultati ottenuti. Le misure puntuali effettuate con tale tipologia di indagine sono le più diffuse nell'ambito industriale e della ricerca perché permettono di determinare lo stato tensionale e deformativo dei componenti e delle strutture. In questa maniera tale tecnica di analisi sperimentale delle deformazioni/tensioni assume il ruolo di potente ed efficace strumento di indagine e monitoraggio nei diversi stadi di vita di un prodotto: progettazione, validazione del prototipo prima della produzione, prove di sicurezza e sovraccarico, prove per l'analisi di rotture in servizio. Nello specifico le prove di laboratorio consistevano nell'applicazione di estensimetri elettrici a resistenza sulle superfici di determinati provini e sul rilevamento in tempo reale delle deformazioni provocate dall'applicazione di carichi specifici (due estensimetri, uno orientato secondo la direzione longitudinale e l'altro secondo la direzione trasversale del provino sottoposto a trazione nella prima prova, un solo estensimetro orientato secondo la direzione longitudinale del provino sottoposto a flessione nella seconda prova). Successivamente, sono state confrontate le misure sperimentali con i dati analitici, ricavati attraverso l'uso delle relazioni note dalla Scienza delle Costruzioni. In particolare, quindi, sono state analizzate due diverse tipologie di test: - Il primo realizzato andando ad applicare su di un componente in Waspaloy un carico di trazione con una macchina a fatica con lo scopo di andare a valutare il modulo di Young (E) e il modulo di Poisson (ν), si è proceduto successivamente anche al confronto tra i valori numerici e quelli sperimentali; - Il secondo realizzato andando ad applicare su di un componente in alluminio un carico di flessione tramite un micrometro flessionale con lo scopo di andare a valutare la deformazione longitudinale e confrontando i valori sperimentali con quelli analitici (e FEM). Per facilità di comprensione si è preferito dividere il presente lavoro in tre parti nelle quali, la prima parte presenta un carattere generale introducendo la tecnica dell’estensimetria (estensimetro e circuiti per misure), la seconda si riferisce in particolare alla prova di trazione e l’ultima alla prova di flessione. Nelle ultime due sezioni si valuteranno dei concetti di Scienza delle Costruzioni, propedeutici al commento degli elaborati ottenuti.
  • 5. 2 Capitolo 1 2. Teoria estensimetria L’estensimetria è una tecnica di analisi sperimentale, non distruttiva che permette di rilevare le tensioni/deformazioni in un pezzo meccanico. Tale rilevazione viene effettuata attraverso l’estensimetro, un dispositivo che ha la funzione di misurare la deformazione di un componente sottoposto a carichi meccanici o termici al fine di poter ricavare lo stato tensionale. Tali dispositivi misurano la deformazione di un componente sottoposto a sollecitazioni meccaniche o termiche e sono in grado di rilevare la variazione di distanza ΔL tra due punti di uno stesso corpo, posti alla distanza iniziale L0. I loro campi di applicazione vanno quindi dall'analisi sperimentale di tensioni e deformazioni alla realizzazione di trasduttori per la misura di grandezze quali forza (celle di carico), coppia, peso, pressione. Sono disponibili in commercio varie tipologie di estensimetri che si differenziano in base al principio di funzionamento. Ad esempio abbiamo gli estensimetri induttivi, capacitivi e resistivi. Nella seguente relazione si prenderanno in considerazione gli estensimetri elettrici a resistenza, utilizzati nelle prove di laboratorio e con i quali il risultato della misura è di tipo puntuale ed espresso in termini di deformazione. 2.1Estensimetro elettrico a resistenza La deformazione di un corpo, in generale, oltre a produrre una variazione di forma e di volume, dà luogo a delle variazioni delle proprietà fisiche del materiale; il principio fisico sfruttato nel funzionamento degli estensimetri è, quindi, la variazione di resistenza elettrica, ΔR, originata in un conduttore sottoposto a deformazione. L'estensimetro consiste in una griglia di misura, costituita da una sottile lamina di lega fotoincisa, che consente di avere uno spessore del conduttore di 3–5 μm , annegata in un sottilissimo strato di materiale polimerico che funge da supporto, il quale provvede all'isolamento elettrico della griglia dalla struttura, alla stabilità dimensionale del sensore durante le operazioni di installazione, alla trasmissione della deformazione della struttura sottostante alla griglia e al sostegno dei sottilissimi filamenti. Alle due estremità della griglia sono posti due reofori, ossia i connettori per il collegamento del sensore al circuito di misura (Fig. 1). Figura 1: Estensimetro
  • 6. 3 Capitolo 1 L’estensimetro viene incollato, mediante un preciso procedimento, sulla superficie del pezzo del quale si vogliono calcolare le deformazioni durante una sollecitazione. Queste deformazioni vengono trasmesse alla griglia causando una variazione proporzionale di resistenza elettrica. Tale variazione verrà quindi letta da appositi strumenti con una risoluzione dell’ordine dei µm/m. La legge che regola la variazione di resistenza elettrica è data da: 𝑅 = 𝜌 𝑙 𝐴 dove: 𝑅 è la resistenza elettrica; 𝜌 è la resistività del materiale; 𝑙 è la lunghezza del conduttore; 𝐴 è l’area della sezione trasversale. Da questa legge si ottiene: log 𝑅 = log 𝜌 + log 𝑙 − log 𝐴 𝑑𝑅 𝑅 = 𝑑𝜌 𝜌 + 𝑑𝑙 𝑙 − 𝑑𝐴 𝐴 dove: 𝑑𝑙 𝑙 = 𝜀1 è la deformazione 𝑑𝐴 𝐴 = 2× 𝑑𝑏 𝑏 e b è il raggio del conduttore Tramite la definizione di coefficiente di Poisson otteniamo: 𝑑𝑅 𝑅 = 𝑑𝜌 𝜌 + 𝜀1×(1 + 2υ) Questa relazione lega direttamente la variazione di resistenza alla deformazione longitudinale. Di seguito vengono riportate le proprietà principali di un estensimetro.  Resistenza elettrica nominale: dipende dalle dimensioni della griglia e dalla resistività del materiale. Essa assume i valori standard principali di 120 Ω (materiali metallici), 350 Ω (materiali compositi e trasduttori), 700 Ω, 1000 Ω.  Resistenza di isolamento: è la resistenza elettrica che si misura tra la griglia estensimetrica e la superficie su cui l'estensimetro è installato; si configura come una resistenza in parallelo a quella dell'estensimetro installato R0 e non deve essere inferiore a 1000 MΩ.  Sensibilità alla deformazione: per un estensimetro sottoposto ad uno stato di deformazione biassiale prodotto da una sollecitazione monoassiale il rapporto tra la variazione di resistenza relativa 𝑑𝑅 𝑅 e la deformazione longitudinale ε è definito fattore di taratura K (gage factor):
  • 7. 4 Capitolo 1 K = [ 𝛥𝑅 𝑅0 1 𝜀 ]εt = – νε = 𝑑𝑅 𝑅 𝜀 = 𝑑𝜌 𝜌 𝜀 + 1 + 2ν con R0 resistenza dell'estensimetro installato. Il valore del fattore di taratura viene determinato sperimentalmente dagli stessi produttori, i quali applicano metodi statistici. Esso dipende principalmente dal materiale utilizzato (K compreso tra 2 e 4 per estensimetri metallici, fino a 150 per estensimetri a semiconduttore) ed è dipendente dalla temperatura di prova (in prima approssimazione si può assumere una legge di variazione lineare): KT = K (1 + βKΔT) con βK coefficiente di temperatura e ΔT differenza tra la temperatura di prova e quella di riferimento (in genere 20°C).  Sensibilità trasversale: è la variazione di resistenza elettrica causata dall'applicazione di una deformazione perpendicolare all'asse dell'estensimetro (contributo alla variazione della resistenza dovuto ai tratti trasversali della griglia). Il suo valore è ridotto al minimo affinché la misura della deformazione sia accurata (generalmente pari all' 1 – 2 % della sensibilità longitudinale).  Portata o deformazione massima: è la massima deformazione che può essere applicata all'estensimetro installato su una struttura registrando una misura di deformazione affetta da un errore non superiore al 10%.  Sensibilità alla temperatura: Il valore della temperatura nella zona in cui si effettua la misura e la variazione di temperatura durante la prova sono fattori molto importanti da considerare nella tecnica estensimetrica. Il calore presente sul provino o quello generato nell'estensimetro stesso dal passaggio di corrente (effetto Joule) possono causare alcuni inconvenienti come ad esempio il deterioramento dell'adesivo, del supporto e della griglia che producono una misura non corretta. Inoltre ad elevati livelli di temperatura è importante conoscere quanto tempo può resistere l'incollaggio e come si comportano gli elementi di connessione (cablaggi).  Precisione.
  • 8. 5 Capitolo 1 2.2Circuiti per le misure estensimetriche La lettura delle piccole variazioni di resistenza indotte dalle deformazioni dell'estensimetro necessitano di un circuito di collegamento che sia in grado di fornire un segnale amplificato. Il circuito più adatto è quello del collegamento tramite ponte di Wheatstone. Figura 2: Rappresentazione ponte di Wheatstone Questo circuito permette di misurare la variazione di resistenza leggendo la differenza di potenziale ΔVout, detta tensione di sbilanciamento, che si genera ai capi non alimentati del ponte. Oltre a rimediare al problema di una bassa sensibilità dell'estensimetro, il ponte di Wheatstone consente di compensare le deformazioni termiche e di distinguere gli effetti dovuti ad azioni meccaniche differenti. Il circuito si compone di quattro lati occupati da resistori, alimentati da una tensione VIN attraverso due nodi; i restanti nodi sono sottoposti a una tensione ΔVOUT oggetto di misura. Studiando il circuito di sopra è facile risalire al valore di Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 (Tensione di sbilanciamento): Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 = 𝑉𝑖𝑛 𝑅1 𝑅3 − 𝑅2 𝑅4 (𝑅1 + 𝑅4)(𝑅2 𝑅3) Nell’ipotesi di avere ciascuna delle resistenze R= cost, se il sistema non è soggetto a nessun tipo di sollecitazione, la Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 è nulla (sistema bilanciato). Nel caso in cui interviene una sollecitazione esterna, ciascuna delle resistenze modifica il proprio valore e quindi il valore di Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 sarà pari a: Λ𝑉𝑜𝑢𝑡 = 𝑉𝑖𝑛 4 ( ∆𝑅1 𝑅1 − ∆𝑅4 𝑅4 + ∆𝑅3 𝑅3 − ∆𝑅2 𝑅2 ) Da cui: Δ𝑉𝑜𝑢𝑡 = 𝑉𝑖𝑛 2 ×(𝜀1 − 𝜀2 + 𝜀4 − 𝜀3) In generale, a seconda del numero di estensimetri collegati al circuito, esistono tre possibili configurazioni di collegamento del ponte di Wheatstone e precisamente:
  • 9. 6 Capitolo 1  collegamento a ponte intero, realizzato con l'utilizzo di quattro estensimetri. Viene usato per compensare gli effetti termici e per eliminare le deformazioni cosiddette spurie (derivanti da carichi di diversa tipologia). Il segnale viene amplificato del fattore 4.  collegamento a mezzo ponte, realizzato con l'utilizzo di due estensimetri e due resistenze di completamento. Il segnale viene amplificato del fattore 2.  collegamento a quarto di ponte, soluzione più economica in quanto è realizzato con l'utilizzo di un solo estensimetro e di tre resistenze di completamento. Non consente la compensazione degli effetti termici (vengono invece utilizzati estensimetri autocompensati), né l'eliminazione di deformazioni spurie. Il segnale non viene amplificato. Figura 3: Collegamento ponte di Wheatstone-centralina estensimetrica
  • 10. 7 Capitolo 1 2.3Preparazione provino Di seguito si illustra come predisporre la superficie ad ospitare lo strain gage. L’operazione di installazione degli estensimetri avviene secondo i seguenti step: 1. Si utilizza la carta abrasiva a grana fine in carburo di silicio in corrispondenza del punto di applicazione dell’estensimetro per aumentare le asperità in modo da migliorare l’incollaggio. 2. Si pulisce con alcool per togliere grassi, solventi, oli e parti metalliche tramite delle garze. 3. Si procede con la tracciatura tramite un tracciatore per metalli. Se montiamo l’estensimetro nel punto sbagliato avremo una misura sbagliata. 4. Si tracciano delle linee di riferimento ortogonali con un pennarello in modo da posizionare correttamente l’estensimetro, l’operazione viene agevolata mediante l’uso di squadre; 5. Si va ad intagliare o con una penna a sfera o con un coltello; durante l’operazione non bisogna premere eccessivamente dal momento che trattandosi di un intaglio se fosse troppo profondo produrrebbe delle tensioni residue che invaliderebbero i dati assunti. 6. Si opera la pulizia della zona individuata per mezzo di garze tramite: a. Acido fosforico che sgrassa la superficie (M-Prep Conditioner A); b. Neutralizzatore (M-Prep Neutralizer 5) a base di ammoniaca; Da notare che la superficie trattata non deve più essere toccata altrimenti viene nuovamente contaminata. 7. Si posiziona l’estensimetro collocandolo con la griglia fotoincisa rivolta verso l’alto (esterno) sul banco di prova dopo che quest’ultimo è stato opportunamente pulito con alcool; a questo punto viene posto un nastro adesivo sulla parte superiore dell’estensimetro. In tutte queste operazioni l’estensimetro non dev’essere toccato ma bisognerà spostarlo solo con le pinze. 8. Si pone, grazie al nastro appena applicato, l’estensimetro sul provino, prestando attenzione a far coincidere la croce di riferimento della griglia con la croce intagliata nel provino. 9. Si applica il catalizzatore (Adesivo M-Bond 200) con delle garze sull’estensimetro nella parte che si interfaccia con il provino, attendendo che evapori la sostanza; si applica solo una passata. 10. Si applica una goccia di ciano acrilato (colla) per l’incollaggio dell’estensimetro sempre nella porzione compresa tra estensimetro e superficie del provino. Figura 4: Agenti usati, da sinistra a destra: Acido, Neutralizzatore, Catalizzatore, Ciano acrilato
  • 11. 8 Capitolo 1 11. Tramite una pressione di pochi secondi realizzata con una garza viene definitivamente incollato l’estensimetro. 12. Il posizionamento delle basette necessita della stessa procedura vista dai punti 1 a 10. 13. Si realizza la saldatura dei terminali tramite stagno cortocircuitando il cavo rosso col bianco su di una basetta e il nero sull’altra, questa operazione permette la connessione dell’estensimetro con la centralina estensimetrica realizzando un ponte di Wheatstone a 3 fili. 14. Si pone del nastro carta per impedire spostamenti involontari che potrebbero dissaldare i punti di saldatura realizzati. 15. Opzionalmente, a seconda della tipologia del test si può procedere ad applicare uno strato di vernice poliuretanica, come nel caso del test di trazione in questa trattazione. 16. Valutazione della resistenza elettrica nominale e di isolamento. Figura 5: Provino finale Per concludere, precisiamo che la colla utilizzata non deve essere troppo poca poiché non ci sarebbe un’adeguata adesione tra estensimetro e pezzo, ma neppure eccessiva, in quanto finirebbe per creare uno strato elastico impedendo all’estensimetro di deformarsi come il pezzo, provocando problemi di variazione apparente di K, di isteresi e di deriva; inoltre aumenterebbe la difficoltà da parte della griglia sensibile di dissipare il calore prodotto. In aggiunta l’estensimetro deve essere sì ben incollato al pezzo ma deve sussistere anche un perfetto isolamento elettrico tra griglia e la superficie su cui è incollato. La presente procedura di installazione viene riportata nel documento Micro-Measurements, Vishay. "Strain gage installations with M-Bond 200 Adhesive." Instruction Bulletin, B-127-14 (2005): 1-4.
  • 12. 9 Capitolo 1 3. Prova di flessione La prova consiste nel confronto dei valori sperimentali e teorici delle deformazioni Ɛz per un elemento trave incastrata-libera in alluminio al variare della freccia in punta, fy. Le dimensioni della trave, sono:  ℎ = 5.12 𝑚𝑚  𝐿 = 254 𝑚𝑚 (lunghezza realmente considerata, valutata dall’incastro al punto di applicazione del carico)  𝑏 = 25 𝑚𝑚  𝐿 𝑡𝑜𝑡 = 305 𝑚𝑚 (lunghezza totale asta) Figura 6: Trave incastrata con dimensioni pari al provino esaminato Il modello utilizzato per descrivere il comportamento a flessione della trave è quello di Saint Venant. La trave è montata a sbalzo per mezzo di un morsetto a vite. La distanza tra l’incastro ed il punto di applicazione della freccia e di 254 mm. La freccia viene imposta tramite un punzone che impone alla trave una freccia di 0,5 𝑚𝑚/𝑔𝑖𝑟𝑜 da 0 [mm] fino a 10 [mm] per la prova di carico e poi da 10 [mm] a 0 [mm] per lo scarico. Figura 7: Provino esaminato montato sul micrometro flessionale
  • 13. 10 Capitolo 1 3.1Caratteristiche generali Il tipo di estensimetro utilizzato ha una lunghezza di griglia di 3 mm (0.25 pollici ca.), 120 Ω. L’estensimetro è autocompensato per leghe di alluminio; avremo degli errori in termini di temperatura ma andando a realizzare delle prove di breve durata riduciamo l’errore. Usiamo come collegamento un ponte di Wheatstone a 3 fili. Il dato più importante che ci viene fornito è il Gage Factor K (2.11±0.5%). Per interfacciarci col sensore applicato sul provino si è predisposto il collegamento con la centralina estensimetrica; successivamente si è utilizzato il software CatMan che previo input delle caratteristiche costruttive dell’estensimetro (Gage Factor = 2,11 e GridResistance = 120Ω), della tipologia di ponte di Wheatstone (1/4 nel nostro caso) e taratura iniziale, converte il segnale elettrico in valore numerico espresso in µƐ/m. Inoltre vengono settati sul PC sia la frequenza di campionamento (5 Hz) e il valore di alimentazione che per default è 2.5 V. Figura 8: Scheda tecnica estensimetro Figura 8: Centralina estensimetrica Seguendo la normativa il collegamento dei cavi con la centralina è stato tale da avere i cavi cortocircuitati al canale 2 e il cavo nero al canale 1. Lo spegnimento delle spie luminose sulla centralina è sintomatico di un corretto collegamento. Prima di realizzare il test ci si assicura di procedere con cicli di carico, tali da allenare il provino e permettere di non realizzare fenomeni di isteresi. Figura 9: Collegamento terminali estensimetro-centralina estensimetrica
  • 14. 11 Capitolo 1 Prima di realizzare la prova è stato necessario verificare che il dato riportato sulla scheda tecnica dell’estensimetro in riferimento alla resistenza di isolamento R0 fosse corretto e non avessimo ottenuto un valore inferiore dettato da un cattivo incollaggio dell’estensimetro. A tal proposito abbiamo usato un ohmetro, il 1300 GAGE INSTALLATION TESTER collegando le estremità libere dei terminali elettrici legati all’estensimetro: Figura 10: Verifica resistenza di isolamento In questo modo si è verificato che la resistenza di isolamento, come si può notare in figura, fosse superiore a 10 MΩ, confermando di non aver commesso errori nell’incollaggio dell’estensimetro. La resistenza di isolamento valutata è circa 20 MΩ. Per verificare anche la saldatura corretta dell’estensimetro si è proceduto a valutare la resistenza elettrica nominale tramite un multimetro. Abbiamo: Figura 11: Verifica resistenza nominale estensimetro Come si può notare dalla figura la resistenza elettrica risulta pari a 120 Ω.
  • 15. 12 Capitolo 1 Confortati da questi valori, si è potuto procedere con la misura vera e propria, realizzata valutando in realtime l’andamento della deformazione (Ɛz) valutata in funzione del tempo, dal quale poi è stato possibile estrapolare un file ASCII che ha permesso la successiva elaborazione dei dati. Dal monitor abbiamo ottenuto il seguente grafico: Figura 12: Grafico deformazione valutata-tempo 3.2Cenni di teoria della trave Dalla teoria del De Saint Venant si definisce la legge differenziale che lega la freccia al carico di flessione applicato ad una trave montata a sbalzo. Si riporta la schematizzazione nella figura seguente: Figura 13: Schematizzazione dimensionale trave a sbalzo con estensimetro -40 -20 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280 300 320 340 360 380 400 420 440 460 480 0 13 27 40 54 67 80 94 107 121 134 147 161 174 188 201 214 228 241 255 268 281 295 308 322 335 348 362 375 389 402 415 429 442 456 469 482 496 Deformazionevalutata(μm/m) Tempo (s) Prova flessione gruppo 3
  • 16. 13 Capitolo 1 Dalla teoria conosciamo la risoluzione dell’equazione differenziale della linea elastica per le travi: 𝑑2 𝑓 𝑑𝑧2 = − 𝑀𝑥 𝐸𝐼 𝑥 dove: E: modulo di Young del provino che per l’alluminio assumiamo pari a 70 [GPa]; Ix: momento d’inerzia di una sezione rettangolare 𝐼𝑥 = 𝑏ℎ3 12 . Figura 14: Momento d’inerzia Nell’analisi FEM riportata in calce è stato assunto un sistema di riferimento tale per cui la lunghezza si sviluppa lungo la coordinata x, motivo per cui nella figura precedente consideriamo il momento d’inerzia cercato pari a Iz= 279.62 [m4 ]. L’espressione precedente risulta un’equazione del secondo ordine la cui soluzione è determinata attraverso l’imposizione di due condizioni al contorno, ovvero z(0)=0 e z’(0)=0. In questo modo otteniamo la relazione: 𝑓 = 𝐹𝑦 𝑙3 3𝐸𝐼 𝑥 Sapendo che l’estensimetro è stato posizionato ad una distanza pari a d = 106.5 [mm] dal punto di applicazione della forzante, il momento flettente a cui il provino è sottoposto è dato da: 𝑀𝑥 = 𝐹𝑦 𝑑
  • 17. 14 Capitolo 1 e la deformazione ad esso associata sarà pari a: Ɛ 𝑧 = 𝑀 𝑥 𝐸𝐼 𝑥 ℎ 2 Dove, in questo caso ℎ 2 = 2.56 [mm], poniamo ℎ 2 al posto di y in quanto stiamo considerando la linea baricentrica. La relazione è stata ottenuta considerando il legame costitutivo dal momento che 𝜎𝑧 = 𝑀 𝑥 𝐼 𝑥 ℎ 2 . 3.3Elaborazione dati Da queste considerazioni possiamo riassumere, per la prova di carico e scarico: freccia [mm] Fy [N] Mx [Nmm] σz [N/mm2 ] εz [mm/mm] εz [μm/m] 0,5 1,791663 190,81213 1,746938927 2,49563E-05 24,95627038 1 3,583326 381,62427 3,493877854 4,99125E-05 49,91254077 1,5 5,37499 572,4364 5,240816781 7,48688E-05 74,86881115 2 7,166653 763,24854 6,987755708 9,98251E-05 99,82508154 2,5 8,958316 954,06067 8,734694635 0,000124781 124,7813519 3 10,74998 1144,8728 10,48163356 0,000149738 149,7376223 3,5 12,54164 1335,6849 12,22857249 0,000174694 174,6938927 4 14,33331 1526,4971 13,97551142 0,00019965 199,6501631 4,5 16,12497 1717,3092 15,72245034 0,000224606 224,6064335 5 17,91663 1908,1213 17,46938927 0,000249563 249,5627038 5,5 19,7083 2098,9335 19,2163282 0,000274519 274,5189742 6 21,49996 2289,7456 20,96326712 0,000299475 299,4752446 6,5 23,29162 2480,5577 22,71020605 0,000324432 324,431515 7 25,08329 2671,3699 24,45714498 0,000349388 349,3877854 7,5 26,87495 2862,182 26,2040839 0,000374344 374,3440558 8 28,66661 3052,9941 27,95102283 0,0003993 399,3003262 8,5 30,45827 3243,8063 29,69796176 0,000424257 424,2565965 9 32,24994 3434,6184 31,44490069 0,000449213 449,2128669 9,5 34,0416 3625,4305 33,19183961 0,000474169 474,1691373 10 35,83326 3816,2427 34,93877854 0,000499125 499,1254077 Tabella 1: εz prova di carico
  • 18. 15 Capitolo 1 freccia [mm] Fy [N] Mx [Nmm] σz [N/mm2 ] εz [mm/mm] εz [μm/m] 10 35,83326 3816,242678 34,93877854 0,000499 499,1254077 9,5 34,0416 3625,430544 33,19183961 0,000474 474,1691373 9 32,24994 3434,61841 31,44490069 0,000449 449,2128669 8,5 30,45827 3243,806276 29,69796176 0,000424 424,2565965 8 28,66661 3052,994142 27,95102283 0,000399 399,3003262 7,5 26,87495 2862,182008 26,2040839 0,000374 374,3440558 7 25,08329 2671,369874 24,45714498 0,000349 349,3877854 6,5 23,29162 2480,557741 22,71020605 0,000324 324,431515 6 21,49996 2289,745607 20,96326712 0,000299 299,4752446 5,5 19,7083 2098,933473 19,2163282 0,000275 274,5189742 5 17,91663 1908,121339 17,46938927 0,00025 249,5627038 4,5 16,12497 1717,309205 15,72245034 0,000225 224,6064335 4 14,33331 1526,497071 13,97551142 0,0002 199,6501631 3,5 12,54164 1335,684937 12,22857249 0,000175 174,6938927 3 10,74998 1144,872803 10,48163356 0,00015 149,7376223 2,5 8,958316 954,0606694 8,734694635 0,000125 124,7813519 2 7,166653 763,2485356 6,987755708 9,98E-05 99,82508154 1,5 5,37499 572,4364017 5,240816781 7,49E-05 74,86881115 1 3,583326 381,6242678 3,493877854 4,99E-05 49,91254077 0,5 1,791663 190,8121339 1,746938927 2,5E-05 24,95627038 Tabella 2: εz prova di scarico Possiamo affiancare i valori teorici appena ottenuti con i valori assunti dalla prova sperimentale ottenuti andando a considerare una media aritmetica dei valori presenti sui vari tratti a tangenza orizzontale sul grafico in fig.12. In questo modo, si è ottenuto: freccia [mm] deformazione reale[μm/m] Deformazione teorica [μm/m] Errore 0,5 23,46545455 24,95627038 5,97 1 46,15166667 49,91254077 7,53 1,5 69,40818182 74,86881115 7,29 2 92,29033333 99,82508154 7,55 2,5 114,7387097 124,7813519 8,05 3 137,247027 149,7376223 8,34 3,5 159,8569231 174,6938927 8,49 4 182,8142308 199,6501631 8,43 4,5 205,6185714 224,6064335 8,45 5 225,6654545 249,5627038 9,58 5,5 250,6725 274,5189742 8,69 6 272,6879545 299,4752446 8,94 6,5 294,7122222 324,431515 9,16 7 317,7144898 349,3877854 9,07 7,5 340,603125 374,3440558 9,01 8 362,947069 399,3003262 9,10 8,5 384,7714583 424,2565965 9,31 9 407,4355263 449,2128669 9,30 9,5 429,6417308 474,1691373 9,39 10 452,3303093 499,1254077 9,38 Tabella 3: Confronto εz prova carico
  • 19. 16 Capitolo 1 freccia [mm] deformazione reale[μm/m] Deformazione teorica [μm/m] Errore 10 452,3303093 499,1254077 9,38 9,5 429,9962791 474,1691373 9,32 9 406,3348571 449,2128669 9,55 8,5 382,9584706 424,2565965 9,73 8 360,6238776 399,3003262 9,69 7,5 337,6475676 374,3440558 9,80 7 315,0655814 349,3877854 9,82 6,5 292,2145455 324,431515 9,93 6 270,0186842 299,4752446 9,84 5,5 247,3675 274,5189742 9,89 5 225,41575 249,5627038 9,68 4,5 202,2966667 224,6064335 9,93 4 180,0188889 199,6501631 9,83 3,5 156,4682857 174,6938927 10,43 3 133,1995455 149,7376223 11,04 2,5 110,3716667 124,7813519 11,55 2 87,96368421 99,82508154 11,88 1,5 65,5172093 74,86881115 12,49 1 42,27610169 49,91254077 15,30 0,5 19,94816667 24,95627038 20,07 0 -2,3370375 0 / Tabella 4: Confronto εz prova scarico Tramite queste elaborazioni possiamo ottenere gli andamenti della deformazione in funzione della freccia imposta, avremo: Figura 15: Andamento della prova di carico 0 100 200 300 400 500 600 0, 5 1 1, 5 2 2, 5 3 3, 5 4 4, 5 5 5, 5 6 6, 5 7 7, 5 8 8, 5 9 9, 5 10 DEFORMAZIONE FRECCIA PROVA CARICO Curva sperimentale Curva analitica
  • 20. 17 Capitolo 1 Figura 16: Andamento della prova di scarico Il calcolo dell’errore relativo percentuale è stato realizzato utilizzando la seguente formula: 𝛥𝜀 𝑧 = 𝜀𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 − 𝜀 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 𝜀𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 ∗ 100 Dalla quale otteniamo: Figura 17: Andamento delle curve di errore relativo -100 0 100 200 300 400 500 600 10 9 , 5 9 8, 5 8 7 , 5 7 6, 5 6 5, 5 5 4, 5 4 3, 5 3 2, 5 2 1, 5 1 0, 5 0 DEFORMAZIONE FRECCIA PROVA SCARICO Curva Sperimentale Curva analitica 5,00 6,00 7,00 8,00 9,00 10,00 11,00 12,00 13,00 14,00 15,00 16,00 17,00 18,00 19,00 20,00 21,00 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5 ERRORE% FRECCIA [mm] Errore relativo percentuale Prova carico Prova scarico
  • 21. 18 Capitolo 1 3.4Analisi FEM Per completezza di trattazione si è voluto simulare il test descritto precedentemente tramite un software agli elementi finiti, per tale scopo si è scelto il software ANSYS APDL che permette di realizzare un’analisi numerica in modo appropriato. Si è cominciato dunque scegliendo la tipologia di elemento: per un componente snello sottoposto ad uno sforzo flessionale, si è scelto l’elemento BEAM188, nelle cui opzioni abbiamo settato l’opzione “linear form” che specifica il calcolo mediante il modello euleriano. Il passaggio successivo è l’inserimento delle caratteristiche del materiale che per i nostri scopi dovrà essere lineare, omogeneo e isotropo fornendo i seguenti valori che sono stati assunti da tabelle tecniche:  Modulo di Young E: 70000 MPa  Coefficiente di Poisson ν: 0.3 A questo punto si è definita la sezione del modello che ricordiamo presenta dimensioni h = 5.12 [mm] e b = 25 [mm], a tal proposito da SectionsBeamCommon Section abbiamo scelto un elemento di tipo rettangolare. Una volta definite le operazioni preliminari si è stati in grado di definire propriamente l’elemento e per tale scopo si sono assunti due Keypoints uno posizionato nell’origine e il secondo a posizione x=254 e y=0. Successivamente attraverso il comando Straight Line si sono uniti i due punti e si è ottenuta la linea baricentrica. A questo punto nella sezione Mesh si è impostata una suddivisione degli elementi pari a 254, in modo da ottenere correttamente la misura nel punto posto a distanza 147.5 rispetto all’origine. Col comando Mesh abbiamo ottenuto la seguente figura: Figura 18: Mesh elemento trave In seguito si sono potuti applicare i vincoli e carichi, in corrispondenza dell’origine abbiamo imposto che tutti gli spostamenti fossero impediti (All DOF) mentre in corrispondenza dell’altro estremo abbiamo imposto una freccia lungo y (UY) di -10 mm; ottenendo: Figura 19: Definizione carichi elemento trave
  • 22. 19 Capitolo 1 Dopodiché si è stati in grado di lanciare la soluzione, ovviamente di tipo statico, andando nella sezione Sol’n Options a definire un numero di substep pari a 20 (e anche nella sezione minima e massima) e lasciando la valutazione di piccoli spostamenti. Lanciando la soluzione abbiamo ottenuto la seguente deformata: Figura 20: Deformata rilevata al substep 20 Dai dati geometrici riguardo la zona d’incollaggio dell’estensimetro, si è risaliti ai nodi interessati e ai relativi valori numerici, costituiti dalla deformazione longitudinale di un’area sulla superficie superiore per la quale quindi nella sezione Element Solution si è scelto l’opzione Strain e successivamente longitudinal strain. Da cui otteniamo: Figura 21: Deformazione longitudinale per uno step di carico
  • 23. 20 Capitolo 1 Figura 22: Particolare della deformazione longitudinale per uno step di carico Andando a valutare l’elemento posto a distanza 147.5 dall’origine e prendendo nota per ogni substep del valore assunto dalla deformazione longitudinale, otteniamo: Figura 23: Elemento a distanza 147.5, deformazione longitudinale per uno step di carico
  • 24. 21 Capitolo 1 Da queste considerazioni è stato possibile confrontare i valori assunti dall’analisi FEM, con quelli teorici e sperimentali per i quali otteniamo: freccia [mm] deformazione reale[μm/m] deformazione teorica analitica [μm/m] deformazione teorica FEM[μm/m] 0,5 23,46545455 24,95627038 24,89 1 46,15166667 49,91254077 49,78 1,5 69,40818182 74,86881115 74,67 2 92,29033333 99,82508154 99,56 2,5 114,7387097 124,7813519 124,45 3 137,247027 149,7376223 149,34 3,5 159,8569231 174,6938927 174,23 4 182,8142308 199,6501631 199,12 4,5 205,6185714 224,6064335 224,01 5 225,6654545 249,5627038 248,9 5,5 250,6725 274,5189742 273,79 6 272,6879545 299,4752446 298,68 6,5 294,7122222 324,431515 323,57 7 317,7144898 349,3877854 348,46 7,5 340,603125 374,3440558 373,35 8 362,947069 399,3003262 398,24 8,5 384,7714583 424,2565965 423,13 9 407,4355263 449,2128669 448,02 9,5 429,6417308 474,1691373 472,91 10 452,3303093 499,1254077 497,8 9,5 429,9962791 474,1691373 472,91 9 406,3348571 449,2128669 448,02 8,5 382,9584706 424,2565965 423,13 8 360,6238776 399,3003262 398,24 7,5 337,6475676 374,3440558 373,35 7 315,0655814 349,3877854 348,46 6,5 292,2145455 324,431515 323,57 6 270,0186842 299,4752446 298,68 5,5 247,3675 274,5189742 273,79 5 225,41575 249,5627038 248,9 4,5 202,2966667 224,6064335 224,01 4 180,0188889 199,6501631 199,12 3,5 156,4682857 174,6938927 174,23 3 133,1995455 149,7376223 149,34 2,5 110,3716667 124,7813519 124,45 2 87,96368421 99,82508154 99,56 1,5 65,5172093 74,86881115 74,67 1 42,27610169 49,91254077 49,78 0,5 19,94816667 24,95627038 24,89 0 -2,3370375 0 0 Tabella 5: Confronto εz prova carico e scarico
  • 25. 22 Capitolo 1 Figura 24: Confronto andamenti prova carico Figura 25: Confronto andamenti prova scarico 0 100 200 300 400 500 600 0, 5 1 1, 5 2 2, 5 3 3, 5 4 4, 5 5 5, 5 6 6, 5 7 7, 5 8 8, 5 9 9, 5 10 DEFORMAZIONE FRECCIA PROVA CARICO Curva sperimentale Curva analitica Curva FEM -100 0 100 200 300 400 500 600 10 9, 5 9 8, 5 8 7, 5 7 6, 5 6 5, 5 5 4, 5 4 3, 5 3 2, 5 2 1, 5 1 0, 5 0 DEFORMAZIONE FRECCIA PROVA SCARICO Curva Sperimentale Curva analitica Curva FEM
  • 26. 23 Capitolo 1 3.5Conclusioni Come ci aspettavamo il comportamento reale si discosta dal comportamento teorico dal momento che nell’analisi del nostro modello analitico abbiamo considerato il componente costituito da materiale omogeneo isotropo e a sezione costante, quando nella realtà è impossibile ottenere una tale combinazione di fattori. Inoltre, è stata considerata l’equazione della linea elastica che approssima il comportamento dell’intero componente alla sola linea baricentrica e ciò comporta un ulteriore errore di valutazione, oltre al fatto che stiamo considerando un carico puntuale. Se si aggiunge all’insieme di questi fattori l’imprecisione nell’incollaggio e nella valutazione dei dati, dovuta sia alla sensibilità della strumentazione ma anche a fattori ambientali otteniamo un discostamento tra le due curve schematizzato nelle figure precedenti. Inoltre si può notare che in corrispondenza del valore di freccia nullo per la prova di scarico, troviamo un valore negativo di tensione, sintomatico di un fenomeno di isteresi che ha interessato il provino e motivo per il quale l’errore nell’intorno dello zero della prova di scarico risulta molto accentuato. Ad ogni modo i valori teorici presentano una pendenza maggiore rispetto a quelli sperimentali a parità di freccia, pertanto il modello teorico si dimostra molto valido e a vantaggio di sicurezza.
  • 27. 24 Capitolo 1 4. Prova di trazione La prova consiste nel confronto dei valori sperimentali per andare a determinare il modulo di Young e il coefficiente di Poisson di un provino in Waspaloy. Le dimensioni della sezione centrale, sono:  ℎ = 3.07 𝑚𝑚  𝑏 = 12.71 𝑚𝑚 Figura 26: Provino con dimensioni In questo caso abbiamo valutato la deformazione longitudinale e trasversale applicando un carico monoassiale di trazione sul provino riportato in figura tramite una macchina idraulica a fatica, con uno sforzo crescente da 0 a 10 kN e poi successivamente è stata valutato anche lo scarico. Nella presente trattazione si è tenuto particolarmente conto della sensibilità trasversale degli estensimetri. 4.1Caratteristiche generali Il tipo di estensimetro ha una lunghezza di griglia di 3 mm (0.25 pollici ca.), con una resistenza nominale di 120 Ω. L’estensimetro è autocompensato per leghe di alluminio mentre il provino in esame non è in lega di alluminio bensì una lega di nichel; avremo degli errori in termini di temperatura ma andando a realizzare delle prove di breve durata riduciamo l’errore. Il dato più importante che ci viene fornito è il gage factor K (2.11±0.5%). Questo valore ci serve perché lo dobbiamo inserire nella centralina, ci viene fornito anche S
  • 28. 25 Capitolo 1 (sensibilità trasversale) che è dato da S= 𝐾𝑡 𝐾 𝑙 = 0.8%. Se applico una deformazione di 100µƐ lungo l abbiamo un errore di 0.8 µƐ in direzione t. Ne dobbiamo tenere conto nella valutazione del coefficiente di Poisson. Usiamo come collegamento un ponte di Wheatstone a 3 fili. Per interfacciarci col sensore applicato sul provino si è predisposto il collegamento con la centralina estensimetrica; successivamente si è utilizzato il software CatMan che previo input delle caratteristiche costruttive dell’estensimetro (Gage Factor = 2,11 e GridResistance = 120Ω), della tipologia di ponte di Wheatstone (1/4 nel nostro caso) e taratura iniziale, converte il segnale elettrico in valore numerico espresso in µƐ/m. Inoltre vengono settati sul PC sia la frequenza di campionamento (5 Hz) e il valore di alimentazione che per default è 2.5 V. Nota importante rispetto al caso precedente è dato dal fatto che la centralina non sia solo multiplexata ma presenti più circuiti di campionamento e quindi canali; in questo modo è possibile andare a determinare contemporaneamente nel file finale, in ASCII, sia la forza, valutata con la cella di carico e lo spostamento valutato con il trasduttore di posizione. Grazie agli estensimetri, invece, collegati entrambi a ¼ di ponte di Wheatstone è stato possibile andare a determinare le deformazioni. Figura 27: Scheda tecnica estensimetro Figura 28: Centralina estensimetrica Seguendo la normativa il collegamento dei cavi con la centralina è stato tale da avere il primo estensimetro collegato al canale 5 e l’altro estensimetro al canale 6. Lo spegnimento delle spie luminose sulla centralina è sintomatico di un corretto collegamento. Prima di realizzare il test ci si assicura di procedere con cicli di carico, tali da allenare il provino e permettere di non realizzare fenomeni di isteresi. Il canale 1 è riservato allo spostamento dell’attuatore, mentre il canale 2 è riferito al segnale in tensione della cella di carico. Abbiamo imposto sul software un valore di tensione corrispondente a 50 mm e un fisical range di 100 mm. Mentre per il canale 2, riferito alla forza, poniamo il valore di tensione corrispondente a 0 kN e poniamo un fisical range di 10 kN. Facciamo partire il test dal software osservando l’andamento delle deformazioni in realtime. Da notare che è buona norma prima alimentare l’estensimetro attendendo 10 s prima di eseguire il vero e proprio test in cui permettiamo all’estensimetro di raggiungere l’equilibrio termico.
  • 29. 26 Capitolo 1 Possiamo notare che nella parte iniziale del test otteniamo valori negativi di tensione valutati dagli estensimetri, dovuti al fatto che i sensori erano in presenza di uno sforzo di compressione generato dall'azione degli afferraggi della macchina idraulica. Per analizzare i dati ottenuti, abbiamo valutato diversi range di forza, nello specifico: - Da 1.5 a 9.5 kN con e senza la correzione dovuta alla sensibilità trasversale; - Da 2 a 9 kN; - Da 3 a 8 kN; - Da 4 a 7 kN; - Da 5 a 6 kN. Il materiale di cui è costituito il provino è in Waspaloy, una lega di nichel, di cui nel seguito si riporta una scheda tecnica: Figura 29: Proprietà Waspaloy 4.2Cenni di teoria della trave La prova di trazione (o prova di trazione uniassiale) è una prova di caratterizzazione meccanica in cui si applica un carico F (load) uniassiale, inizialmente nullo che viene incrementato fino ad un valore massimo, ad un provino di dimensioni unificate fino a provocarne la rottura. La prova ha lo scopo principale di valutare quantitativamente la resistenza e il comportamento del materiale sottoposto ad uno stato di sollecitazione. I dati che si ricavano forniscono risultati differenti a seconda del diverso materiale in esame di cui il provino è costituito. Questo test serve a determinare diverse caratteristiche, quali la resistenza meccanica, modulo di Young, carico unitario di snervamento, allungamento percentuale e la strizione percentuale; inoltre tramite questa tecnica è possibile determinare durezza, resilienza e coefficiente di Poisson; quest’ultimo misura, in presenza di una sollecitazione monodirezionale longitudinale il grado in cui il campione di materiale si restringe o si dilata trasversalmente.
  • 30. 27 Capitolo 1 Indipendentemente dalle dimensioni, in tutte le provette di trazione possiamo determinare una parte centrale a sezione costante, detta parte calibrata (o gage length); un tratto utile definito come la lunghezza iniziale fra i riferimenti entro la quale vengono determinate le varie proprietà meccaniche; le teste, ovvero le estremità che presentano delle sezioni maggiori per consentire l’ammorsaggio alla macchina (quest’ultime sono opportunamente raccordate al tratto calibrato). La geometria del provino è studiata in maniera tale che si abbia la rottura nella parte centrale; in corrispondenza delle teste, vicino alle ganasce, entrano in gioco altre forze che non hanno componente unicamente uniassiale e in questo modo non potrebbe essere applicata la teoria di elasticità e plasticità unidimensionale. Un carico di trazione è applicato al provino fino alla rottura. Durante il test, il carico richiesto fornisce una determinata elongazione (variazione percentuale di lunghezza) sul materiale, la quale viene registrata. Una curva carico-lunghezza è rappresentata su un piano cartesiano, in questo modo viene determinato il comportamento del materiale e le relative proprietà. In realtà però, in questo modo, si otterrebbero dei valori viziati dalle dimensioni geometriche del provino considerato; per rendere indipendenti i valori dalla geometria del provino e validi per qualsiasi forma e dimensione, si misura lo sforzo σ (stress) e la deformazione ε (strain) tramite la cella di carico e l’estensometro, riportando i risultati su un diagramma stress-strain. Le grandezze vengono ottenute come: σ = 𝐹 𝐴0 (Forza applicata/area trasversale iniziale) ε = ∆𝐿 𝐿0 = L−𝐿0 𝐿0 (Elongazione/lunghezza iniziale parte calibrata) Dove la prima viene misurata nel S.I. in [MPa], mentre la seconda è un valore adimensionalizzato che tiene conto della variazione finale della lunghezza del provino rispetto al riferimento iniziale. In tal modo si rappresenta la curva stress-strain: Figura 30: Curva sforzo-deformazione e caratteristiche del materiale
  • 31. 28 Capitolo 1 Per quanto riguarda i coefficienti cercati utilizziamo le seguenti formule, valutate studiando il primo tratto lineare della curva di carico nella figura precedente: 𝐸 =   l ;  = |  t  l | In questa sede terremo conto anche della sensibilità trasversale dell’estensimetro. La sensibilità trasversale degli estensimetri è la variazione di resistenza elettrica causata dall’applicazione di una deformazione perpendicolare all’asse dell’estensimetro. La sensibilità trasversale viene valutata attraverso il fattore di sensibilità trasversale: 𝑆 = 𝐾t 𝐾l In presenza di un campo di deformazione piano possiamo legare la variazione di resistenza degli estensimetri passando attraverso la correzione dovuta alla sensibilità trasversale, ottenendo: Avendo indicato con i termini soprassegnati le deformazioni misurate dai due estensimetri. In questo modo determiniamo il valore effettivo delle deformazioni longitudinale e trasversale. Nelle relazioni precedenti andiamo a considerare un valore di ν pari a 0.28 in quanto supponiamo di lavorare con un provino in acciaio, tutte le determinazioni precedenti possono difatti essere ricavate grazie a questa assunzione. 4.3Elaborazione dati In allegato è riportato il file Excel di elaborazione dei dati, del quale si riportano unicamente i grafici che permettono la determinazione del modulo di Young, determinato considerando il coefficiente angolare della curva di carico sul piano σ-ε. Mentre il coefficiente di Poisson è stato determinato valutando il valore assoluto del coefficiente angolare della curva sul piano εl-εt. Si presentano nel seguito diversi range di valutazione del carico applicato.
  • 32. 29 Capitolo 1 4.3.1 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN con correzione della St Figura 31: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.38 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.271 y = 216382x + 12,903 0 50 100 150 200 250 300 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN y = -0,27054x - 0,00003 -0,00035 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN
  • 33. 30 Capitolo 1 4.3.2 Range valutato da 1.5 kN a 9.5 kN senza correzione della St Figura 32: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson senza la correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.24 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.263 Come possiamo notare otteniamo valori diversi in questi ultimi due casi. y = 216.243,95x + 12,96 R² = 1,00 0 50 100 150 200 250 300 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN senza correzione della St y = -0,26311x - 0,00003 -0,00035 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN senza correzione della St
  • 34. 31 Capitolo 1 4.3.3 Range valutato da 2 kN a 9 kN con correzione della St Figura 33: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.43 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.271 y = 216434x + 12,86 0 50 100 150 200 250 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 2 a 9 kN y = -0,2706x - 3E-05 -0,00035 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 2 a 9 kN
  • 35. 32 Capitolo 1 4.3.4 Range valutato da 3 kN a 8 kN con correzione della St Figura 34: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.68 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.271 y = 216681x + 12,695 0 50 100 150 200 250 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 0,001 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 3 a 8 kN y = -0,2709x - 3E-05 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 0,001 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 3 a 8 kN
  • 36. 33 Capitolo 1 4.3.5 Range valutato da 4 kN a 7 kN con correzione della St Figura 35: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.86 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.271 y = 216856x + 12,601 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 4 a 7 kN y = -0,2712x - 3E-05 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 0,0008 0,0009 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 4 a 7 kN
  • 37. 34 Capitolo 1 4.3.6 Range valutato da 5 kN a 6 kN con correzione della St Figura 36: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St Valutando le linee di tendenza sulle due curve si ottengono i seguenti valori di E e ν:  modulo di Young E: 216.74 GPa  coefficiente di Poisson ν: 0.272 Restringendo i range abbiamo notato che sia il modulo di Young che il coefficiente di Poisson aumentano, in particolare quindi possiamo considerare questo ultimo range per andare a definire i coefficienti cercati, abbiamo: E = 216.742 GPa ν= 0.272 y = 216742x + 12,732 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 5 a 6 kN y = -0,2719x - 3E-05 -0,000215 -0,00021 -0,000205 -0,0002 -0,000195 -0,00019 -0,000185 -0,00018 -0,000175 0 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 0,0007 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 5 a 6 kN
  • 38. 35 Capitolo 1 4.3.7 Fase di scarico Per ragione di completezza si pongono anche le curve risultanti dalla valutazione della prova di scarico, abbiamo: Figura 37: Curve modulo di Young e coefficiente di Poisson con correzione della St È ovvio che considerando un range identico a quello considerato nel punto 4.3.1 otteniamo valori molto simili di E e ν, sintomatico del fatto che non sono avvenuti cicli di isteresi e abbiamo effettuato correttamente il test. y = 216,38x + 12,90 0 50 100 150 200 250 300 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 9,5 a 0,5 kN y = -0,27415x - 0,00003 -0,0004 -0,00035 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 9,5 a 0,5 kN
  • 39. 36 Capitolo 1 4.4 Analisi FEM Per completezza di trattazione si è voluto simulare il test descritto precedentemente tramite un software agli elementi finiti, per tale scopo si è scelto il software ANSYS APDL che permette di realizzare un’analisi numerica in modo appropriato. Si è cominciato dunque scegliendo la tipologia di elemento: per tenere conto dell’effetto di contrazione trasversale si è scelto l’elemento solid brick 8 node 185. Il passaggio successivo è l’inserimento delle caratteristiche del materiale che per i nostri scopi dovrà essere lineare, omogeneo e isotropo fornendo i seguenti valori che sono stati assunti da tabelle tecniche:  Modulo di Young E: 216742 MPa  Coefficiente di Poisson ν: 0.272 A questo punto si è definita la sezione del modello attraverso i comandi Modelling  Create  Areas  Rectangle  by dimension  x1=-6.355, x2=--6.355, y1=-1.535, y2=-1.535. Otteniamo: Figura 38: Sezione provino Per andare ad approssimare il provino reale si è scelto una lunghezza del modello di 190 mm, realizzando un offset lungo z, si è ottenuto: Figura 39: Rappresentazione modello
  • 40. 37 Capitolo 1 A questo punto nella sezione Mesh si è impostata una suddivisione delle aree pari a 10 e si è meshato il volume attraverso il comando Mesh VolumesMapped4 to 6 sided. Definito questo si sono imposti vincoli e carichi, ovvero si è vincolata completamente la superficie sul piano x-y col comando All DOF e si è imposto un carico di pressione sulla superficie opposta, considerando la F=10kN divisa per l’area rettangolare dell’elemento che nel nostro caso è pari a 39.0197 mm2 . Da cui: Figura 40: Mesh e carichi sul modello Dopodiché si è stati in grado di lanciare la soluzione, ovviamente di tipo statico, andando nella sezione Sol’n Options a definire un numero di substep pari a 722 (e anche nella sezione minima e massima) e lasciando la valutazione di piccoli spostamenti. Lanciando la soluzione abbiamo ottenuto i seguenti risultati: Figura 41: Valutazione spostamento lungo z del substep 722
  • 41. 38 Capitolo 1 Figura 42: Valutazione sollecitazione lungo z del substep 722 Figura 43: Valutazione deformazione lungo z del substep 722 Figura 44: Valutazione deformazione lungo x del substep 722
  • 42. 39 Capitolo 1 Prendendo nota dei valori assunti possiamo ottenere i seguenti grafici di confronto nel range di carico valutato tra 1.5 e 9.5 kN: Figura 45: Confronto curve andamento sperimentale e numerico Come si può notare l’andamento del modulo di Young è confrontabile con quello sperimentale e abbiamo una corrispondenza molto forte tra le due curve. Per quanto riguarda il modulo di Poisson, invece, l’andamento è dissimile in quanto l’effetto di contrazione trasversale risulta influenzato dalla geometria del provino che non è a noi nota, tranne che nella sezione di gola. Le approssimazioni assunte hanno determinato la differenza di pendenza tra le due curve. 0 50 100 150 200 250 300 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 0,0014 σ[N/mm^2] Ɛx [mm/mm] Modulo di Young valutato da 1,5 a 9,5 kN Curva sperimentale Curva FEM -0,00045 -0,0004 -0,00035 -0,0003 -0,00025 -0,0002 -0,00015 -0,0001 -0,00005 0 0 0,0002 0,0004 0,0006 0,0008 0,001 0,0012 0,0014 Ɛy[mm/mm] Ɛx [mm/mm] Coefficiente di Poisson valutato da 1,5 a 9,5 kN Curva sperimentale Curva FEM
  • 43. 40 Capitolo 1 4.5 Conclusioni Da questa elaborazione ci si è resi conto come la valutazione di diversi range di carico su una stessa prova vada a far ottenere valori leggermente diversi in termini di modulo di Young e coefficiente di Poisson, per i quali si sono scelti i coefficienti ottenuti nella fase di carico intermedia (da 5 a 6 kN), in modo tale da poter evidenziare piccole variazioni intorno al valore medio. Inoltre si è dimostrata anche l’influenza fornita dalla sensibilità trasversale dell’estensimetro che può compromettere, se non opportunamente considerata, l’elaborazione stessa dei dati e le valutazioni definitive. I valori ottenuti non sono di molto dissimili dai coefficienti tabulati presenti nelle schede tecniche.
  • 44. Capitolo 2 Sommario 1. Introduzione....................................................................................................................................... 1 2. Tensioni residue................................................................................................................................. 2 3. Rosetta estensimetrica ....................................................................................................................... 4 4. Strumentazione.................................................................................................................................. 5 4.1 Apparecchiatura Restan MTS3000............................................................................................ 6 5. Metodo del foro incrementale............................................................................................................ 7 6. Descrizione prova............................................................................................................................ 10 7. Elaborazione dati............................................................................................................................. 13 8. Conclusioni...................................................................................................................................... 15
  • 45. 1 Capitolo 2 1. Introduzione Obiettivo della seguente relazione è la valutazione delle tensioni residue su di una lamina metallica. Le tensioni residue nelle strutture metalliche influenzano notevolmente il comportamento del materiale per quanto riguarda la resistenza a fatica, la stabilità strutturale e dimensionale, la resistenza alla frattura. Il loro effetto può anche essere benefico, ma ad ogni modo si evidenzia solo quando non interviene un cedimento o la rottura della struttura stessa. Per questi motivi, si rende necessario un metodo sicuro ed affidabile per la misura delle tensioni residue. Nell'ambito del presente lavoro, per la misura delle tensioni residue è stato utilizzato il metodo della rosetta forata. Si tratta di un metodo di rilassamento della tensione che prevede la foratura, tramite il sistema “RESTAN”, e di una rosetta a tre estensimetri posizionata nel punto di misura. Gli estensimetri elettrici a resistenza misurano le deformazioni rilassate da cui si possono calcolare le tensioni residue, attraverso le relazioni fornite dalla norma ASTM E-837 del 1995. Si terrà conto, attraverso la normativa, anche degli errori dovuti alla eccentricità del foro. Il metodo della rosetta forata si presta in particolare alla misura delle tensioni residue nelle saldature. Questo tipo di misura è fondamentale poiché le tensioni residue in prossimità dei cordoni di saldatura e nei giunti saldati in genere sono molto elevate e costituiscono una delle cause più frequenti di difetti o rotture del giunto. Il presente lavoro si basa proprio sullo studio delle tensioni residue in corrispondenza di un cordone di saldatura su di un provino in acciaio AISI 304 (E= 198000 N/mm2 , ν=0.3) costituito da due piastre con cordone di saldatura centrale. In questa esperienza eseguiamo un’analisi delle tensioni residue attraverso il metodo della rosetta forata ASTM E837, con questa procedura assumiamo che le tensioni siano uniformi lungo l’intera profondità del foro, ottenendo così un’unica coppia di tensioni principali. L’uniformità viene verificata dopo la prova confrontando le curve ottenute con quelle presenti nella normativa. Il metodo perde la sua accuratezza in presenza di tensioni residue molto elevate, a causa dell'effetto di plasticizzazione ai bordi del foro, ovvero a causa di elevate componenti plastiche delle deformazioni. Nel seguente lavoro si procederà prima con una breve trattazione a carattere generale riguardante le tensioni residue, le rosette estensimetriche, la strumentazione e la normativa per definire successivamente la realizzazione della prova e le elaborazioni effettuate.
  • 46. 2 Capitolo 2 2. Tensioni residue Gli sforzi residui sono sforzi di trazione o di compressione a risultante nulla senza che vi sia applicato un carico esterno (forza o gradiente termico) in un componente che risulta, quindi in equilibrio; solitamente essi sono presenti in zone ben delimitate ed hanno il loro massimo in superficie. Generalmente gli sforzi residui si generano a causa di una deformazione plastica non omogenea che può derivare, oltre che dall’applicazione di un carico, anche da una contrazione o dilatazione termica o da una trasformazione di fase avvenuta durante il processo di produzione del componente. Per esempio, gradienti di temperatura lungo una dimensione generano sforzi di natura termica non uniformi, il cui effetto può diventare molto consistente quando il materiale ha modulo di Young e carico di snervamento elevati; se la conduttività termica è elevata gli sforzi residui possono essere ridotti contenendo il gradiente di temperatura. Inoltre lo scambio di calore dipende, oltre che dall’ambiente esterno, anche dal calore generato internamente al materiale (calore latente di trasformazione). Infine è importante ricordare che, normalmente, maggiore è il valore del carico di snervamento del pezzo, maggiore è la possibilità di avere sforzi residui. Dal momento che i trattamenti termici e meccanici innalzano la resistenza del materiale, i pezzi così trattati aumentano la possibilità di avere problemi dovuti alle tensioni residue1 . Se il corpo non collassa significa che le proprie tensioni residue dei singoli punti sono bilanciate opportunamente dalla resistenza del materiale di cui è costituito il corpo, per questo si parla di tensioni residue autobilanciate. Secondo la teoria di Orowan, in un corpo sono presenti tensioni interne se alcune parti di esso sono costrette da quelle circostanti in un volume che differisce, in forma e dimensioni, da quello che occuperebbero se fossero separate dal corpo (“stato di coazione”) Le tensioni residue posso essere di origine termica, meccanica, chimica oppure dovuta ad un cambiamento di fase. In alcuni casi, come nel processo di pallinatura, volontariamente si genera uno stato di tensione superficiale che porta ad un miglioramento in termini di durezza superficiale del componente meccanico. La conoscenza dell’andamento e sviluppo delle tensioni residue, nel processo produttivo, nel quale un componente grezzo viene trasformato per arrivare a essere un prodotto finito, sono di fondamentale importanza per garantire la qualità in termini di particolari applicazioni meccaniche e costruttive. Le tensioni residue hanno generalmente un valore massimo in superficie, possono essere di trazione o di compressione, vengono classificate in funzione della loro lunghezza caratteristica, la loro presenza è dovuta a un campo non omogeneo di deformazioni di tipo elasto-plastico generato dall’esterno, con il risultato che le tensioni residue permangono nel componente anche quando l’agente esterno che le ha prodotte non è più presente. 1 Boniardi, M., C. Tagliabue, and R. Venturini. "Origine delle tensioni residue: deformazioni plastiche e lavorazioni meccaniche." Metallurgia Italiana 98.11/12 (2006): 53.
  • 47. 3 Capitolo 2 Le tensioni residue tendono a ridistribuirsi nei materiali duttili nel caso in cui queste tensioni arrivino allo snervamento mentre nei materiali fragili questo fenomeno di ridistribuzione non avviene con conseguente cedimento della struttura. Nelle prove di fatica le tensioni residue hanno un ruolo molto importante in quanto in uno sforzo di trazione possono accelerare la velocità di propagazione della cricca Gli sforzi residui possono essere classificati anche in funzione della porzione di materiale che interessano. In base a questo criterio, si definiscono tre tipi di sforzo: • Tipo 1: macrostress costanti in grandezza e in direzione su un'area estesa (dell'ordine di parecchi grani); • Tipo 2: microstress costanti su un'area dell'ordine di un grano; • Tipo 3: microstress non costanti entro la dimensione di un grano (dovuti essenzialmente a disomogeneità interne al grano quali dislocazioni, vacanze, imperfezioni del reticolo, ecc.). Attualmente, esistono diverse tecniche di misura delle tensioni residue, che possono essere classificate in quattro categorie: • tecniche di rilassamento della tensione; • tecniche di diffrazione con raggi X; • tecniche basate su proprietà sensibili alla tensione (durezza, ultrasuoni); • tecniche di cracking. Le tecniche di rilassamento della tensione prevedono la foratura o il sezionamento del componente su cui si effettuano le misure, in modo da provocare un rilassan1ento delle deformazioni indotte dalle tensioni residue. Le deformazioni rilassate vengono poi misurate attraverso estensimetri elettrici o meccanici, oppure utilizzando rivestimenti fotoelastici o fragili. Le altre tecniche sono più complesse, per cui hanno applicazioni particolari o vengono utilizzate solo per prove di laboratorio. In questa sede è stato utilizzato il metodo del rilassamento della tensione attraverso l’utilizzo di una rosetta estensimetrica.
  • 48. 4 Capitolo 2 3. Rosetta estensimetrica Gli estensimetri elettrici misurano le deformazioni solo in direzione longitudinale, mentre lo stato tensionale e deformativo originato da una o più sollecitazioni elementari non è adatto per componenti con geometrie complesse, per i quali serve valutare lo stato di deformazione complessivo. Considerando un corpo soggetto ad un sistema di forze esterne, lo stato di deformazione all'interno è tridimensionale (quindi definito da sei componenti di deformazione), mentre nel generico punto P posto in superficie e libero da forze esterne, il campo di deformazione nel piano tangente π alla superficie in P è definito dalle sole tre componenti della deformazione εx, εy, ϒxy (Fig.1). Nel piano tangente abbiamo uno stato di tensione piano con σ3= 0 ed imponendo tale condizione si può conoscere la deformazione normale al piano (la direzione normale al piano è direzione principale sia per lo sforzo che per la deformazione). Figura 1: Campo di deformazione in un punto P posto in superficie e non soggetto a forze esterne. In generale è perciò necessario misurare tre deformazioni secondo tre diverse orientazioni per determinare lo stato di deformazione in un punto P appartenente alla superficie. Difatti, considerando tre estensimetri installati nel punto P, con gli assi paralleli alle direzioni a, b e c, formanti angoli ϴa, ϴb e ϴc rispetto ad una direzione di riferimento x (e misurati positivamente in verso antiorario a partire dall' asse x stesso (Fig.2)) è possibile misurare le deformazioni εa, εb, εc. Tramite queste ed utilizzando note relazioni di Scienza delle Costruzioni è possibile risalire prima alle deformazioni εx, εy, ϒxy (conoscenza dello stato di deformazione nel piano), quindi alle deformazioni principali ε1, ε2 ed al loro orientamento ϴ, ed infine alle tensioni principali σ1 e σ2 (σ3 = 0) e alla deformazione ε3 normale alla superficie. Figura 2: Orientamento generico degli estensimetri nell'intorno del punto P.
  • 49. 5 Capitolo 2 Nella pratica sperimentale la misura delle deformazioni nell'intorno di un punto P non si effettua mediante estensimetri singoli posizionati secondo le direzioni assegnate ϴa, ϴb e ϴc, ma mediante le rosette estensimetriche evitando in questo modo i relativi errori di posizionamento e orientazione dei primi. Le rosette sono dei supporti su cui vengono fotoincise più griglie estensimetriche elettricamente indipendenti tra loro e opportunamente orientate. I tipi comunemente impiegati sono i seguenti:  rosetta rettangolare a due griglie ortogonali tra di loro (Fig. 3(a))  rosetta rettangolare a tre griglie a 45° tra di loro (Fig. 3(b))  rosetta rettangolare a quattro griglie a 45° tra di loro (Fig. 3(c))  rosetta equiangola (a delta) a tre griglie a 120° tra di loro (Fig. 3(d))  rosetta rettangolare o equiangola a quattro griglie (T–Δ) (Fig. 3(e)) Figura 3: Orientamento delle griglie delle rosette estensimetriche. 4. Strumentazione Al fine di determinare le tensioni residue, nel nostro caso, è stato necessario disporre di: 1. Piastra saldata in acciaio AISI 304 (E= 198000 N/mm2 , ν=0.3); 2. 1 rosetta estensimetrica rettangolare CEA-06062-UM120, avente tre griglie disposte a 0°/45°/90°, disposta a due mm dal cordone di saldatura per valutare le tensioni residue; 3. 1 rosetta estensimetrica rettangolare CEA-06062-UM120, avente tre griglie disposte a 0°/45°/90°, montata su un altro provino che presenta lo stesso materiale della piastra in esame. Questo ci permette di modificare i risultati ottenuti dalla prima rosetta depurandoli dall’errore dovuto all’effetto termico andando a realizzare ½ ponte di Wheatstone; 4. Sistema "RESTAN MTS3000" realizzato dalla SINI Technology s.r.l. di Calenzano (FI); L’applicazione della rosetta sul provino presenta una metodologia simile a quella realizzata per l’applicazione del singolo provino, operazione già valutata nella relazione “Capitolo 1”.
  • 50. 6 Capitolo 2 4.1Apparecchiatura Restan MTS3000 Il sistema "RESTAN" realizzato dalla SINI Technology s.r.l. di Calenzano (FI) è un sistema innovativo per la misura delle tensioni residue con il metodo della rosetta forata. Esso è caratterizzato dalla completa automazione delle fasi di foratura e di misura delle deformazioni, e consente un'analisi accurata delle tensioni residue attraverso un apposito software. Il RESTAN è costituito da un sistema optomeccanico controllato, tramite una centralina elettronica, da un programma software specifico. In particolare il cuore del sistema è rappresentato dalla testa dell’apparato optomeccanico nella quale trovano alloggio contemporaneamente sia il sistema di foratura che il sistema di centraggio e valutazione dell’eccentricità del foro eseguito. La turbina ad elevata velocità permette di non indurre tensioni nel materiale durante l’esecuzione della prova, mentre l’avanzamento, realizzato mediante un motore passo-passo, consente di effettuare passi di foratura micrometrici e precisi, con profili che possono essere anche di tipo iperbolico, garantendo la massima accuratezza nelle misure effettuate. Inoltre, il software gestisce non solo il processo di foratura, ma anche le acquisizioni delle deformazioni del materiale rilevate mediante l’impiego di condizionatori estensimetrici HBM, SINT Technology o di tipo analogico. L’impiego del sistema RESTAN offre dunque due vantaggi: • la possibilità di eseguire la fase d’acquisizione in maniera versatile, gestendo automaticamente il sistema di condizionamento estensimetrico prescelto, e le condizioni di prova più idonee alle esigenze specifiche; • la possibilità di rielaborare i dati in maniera veloce, a partire dalle misure effettuate, mediante l’impiego di algoritmi complessi, consentendo il confronto tra più sistemi di rielaborazione. Figura 4: Sistema Restan MTS3000.
  • 51. 7 Capitolo 2 5. Metodo del foro incrementale Questo metodo di prova è utilizzabile per determinare le tensioni residue in prossimità della superficie in materiali omogenei, isotropi e lineari elastici utilizzando la tecnica del foro incrementale. Il metodo di prova può essere considerato “semi-distruttivo” in quanto il danno causato è molto localizzato ed in molti casi non influenza l’impiego del componente in prova. Il metodo, che costituisce un’evoluzione di quello descritto nella norma ASTM E837-08, può essere anche applicato in presenza di: a) tensioni variabili nello spessore, b) una piccola eccentricità tra l’asse del foro ed il centro della rosetta estensimetrica. Il metodo è limitato al caso in cui le tensioni massime non superino la metà della resistenza allo snervamento: per tensioni superiori alla metà dello snervamento è previsto un metodo di correzione, applicabile solamente al caso di tensioni distribuite in modo costante nello spessore. Permane invece, con riferimento alla norma ASTM E837-08, la limitazione relativa allo spessore del componente. Infatti nel caso in cui lo spessore sia compreso tra 0.4 D ed 1.2 D, con D diametro medio della rosetta estensimetrica, i risultati ottenuti devono essere considerati “approssimati” Figura 5: Un sistema automatico per la misura delle tensioni residue con il metodo della rosetta forata (MTS3000- RESTAN di SINT Technology). Il metodo del foro comporta l’esecuzione di un piccolo foro sulla superficie del componente oggetto della prova, in corrispondenza del centro di una speciale rosetta estensimetrica, e la conseguente misura delle deformazioni rilassate. La massima profondità del foro è corrispondente a circa 0.4 D. Le singole misure rappresentano i valori medi della deformazione superficiale nell’area delle griglie dovuta al rilassamento delle tensioni ed il valore delle letture risulta maggiormente sensibile al rilassamento del materiale più vicino alla superficie; questa sensibilità decresce con l’aumentare della profondità fino a portarsi a zero. Il calcolo delle tensioni residue inizialmente presenti nella zona del foro viene effettuato a partire dai valori di deformazione rilevati. Le deformazioni rilassate dipendono dalle tensioni esistenti originariamente al contorno del foro (si suppone uno stato piano di tensione nell’area della rosetta, variabile soltanto in funzione della posizione nello spessore del materiale) e non vengono influenzate dallo stato di tensione esterno al contorno del foro. Si assume, inoltre, che la tecnica di foratura utilizzata non introduca deformazioni locali di tipo plastico: l’operazione di foratura richiede tecniche ed accorgimenti specifici per eliminare questo tipo di fenomeno. Per il metodo incrementale è consigliabile che il sistema di foratura sia automatico e controllato elettronicamente: a titolo di esempio in Figura 5 è riportata un’immagine di una prova effettuata utilizzando un sistema
  • 52. 8 Capitolo 2 automatico con turbina ad aria ad alta velocità. È necessario utilizzare un accurato sistema di allineamento e foratura per effettuare queste misure; inoltre, è preferibile eseguire il foro in piccoli incrementi di profondità, registrando ad ogni incremento sia le deformazioni misurate che la profondità del foro.2 Le problematiche relative associate alla misura sono: • L’installazione estensimetrica che dev’essere effettuata da personale qualificato; • Garantire la perpendicolarità e il contatto iniziale; • Assicurare la corretta distanza dai fori e dalle discontinuità geometriche; • Definire correttamente il raggio di fondo del foro, difatti gli errori crescono all’aumentare del raggio di raccordo al fondo del foro e diminuiscono incrementando la profondità del foro realizzato In sostanza la prova dovrà essere realizzata da una persona molto qualificata, difatti il docente aveva già predisposto tutta la strumentazione nonché l’incollaggio della rosetta anticipatamente all’esecuzione del test. Nel caso in cui sia verificata l’uniformità della distribuzione, come richiesto dalla normativa, delle tensioni residue, i parametri σmax, σmin, α, sono ricavati attraverso la risoluzione di sistema di tre equazioni nel quale compaiono le deformazioni registrate dalle tre griglie (numerate in senso orario, caratteristica tipica delle rosette estensimetriche). Le deformazioni avvengono a seguito del rilassamento delle tensioni residue dovuto all’asportazione degli strati superficiali del foro. Figura 10: Geometria della rosetta utilizzata. 2 Ajovalasit, A., Beghini, M., Benincasa, A., Bertelli, L., Bertini, L., Petrucci, G., et al. (2010). IL METODO DI PROVA “AIAS - TR” PER LA MISURA DELLE TENSIONI RESIDUE COSTANTI O VARIABILI CON LA TECNICA DEL FORO INCREMENTALE. In Atti del XXXIX Convegno Nazionale. Castrolibero (CS) : Nuova Bios.
  • 53. 9 Capitolo 2 Da cui Ao e Bo sono determinabili nel seguente modo: Che prevede il rispetto di determinate condizioni quali, foro passante in lastra piana indefinita soggetta a uno stato di tensione piano, rilassamento elastico delle tensioni, foro centrato sulla rosetta. Poiché queste tre condizioni sono poco attuabili (ad esempio il nostro foro è cieco) possiamo determinare i due coefficienti secondi il seguente metodo:
  • 54. 10 Capitolo 2 6. Descrizione prova Come già accennato la prova è stata eseguita dal docente che aveva già predisposto l’incollaggio della rosetta sul provino a 2 [mm] dal cordone di saldatura di una piastra saldata in AISI 304. Un’altra rosetta estensimetrica era stata posta su di un provino con le stesse caratteristiche del provino di partenza ma senza la presenza di tensioni residue, in modo da ottenere un ½ ponte di Wheatstone e annullare gli effetti termici secondo il seguente schema: Le griglie nel caso della rosetta estensimetrica vengono valutate in senso orario, come segue: Figura 11: Disposizione delle rosette ed eccentricità del foro.
  • 55. 11 Capitolo 2 Nella figura precedente possiamo valutare la disposizione delle griglie che viene posta in senso antiorario in quanto viene presupposto che si stia osservando tramite un sistema di lenti (l’ottica del MTS3000 che ribalta il riferimento), in realtà l’ordine è definito in senso orario e tale viene assunto per le nostre determinazioni. Inoltre dalla figura precedente possiamo fare un’altra valutazione circa l’eccentricità del foro; difatti la norma prevede la perfetta corrispondenza tra il centro di foratura e il centro della croce di riferimento presente sulla rosetta, in realtà ciò risulta praticamente impossibile se non realizzato attraverso un sistema automatizzato, ecco perché a fine prova è stato necessario andare a valutare l’eccentricità lungo x e y per correggere gli eventuali errori presenti. La normativa prevede di determinare le misure degli errori dovuti all’eccentricità, così come riportato in Fig. 11. In pratica valutare l’eccentricità significa definire la differenza tra i punti O e O’. L’uso di compensatori che in pratica sono cinematismi a vite, ci permettono di spostare la croce centrale del microscopio disegnata in O’, facendola diventare tangente, sia con l’asse orizzontale o verticale, con la circonferenza del foro effettuato definendo le grandezze x1,x2,y1,y2. Andiamo a valutare i seguenti valori:  OO’=0.33 [mm] (eccentricità)  α = 1.76° (angolo di eccentricità) Questi valori poi vengono assunti all’interno della formulazione: dove i coefficienti A0 , B0 , C0 dipendono non solo dal raggio del foro e dalla geometria della griglia (come accade per A0 e B0) ma anche dall’orientamento della griglia e dall’eccentricità. Questa operazione viene eseguita direttamente dal software RESTAN. Per realizzare la prova è necessario conoscere il diametro della punta che nel nostro caso è punta da foratura al carburo di tungsteno con diametro in punta di 1.8 mm e forma tronco-conica rovesciata, per realizzare un foro a fondo piatto. La normativa inoltre prevede che la profondità del processo di foratura sia coincidente con il diametro della punta; nel nostro caso, a causa di problemi tecnici non è stato possibile eseguire fedelmente la prova. Si sono assunti i seguenti valori:  R= 1.06 [mm], da cui D= 2.12 [mm] (raggio e diametro del foro);  Profondità = 1 [mm] Sempre per gli stessi problemi tecnici abbiamo ottenuto dei valori di eccentricità molto elevati, in quanto il foro e il centro della rosetta non risultano coincidenti. A questo punto tramite un sistema di cinematismi a vite abbiamo avvicinato la punta al centro della rosetta, garantendo la coincidenza punta-croce e la perpendicolarità rispetto al provino. Tramite una turbina azionata ad aria compressa viene garantita la rotazione della punta e un motore passo-passo permette l’avanzamento in maniera automatizzata. A questo punto, ci si è posti il problema di come realizzare la foratura, se con un’unica passata o molteplici. Se realizzassimo tutto in un’unica passata allora avremmo una tensione residua che risulterebbe la media di tutte le tensioni residue valutate nell’unica passata effettuata e non è una situazione conveniente.
  • 56. 12 Capitolo 2 Eseguiremo, invece, delle forature con un metodo incrementale. Ad esempio, possiamo realizzare la prima a 10 100 di mm di profondità dalla superficie e valutiamo la tensione residua, poi scendiamo di altri e 10 100 nel secondo step e valutiamo la variazione incrementale dovuta al fatto che abbiamo aumentato la profondità del foro, e così via… C’è da notare, però, che il primo foro ( 10 100 ) presenta un incremento di tensione residua superiore a quello dei 50 100 prossimi alla mezzeria delle ultime passate. Troviamo un valore di tensione molto elevato se valutato in corrispondenza della superficie. Per cui, l’incremento del passo non verrà realizzato in maniera costante ma in maniera incrementale, quindi all’inizio il passo sarà piccolo e andrà ad aumentare procedendo fino alle ultime passate. Se superiamo i 2 [mm] (che avevamo imposto inizialmente seguendo la normativa, in quanto avevamo supposto un diametro del foro pari a 2 [mm]) di profondità le rosette non vanno più a valutare la tensione residua ed è questo il motivo per cui si usa un passo incrementale crescente. In questo modo si tiene conto della non uniformità delle tensioni residue valutate lungo la profondità del provino. Prima di eseguire la misura avviciniamo la punta del MTS3000 alla rosetta (senza toccarla), posizionandola in corrispondenza del centro della rosetta e misurando la profondità di penetrazione con le rotazioni del motore passo-passo. Per posizionare correttamente la punta, ovvero andare a definire il riferimento zero da cui cominciare la misura, dovremo utilizzare i due terminali elettrici della macchina che realizza il foro; un terminale andrà collegato alla punta e l’altro sul provino da perforare. Difatti, quando la punta viene azionata, prima di tutto distrugge lo strato di poliammide presente sulla rosetta; in questo modo, quindi, la punta toccherà il provino metallico e andrà a chiudersi, cortocircuitando, il circuito costituito dai due terminali. In questo modo si definisce lo zero che viene riconosciuto e registrato dal sistema. Da quel momento in poi, può cominciare la misura, avviando direttamente la macchina. È importante tenere in contatto il terminale della macchina col provino affinché possa essere realizzata la prova. Arrivato sulla superficie e assunto lo zero la macchina si arresta automaticamente. Solo da questo momento in poi può essere valutata e registrata la prova. Infine, inserite le caratteristiche del materiale e degli estensimetri possiamo impostare la sequenza automatica in cui il software va a realizzare la perforazione automaticamente, si arresta per 3 secondi, acquisisce la misura e riesegue il successivo step di foratura, si sono assunti 20 step di perforazione. A causa dei problemi tecnici evidenziati precedenti non è stato possibile effettuare la foratura automatica e si è realizzato un comando manuale per perforare il provino, si è notato che nei successivi step (una volta azzerato il riferimento della macchina impostando la corsa a 0), gli incrementi di foratura che erano stati raggiunti con lo step precedente segneranno dei valori di tensione residua praticamente nulli nello step successivo, in quanto era già stato asportato il materiale interessato dall’incremento valutato; una volta raggiunto nuovo materiale da asportare allora i valori di tensioni crescevano nuovamente. Da notare che quando ci allontaniamo dalla superficie la sensibilità della rosetta è bassa.
  • 57. 13 Capitolo 2 7. Elaborazione dati Se andiamo a vedere il file di dati avremo varie colonne, in cui trovo σmax, σmin e σVonMises. Nelle prime colonne invece trovo l’angolo β che è l’angolo di orientazione della tensione principale rispetto a quello della griglia 1 (se troviamo un angolo β=-33° indica che le tensioni sono allineati quasi con la griglia centrale). Per ogni riga abbiamo i vari valori di tensione per quella data profondità e le relative tensioni principali che successivamente sono ricondotte alle tensioni longitudinali lungo x e trasversali, lungo y. Depth [mm] Strain (1) [1E 10-6] Strain (2) [1E 10-6] Strain (3) [1E 10-6] Beta Angle [°] σmin [N/mm2 ] σmax [N/mm2] Von Mises [N/mm2] Tresca [N/mm2] 0,1 -0,969 -0,969 -0,919 22,554 6,966 7,328 7,154 0,362 0,2 -4,149 -1,615 -1,587 -22,186 6,278 15,443 13,451 9,164 0,3 -7,33 -2,261 -2,138 -21,808 5,585 17,788 15,756 12,203 0,4 -10,51 -2,907 -2,573 -21,242 4,872 18,577 16,683 13,704 0,5 -13,691 -3,552 -2,89 -20,631 4,357 18,971 17,211 14,614 0,6 -16,871 -4,198 -3,09 -20,002 4,324 19,506 17,743 15,182 0,7 -20,052 -4,844 -3,174 -19,366 4,295 19,889 18,127 15,594 0,8 -23,233 -5,49 -3,141 -18,728 4,312 20,392 18,615 16,08 0,9 -26,413 -6,136 -2,99 -18,09 4,504 21,362 19,504 16,857 1 -29,594 -6,782 -2,723 -17,455 4,633 22,166 20,251 17,533 Tabella 1: File dati tensioni residue. Dalla teoria delle lastre piane mediante le formule di Mohr possiamo scrivere: σx = σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛 2 + σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛 2 cos (2𝛽) σy = σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛 2 - σ max − 𝜎𝑚𝑖𝑛 2 cos (2𝛽) Da cui otteniamo: Depth [mm] σx σy 0,1 7,22493 7,06907 0,2 15,0994 6,62159 0,3 17,3832 5,98977 0,4 12,2209 11,2281 0,5 4,99592 18,3321 0,6 6,82969 17,0003 0,7 16,0867 8,09728 0,8 20,1556 4,54843 0,9 13,3685 12,4975 1 5,17197 21,627 Tabella 2: Valori tensioni rispetto al sistema di riferimento. In questo modo abbiamo ottenuto i seguenti grafici:
  • 58. 14 Capitolo 2 Figura 12: Andamento tensioni residue massima e minima. Come si può notare la tensione minima rimane pressoché costante intorno al valore medio 5 [N/mm2 ], mentre la tensione massima presenta un incremento notevole nelle prime fasi del processo per arrivare ad attestarsi intorno a 20 [N/mm2 ] nelle fasi successive. Figura 13: Andamento tensioni residue lungo x e lungo y. In questo caso, invece, possiamo valutare come ai picchi di una curva corrispondano rispettivamente le valli dell’altra, andando ad ottenere un andamento quasi speculare fra le due curve. Ciò è sintomatico di uno stato tensionale piano. 0 5 10 15 20 25 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 tensione[N/mm2] Passo [mm] Andamento tensione residua smin smax 0 5 10 15 20 25 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 tensione[N/mm2] Passo [mm] Andamento tensione residua sx sy
  • 59. 15 Capitolo 2 8. Conclusioni Dal confronto rispetto ai valori assunti si può concludere che entrambe le tensioni, sia longitudinale che trasversale risultano positive e quindi entrambe di trazione in ogni punto. La loro perfetta alternanza è rappresentativo di uno stato piano di tensione e ciò lo si può evidenziare soprattutto considerando che nei primi strati di foratura la σy risulta praticamente costante, mentre cresce il valore della σx valutate. Tra l’altro si ricorda anche che la somma delle tensioni principali e delle tensioni valutare nel sistema di riferimento risulta costante per uno stato tensionale piano. Si nota come nella parte centrale del test la somma delle tensioni resti quasi costante fatta eccezione nei primi due e negli ultimi due, abbiamo: Depth [mm] I=σmax+σmin I=σx+σy 0,1 14,294 14,294 0,2 21,721 21,721 0,3 23,373 23,373 0,4 23,449 23,449 0,5 23,328 23,328 0,6 23,83 23,83 0,7 24,184 24,184 0,8 24,704 24,704 0,9 25,866 25,866 1 26,799 26,799 Tabella 3: Invariante stato tensionale piano. Si può notare, infine, che in corrispondenza della profondità di 0.6 [mm] la tensione longitudinale presenta un minimo, mentre la tensione trasversale un massimo dovuto al fatto che in corrispondenza di quella profondità la tensione risulta preponderante solo lungo la direzione di y e ciò è dovuto al processo di saldatura dal quale abbiamo ottenuto la piastra saldata.
  • 60. Capitolo 3 Sommario 1. Introduzione................................................................................................................................... 1 2. La tecnica di termografia............................................................................................................... 2 3. Principio fisico............................................................................................................................... 3 4. La termocamera............................................................................................................................. 4 5. Tecniche termografiche ................................................................................................................. 6 5.1 Termografia passiva .................................................................................................................. 6 5.2 Termografia attiva ..................................................................................................................... 6 5.3.1 Termografia pulsata PT.......................................................................................................... 7 5.3 Problemi nella misurazione della radiazione infrarossa ............................................................ 8 5.3.1 Taratura (o Calibrazione)................................................................................................... 9 6. Componenti e attrezzature utilizzate ........................................................................................... 10 6.1 Stringer Assy ........................................................................................................................... 10 7. Descrizione della prova ............................................................................................................... 12 8. Elaborazione dei dati ................................................................................................................... 13 8.1 PROVA A................................................................................................................................ 13 8.1.1 Termogramma di fine riscaldo e difettosità..................................................................... 13 8.1.2 Difetto 1........................................................................................................................... 16 8.1.3 Difetto 2........................................................................................................................... 19 8.1.4 Difetto 3........................................................................................................................... 23 8.2 PROVA B................................................................................................................................ 27 8.2.1 Termogramma di fine riscaldo e difettosità..................................................................... 28 8.2.2 Confronto......................................................................................................................... 32 8.2.3 Difetto 1........................................................................................................................... 35 8.2.4 Difetto 2........................................................................................................................... 39 9. Conclusioni.................................................................................................................................. 43
  • 61. 1 Capitolo 3 1. Introduzione Lo scopo della seguente trattazione è la discussione e l’analisi dell’esperienza di laboratorio di termografia. Nello specifico si è utilizzata la tecnica della termografia pulsata per individuare dei difetti su un componente aeronautico, lo “STRINGER ASSY”. È stata realizzata un’unica prova con una frequenza di campionamento di 5 Hz e un tempo di riscaldo di 3 secondi. Una volta definito il lay-out e il set-up della prova, con la successiva calibrazione si è stati in grado di poter effettuare la registrazione delle mappe termiche che ha permesso la successiva elaborazione dei dati (post-processing) riportata nel presente lavoro. Nel presente lavoro inoltre si è ritenuto necessario confrontare due diverse tipologie di file di output forniti dal docente in riferimento alla stessa prova. Il primo file, realizzato in compartecipazione con gli studenti, è stato caratterizzato dalla presenza di un gruppo folto di persone che ha invalidato i dati o comunque inficiato sulla buona riuscita della prova; ciò è dovuto al fatto che l’essere umano è associabile ad una fonte termica in quanto è noto che tutti i corpi a temperature superiori a 0°C irradiano energia termica sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, per questo motivo è risultato molto più complicato elaborare i dati di questo primo file (PROVA A). Il secondo file (PROVA B), invece, è stato realizzato dal docente nelle classiche condizioni riportate dalla normativa, ovvero il docente ha ripetuto la prova in maniera autonoma e in assenza di fonti di luce importanti, e quindi è risultato molto più semplice ottenere delle elaborazioni ingegneristicamente utili. A tal proposito si sono analizzati due difetti nella PROVA A, due difetti nella PROVA B e un difetto è stato invece confrontato tra le due prove scegliendo ovviamente gli stessi punti di confronto. Le coordinate scelte per confrontare questo ultimo difetto differiscono nelle due prove dal momento che il set-up, o meglio la distanza del cavalletto dov’era installato il componente rispetto alla telecamera, era diverso.
  • 62. 2 Capitolo 3 2. La tecnica di termografia La termografia è la scienza dell'utilizzo di dispositivi ottici elettronici capaci di rilevare e misurare la radiazione e metterla in relazione con la temperatura superficiale. La radiazione è lo spostamento di calore che si verifica quando l'energia radiante (onde elettromagnetiche) si sposta senza un mezzo di trasferimento diretto. La moderna termografia a infrarossi viene eseguita mediante dispositivi ottici elettronici che rilevano e misurano la radiazione mettendola in relazione con la temperatura superficiale della struttura o dell'apparecchiatura ispezionata. La termografia, in sostanza, risulta un tipo di acquisizione immagini nel campo dell'infrarosso. L’output della tecnica è il termogramma con il quale si intende la visualizzazione bidimensionale della misura di irraggiamento proveniente dalla prova. La usiamo soprattutto come tecnica di controllo; ad esempio, se abbiamo un’anomalia su di una conduttura che presenta degli attriti eccessivi viene utilizzata la termografia. Tutti i fenomeni come controllo di processi produttivi, impianti chimici, termici; controlli sulle macchine; edilizia, medicina, ecc.. portano delle anomalie che possono essere valutate con la tecnica degli infrarossi che presentano una lunghezza d’onda da 3 a 14 μm. In realtà il campo dell’infrarosso è molto più vasto, ma quello riportato precedentemente è ciò che noi andiamo a sfruttare per i nostri fini. Un altro utilizzo potrebbe essere quello di sfruttare la termografia nell’archeologia andando a visualizzare i resti degli edifici, ovviamente a secondo dei vari resti presenti corrisponderà una diversa conducibilità termica del terreno. Il fenomeno fisico su cui si basa la tecnica termografica all’infrarosso è l’irraggiamento termico. Si ha trasmissione di calore per irraggiamento ogni volta che due o più corpi, aventi temperature diverse, si trovano in presenza l’uno dell’altro, separati da un mezzo che sia sufficientemente trasparente alle radiazioni. Ciascuno dei corpi emette energia radiante e nello stesso tempo ne riceve dagli altri, assorbendo almeno in parte l’energia ricevuta. L’irraggiamento si può trasmettere nel vuoto, non ha bisogno di un mezzo; se è presente l’aria come mezzo allora quest’ultima prende parte allo scambio termico emettendo una radiazione elettromagnetica con caratteristiche diverse. L’onda elettromagnetica si propagherà ad una velocità c, che considereremo praticamente istantanea per le nostre applicazioni. Tra le principali applicazioni nell'ambito della meccanica vi è la determinazione del comportamento meccanico degli acciai e dei materiali compositi sia in campo statico che in campo dinamico. Nell'ambito dei controlli non distruttivi(CND) possono essere distinti due casi di applicazione della tecnica: • la sollecitazione termica è fornita direttamente dall'oggetto (apparecchiature elettriche, attriti meccanici, fluidi caldi, ecc.); • la sollecitazione termica è fornita all'oggetto dall'esterno, in fase di esame. In entrambi i casi è necessario conoscere la distribuzione superficiale delle temperature in assenza di difetti al fine di confrontare la mappa termica dell'oggetto ispezionato con i difetti presenti.
  • 63. 3 Capitolo 3 3. Principio fisico Figura 1: Spettro della radiazione elettromagnetica emessa. La radiazione infrarossa è quella che interessa per lo studio della termografia poiché la radiazione emessa dai corpi a temperatura ambiente cade proprio nel campo dello spettro che va da 0.76 a 1000 µm; solo a temperature superiori agli 800° Kelvin gli oggetti iniziano ad emettere radiazione nel campo del visibile in quantità apprezzabile. Per cui a noi interessano delle radiazioni emesse a temperature inferiori a 500 °C, ovvero nel campo dell’infrarosso. Lo spettro IR, a seconda del livello di agitazione molecolare, può essere diviso in 3 zone principali:  Vicino IR (lunghezze d’onda comprese tra 0.78 e 1.5 µm)  Medio IR (lunghezze d’onda comprese tra 1.5 e 20 µm)  Lontano IR (lunghezze d’onda comprese tra 20 e 1000 µm) Per l’approccio attraverso le prove termografiche non distruttive (TNDT, Thermographic NonDestructive Test) il campo più interessante è quello del vicino e medio IR, nella banda delle radiazioni infrarosse con lunghezze d’onda comprese tra 0.75 e 14 micron. Dalla misurazione di tale radiazione è possibile ottenere la temperatura superficiale dei corpi in esame. Un elemento di superficie si dice nero quando il suo coefficiente di riflessione ρ ed il coefficiente di trasmissione τ valgono zero. La denominazione deriva dal fatto che una superficie che assorbe tutti i raggi luminosi appare nera alla vista; il concetto di corpo nero è utile poiché le leggi che ne governano la radiazione sono relativamente semplici. Kirchhoff mostrò, con considerazioni termodinamiche, che, all’equilibrio termico, la radiazione contenuta in una cavità le cui pareti siano impermeabili alla radiazione è della stessa qualità ed intensità di quella di un corpo nero alla stessa temperatura.