2. Che cos’è il genovese?
Il genovese è una lingua romanza (come il francese, lo spagnolo
o il rumeno); è stato lingua di scambi commerciali, e gode di
una tradizione letteraria che parte dal XIII secolo e arriva fino ai
giorni nostri. Costituisce la varietà «illustre» dei dialetti
liguri.
Perché parlarlo oggi?
Quali vantaggi può costituire, in senso
immateriale ed economico, per la città e la
regione in cui viviamo?
3. • È parte fondamentale del patrimonio culturale della
nostra regione; parlandolo e coltivandolo, si aiuta a
preservarne l’identità;
• In condizioni di bilinguismo, potenzia attività cognitive
come la memoria, l’attenzione selettiva e la
concentrazione; facilita l’acquisizione di altre lingue;
• Può costituire una validissima risorsa per il rilancio
turistico (e quindi economico) della nostra terra;
• Costituisce un gigantesco legame con la nostra storia; può
servire per avvicinare fra loro diverse generazioni.
4. Il genovese, la cui estensione è generalmente
individuata fra le località di Noli e Moneglia,
rappresenta la varietà più prestigiosa dei
dialetti liguri romanzi. Il gruppo linguistico
ligure è ben definibile fra quelli derivati dal
latino; tutte le varietà sono generalmente
intelligibili fra loro.
Lingua o dialetto? Dal punto di vista
strettamente linguistico, non c’è alcuna
differenza: tutto ciò che è finalizzato alla
comunicazione è lingua
5. Poche regole, semplici e chiare. Ecco le principali:
La «o» si legge come la “u” italiana: moro ‘muso’, posso ‘pozzo’,
ciongio ‘piombo’. Con «ò» ed «ö», invece, si indica il suono della “o”
italiana aperta (rispettivamente, breve e lungo): pòsso ‘io posso’, cöse?
‘che cosa?’;
La «æ» indica una “e” aperta e lunga: ti ti væ ‘tu vai’, viatri cantæ
‘voi cantate’, pægoa ‘ombrello’. Quando è seguita da «n», è breve: tagiæn
‘taglierini’;
Leggiamo insieme: mondo, ponto, barcon, mòddo, tròppo, pöso,
brasso, tòcco, aniö.
Leggiamo insieme: tæra, giæa, mainæ, a-a sbæra.
6. La «u» si legge come in francese: ciù ‘più’, zugâ ‘giocare’, tranne
nel gruppo «ou», che si legge come in italiano: mangiòu ‘mangiato’;
La «x» si legge come la “j” francese: xatta ‘scodella’, axòu
‘aceto’, axillo ‘allegria’;
La «ç» si legge come la “s” dolce dell’italiano: çetron ‘arancio’,
çê ‘cielo’, çimma ‘cima’.
Il gruppo «eu» si legge come in francese: figeu ‘bambino’, cheuxe
‘cuocere’, feugo ‘fuoco’.
Leggiamo insieme: tutto, sciù, pua, mû, cantòu, pescòu, furgou.
Leggiamo insieme: caxo, xoâ, òcaxon.
Leggiamo insieme: çento, açion.
Leggiamo insieme: meu, seuxoa, meuiâ.
7. Maschile Femminile
Singolare o, l’ (davanti a vocale)
• o barcon l’amô
• o can l’oêgê
• o barba l’invexendo
a, l’ (davanti a vocale)
• a ciassa l’aia
• a fænn-a l’ancioa
• a giöxîa l’oa
Plurale i
• i figeu i anni
• i axi i perseghi
• i camalli i erboi
e
• e çimme e ciave
• e crave e prie
• e öie e stacche
8. Maschile Femminile
Un
Un figeu
Unna, ‘na
Unna figeua, ‘na figeua
Queste le forme dell’articolo indeterminativo in genovese;
tuttavia, a Genova e in numerosissime zone limitrofe la
pronuncia è quella di “in”, “ina”: la grafia non cambia.
Al plurale si utilizzano le forme partitive di e de: di amixi
‘(alcuni) amici’, de figge ‘(alcune) ragazze’.
Vei seia l’é vegnuo a trovame di amixi ‘Ieri sera sono venuti a trovarmi
alcuni amici’
9. Riga 1 Riga 2 Riga 3 Riga 4
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12
Colonna 1
Colonna 2
Colonna 3
• Mi
• Ti
• Lê
• Niatri
• Viatri
• Lô, liatri
In genovese, i pronomi personali sono i seguenti:
Come si utilizzano?
In generale, come in italiano. Con due eccezioni:
- Il pronome ti va sempre enunciato insieme al verbo: Cöse ti fæ?
‘Cosa fai?’; Ti vegni ti ascì? ‘Vieni anche tu?’;
- Alla terza persona singolare, tranne nel caso di verbi impersonali
(es. ceuve ‘piove’), il verbo va sempre preceduto dalle particelle o o a,
a seconda del genere del soggetto. Ad es.: O Gioan o vegne con niatri
‘Giovanni viene con noi’; a lalla a l’ariviâ doman ‘La zia arriverà domani’.
10. Il nucleo familiare è composto innanzitutto dai genitoî ‘genitori’, ossia o poæ ‘il padre’ e a moæ
‘la madre’ (affettuosamente chiamati papà e mamà; mamma in genovese significa ‘balia’,
‘tata’). A loro volta, i loro genitori sono per noi i nostri nònni, nella fattispecie o mesiavo ‘il
nonno’ e a madonâ ‘la nonna’. Chi è stato fortunato può averne conosciuto anche i genitori,
ossia i bezavi o i sbinònni ‘i bisnonni’.
O fræ ‘il fratello’ di nostro padre o di nostra madre è o barba ‘lo zio’, mentre a seu ‘la sorella’ è
per noi a lalla ‘la zia’; i loro figli sono per noi o coxin, oppure o coxo ‘il cugino’ se maschio, e
coxinn-a o coxa se femmina. La parola ‘nipote’ (di nonno o di zio) in genovese distingue per
genere: nevo al maschile e nessa al femminile. I genitori dello sposo o della sposa – ossia i
suoceri – sono o seuxo e a seuxoa; o zenou o o zenne è il ‘genero’, mentre a neua è la
‘nuora’.
Quindi:
O poæ, o papà; O mesiavo; O zenne, zenou;
A moæ, a mamà; A madonâ; A neua;
O fræ; O nevo; O coxin, o coxo;
A seu; A nessa; A coxinn-a, a coxa.
O barba; O seuxo;
A lalla; A seuxoa;