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XVI Congresso SIMM – 19-21.10.2022, Aula Magna Rettorato della Sapienza Università di Roma
Migranti presenti in Italia, Lavoro e Salute al tempo del Covid-19
Giuseppe Leocata (1), Ludovica Azzola (2), Diana De Venz (3), Stefano Candura (2)
Leggere la migrazione non come “una malattia che incrocia la vita e chiede di essere qualificata da
esperti”, bensì come banco di prova della tenuta del diritto, come test della capacità di presa in carico da
parte della 'collettività con diritti', nella consapevolezza che “come è sempre vero per i diritti umani, la loro
violazione, o anche solo, o principalmente, la loro invisibilità, rompe tutta la trama del tessuto sociale”.
Gianni Tognoni - “Il diritto alla prova dell'immigrazione” (2010), da: Società Italiana di Medicina delle Migrazioni –
Gli effetti sulla salute ad un anno dal Decreto Sicurezza – Caritas Ambrosiana – Milano 16.11.2019
1.0 - Introduzione (1, 2, 3)
La pandemia da Sars-CoV-2 ha segnato pesantemente, oltre che la vita quotidiana delle persone, anche tutti gli ambiti di
lavoro. Il periodo è stato contrassegnato da diversi momenti e situazioni, il prima e il dopo vaccini, l’informazione spesso
carente e non capillare, l’accettazione o il rifiuto della vaccinazione, i lock down e le riaperture anche dei luoghi di lavoro con,
senza o con carenti misure di cautela collettiva e personale. A questo si sono aggiunte, per i migranti, le difficoltà di accesso
alle Strutture Sanitarie pubbliche per le opportune informazioni, per la vaccinazione e l’effettuazione dei tamponi, oltre le
maggiori difficoltà per gli ‘irregolari’ per l’acceso alla Sanità nel nostro Paese. Sul versante strettamente lavorativo è emersa
– specie per i lavoratori migranti – ancora una volta e drammaticamente la presenza della piaga del lavoro nero e, in diversi
casi, questi soggetti hanno anche perso il lavoro in relazione alla crisi economia correlata alla pandemia.
Il periodo pandemico ha messo pure maggiormente in evidenza diversi aspetti e criticità già note ai Servizi di Medicina del
Lavoro (ATS in Lombardia o ASL in altre Regioni Italiane) e ai Medici del Lavoro competenti che operano nell’ambito delle
imprese del territorio nazionale: i primi stanno vivendo una progressiva riduzione del personale e delle possibilità di intervenire
nelle situazioni più critiche e stanno subendo un processo di marginalizzazione in un quadro di incertezza istituzionale e
normativo circa il loro ruolo effettivo; i secondi non sono presenti in tutte le realtà produttive e talvolta non vengono messi in
condizione di operare in autonomia e indipendenza per la tutela della salute dei lavoratori, specie quelli migranti i quali
‘sfuggono’ alla loro attività.
Il punto di partenza da considerare quando si affronta la problematica dell’igiene e della sicurezza nei luoghi di lavoro, e
non soltanto tra gli immigrati che operano nel nostro Paese, è quello della ‘percezione del rischio’. Si pensi soltanto alla
‘marginale attenzione’ al fenomeno dell’attuale aumento degli infortuni mortali sul lavoro in Italia.
La percezione del rischio condizionata da fattori individuali e collettivi/sociali. E’, quindi, l’esito di una comprensione
personale e soggettiva dei rischi reali presenti nel luogo e nella organizzazione del lavoro, avviata non sulla base di dati certi
ma di conoscenze e nozioni individuali; è un percorso soggettivo: in base al proprio pensiero personale e alle proprie abitudini,
si è portati a considerare come più o meno grave e impellente un rischio rispetto a com’è nella realtà; tale percezione risente
anche della sfera delle emozioni e delle conoscenze.
Dal punto di vista collettivo e sociale, la percezione del rischio è condizionata dall’idea di igiene e sicurezza in merito al lavoro,
oltre che nel quotidiano, presente/dominante nel proprio ambito/gruppo di riferimento e nella società in cui si trova a vivere.
Essa è influenzata, inoltre, in molti casi da diversi altri elementi particolari:
a) fattori individuali, quali età anagrafica, sesso, cultura di appartenenza e difficoltà comunicative e linguistiche;
b) esperienza individuale del singolo, sua conoscenza e consapevolezza, sua esposizione continua o saltuaria al rischio
nell’attività lavorativa che svolge anche per assente e/o ridotta esperienza lavorativa nel suo paese di origine (spesso,
l’abitudine a svolgere un compito pericoloso porta a non percepirlo come tale oppure la scarsa frequenza di un certo rischio
induce a credere che non sia necessario premunirsi contro di esso);
c) scelta forzata di lavorare per svolgere date mansioni, per cui il migrante deve accettare l’esistenza di determinati rischi; egli
deve lavorare il più possibile per garantire le 'rimesse' al suo paese di origine e/o magari per ritornarvi;
d) frequente costrizione a svolgere i lavori più pesanti, quelli “3D” “Dirty, Dangerous, Difficult”;
e) considerazione della salute nei luoghi di lavoro come aspetto secondario a causa delle precarie condizioni economiche nel
e del suo Paese di provenienza;
f) ignoranza delle relative leggi nel proprio Paese o presenza di norme che non garantiscono lo stesso grado di tutela di quelle
italiane e non conoscenza delle norme di igiene e sicurezza presenti nel nostro Paese e difficoltà a leggerle, a comprenderle
e a metterle in atto.
Anche gli immigrati ‘in regola’ spesso accettano situazioni precarie e critiche per evitare situazioni conflittuali, per il timore di
perdere il posto di lavoro e perchè più ricattabili, anche quando esposti a rischi che anch’essi conoscono e più pesanti rispetto
a quelli degli italiani.
I migranti che prendono coscienza della realtà lavorativa fanno notare anche ai medici del lavoro in azienda che in merito
all'igiene e alla sicurezza del lavoro non si sentono diversi dai lavoratori italiani.
_________________________________________________________________________________
(1) ASST Melegnano Martesana (Mi),
(2) Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università di Pavia - Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Unità Operativa Medicina del Lavoro, Istituto di Pavia
(3) Educatrice, Mediatrice Socio-Educativa
Interessante è indagare nelle singole realtà circa l’atteggiamento dei colleghi di lavoro italiani nei loro confronti e circa le
possibili vessazioni sul lavoro (pur subendo vessazioni sul lavoro, molti migranti non denunciano o rendono meno palesi gli
accadimenti vessatori).
2.0 - Obiettivi
L’indagine è stata diretta a conoscere e ad analizzare in modo descrittivo come è stato vissuto questo periodo e come la
Pandemia da Sars-Cov-2 abbia influito sull’attività lavorativa dei migranti presenti in Italia. Sono stati, quindi, presi in
considerazione sia l’aspetto puramente lavorativo (tipologia di contratto, informazioni sanitarie a lavoro, dispositivi di
protezione individuali e collettivi) sia l’aspetto psicosociale (discriminazioni culturali, linguistiche e/o religiose).
E’ stata posta anche l’attenzione a come il periodo Covid sia stato vissuto dai lavoratori migranti e quali influenze questo abbia
avuto sulla popolazione migrante presente e operante in alcune provincie lombarde: Milano, Bergamo e Lodi e Ancona nelle
Marche.
Attraverso questa indagine, si è cercato di cogliere gli aspetti della loro salute in relazione alle attività svolte, è stato chiesto
se essi hanno o meno un lavoro, se lo hanno perso o se lo hanno dovuto cambiare; se hanno ricevuto un’adeguata
formazione/informazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro, se hanno assistenza sanitaria e se si sono sottoposti alla
vaccinazione per il Covid.
La finalità sociale dell’indagine dovrebbe essere quella della raccolta di dati da presentare ai Servizi di Medicina del Lavoro
delle ATS, ai Sindacati e alle Associazioni che si occupano di migranti, al fine di stimolare la loro attenzione per un intervento
a favore della igiene e sicurezza di questi lavoratori e anche per un incontro con il mondo delle imprese per una sua
sensibilizzazione alla problematica.
3.0 - Metodi / Azioni
E’ stato elaborato un questionario cartaceo di semplice compilazione e, in relazione alla difficoltà nel potere reperire dei
mediatori linguistici negli ambulatori del Gruppo Immigrazione Salute Lombardia/ Marche presso i quali è stata effettuata la
raccolta dati, si è scelto di ammettere all’indagine soltanto persone in grado di parlare italiano e/o supportate da un
operatore/familiare a conoscenza della lingua italiana, presso le singole sedi interessate.
Si è anche optato, per correttezza, di fornire una scheda per il consenso informato da conservare poi a cura del singolo centro
di compilazione dei questionari.
Tabella 1 – Questionario
Questionario Migranti Lavoro e Salute al tempo del Covid
GrIS sede : ………….. n. caso …… Somministrato in data ……………
Iniziali della Persona ⃝ ⃝ ⃝ ⃝
Sesso F ⃝ M ⃝ Altro ⃝
Anni compiuti ⃝ ⃝
Nazionalità
Hai assistenza sanitaria No ⃝ Si ⃝ da chi ……………………………………………………………………………..…………………..
Sei vaccinato contro il Covid Si ⃝ No ⃝ perché ………………………….….……………………………………………….………….…….
IL TUO LAVORO
Contratto di lavoro Regolare ⃝ Irregolare ⃝ Sanato ⃝ Quante ore / settimana ⃝ ⃝
Oggi non hai un lavoro ⃝
I colleghi di lavoro
come ti vedono in
quanto straniero
Descrivi
…………………………………………………………………………………………………………………………………...
……………………………………………………………………………………………………………………………………
Sei stato discriminato
sul lavoro per ragioni:
culturali ⃝ linguistiche ⃝ religiose ⃝
Descrivi ………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………
Ritieni che il lavoro da
svolgere sia
difficoltoso per ragioni:
(il lavoro è gravoso dal punto
di vista fisico, sensoriale,
psichico)
fisiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….………………………….
sensoriali (vista, udito, olfatto, tatto) , No ⃝ Si ⃝ perché.………….………………………….
psichiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….………………………….
Tu hai difficoltà nello
svolgerlo
(Hai limitazioni fisiche,
sensoriali, psichiche che ti
rendono difficolto lavoro)
fisiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….………………………….
sensoriali (vista, udito, olfatto, tatto) , No ⃝ Si ⃝ perché.………….………………………….
psichiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….………………………….
Ricevi in genere / hai
ricevuto informazioni
sanitarie a lavoro
No ⃝ Si ⃝ da chi …………………………………………………………………………………..……………...
da altre figure/strutture fuori dal lavoro …………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………………………………………………..
Sei / sei stato
opportunamente
formato in azienda su
aspetti di igiene e
sicurezza lavoro
Si ⃝ No ⃝
Commenti : ………………………………………………………………………………………………………….……
…………………………………………………………………………………………………….……………………………
…………………………………………………………………………………………………….……………………………
Parliamo ancora del
tuo lavoro
Prima della effettuazione
della vaccinazione (quante
dosi: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝)
Dopo la effettuazione della
vaccinazione (quante dosi:
1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝)
Non sono vaccinato
In cosa consiste tuo
lavoro (mansioni
svolte)
……………………………………………
……………………….…………………
………………………………………….
…………………………………………
………………………….………………
…………………………………………
…………………………………………
………………………….………………
…………………………………………
Lavori da solo/a No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Lavori in squadra No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Hai cambiato lavoro No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
……………………………………………
No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
…………………………………………
No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
………………………………………….
Hai perduto il lavoro No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
……………………………………………
No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
…………………………………………..
No ⃝ Si ⃝
Se sì, perché
…………………………………………
Hai ricevuto
informazioni/formazio
ne riguardo al Covid
sul luogo di lavoro
No ⃝
poche e non chiare ⃝
adeguate e chiare ⃝
da parte di chi
……………………………………………
No ⃝
poche e non chiare ⃝
adeguate e chiare ⃝
da parte di chi
…………………………………..………
No ⃝
poche e non chiare ⃝
adeguate e chiare ⃝
da parte di chi
…………………………………..………
Per il tuo lavoro hai
usato dispositivi di
protezione
1) mascherine
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
2) guanti Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
3) occhiali/visiere Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
4) abiti da lavoro Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
5) camici/tute
protettive
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
6) altro
…………………………
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝
No ⃝
Sul luogo di lavoro
come sono distanze da
colleghi
Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝ Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝ Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝
Al lavoro c’è
1) sanificazione
ambienti
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
2) misurazione
temperatura
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
3) gel disinfezione
mani
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
4) controllo green pass No ⃝ Si ⃝
5) tampone periodico No ⃝ a tue spese ⃝
azienda ⃝ sanità ⃝
No ⃝ a tue spese ⃝
azienda ⃝ sanità ⃝
Hai lavorato in
smartworking /
telelavoro
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Hai avuto periodi di
sospensione da lavoro
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Per andare a lavorare
usi/ usavi mezzi
pubblici
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Per andare a lavorare
usi/usavi solo tuo
mezzo (piedi, bici, moto,
auto...)
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Hai contratto il Covid No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Hai effettuato
quarantene
No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
Eventuali note
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Tabella 2 - Consenso informato
CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
La/Il sottoscritta/o …………………………………..…………….….…… nata/o a ……………….…….……………….……….. il ………….………
codice fiscale …………………………………………………… tel. ……………….……………… cell. …….…………………………………………
residente a ……………………………………………………… via …………………………..……………………………….…………………………..
ACCONSENTE
Ai sensi e per gli effetti degli artt.13 e 23 del D.Lgs. 196/2003 e del GDPR - Regolamento generale sulla protezione dei dati (UE/2016/679),
con la sottoscrizione del presente modulo, al trattamento dei dati personali secondo le modalità e nei limiti di cui alla informativa allegata.
Letto, confermato e sottoscritto
……………………………………, lì ………………………….
…………………….……………………………
Firma del dichiarante per esteso e leggibile
INFORMATIVA
Gentile signora/e,
desideriamo informarLa che il Codice in materia di protezione dei dati personali e il GDPR/Regolamento generale sulla protezione dei dati –
prevedono la tutela della Sua riservatezza e dei Suoi diritti.
Le forniamo, pertanto le seguenti informazioni:
 Il trattamento riguarderà anche dati personali rientranti nel novero dei dati ‘sensibili’ vale a dire l’origine razziale ed etnica e dati idonei a
rivelare lo stato di salute
 I dati da Lei forniti verranno trattati per finalità esclusivamente scientifiche, studio descrittivo della situazione dei migranti in Italia nel
periodo Covid
 Il trattamento dei dati sarà effettuato con modalità manuale e informatizzata
 Il conferimento dei dati è facoltativo e l’eventuale rifiuto di fornire tali dati non ha alcuna conseguenza
 I dati anonimi e collettivi saranno comunicati a : Congresso SIMM 2022, Congresso SIML 2022, tesina Corso Clinica Transculturale c/o
Associazione Crinali, Tesi specialità in medicina del lavoro dr.ssa Ludovica Azzola.
 Il titolare del trattamento dei dati è la sede GriS …………………………………………………………………………………………………….…
……………………………………………………………………………………………………………………
(indicare denominazione o ragione sociale e domicilio, residenza o sede del titolare)
In ogni momento potrà esercitare i Suoi diritti nei confronti del titolare del trattamento ai sensi del del D.Lgs. 196/2003 e del GDPR -
Regolamento generale sulla protezione dei dati.
Il questionario contiene domande semplici ed intuitive in modo da favorire la comprensione delle stesse ai migranti che non
hanno particolare dimestichezza con la lingua italiana.
Esso è stato condiviso con i diversi ambulatori e centri di ascolto afferenti al GrIS che si sono resi disponibili in relazione ai
loro carichi di lavoro e alla possibilità di supporto da parte dei loro operatori. Hanno dato la loro disponibilità: Oikos di Bergamo,
Caritas di Lodi, Naga Milano e Azienda Socio Sanitaria Territoriale SS. Paolo e Carlo di Milano per la Lombardia e Senigallia
per il GrIS Marche, al fine di potere confrontare i dati delle provincie lombarde e quelli di un’altra regione italiana.
I questionari, dopo opportuni informazione e chiarimenti telefonici, sono stati compilati dagli operatori dei singoli ambulatori e
poi raccolti dalla specializzanda in Medicina del Lavoro della Università degli Studi di Pavia che ha collaborato attivamente
allo studio mentre, per Caritas Lodi, questa ha provveduto direttamente anche alla somministrazione dei questionari.
Lo strumento è stato rivolto ai lavoratori migranti afferenti ai detti ambulatori al fine di indagare in merito al loro vissuto, in
particolar modo lavorativo, nel periodo covid e alle loro condizioni di lavoro in questo periodo.
L’intervista ha cercato di cogliere gli aspetti della salute dei lavoratori migranti e di eventuali loro difficoltà in relazione alle
attività svolte; ha interessato sia migranti con lavoro regolare sia migranti con lavoro irregolare, che hanno perso il lavoro e/o
che hanno dovuto cambiarlo.
Inoltre, ha permesso di raccogliere dati circa l’informazione e formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro ricevute,
alla vaccinazione covid di questi lavoratori e a come sono stati visti e trattati dai colleghi di lavoro e dai datori di lavoro.
E’ stato, così, possibile fare una fotografia puntuale di un gruppo di soggetti riguardante il periodo compreso tra Ottobre del
2019 ed Aprile 2022. La raccolta dei dati è stata effettuata tra i primi di Marzo e fine Aprile 2022 al fine di permettere la
successiva elaborazione del materiale raccolto.
Dal punto di vista operativo e per la successiva elaborazione dei questionari, si è deciso di indicare nei questionari un numero
corrispondente ad ogni singolo soggetto intervistato è da collegare alla sede di riferimento al fine della sua individuazione.
Alla fine del questionario è stato anche lasciato un piccolo spazio per possibili note, qualora ritenuto di interesse e utile.
4.0 - Risultati
Nel periodo Marzo-Aprile 2022 sono stati raccolti totalmente 62 questionari: 42 soggetti di sesso maschile e 20 di sesso
femminile.
Sono stati solamente 4 i migranti che non si sono voluti sottoporre alla somministrazione del questionario, senza fornire le
motivazioni.
Di seguito si illustrano i dati più significativi emersi dall’indagine e si riportano le risposte ritenute più interessanti dal punto di
vista della medicina del lavoro ai quesiti posti.
Suddividendo per fasce di età è stata registrata una prevalenza dei soggetti nella fascia 26-35 anni (21 casi); meno
rappresentata è stata invece la fascia degli over 45 (9 casi).
Tabella 3 – Fasce di età
Tabella 4 – Nazionalità
NAZIONALITA’
Senegal 9 Niger 2 Usa (Baltimora) 1
Nigeria 6 Mali 2 Etiopia 1
Perù 5 Guinea 2 Ciad 1
Marocco 4 Pakistan 2 Algeria 1
Albania 4 India 2 Ghana 1
Romania 4 Egitto 1 Sudan 1
Bangladesh 3 Bulgaria 1 El Salvador 1
Costa d'avorio 2 Ucraina 1
Gambia 2 Afghanistan 1
Africa 33 Est Europa 10 Asia 8 Sud America 6 Altro 1
Andando ad indagare la condizione sanitaria si è constatato che il 45,16% dei migranti non ha una assistenza sanitaria
continuativa, il 19,35% è seguito dal proprio Medico di Medicina Generale, il 24,19% è a carico di Associazioni senza scopo
di lucro e l’11,29% riferisce di avere assistenza sanitaria ma senza specificare quale.
Tabella 5 – Assistenza Sanitaria
MMG ASSOCIAZIONI ALTRO NO
12 15 7 28
19,35% 24,19% 11,29% 45,16%
L’87,1% (54 casi) riferisce di non aver contratto l’infezione da covid, il 12,9 % (8 casi) riferisce di averla avuta. Lo stesso dato
numerico lo riscontriamo nei migranti che riferiscono di aver effettuato o meno una quarantena.
0
10
20
30
18-25 26-35 36-45 >45
FASCE DI ETA'
Assistenza Sanitaria
MMG ASSOCIAZIONI ALTRO NO
Tabella 6 – Infezione da Sars-Cov2 Tabella 7 – Quarantena
Il 66,13% dei migranti ha effettuato tre dosi di vaccino, il 30,65% due dosi, 0% una sola dose.
Considerando che circa il 13% dei migranti ha riferito di aver avuto il covid vi è stata una buona compliance alla vaccinazione.
Solo il 3,23% non si è sottoposto alla vaccinazione riferendo paura o non confidando nella stessa.
Tabella 8 - Vaccinazione
1° DOSE 2° DOSE 3° DOSE NON VACCINATI
0 19 41 2
0,00% 30,65% 66,13% 3,23%
Andando, invece, ad indagare l’ambito lavorativo, il 45,16 % ha riferito di avere un contratto di lavoro regolare, il 29,03%
irregolare ed il 25,81% sono disoccupati.
Inoltre, il 59,68% ha riferito di riscontrare difficoltà (fisiche e psichiche) nell’ambiente lavorativo, a discapito del 40,32 % che
ha riferito di no.
Tabella 9 – Status Lavorativo Tabella 10 – Difficoltà nell’ambiente lavorativo
Un dato eclatante è che il 65,57% (40 casi) dei casi ha riferito di non avere avuto informazioni sull’Igiene o la sicurezza
nell’ambiente di lavoro, né tantomeno di essere stato adeguatamente informato sul rischio da Covid durante l’emergenza. Il
34,43% (21 casi) riferisce di essere stato formato.
Tabella 11 – Informazioni su igiene e sicurezza del lavoro fornite in azienda
0
10
20
30
40
50
60
SI NO
INFEZIONE DA SARS-COV2
0
20
40
60
SI NO
QUARANTENA
VACCINAZIONE
1° DOSE 2° DOSE 3° DOSE NON VACCINATI
STATUS LAVORATIVO
REGOLARI IRREGOLARI DISOCCUPATI
DIFFICOLTA' IN AMBIENTE DI LAVORO
sì no
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
1
CASI DI LAVORATORI MIGRANTI INFORMATI E NO SU IGIENE E
SICUREZZA DEL LAVORO DA PARTE DELL'AZIENDA
NO SI
38 migranti (il 62,3 % dei casi) hanno riferito di non aver avuto discriminazioni sul luogo di lavoro. Il 37,70% (23 casi) ha riferito
di essere stato discriminato soprattutto dal punto di vista linguistico/culturale (la difficoltà nel farsi capire rende più difficile sia
trovare un lavoro sia avere buoni rapporti con il datore o con i colleghi ed è anche correlata con lo scarso livello di formazione
e informazione sull’Igiene e la Sicurezza sul Lavoro). Rare sono state le discriminazioni religiose.
Tabella 12 – Discriminazioni a lavoro
Sono state raccolte informazioni sulle mansioni svolte dai lavoratori migranti intervistati e le attività rilevate riguardano lavori
prevalentemente manuali.
Tabella 13 – Mansioni svolte dai migranti
MANSIONI SVOLTE DAI MIGRANTI
Magazziniere 6 Muratore 4 Ambulante 2 Giardiniere 1
Bracciante 6 Colf 4 Impiegato 2 Barista 1
Operaio 5 Fattorino 3 Pescatore 2 Addetto Sicurezza 1
Badante 5 Aiuto Cuoco 2 Scaffalista 1 Fruttivendolo 1
E’ stato indagato anche un altro aspetto di igiene e sicurezza del lavoro, quello della fornitura dei Dispositivi di Protezione
Individuale (DPI) e del loro utilizzo da parte dei lavoratori migranti, sempre in periodo pre-covid e nel corso della pandemia.
Tabella 14 – Dispositivi di Protezione Individuale
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE PRE COVID PROPRI
DEL DATORE di
LAVORO NESSUNO
mascherine 33 (55,93%) 12 (20,33%) 14 (23,72%)
guanti 6 (10,16%) 33 (55,93%) 20 (33,89%)
occhiali-visiere 0 14 (23,72%) 45 (76,29%)
abiti da lavoro 10 (16,94%) 25 (42,37%) 24 (40,67%)
camici-tute protettive 0 7 (11,86%) 52 (88,13%)
casco 0 1 (1,69%) 0
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE COVID PROPRI
DEL DATORE di
LAVORO NESSUNO
mascherine 9 (15,25%) 35 (59,32%) 4 (6,77%)
guanti 11 (18,64%) 31 (52,54%) 6 (10,16%)
occhiali-visiere 5 (8,47%) 22 (37,28%) 21 (35,59%)
abiti da lavoro 11 (18,64%) 25 (42,37%) 12 (20,33%)
camici-tute protettive 5 (8,47%) 5 (8,47%) 38 (64,40%)
casco 0 1 (1,69%) 0
E’ stata indagata la modalità di lavoro pre-covid e periodo covid. Si è constatato che, in relazione alle mansioni svolte e alla
tipologia di lavoro effettuata - il lavoro in squadra nel totale della popolazione indagata riguarda sempre poco più della metà
degli intervistati (54,84% pre-covid – 53,22% covid) mentre, sempre nella popolazione globale considerata, il lavoro svolto da
sole/i riguarda maggiormente il periodo pre-covid (25 soggetti 40,32%) contro i 16 (25,81%) del periodo covid (considerando
anche il dato inerente il notevole aumento dei disoccupati nel periodo covid 13 (20,97%).contro i 3 (4,84%) del periodo
precedente.
0 5 10 15 20 25 30 35 40
SI
NO
CASI DI MIGRANTI DISCRIMINATI A LAVORO
Tabella 15 - Modalità di lavoro
Tra gli intervistati afferenti alle due Regioni considerate, infine e pure in considerazione della esiguità del campione -
particolarmente quello delle Marche, non sono state rilevate significative differenze tra le due popolazioni, ad esclusione di
un dato riguardante le mansioni svolte; un soggetto lavora come pescatore e vive nelle Marche.
Un ulteriore dato interessante nell’ambito dei risultati è quello della ‘differenza di genere’ rilevata nelle risposte ad alcuni quesiti
posti al campione dei 62 soggetti intervistati.
In particolare si è indagato sui seguenti aspetti : nazionalità, status lavorativo (lavoro irregolare, regolare, senza lavoro),
modalità di lavoro pre- e post-covid (da sole/i, in squadra, disoccupati), difficoltà lavorative (fisiche/psichiche) in ambiente di
lavoro, informazioni in merito a igiene e sicurezza del lavoro ricevute da parte del datore lavoro, discriminazioni nel luogo di
lavoro.
NAZIONALITÀ
Donne (20) Uomini (42)
Africa nord sahariana 1 (Marocco) 5 (Marocco, Algeria, Egitto)
Africa sud sahariana 3 (Senegal, Nigeria) 28 (Senegal, Nigeria, Mali, Guinea, Costa
d'Avorio, Gambia, Etiopia, Ghana, Ciad, Sudan)
Asia 1 (India) 7 (Bangladesh Pakistan India Afghanistan)
Centro-Sud America 5 (Perù, Salvador) -
Est Europa 10 (Albania, Romania, Ucraina, Bulgaria) 1 (Romania)
Altro - 1 (USA)
STATUS LAVORATIVO
Donne (20) Uomini (42) Totale (62)
Regolari 6 (30%) 22 (52,38%) 28 (45,16%)
Irregolari 9 (45%) 9 (21,43%) 18 (29,03%)
Senza lavoro 5 (25%) 11 (26,19%) 16 (25,81%)
MODALITÀ DI LAVORO
Donne (20) Uomini (42)
PRE-COVID COVID PRE-COVID COVID
Lavoro da sole/i 13 (65%) 10 (50%) 12 (28,57%) 6 (14,29%)
Lavoro in squadra 6 (30%) 6 (30%) 28 (66,67%) 27 (64,28%)
Disoccupate/i 1 (5%) 4 (20%) 2 (4,76%) 9 (21,43%)
DIFFICOLTÀ LAVORATIVE (FISICHE/PSICHICHE) IN AMBIENTE DI LAVORO
Donne (20) Uomini (42) Totale (62)
si 10 (50%) 27 (64,29%) 37 (59,68%)
no 10 (50%) 15 (35,71%) 25 (40,32%)
INFORMAZIONI SU IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO RICEVUTE DA DATORE LAVORO
Donne (19) 1 no risposta Uomini (42) Totale (61)
no 14 (73,68%) 26 (61,90%) 40 (65,57%)
si 5 (26,32%) 16 (38,10%) 21 (34,43%)
DISCRIMINAZIONI NEL LUOGO DI LAVORO
Donne (19) 1 no risposta Uomini (42) Totale (62)
si 4 (21,05%) 19 (45,24%) 23 (37,70%)
no 15 (78,85%) 23 (54,76%) 38 (62,30%)
modalità di lavoro
periodo pre-COVID
LAVORO DA SOLO LAVORO IN SQUADRA
DISOCCUPATO
modalità di lavoro
in periodo COVID
LAVORO DA SOLO LAVORO IN SQUADRA
DISOCCUPATO
6.0 – Discussione
L’età rilevata nei soggetti che lavorano è abbastanza o relativamente giovane (33,87% 26-35 anni e 27,41% 36-45 anni).
Possiamo supporre che i soggetti sopra i 45 anni (14,51%) siano in numero ridotto in quanto si recano presso gli ambulatori
dei GrIS probabilmente soltanto per “ascolto” e per alcune prestazioni sanitarie, accedendo direttamente in ospedale per
urgenze e/o per problematiche di salute più significative e che necessitano di interventi sanitari complessi da parte delle
strutture ospedaliere.
In relazione alla provenienza geografica, hanno risposto 58 persone su 62. Il 56,89% dei migranti intervistati provengono
dall’Africa e probabilmente sono giunti in Italia via mare con barconi; il 17,14% provengono dall’Europa dell’Est e il 13,79%
da paesi asiatici probabilmente tramite le rotte balcaniche; il 10,34% proviene dal Sud America e in relazione a probabili
vecchie migrazioni o ricongiunzioni familiari.
Circa la metà dei soggetti (45,16%) non fruisce di assistenza sanitaria, probabilmente a causa di una situazione di ‘non
regolarità’ che non permette loro la scelta del medico di medicina generale e l’acquisizione del codice “Straniero
Temporaneamente Presente” (STP) e, quindi, si recano presso gli ambulatori dei GrIS quando necessario; interessante il dato
del 24,19 % di persone che dichiarano di essere assistite da Associazioni con una certa regolarità e altrettanto interessante
il 19,35% di soggetti sicuramente ‘regolari’ che hanno il medico di medicina generale ma che, quando hanno bisogni più diretti
o forse necessità di maggiore ascolto si recano presso gli ambulatori del GriS; del resto, in merito siamo a conoscenza della
carenza di medici di medicina generale e delle loro difficoltà oggettive nel dover dedicare tempi adeguati per le singole visite
mediche ai loro pazienti.
In merito allo stato salute dei lavoratori migranti e ai loro dichiarati periodi di quarantena, i dati porterebbero a concludere
che essi sono ‘sani’ e che hanno necessità di tutelare maggiormente il loro stato di salute in relazione alla difficoltà di
sopravvivenza senza un salario minimo. Ciò può significare che i migranti, durante la pandemia, si sono sottoposti ad
isolamento/quarantena solamente in caso di positività conclamata.
Interessante è inoltre il 66,13 % di migranti che si sono sottoposti alla terza dose di vaccino per il covid. Seppure non oggetto
di specifica richiesta nel questionario, si è appreso che la terza dose è stata praticata in molti casi direttamente negli ambulatori
dei GrIS – in specifico per la realtà di Lodi, presso l’ambulatorio della Caritas nel quale il questionario è stato somministrato
dalla specializzanda in Medicina del Lavoro. Tale dato denota sia una discreta sensibilità alla problematica da parte dei
lavoratori migranti sia l’importanza del servizio garantito dagli ambulatori del volontariato nei confronti di questi soggetti e a
garanzia della tutela della salute collettiva.
L’elevata percentuale di lavoratori irregolari (29,03%) potrebbe essere indicativa del fatto che queste persone preferiscono
rimanere ‘in ombra’ magari per timore di perdere il posto di lavoro; indicativo, in relazione all’esperienza, è il fatto che molto
ridotti sono i controlli nei confronti delle imprese da parte degli Ispettorati del Lavoro, dell’INPS e dei Servizi di Vigilanza delle
ATS/ASL.
Il 59,68% ha riferito di riscontrare difficoltà (fisiche e psichiche) nell’ambiente lavorativo, questo potrebbe essere correlato
– come descritto successivamente - sia alle tipologie di lavoro svolte da queste persone (lavori prevalentemente manuali e
faticosi) sia alle ridotte informazioni ricevute nel posto di lavoro sull’igiene e la sicurezza di questo sia alle discriminazioni
subite.
Il dato inerente il 65,57% dei casi (40 soggetti) che ha riferito di non aver avuto informazioni sull’Igiene o la sicurezza
nell’ambiente di lavoro né tantomeno di essere stato adeguatamente informato sul rischio da Covid durante l’emergenza può
essere riferito al fatto che, probabilmente, essi non chiedono informazioni magari nel timore di non ‘infastidire’ colleghi e/o
datori di lavoro e per paura di perdere il lavoro; anche su questo aspetto non risulta che ci siano molti controlli anche da parte
dei detti organi di vigilanza ed è anche da valutare l’approccio che hanno a questa problematica pure i lavoratori italiani per
le stesse motivazioni, in relazione ad una ridotta cultura del lavoro e in un periodo di crisi economica.
Le discriminazioni sul lavoro rilevate nel 37,70% dei casi (23 migranti su 61) costituiscono un elemento di rilievo e riguardano
principalmente l’ambito linguistico/culturale; questo dato fa riflettere sulla carente cultura dell’accoglienza presente nel nostro
paese (si pensi al sovranismo populista) e sulla necessità di istituire nell’ambito delle imprese il “Diversity Manager”, figura
che agevolerebbe le relazioni orizzontali e verticali nell’ambiente di lavoro in vari ambiti. Questo dato, comunque, risulta
difficile da cogliere a pieno dall’esterno dei singoli posti di lavoro; interessante sarebbe, in proposito, anche il ruolo che
possono svolgere il Sindacato e i Responsabili dei Lavoratori per la Sicurezza in ambito aziendale. Come sopra descritto,
questa tipologia di ‘Management’ comprende le pratiche e le politiche che mirano a rispettare tutte le diversità all’interno di
un’azienda, supportando diversi stili di vita e rispondendo alle esigenze di ogni essere umano, di per sé unico, sia in ambito
sociale che in ambito lavorativo e professionale (QuiFinanza 28.01.21).
I lavori svolti dai soggetti intervistati sono prevalentemente manuali e faticosi, usuranti. I fattori di rischio prevalentemente
individuati in tutte le mansioni sono: la fatica fisica, la movimentazione manuale di carchi, il microclima sfavorevole e la
possibile carenza di pause di riposo.
Non abbiamo dati inerenti i possibili titoli di studio acquisiti dai soggetti nel loro paese di origine e le attività lavorative svolte
precedentemente nel loro paese; non conosciamo la loro precedente e attuale esperienza e formazione specifica né siamo a
conoscenza delle specifiche difficoltà anche sul versante psicologico, in occasione dello svolgimento di lavori di livello forse
anche meno elevato rispetto a quelli nel paese di origine e comunque pesanti e magari più precari rispetto agli italiani.
Sono stati, poi, indicati i dispositivi di protezione individuale e si è indagato in modo generale su quelli principali ed è emerso
come nel periodo pre-covid molti lavoratori utilizzavano mascherine (55,93%), guanti (10,16%) e abiti da lavoro (16,94%)
propri; mentre i datori di lavoro fornivano mascherine (20,33%), guanti (55,93%), occhiali e visiere (23,72%), abiti da lavoro
(42,37%), camici e tute protettive (11,86%) e casco (1,69%); contestualmente è stato verificato che il 33,89% dei lavoratori
non usava guanti, il 40,67% non utilizzava abiti da lavoro, il 76,29% non utilizzava occhiali e visiere e l’ 88,13% non utilizzava
camici e tute protettive. La situazione appare molto variegata e, in relazione all’esperienza, il dato può essere paragonabile a
quanto avviene tra i lavoratori italiani in relazione alla cultura della sicurezza loro e dei datori di lavoro.
Nel periodo covid sono diminuite, in generale, le percentuali dei lavoratori che hanno utilizzato alcuni dispositivi di protezioni
individuale propri (mascherine 15,25% e camici-tute protettive 8,47%) mentre è aumentata la percentuale di utilizzo di altri
dispositivi di protezione individuali propri (guanti 18,64%, occhiali-visiere 8,47%, abiti da lavoro 18,64%). E’, inoltre, diminuita
la percentuale di lavoratori che non hanno utilizzato nessun dispositivo di protezione individuale (mascherine 6,77%, guanti
10,16%, occhiali-visiere 35,59%, abiti da lavoro 20,33%, camici e tute protettive 64,40% e casco 0%). Questa seconda
rilevazione indica, come molto probabilmente, la pandemia ha portato ad attenzionare maggiormente l’igiene e la sicurezza
nei luoghi di lavoro.
Si illustrano di seguito alcune considerazioni sulla ‘differenza di genere’. 15 donne su 20 provengono dall’Europa dell’est e
dal Sud America; queste vengono assunte in genere nel nostro paese con mansioni di badanti e domestiche; 33 uomini su
42 provengono dall’Africa, giungono via mare per fuggire da guerre o per cercare fortuna nel nostro paese, vengono occupati
in edilizia o nella metalmeccanica e poi tentano il ricongiungimento familiare.
In merito allo ‘status lavorativo’, il 45,16% degli intervistati svolge un lavoro regolare e il restante 54,84% si divide in parti
simili in irregolari e senza lavoro. Il dato rilevato evidenzia una ‘differenza di genere’: il lavoro regolare è svolto principalmente
dagli uomini (regolari 52,38% verso irregolari 21,43%) mentre fra le donne prevale il lavoro irregolare (45% irregolari verso il
30% regolari). Il fenomeno potrebbe essere spiegato con il fatto che gli uomini operano in realtà aziendali che - in linea di
massima - li assumono regolarmente mentre le donne che operano, in genere, come colf e badanti non sempre vengono
regolarizzate ancora oggi.
Un altro dato che emerge dall’indagine condotta è che le donne hanno lavorato prevalentemente da sole nel periodo pre-
covid (65%) e nel periodo covid (50%) e in squadra nel 30% dei casi sia nel periodo pre-covid che in quello covid; gli uomini
hanno lavorato in buona parte in squadra sia nel periodo pre-covid (66,67%) che in quello covid (64,28%) e in proporzione
minore da soli nel periodo pre-covid (28,57%) e ancor meno nel periodo covid (14,29%), tenendo anche in considerazione
che il 21,43% di questi ha perso il lavori in periodo covid contro il 20% delle donne che hanno perso il lavoro nel periodo covid.
Circa le relative cause della perdita del lavoro non abbiamo dati.
10 donne su 20 (50%) e 27 uomini su 42 (64,29%) hanno riferito difficoltà lavorative in ambiente di lavoro; il dato può essere
correlato, particolarmente per gli uomini, a quanto citato già nell’introduzione circa i lavori ‘3D’ nei quali vengono abitualmente
impiegati i migranti (sporchi, pericolosi e difficili).
14 donne su 19 (73,68%) e 26 uomini su 42 (61,90%) hanno dichiarato di non avere ricevuto informazioni in merito a igiene
e sicurezza del lavoro ricevute da parte del datore lavoro; il dato può essere spiegato con la considerazione che il rischio della
badante e della domestica, per le donne, è scarsamente considerato e i datori di lavoro non hanno una precisa percezione
dei rischi correlati; per gli uomini bisogna considerare ancora una volta il fatto che i lavori ai quali vengono in genere adibiti
sono spesso ‘sporchi, pericolosi e difficili’ e ciò può sottendere il fatto che i datori di lavoro che operano questa scelta non
prestino attenzione a questo aspetto e alle problematiche connesse all’igiene e alla sicurezza sul lavoro.
Gli uomini intervistati, infine e probabilmente anche per le ragioni suddette, hanno subito maggiormente discriminazioni sul
lavoro (19/42 - 45,24%) rispetto alle donne (4/20 - 21,05%).
Si ricorda, in merito alle problematiche trattate, il caso di una operaia metalmeccanica sudamericana trentunenne giunta
qualche tempo fa’ presso un ‘ambulatorio mobbing’, la quale riferiva di essere stata violentata per cinque anni dal datore di
lavoro di una impresa dell’hinterland milanese in cambio di promesse di ricongiungimenti familiari e delle compagne di lavoro
pure migranti che le dicevano: “se vai via tu prendiamo noi il tuo posto” Il titolare 75enne fu condannato in primo grado.
In agosto di quest’anno, in Calabria, una giovane lavoratrice lavapiatti nigeriana è stata picchiata dal datore di lavoro
(cellulare scassato e un dito fratturato) il quale non voleva neanche pagare la retribuzione del mese (600 euro al mese per
10 ore al giorno)
In settembre 2022 in un cantiere edile a Milano è morto un lavoratore marocchino di 52 anni dopo un volo di quasi venti
metri; i lavori dovevano essere terminati per tempo in relazione al ‘superbonus 110%’ e non era stato possibile avere i
ponteggi; egli lavorava ‘in fune’, sospeso nel vuoto e sarebbe precipitato dopo aver sbagliato corda di sicurezza …
Qualche giorno dopo, sempre a Milano. Un operaio egiziano 32enne è rimasto schiacciato da un carrello elevatore, edè rimasto
in comaper giornisenza che nessuno neconoscessela sua identità, neanche l’impresa cheeseguiva ilavori…
7.0 – Conclusioni (1,2,3,4,5,6,7,8,9,10)
In linea generale, l’indagine svolta conferma come la pandemia da Sars-CoV-2 ha segnato anche gli ambienti di lavoro e
la vita quotidiana, particolarmente dei lavoratori migranti presenti in Italia.
Il dato inerente le difficoltà di accesso alle Strutture Sanitarie pubbliche per le fruire delle prestazioni sanitarie e le maggiori
difficoltà per gli ‘irregolari’ è in linea con quanto rilevato nel Progetto interregionale dell’INMP (Istituto Nazionale per la
promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà) del 2022, in questo si
ipotizzavano le difficoltà all’accesso ai Servizi Sociosanitari sia di tipo culturale e religioso sia difficoltà burocratiche legate
all’incompatibilità tra impegni lavorativi e orari di apertura dei Servizi. Altrettanto si può ipotizzare in relazione alle risposte
ottenute dai lavoratori migranti intervistati.
Non è stato confermato, invece, il dato che le persone più svantaggiate siano quelle maggiormente esposte al virus ma
soprattutto ai suoi esiti peggiori. La percentuale di stranieri che si è sottoposta al test (tampone) in occasione dell’indagine è
risultata significativa diversamente da quanto nelle statistiche dello studio di INMP e non abbiamo dati circa la loro percentuale
di ospedalizzazione dei migranti.
In merito alla povertà tra i migranti, il dato (migranti disoccupati in periodo pre-covid 4,84% e in periodo covid 20,97%) è
indice del generale peggioramento della situazione lavorativa specie per il lavoratori – particolarmente gli stranieri con
percentuali maggiori che quelli italiani – ed è in linea con il dato generale dell’impoverimento della popolazione precaria
straniera e meno retribuita; una quota significativa del campione intervistato ha perso il lavoro nel periodo covid. Ciò conferma
come il mercato del lavoro in Italia offre poche buone opportunità occupazionali e genera strutturalmente povertà, con un
incremento dei cosiddetti “working poor” (coloro che appartengono alla categoria dei lavoratori poveri e che, pur avendo
un'occupazione, si trovano a rischio di povertà e di esclusione sociale a causa del livello troppo basso del loro reddito,
dell'incertezza sul lavoro, della scarsa crescita reale del livello retributivo, dell'incapacità di risparmio).
Si è rilevata per i lavoratori migranti la presenza della piaga del lavoro nero (lavoro con contratti irregolari nel 29,03% del
campione considerato).
Si è constatato il dato, del resto noto, che i lavori svolti da questi soggetti sono in genere pesanti e vengono accettati anche
in relazione alle difficoltà economiche per la sopravvivenza del nostro paese.
L’informazione ai lavoratori migranti in materia di igiene e sicurezza del lavoro è stata carente e problematiche sono risultate
in alcuni casi le culture di appartenenza e le difficoltà comunicative e linguistiche. La situazione di precarietà di questi soggetti
porta anche ad una loro ‘ridotta’ percezione del rischio, come esito della comprensione personale e soggettiva dei rischi reali
presenti nel luogo e nella organizzazione del lavoro e anche di fattori collettivi e sociali presenti negli ambienti di lavoro.
In linea con questo dato è anche la statistica circa la fornitura / mancata fornitura e utilizzo / non utilizzo dei dispositivi di
protezione individuale in occasione di lavoro da parte dei lavoratori migranti.
E’, quindi, assolutamente necessario un cambiamento di rotta e la spinta da parte delle forze sociali progressiste verso una
nuova governance dei processi migratori e dell’inclusione sia sociale sia lavorativa di queste persone / forza lavoro, da
considerare come un valore aggiunto alla nostra società. Se non si pone un rimedio sostanziale, la situazione andrà
sicuramente a peggiorare.
Vanno, infine, tutelate maggiormente le donne migranti che si trovano in posizione di tutela inferiore rispetto agli uomini su
diversi fronti.
A livello globale va ricostruita una cultura del lavoro, anche e non soltanto in termini di igiene sicurezza del lavoro, quale -
soltanto ad esempio - la lotta al ‘caporalato’ diffuso anche nel nord Italia.
Vanno attivati una corretta informazione, formazione e addestramento di tutti i lavoratori – italiani e migranti, vanno avviati
processi di miglioramento delle condizioni generali del lavoro attraverso misure tecniche, organizzative e procedurali rivolte a
tutte le tipologie di realtà aziendali e a maggiore tutela dei lavoratori più svantaggiati.
In questo campo va giocato un ruolo a 360 gradi da parte di tutti gli attori in gioco: Datori di Lavoro, Dirigenti e Preposti (il
cosiddetto “triangolo delle decisioni”), Medici Competenti, Responsabili dei Servizi di Protezione e Prevenzione e
Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (il “triangolo delle competenze). Vanno, poi, attivate in modo costante e incisivo
le attività di tutti gli organi di controllo socio-sanitario e in materia di igiene e sicurezza del lavoro (INPS, INAIL, Ispettorati del
Lavoro e Servizi di Vigilanza delle ATS /ASL).
Il mondo delle imprese, il mondo sindacale e tutti i cittadini dovrebbero prender coscienza di queste problematiche affinchè
vengano decise e attuate scelte strategiche e consapevoli che possano concorrere alla ricerca del bene comune, alla
sostenibilità nel tempo dei modelli di sviluppo, alla creazione di nuove forme di governance delle interdipendenze globali,
anche in merito all’igiene e alla sicurezza del lavoro.
In questo quadro, come sopra descritto, sia il Report ISMU del dicembre 2020 sia la pubblicazione del 2021 sempre
dell’ISMU (“Dalla scoperta del lavoro immigrato alla valorizzazione della diversità come risorsa competitiva”) - ai quali si
rimanda - hanno elaborato delle proposte indirizzate alle imprese e agli altri attori del mercato del lavoro ai fini della inclusione
lavorativa e la valorizzazione di migranti e rifugiati. E’ necessario portare in trasparenza e valorizzare le competenze delle
risorse umane con background migratorio. Per superare le criticità insite negli ambiti lavorativi e per favorire la messa a valore
delle competenze delle risorse umane dei migranti, sono state proposte sia alcune attività rivolte ai diversi soggetti coinvolti
ai fini della governance del mercato del lavoro sia l’opportunità dell’arricchimento della consapevolezza e delle conoscenze
nell’area del “Diversity Management” e il sostegno ai processi di progettazione, implementazione e monitoraggio di iniziative
per il riconoscimento e la valorizzazione del potenziale dei migranti nei luoghi di lavoro.
Con questo studio ci si propone, - infine e nell’ambito del GrIS Lombardia per il 2023 – la realizzazione di un evento con
finalità sociale indirizzato ai Servizi di Medicina del Lavoro delle ATS, ai Sindacati e alle Associazioni che si occupano di
migranti, al fine di stimolare la loro attenzione per un intervento a favore della igiene e sicurezza di questi lavoratori,
coinvolgendo pure il mondo delle imprese per una sua sensibilizzazione alla problematica.
In un’ottica a 360 gradi, va rinforzato e ampliata l’ottica dell’intervento del GriS - mirato oggi ad una dignitosa assistenza
sanitaria / clinica dei migranti – allargando la prospettiva anche al versante sociale e, in particolare lavorativo, cruciale per la
sopravvivenza e per una maggiore dignità di queste persone nel nostro paese.
7.0 - Bibliografia
1. Leocata G., Castellini G. – Intervista : 19.03.2013 / senza filtro “Mobbing e immigrazione” di Naghia Ahmed – Yalla Italia marzo 2013 –
giornale online dei G2 (seconde generazioni).
2. Leocata G. – Capitolo 24: Migranti e lavoro pagg.557-564, Medicina del lavoro / lavoro ambiente salute – a cura di Pier Alberto Bertazzi -
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013.
3. Leocata G. - “Migranti e lavoro, l’esperienza di una Unità Operativa di Medicina del Lavoro in Lombardia”– XV Congresso Nazionale SIMM
- Dinamiche di salute e Migrazioni tra continuità e nuovi bisogni – Catania 18-20.04.2018 – Atti pag.120 – Pendragon.
4. XXVII Rapporto ISMU sulle Migrazioni 2021.
5. Migranti stranieri in calo, l’Italia attrae meno: il rapporto Ismu 2021 - La responsabile settore Statistica della Fondazione Livia Elisa
Ortensi: "Pesa la pandemia, nuovi ingressi calati del 40%" - 11/02/2022 LIVE news - DiRe Agenzia di Stampa Nazionale www.dire.it -
Alessandra Fabbretti.
6. Di Napoli A. Ventura M. Petrelli A. (a cura di) - Le disuguaglianze socio-economiche e territoriali della salute in Italia: evidenze recenti
alla luce dell’epidemia Covid-19 – Roma: INMP; febbraio 2022 - Quaderni di epidemiologia n.4.
7. Rapporto annuale ISTAT 2021.
8. La Pandemia della disuguaglianza – Di cosa abbiamo bisogno per combattere le disuguaglianze che in Italia e nel mondo si stanno
acuendo a causa della pandemia di COVID-19 - Oxfam Italia gennaio 2022.
9. Dalla scoperta del lavoro immigrato alla valorizzazione della diversità come risorsa competitiva – Laura Zanfrini – Fondazione ISMU
(Iniziative e Studi sulla Multietnicità) – 2021/11.
10. Report ISMU Dicembre 2020 – Massimiliano Monaci e Laura Zanfrini – Una macchina in moto col freno tirato / La valorizzazione dei
migranti nelle organizzazioni di lavoro - Milano 2020.

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  • 1. XVI Congresso SIMM – 19-21.10.2022, Aula Magna Rettorato della Sapienza Università di Roma Migranti presenti in Italia, Lavoro e Salute al tempo del Covid-19 Giuseppe Leocata (1), Ludovica Azzola (2), Diana De Venz (3), Stefano Candura (2) Leggere la migrazione non come “una malattia che incrocia la vita e chiede di essere qualificata da esperti”, bensì come banco di prova della tenuta del diritto, come test della capacità di presa in carico da parte della 'collettività con diritti', nella consapevolezza che “come è sempre vero per i diritti umani, la loro violazione, o anche solo, o principalmente, la loro invisibilità, rompe tutta la trama del tessuto sociale”. Gianni Tognoni - “Il diritto alla prova dell'immigrazione” (2010), da: Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – Gli effetti sulla salute ad un anno dal Decreto Sicurezza – Caritas Ambrosiana – Milano 16.11.2019 1.0 - Introduzione (1, 2, 3) La pandemia da Sars-CoV-2 ha segnato pesantemente, oltre che la vita quotidiana delle persone, anche tutti gli ambiti di lavoro. Il periodo è stato contrassegnato da diversi momenti e situazioni, il prima e il dopo vaccini, l’informazione spesso carente e non capillare, l’accettazione o il rifiuto della vaccinazione, i lock down e le riaperture anche dei luoghi di lavoro con, senza o con carenti misure di cautela collettiva e personale. A questo si sono aggiunte, per i migranti, le difficoltà di accesso alle Strutture Sanitarie pubbliche per le opportune informazioni, per la vaccinazione e l’effettuazione dei tamponi, oltre le maggiori difficoltà per gli ‘irregolari’ per l’acceso alla Sanità nel nostro Paese. Sul versante strettamente lavorativo è emersa – specie per i lavoratori migranti – ancora una volta e drammaticamente la presenza della piaga del lavoro nero e, in diversi casi, questi soggetti hanno anche perso il lavoro in relazione alla crisi economia correlata alla pandemia. Il periodo pandemico ha messo pure maggiormente in evidenza diversi aspetti e criticità già note ai Servizi di Medicina del Lavoro (ATS in Lombardia o ASL in altre Regioni Italiane) e ai Medici del Lavoro competenti che operano nell’ambito delle imprese del territorio nazionale: i primi stanno vivendo una progressiva riduzione del personale e delle possibilità di intervenire nelle situazioni più critiche e stanno subendo un processo di marginalizzazione in un quadro di incertezza istituzionale e normativo circa il loro ruolo effettivo; i secondi non sono presenti in tutte le realtà produttive e talvolta non vengono messi in condizione di operare in autonomia e indipendenza per la tutela della salute dei lavoratori, specie quelli migranti i quali ‘sfuggono’ alla loro attività. Il punto di partenza da considerare quando si affronta la problematica dell’igiene e della sicurezza nei luoghi di lavoro, e non soltanto tra gli immigrati che operano nel nostro Paese, è quello della ‘percezione del rischio’. Si pensi soltanto alla ‘marginale attenzione’ al fenomeno dell’attuale aumento degli infortuni mortali sul lavoro in Italia. La percezione del rischio condizionata da fattori individuali e collettivi/sociali. E’, quindi, l’esito di una comprensione personale e soggettiva dei rischi reali presenti nel luogo e nella organizzazione del lavoro, avviata non sulla base di dati certi ma di conoscenze e nozioni individuali; è un percorso soggettivo: in base al proprio pensiero personale e alle proprie abitudini, si è portati a considerare come più o meno grave e impellente un rischio rispetto a com’è nella realtà; tale percezione risente anche della sfera delle emozioni e delle conoscenze. Dal punto di vista collettivo e sociale, la percezione del rischio è condizionata dall’idea di igiene e sicurezza in merito al lavoro, oltre che nel quotidiano, presente/dominante nel proprio ambito/gruppo di riferimento e nella società in cui si trova a vivere. Essa è influenzata, inoltre, in molti casi da diversi altri elementi particolari: a) fattori individuali, quali età anagrafica, sesso, cultura di appartenenza e difficoltà comunicative e linguistiche; b) esperienza individuale del singolo, sua conoscenza e consapevolezza, sua esposizione continua o saltuaria al rischio nell’attività lavorativa che svolge anche per assente e/o ridotta esperienza lavorativa nel suo paese di origine (spesso, l’abitudine a svolgere un compito pericoloso porta a non percepirlo come tale oppure la scarsa frequenza di un certo rischio induce a credere che non sia necessario premunirsi contro di esso); c) scelta forzata di lavorare per svolgere date mansioni, per cui il migrante deve accettare l’esistenza di determinati rischi; egli deve lavorare il più possibile per garantire le 'rimesse' al suo paese di origine e/o magari per ritornarvi; d) frequente costrizione a svolgere i lavori più pesanti, quelli “3D” “Dirty, Dangerous, Difficult”; e) considerazione della salute nei luoghi di lavoro come aspetto secondario a causa delle precarie condizioni economiche nel e del suo Paese di provenienza; f) ignoranza delle relative leggi nel proprio Paese o presenza di norme che non garantiscono lo stesso grado di tutela di quelle italiane e non conoscenza delle norme di igiene e sicurezza presenti nel nostro Paese e difficoltà a leggerle, a comprenderle e a metterle in atto. Anche gli immigrati ‘in regola’ spesso accettano situazioni precarie e critiche per evitare situazioni conflittuali, per il timore di perdere il posto di lavoro e perchè più ricattabili, anche quando esposti a rischi che anch’essi conoscono e più pesanti rispetto a quelli degli italiani. I migranti che prendono coscienza della realtà lavorativa fanno notare anche ai medici del lavoro in azienda che in merito all'igiene e alla sicurezza del lavoro non si sentono diversi dai lavoratori italiani. _________________________________________________________________________________ (1) ASST Melegnano Martesana (Mi), (2) Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università di Pavia - Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Unità Operativa Medicina del Lavoro, Istituto di Pavia (3) Educatrice, Mediatrice Socio-Educativa
  • 2. Interessante è indagare nelle singole realtà circa l’atteggiamento dei colleghi di lavoro italiani nei loro confronti e circa le possibili vessazioni sul lavoro (pur subendo vessazioni sul lavoro, molti migranti non denunciano o rendono meno palesi gli accadimenti vessatori). 2.0 - Obiettivi L’indagine è stata diretta a conoscere e ad analizzare in modo descrittivo come è stato vissuto questo periodo e come la Pandemia da Sars-Cov-2 abbia influito sull’attività lavorativa dei migranti presenti in Italia. Sono stati, quindi, presi in considerazione sia l’aspetto puramente lavorativo (tipologia di contratto, informazioni sanitarie a lavoro, dispositivi di protezione individuali e collettivi) sia l’aspetto psicosociale (discriminazioni culturali, linguistiche e/o religiose). E’ stata posta anche l’attenzione a come il periodo Covid sia stato vissuto dai lavoratori migranti e quali influenze questo abbia avuto sulla popolazione migrante presente e operante in alcune provincie lombarde: Milano, Bergamo e Lodi e Ancona nelle Marche. Attraverso questa indagine, si è cercato di cogliere gli aspetti della loro salute in relazione alle attività svolte, è stato chiesto se essi hanno o meno un lavoro, se lo hanno perso o se lo hanno dovuto cambiare; se hanno ricevuto un’adeguata formazione/informazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro, se hanno assistenza sanitaria e se si sono sottoposti alla vaccinazione per il Covid. La finalità sociale dell’indagine dovrebbe essere quella della raccolta di dati da presentare ai Servizi di Medicina del Lavoro delle ATS, ai Sindacati e alle Associazioni che si occupano di migranti, al fine di stimolare la loro attenzione per un intervento a favore della igiene e sicurezza di questi lavoratori e anche per un incontro con il mondo delle imprese per una sua sensibilizzazione alla problematica. 3.0 - Metodi / Azioni E’ stato elaborato un questionario cartaceo di semplice compilazione e, in relazione alla difficoltà nel potere reperire dei mediatori linguistici negli ambulatori del Gruppo Immigrazione Salute Lombardia/ Marche presso i quali è stata effettuata la raccolta dati, si è scelto di ammettere all’indagine soltanto persone in grado di parlare italiano e/o supportate da un operatore/familiare a conoscenza della lingua italiana, presso le singole sedi interessate. Si è anche optato, per correttezza, di fornire una scheda per il consenso informato da conservare poi a cura del singolo centro di compilazione dei questionari. Tabella 1 – Questionario Questionario Migranti Lavoro e Salute al tempo del Covid GrIS sede : ………….. n. caso …… Somministrato in data …………… Iniziali della Persona ⃝ ⃝ ⃝ ⃝ Sesso F ⃝ M ⃝ Altro ⃝ Anni compiuti ⃝ ⃝ Nazionalità Hai assistenza sanitaria No ⃝ Si ⃝ da chi ……………………………………………………………………………..………………….. Sei vaccinato contro il Covid Si ⃝ No ⃝ perché ………………………….….……………………………………………….………….……. IL TUO LAVORO Contratto di lavoro Regolare ⃝ Irregolare ⃝ Sanato ⃝ Quante ore / settimana ⃝ ⃝ Oggi non hai un lavoro ⃝ I colleghi di lavoro come ti vedono in quanto straniero Descrivi …………………………………………………………………………………………………………………………………... …………………………………………………………………………………………………………………………………… Sei stato discriminato sul lavoro per ragioni: culturali ⃝ linguistiche ⃝ religiose ⃝ Descrivi ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………… Ritieni che il lavoro da svolgere sia difficoltoso per ragioni: (il lavoro è gravoso dal punto di vista fisico, sensoriale, psichico) fisiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….…………………………. sensoriali (vista, udito, olfatto, tatto) , No ⃝ Si ⃝ perché.………….…………………………. psichiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….…………………………. Tu hai difficoltà nello svolgerlo (Hai limitazioni fisiche, sensoriali, psichiche che ti rendono difficolto lavoro) fisiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….…………………………. sensoriali (vista, udito, olfatto, tatto) , No ⃝ Si ⃝ perché.………….…………………………. psichiche No ⃝ Si ⃝ perché.…………………………………………………….………………………….
  • 3. Ricevi in genere / hai ricevuto informazioni sanitarie a lavoro No ⃝ Si ⃝ da chi …………………………………………………………………………………..……………... da altre figure/strutture fuori dal lavoro ………………………………………………………………….. ………………………………………………………………………………………………………………………………….. Sei / sei stato opportunamente formato in azienda su aspetti di igiene e sicurezza lavoro Si ⃝ No ⃝ Commenti : ………………………………………………………………………………………………………….…… …………………………………………………………………………………………………….…………………………… …………………………………………………………………………………………………….…………………………… Parliamo ancora del tuo lavoro Prima della effettuazione della vaccinazione (quante dosi: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝) Dopo la effettuazione della vaccinazione (quante dosi: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝) Non sono vaccinato In cosa consiste tuo lavoro (mansioni svolte) …………………………………………… ……………………….………………… …………………………………………. ………………………………………… ………………………….……………… ………………………………………… ………………………………………… ………………………….……………… ………………………………………… Lavori da solo/a No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Lavori in squadra No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Hai cambiato lavoro No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché …………………………………………… No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché ………………………………………… No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché …………………………………………. Hai perduto il lavoro No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché …………………………………………… No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché ………………………………………….. No ⃝ Si ⃝ Se sì, perché ………………………………………… Hai ricevuto informazioni/formazio ne riguardo al Covid sul luogo di lavoro No ⃝ poche e non chiare ⃝ adeguate e chiare ⃝ da parte di chi …………………………………………… No ⃝ poche e non chiare ⃝ adeguate e chiare ⃝ da parte di chi …………………………………..……… No ⃝ poche e non chiare ⃝ adeguate e chiare ⃝ da parte di chi …………………………………..……… Per il tuo lavoro hai usato dispositivi di protezione 1) mascherine Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ 2) guanti Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ 3) occhiali/visiere Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ 4) abiti da lavoro Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ 5) camici/tute protettive Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ 6) altro ………………………… Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Mie/miei ⃝ Del lavoro ⃝ No ⃝ Sul luogo di lavoro come sono distanze da colleghi Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝ Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝ Sufficienti ⃝ insufficienti ⃝ Al lavoro c’è 1) sanificazione ambienti No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ 2) misurazione temperatura No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ 3) gel disinfezione mani No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ 4) controllo green pass No ⃝ Si ⃝ 5) tampone periodico No ⃝ a tue spese ⃝ azienda ⃝ sanità ⃝ No ⃝ a tue spese ⃝ azienda ⃝ sanità ⃝ Hai lavorato in smartworking / telelavoro No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Hai avuto periodi di sospensione da lavoro No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝
  • 4. Per andare a lavorare usi/ usavi mezzi pubblici No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Per andare a lavorare usi/usavi solo tuo mezzo (piedi, bici, moto, auto...) No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Hai contratto il Covid No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Hai effettuato quarantene No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ No ⃝ Si ⃝ Eventuali note …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Tabella 2 - Consenso informato CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI La/Il sottoscritta/o …………………………………..…………….….…… nata/o a ……………….…….……………….……….. il ………….……… codice fiscale …………………………………………………… tel. ……………….……………… cell. …….………………………………………… residente a ……………………………………………………… via …………………………..……………………………….………………………….. ACCONSENTE Ai sensi e per gli effetti degli artt.13 e 23 del D.Lgs. 196/2003 e del GDPR - Regolamento generale sulla protezione dei dati (UE/2016/679), con la sottoscrizione del presente modulo, al trattamento dei dati personali secondo le modalità e nei limiti di cui alla informativa allegata. Letto, confermato e sottoscritto ……………………………………, lì …………………………. …………………….…………………………… Firma del dichiarante per esteso e leggibile INFORMATIVA Gentile signora/e, desideriamo informarLa che il Codice in materia di protezione dei dati personali e il GDPR/Regolamento generale sulla protezione dei dati – prevedono la tutela della Sua riservatezza e dei Suoi diritti. Le forniamo, pertanto le seguenti informazioni:  Il trattamento riguarderà anche dati personali rientranti nel novero dei dati ‘sensibili’ vale a dire l’origine razziale ed etnica e dati idonei a rivelare lo stato di salute  I dati da Lei forniti verranno trattati per finalità esclusivamente scientifiche, studio descrittivo della situazione dei migranti in Italia nel periodo Covid  Il trattamento dei dati sarà effettuato con modalità manuale e informatizzata  Il conferimento dei dati è facoltativo e l’eventuale rifiuto di fornire tali dati non ha alcuna conseguenza  I dati anonimi e collettivi saranno comunicati a : Congresso SIMM 2022, Congresso SIML 2022, tesina Corso Clinica Transculturale c/o Associazione Crinali, Tesi specialità in medicina del lavoro dr.ssa Ludovica Azzola.  Il titolare del trattamento dei dati è la sede GriS …………………………………………………………………………………………………….… …………………………………………………………………………………………………………………… (indicare denominazione o ragione sociale e domicilio, residenza o sede del titolare) In ogni momento potrà esercitare i Suoi diritti nei confronti del titolare del trattamento ai sensi del del D.Lgs. 196/2003 e del GDPR - Regolamento generale sulla protezione dei dati. Il questionario contiene domande semplici ed intuitive in modo da favorire la comprensione delle stesse ai migranti che non hanno particolare dimestichezza con la lingua italiana. Esso è stato condiviso con i diversi ambulatori e centri di ascolto afferenti al GrIS che si sono resi disponibili in relazione ai loro carichi di lavoro e alla possibilità di supporto da parte dei loro operatori. Hanno dato la loro disponibilità: Oikos di Bergamo, Caritas di Lodi, Naga Milano e Azienda Socio Sanitaria Territoriale SS. Paolo e Carlo di Milano per la Lombardia e Senigallia per il GrIS Marche, al fine di potere confrontare i dati delle provincie lombarde e quelli di un’altra regione italiana. I questionari, dopo opportuni informazione e chiarimenti telefonici, sono stati compilati dagli operatori dei singoli ambulatori e poi raccolti dalla specializzanda in Medicina del Lavoro della Università degli Studi di Pavia che ha collaborato attivamente allo studio mentre, per Caritas Lodi, questa ha provveduto direttamente anche alla somministrazione dei questionari. Lo strumento è stato rivolto ai lavoratori migranti afferenti ai detti ambulatori al fine di indagare in merito al loro vissuto, in particolar modo lavorativo, nel periodo covid e alle loro condizioni di lavoro in questo periodo. L’intervista ha cercato di cogliere gli aspetti della salute dei lavoratori migranti e di eventuali loro difficoltà in relazione alle attività svolte; ha interessato sia migranti con lavoro regolare sia migranti con lavoro irregolare, che hanno perso il lavoro e/o che hanno dovuto cambiarlo. Inoltre, ha permesso di raccogliere dati circa l’informazione e formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro ricevute, alla vaccinazione covid di questi lavoratori e a come sono stati visti e trattati dai colleghi di lavoro e dai datori di lavoro.
  • 5. E’ stato, così, possibile fare una fotografia puntuale di un gruppo di soggetti riguardante il periodo compreso tra Ottobre del 2019 ed Aprile 2022. La raccolta dei dati è stata effettuata tra i primi di Marzo e fine Aprile 2022 al fine di permettere la successiva elaborazione del materiale raccolto. Dal punto di vista operativo e per la successiva elaborazione dei questionari, si è deciso di indicare nei questionari un numero corrispondente ad ogni singolo soggetto intervistato è da collegare alla sede di riferimento al fine della sua individuazione. Alla fine del questionario è stato anche lasciato un piccolo spazio per possibili note, qualora ritenuto di interesse e utile. 4.0 - Risultati Nel periodo Marzo-Aprile 2022 sono stati raccolti totalmente 62 questionari: 42 soggetti di sesso maschile e 20 di sesso femminile. Sono stati solamente 4 i migranti che non si sono voluti sottoporre alla somministrazione del questionario, senza fornire le motivazioni. Di seguito si illustrano i dati più significativi emersi dall’indagine e si riportano le risposte ritenute più interessanti dal punto di vista della medicina del lavoro ai quesiti posti. Suddividendo per fasce di età è stata registrata una prevalenza dei soggetti nella fascia 26-35 anni (21 casi); meno rappresentata è stata invece la fascia degli over 45 (9 casi). Tabella 3 – Fasce di età Tabella 4 – Nazionalità NAZIONALITA’ Senegal 9 Niger 2 Usa (Baltimora) 1 Nigeria 6 Mali 2 Etiopia 1 Perù 5 Guinea 2 Ciad 1 Marocco 4 Pakistan 2 Algeria 1 Albania 4 India 2 Ghana 1 Romania 4 Egitto 1 Sudan 1 Bangladesh 3 Bulgaria 1 El Salvador 1 Costa d'avorio 2 Ucraina 1 Gambia 2 Afghanistan 1 Africa 33 Est Europa 10 Asia 8 Sud America 6 Altro 1 Andando ad indagare la condizione sanitaria si è constatato che il 45,16% dei migranti non ha una assistenza sanitaria continuativa, il 19,35% è seguito dal proprio Medico di Medicina Generale, il 24,19% è a carico di Associazioni senza scopo di lucro e l’11,29% riferisce di avere assistenza sanitaria ma senza specificare quale. Tabella 5 – Assistenza Sanitaria MMG ASSOCIAZIONI ALTRO NO 12 15 7 28 19,35% 24,19% 11,29% 45,16% L’87,1% (54 casi) riferisce di non aver contratto l’infezione da covid, il 12,9 % (8 casi) riferisce di averla avuta. Lo stesso dato numerico lo riscontriamo nei migranti che riferiscono di aver effettuato o meno una quarantena. 0 10 20 30 18-25 26-35 36-45 >45 FASCE DI ETA' Assistenza Sanitaria MMG ASSOCIAZIONI ALTRO NO
  • 6. Tabella 6 – Infezione da Sars-Cov2 Tabella 7 – Quarantena Il 66,13% dei migranti ha effettuato tre dosi di vaccino, il 30,65% due dosi, 0% una sola dose. Considerando che circa il 13% dei migranti ha riferito di aver avuto il covid vi è stata una buona compliance alla vaccinazione. Solo il 3,23% non si è sottoposto alla vaccinazione riferendo paura o non confidando nella stessa. Tabella 8 - Vaccinazione 1° DOSE 2° DOSE 3° DOSE NON VACCINATI 0 19 41 2 0,00% 30,65% 66,13% 3,23% Andando, invece, ad indagare l’ambito lavorativo, il 45,16 % ha riferito di avere un contratto di lavoro regolare, il 29,03% irregolare ed il 25,81% sono disoccupati. Inoltre, il 59,68% ha riferito di riscontrare difficoltà (fisiche e psichiche) nell’ambiente lavorativo, a discapito del 40,32 % che ha riferito di no. Tabella 9 – Status Lavorativo Tabella 10 – Difficoltà nell’ambiente lavorativo Un dato eclatante è che il 65,57% (40 casi) dei casi ha riferito di non avere avuto informazioni sull’Igiene o la sicurezza nell’ambiente di lavoro, né tantomeno di essere stato adeguatamente informato sul rischio da Covid durante l’emergenza. Il 34,43% (21 casi) riferisce di essere stato formato. Tabella 11 – Informazioni su igiene e sicurezza del lavoro fornite in azienda 0 10 20 30 40 50 60 SI NO INFEZIONE DA SARS-COV2 0 20 40 60 SI NO QUARANTENA VACCINAZIONE 1° DOSE 2° DOSE 3° DOSE NON VACCINATI STATUS LAVORATIVO REGOLARI IRREGOLARI DISOCCUPATI DIFFICOLTA' IN AMBIENTE DI LAVORO sì no 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 1 CASI DI LAVORATORI MIGRANTI INFORMATI E NO SU IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO DA PARTE DELL'AZIENDA NO SI
  • 7. 38 migranti (il 62,3 % dei casi) hanno riferito di non aver avuto discriminazioni sul luogo di lavoro. Il 37,70% (23 casi) ha riferito di essere stato discriminato soprattutto dal punto di vista linguistico/culturale (la difficoltà nel farsi capire rende più difficile sia trovare un lavoro sia avere buoni rapporti con il datore o con i colleghi ed è anche correlata con lo scarso livello di formazione e informazione sull’Igiene e la Sicurezza sul Lavoro). Rare sono state le discriminazioni religiose. Tabella 12 – Discriminazioni a lavoro Sono state raccolte informazioni sulle mansioni svolte dai lavoratori migranti intervistati e le attività rilevate riguardano lavori prevalentemente manuali. Tabella 13 – Mansioni svolte dai migranti MANSIONI SVOLTE DAI MIGRANTI Magazziniere 6 Muratore 4 Ambulante 2 Giardiniere 1 Bracciante 6 Colf 4 Impiegato 2 Barista 1 Operaio 5 Fattorino 3 Pescatore 2 Addetto Sicurezza 1 Badante 5 Aiuto Cuoco 2 Scaffalista 1 Fruttivendolo 1 E’ stato indagato anche un altro aspetto di igiene e sicurezza del lavoro, quello della fornitura dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e del loro utilizzo da parte dei lavoratori migranti, sempre in periodo pre-covid e nel corso della pandemia. Tabella 14 – Dispositivi di Protezione Individuale DISPOSITIVI DI PROTEZIONE PRE COVID PROPRI DEL DATORE di LAVORO NESSUNO mascherine 33 (55,93%) 12 (20,33%) 14 (23,72%) guanti 6 (10,16%) 33 (55,93%) 20 (33,89%) occhiali-visiere 0 14 (23,72%) 45 (76,29%) abiti da lavoro 10 (16,94%) 25 (42,37%) 24 (40,67%) camici-tute protettive 0 7 (11,86%) 52 (88,13%) casco 0 1 (1,69%) 0 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE COVID PROPRI DEL DATORE di LAVORO NESSUNO mascherine 9 (15,25%) 35 (59,32%) 4 (6,77%) guanti 11 (18,64%) 31 (52,54%) 6 (10,16%) occhiali-visiere 5 (8,47%) 22 (37,28%) 21 (35,59%) abiti da lavoro 11 (18,64%) 25 (42,37%) 12 (20,33%) camici-tute protettive 5 (8,47%) 5 (8,47%) 38 (64,40%) casco 0 1 (1,69%) 0 E’ stata indagata la modalità di lavoro pre-covid e periodo covid. Si è constatato che, in relazione alle mansioni svolte e alla tipologia di lavoro effettuata - il lavoro in squadra nel totale della popolazione indagata riguarda sempre poco più della metà degli intervistati (54,84% pre-covid – 53,22% covid) mentre, sempre nella popolazione globale considerata, il lavoro svolto da sole/i riguarda maggiormente il periodo pre-covid (25 soggetti 40,32%) contro i 16 (25,81%) del periodo covid (considerando anche il dato inerente il notevole aumento dei disoccupati nel periodo covid 13 (20,97%).contro i 3 (4,84%) del periodo precedente. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 SI NO CASI DI MIGRANTI DISCRIMINATI A LAVORO
  • 8. Tabella 15 - Modalità di lavoro Tra gli intervistati afferenti alle due Regioni considerate, infine e pure in considerazione della esiguità del campione - particolarmente quello delle Marche, non sono state rilevate significative differenze tra le due popolazioni, ad esclusione di un dato riguardante le mansioni svolte; un soggetto lavora come pescatore e vive nelle Marche. Un ulteriore dato interessante nell’ambito dei risultati è quello della ‘differenza di genere’ rilevata nelle risposte ad alcuni quesiti posti al campione dei 62 soggetti intervistati. In particolare si è indagato sui seguenti aspetti : nazionalità, status lavorativo (lavoro irregolare, regolare, senza lavoro), modalità di lavoro pre- e post-covid (da sole/i, in squadra, disoccupati), difficoltà lavorative (fisiche/psichiche) in ambiente di lavoro, informazioni in merito a igiene e sicurezza del lavoro ricevute da parte del datore lavoro, discriminazioni nel luogo di lavoro. NAZIONALITÀ Donne (20) Uomini (42) Africa nord sahariana 1 (Marocco) 5 (Marocco, Algeria, Egitto) Africa sud sahariana 3 (Senegal, Nigeria) 28 (Senegal, Nigeria, Mali, Guinea, Costa d'Avorio, Gambia, Etiopia, Ghana, Ciad, Sudan) Asia 1 (India) 7 (Bangladesh Pakistan India Afghanistan) Centro-Sud America 5 (Perù, Salvador) - Est Europa 10 (Albania, Romania, Ucraina, Bulgaria) 1 (Romania) Altro - 1 (USA) STATUS LAVORATIVO Donne (20) Uomini (42) Totale (62) Regolari 6 (30%) 22 (52,38%) 28 (45,16%) Irregolari 9 (45%) 9 (21,43%) 18 (29,03%) Senza lavoro 5 (25%) 11 (26,19%) 16 (25,81%) MODALITÀ DI LAVORO Donne (20) Uomini (42) PRE-COVID COVID PRE-COVID COVID Lavoro da sole/i 13 (65%) 10 (50%) 12 (28,57%) 6 (14,29%) Lavoro in squadra 6 (30%) 6 (30%) 28 (66,67%) 27 (64,28%) Disoccupate/i 1 (5%) 4 (20%) 2 (4,76%) 9 (21,43%) DIFFICOLTÀ LAVORATIVE (FISICHE/PSICHICHE) IN AMBIENTE DI LAVORO Donne (20) Uomini (42) Totale (62) si 10 (50%) 27 (64,29%) 37 (59,68%) no 10 (50%) 15 (35,71%) 25 (40,32%) INFORMAZIONI SU IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO RICEVUTE DA DATORE LAVORO Donne (19) 1 no risposta Uomini (42) Totale (61) no 14 (73,68%) 26 (61,90%) 40 (65,57%) si 5 (26,32%) 16 (38,10%) 21 (34,43%) DISCRIMINAZIONI NEL LUOGO DI LAVORO Donne (19) 1 no risposta Uomini (42) Totale (62) si 4 (21,05%) 19 (45,24%) 23 (37,70%) no 15 (78,85%) 23 (54,76%) 38 (62,30%) modalità di lavoro periodo pre-COVID LAVORO DA SOLO LAVORO IN SQUADRA DISOCCUPATO modalità di lavoro in periodo COVID LAVORO DA SOLO LAVORO IN SQUADRA DISOCCUPATO
  • 9. 6.0 – Discussione L’età rilevata nei soggetti che lavorano è abbastanza o relativamente giovane (33,87% 26-35 anni e 27,41% 36-45 anni). Possiamo supporre che i soggetti sopra i 45 anni (14,51%) siano in numero ridotto in quanto si recano presso gli ambulatori dei GrIS probabilmente soltanto per “ascolto” e per alcune prestazioni sanitarie, accedendo direttamente in ospedale per urgenze e/o per problematiche di salute più significative e che necessitano di interventi sanitari complessi da parte delle strutture ospedaliere. In relazione alla provenienza geografica, hanno risposto 58 persone su 62. Il 56,89% dei migranti intervistati provengono dall’Africa e probabilmente sono giunti in Italia via mare con barconi; il 17,14% provengono dall’Europa dell’Est e il 13,79% da paesi asiatici probabilmente tramite le rotte balcaniche; il 10,34% proviene dal Sud America e in relazione a probabili vecchie migrazioni o ricongiunzioni familiari. Circa la metà dei soggetti (45,16%) non fruisce di assistenza sanitaria, probabilmente a causa di una situazione di ‘non regolarità’ che non permette loro la scelta del medico di medicina generale e l’acquisizione del codice “Straniero Temporaneamente Presente” (STP) e, quindi, si recano presso gli ambulatori dei GrIS quando necessario; interessante il dato del 24,19 % di persone che dichiarano di essere assistite da Associazioni con una certa regolarità e altrettanto interessante il 19,35% di soggetti sicuramente ‘regolari’ che hanno il medico di medicina generale ma che, quando hanno bisogni più diretti o forse necessità di maggiore ascolto si recano presso gli ambulatori del GriS; del resto, in merito siamo a conoscenza della carenza di medici di medicina generale e delle loro difficoltà oggettive nel dover dedicare tempi adeguati per le singole visite mediche ai loro pazienti. In merito allo stato salute dei lavoratori migranti e ai loro dichiarati periodi di quarantena, i dati porterebbero a concludere che essi sono ‘sani’ e che hanno necessità di tutelare maggiormente il loro stato di salute in relazione alla difficoltà di sopravvivenza senza un salario minimo. Ciò può significare che i migranti, durante la pandemia, si sono sottoposti ad isolamento/quarantena solamente in caso di positività conclamata. Interessante è inoltre il 66,13 % di migranti che si sono sottoposti alla terza dose di vaccino per il covid. Seppure non oggetto di specifica richiesta nel questionario, si è appreso che la terza dose è stata praticata in molti casi direttamente negli ambulatori dei GrIS – in specifico per la realtà di Lodi, presso l’ambulatorio della Caritas nel quale il questionario è stato somministrato dalla specializzanda in Medicina del Lavoro. Tale dato denota sia una discreta sensibilità alla problematica da parte dei lavoratori migranti sia l’importanza del servizio garantito dagli ambulatori del volontariato nei confronti di questi soggetti e a garanzia della tutela della salute collettiva. L’elevata percentuale di lavoratori irregolari (29,03%) potrebbe essere indicativa del fatto che queste persone preferiscono rimanere ‘in ombra’ magari per timore di perdere il posto di lavoro; indicativo, in relazione all’esperienza, è il fatto che molto ridotti sono i controlli nei confronti delle imprese da parte degli Ispettorati del Lavoro, dell’INPS e dei Servizi di Vigilanza delle ATS/ASL. Il 59,68% ha riferito di riscontrare difficoltà (fisiche e psichiche) nell’ambiente lavorativo, questo potrebbe essere correlato – come descritto successivamente - sia alle tipologie di lavoro svolte da queste persone (lavori prevalentemente manuali e faticosi) sia alle ridotte informazioni ricevute nel posto di lavoro sull’igiene e la sicurezza di questo sia alle discriminazioni subite. Il dato inerente il 65,57% dei casi (40 soggetti) che ha riferito di non aver avuto informazioni sull’Igiene o la sicurezza nell’ambiente di lavoro né tantomeno di essere stato adeguatamente informato sul rischio da Covid durante l’emergenza può essere riferito al fatto che, probabilmente, essi non chiedono informazioni magari nel timore di non ‘infastidire’ colleghi e/o datori di lavoro e per paura di perdere il lavoro; anche su questo aspetto non risulta che ci siano molti controlli anche da parte dei detti organi di vigilanza ed è anche da valutare l’approccio che hanno a questa problematica pure i lavoratori italiani per le stesse motivazioni, in relazione ad una ridotta cultura del lavoro e in un periodo di crisi economica. Le discriminazioni sul lavoro rilevate nel 37,70% dei casi (23 migranti su 61) costituiscono un elemento di rilievo e riguardano principalmente l’ambito linguistico/culturale; questo dato fa riflettere sulla carente cultura dell’accoglienza presente nel nostro paese (si pensi al sovranismo populista) e sulla necessità di istituire nell’ambito delle imprese il “Diversity Manager”, figura che agevolerebbe le relazioni orizzontali e verticali nell’ambiente di lavoro in vari ambiti. Questo dato, comunque, risulta difficile da cogliere a pieno dall’esterno dei singoli posti di lavoro; interessante sarebbe, in proposito, anche il ruolo che possono svolgere il Sindacato e i Responsabili dei Lavoratori per la Sicurezza in ambito aziendale. Come sopra descritto, questa tipologia di ‘Management’ comprende le pratiche e le politiche che mirano a rispettare tutte le diversità all’interno di un’azienda, supportando diversi stili di vita e rispondendo alle esigenze di ogni essere umano, di per sé unico, sia in ambito sociale che in ambito lavorativo e professionale (QuiFinanza 28.01.21). I lavori svolti dai soggetti intervistati sono prevalentemente manuali e faticosi, usuranti. I fattori di rischio prevalentemente individuati in tutte le mansioni sono: la fatica fisica, la movimentazione manuale di carchi, il microclima sfavorevole e la possibile carenza di pause di riposo. Non abbiamo dati inerenti i possibili titoli di studio acquisiti dai soggetti nel loro paese di origine e le attività lavorative svolte precedentemente nel loro paese; non conosciamo la loro precedente e attuale esperienza e formazione specifica né siamo a conoscenza delle specifiche difficoltà anche sul versante psicologico, in occasione dello svolgimento di lavori di livello forse anche meno elevato rispetto a quelli nel paese di origine e comunque pesanti e magari più precari rispetto agli italiani.
  • 10. Sono stati, poi, indicati i dispositivi di protezione individuale e si è indagato in modo generale su quelli principali ed è emerso come nel periodo pre-covid molti lavoratori utilizzavano mascherine (55,93%), guanti (10,16%) e abiti da lavoro (16,94%) propri; mentre i datori di lavoro fornivano mascherine (20,33%), guanti (55,93%), occhiali e visiere (23,72%), abiti da lavoro (42,37%), camici e tute protettive (11,86%) e casco (1,69%); contestualmente è stato verificato che il 33,89% dei lavoratori non usava guanti, il 40,67% non utilizzava abiti da lavoro, il 76,29% non utilizzava occhiali e visiere e l’ 88,13% non utilizzava camici e tute protettive. La situazione appare molto variegata e, in relazione all’esperienza, il dato può essere paragonabile a quanto avviene tra i lavoratori italiani in relazione alla cultura della sicurezza loro e dei datori di lavoro. Nel periodo covid sono diminuite, in generale, le percentuali dei lavoratori che hanno utilizzato alcuni dispositivi di protezioni individuale propri (mascherine 15,25% e camici-tute protettive 8,47%) mentre è aumentata la percentuale di utilizzo di altri dispositivi di protezione individuali propri (guanti 18,64%, occhiali-visiere 8,47%, abiti da lavoro 18,64%). E’, inoltre, diminuita la percentuale di lavoratori che non hanno utilizzato nessun dispositivo di protezione individuale (mascherine 6,77%, guanti 10,16%, occhiali-visiere 35,59%, abiti da lavoro 20,33%, camici e tute protettive 64,40% e casco 0%). Questa seconda rilevazione indica, come molto probabilmente, la pandemia ha portato ad attenzionare maggiormente l’igiene e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Si illustrano di seguito alcune considerazioni sulla ‘differenza di genere’. 15 donne su 20 provengono dall’Europa dell’est e dal Sud America; queste vengono assunte in genere nel nostro paese con mansioni di badanti e domestiche; 33 uomini su 42 provengono dall’Africa, giungono via mare per fuggire da guerre o per cercare fortuna nel nostro paese, vengono occupati in edilizia o nella metalmeccanica e poi tentano il ricongiungimento familiare. In merito allo ‘status lavorativo’, il 45,16% degli intervistati svolge un lavoro regolare e il restante 54,84% si divide in parti simili in irregolari e senza lavoro. Il dato rilevato evidenzia una ‘differenza di genere’: il lavoro regolare è svolto principalmente dagli uomini (regolari 52,38% verso irregolari 21,43%) mentre fra le donne prevale il lavoro irregolare (45% irregolari verso il 30% regolari). Il fenomeno potrebbe essere spiegato con il fatto che gli uomini operano in realtà aziendali che - in linea di massima - li assumono regolarmente mentre le donne che operano, in genere, come colf e badanti non sempre vengono regolarizzate ancora oggi. Un altro dato che emerge dall’indagine condotta è che le donne hanno lavorato prevalentemente da sole nel periodo pre- covid (65%) e nel periodo covid (50%) e in squadra nel 30% dei casi sia nel periodo pre-covid che in quello covid; gli uomini hanno lavorato in buona parte in squadra sia nel periodo pre-covid (66,67%) che in quello covid (64,28%) e in proporzione minore da soli nel periodo pre-covid (28,57%) e ancor meno nel periodo covid (14,29%), tenendo anche in considerazione che il 21,43% di questi ha perso il lavori in periodo covid contro il 20% delle donne che hanno perso il lavoro nel periodo covid. Circa le relative cause della perdita del lavoro non abbiamo dati. 10 donne su 20 (50%) e 27 uomini su 42 (64,29%) hanno riferito difficoltà lavorative in ambiente di lavoro; il dato può essere correlato, particolarmente per gli uomini, a quanto citato già nell’introduzione circa i lavori ‘3D’ nei quali vengono abitualmente impiegati i migranti (sporchi, pericolosi e difficili). 14 donne su 19 (73,68%) e 26 uomini su 42 (61,90%) hanno dichiarato di non avere ricevuto informazioni in merito a igiene e sicurezza del lavoro ricevute da parte del datore lavoro; il dato può essere spiegato con la considerazione che il rischio della badante e della domestica, per le donne, è scarsamente considerato e i datori di lavoro non hanno una precisa percezione dei rischi correlati; per gli uomini bisogna considerare ancora una volta il fatto che i lavori ai quali vengono in genere adibiti sono spesso ‘sporchi, pericolosi e difficili’ e ciò può sottendere il fatto che i datori di lavoro che operano questa scelta non prestino attenzione a questo aspetto e alle problematiche connesse all’igiene e alla sicurezza sul lavoro. Gli uomini intervistati, infine e probabilmente anche per le ragioni suddette, hanno subito maggiormente discriminazioni sul lavoro (19/42 - 45,24%) rispetto alle donne (4/20 - 21,05%). Si ricorda, in merito alle problematiche trattate, il caso di una operaia metalmeccanica sudamericana trentunenne giunta qualche tempo fa’ presso un ‘ambulatorio mobbing’, la quale riferiva di essere stata violentata per cinque anni dal datore di lavoro di una impresa dell’hinterland milanese in cambio di promesse di ricongiungimenti familiari e delle compagne di lavoro pure migranti che le dicevano: “se vai via tu prendiamo noi il tuo posto” Il titolare 75enne fu condannato in primo grado. In agosto di quest’anno, in Calabria, una giovane lavoratrice lavapiatti nigeriana è stata picchiata dal datore di lavoro (cellulare scassato e un dito fratturato) il quale non voleva neanche pagare la retribuzione del mese (600 euro al mese per 10 ore al giorno) In settembre 2022 in un cantiere edile a Milano è morto un lavoratore marocchino di 52 anni dopo un volo di quasi venti metri; i lavori dovevano essere terminati per tempo in relazione al ‘superbonus 110%’ e non era stato possibile avere i ponteggi; egli lavorava ‘in fune’, sospeso nel vuoto e sarebbe precipitato dopo aver sbagliato corda di sicurezza … Qualche giorno dopo, sempre a Milano. Un operaio egiziano 32enne è rimasto schiacciato da un carrello elevatore, edè rimasto in comaper giornisenza che nessuno neconoscessela sua identità, neanche l’impresa cheeseguiva ilavori…
  • 11. 7.0 – Conclusioni (1,2,3,4,5,6,7,8,9,10) In linea generale, l’indagine svolta conferma come la pandemia da Sars-CoV-2 ha segnato anche gli ambienti di lavoro e la vita quotidiana, particolarmente dei lavoratori migranti presenti in Italia. Il dato inerente le difficoltà di accesso alle Strutture Sanitarie pubbliche per le fruire delle prestazioni sanitarie e le maggiori difficoltà per gli ‘irregolari’ è in linea con quanto rilevato nel Progetto interregionale dell’INMP (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà) del 2022, in questo si ipotizzavano le difficoltà all’accesso ai Servizi Sociosanitari sia di tipo culturale e religioso sia difficoltà burocratiche legate all’incompatibilità tra impegni lavorativi e orari di apertura dei Servizi. Altrettanto si può ipotizzare in relazione alle risposte ottenute dai lavoratori migranti intervistati. Non è stato confermato, invece, il dato che le persone più svantaggiate siano quelle maggiormente esposte al virus ma soprattutto ai suoi esiti peggiori. La percentuale di stranieri che si è sottoposta al test (tampone) in occasione dell’indagine è risultata significativa diversamente da quanto nelle statistiche dello studio di INMP e non abbiamo dati circa la loro percentuale di ospedalizzazione dei migranti. In merito alla povertà tra i migranti, il dato (migranti disoccupati in periodo pre-covid 4,84% e in periodo covid 20,97%) è indice del generale peggioramento della situazione lavorativa specie per il lavoratori – particolarmente gli stranieri con percentuali maggiori che quelli italiani – ed è in linea con il dato generale dell’impoverimento della popolazione precaria straniera e meno retribuita; una quota significativa del campione intervistato ha perso il lavoro nel periodo covid. Ciò conferma come il mercato del lavoro in Italia offre poche buone opportunità occupazionali e genera strutturalmente povertà, con un incremento dei cosiddetti “working poor” (coloro che appartengono alla categoria dei lavoratori poveri e che, pur avendo un'occupazione, si trovano a rischio di povertà e di esclusione sociale a causa del livello troppo basso del loro reddito, dell'incertezza sul lavoro, della scarsa crescita reale del livello retributivo, dell'incapacità di risparmio). Si è rilevata per i lavoratori migranti la presenza della piaga del lavoro nero (lavoro con contratti irregolari nel 29,03% del campione considerato). Si è constatato il dato, del resto noto, che i lavori svolti da questi soggetti sono in genere pesanti e vengono accettati anche in relazione alle difficoltà economiche per la sopravvivenza del nostro paese. L’informazione ai lavoratori migranti in materia di igiene e sicurezza del lavoro è stata carente e problematiche sono risultate in alcuni casi le culture di appartenenza e le difficoltà comunicative e linguistiche. La situazione di precarietà di questi soggetti porta anche ad una loro ‘ridotta’ percezione del rischio, come esito della comprensione personale e soggettiva dei rischi reali presenti nel luogo e nella organizzazione del lavoro e anche di fattori collettivi e sociali presenti negli ambienti di lavoro. In linea con questo dato è anche la statistica circa la fornitura / mancata fornitura e utilizzo / non utilizzo dei dispositivi di protezione individuale in occasione di lavoro da parte dei lavoratori migranti. E’, quindi, assolutamente necessario un cambiamento di rotta e la spinta da parte delle forze sociali progressiste verso una nuova governance dei processi migratori e dell’inclusione sia sociale sia lavorativa di queste persone / forza lavoro, da considerare come un valore aggiunto alla nostra società. Se non si pone un rimedio sostanziale, la situazione andrà sicuramente a peggiorare. Vanno, infine, tutelate maggiormente le donne migranti che si trovano in posizione di tutela inferiore rispetto agli uomini su diversi fronti. A livello globale va ricostruita una cultura del lavoro, anche e non soltanto in termini di igiene sicurezza del lavoro, quale - soltanto ad esempio - la lotta al ‘caporalato’ diffuso anche nel nord Italia. Vanno attivati una corretta informazione, formazione e addestramento di tutti i lavoratori – italiani e migranti, vanno avviati processi di miglioramento delle condizioni generali del lavoro attraverso misure tecniche, organizzative e procedurali rivolte a tutte le tipologie di realtà aziendali e a maggiore tutela dei lavoratori più svantaggiati. In questo campo va giocato un ruolo a 360 gradi da parte di tutti gli attori in gioco: Datori di Lavoro, Dirigenti e Preposti (il cosiddetto “triangolo delle decisioni”), Medici Competenti, Responsabili dei Servizi di Protezione e Prevenzione e Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (il “triangolo delle competenze). Vanno, poi, attivate in modo costante e incisivo le attività di tutti gli organi di controllo socio-sanitario e in materia di igiene e sicurezza del lavoro (INPS, INAIL, Ispettorati del Lavoro e Servizi di Vigilanza delle ATS /ASL). Il mondo delle imprese, il mondo sindacale e tutti i cittadini dovrebbero prender coscienza di queste problematiche affinchè vengano decise e attuate scelte strategiche e consapevoli che possano concorrere alla ricerca del bene comune, alla sostenibilità nel tempo dei modelli di sviluppo, alla creazione di nuove forme di governance delle interdipendenze globali, anche in merito all’igiene e alla sicurezza del lavoro. In questo quadro, come sopra descritto, sia il Report ISMU del dicembre 2020 sia la pubblicazione del 2021 sempre dell’ISMU (“Dalla scoperta del lavoro immigrato alla valorizzazione della diversità come risorsa competitiva”) - ai quali si rimanda - hanno elaborato delle proposte indirizzate alle imprese e agli altri attori del mercato del lavoro ai fini della inclusione lavorativa e la valorizzazione di migranti e rifugiati. E’ necessario portare in trasparenza e valorizzare le competenze delle risorse umane con background migratorio. Per superare le criticità insite negli ambiti lavorativi e per favorire la messa a valore delle competenze delle risorse umane dei migranti, sono state proposte sia alcune attività rivolte ai diversi soggetti coinvolti ai fini della governance del mercato del lavoro sia l’opportunità dell’arricchimento della consapevolezza e delle conoscenze
  • 12. nell’area del “Diversity Management” e il sostegno ai processi di progettazione, implementazione e monitoraggio di iniziative per il riconoscimento e la valorizzazione del potenziale dei migranti nei luoghi di lavoro. Con questo studio ci si propone, - infine e nell’ambito del GrIS Lombardia per il 2023 – la realizzazione di un evento con finalità sociale indirizzato ai Servizi di Medicina del Lavoro delle ATS, ai Sindacati e alle Associazioni che si occupano di migranti, al fine di stimolare la loro attenzione per un intervento a favore della igiene e sicurezza di questi lavoratori, coinvolgendo pure il mondo delle imprese per una sua sensibilizzazione alla problematica. In un’ottica a 360 gradi, va rinforzato e ampliata l’ottica dell’intervento del GriS - mirato oggi ad una dignitosa assistenza sanitaria / clinica dei migranti – allargando la prospettiva anche al versante sociale e, in particolare lavorativo, cruciale per la sopravvivenza e per una maggiore dignità di queste persone nel nostro paese. 7.0 - Bibliografia 1. Leocata G., Castellini G. – Intervista : 19.03.2013 / senza filtro “Mobbing e immigrazione” di Naghia Ahmed – Yalla Italia marzo 2013 – giornale online dei G2 (seconde generazioni). 2. Leocata G. – Capitolo 24: Migranti e lavoro pagg.557-564, Medicina del lavoro / lavoro ambiente salute – a cura di Pier Alberto Bertazzi - Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013. 3. Leocata G. - “Migranti e lavoro, l’esperienza di una Unità Operativa di Medicina del Lavoro in Lombardia”– XV Congresso Nazionale SIMM - Dinamiche di salute e Migrazioni tra continuità e nuovi bisogni – Catania 18-20.04.2018 – Atti pag.120 – Pendragon. 4. XXVII Rapporto ISMU sulle Migrazioni 2021. 5. Migranti stranieri in calo, l’Italia attrae meno: il rapporto Ismu 2021 - La responsabile settore Statistica della Fondazione Livia Elisa Ortensi: "Pesa la pandemia, nuovi ingressi calati del 40%" - 11/02/2022 LIVE news - DiRe Agenzia di Stampa Nazionale www.dire.it - Alessandra Fabbretti. 6. Di Napoli A. Ventura M. Petrelli A. (a cura di) - Le disuguaglianze socio-economiche e territoriali della salute in Italia: evidenze recenti alla luce dell’epidemia Covid-19 – Roma: INMP; febbraio 2022 - Quaderni di epidemiologia n.4. 7. Rapporto annuale ISTAT 2021. 8. La Pandemia della disuguaglianza – Di cosa abbiamo bisogno per combattere le disuguaglianze che in Italia e nel mondo si stanno acuendo a causa della pandemia di COVID-19 - Oxfam Italia gennaio 2022. 9. Dalla scoperta del lavoro immigrato alla valorizzazione della diversità come risorsa competitiva – Laura Zanfrini – Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) – 2021/11. 10. Report ISMU Dicembre 2020 – Massimiliano Monaci e Laura Zanfrini – Una macchina in moto col freno tirato / La valorizzazione dei migranti nelle organizzazioni di lavoro - Milano 2020.