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News 40/SSL/2016
Lunedì,03 Ottobre 2016
La responsabilità del medico competente e la sorveglianza sanitaria.
Il medico competente deve programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria in
caso di rischi individuati sia pur in termini incerti o comunque bassi: non prevederla
comporta la violazione ex art. 25 del D.Lgs n. 81/08.
Si è espressa la Corte di Cassazione in questa sentenza sull’obbligo posto a carico
del medico competente della sorveglianza sanitaria dei lavoratori per un rischio
specifico che ha comunque considerato sussistente e lo ha fatto richiamando
puntualmente le specifiche disposizioni di legge impartite dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e
s.m.i. contenute nell’articolo 25, sugli obblighi appunto del medico competente, e
nell’articolo 41 dello stesso decreto sull’obbligo della sorveglianza sanitaria che esso
è tenuto a programmare. L’aver individuato, ha infatti sostenuto la suprema Corte
nella sentenza, sia pur in termini incerti o comunque bassi, un rischio specifico per la
salute del lavoratore e il non aver previsto la sorveglianza sanitaria per lo stesso
comporta per il medico competente una violazione alle disposizioni di legge per
non averla programmata, in ragione del complesso degli obblighi di collaborazione
con il datore di lavoro in materia di prevenzione dei rischi e della sorveglianza
sanitaria, come delineato dalla normativa di settore.
La condanna del Tribunale e il ricorso in Cassazione
Il Tribunale, a seguito di opposizione a decreto penale, ha condannato un medico
competente in ordine al reato di cui all'art. 25 lett. b) del D. Lgs 9/4/2008 n. 81, per
non avere provveduto a programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria per
tutti i lavoratori esposti a un rischio per l'apparato muscolo-scheletrico ed in
particolare per quelli esposti a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da
movimenti e sforzi ripetuti, alla pena di euro 200 di ammenda mentre lo ha assolto
dal reato di cui all'articolo 25 lett. a) dello stesso D. Lgs..
Avverso la sentenza il medico competente ha proposto, a mezzo del difensore,
ricorso per cassazione e ne ha chiesto l'annullamento deducendo, con un unico
motivo, la violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione
all'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché la
contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione sull'affermazione della
responsabilità. Il Giudice, secondo il ricorrente sarebbe pervenuto ad affermare la
responsabilità penale, in ordine al reato ipotizzato, sulla pretesa omessa
programmazione ed effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti
a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da movimenti e sforzi ripetuti, in
assenza di un obbligo specifico per tali livelli di rischio. Sebbene dai dati raccolti e
dalla loro analisi si era pervenuti nel caso particolare all'individuazione di un rischio in
relazione alle condizioni di lavoro degli addetti alla cassa di un supermercato,
indicato quale rischio "incerto", occorreva tenere conto, secondo il ricorrente, che il
D. Lgs. n. 81/2008, nella parte in cui descrive i vari rischi per le quali è necessaria la
sorveglianza sanitaria, di cui Titolo VI, nulla prevede in ordine al rischio da
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori per sforzi movimenti ripetuti. Il
Giudice pertanto avrebbe erroneamente ritenuto a suo carico un obbligo di
programmazione e di effettuazione della sorveglianza sanitaria e sarebbe giunto,
conseguentemente, all’errata decisione di condannarlo per aver omesso una
programmazione della sorveglianza sanitaria in assenza di rischi specifici. Il ricorrente
ha censurata, altresì, la contraddittorietà della motivazione laddove il Giudice,
dopo aver definito "incerto" e comunque di basso livello, il rischio da sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori per movimenti ripetuti, aveva fatto discendere
l'obbligo a suo carico della programmazione e della sorveglianza sanitaria.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto
rigettato. La stessa ha ritenuto di esporre in primo luogo il quadro normativo di
riferimento richiamando l’art. 25 del D. Lgs n. 81/2008 che stabilisce gli obblighi in
capo al medico competente, delegato dal datore di lavoro, e che prevede alla
lett. b) l’obbligo di programmazione e di sorveglianza sanitaria di cui all'art. 41,
attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in
considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati e ha richiamato, altresì, l’art. 41 del
medesimo T.U. che prevede che la sorveglianza sanitaria sia effettuata dal medico
competente nei casi previsti dalla normativa vigente nonché dalle indicazioni fornite
dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6 del D. Lgs. n. 81 e qualora il
lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente
correlata ai rischi lavorativi.
Con riguardo, in particolare, ai rischi specifici relativi alla movimentazione dei carichi
(Titolo VI, capo I), la suprema Corte ha fatto presente che l'art. 167, sul campo di
applicazione, prevede che le norme del titolo stesso si applichino alle attività
lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori
rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari. Al
secondo comma lettera b) lo stesso articolo ha stabilito che per patologie da
sovraccarico biomeccanico sono da intendere le patologie delle strutture
osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari per cui, ha affermato la Sez. III,
rientrano nel campo di applicazione tutte le azioni che possono comportare rischi di
patologie da sovraccarico biomeccanico, quali le patologie alle strutture
osteoarticolari, muscolo tendinee e nervovascolari (per esempio, le patologie a
carico degli arti superiori). e non solo le patologie dorso-lombari, alle quali faceva
riferimento il D. Lgs. n. 626/1994. Questa nuova definizione è in linea con i contenuti
dell'Allegato XXXIII al D. Lgs. n. 81/2008 nel quale sono citate, mediante il riferimento
alle norme tecniche, anche le operazioni di movimentazione dei carichi leggeri ad
alta frequenza, che tipicamente sono la causa di patologie da sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori. L'art. 168 del citato TU, a sua volta, ha sostenuto
ancora la Sez. III, prevede al punto 4) l'obbligo in capo al datore di lavoro di
sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 41, sulla base della
valutazione del rischio da effettuare in fase di programmazione e dei fattori
individuali del rischio di cui all'allegato XXXIII.
I compiti del medico competente, ai quali viene fatto riferimento nella definizione
dell'art. 2 del D. Lgs. n. 81/2008, ha così proseguito la suprema Corte, sono contenuti
nell'art. 25 dello stesso T.U. che individua dapprima un obbligo di collaborazione con
il datore di lavoro nella programmazione per la valutazione dei rischi e poi di
sorveglianza sanitaria. Più precisamente l'art. 25 del D. Lgs. n. 81/2008 prevede un
obbligo di collaborazione con il datore di lavoro, ed è indicato nella lettera a) del
medesimo articolo in base al quale il medico competente "collabora con il datore
di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi,
anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria,
alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della
integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei
confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del
servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione
e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e
valorizzazione di programmi volontari di 'promozione della salute', secondo i principi
della responsabilità sociale". Con la lettera b) dello stesso art. 25 vengono poi
affidate al medico competente le incombenze relative alla programmazione ed
alla effettuazione della sorveglianza sanitaria, se necessaria, e quindi con le lettere
dalla c) alla i) tutte le altre incombenze collegate alla stessa sorveglianza sanitaria.
A sua volta, l'art. 18 del D. Lgs. n. 81/2008, ha ricordato ancora la Sez. III, stabilisce
che il datore di lavoro e i dirigenti devono nominare il medico competente per
l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal Testo Unico, e alla
lettera g) dello stesso comma 1 indica che il datore di lavoro e i dirigenti devono
"richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico
nel presente decreto" e quindi di conseguenza l'osservanza anche di tutti gli obblighi
appena indicati e riportati nell'art. 25 compreso quello relativo alla sorveglianza
sanitaria. Non v'è dubbio, quindi, che il medico competente, in ragione del
complesso di obblighi di collaborazione e di controllo in materia di prevenzione rischi
e sorveglianza sanitaria, come delineato dalla normativa di settore, sia tenuto,
proprio in ragione di ciò, all'osservanza degli obblighi tra cui deve essere individuato
quello della sorveglianza sanitaria sulla base dei rischi indicati nell'art. 167, 168 e
nell'allegato XXXIII e dunque dei rischi da sovraccarico biomeccanico.
Diversamente argomentando si vanificherebbe la ratio di prevenzione in materia di
salute e sicurezza del lavoro.
Ciò detto, nel caso in esame, ha così concluso la Corte di Cassazione, è risultato
accertato che nel protocollo di sorveglianza sanitaria, allegato al DVR non era stata
indicata alcuna misura quanto al fattore rischio come contestato, diversamente da
quanto è risultato per gli altri rischi connessi alla movimentazione per i quali erano
state previste visite ed è risultato ancora che in una nota del medico competente
indirizzata al servizio PSAL dell'ASL lo stesso aveva indicato, pur in termini "incerto" e
comunque basso, il rischio da sovraccarico biometrico degli arti superiori per sforzi e
movimenti ripetuti, da cui la necessità della programmazione e della sorveglianza
sanitaria per tale specifico rischio che non risulta essere stata presa in
considerazione. “L'aver individuato, pur in termini incerti o comunque bassi, il rischio
specifico e il non aver previsto la sorveglianza sanitaria per lo stesso integra la
violazione di legge contestata e per la quale il medico competente non può
invocare a sua scusa l'inesistenza di un obbligo di previsione della sorveglianza
medesima per lo specifico rischio che egli stesso aveva comunque considerato
sussistente”. (Articolo di Gerardo Porreca)
Corte di Cassazione - Sezione III Penale - Sentenza n. 35425 del 24 agosto 2016 (u. p. 31 maggio 2016)
- Pres. Rosi – Est. Gai - Ric. B. L.. - Il medico competente deve programmare ed effettuare la
sorveglianza sanitaria in caso di rischi individuati sia pur in termini incerti o comunque bassi: non
prevederla comporta la violazione ex art. 25 del D.Lgs n. 81/08.
Fonte: puntosicuro.it
Sicurezza sul lavoro: un DDL di semplificazione del Dlgs. di semplificazione del Dlgs.
81/2008.
Una previsione di eliminare circa la metà degli articoli contenuti nel decreto
legislativo n. 81/2008, e un principio ispiratore: togliere dal Testo Unico per la
sicurezza sul lavoro ciò che è sovrabbondante rispetto alle disposizione comunitarie.
Sono solo alcuni degli highlights resi noti da Lorenzo Fantini, giuslavorista ed esperto
di sicurezza sul lavoro, su un DDL di riforma del decreto 81/2008 che ha come primo
firmatario l’ex Ministro del lavoro Maurizio Sacconi.
L’occasione per questa anteprima è stato il convegno su: Lo stato di applicazione
della sicurezza e salute sul lavoro: quali regole e quanto applicate. Sviluppi futuri,
organizzato da Unindustria Rimini (componente di Confindustria Romagna), che si è
tenuto ieri nel centro congresso SGR della città romagnola. Tra i relatori, oltre al già
citato Fantini (per anni dirigente della divisione Salute e sicurezza del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali), altri nomi di spicco del panorama della sicurezza sul
lavoro a partire da Rolando Dubini e dai magistrati Cristina Amalia Ardenghi, Ciro
Santoriello e Paolo Giovagnoli con l’intervento di funzionari della AUSL Romagna
quali Loris Fabbri (direttore dell’U.O. di prevenzione Sicurezza ambienti di lavoro) e il
dirigente Pierpaolo Neri.
Sicurezza sul lavoro: all’appello mancano ancora tanti decreti
Tra i molti elementi emersi durante la giornata di lavoro, che si è focalizzata sul
decreto 231/2001 relativo alla responsabilità degli enti e delle società da illeciti
amministrativi dipendenti da reato (“ma che possono avere valenza anche
penale”, come ha ricordato Ardenghi nel suo intervento, “con ricadute pesantissime
per le aziende, fino all’interdizione dall’attività e la chiusura”), è emerso il ritardo
nell’adozione dei decreti attuativi previsti sia dal Testo Unico per la sicurezza sul
lavoro fino a quelli del Decreto del Fare (“O del Faremo“, ha detto ironico Fantini).
Sono ancora 20, per esempio, le disposizioni di dettaglio previste dal decreto
legislativo 81/2001 che non hanno ancora visto la luce, tra cui spicca quello forse
più importante sull’istituzione del SINP, il Sistema Informativo Nazionale di
Prevenzione che avrebbe dovuto uscire entro sei mesi dall’emanazione del Testo
Unico e che ancora, invece, è in qualche cassetto smarrito e solitario.
Un altro missing in action è il decreto sulle regole semplificate per le attività a basso
rischio di cui si attende una classificazione prevista dal Decreto del Fare e che, per
ora. è rimasta lettera morta.
Ma non tutto è negativo. L’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni lo scorso
7 luglio è realtà e, pur con diverse criticità e qualche sospetto profilo di
incostituzionalità da risolvere, ha fissato i requisiti per la formazione degli RSPP e degli
ASPP.
Il DDL Sacconi
Questo disegno di legge dovrebbe, nelle intenzioni dei firmatari, portare a uno
snellimento del testo unico 81/2008 o, quantomeno, attivare un dibattito che serva
a contemperare le responsabilità in materia di sicurezza tra datori di lavoro e
lavoratori con un approccio, già evocato da recente giurisprudenza di Cassazione,
una “condotta collaborativa” tra gli attori aziendali anche per meglio definire i profili
di responsabilità in caso di incidenti.
Un altro elemento del DDL Sacconi sarebbe quello di “agganciare” il rispetto delle
prescrizioni di sicurezza sul lavoro al progresso della tecnica, tramite specifico e
puntuale riferimento alle norme tecniche di riferimento, in grado di evolversi nel
tempo in base al progresso tecnologico, senza rimanere “congelate” nel tempo.
Posizione di Garanzia degli RSPP
Un altro elemento importante emerso durante il convengo è la conferma di un
orientamento sempre più marcato da parte della Cassazione di individuare i
componenti del SSP quali garanti della sicurezza e salute non solo dei lavoratori
della propria azienda, ma anche dei terzi lavoratori o no. In questo senso, Dubini ha
incentrato il suo intervento sul recente nuovo Codice degli Appalti che ha
individuato molte posizioni di garanzia
Interessante l’osservazione che la durata abnorme di alcuni cantieri per i lavori
pubblici non configurano solamente un danno in termini economici e sociali, ma
anche un aggravio del rischio per i lavoratori impiegati e per i terzi che si trovano
nelle vicinanze anche senza essere coinvolti in attività specifiche (… si pensi agli
eterni cantieri stradali, per esempio).
Focus 231/2001: la responsabilità delle aziende per i reati consumati o tentati
Il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto per la prima volta nel nostro
ordinamento la disciplina sulla “Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi
dipendenti da reato“. Il decreto intende tutelare le aziende dalle violazioni di
normative legislative vigenti dei loro amministratori. Secondo la disciplina del
Modello 231, le società possono essere ritenute responsabili per alcuni reati
consumati o tentati, realizzati nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da
esponenti dei vertici aziendali e da coloro che sono sottoposti alla direzione o
vigilanza di questi ultimi. Mentre non risponde se i vertici hanno agito per proprio
interesse o di terzi.
Gli enti rispondono anche in merito ai reati compiuti
all’estero, a meno che non siano già perseguiti dallo Stato in cui i reati sono stati
commessi. Questo significa che la responsabilità amministrativa è separata da
quella penale di chi compie il reato ma ad essa si affianca, coinvolgendo il
patrimonio della società, che con il decreto 231/2001 risponde in maniera
autonoma e considerevole ma slegata dagli amministratori. La Società non risponde
per responsabilità amministrativa dipendente da reato, in caso di infortunio o
malattia professionale se ha adottato e attuato modelli di organizzazione, gestione
e controllo idonei a prevenire i reati stessi. (Articolo di Mauro Ferrarini)
Fonte: ediltecnico.it
D.Lgs. 81/2008: lavoro intermittente, accessorio e autonomo.
Un intervento fa il punto sulle novità delle forme contrattuali e dell’applicazione del
D.Lgs. 81/2008 alle varie tipologie di lavoratori. Focus sul lavoro intermittente, sul
lavoro accessorio e sul lavoro autonomo.
Imola, 30 Sett – In relazione ai cambiamenti nel mondo del lavoro correlati ai decreti
del “ Jobs Act”, ci siamo già soffermati sulle novità per le tutele di salute e sicurezza
nei lavoratori con contratti di collaborazione, somministrati, distaccati o associati in
partecipazione. E lo abbiamo fatto attraverso il contenuto di un intervento di Maria
Capozzi al convegno “ Sicurezza sul lavoro: la parola agli enti di controllo” (Imola, 25
novembre 2015) organizzato dall' Associazione Tavolo 81 Imola nell’ambito delle
Settimane della Sicurezza 2015.
L’intervento “Applicazione del D.Lgs. 81/08 ai lavoratori con contratti di lavoro atipici
e flessibili”, a cura di Maria Capozzi (DTL Bologna – Responsabile U.O. Vig. Tecnica),
si sofferma tuttavia anche sulle novità per tre altre importanti tipologie di lavoro:
lavoro intermittente, lavoro accessorio e lavoro autonomo.
Novità che concernono, in particolare, il coordinamento tra il D.Lgs. 81/2008 (Testo
Unico Sicurezza - TUSIC) e il Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 recante
“Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di
mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”.
Nel lavoro intermittente (a chiamata) il lavoratore “si pone a disposizione del datore
di lavoro per l'esecuzione di attività che hanno la caratteristica di non essere
continuative. L'imprenditore può utilizzare la prestazione lavorativa in modo
discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi
(anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana/mese/anno).
E, con riferimento all’art. 13 del D. Lgs. 81/2015 si indica che:
- il contratto di lavoro a chiamata, può essere stipulato sia a tempo indeterminato
che a tempo determinato;
- il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è sempre consentito con soggetti
di età inferiore a 24 anni (purché la prestazione sia svolta entro il 25° anno) o con più
di 55 anni;
- è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un
periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo
lavoro nell’arco di tre anni solari (ad eccezione per settori turismo, pubblici esercizi e
spettacolo);
- in caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un
rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato;
- il prestatore di lavoro intermittente è computato nell'organico dell'impresa in
proporzione dell'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre;
- la comunicazione di assunzione va inviata on - line al centro per l’impiego in via
preventiva, prima dell’inizio dell’attività lavorativa”;
- gli “obblighi di sicurezza sono in capo al datore di lavoro;
- è vietato il ricorso al lavoro intermittente ai datori di lavoro che non hanno
effettuato la valutazione dei rischi”.
Veniamo al lavoro accessorio (voucher), un rapporto di lavoro “che ha ad oggetto
tutte quelle attività lavorative, che non possono essere ricondotte a tipologie
contrattuali tipiche di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, in quanto vengono
prestate in via saltuaria e si pongono in posizione ausiliaria e funzionale rispetto ad
una attività o situazione principale”. E riguarda attività lavorative che (art. 48, D. Lgs.
81/2015) non danno luogo a compensi superiori a 7.000 euro (totalità committenti) o
a compensi superiori a 2000 €/anno (singolo committente imprenditore o
professionista).
In particolare il meccanismo di pagamento del corrispettivo “è fondato sul sistema
dei buoni. Il credito dovuto al lavoratore viene, infatti, cartolarizzato in voucher
aventi un valore nominale totale, comprendente, oltre al compenso spettante al
lavoratore, anche quote per la gestione separata INPS, per l’assicurazione INAIL e
una quota ulteriore a favore dell’INPS per la gestione del servizio”.
Si ricorda inoltre che “è vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio
nell’ambito dell’esecuzione di appalti, di opere o servizi”.
E in materia di salute e sicurezza si può far riferimento all’articolo 3, comma 8, come
modificato dal D.Lgs. 151/2015:
Articolo 3 - Campo di applicazione
(...)
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le
disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione
sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si
applicano esclusivamente le disposizioni di cui all’articolo 21. Sono comunque
esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre
norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i
piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato
supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai
disabili
(...)
Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento per avere altri particolari sul lavoro
accesso rio e ricordiamo che il 10 giugno 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato
in via preliminare un nuovo decreto legislativo recante alcune disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge
delega n. 183 del 2014.
Concludiamo riportando qualche informazione sul lavoratore autonomo, “persona
che si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro
prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del
committente (art. 2222 c.c.)”. O, come indica all’articolo 89 il D.Lgs. 81/2008, è la
persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera
senza vincolo di subordinazione
Ricordando che l’assenza di subordinazione nei confronti di chi commette l’opera
“non significa che il lavoratore autonomo debba comportarsi da ‘libero battitore’
all’interno del luogo di lavoro, sono riportati alcuni obblighi per i lavoratori autonomi,
come riportati nel Testo Unico (specialmente con riferimento all’articolo 21):
- “utilizzano attrezzature conformi alle norme di sicurezza;
- si proteggono con dispositivi di protezione individuali;
- si muniscono di tessera di riconoscimento se svolgono lavori in appalto o
subappalto;
- hanno facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria;
- hanno facoltà di partecipare a corsi di formazione specifici”
- adeguamento alle indicazioni fornite dal CSE (art. 94);
- dimostrazione al committente/I.A. di documentazione attestante l’idoneità tecnica
(artt. 90 e 97);
- adeguamento alle prescrizioni dei POS (art. 100);
- divieto di deposito di materiale su impalcati (art. 124);
- divieto di salita/discesa lungo i montanti (art. 138);
- divieto di lavori su muri in demolizione (art. 152)”.
Sono poi ricordati brevemente alcuni elementi indicatori di un’effettiva autonomia
del lavoratore autonomo, come riportati, ad esempio, nella Circolare n. 16 del 4
luglio 2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali:
- “svolgimento dell’attività personalmente;
- assunzione del rischio del risultato;
- senza vincolo di subordinazione gerarchica (orari, giorni, modalità, ecc);
- l’incarico è per l’intera opera/servizio affidato e non a ‘ore’;
- utilizzo di proprio materiale/attrezzature;
- il pagamento non è una ‘retribuzione’ fissa periodica;
- pluricommittenza”.
La relatrice ricorda, infine, che i lavoratori autonomi “sono esclusi dal computo” di
cui all’art. 4 del D.Lgs. 81/2008 (cioè dal “numero di lavoratori dal quale TUSIC fa
discendere particolari obblighi”).
Inoltre il lavoratore autonomo “non entra nel conteggio del numero di imprese
operanti nel cantiere” e tali lavoratori entrano invece nel “conteggio degli uomini-
giorno”.
“ Applicazione del D.Lgs. 81/08 ai lavoratori con contratti di lavoro atipici e flessibili”, a cura di Maria
Capozzi (DTL Bologna – Responsabile U.O. Vig. Tecnica), intervento al convegno “Sicurezza sul lavoro:
la parola agli enti di controllo” che si è tenuto a Imola nell’ambito delle Settimane della Sicurezza
2015 (formato PDF, 2.37 MB).
Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 - Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della
normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n.
183. (15G00095)
Fonte: puntosicuro.it
Spazi confinati: accesso, impianti elettrici e lavori di saldatura.
Un quaderno tecnico fornisce informazioni per la sicurezza nelle attività in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati. Focus sul tema dell’accesso agli spazi e sui
requisiti per impianti elettrici e attività di saldatura.
Milano, 3 Ott – Sono diversi gli aspetti critici per la sicurezza degli operatori che
lavorano negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati e il quaderno tecnico “
Attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (DPR 177/2011). Riferimenti
normativi e requisiti di sicurezza” riporta utili indicazioni sul tema dell’accesso a questi
spazi e sui requisiti per impianti elettrici e attività di saldatura.
Nel documento, curato da un Gruppo di Lavoro sugli Ambienti Confinati, costituito
da Medici e Tecnici della Prevenzione del Servizio PSAL dell’ Azienda Sanitaria
Locale di Milano (ATS Milano), si ricorda che le aperture e i percorsi per l’accesso
devono avere “dimensioni tali da poter consentire una rapida uscita degli operatori
e l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi tenendo conto
dell’equipaggiamento indossato”.
A questo proposito viene ricordato che l’ingombro del corpo umano immobile “può
essere espresso attraverso la seguente ellisse (se le dimensioni sono minori significa
che vi è, con ragionevole sicurezza, una reale difficoltà per l’accesso e di
conseguenza una condizione di rischio)”.
Queste le dimensioni di accesso differenziate in base a postura e movimento del
corpo:
- “ passo d’uomo con necessità di effettuare movimenti rapidi: L 67, W 50;
- apertura per l’entrata in postura inginocchiata a terra: W 85, L 68;
- apertura per movimento verticale in un condotto circolare usando una scala
interna: condotto L 114, spazio per il piede L 22 tra la scala e la parete, apertura
(perpendicolarmente ai pioli della scala) non tenendo conto delle necessità relative
alla protezione contro le cadute W 92, apertura (nel senso dei pioli della scala) W 78;
- apertura per un movimento orizzontale in avanti in postura eretta: H 204, W 78;
- apertura per un movimento laterale orizzontale in postura eretta per brevi tratti: H
204, W 54”.
Chiaramente le dimensioni minime “vanno aumentate qualora si preveda di
utilizzare bombole o DPI che aumentino gli ingombri”.
Nel documento sono presenti i disegni relativi a tre diverse dimensioni minime in
relazione alla presenza di:
- respiratori autonomi a circuito chiuso ad ossigeno compresso;
- respiratori autonomi a circuito chiuso ad ossigeno chimico;
- respiratori autonomi ad aria compressa.
Veniamo ad alcune indicazioni relative ai lavori elettrici in questi ambienti sospetti di
inquinamento o confinati.
Si segnala innanzitutto che gli impianti elettrici “devono essere realizzati a regola
d’arte”. Ricordiamo che al significato del termine “regola d’arte”, il nostro giornale
ha dedicato un recente articolo.
E, continua il documento dell’ATS Milano, “nell’utilizzo di apparecchiature elettriche
in ambienti classificati ‘luoghi conduttori ristretti’, devono essere adottati i
provvedimenti di sicurezza indicati nella norma CEI 64-8/7 – Sezione 706, aggiuntivi a
quelli generali”. I luoghi conduttori ristretti sono “luoghi delimitati essenzialmente da
superfici metalliche o superfici conduttrici nei quali l’operatore è a contatto con le
superfici conduttrici con ampie parti del corpo, non ha piena libertà di movimento
ed è elevata la probabilità che il percorso della corrente sia diverso che tra mani e
piedi”.
Questi i contenuti di rilevanza della norma citata:
- alimentazione di lampade portatili: “a bassissima tensione con trasformatore di
sicurezza (SELV) posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; da sorgente
autonoma (batteria);
- alimentazione di apparecchi portatili o mobili/trasportabili: da sorgente autonoma
(batteria); a bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV) posto
all’esterno del luogo conduttore ristretto; con un trasformatore di isolamento posto
all’esterno del luogo conduttore ristretto per ogni apparecchio; con un
avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio,
posto all’esterno del luogo conduttore ristretto;
- alimentazione di componenti fissi: a bassissima tensione con trasformatore di
sicurezza (SELV) posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; da un trasformatore
di isolamento per ogni apparecchio, posto all’esterno del luogo conduttore ristretto;
da un avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni
apparecchio, posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; dalla rete, con
apparecchi di classe I, con interruzione automatica dell’alimentazione e
collegamento equipotenziale supplementare che colleghi le masse e le masse
estranee del luogo conduttore ristretto, incluso il pavimento, se conduttore; dalla
rete, con apparecchi di classe II e protezione con interruttore differenziale da 30
mA.
Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono riportate diverse
immagini relative a:
- bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV);
- trasformatore di isolamento per ogni apparecchio;
- avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio.
Concludiamo con alcuni cenni ai lavori di saldatura.
Si indica che nei lavori di saldatura elettrica in ambienti classificati “luoghi conduttori
ristretti”, “oltre ai provvedimenti impiantistici elettrici di sicurezza indicati nella norma
CEI 64-8/7 – Sezione 706, aggiuntivi a quelli generali, devono essere adottate le
indicazioni delle norme relative alle Apparecchiature per la saldatura ad arco: CEI
EN 60974-1 Sorgenti di corrente per saldatura e CEI EN 60974-9 Installazione ed uso.
Queste le indicazioni delle norme relative ai requisiti della sorgente di corrente per
saldatura ad arco:
- “tensione nominale a vuoto non superiore a 113 V c.c di picco o 68 V c.a. di picco
e 48 V c.a. in valore efficace;
- in caso di guasto del raddrizzatore (per esempio circuito aperto, cortocircuito o
mancanza di fase), non possono essere superati i valori ammessi; la marcatura per
queste sorgenti di energia è costituita dalla marcatura ‘S’ dentro al quadrato”.
Infine le indicazioni per le modalità d’uso:
- “la saldatrice, durante la saldatura, deve essere fuori dalla normale portata
dell’operatore;
- se la saldatrice è posta all’interno del luogo, l’alimentazione deve avvenire
attraverso un trasformatore d’isolamento;
- devono essere presenti mezzi, facilmente accessibili, per scollegare elettricamente
in modo rapido la saldatrice o il circuito di saldatura (comando di emergenza);
- devono essere utilizzati solo i telecomandi provvisti di una misura di protezione a
‘bassissima tensione di sicurezza’ (EN 60974-1);
- i porta-elettrodi devono essere di tipo A (EN 60974-11);
- l’operatore deve essere isolato dalle parti conduttrici mediante guanti, tappetini
isolanti, elmetto, piattaforme isolanti, ecc”. (Articolo di Tiziano Menduto)
Asl Milano, “ Attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (DPR 177/2011). Riferimenti
normativi e requisiti di sicurezza”, quaderno tecnico per datori di lavoro Cantieri Expo Milano 2015
realizzato dal Gruppo di Lavoro Ambienti Confinati: Enrica Sgaramella, Rosanna Farioli, Giuliana Baldi,
Nora Vitelli, Mauro Baldissin, Omero Cito, Ivano Boati, Dario Bruno, Saverio Pappagallo, Francesco
Corti, Massimo Minnetti, Luca Ottina, Nicola Delussu, edizione febbraio 2015 (formato PDF, 1.08 MB).
Fonte: puntosicuro.it
Sinp, in GU regolamento Sistema informativo prevenzione luoghi di lavoro.
ROMA – Sinp. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.226 del 27 settembre 2016
il Decreto del Ministero del Lavoro del 25 maggio 2016 Regolamento recante regole
tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sinp, nonché le regole per il
trattamento dei dati, ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81.
Sistema informativo prevenzione luoghi di lavoro
Il decreto che entrerà in vigore il 12 ottobre stabilisce il meccanismo che regolerà
l’invio dei dati da parte degli enti, l’accesso e l’utilizzo di quei dati, il coordinamento
e la vigilanza sulle operazioni, la privacy. Riporta quindi procedure telematiche,
tabelle e condizioni per l’avvio e il funzionamento del Sistema informativo nazionale
per la prevenzione nei luoghi di lavoro, del sistema previsto dall’articolo 8 comma 1
del Testo unico sicurezza lavoro, che come indicato da tale articolo dovrà:
“Fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della
attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai
lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività
di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali
sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di
banche dati unificate”.
Enti e dati
Gli enti che formano il Sinp come noto sono il Ministero del Lavoro, il Ministero della
Salute, il Ministero dell’Interno, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano, l’Inail.
Il sistema funzionerà attraverso un portale basato su infrastruttura informatica
dell’Inail che ne garantisce anche la gestione tecnica e informatica, la sicurezza la
riservatezza e l’integrità. Gli enti citati “rendono disponibili i servizi informatici
necessari per consentire la trasmissione all’Inail dei dati che costituiscono il flusso
informativo del Sinp, assicurando gli standard tecnici minimi stabiliti nel presente
decreto” (articolo 2 comma 4).
Il decreto riporta in dettaglio indicazioni in merito al tipo di dati interessati dal
sistema, quindi i fornitori e i fruitori, regole tecniche per la trasmissione delle
informazioni, trattamento, sicurezza e responsabilità. Il tipo di dati viene descritto
nella tabella allegato A, con delle disposizioni differenti per quanto riguarda le Forze
armate, Polizia e VVF riportate nell’articolo 3 comma 2.
Gli obiettivi per il quale tali dati vengono inviati raccolti e trattati sono in sintesi: la
conoscenza del quadro produttivo e occupazionale, quadro dei rischi anche in
ottica di genere, quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici
( “quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici comprendente i dati
sugli eventi e problemi di salute relativi a infortuni o malattie professionali da lavoro,
eventi morbosi e mortali potenzialmente connettibili al lavoro derivanti dalle fonti già
individuate dal protocollo Inail – Regioni – Ispesl 2007 richiamato dall’articolo 8 del
decreto legislativo n. 81 del 2008, noncheè dalle comunicazioni relative agli infortuni
superiori a un giorno di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008 (ex
registri infortuni)”; quindi infortuni non indennizabili, azioni di prevenzione, azioni di
vigilanza.
Successivi al citato A, altri cinque allegati indicano in dettaglio i sistemi di
classificazione dei dati (B), i formati di trasmissione (C), i servizi di cooperazione (D),
enti fruitori (E) ed enti fornitori (F). Gli allegati sono modificabili in futuro con decreti
e sentiti Garante Privacy e Regioni.
I dati dovranno essere forniti esclusivamente su servizi informatici degli enti e
attraverso “servizi di cooperazione applicativa nell’ambito del SPC, previsto e
disciplinato dagli articoli 72 e seguenti del decreto
legislativo, n. 82 del 2005, e in conformità alle relative regole tecniche”.
Per quanto riguarda l’accesso invece “avviene nel rispetto delle regole per
il trattamento dei dati e delle misure di sicurezza e responsabilità indicate agli articoli
6 e 7, attraverso la rete infranet sia per l’accesso ai servizi on line che per il richiamo
dei servizi in cooperazione applicativa, oppure su rete pubblica (internet) per
la consultazione on line di dati oggetto di diffusione”.
Le attività verranno monitorate da un nuovo tavolo tecnico con sede presso Inail
composto dagli enti coinvolti nel sistema che dovrà verificare tecniche e
funzionamento, rispondenza dei contenuti. Il tavolo tecnico dovrà inoltre formulare
proposte, produrre report, promuovere iniziative di aggiornamento degli operatori,
definire modalità tecniche per accessibilità fruibilità e diffusione dei dati.
Trattamento e sicurezza
“Sono oggetto di comunicazione nell’ambito del Sinp e utilizzati dai singoli enti
soltanto dati personali pertinenti, non eccedenti”. (Art. 6 comma 4).
Articolo 6 “1. L’Inail, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del
2008 garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, è titolare
del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 196
del 2003.
2. Ciascun ente di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) riveste la qualità di
autonomo titolare in riferimento ai dati personali comunicati e/o utilizzati e designa,
ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 196 del 2003, i rispettivi incaricati
del trattamento.
3. Il trattamento dei dati è svolto esclusivamente per le finalità di cui all’articolo 8,
comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, riconducibili alle finalità di rilevante
interesse pubblico istituzionalmente perseguite dai singoli enti, di cui agli articoli 67,
85, comma 1, lettera e) e 112, comma 2, lettere e) ed f), del decreto legislativo n.
196 del 2003″.
Sicurezza del sistema e tracciabilità sono affrontate nell’articolo 7. Infine l’articolo 8
partecipazione delle parti sociali. Consultazione prevista almeno una volta l’anno
da parte del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il
coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
lavoro (articolo 5 Testo unico sicurezza lavoro). Consultazione periodica
“nell’ambito dei Comitati di coordinamento regionale di cui all’articolo 7 del
decreto legislativo n. 81 del 2008”. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: GU n.226 del 27 settembre 2016 Decreto 25 maggio 2016 n.183
Fonte: quotidianosicurezza.it

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  • 1. News 40/SSL/2016 Lunedì,03 Ottobre 2016 La responsabilità del medico competente e la sorveglianza sanitaria. Il medico competente deve programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria in caso di rischi individuati sia pur in termini incerti o comunque bassi: non prevederla comporta la violazione ex art. 25 del D.Lgs n. 81/08. Si è espressa la Corte di Cassazione in questa sentenza sull’obbligo posto a carico del medico competente della sorveglianza sanitaria dei lavoratori per un rischio specifico che ha comunque considerato sussistente e lo ha fatto richiamando puntualmente le specifiche disposizioni di legge impartite dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. contenute nell’articolo 25, sugli obblighi appunto del medico competente, e nell’articolo 41 dello stesso decreto sull’obbligo della sorveglianza sanitaria che esso è tenuto a programmare. L’aver individuato, ha infatti sostenuto la suprema Corte nella sentenza, sia pur in termini incerti o comunque bassi, un rischio specifico per la salute del lavoratore e il non aver previsto la sorveglianza sanitaria per lo stesso comporta per il medico competente una violazione alle disposizioni di legge per non averla programmata, in ragione del complesso degli obblighi di collaborazione con il datore di lavoro in materia di prevenzione dei rischi e della sorveglianza sanitaria, come delineato dalla normativa di settore. La condanna del Tribunale e il ricorso in Cassazione Il Tribunale, a seguito di opposizione a decreto penale, ha condannato un medico competente in ordine al reato di cui all'art. 25 lett. b) del D. Lgs 9/4/2008 n. 81, per non avere provveduto a programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria per tutti i lavoratori esposti a un rischio per l'apparato muscolo-scheletrico ed in particolare per quelli esposti a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da movimenti e sforzi ripetuti, alla pena di euro 200 di ammenda mentre lo ha assolto dal reato di cui all'articolo 25 lett. a) dello stesso D. Lgs.. Avverso la sentenza il medico competente ha proposto, a mezzo del difensore, ricorso per cassazione e ne ha chiesto l'annullamento deducendo, con un unico motivo, la violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché la
  • 2. contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione sull'affermazione della responsabilità. Il Giudice, secondo il ricorrente sarebbe pervenuto ad affermare la responsabilità penale, in ordine al reato ipotizzato, sulla pretesa omessa programmazione ed effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da movimenti e sforzi ripetuti, in assenza di un obbligo specifico per tali livelli di rischio. Sebbene dai dati raccolti e dalla loro analisi si era pervenuti nel caso particolare all'individuazione di un rischio in relazione alle condizioni di lavoro degli addetti alla cassa di un supermercato, indicato quale rischio "incerto", occorreva tenere conto, secondo il ricorrente, che il D. Lgs. n. 81/2008, nella parte in cui descrive i vari rischi per le quali è necessaria la sorveglianza sanitaria, di cui Titolo VI, nulla prevede in ordine al rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori per sforzi movimenti ripetuti. Il Giudice pertanto avrebbe erroneamente ritenuto a suo carico un obbligo di programmazione e di effettuazione della sorveglianza sanitaria e sarebbe giunto, conseguentemente, all’errata decisione di condannarlo per aver omesso una programmazione della sorveglianza sanitaria in assenza di rischi specifici. Il ricorrente ha censurata, altresì, la contraddittorietà della motivazione laddove il Giudice, dopo aver definito "incerto" e comunque di basso livello, il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori per movimenti ripetuti, aveva fatto discendere l'obbligo a suo carico della programmazione e della sorveglianza sanitaria. Le decisioni della Corte di Cassazione Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La stessa ha ritenuto di esporre in primo luogo il quadro normativo di riferimento richiamando l’art. 25 del D. Lgs n. 81/2008 che stabilisce gli obblighi in capo al medico competente, delegato dal datore di lavoro, e che prevede alla lett. b) l’obbligo di programmazione e di sorveglianza sanitaria di cui all'art. 41, attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati e ha richiamato, altresì, l’art. 41 del medesimo T.U. che prevede che la sorveglianza sanitaria sia effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6 del D. Lgs. n. 81 e qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi. Con riguardo, in particolare, ai rischi specifici relativi alla movimentazione dei carichi (Titolo VI, capo I), la suprema Corte ha fatto presente che l'art. 167, sul campo di
  • 3. applicazione, prevede che le norme del titolo stesso si applichino alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari. Al secondo comma lettera b) lo stesso articolo ha stabilito che per patologie da sovraccarico biomeccanico sono da intendere le patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari per cui, ha affermato la Sez. III, rientrano nel campo di applicazione tutte le azioni che possono comportare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, quali le patologie alle strutture osteoarticolari, muscolo tendinee e nervovascolari (per esempio, le patologie a carico degli arti superiori). e non solo le patologie dorso-lombari, alle quali faceva riferimento il D. Lgs. n. 626/1994. Questa nuova definizione è in linea con i contenuti dell'Allegato XXXIII al D. Lgs. n. 81/2008 nel quale sono citate, mediante il riferimento alle norme tecniche, anche le operazioni di movimentazione dei carichi leggeri ad alta frequenza, che tipicamente sono la causa di patologie da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. L'art. 168 del citato TU, a sua volta, ha sostenuto ancora la Sez. III, prevede al punto 4) l'obbligo in capo al datore di lavoro di sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 41, sulla base della valutazione del rischio da effettuare in fase di programmazione e dei fattori individuali del rischio di cui all'allegato XXXIII. I compiti del medico competente, ai quali viene fatto riferimento nella definizione dell'art. 2 del D. Lgs. n. 81/2008, ha così proseguito la suprema Corte, sono contenuti nell'art. 25 dello stesso T.U. che individua dapprima un obbligo di collaborazione con il datore di lavoro nella programmazione per la valutazione dei rischi e poi di sorveglianza sanitaria. Più precisamente l'art. 25 del D. Lgs. n. 81/2008 prevede un obbligo di collaborazione con il datore di lavoro, ed è indicato nella lettera a) del medesimo articolo in base al quale il medico competente "collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di 'promozione della salute', secondo i principi della responsabilità sociale". Con la lettera b) dello stesso art. 25 vengono poi affidate al medico competente le incombenze relative alla programmazione ed
  • 4. alla effettuazione della sorveglianza sanitaria, se necessaria, e quindi con le lettere dalla c) alla i) tutte le altre incombenze collegate alla stessa sorveglianza sanitaria. A sua volta, l'art. 18 del D. Lgs. n. 81/2008, ha ricordato ancora la Sez. III, stabilisce che il datore di lavoro e i dirigenti devono nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal Testo Unico, e alla lettera g) dello stesso comma 1 indica che il datore di lavoro e i dirigenti devono "richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto" e quindi di conseguenza l'osservanza anche di tutti gli obblighi appena indicati e riportati nell'art. 25 compreso quello relativo alla sorveglianza sanitaria. Non v'è dubbio, quindi, che il medico competente, in ragione del complesso di obblighi di collaborazione e di controllo in materia di prevenzione rischi e sorveglianza sanitaria, come delineato dalla normativa di settore, sia tenuto, proprio in ragione di ciò, all'osservanza degli obblighi tra cui deve essere individuato quello della sorveglianza sanitaria sulla base dei rischi indicati nell'art. 167, 168 e nell'allegato XXXIII e dunque dei rischi da sovraccarico biomeccanico. Diversamente argomentando si vanificherebbe la ratio di prevenzione in materia di salute e sicurezza del lavoro. Ciò detto, nel caso in esame, ha così concluso la Corte di Cassazione, è risultato accertato che nel protocollo di sorveglianza sanitaria, allegato al DVR non era stata indicata alcuna misura quanto al fattore rischio come contestato, diversamente da quanto è risultato per gli altri rischi connessi alla movimentazione per i quali erano state previste visite ed è risultato ancora che in una nota del medico competente indirizzata al servizio PSAL dell'ASL lo stesso aveva indicato, pur in termini "incerto" e comunque basso, il rischio da sovraccarico biometrico degli arti superiori per sforzi e movimenti ripetuti, da cui la necessità della programmazione e della sorveglianza sanitaria per tale specifico rischio che non risulta essere stata presa in considerazione. “L'aver individuato, pur in termini incerti o comunque bassi, il rischio specifico e il non aver previsto la sorveglianza sanitaria per lo stesso integra la violazione di legge contestata e per la quale il medico competente non può invocare a sua scusa l'inesistenza di un obbligo di previsione della sorveglianza medesima per lo specifico rischio che egli stesso aveva comunque considerato sussistente”. (Articolo di Gerardo Porreca)
  • 5. Corte di Cassazione - Sezione III Penale - Sentenza n. 35425 del 24 agosto 2016 (u. p. 31 maggio 2016) - Pres. Rosi – Est. Gai - Ric. B. L.. - Il medico competente deve programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria in caso di rischi individuati sia pur in termini incerti o comunque bassi: non prevederla comporta la violazione ex art. 25 del D.Lgs n. 81/08. Fonte: puntosicuro.it Sicurezza sul lavoro: un DDL di semplificazione del Dlgs. di semplificazione del Dlgs. 81/2008. Una previsione di eliminare circa la metà degli articoli contenuti nel decreto legislativo n. 81/2008, e un principio ispiratore: togliere dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro ciò che è sovrabbondante rispetto alle disposizione comunitarie. Sono solo alcuni degli highlights resi noti da Lorenzo Fantini, giuslavorista ed esperto di sicurezza sul lavoro, su un DDL di riforma del decreto 81/2008 che ha come primo firmatario l’ex Ministro del lavoro Maurizio Sacconi. L’occasione per questa anteprima è stato il convegno su: Lo stato di applicazione della sicurezza e salute sul lavoro: quali regole e quanto applicate. Sviluppi futuri, organizzato da Unindustria Rimini (componente di Confindustria Romagna), che si è tenuto ieri nel centro congresso SGR della città romagnola. Tra i relatori, oltre al già citato Fantini (per anni dirigente della divisione Salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), altri nomi di spicco del panorama della sicurezza sul lavoro a partire da Rolando Dubini e dai magistrati Cristina Amalia Ardenghi, Ciro Santoriello e Paolo Giovagnoli con l’intervento di funzionari della AUSL Romagna quali Loris Fabbri (direttore dell’U.O. di prevenzione Sicurezza ambienti di lavoro) e il dirigente Pierpaolo Neri. Sicurezza sul lavoro: all’appello mancano ancora tanti decreti Tra i molti elementi emersi durante la giornata di lavoro, che si è focalizzata sul decreto 231/2001 relativo alla responsabilità degli enti e delle società da illeciti amministrativi dipendenti da reato (“ma che possono avere valenza anche penale”, come ha ricordato Ardenghi nel suo intervento, “con ricadute pesantissime per le aziende, fino all’interdizione dall’attività e la chiusura”), è emerso il ritardo nell’adozione dei decreti attuativi previsti sia dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro fino a quelli del Decreto del Fare (“O del Faremo“, ha detto ironico Fantini). Sono ancora 20, per esempio, le disposizioni di dettaglio previste dal decreto legislativo 81/2001 che non hanno ancora visto la luce, tra cui spicca quello forse più importante sull’istituzione del SINP, il Sistema Informativo Nazionale di
  • 6. Prevenzione che avrebbe dovuto uscire entro sei mesi dall’emanazione del Testo Unico e che ancora, invece, è in qualche cassetto smarrito e solitario. Un altro missing in action è il decreto sulle regole semplificate per le attività a basso rischio di cui si attende una classificazione prevista dal Decreto del Fare e che, per ora. è rimasta lettera morta. Ma non tutto è negativo. L’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni lo scorso 7 luglio è realtà e, pur con diverse criticità e qualche sospetto profilo di incostituzionalità da risolvere, ha fissato i requisiti per la formazione degli RSPP e degli ASPP. Il DDL Sacconi Questo disegno di legge dovrebbe, nelle intenzioni dei firmatari, portare a uno snellimento del testo unico 81/2008 o, quantomeno, attivare un dibattito che serva a contemperare le responsabilità in materia di sicurezza tra datori di lavoro e lavoratori con un approccio, già evocato da recente giurisprudenza di Cassazione, una “condotta collaborativa” tra gli attori aziendali anche per meglio definire i profili di responsabilità in caso di incidenti. Un altro elemento del DDL Sacconi sarebbe quello di “agganciare” il rispetto delle prescrizioni di sicurezza sul lavoro al progresso della tecnica, tramite specifico e puntuale riferimento alle norme tecniche di riferimento, in grado di evolversi nel tempo in base al progresso tecnologico, senza rimanere “congelate” nel tempo. Posizione di Garanzia degli RSPP Un altro elemento importante emerso durante il convengo è la conferma di un orientamento sempre più marcato da parte della Cassazione di individuare i componenti del SSP quali garanti della sicurezza e salute non solo dei lavoratori della propria azienda, ma anche dei terzi lavoratori o no. In questo senso, Dubini ha incentrato il suo intervento sul recente nuovo Codice degli Appalti che ha individuato molte posizioni di garanzia Interessante l’osservazione che la durata abnorme di alcuni cantieri per i lavori pubblici non configurano solamente un danno in termini economici e sociali, ma anche un aggravio del rischio per i lavoratori impiegati e per i terzi che si trovano nelle vicinanze anche senza essere coinvolti in attività specifiche (… si pensi agli eterni cantieri stradali, per esempio). Focus 231/2001: la responsabilità delle aziende per i reati consumati o tentati Il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la disciplina sulla “Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato“. Il decreto intende tutelare le aziende dalle violazioni di normative legislative vigenti dei loro amministratori. Secondo la disciplina del
  • 7. Modello 231, le società possono essere ritenute responsabili per alcuni reati consumati o tentati, realizzati nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da esponenti dei vertici aziendali e da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi. Mentre non risponde se i vertici hanno agito per proprio interesse o di terzi. Gli enti rispondono anche in merito ai reati compiuti all’estero, a meno che non siano già perseguiti dallo Stato in cui i reati sono stati commessi. Questo significa che la responsabilità amministrativa è separata da quella penale di chi compie il reato ma ad essa si affianca, coinvolgendo il patrimonio della società, che con il decreto 231/2001 risponde in maniera autonoma e considerevole ma slegata dagli amministratori. La Società non risponde per responsabilità amministrativa dipendente da reato, in caso di infortunio o malattia professionale se ha adottato e attuato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati stessi. (Articolo di Mauro Ferrarini) Fonte: ediltecnico.it D.Lgs. 81/2008: lavoro intermittente, accessorio e autonomo. Un intervento fa il punto sulle novità delle forme contrattuali e dell’applicazione del D.Lgs. 81/2008 alle varie tipologie di lavoratori. Focus sul lavoro intermittente, sul lavoro accessorio e sul lavoro autonomo. Imola, 30 Sett – In relazione ai cambiamenti nel mondo del lavoro correlati ai decreti del “ Jobs Act”, ci siamo già soffermati sulle novità per le tutele di salute e sicurezza nei lavoratori con contratti di collaborazione, somministrati, distaccati o associati in partecipazione. E lo abbiamo fatto attraverso il contenuto di un intervento di Maria Capozzi al convegno “ Sicurezza sul lavoro: la parola agli enti di controllo” (Imola, 25 novembre 2015) organizzato dall' Associazione Tavolo 81 Imola nell’ambito delle Settimane della Sicurezza 2015. L’intervento “Applicazione del D.Lgs. 81/08 ai lavoratori con contratti di lavoro atipici e flessibili”, a cura di Maria Capozzi (DTL Bologna – Responsabile U.O. Vig. Tecnica), si sofferma tuttavia anche sulle novità per tre altre importanti tipologie di lavoro: lavoro intermittente, lavoro accessorio e lavoro autonomo. Novità che concernono, in particolare, il coordinamento tra il D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza - TUSIC) e il Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 recante
  • 8. “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Nel lavoro intermittente (a chiamata) il lavoratore “si pone a disposizione del datore di lavoro per l'esecuzione di attività che hanno la caratteristica di non essere continuative. L'imprenditore può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi (anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana/mese/anno). E, con riferimento all’art. 13 del D. Lgs. 81/2015 si indica che: - il contratto di lavoro a chiamata, può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato; - il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è sempre consentito con soggetti di età inferiore a 24 anni (purché la prestazione sia svolta entro il 25° anno) o con più di 55 anni; - è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari (ad eccezione per settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo); - in caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato; - il prestatore di lavoro intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione dell'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre; - la comunicazione di assunzione va inviata on - line al centro per l’impiego in via preventiva, prima dell’inizio dell’attività lavorativa”; - gli “obblighi di sicurezza sono in capo al datore di lavoro; - è vietato il ricorso al lavoro intermittente ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi”. Veniamo al lavoro accessorio (voucher), un rapporto di lavoro “che ha ad oggetto tutte quelle attività lavorative, che non possono essere ricondotte a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, in quanto vengono prestate in via saltuaria e si pongono in posizione ausiliaria e funzionale rispetto ad una attività o situazione principale”. E riguarda attività lavorative che (art. 48, D. Lgs. 81/2015) non danno luogo a compensi superiori a 7.000 euro (totalità committenti) o a compensi superiori a 2000 €/anno (singolo committente imprenditore o professionista). In particolare il meccanismo di pagamento del corrispettivo “è fondato sul sistema
  • 9. dei buoni. Il credito dovuto al lavoratore viene, infatti, cartolarizzato in voucher aventi un valore nominale totale, comprendente, oltre al compenso spettante al lavoratore, anche quote per la gestione separata INPS, per l’assicurazione INAIL e una quota ulteriore a favore dell’INPS per la gestione del servizio”. Si ricorda inoltre che “è vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti, di opere o servizi”. E in materia di salute e sicurezza si può far riferimento all’articolo 3, comma 8, come modificato dal D.Lgs. 151/2015: Articolo 3 - Campo di applicazione (...) 8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all’articolo 21. Sono comunque esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili (...) Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento per avere altri particolari sul lavoro accesso rio e ricordiamo che il 10 giugno 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare un nuovo decreto legislativo recante alcune disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014. Concludiamo riportando qualche informazione sul lavoratore autonomo, “persona che si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente (art. 2222 c.c.)”. O, come indica all’articolo 89 il D.Lgs. 81/2008, è la persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione
  • 10. Ricordando che l’assenza di subordinazione nei confronti di chi commette l’opera “non significa che il lavoratore autonomo debba comportarsi da ‘libero battitore’ all’interno del luogo di lavoro, sono riportati alcuni obblighi per i lavoratori autonomi, come riportati nel Testo Unico (specialmente con riferimento all’articolo 21): - “utilizzano attrezzature conformi alle norme di sicurezza; - si proteggono con dispositivi di protezione individuali; - si muniscono di tessera di riconoscimento se svolgono lavori in appalto o subappalto; - hanno facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria; - hanno facoltà di partecipare a corsi di formazione specifici” - adeguamento alle indicazioni fornite dal CSE (art. 94); - dimostrazione al committente/I.A. di documentazione attestante l’idoneità tecnica (artt. 90 e 97); - adeguamento alle prescrizioni dei POS (art. 100); - divieto di deposito di materiale su impalcati (art. 124); - divieto di salita/discesa lungo i montanti (art. 138); - divieto di lavori su muri in demolizione (art. 152)”. Sono poi ricordati brevemente alcuni elementi indicatori di un’effettiva autonomia del lavoratore autonomo, come riportati, ad esempio, nella Circolare n. 16 del 4 luglio 2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: - “svolgimento dell’attività personalmente; - assunzione del rischio del risultato; - senza vincolo di subordinazione gerarchica (orari, giorni, modalità, ecc); - l’incarico è per l’intera opera/servizio affidato e non a ‘ore’; - utilizzo di proprio materiale/attrezzature; - il pagamento non è una ‘retribuzione’ fissa periodica; - pluricommittenza”. La relatrice ricorda, infine, che i lavoratori autonomi “sono esclusi dal computo” di cui all’art. 4 del D.Lgs. 81/2008 (cioè dal “numero di lavoratori dal quale TUSIC fa discendere particolari obblighi”). Inoltre il lavoratore autonomo “non entra nel conteggio del numero di imprese operanti nel cantiere” e tali lavoratori entrano invece nel “conteggio degli uomini- giorno”.
  • 11. “ Applicazione del D.Lgs. 81/08 ai lavoratori con contratti di lavoro atipici e flessibili”, a cura di Maria Capozzi (DTL Bologna – Responsabile U.O. Vig. Tecnica), intervento al convegno “Sicurezza sul lavoro: la parola agli enti di controllo” che si è tenuto a Imola nell’ambito delle Settimane della Sicurezza 2015 (formato PDF, 2.37 MB). Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 - Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00095) Fonte: puntosicuro.it Spazi confinati: accesso, impianti elettrici e lavori di saldatura. Un quaderno tecnico fornisce informazioni per la sicurezza nelle attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Focus sul tema dell’accesso agli spazi e sui requisiti per impianti elettrici e attività di saldatura. Milano, 3 Ott – Sono diversi gli aspetti critici per la sicurezza degli operatori che lavorano negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati e il quaderno tecnico “ Attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (DPR 177/2011). Riferimenti normativi e requisiti di sicurezza” riporta utili indicazioni sul tema dell’accesso a questi spazi e sui requisiti per impianti elettrici e attività di saldatura. Nel documento, curato da un Gruppo di Lavoro sugli Ambienti Confinati, costituito da Medici e Tecnici della Prevenzione del Servizio PSAL dell’ Azienda Sanitaria Locale di Milano (ATS Milano), si ricorda che le aperture e i percorsi per l’accesso devono avere “dimensioni tali da poter consentire una rapida uscita degli operatori e l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi tenendo conto dell’equipaggiamento indossato”. A questo proposito viene ricordato che l’ingombro del corpo umano immobile “può essere espresso attraverso la seguente ellisse (se le dimensioni sono minori significa che vi è, con ragionevole sicurezza, una reale difficoltà per l’accesso e di conseguenza una condizione di rischio)”. Queste le dimensioni di accesso differenziate in base a postura e movimento del corpo: - “ passo d’uomo con necessità di effettuare movimenti rapidi: L 67, W 50; - apertura per l’entrata in postura inginocchiata a terra: W 85, L 68; - apertura per movimento verticale in un condotto circolare usando una scala
  • 12. interna: condotto L 114, spazio per il piede L 22 tra la scala e la parete, apertura (perpendicolarmente ai pioli della scala) non tenendo conto delle necessità relative alla protezione contro le cadute W 92, apertura (nel senso dei pioli della scala) W 78; - apertura per un movimento orizzontale in avanti in postura eretta: H 204, W 78; - apertura per un movimento laterale orizzontale in postura eretta per brevi tratti: H 204, W 54”. Chiaramente le dimensioni minime “vanno aumentate qualora si preveda di utilizzare bombole o DPI che aumentino gli ingombri”. Nel documento sono presenti i disegni relativi a tre diverse dimensioni minime in relazione alla presenza di: - respiratori autonomi a circuito chiuso ad ossigeno compresso; - respiratori autonomi a circuito chiuso ad ossigeno chimico; - respiratori autonomi ad aria compressa. Veniamo ad alcune indicazioni relative ai lavori elettrici in questi ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Si segnala innanzitutto che gli impianti elettrici “devono essere realizzati a regola d’arte”. Ricordiamo che al significato del termine “regola d’arte”, il nostro giornale ha dedicato un recente articolo. E, continua il documento dell’ATS Milano, “nell’utilizzo di apparecchiature elettriche in ambienti classificati ‘luoghi conduttori ristretti’, devono essere adottati i provvedimenti di sicurezza indicati nella norma CEI 64-8/7 – Sezione 706, aggiuntivi a quelli generali”. I luoghi conduttori ristretti sono “luoghi delimitati essenzialmente da superfici metalliche o superfici conduttrici nei quali l’operatore è a contatto con le superfici conduttrici con ampie parti del corpo, non ha piena libertà di movimento ed è elevata la probabilità che il percorso della corrente sia diverso che tra mani e
  • 13. piedi”. Questi i contenuti di rilevanza della norma citata: - alimentazione di lampade portatili: “a bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV) posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; da sorgente autonoma (batteria); - alimentazione di apparecchi portatili o mobili/trasportabili: da sorgente autonoma (batteria); a bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV) posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; con un trasformatore di isolamento posto all’esterno del luogo conduttore ristretto per ogni apparecchio; con un avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio, posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; - alimentazione di componenti fissi: a bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV) posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; da un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio, posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; da un avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio, posto all’esterno del luogo conduttore ristretto; dalla rete, con apparecchi di classe I, con interruzione automatica dell’alimentazione e collegamento equipotenziale supplementare che colleghi le masse e le masse estranee del luogo conduttore ristretto, incluso il pavimento, se conduttore; dalla rete, con apparecchi di classe II e protezione con interruttore differenziale da 30 mA. Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono riportate diverse immagini relative a: - bassissima tensione con trasformatore di sicurezza (SELV); - trasformatore di isolamento per ogni apparecchio; - avvolgimento separato di un trasformatore di isolamento per ogni apparecchio. Concludiamo con alcuni cenni ai lavori di saldatura. Si indica che nei lavori di saldatura elettrica in ambienti classificati “luoghi conduttori ristretti”, “oltre ai provvedimenti impiantistici elettrici di sicurezza indicati nella norma CEI 64-8/7 – Sezione 706, aggiuntivi a quelli generali, devono essere adottate le indicazioni delle norme relative alle Apparecchiature per la saldatura ad arco: CEI EN 60974-1 Sorgenti di corrente per saldatura e CEI EN 60974-9 Installazione ed uso.
  • 14. Queste le indicazioni delle norme relative ai requisiti della sorgente di corrente per saldatura ad arco: - “tensione nominale a vuoto non superiore a 113 V c.c di picco o 68 V c.a. di picco e 48 V c.a. in valore efficace; - in caso di guasto del raddrizzatore (per esempio circuito aperto, cortocircuito o mancanza di fase), non possono essere superati i valori ammessi; la marcatura per queste sorgenti di energia è costituita dalla marcatura ‘S’ dentro al quadrato”. Infine le indicazioni per le modalità d’uso: - “la saldatrice, durante la saldatura, deve essere fuori dalla normale portata dell’operatore; - se la saldatrice è posta all’interno del luogo, l’alimentazione deve avvenire attraverso un trasformatore d’isolamento; - devono essere presenti mezzi, facilmente accessibili, per scollegare elettricamente in modo rapido la saldatrice o il circuito di saldatura (comando di emergenza); - devono essere utilizzati solo i telecomandi provvisti di una misura di protezione a ‘bassissima tensione di sicurezza’ (EN 60974-1); - i porta-elettrodi devono essere di tipo A (EN 60974-11); - l’operatore deve essere isolato dalle parti conduttrici mediante guanti, tappetini isolanti, elmetto, piattaforme isolanti, ecc”. (Articolo di Tiziano Menduto) Asl Milano, “ Attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (DPR 177/2011). Riferimenti normativi e requisiti di sicurezza”, quaderno tecnico per datori di lavoro Cantieri Expo Milano 2015 realizzato dal Gruppo di Lavoro Ambienti Confinati: Enrica Sgaramella, Rosanna Farioli, Giuliana Baldi, Nora Vitelli, Mauro Baldissin, Omero Cito, Ivano Boati, Dario Bruno, Saverio Pappagallo, Francesco Corti, Massimo Minnetti, Luca Ottina, Nicola Delussu, edizione febbraio 2015 (formato PDF, 1.08 MB). Fonte: puntosicuro.it Sinp, in GU regolamento Sistema informativo prevenzione luoghi di lavoro. ROMA – Sinp. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.226 del 27 settembre 2016 il Decreto del Ministero del Lavoro del 25 maggio 2016 Regolamento recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sinp, nonché le regole per il trattamento dei dati, ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Sistema informativo prevenzione luoghi di lavoro Il decreto che entrerà in vigore il 12 ottobre stabilisce il meccanismo che regolerà l’invio dei dati da parte degli enti, l’accesso e l’utilizzo di quei dati, il coordinamento
  • 15. e la vigilanza sulle operazioni, la privacy. Riporta quindi procedure telematiche, tabelle e condizioni per l’avvio e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, del sistema previsto dall’articolo 8 comma 1 del Testo unico sicurezza lavoro, che come indicato da tale articolo dovrà: “Fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate”. Enti e dati Gli enti che formano il Sinp come noto sono il Ministero del Lavoro, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Interno, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, l’Inail. Il sistema funzionerà attraverso un portale basato su infrastruttura informatica dell’Inail che ne garantisce anche la gestione tecnica e informatica, la sicurezza la riservatezza e l’integrità. Gli enti citati “rendono disponibili i servizi informatici necessari per consentire la trasmissione all’Inail dei dati che costituiscono il flusso informativo del Sinp, assicurando gli standard tecnici minimi stabiliti nel presente decreto” (articolo 2 comma 4). Il decreto riporta in dettaglio indicazioni in merito al tipo di dati interessati dal sistema, quindi i fornitori e i fruitori, regole tecniche per la trasmissione delle informazioni, trattamento, sicurezza e responsabilità. Il tipo di dati viene descritto nella tabella allegato A, con delle disposizioni differenti per quanto riguarda le Forze armate, Polizia e VVF riportate nell’articolo 3 comma 2. Gli obiettivi per il quale tali dati vengono inviati raccolti e trattati sono in sintesi: la conoscenza del quadro produttivo e occupazionale, quadro dei rischi anche in ottica di genere, quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici ( “quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici comprendente i dati sugli eventi e problemi di salute relativi a infortuni o malattie professionali da lavoro, eventi morbosi e mortali potenzialmente connettibili al lavoro derivanti dalle fonti già individuate dal protocollo Inail – Regioni – Ispesl 2007 richiamato dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 81 del 2008, noncheè dalle comunicazioni relative agli infortuni superiori a un giorno di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008 (ex registri infortuni)”; quindi infortuni non indennizabili, azioni di prevenzione, azioni di vigilanza. Successivi al citato A, altri cinque allegati indicano in dettaglio i sistemi di
  • 16. classificazione dei dati (B), i formati di trasmissione (C), i servizi di cooperazione (D), enti fruitori (E) ed enti fornitori (F). Gli allegati sono modificabili in futuro con decreti e sentiti Garante Privacy e Regioni. I dati dovranno essere forniti esclusivamente su servizi informatici degli enti e attraverso “servizi di cooperazione applicativa nell’ambito del SPC, previsto e disciplinato dagli articoli 72 e seguenti del decreto legislativo, n. 82 del 2005, e in conformità alle relative regole tecniche”. Per quanto riguarda l’accesso invece “avviene nel rispetto delle regole per il trattamento dei dati e delle misure di sicurezza e responsabilità indicate agli articoli 6 e 7, attraverso la rete infranet sia per l’accesso ai servizi on line che per il richiamo dei servizi in cooperazione applicativa, oppure su rete pubblica (internet) per la consultazione on line di dati oggetto di diffusione”. Le attività verranno monitorate da un nuovo tavolo tecnico con sede presso Inail composto dagli enti coinvolti nel sistema che dovrà verificare tecniche e funzionamento, rispondenza dei contenuti. Il tavolo tecnico dovrà inoltre formulare proposte, produrre report, promuovere iniziative di aggiornamento degli operatori, definire modalità tecniche per accessibilità fruibilità e diffusione dei dati. Trattamento e sicurezza “Sono oggetto di comunicazione nell’ambito del Sinp e utilizzati dai singoli enti soltanto dati personali pertinenti, non eccedenti”. (Art. 6 comma 4). Articolo 6 “1. L’Inail, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008 garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 196 del 2003. 2. Ciascun ente di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) riveste la qualità di autonomo titolare in riferimento ai dati personali comunicati e/o utilizzati e designa, ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 196 del 2003, i rispettivi incaricati del trattamento. 3. Il trattamento dei dati è svolto esclusivamente per le finalità di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, riconducibili alle finalità di rilevante interesse pubblico istituzionalmente perseguite dai singoli enti, di cui agli articoli 67, 85, comma 1, lettera e) e 112, comma 2, lettere e) ed f), del decreto legislativo n. 196 del 2003″. Sicurezza del sistema e tracciabilità sono affrontate nell’articolo 7. Infine l’articolo 8 partecipazione delle parti sociali. Consultazione prevista almeno una volta l’anno da parte del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
  • 17. lavoro (articolo 5 Testo unico sicurezza lavoro). Consultazione periodica “nell’ambito dei Comitati di coordinamento regionale di cui all’articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008”. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: GU n.226 del 27 settembre 2016 Decreto 25 maggio 2016 n.183 Fonte: quotidianosicurezza.it