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Il clima di investimento, giuridico e fiscale
nei paesi dell’Unione doganale
Seminario promosso da Conoscere Eurasia
(Roma, Tempio di Adriano, 20 giugno 2014)
Intervento Francesco Boccia,
Presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione
della Camera dei deputati
Sono particolarmente grato al network globale Conoscere Eurasia per
avere promosso, con assoluta tempestività, questo primo incontro di
approfondimento sulle prospettive dell’Unione euroasiatica, a pochi giorni
dalla firma del Trattato di Astana che ha istituito l’Unione euroasiatica, con
l’ambizioso obiettivo di dare vita, il 1° gennaio dell’anno prossimo, ad uno
spazio economico unico e comune.
Credo che sussistano ancora oggi molte letture del progetto
d’integrazione euroasiatica, spesso superficialmente ricollegata alla
tradizione intellettuale russa dell’eurasismo, che affonda le proprie
radici negli anni Venti del secolo passato e che ha vissuto una nuova vita
all’interno del panorama politico-culturale russo nella seconda metà degli
anni Novanta.
La nuova realtà sovranazionale è in realtà qualcosa di completamente
diverso: come ha scritto lo stesso presidente Putin in un articolo
pubblicato sul quotidiano Izvestia nell’ottobre 2011, l’Unione euroasiatica
non deve essere considerata una “rinascita dell’Unione sovietica”, quanto
una “unione sovranazionale aperta a tutti, capace di sfruttare
coscientemente a proprio vantaggio l’eredità “infrastrutturale, culturale,
linguistica lasciata dall’Urss”, operando come ponte tra l’Europa e l’Asia.
La ricomposizione dello spazio post-sovietico in una forma più
concreta di quella rappresentata dalla Comunità degli Stati indipendenti è
stata e resta un obiettivo primario dell’agenda politica del presidente Putin:
a partire dal 2000 sono stati compiuti numerosi passi in questa direzione,
2
dalla creazione della Comunità economica euroasiatica fino alla nascita nel
luglio 2011 dell’Unione doganale tra Russia, Bielorussa e Kazakistan.
L’Unione inaugurata ad Astana si ispira quindi ad un progetto
geopolitico assai ambizioso, mirante non soltanto a rafforzare i legami
economici tra gli Stati membri, ma anche a promuoverne una futura
integrazione politica. Comunque lo si voglia valutare, questo progetto di
ricomposizione economica e politica dello spazio eurasiatico costituisce
effettivamente un elemento di notevole significato nella scena politica
internazionale.
Rispetto agli scenari di crisi e destrutturazione dell’odierno sistema
internazionale, infatti, la Russia e lo spazio eurasiatico sembrano essere
almeno potenzialmente in controtendenza, poiché i processi d’integrazione
regionale in atto in quell’area mirano a rafforzare – o meglio a creare ex
novo – un solido ed affidabile polo nelle relazioni internazionali del XXI
secolo.
È chiaro che il modello di riferimento è rappresentato dal processo
d’integrazione europea, avviata dapprima con l’Unione doganale e giunta
poi alla creazione di un vero e proprio Mercato unico: l’obiettivo è quindi
quello di pervenire, attraverso l’abbattimento delle barriere doganali e la
creazione di uno Spazio economico unico, ad una progressiva integrazione
giuridica, politica ed economica di buona parte dello spazio post-sovietico,
da Minsk ad Astana.
L’Accordo siglato ad Astana prevede la libera circolazione di beni,
servizi, capitali e lavoratori all’interno dell’Unione ed una politica comune
nei settori economici dell’energia, delle attività produttiva, dell’agricoltura
e dei trasporti. Non è un caso che sia stata creata, in seno all’Unione
doganale, una Commissione economica euroasiatica – qui prestigiosamente
rappresentata – che richiama esplicitamente l’assetto e le funzioni della
Commissione europea.
L’idea di un progetto d’integrazione riferito ad un’area immensa,
straordinariamente importante sotto l’aspetto geopolitico appare oggi
realistica e concreta: sono certo ne coglieremo le potenzialità ed i percorsi
di realizzazione negli interventi che seguiranno provenienti da autorevoli
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rappresentanti delle istituzioni dell’Unione euro-asiatica, come del mondo
del credito e delle imprese .
Già adesso, in base i dati macroeconomici dei tre Stati aderenti, l’Unione
euroasiatica costituisce una delle organizzazione d’integrazione
regionale più grandi al mondo, con una popolazione di 170 milioni di
persone e con un PIL totale degli Stati aderenti che sfiora i 2.700 miliardi
di dollari, assieme ad un quinto di tutte le risorse globali di gas e di quasi il
15 % del petrolio a livello mondiale.
Da cittadino europeo e da convinto europeista, mi preme sottolineare che
la riconfigurazione di quello spazio può aprire nuovi scenari anche per le
relazioni tra Mosca, Bruxelles e Pechino: guardare alla formazione
dell’Unione euroasiatica solo in termini di rivalità con l’Unione
europea è infatti, riduttivo e semplicistico.
Al tempo stesso non posso non rilevare con preoccupazione come
l’annessione della Crimea e le profonde tensioni con Kiev rischino di
alterare profondamente la natura del progetto eurasiatico indebolendolo al
suo interno, ed accentuando i caratteri di confrontation – anziché di
collaborazione – con l’Unione europea.
Da un lato la Russia deve sapere sfruttare l’occasione storica
rappresentata dall’enorme crescita del peso economico della Cina e
dell’Estremo Oriente: vi è infatti la concreta prospettiva di fare dei tre Stati
della nuova unione un ponte eurasiatico tra l’Europa e l’Estremo Oriente,
inserendoli attivamente in quella trasformazione epocale nella Pacific
Shift, determinata dallo spostamento verso il Pacifico dell’asse politico-
economico globale.
Le immense ed ancora insufficientemente valorizzate regioni asiatiche
della Russia possono divenire invece il principale volano dello sviluppo
del paese. In questa prospettiva, l’effettiva valorizzazione delle regioni
siberiane ed estremo-orientali del paese nell’ambito dell’impetuosa crescita
politica ed economica dell’Asia potrebbe realmente contribuire in maniera
decisiva al processo di modernizzazione e crescita della Russia,
determinando la specificità dell’intero progetto eurasiatico
4
Ma l’Unione dovrà dimostrare la propria credibilità, dimostrandosi
in grado di aprire ad altri Stati dell’area, come l’Armenia, ma anche
rifiutando nettamente ogni suggestione autarchica, puntando invece sulla
possibilità di attrarre investimenti stranieri come ogni tentazione neo-
imperiale, scommettendo invece sul dialogo politico con l’Unione
europea senza preclusioni e preconcetti.
In chiave prospettica, lo spazio economico comune “da Lisbona a
Vladivostok” più volte auspicato dal presidente Putin, andrebbe a comporsi
di due regioni (ossia le due unioni sovranazionali) trovando il proprio
fondamento nei saldi legami culturali e nei profondi rapporti
commerciali che già esistono fra loro.
L’Unione euroasiatica potrebbe trovare infatti nell’Unione europea, e
segnatamente nell’eurozona, uno strumento monetario, ossia l’euro, che, in
un contesto di intensificazione dei rapporti bilaterali, consentirebbe ai paesi
orientali di avere una valuta di riserva davvero alternativa al dollaro,
capace vale a dire di difendere il valore dei loro investimenti.
L’attuale livello di cooperazione economica tra i Paesi dell’UE e quelli
dell’Unione doganale è già elevato. Sottolineo a questo proposito come
proprio l’Italia risulti tra i principali attori economici coinvolti nello
scambio di beni e servizi, ponendosi al quarto posto per volume totale di
scambi, con 15.175 milioni di dollari (pari al 6,8% dell’attività economica
estera totale degli Stati aderenti all’Unione doganale).
In particolare, l’Italia è il terzo Paese destinatario di esportazione di
prodotti dell’Unione doganale, con 12.012 milioni di dollari; al secondo
posto vi è la Cina (13.159 milioni) e in cima vi è l’Olanda, a 23.254
milioni. L’Italia è il primo partner commerciale europeo di Astana e il
primo mondiale per importazioni dal Kazakhstan (16,7% dell’attività
commerciale con l’estero); è il quinto e il settimo nei confronti di
Federazione Russa e Bielorussia.
Sulle ragioni del successo dell’export italiano in Russia mi limito a
richiamare le considerazioni di due analisti del settore - Roberto Pelo e
Vittorio Torrembini – che hanno sottolineato come le imprese italiane
abbiano saputo individuare nella Russia «un mercato strategico, e non una
5
base dove produrre per poi vendere su altri mercati». Penso che su scala
ridotta si possa applicare lo stesso discorso al Kazakhstan ed alla
Bielorussia: la presenza di piccole e medie imprese italiane in tutti e tre i
Paesi è legata molto più all’esportazione di lavorati e di semilavorati,
favorita dall’aumento di domanda interna soprattutto di Russia e
Kazakhstan, che alla delocalizzazione di impianti produttivi.
Nel settore energetico l’Italia intrattiene da anni con Mosca un fruttuoso
partenariato, alla luce di un’oggettiva interdipendenza in forza della quale
le esigenze di approvvigionamento energetico da parte italiana vengono
bilanciate dalla crescente esportazione di beni di consumo e beni intermedi.
Sono quindi evidenti le opportunità che si schiudono per l’economia
italiana con la firma del Trattato di Astana: l’unificazione di parametri
sanitari, norme tariffarie e politiche sulla concorrenza permetterà agli
imprenditori italiani di rapportarsi ai tre Paesi come ad un soggetto
progressivamente sempre più unitario per ciò che concerne il commercio
internazionale.
Il processo d’integrazione può rappresentare un potente
catalizzatore in un percorso di sviluppo economico, favorendo ad
esempio la graduale transizione di un Paese come la Bielorussia – più
atipico rispetto agli altri due membri dell’Unione – verso una progressiva
“europeizzazione” degli standard di sicurezza e dei meccanismi anti-trust
all’interno dei Paesi membri.
In un frangente storico in cui l’Italia e l’Europa faticano a trovare stimoli
per rilanciare l’economia reale e superare la crisi del debito, le opportunità
aperte dall’Unione euroasiatica e dal futuro progetto di uno spazio
economico comune con i Paesi che la compongono si presentano come un
fenomeno da seguire e monitorare con la massima attenzione.
Concludo ribadendo l’impegno dell’Italia – già espresso dal ministro
Mogherini – affinché si operi, nel corso del semestre italiano di presidenza
del Consiglio dell’Unione europea, per un rilancio del partenariato UE-
Russia e si colgano pienamente, da parte europea, le nuove potenzialità di
scambio e di sviluppo rappresentate dalla creazione di uno grande spazio
economico euroasiatico.

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Il clima di investimento, giuridico e fiscale nei paesi dell’Unione doganale, intervento Presidente Boccia 200614

  • 1. 1 Il clima di investimento, giuridico e fiscale nei paesi dell’Unione doganale Seminario promosso da Conoscere Eurasia (Roma, Tempio di Adriano, 20 giugno 2014) Intervento Francesco Boccia, Presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei deputati Sono particolarmente grato al network globale Conoscere Eurasia per avere promosso, con assoluta tempestività, questo primo incontro di approfondimento sulle prospettive dell’Unione euroasiatica, a pochi giorni dalla firma del Trattato di Astana che ha istituito l’Unione euroasiatica, con l’ambizioso obiettivo di dare vita, il 1° gennaio dell’anno prossimo, ad uno spazio economico unico e comune. Credo che sussistano ancora oggi molte letture del progetto d’integrazione euroasiatica, spesso superficialmente ricollegata alla tradizione intellettuale russa dell’eurasismo, che affonda le proprie radici negli anni Venti del secolo passato e che ha vissuto una nuova vita all’interno del panorama politico-culturale russo nella seconda metà degli anni Novanta. La nuova realtà sovranazionale è in realtà qualcosa di completamente diverso: come ha scritto lo stesso presidente Putin in un articolo pubblicato sul quotidiano Izvestia nell’ottobre 2011, l’Unione euroasiatica non deve essere considerata una “rinascita dell’Unione sovietica”, quanto una “unione sovranazionale aperta a tutti, capace di sfruttare coscientemente a proprio vantaggio l’eredità “infrastrutturale, culturale, linguistica lasciata dall’Urss”, operando come ponte tra l’Europa e l’Asia. La ricomposizione dello spazio post-sovietico in una forma più concreta di quella rappresentata dalla Comunità degli Stati indipendenti è stata e resta un obiettivo primario dell’agenda politica del presidente Putin: a partire dal 2000 sono stati compiuti numerosi passi in questa direzione,
  • 2. 2 dalla creazione della Comunità economica euroasiatica fino alla nascita nel luglio 2011 dell’Unione doganale tra Russia, Bielorussa e Kazakistan. L’Unione inaugurata ad Astana si ispira quindi ad un progetto geopolitico assai ambizioso, mirante non soltanto a rafforzare i legami economici tra gli Stati membri, ma anche a promuoverne una futura integrazione politica. Comunque lo si voglia valutare, questo progetto di ricomposizione economica e politica dello spazio eurasiatico costituisce effettivamente un elemento di notevole significato nella scena politica internazionale. Rispetto agli scenari di crisi e destrutturazione dell’odierno sistema internazionale, infatti, la Russia e lo spazio eurasiatico sembrano essere almeno potenzialmente in controtendenza, poiché i processi d’integrazione regionale in atto in quell’area mirano a rafforzare – o meglio a creare ex novo – un solido ed affidabile polo nelle relazioni internazionali del XXI secolo. È chiaro che il modello di riferimento è rappresentato dal processo d’integrazione europea, avviata dapprima con l’Unione doganale e giunta poi alla creazione di un vero e proprio Mercato unico: l’obiettivo è quindi quello di pervenire, attraverso l’abbattimento delle barriere doganali e la creazione di uno Spazio economico unico, ad una progressiva integrazione giuridica, politica ed economica di buona parte dello spazio post-sovietico, da Minsk ad Astana. L’Accordo siglato ad Astana prevede la libera circolazione di beni, servizi, capitali e lavoratori all’interno dell’Unione ed una politica comune nei settori economici dell’energia, delle attività produttiva, dell’agricoltura e dei trasporti. Non è un caso che sia stata creata, in seno all’Unione doganale, una Commissione economica euroasiatica – qui prestigiosamente rappresentata – che richiama esplicitamente l’assetto e le funzioni della Commissione europea. L’idea di un progetto d’integrazione riferito ad un’area immensa, straordinariamente importante sotto l’aspetto geopolitico appare oggi realistica e concreta: sono certo ne coglieremo le potenzialità ed i percorsi di realizzazione negli interventi che seguiranno provenienti da autorevoli
  • 3. 3 rappresentanti delle istituzioni dell’Unione euro-asiatica, come del mondo del credito e delle imprese . Già adesso, in base i dati macroeconomici dei tre Stati aderenti, l’Unione euroasiatica costituisce una delle organizzazione d’integrazione regionale più grandi al mondo, con una popolazione di 170 milioni di persone e con un PIL totale degli Stati aderenti che sfiora i 2.700 miliardi di dollari, assieme ad un quinto di tutte le risorse globali di gas e di quasi il 15 % del petrolio a livello mondiale. Da cittadino europeo e da convinto europeista, mi preme sottolineare che la riconfigurazione di quello spazio può aprire nuovi scenari anche per le relazioni tra Mosca, Bruxelles e Pechino: guardare alla formazione dell’Unione euroasiatica solo in termini di rivalità con l’Unione europea è infatti, riduttivo e semplicistico. Al tempo stesso non posso non rilevare con preoccupazione come l’annessione della Crimea e le profonde tensioni con Kiev rischino di alterare profondamente la natura del progetto eurasiatico indebolendolo al suo interno, ed accentuando i caratteri di confrontation – anziché di collaborazione – con l’Unione europea. Da un lato la Russia deve sapere sfruttare l’occasione storica rappresentata dall’enorme crescita del peso economico della Cina e dell’Estremo Oriente: vi è infatti la concreta prospettiva di fare dei tre Stati della nuova unione un ponte eurasiatico tra l’Europa e l’Estremo Oriente, inserendoli attivamente in quella trasformazione epocale nella Pacific Shift, determinata dallo spostamento verso il Pacifico dell’asse politico- economico globale. Le immense ed ancora insufficientemente valorizzate regioni asiatiche della Russia possono divenire invece il principale volano dello sviluppo del paese. In questa prospettiva, l’effettiva valorizzazione delle regioni siberiane ed estremo-orientali del paese nell’ambito dell’impetuosa crescita politica ed economica dell’Asia potrebbe realmente contribuire in maniera decisiva al processo di modernizzazione e crescita della Russia, determinando la specificità dell’intero progetto eurasiatico
  • 4. 4 Ma l’Unione dovrà dimostrare la propria credibilità, dimostrandosi in grado di aprire ad altri Stati dell’area, come l’Armenia, ma anche rifiutando nettamente ogni suggestione autarchica, puntando invece sulla possibilità di attrarre investimenti stranieri come ogni tentazione neo- imperiale, scommettendo invece sul dialogo politico con l’Unione europea senza preclusioni e preconcetti. In chiave prospettica, lo spazio economico comune “da Lisbona a Vladivostok” più volte auspicato dal presidente Putin, andrebbe a comporsi di due regioni (ossia le due unioni sovranazionali) trovando il proprio fondamento nei saldi legami culturali e nei profondi rapporti commerciali che già esistono fra loro. L’Unione euroasiatica potrebbe trovare infatti nell’Unione europea, e segnatamente nell’eurozona, uno strumento monetario, ossia l’euro, che, in un contesto di intensificazione dei rapporti bilaterali, consentirebbe ai paesi orientali di avere una valuta di riserva davvero alternativa al dollaro, capace vale a dire di difendere il valore dei loro investimenti. L’attuale livello di cooperazione economica tra i Paesi dell’UE e quelli dell’Unione doganale è già elevato. Sottolineo a questo proposito come proprio l’Italia risulti tra i principali attori economici coinvolti nello scambio di beni e servizi, ponendosi al quarto posto per volume totale di scambi, con 15.175 milioni di dollari (pari al 6,8% dell’attività economica estera totale degli Stati aderenti all’Unione doganale). In particolare, l’Italia è il terzo Paese destinatario di esportazione di prodotti dell’Unione doganale, con 12.012 milioni di dollari; al secondo posto vi è la Cina (13.159 milioni) e in cima vi è l’Olanda, a 23.254 milioni. L’Italia è il primo partner commerciale europeo di Astana e il primo mondiale per importazioni dal Kazakhstan (16,7% dell’attività commerciale con l’estero); è il quinto e il settimo nei confronti di Federazione Russa e Bielorussia. Sulle ragioni del successo dell’export italiano in Russia mi limito a richiamare le considerazioni di due analisti del settore - Roberto Pelo e Vittorio Torrembini – che hanno sottolineato come le imprese italiane abbiano saputo individuare nella Russia «un mercato strategico, e non una
  • 5. 5 base dove produrre per poi vendere su altri mercati». Penso che su scala ridotta si possa applicare lo stesso discorso al Kazakhstan ed alla Bielorussia: la presenza di piccole e medie imprese italiane in tutti e tre i Paesi è legata molto più all’esportazione di lavorati e di semilavorati, favorita dall’aumento di domanda interna soprattutto di Russia e Kazakhstan, che alla delocalizzazione di impianti produttivi. Nel settore energetico l’Italia intrattiene da anni con Mosca un fruttuoso partenariato, alla luce di un’oggettiva interdipendenza in forza della quale le esigenze di approvvigionamento energetico da parte italiana vengono bilanciate dalla crescente esportazione di beni di consumo e beni intermedi. Sono quindi evidenti le opportunità che si schiudono per l’economia italiana con la firma del Trattato di Astana: l’unificazione di parametri sanitari, norme tariffarie e politiche sulla concorrenza permetterà agli imprenditori italiani di rapportarsi ai tre Paesi come ad un soggetto progressivamente sempre più unitario per ciò che concerne il commercio internazionale. Il processo d’integrazione può rappresentare un potente catalizzatore in un percorso di sviluppo economico, favorendo ad esempio la graduale transizione di un Paese come la Bielorussia – più atipico rispetto agli altri due membri dell’Unione – verso una progressiva “europeizzazione” degli standard di sicurezza e dei meccanismi anti-trust all’interno dei Paesi membri. In un frangente storico in cui l’Italia e l’Europa faticano a trovare stimoli per rilanciare l’economia reale e superare la crisi del debito, le opportunità aperte dall’Unione euroasiatica e dal futuro progetto di uno spazio economico comune con i Paesi che la compongono si presentano come un fenomeno da seguire e monitorare con la massima attenzione. Concludo ribadendo l’impegno dell’Italia – già espresso dal ministro Mogherini – affinché si operi, nel corso del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, per un rilancio del partenariato UE- Russia e si colgano pienamente, da parte europea, le nuove potenzialità di scambio e di sviluppo rappresentate dalla creazione di uno grande spazio economico euroasiatico.