Dopo aver cercato di capire perché l'evasione fiscale debba essere sconfitta e di come stimolare la tax compliance, ora ci occuperemo dei mezzi di contrasto adottati dai governi italiani contro l'evasione fiscale. Effettueremo una ricognizione sui metodi tradizionali ed i controlli sul territorio e analizzeremo i più moderni sistemi di raccolta dati ed utilizzo dei dati stessi. Insomma, un interessante viaggio negli ultimi venti anni di lotta per il rispetto della legge e degli adempimenti fiscali.
Dopo aver cercato di capire perché l'evasione fiscale debba essere sconfitta ad ogni costo, in questa puntata abbiamo iniziato a concentrarci sul come vada constrastata. Il tema centrale è quello della prevenzione attraverso l’aumento della tax compliance. Come va stimolata e cosa hanno fatto i governi italiani in questi ultimi anni?
Dopo aver cercato di capire perché l'evasione fiscale debba essere sconfitta e di come stimolare la tax compliance, ora ci occuperemo dei mezzi di contrasto adottati dai governi italiani contro l'evasione fiscale. Effettueremo una ricognizione sui metodi tradizionali ed i controlli sul territorio e analizzeremo i più moderni sistemi di raccolta dati ed utilizzo dei dati stessi. Insomma, un interessante viaggio negli ultimi venti anni di lotta per il rispetto della legge e degli adempimenti fiscali.
Dopo aver cercato di capire perché l'evasione fiscale debba essere sconfitta ad ogni costo, in questa puntata abbiamo iniziato a concentrarci sul come vada constrastata. Il tema centrale è quello della prevenzione attraverso l’aumento della tax compliance. Come va stimolata e cosa hanno fatto i governi italiani in questi ultimi anni?
Paradiso o inferno fiscale?.
Uno dopo l’altro, i c. d. “paradisi fiscali”, ossia quei Paesi che garantivano bassa tassazione e completo anonimato, stanno scomparendo e i loro sgraditi ospiti si sentono improvvisamente catapultati dal paradiso all’inferno. Ma è davvero finita la pacchia, o esiste ancora qualche intoccabile oasi di benessere?
Il sistema della riscossione nel nostro paese. Campobasso, 20 marzo 2017Alessandro Giovannini
Il problema dei crediti non riscossi dello Stato è un problema serio ed articolato da connettere con un ripensamento generale del sistema dei tributi in Italia. Ne abbiamo parlato all'incontro di approfondimento sulle novità fiscali per il 2017 presso il Dipartimento Giuridico dell'Università degli Studi del Molise.
La flat tax introduce benefici fiscali per ricchi stranieri che intendono spostare la residenza in Italia. Ma anche i milionari nazionali sono agevolati, visto che la nostra imposta di donazione e successione è tra le più basse d’Europa. Almeno finora. Un suo aumento è infatti dietro l’angolo. Per evitare sorprese, agli interessati gli esperti consigliano di adottare strategie adeguate e una buona pianificazione.
La nuova edizione della Voluntary non promette gli stessi risultati della prima. Raggiungere 2 miliardi di euro sarà difficile. La parola agli esperti
La consapevolezza nella voluntary disclosure!Vincenzo Renne
La VD ha fatto emergere ulteriori Italian HNWI.
Questi hanno necessità, caratteristiche e complessità specifiche che vanno oltre il puro aspetto tecnico-professionale.
Accompagnarli in un percorso di Consapevolezza (individuale, relazionale, familiare, patrimoniale e d'impresa) è non è facile, non è istintivo, non è immediato.
Ma oggi non si può più continuare a fare gli struzzi, si deve usare il collo lungo come le giraffe: guardare oltre la complessità per cogliere (e far cogliere) le opportunità del contesto di riferimento!
Bond perpetui, quattro opzioni per scongiurare la patrimoniale FRANCESCO PRIORE
Ancora prima dell'intervento di Paolo Savona alla relazione annuale Consob, il numero di giugno di Investire nell'articolo di Francesco Priore aveva delineato quattro scelte possibili di prestiti irredimibili per evitare il ricorso a scelte estreme e impopolari di prelievo forzoso dai c/c degli italiani. Eccolo.
Paradiso o inferno fiscale?.
Uno dopo l’altro, i c. d. “paradisi fiscali”, ossia quei Paesi che garantivano bassa tassazione e completo anonimato, stanno scomparendo e i loro sgraditi ospiti si sentono improvvisamente catapultati dal paradiso all’inferno. Ma è davvero finita la pacchia, o esiste ancora qualche intoccabile oasi di benessere?
Il sistema della riscossione nel nostro paese. Campobasso, 20 marzo 2017Alessandro Giovannini
Il problema dei crediti non riscossi dello Stato è un problema serio ed articolato da connettere con un ripensamento generale del sistema dei tributi in Italia. Ne abbiamo parlato all'incontro di approfondimento sulle novità fiscali per il 2017 presso il Dipartimento Giuridico dell'Università degli Studi del Molise.
La flat tax introduce benefici fiscali per ricchi stranieri che intendono spostare la residenza in Italia. Ma anche i milionari nazionali sono agevolati, visto che la nostra imposta di donazione e successione è tra le più basse d’Europa. Almeno finora. Un suo aumento è infatti dietro l’angolo. Per evitare sorprese, agli interessati gli esperti consigliano di adottare strategie adeguate e una buona pianificazione.
La nuova edizione della Voluntary non promette gli stessi risultati della prima. Raggiungere 2 miliardi di euro sarà difficile. La parola agli esperti
La consapevolezza nella voluntary disclosure!Vincenzo Renne
La VD ha fatto emergere ulteriori Italian HNWI.
Questi hanno necessità, caratteristiche e complessità specifiche che vanno oltre il puro aspetto tecnico-professionale.
Accompagnarli in un percorso di Consapevolezza (individuale, relazionale, familiare, patrimoniale e d'impresa) è non è facile, non è istintivo, non è immediato.
Ma oggi non si può più continuare a fare gli struzzi, si deve usare il collo lungo come le giraffe: guardare oltre la complessità per cogliere (e far cogliere) le opportunità del contesto di riferimento!
Bond perpetui, quattro opzioni per scongiurare la patrimoniale FRANCESCO PRIORE
Ancora prima dell'intervento di Paolo Savona alla relazione annuale Consob, il numero di giugno di Investire nell'articolo di Francesco Priore aveva delineato quattro scelte possibili di prestiti irredimibili per evitare il ricorso a scelte estreme e impopolari di prelievo forzoso dai c/c degli italiani. Eccolo.
Il mercato del lavoro sta cambiando e così la concezione della carriera. Adesso tocca alle politiche sociali ed economiche andargli dietro, per permettere alla longevità di essere produttiva..
2. 43
Sentiamo l’opinione in
merito dell’Avvocato Lenzi,
chiedendogli anche qualche
consiglio. Partiamo dall’ipotesi
Patrimoniale.
Questo è argomento ricorrente
nel nostro Paese. Ultimamente
ne hanno parlato anche OCSE e
FMI che si sono spinti ad affer-
mare che un tale tributo derive-
rebbe soprattutto dalla necessità
di “ridurre i divari e le ricchezze
esistenti” e, quindi, la disugua-
glianza sociale. Queste istituzioni
internazionali, però, dimenticano
o fingono di dimenticare, fedeli
alle pressioni di alcune nazioni
europee interessate a cavalcare
il tema, che in Italia già la patri-
moniale esiste; anzi, le imposte di
questo tipo sono circa 15 (come
rilevato puntualmente dall’Uffi-
cio Studi della CGIA di Mestre)
e gravano per circa 45 miliardi
di euro. Tra queste: TASI e IMU,
imposte di bollo sui conti correnti
e strumenti finanziari; IVAFE e
IVIE; Tobin Tax; Imposta sulle do-
nazioni e successioni in relazione
alla quale, addirittura, vi sono
voci di un possibile inasprimen-
to rispetto alle attuali aliquote e
franchigie; imposta di registro e
sostitutiva; bollo auto; canone ra-
dio/Tv; imposta sui beni di lusso;
imposta sulle attività finanziarie
scudate...
Èvero però che le nostre
imposte di successione, grazie
anche alle franchigie, sono
molto più basse di quelle di
altri paesi europei.
Certo, ma nessuna imposta sulla
ricchezza va guardata separata-
mente dalle altre; in compenso,
in paesi in cui le imposte di suc-
cessione sono più alte, è minore
il carico fiscale di altre voci. Il
tema è molto delicato, in quanto
coinvolge aspetti tecnici (di natu-
ra giuridico-fiscale) ma anche la
sfera etico-sociale. Sotto questo
profilo, la questione si presenta
scottante soprattutto se affron-
tata in un contesto come quello
attuale, che non può prescindere
dalla manifesta crisi economica
che attraversa l’Italia e, soprat-
tutto, dal deterioramento del rap-
porto di fiducia e lealtà tra Stato
da una parte e cittadino-contri-
buente dall’altra.
Una patrimoniale in Italia (un’al-
tra, verrebbe da dire), ancorché
connotata dal requisito della
straordinarietà, è misura che
non può prescindere dalla sua
accettabilità sul piano sociale
(perlomeno da una certa fascia
di contribuenti).I “promotori” di
questo onere tributario fanno
riferimento al fatto che anche in
altri Paesi la patrimoniale esiste;
senza però precisare che in que-
sti Paesi il rapporto tra cittadino
e Stato non è conflittuale come da
noi e che la misura patrimoniale
è inserita quanti-qualitativamente
in un contesto tributario unitario,
con altre imposte meno onerose
quasi dovunque e meno compli-
cato sotto il profilo della fiscalità
diretta e indiretta.
In altre parole, questo tipo di tri-
buto va visto allocato nel più ge-
nerale ambito della fiscalità com-
plessiva del contribuente.
Con la premessa che personal-
mente sono contrario a qualsivo-
R
icorrenti come le rondini a primavera, le pau-
re che colpiscono i risparmiatori italiani torna-
no di attualità in occasione di ipotesi e voci su
patrimoniali in arrivo, prelievi forzosi dai conti
correnti o addirittura un’uscita dell’Italia dall’Euro. In
questo contesto, sono molte le persone che si doman-
dano se sia sicuro mantenere il proprio denaro in un
conto corrente o in altri asset finanziari; o piuttosto se
non sia il caso di portarlo all’estero, magari fuori dall’a-
rea Euro. Un senso di insicurezza e di paura alimentato
anche da intermediari esteri che vedono nel fenomeno
un modo per acquisire (ri-acquisire) nuova clientela,
soprattutto dopo le manovre che hanno interessato i
vari scudi fiscali e la più recente voluntary disclosure.
Nonostante questi scenari siano, almeno a breve ter-
mine, da ritenere poco probabili (in particolare una Ita-
lexit), è comunque opportuno tratteggiare un quadro
realistico della situazione e possibili azioni di protezio-
ne del proprio patrimonio se gli eventi futuri dovessero
precipitare.
Intervista all’Avv. Roberto Lenzi a cura di Emanuela Notari
Le voci ricorrenti in merito a una possibile patrimoniale, prelievi
forzosi sui conti correnti e l’uscita dall’euro, sono responsabili
di una tendenza generale a cercare una scappatoia fisica per la
propria ricchezza; all’estero, possibilmente.
Vie di fuga non ce ne sono, accortezze sì
3. 44
glia forma di Patrimoniale, anche
e soprattutto perché concorre a
tassare uno stock di ricchezza
che, spesso, non è altro che la
somma di risparmi originati da
redditi già tassati e convogliato
per finalità di risparmio tutelato
dalla Costituzione, il balzello pa-
trimoniale può assumere diffe-
renti peculiarità. Concettualmen-
te, un’imposta patrimoniale è una
particolare tipologia di prelievo
che colpisce uno stock di ricchez-
za accumulato (mobiliare o im-
mobiliare) e può avere carattere
straordinario (una tantum) o na-
tura sistemica; assumere natura
soggettiva (colpire un determina-
to componente della ricchezza)
o oggettiva (colpire la ricchezza
complessiva); prevedere una
singola aliquota o un sistema di
aliquote progressive; attenere
solo alle persone fisiche o anche
a quelle giuridiche; insistere su
soggetti che detengono una ric-
chezza superiore a un certo limi-
te, o su tutti indistintamente.
A mio parere, le imposte patri-
moniali, da sempre cavallo di
battaglia di una certa parte politi-
ca, non riducono il divario di ric-
chezza, bensì i capitali disponibili
nell’economia, danneggiando nel
lungo termine la crescita.
Faccio un esempio che considero
particolarmente calzante.
La tassazione patrimoniale sugli
immobili, che da più di un lustro
caratterizza il sistema tributario
italiano, ha contribuito in manie-
ra importante a causare effetti
distorsivi sull’economia, a partire
dalla crisi immobiliare, che hanno
riguardato risparmio, consumi,
imprese e lavoro.
L’assioma che punta a ridurre il
divario sociale, sottraendo risor-
se a chi ha di più per sostenere le
fasce più deboli, non tiene conto
che in Italia una grande maggio-
ranza di persone le imposte non
le paga o lo fa in maniera ridotta,
perché fortemente assistita. Ed è
qui che bisognerebbe intervenire
per ricreare equilibrio sociale,
anziché ricorrere ad ulteriori ga-
belli destinati a portare altro de-
naro per finanziare il “buco nero”
della spesa pubblica e per ot-
temperare e compiacere i diktat
improntati al rigore di qualche
Paese confinante.
Inoltre, l’introduzione di un’ulte-
riore patrimoniale finalizzata a
“fare cassa” e rapportata, non al
parametro legato al debito pub-
blico in assoluto – secondo le ul-
time stime il nostro a fine 2018
sarà in linea con quello tedesco e
francese – ma al rapporto debito/
Pil (indicatore sponsorizzato a li-
vello internazionale per valutare
il rating del nostro Paese) non
terrebbe conto della effettiva pa-
trimonializzazione dell’Italia: sia
per la ricchezza finanziaria netta
privata, doppia del Pil, sia per la
posizione finanziaria complessiva
dell’Italia verso l’estero (assai più
contenuta di tanti altri paesi).
Qualcuno ha sollevato un
problema di compatibilità di
una imposta del genere con la
nostra Costituzione. Cosa ne
pensa?
A mio avviso, il problema può
essere posto con particolare ri-
ferimento al principio di capaci-
tà contributiva indicato nell’art.
53 della Magna Carta. E’ pur
vero che sul tema insigni costi-
tuzionalisti si sono espressi con
orientamenti non omogenei, data
la delicatezza e la complessità del
problema (inquadrato in un’ottica
prettamente giuridica e prescin-
dendo da quanto esposto prima).
In estrema sintesi, senza volersi
addentrare in analisi troppo ap-
profondite, non vi è nell’art. 53
(che fa riferimento al principio di
capacità contributiva) un divieto
al varo di una patrimoniale. Oc-
corre, pertanto, domandarsi se
può essere oggetto di tassazione
ciò che non è suscettibile di esse-
re oggetto di capacità contribu-
tiva e se la stessa debba essere
connessa all’idoneità del patri-
monio nel produrre un reddito.
Oppure, se tale capacità possa
esistere in quanto connessa alla
forza economica del patrimonio
come tale, indipendentemente
dalla sua capacità di generare
reddito.
Come è possibile tutelarsi
da un eventuale ulteriore
gravame di tipo patrimoniale?
Pare ragionevole ipotizzare che
un’imposta patrimoniale possa
colpire i beni ovunque siano loca-
lizzati: in Italia e all’estero. I sog-
getti coinvolti verrebbero pertan-
to tassati comunque in quanto
residenti italiani. Trasferire la
propria ricchezza all’estero (di
natura finanziaria e in assenza
di immobili di proprietà in Italia,
per definizione solo vendibili e
non trasferibili) non risolvereb-
be il problema, considerando tra
l’altro che ogni trasferimento è
tracciato (le segnalazioni sono
a carico sia dell’intermediario
che del contribuente); eventua-
li bonifici verso paesi black list,
inoltre, potrebbero essere og-
getto di segnalazione specifica
ai fini antiriciclaggio. Trasferire
L’ipotesi di
manovre sui
c/c o prelievi
forzosi come
quello di Amato,
nella notte tra
il 9 e il 10 luglio
1992 ,appare
quantomeno
poco probabile
oggi.
PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
4. i propri asset all’estero per evi-
tare di pagare una patrimoniale
(magari ricorrendo a fenomeni
di “esterovestizione” attraverso
trust, veicoli societari esteri o
altri strumenti analoghi) potreb-
be far incorrere il contribuen-
te-residente italiano nel reato
penale di sottrazione fraudolenta
al pagamento di imposte (ferma
restando, ovviamente, la presen-
za dell’elemento soggettivo del
reato - comportamento doloso - o
oggettivo - atti finalizzati ad osta-
colare una riscossione coattiva
riducendo, di fatto, la capacità
patrimoniale del contribuente).
Quali sono quindi le soluzioni
praticabili?
Trasferire la propria residenza
fiscale in un altro Paese estero
dove questa imposta non sia con-
templata. Attenzione però che la
residenza deve essere effettiva,
altrimenti le sanzioni possono
essere molto pesanti. Inoltre sa-
rebbe bene valutare dove si
va, soppesando attentamente
la fiscalità diretta ma anche
indiretta del paese prescel-
to per non peggiorare la
situazione, oltre a valutare
altre normative di riferi-
mento come per esempio
la legge successoria che,
in alcuni paesi, non consi-
dera gli eredi legittimari in
modo paritetico.
Quindi la soluzione
è trasferirsi
effettivamente in un
Paese estero fiscalmente
più conveniente. E nel
caso di prelievi forzosi
sui conti correnti?
Molti ricordano
ancora la notte in
cui accadde con il
governo Amato...
Il tema infatti non
sarebbe nuovo.
Era il 1992 e la
Lira era finita sotto attacco
speculativo. Allora si parlava
di “consolidamento dei titoli
di Stato”. Il governo Amato
fece uscire la Lira dall’allora
“serpente monetario” e nella
notte tra il 9 e il 10 luglio
- strano come certe date
ricorrano - con un decreto legge
di emergenza, operò un prelievo
forzoso improvviso del 6 per
mille su tutti i depositi bancari.
Anche Cipro è stato protagonista
di questo fenomeno; nel 2013 le
Autorità europee, nel subordina-
re la concessione di aiuti finan-
ziari alle banche cipriote (17,5
miliardi, di cui 10 a carico della
Troika e il restante a carico di
Cipro), costrinsero parte del si-
stema bancario del paese (in par-
ticolare la Laiki Bank e la Bank
of Cyprus) a una pesantissima
conversione forzosa in equity di
conti correnti e depositi sopra i
100.000 euro (non assicurati dal
meccanismo di tutela dei deposi-
ti): il tutto condito da una serie
di restrizioni che portarono alla
chiusura forzata di tutti gli istitu-
ti di credito per numerosi giorni
e alla successiva riapertura con
rigidi limiti sul prelievo di contan-
ti, trasferimenti bancari transna-
zionali e pagamenti con carte di
credito e assegni.
Detto così fa decisamente
paura. Cosa possono fare i
risparmiatori italiani?
L’ipotesi di manovre su c/c e depo-
siti come quella del 1992 o quella
di Cipro, seppure possibili, appa-
io oggi poco probabili. Per due
ordini di ragioni. La prima, una
buona e migliorata solidità del
sistema bancario italiano nel suo
complesso. La seconda, la stessa
natura della ricchezza privata,
non tutta concentrata in conti
correnti e depositi (anche se ne-
gli ultimi
5. 46
anni questi ultimi sono cresciuti),
ma piuttosto diversificata in tito-
li, immobili, aziende di famiglia,
ecc.. A mio parere, di fronte a un
consolidamento ed inasprimento
dell’attuale situazione economica,
appare assai più plausibile, sep-
pur sempre nel campo delle valu-
tazioni teoriche, il ricorso a un’ul-
teriore Patrimoniale in grado di
colpire un numero maggiore di
beni, ovunque localizzati, in Italia
e all’estero. D’altra parte, non ab-
biamo assistito nel recente pas-
sato a forme di prelievo di natura
patrimoniale su ogni tipologia di
bene, finanziario e non (imposta
di bollo, Ivafe, Ivie, ecc.)?
Localizzare i propri asset
mobiliari e finanziari presso
un intermediario bancario
estero consentirebbe di
evitare una Patrimoniale?
In genere gli Istituti di credito
esteri non fungono da “sostituti
di imposta” come quelli italiani e,
pertanto, non potrebbero essere
obbligati a un eventuale prelievo
forzoso e neppure è ipotizzabile
che il contribuente possa subire
limitazioni nel prelevare presso
tali istituti (seppure presentan-
dosi ogni volta fisicamente), così
come effettuare trasferimenti
transazionali, escludendo l’Italia,
ovviamente. Non è peraltro pos-
sibile escludere a priori eventuali
“contro-misure” domestiche an-
che per conti detenuti oltre fron-
tiera, se non altro per motivi di
imparzialità, paventando possibili
sanzioni nei confronti di quegli
istituti bancari interessati a con-
servare un’eventuale operatività
in Italia (per quelli senza collega-
menti con l’Italia sarebbe teorica-
mente più difficile).
Resterebbero comunque gli obbli-
ghi tributari in questione in capo
al residente italiano, investito di
obbligo di rendicontazione ai fini
fiscali e valutari e conseguente
autoliquidazione di eventuali im-
porti che dovessero essere cor-
risposti, a qualunque titolo, allo
Stato centrale. Senza conside-
rare che eventuali inadempienze
collegate (e dimostrate) all’inten-
zione di sottrarsi al pagamento di
eventuali oneri tributari domesti-
ci potrebbero essere sanzionate
anche penalmente, come già det-
to, per il configurarsi del reato di
sottrazione fraudolenta al paga-
mento delle imposte.
In questi giorni stiamo
assistendo alla conflittuale e
inconcludente Brexit. Quale
consistenza ha l’ipotesi di
un’uscita dell’Italia dall’euro o
dall’Europa?
L’ipotesi di un’Italexit porterebbe
alla ridenominazione dei nostri
Euro in nuove Lire. Uno scena-
rio estremo, ma non per questo
impossibile. Del resto, lo stesso
Governatore della BCE ha recen-
temente posto l’accento su come
“il successo dell’Euro non abbia
prodotti i risultati attesi in tutti i
Paesi” e ha peraltro detto chiara-
mente che “uscire dall’Euro non
garantisce più sovranità”. Con ciò
lasciando aperta l’interpretazio-
ne del concetto di irreversibilità
della moneta unica.
La premessa, comunque, è che non
esiste una procedura codificata di
PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
6. 47
L’ipotesi di una
patrimoniale
colpirebbe i
beni ovunque
essi siano, salvo
investimenti in
titoli di diritto
estero o beni
detenuti in
paese estero
di residenza
effettiva
uscita dalla moneta unica, in quan-
to i trattati non la prevedono. Resta
però difficile pensare a un ritorno
alla Lira senza ipotizzare la conse-
guente dissoluzione dell’Euro, dato
il peso del nostro Paese nell’Eu-
rozona. Tuttavia, nonostante tale
evento sia al momento assai poco
probabile per le numerose variabili
che potrebbero intervenire, sia sul
piano giuridico (interno e interna-
zionale) che politico (è credibile
che gli altri Paesi “permetterebbe-
ro”, sotto il profilo della competiti-
vità, un’uscita dell’Italia dall’Euro?),
appare corretto individuare una
exit strategy.
Cosa consiglierebbe ai suoi
clienti in quest’ottica?
Le strade potrebbero essere due,
pur in un contesto di mancanza di
riscontri storici, soprattutto sotto
il profilo normativo, e senza alcun
riferimento a quali potrebbero es-
sere i termini di riconversione da
Euro a Lira.
Spostare i propri asset ban-
cari e finanziari in un Paese
forte, meglio se fuori dall’area
Euro, per esempio in Svizzera,
e utilizzare strumenti finanzia-
ri non connessi al nostro Pae-
se o addirittura all’aerea Euro;
non sappiamo infatti quali ri-
percussioni una disgregazione
dell’Euro potrebbe determina-
re nei paesi appartenenti alla
moneta comune.
Questa soluzione si potrebbe
attuare attraverso il ricorso
a un intermediario italiano
abilitato, ad esempio una fi-
duciaria, per tutti gli adempi-
menti connessi alla normativa
valutaria e fiscale (quadro RW
e sostituzione di imposta); in
alternativa, si possono gestire
in proprio tutti gli adempimen-
ti, con conseguente aggravio
operativo per il semplice pri-
vato contribuente che, realisti-
camente, dovrebbe ricorrere
comunque a un professionista
di fiducia in sede di dichiara-
zione dei redditi.
Molti intermediari bancari
esteri si sono di fatto attrez-
zati con procedure dirette a
fornire, a pagamento, a ogni
cliente residente all’estero
una certificazione fiscale da
utilizzare in sede tributaria
(i cui contenuti saranno a di-
screzione di ogni soggetto
coinvolto).
Una seconda soluzione, invece,
permetterebbe di mantenere i
propri asset sul suolo dome-
stico con l’avvertenza di non
utilizzare attività finanziarie
di diritto italiano (c/c, deposi-
ti, titoli di Stato, obbligazioni,
azioni domestiche, veicoli di
investimento di diritto italiano
in genere) che potenzialmente
siano riconvertibili in Lire.
La scelta dunque potrebbe ca-
dere su attività denominate in
valuta diversa dall’Euro - per
esempio, obbligazioni e azioni
estere, Sicav in valuta - oppu-
re anche denominate in Euro,
ma emesse da soggetti di di-
ritto estero, con l’accortezza
di verificare eventuali clausole
di breaking up presenti in alcu-
ni corporate bond che, in caso
di uscita dall’euro, prevedono
la riconversione nella nuova
valuta.
Una Sicav denominata in Euro
o anche in Dollari, però, do-
vrebbe avere in portafoglio
solo attività non appartenenti
all’Italia o ad altri Paesi deboli
dell’area Euro, per evitare di
subire una perdita di valore
che si ripercuoterebbe nel cal-
colo del Nav. In questo caso,
all’atto della richiesta di rim-
borso, il cliente italiano rice-
verebbe l’importo di spettanza
convertito nella nuova divisa
nazionale, ma potrebbe anche
teoricamente richiedere l’ac-
credito della posizione matu-
rata su un conto estero. Una
Sicav di diritto estero riceve
sottoscrizioni tramite i colloca-
tori, anche italiani, da una ban-
ca corrispondente, che a sua
volta trasferirà il denaro del
cliente italiano alla Sicav este-
ra per il tramite di un soggetto
estero (transfer agent), che lo
depositerà presso una banca
di diritto estero, per esempio
lussemburghese. Presso la
banca italiana il cliente di fat-
to ha solo una scrittura con-
tabile che attesta la titolarità
delle quote; il patrimonio della
Sicav (che è separato a tutti
gli effetti da quello degli altri
istituti bancari coinvolti), dete-
nuto dalla banca depositaria e
di proprietà degli investitori, è
all’estero.
Nel contesto di un’uscita dell’Italia
dall’euro, però, è bene ipotizzare,
per un po’ di tempo, anche un
blocco dell’attività di trasferimen-
to di capitali e divieti valutari in
genere (seppur in contrasto con
art. 63 del Trattato europeo sul-
la libera circolazione dei capitali
e con il diritto internazionale) per
intermediari italiani e succursali
italiane di banche estere.
1
2