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Lenuovefrontiere
diMosca
guardanoall’estSotto embargo da due anni e colpito dal calo
del prezzo del petrolio, il paese sta uscendo
dalla recessione. Ma per il made
in Italy il danno è stato enorme
e difficilmente recupererà
le quote di mercato perse
Gloria Valdonio
RUSSIA
e elezioni presiden-
ziali russe dello scor-
so settembre hanno
riconfermato la lea-
dership di Vladimir Putin, che
sarà nominato per la terza volta
consecutiva «l’uomo più potente
dell’anno» dalla rivista america-
na Forbes.
Il popolo russo sembra aver trac-
ciato una specie di cerchio ma-
gico intorno al suo presidente,
L
dando sostanza al suo progetto
politico, e questo nonostante
le sanzioni economiche decise
dall’Occidente avessero tutt’al-
tro obiettivo rispetto a quello di
alimentare l’orgoglio nazionale
russo.
Le sanzioni non hanno neanche
centrato il bersaglio dell’isola-
mento (che dovrebbe essere il
primo obiettivo), visto che Mo-
sca ha attivato nuovi canali e fir-
mato il cosiddetto «accordo del
secolo» con la Cina, che vede la
costruzione di un gasdotto che,
dalla Russia e attraverso la Mon-
golia, finirà nel nord della Cina,
la quale troverà così il modo di
riempire di operai le sue nume-
rose città-fantasma.
Putin ha anche saputo approfit-
tare della vetrina offerta dalla
crisi siriana per esibire gli ul-
timi gioielli del suo repertorio
ACCORDO DEL SECOLO
Il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping,
hanno firmato un accordo per la costruzione di un gasdotto
che collegherà i due paesi, passando attraverso la Mongolia
bellico, mentre
in patria ha av-
viato la faraonica
costruzione del
ponte sullo stret-
to di Kerch, in
Crimea: quattro
corsie stradali e due ferroviarie
per una ventina di chilometri
che saranno pronte già nel 2018,
cioè in soli tre anni e mezzo, e
che rilanceranno l’immagine di
un leader che sa che cosa vuole
dire realizzare un’infrastruttura
importante, sotto embargo, e in
pochi mesi.
Doppio choc. Sembra che le san-
zioni abbiano fatto certamente
male alla Russia, ma che ne ab-
biano anche risvegliato il senti-
mento di rivalsa che ha portato
all’accelerazione di alcune tra-
sformazioni strutturali che era-
no necessarie, e da troppo tem-
po rimandate. Negli ultimi anni
l’economia russa ha dovuto far
fronte a un duplice choc: il note-
vole peggioramento della bilan-
cia dei pagamenti provocato dal
calo dei prezzi del petrolio e le
sanzioni economiche e finanzia-
rie che hanno provocato una vio-
lenta contrazione delle attività.
«Gli ultimi indicatori fanno tut-
tavia presagire che, con l’aiuto
della stabilizzazione del prezzo
del petrolio, l’economia russa
possa riprendere la crescita già
nel 2017», spiega Christophe
Dumont, economista di Can-
driam Investors Group.
Ma come è possibile questa ri-
presa, tenuto conto del duplice
carattere dello choc e soprattutto
della recente escalation di ten-
sione tra Russia e Usa, che non
lascia certo presagire una rimo-
zione delle sanzioni nel gennaio
2017, come previsto?
La risposta, secondo gli stra-
tegist, sta nella decisione delle
autorità di lasciare che il rublo
si svalutasse fortemente. «Certo,
l’esplosione dell’inflazione che
ne è seguita ha indotto una forte
contrazione dei consumi», spie-
ga Dumond, «ma questa strate-
gia ha permesso di lasciare più o
meno intatte le riserve in valuta
a disposizione della Banca cen-
trale». Soprattutto, la svalutazio-
ne ha permesso di ammortizzare
il costo in bilancio del calo del
prezzo del petrolio: convertiti in
rubli, infatti, gli introiti di legati
al petrolio sono diminuiti assai
meno che in dollari.
Da ultimo, la svalutazione del
rublo e le sanzioni finanziarie
hanno spronato le imprese russe
a ridurre il loro debito esterno.
«La conseguenza è che oggi l’e-
conomia russa ha ampiamente
assorbito questi choc e si ritro-
va in posizione favorevole per
approfittare della recente stabi-
lizzazione (per non dire ripre-
sa) del prezzo del petrolio», è il
commento di Dumont.
Fuori dal tunnel. Gli indicato-
ri congiunturali puntano del re-
sto in questa direzione: l’indice
Pmi composito è arrivato a quota
52,6 a settembre, la produzione
industriale è in accelerazione e
la fiducia dei consumatori sta
migliorando. Quanto all’infla-
zione, è scesa sotto la soglia del
7% in agosto rispetto al 16% di
un anno fa, permettendo così
RIPRESA
«Gli ultimi indicatori fanno presagire
che l’economia russa tornerà a crescere
già nel 2017», dice Christophe Dumont,
economista di Candriam Investors Group
onostante il quadro poco incorag-
giante, Gabetti ha inaugurato a
Mosca la prima agenzia in terra russa,
primo step di un accordo siglato con il
gruppo bancario-assicurati-
vo russo Cpbk che prevede
l’apertura nei prossimi mesi
di altre 27 filiali Gabetti tra
Mosca, San Pietroburgo,
Sebastopoli e la Crimea.
L’aspetto interessante dell’i-
niziativa è che Gabetti non si
occuperà solo di intermedia-
zione locale, ma trasferirà
stock di immobili italiani sul
mercato russo, ovvero pro-
porrà ai russi appartamenti
e residenze di pregio situate a Roma,
Milano, Venezia, Firenze, ma anche in
Sardegna e Toscana, che sono le mete
preferite dagli investitori russi.
«Ritengo che questa iniziativa possa
essere un fattore di ripresa per il settore
immobiliare domestico», spiega Paolo
Bellini, strategic advisor di Gabetti e
REAL ESTATE
Gabetti si espande in Russia
Il gruppo immobiliare, dopo la prima agenzia a Mosca, si prepara ad
aprirne altre 27 in tutto il pase. Non si occuperà solo di intermediazione
locale, ma metterà sul mercato russo anche immobili italiani
N presidente dell’Ira (Italian russian asso-
ciation), un network immobiliare im-
prontato sui rapporti con i paesi dell’Est.
«Vogliamo offrire alla classe media rus-
sa i nostri immobili che oggi
stentano a passare di mano».
Quanto alla Russia, il settore,
dopo la pesante flessione del-
lo scorso anni, indica vitalità,
che sarà più concreta in caso
di rafforzamento del rublo.
«Putin si è messo di lena per
favorire l’acquisto della casa
ai cittadini russi attraverso la
costruzione di interi quartieri
a prezzi convenzionati e le
cooperative edili ne stanno
promuovendo la vendita a prezzi ac-
cessibili e offrendo mutui a un tasso
dell’11%», spiega ancora Bellini. «Le
prospettive sono positive nelle gran-
di città, ma soprattutto in Crimea,
rientrata definitivamente nell’orbita
russa, dove apriranno i battenti molte
aziende nel prossimo futuro».
PIANI DI SVILUPPO
Paolo Bellini, strategic
advisor di Gabetti
IL CROLLO DELL’EXPORT
Le sanzioni economiche sono state un danno irreversibile per il made in Italy. Se per l’Europa nel complesso il costo dell’embargo
si stima in 10 miliardi di euro di perdita, per l’Italia si parla di 3,6 miliardi di mancate esportazioni
alla Banca centrale di allentare
lievemente la sua politica mone-
taria.
In conclusione, l’economia rus-
sa sta uscendo dalla recessione:
«Con il barile intorno a 50 dolla-
ri, il Pil potrebbe registrare ad-
dirittura un aumento dell’1,7 %
nel 2017», prevede Dumont. «E
un accordo sulle quote di produ-
zione tra i membri dell’Opec e la
Russia potrebbe lasciare intrave-
dere una crescita ancora maggio-
re». Sul medio termine, tuttavia,
la capacità dell’economia russa
di crescere in modo sostenibi-
le oltre l’1,5% appare limitata e
alcune delle ragioni somigliano
molto a quelle che stanno alla
base della stagnazione occiden-
tale. «L’invecchiamento della
popolazione, la mancanza di
diversificazione al di là dello
sfruttamento delle risorse natu-
rali e il riequilibrio delle finan-
ze pubbliche che è stato avviato
rappresentano altrettanti freni
difficili da sbloccare», conclude
Dumont.
Il problema della diversifica-
zione. Tutto russo è invece il
tema della mancata diversifica-
zione produttiva ereditato dalla
struttura economica sovietica,
che oltre 25 anni di democrazia
non hanno risolto.
«Sotto il profilo strutturale, la
situazione dell’economia russa è
quella di un grande Paese con un
vasto mercato che, tuttavia, deve
ancora realizzare la transizione
verso un modello evoluto sotto il
profilo tecnologico e delle spe-
cializzazioni settoriali», spiega
Gioacchino Fazio, professore di
Scienze Economiche, aziendali
e statistiche presso l’Università
di Palermo. «Per alcuni aspetti,
la sua elevatissima dipendenza
dall’industria energetica sembra
replicare modelli propri dei Pae-
si emergenti, con grandi dotazio-
ni di risorse primarie che devono
strategicamente essere utilizzate
per finanziare le trasformazioni
strutturali verso un modello di
sviluppo più equilibrato, capace
di valorizzare le potenzialità del
vasto mercato interno».
L’indipendenza dal gas. Se è
l’eccessiva dipendenza da petro-
lio e gas, più che le sanzioni, la
prima causa della recessione rus-
sa sono molti i problemi che Mo-
sca dovrà affrontare nel medio e
lungo periodo. Il primo è l’incer-
tezza che governa l’andamento
dei prezzi in questo settore, che
rende precario e altalenante il
finanziamento dell’economia. Il
secondo problema è di lungo pe-
riodo e riguarda la riconversio-
ne delle fonti energetiche. «Le
politiche dei Paesi sviluppati»,
spiega Fazio, «lasciano intra-
vedere una prospettiva di forte
sostituzione del petrolio nei bi-
lanci energetici nazionali. Il che
significa che nel lungo periodo
il prezzo non potrà che ridursi,
con prevedibili effetti restrittivi
sulla capacità di finanziamen-
to degli investimenti necessari
per sostenere le trasformazioni
strutturali».
In questo scenario si inserisce
la crisi delle relazioni commer-
ciali della Russia con il mondo
occidentale, e in particolare con
l’Unione europea.
Una crisi che di fatto ostacola
il percorso di trasformazione
strutturale anche nel breve e me-
dio termine data la dipendenza
dell’industria russa dalla tecno-
logia dei Paesi europei.
Per capire l’impatto è sufficiente
scorrere i dati sulla composizio-
ne merceologica dell’export Ue
in Russia. Nel 2015, anno della
crisi, quasi il 70% dell’export
europeo ha riguardato prodotti
industriali, macchinari, mezzi
di trasporto, prodotti chimici e
plastica.
Di contro, l’import europeo dal-
la Russia è stato, per una quota
analoga (il 68%), concentrato
sui prodotti minerari (gas e pe-
trolio, appunto). «In altre parole,
si può dire che le relazioni Mo-
sca-Bruxelles sono condizionate
da una doppia dipendenza: da
un lato l’Ue dipende fin troppo
dalla Russia per gli approvvigio-
namenti energetici e dall’altro la
Russia dipende ancora troppo dal
know how tecnologico dell’indu-
stria europea», sottolinea Fazio.
Import substitution. Com’era
prevedibile, le restrizioni dei
flussi commerciali, oltre che nel-
la riduzione della domanda e dei
consumi, si ribaltano nella diver-
sificazione dei canali di approv-
vigionamento internazionali e,
ove possibile, anche ricorrendo a
“triangolazioni” che servono ad
aggirare i divieti e che attivano
processi di import substitution
con l’espansione dell’industria
nazionale nei settori di maggio-
re dipendenza dalle forniture
estere. Fenomeni di questa na-
tura sembrano già in corso per
i prodotti dell’industria chimi-
ca e farmaceutica, oltre che per
l’industria alimentare. Putin ha
varato un piano da 50 miliardi
di euro per la realizzazione di
serre e per l’introduzione di nuo-
ve coltivazioni con l’obiettivo di
affrancare, nel lungo periodo, la
domanda interna dalle importa-
zioni dall’Europa (Spagna, Fran-
cia, Olanda e soprattutto Italia).
Difficile prevedere oggi l’impat-
to a lungo di queste politiche.
Tutto dipende dalla durata del-
le restrizioni commerciali e
dai tempi di realizzazione degli
investimenti di import substitu-
L’export italiano in Russia... ...per settori
CONTRO-SANZIONI
«Il problema non è il danno economico
attuale», dice l’avvocato Alessandro De
Rosa, «ma la sua irreversibilità»
tion. «Ma certamente, l’ipote-
si che la Russia sostituisca con
forniture cinesi quelle europee
in molti settori è altamente cre-
dibile», è il commento di Fazio.
Il peso delle sanzioni sull’Eu-
ropa. A causa di questa dipen-
denza le sanzioni sono state una
vera zavorra per l’export euro-
peo.
I dati Eurostat segnalano per il
2015 una flessione pesante per
l’industria dei macchinari e del-
le apparecchiature (che incido-
no per il 32% dell’export Ue),
in calo del 30%, per l’industria
dei mezzi di trasporto (che in-
cide per il 12% sull’export), giù
del 40%, e per l’industria ottica,
scesa del 23%. Pesanti anche le
ricadute nel settore alimentare e
agroalimentare, che a livello co-
munitario pesa per il 10% a cau-
sa delle contro-sanzioni dettate
da Putin, che hanno bloccato le
importazioni di latticini, carni,
pesce, affettati e prodotti agro-
alimentari dai Paesi che hanno
aderito all’embargo.
E sull’Italia. Le restrizio-
ni all’industria alimentare e ai
prodotti agricoli freschi italiani
sono state in media del 40%: le
pesche della Romagna oggi ven-
gono importate dall’Uruguay, i
nostri salumi e formaggi vengo-
no prodotti alle porte di Mosca,
o meglio in Serbia e Bielorussia,
e poco male se la qualità non è
la stessa e se il parmigiano doc
diventa parmesan... Certo i russi
avrebbero preferito quello ita-
liano, ma le sanzioni che hanno
ridotto il rublo a un terzo del
suo valore hanno reso difficili
le importazioni dell’italian food.
Anche il vino italiano è stato so-
stituito da produzioni locali at-
tingendo ai vigneti della Crimea
e della Moldavia.
«Il problema non è solo il danno
economico attuale», dice l’avvo-
cato Alessandro De Rosa, part-
ner dello studio romano Tonucci,
specializzato in contrattualisti-
ca internazionale. «Ma è l’ir-
reversibilità del danno, poiché
la gente si abitua a nuovi sapo-
ri, anche se peggiori, che sono
compensati dai prezzi più bassi.
E questo per le aziende italiane
significa perdere fette di mer-
cato che sarà molto difficile re-
cuperare». Quanto al turismo, le
tradizionali mete delle vacanze
(dalla Sardegna e alla Toscana)
sono state sostituite dalle spiag-
ge del Mar Nero o dalle terme
della Bulgaria, e le coste medi-
terranee non sono più quelle di
Rimini e Riccione, ma quelle del
Montenegro e hanno provocato
un crollo quest’anno del 30% di
turisti russi, che rappresentano
ben il 15% del turismo straniero
in Italia.
Quote irrecuperabili. In bre-
ve le sanzioni economiche sono
state un danno irreversibile per
il made in Italy, e in particolare
per l’italian food tanto apprezza-
to dai russi, e non solo dalle éli-
te. Se per l’Europa nel comples-
so il costo dell’embargo si stima
in 10 miliardi di euro di perdita,
per l’Italia si parla di 3,6 miliar-
di di mancate esportazioni.
Ma probabilmente la cifra è più
elevata se teniamo conto del-
le esportazioni che venivano
effettuate con triangolazioni,
per esempio con la Germania.
Un danno enorme che escamo-
tage commerciali e uffici di
consulenza legale sono riusciti
ad arginare solo in parte. «No-
nostante le triangolazioni con
Serbia e Bielorussia attraverso
distributori locali, la possibilità
di esportare per le nostra azien-
de è limitata», spiega De Rosa.
Che aggiunge: «Eppure ogni
volta che vado in Russia vedo
un popolo che non vede l’ora di
fare affari con noi: l’Italia, per
i russi, è una seconda patria».
Ma altri sono i settori che sono
stati colpiti. «In Russia avevamo
clienti importanti come la cate-
na di magazzini Mpo. Nel 2015
non hanno più comprato e ab-
biano perso introiti per 500mila
euro su un giro di affari di 2,5
milioni», racconta Paolo Fon-
tana, titolare della Eurolight di
Pesaro (apparecchi di illumina-
zione per esterni a uso civile e
industriale).«La ragione di questo
blocco è l’embargo, che ha por-
tato alla svalutazione del rublo e
ha reso non competitivi i prodotti
dell’area euro, e anche la politica
protezionistica di Putin che, per i
prodotti con un basso contenuto
di tecnologia, favorisce la produ-
zione locale», spiega Fontana. he
aggiunge: «Per noi, e per molti
imprenditori di Pesaro del mo-
bile-arredamento, è un mercato
perso, difficilmente recuperabi-
le e non sostituibile con altri
mercati». n

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  • 2. Lenuovefrontiere diMosca guardanoall’estSotto embargo da due anni e colpito dal calo del prezzo del petrolio, il paese sta uscendo dalla recessione. Ma per il made in Italy il danno è stato enorme e difficilmente recupererà le quote di mercato perse Gloria Valdonio RUSSIA e elezioni presiden- ziali russe dello scor- so settembre hanno riconfermato la lea- dership di Vladimir Putin, che sarà nominato per la terza volta consecutiva «l’uomo più potente dell’anno» dalla rivista america- na Forbes. Il popolo russo sembra aver trac- ciato una specie di cerchio ma- gico intorno al suo presidente, L dando sostanza al suo progetto politico, e questo nonostante le sanzioni economiche decise dall’Occidente avessero tutt’al- tro obiettivo rispetto a quello di alimentare l’orgoglio nazionale russo. Le sanzioni non hanno neanche centrato il bersaglio dell’isola- mento (che dovrebbe essere il primo obiettivo), visto che Mo- sca ha attivato nuovi canali e fir- mato il cosiddetto «accordo del secolo» con la Cina, che vede la costruzione di un gasdotto che, dalla Russia e attraverso la Mon- golia, finirà nel nord della Cina, la quale troverà così il modo di riempire di operai le sue nume- rose città-fantasma. Putin ha anche saputo approfit- tare della vetrina offerta dalla crisi siriana per esibire gli ul- timi gioielli del suo repertorio ACCORDO DEL SECOLO Il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping, hanno firmato un accordo per la costruzione di un gasdotto che collegherà i due paesi, passando attraverso la Mongolia bellico, mentre in patria ha av- viato la faraonica costruzione del ponte sullo stret- to di Kerch, in Crimea: quattro corsie stradali e due ferroviarie per una ventina di chilometri che saranno pronte già nel 2018, cioè in soli tre anni e mezzo, e che rilanceranno l’immagine di un leader che sa che cosa vuole dire realizzare un’infrastruttura importante, sotto embargo, e in pochi mesi. Doppio choc. Sembra che le san- zioni abbiano fatto certamente male alla Russia, ma che ne ab- biano anche risvegliato il senti- mento di rivalsa che ha portato all’accelerazione di alcune tra- sformazioni strutturali che era- no necessarie, e da troppo tem- po rimandate. Negli ultimi anni l’economia russa ha dovuto far fronte a un duplice choc: il note- vole peggioramento della bilan- cia dei pagamenti provocato dal calo dei prezzi del petrolio e le sanzioni economiche e finanzia- rie che hanno provocato una vio- lenta contrazione delle attività. «Gli ultimi indicatori fanno tut- tavia presagire che, con l’aiuto della stabilizzazione del prezzo del petrolio, l’economia russa possa riprendere la crescita già nel 2017», spiega Christophe Dumont, economista di Can- driam Investors Group. Ma come è possibile questa ri- presa, tenuto conto del duplice carattere dello choc e soprattutto della recente escalation di ten- sione tra Russia e Usa, che non lascia certo presagire una rimo- zione delle sanzioni nel gennaio 2017, come previsto? La risposta, secondo gli stra- tegist, sta nella decisione delle autorità di lasciare che il rublo si svalutasse fortemente. «Certo, l’esplosione dell’inflazione che ne è seguita ha indotto una forte contrazione dei consumi», spie- ga Dumond, «ma questa strate- gia ha permesso di lasciare più o meno intatte le riserve in valuta a disposizione della Banca cen- trale». Soprattutto, la svalutazio- ne ha permesso di ammortizzare il costo in bilancio del calo del prezzo del petrolio: convertiti in rubli, infatti, gli introiti di legati al petrolio sono diminuiti assai meno che in dollari. Da ultimo, la svalutazione del rublo e le sanzioni finanziarie hanno spronato le imprese russe a ridurre il loro debito esterno. «La conseguenza è che oggi l’e- conomia russa ha ampiamente assorbito questi choc e si ritro- va in posizione favorevole per approfittare della recente stabi- lizzazione (per non dire ripre- sa) del prezzo del petrolio», è il commento di Dumont. Fuori dal tunnel. Gli indicato- ri congiunturali puntano del re- sto in questa direzione: l’indice Pmi composito è arrivato a quota 52,6 a settembre, la produzione industriale è in accelerazione e la fiducia dei consumatori sta migliorando. Quanto all’infla- zione, è scesa sotto la soglia del 7% in agosto rispetto al 16% di un anno fa, permettendo così
  • 3. RIPRESA «Gli ultimi indicatori fanno presagire che l’economia russa tornerà a crescere già nel 2017», dice Christophe Dumont, economista di Candriam Investors Group onostante il quadro poco incorag- giante, Gabetti ha inaugurato a Mosca la prima agenzia in terra russa, primo step di un accordo siglato con il gruppo bancario-assicurati- vo russo Cpbk che prevede l’apertura nei prossimi mesi di altre 27 filiali Gabetti tra Mosca, San Pietroburgo, Sebastopoli e la Crimea. L’aspetto interessante dell’i- niziativa è che Gabetti non si occuperà solo di intermedia- zione locale, ma trasferirà stock di immobili italiani sul mercato russo, ovvero pro- porrà ai russi appartamenti e residenze di pregio situate a Roma, Milano, Venezia, Firenze, ma anche in Sardegna e Toscana, che sono le mete preferite dagli investitori russi. «Ritengo che questa iniziativa possa essere un fattore di ripresa per il settore immobiliare domestico», spiega Paolo Bellini, strategic advisor di Gabetti e REAL ESTATE Gabetti si espande in Russia Il gruppo immobiliare, dopo la prima agenzia a Mosca, si prepara ad aprirne altre 27 in tutto il pase. Non si occuperà solo di intermediazione locale, ma metterà sul mercato russo anche immobili italiani N presidente dell’Ira (Italian russian asso- ciation), un network immobiliare im- prontato sui rapporti con i paesi dell’Est. «Vogliamo offrire alla classe media rus- sa i nostri immobili che oggi stentano a passare di mano». Quanto alla Russia, il settore, dopo la pesante flessione del- lo scorso anni, indica vitalità, che sarà più concreta in caso di rafforzamento del rublo. «Putin si è messo di lena per favorire l’acquisto della casa ai cittadini russi attraverso la costruzione di interi quartieri a prezzi convenzionati e le cooperative edili ne stanno promuovendo la vendita a prezzi ac- cessibili e offrendo mutui a un tasso dell’11%», spiega ancora Bellini. «Le prospettive sono positive nelle gran- di città, ma soprattutto in Crimea, rientrata definitivamente nell’orbita russa, dove apriranno i battenti molte aziende nel prossimo futuro». PIANI DI SVILUPPO Paolo Bellini, strategic advisor di Gabetti IL CROLLO DELL’EXPORT Le sanzioni economiche sono state un danno irreversibile per il made in Italy. Se per l’Europa nel complesso il costo dell’embargo si stima in 10 miliardi di euro di perdita, per l’Italia si parla di 3,6 miliardi di mancate esportazioni alla Banca centrale di allentare lievemente la sua politica mone- taria. In conclusione, l’economia rus- sa sta uscendo dalla recessione: «Con il barile intorno a 50 dolla- ri, il Pil potrebbe registrare ad- dirittura un aumento dell’1,7 % nel 2017», prevede Dumont. «E un accordo sulle quote di produ- zione tra i membri dell’Opec e la Russia potrebbe lasciare intrave- dere una crescita ancora maggio- re». Sul medio termine, tuttavia, la capacità dell’economia russa di crescere in modo sostenibi- le oltre l’1,5% appare limitata e alcune delle ragioni somigliano molto a quelle che stanno alla base della stagnazione occiden- tale. «L’invecchiamento della popolazione, la mancanza di diversificazione al di là dello sfruttamento delle risorse natu- rali e il riequilibrio delle finan- ze pubbliche che è stato avviato rappresentano altrettanti freni difficili da sbloccare», conclude Dumont. Il problema della diversifica- zione. Tutto russo è invece il tema della mancata diversifica- zione produttiva ereditato dalla struttura economica sovietica, che oltre 25 anni di democrazia non hanno risolto. «Sotto il profilo strutturale, la situazione dell’economia russa è quella di un grande Paese con un vasto mercato che, tuttavia, deve ancora realizzare la transizione verso un modello evoluto sotto il profilo tecnologico e delle spe- cializzazioni settoriali», spiega Gioacchino Fazio, professore di Scienze Economiche, aziendali e statistiche presso l’Università di Palermo. «Per alcuni aspetti, la sua elevatissima dipendenza dall’industria energetica sembra replicare modelli propri dei Pae- si emergenti, con grandi dotazio- ni di risorse primarie che devono strategicamente essere utilizzate per finanziare le trasformazioni strutturali verso un modello di sviluppo più equilibrato, capace di valorizzare le potenzialità del vasto mercato interno». L’indipendenza dal gas. Se è l’eccessiva dipendenza da petro- lio e gas, più che le sanzioni, la prima causa della recessione rus- sa sono molti i problemi che Mo- sca dovrà affrontare nel medio e lungo periodo. Il primo è l’incer- tezza che governa l’andamento dei prezzi in questo settore, che rende precario e altalenante il finanziamento dell’economia. Il secondo problema è di lungo pe- riodo e riguarda la riconversio- ne delle fonti energetiche. «Le politiche dei Paesi sviluppati», spiega Fazio, «lasciano intra- vedere una prospettiva di forte sostituzione del petrolio nei bi- lanci energetici nazionali. Il che significa che nel lungo periodo il prezzo non potrà che ridursi, con prevedibili effetti restrittivi sulla capacità di finanziamen- to degli investimenti necessari per sostenere le trasformazioni strutturali». In questo scenario si inserisce la crisi delle relazioni commer- ciali della Russia con il mondo occidentale, e in particolare con l’Unione europea. Una crisi che di fatto ostacola il percorso di trasformazione strutturale anche nel breve e me- dio termine data la dipendenza dell’industria russa dalla tecno- logia dei Paesi europei. Per capire l’impatto è sufficiente scorrere i dati sulla composizio- ne merceologica dell’export Ue in Russia. Nel 2015, anno della crisi, quasi il 70% dell’export europeo ha riguardato prodotti industriali, macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici e plastica. Di contro, l’import europeo dal- la Russia è stato, per una quota analoga (il 68%), concentrato sui prodotti minerari (gas e pe- trolio, appunto). «In altre parole, si può dire che le relazioni Mo- sca-Bruxelles sono condizionate da una doppia dipendenza: da un lato l’Ue dipende fin troppo dalla Russia per gli approvvigio- namenti energetici e dall’altro la Russia dipende ancora troppo dal know how tecnologico dell’indu- stria europea», sottolinea Fazio. Import substitution. Com’era prevedibile, le restrizioni dei flussi commerciali, oltre che nel- la riduzione della domanda e dei consumi, si ribaltano nella diver- sificazione dei canali di approv- vigionamento internazionali e, ove possibile, anche ricorrendo a “triangolazioni” che servono ad aggirare i divieti e che attivano processi di import substitution con l’espansione dell’industria nazionale nei settori di maggio- re dipendenza dalle forniture estere. Fenomeni di questa na- tura sembrano già in corso per i prodotti dell’industria chimi- ca e farmaceutica, oltre che per l’industria alimentare. Putin ha varato un piano da 50 miliardi di euro per la realizzazione di serre e per l’introduzione di nuo- ve coltivazioni con l’obiettivo di affrancare, nel lungo periodo, la domanda interna dalle importa- zioni dall’Europa (Spagna, Fran- cia, Olanda e soprattutto Italia). Difficile prevedere oggi l’impat- to a lungo di queste politiche. Tutto dipende dalla durata del- le restrizioni commerciali e dai tempi di realizzazione degli investimenti di import substitu- L’export italiano in Russia... ...per settori
  • 4. CONTRO-SANZIONI «Il problema non è il danno economico attuale», dice l’avvocato Alessandro De Rosa, «ma la sua irreversibilità» tion. «Ma certamente, l’ipote- si che la Russia sostituisca con forniture cinesi quelle europee in molti settori è altamente cre- dibile», è il commento di Fazio. Il peso delle sanzioni sull’Eu- ropa. A causa di questa dipen- denza le sanzioni sono state una vera zavorra per l’export euro- peo. I dati Eurostat segnalano per il 2015 una flessione pesante per l’industria dei macchinari e del- le apparecchiature (che incido- no per il 32% dell’export Ue), in calo del 30%, per l’industria dei mezzi di trasporto (che in- cide per il 12% sull’export), giù del 40%, e per l’industria ottica, scesa del 23%. Pesanti anche le ricadute nel settore alimentare e agroalimentare, che a livello co- munitario pesa per il 10% a cau- sa delle contro-sanzioni dettate da Putin, che hanno bloccato le importazioni di latticini, carni, pesce, affettati e prodotti agro- alimentari dai Paesi che hanno aderito all’embargo. E sull’Italia. Le restrizio- ni all’industria alimentare e ai prodotti agricoli freschi italiani sono state in media del 40%: le pesche della Romagna oggi ven- gono importate dall’Uruguay, i nostri salumi e formaggi vengo- no prodotti alle porte di Mosca, o meglio in Serbia e Bielorussia, e poco male se la qualità non è la stessa e se il parmigiano doc diventa parmesan... Certo i russi avrebbero preferito quello ita- liano, ma le sanzioni che hanno ridotto il rublo a un terzo del suo valore hanno reso difficili le importazioni dell’italian food. Anche il vino italiano è stato so- stituito da produzioni locali at- tingendo ai vigneti della Crimea e della Moldavia. «Il problema non è solo il danno economico attuale», dice l’avvo- cato Alessandro De Rosa, part- ner dello studio romano Tonucci, specializzato in contrattualisti- ca internazionale. «Ma è l’ir- reversibilità del danno, poiché la gente si abitua a nuovi sapo- ri, anche se peggiori, che sono compensati dai prezzi più bassi. E questo per le aziende italiane significa perdere fette di mer- cato che sarà molto difficile re- cuperare». Quanto al turismo, le tradizionali mete delle vacanze (dalla Sardegna e alla Toscana) sono state sostituite dalle spiag- ge del Mar Nero o dalle terme della Bulgaria, e le coste medi- terranee non sono più quelle di Rimini e Riccione, ma quelle del Montenegro e hanno provocato un crollo quest’anno del 30% di turisti russi, che rappresentano ben il 15% del turismo straniero in Italia. Quote irrecuperabili. In bre- ve le sanzioni economiche sono state un danno irreversibile per il made in Italy, e in particolare per l’italian food tanto apprezza- to dai russi, e non solo dalle éli- te. Se per l’Europa nel comples- so il costo dell’embargo si stima in 10 miliardi di euro di perdita, per l’Italia si parla di 3,6 miliar- di di mancate esportazioni. Ma probabilmente la cifra è più elevata se teniamo conto del- le esportazioni che venivano effettuate con triangolazioni, per esempio con la Germania. Un danno enorme che escamo- tage commerciali e uffici di consulenza legale sono riusciti ad arginare solo in parte. «No- nostante le triangolazioni con Serbia e Bielorussia attraverso distributori locali, la possibilità di esportare per le nostra azien- de è limitata», spiega De Rosa. Che aggiunge: «Eppure ogni volta che vado in Russia vedo un popolo che non vede l’ora di fare affari con noi: l’Italia, per i russi, è una seconda patria». Ma altri sono i settori che sono stati colpiti. «In Russia avevamo clienti importanti come la cate- na di magazzini Mpo. Nel 2015 non hanno più comprato e ab- biano perso introiti per 500mila euro su un giro di affari di 2,5 milioni», racconta Paolo Fon- tana, titolare della Eurolight di Pesaro (apparecchi di illumina- zione per esterni a uso civile e industriale).«La ragione di questo blocco è l’embargo, che ha por- tato alla svalutazione del rublo e ha reso non competitivi i prodotti dell’area euro, e anche la politica protezionistica di Putin che, per i prodotti con un basso contenuto di tecnologia, favorisce la produ- zione locale», spiega Fontana. he aggiunge: «Per noi, e per molti imprenditori di Pesaro del mo- bile-arredamento, è un mercato perso, difficilmente recuperabi- le e non sostituibile con altri mercati». n