1. 1
L’urologia nel periodo della pandemia COVID-19
Vincenzo Ficarra1
, Giacomo Novara2
, Alberto Abrate3
, Riccardo Bartoletti4
, Alessandro Crestani5
,
Cosimo De Nunzio6
, Gianluca Giannarini7
, Andrea Gregori8
, Giovanni Liguori9
, Vincenzo Mirone10
,
Nicola Pavan9
, Roberto Mario Scarpa11
, Alchiede Simonato3,12
, Carlo Trombetta9
, Andrea Tubaro6
,
Francesco Porpiglia13
; Membri del Research Urology Network (RUN)
1
Dipartimento di Patologia umana dell'adulto e dell'età evolutiva "Gaetano Barresi", Clinica
Urologica, Università di Messina; 2
Dipartimento di Chirurgia, Oncologia e Gastroenterologia, Clinica
Urologica, Università di Padova; 3
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e
Stomatologiche, Clinica Urologica, Università di Palermo; 4
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e
Nuove Tecnologie, Clinica Urologica, Università di Pisa; 5
Unità Complessa di Urologia, I.R.C.C.S.
Istituto Oncologico Veneto (IOV), Castelfranco Veneto (Treviso); 6
Clinica Urologica, Ospedale
Sant’Andrea, Università La Sapienza, Roma; 7
Clinica Urologica, Azienda Sanitaria Universitaria
Friuli Centrale, Ospedale “Santa Maria della Misericordia”, Udine; 8
Unità Operativa di Urologia,
ASST Fatebenefratelli-Sacco, Ospedale “Luigi Sacco”, Milano; 9
Clinica Urologica, Ospedale di
Cattinara, Università di Trieste; 10
Clinica Urologica, Università Federico II, Napoli; 11
Clinica
Urologica, Università Campus Bio-Medico, Roma; 12
Dipartimento di Area Chirurgica, Unità
Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle, Cuneo; 13
Dipartimento di Oncologia,
Clinica Urologica, Ospedale “San Luigi”, Università di Torino, Orbassano
Autore corrispondente:
Prof. Vincenzo Ficarra, MD, FEBU
Dipartimento di Patologia umana dell'adulto e dell'età evolutiva "Gaetano Barresi"
Clinica Urologica, Università di Messina
Policlinico Universitario “G. Martino”
Via Consolare Valeria 1
IT-98125 Messina
e-mail: vficarra@unime.it
twitter: @FicarraVincenzo
2. 2
Introduzione
L’infezione virale da “severe acute respiratory syndrome coronavirus 2” (SARS-CoV-2) e la
malattia da esso causata, “coronavirus disease 2019” (COVID-19) [1], ha determinato in Italia una
rapida e drammatica emergenza sanitaria per la necessità di assistere in ambito ospedaliero i numerosi
pazienti colpiti dalla malattia e di gestire contestualmente le patologie oncologiche e benigne non
rinviabili [2]. Dal 21 febbraio al 21 marzo del 2020 sono stati diagnosticati in totale 53.578 casi
d’infezione da COVID-19. L’infezione ha determinato (al momento della stesura di questo
manoscritto) un totale di 4.825 decessi, con 17.708 (41.5%) pazienti ricoverati per i sintomi della
malattia e 2.857 (6.6%) sottoposti a ventilazione assistita in rianimazione. Il 72% dei casi positivi è
localizzato nelle 4 regioni del Nord Italia (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte) ove si
sono manifestati i primi focolai nazionali di questa pandemia. Tuttavia, l’incremento progressivo del
numero di casi positivi riscontrati in altre regioni italiane lascia presupporre un’ulteriore diffusione
dell’infezione su tutto il territorio nazionale, nonostante le misure di contenimento del contagio
disposte dalle autorità governative nazionali [3].
La necessità di dedicare importanti risorse economiche, strutturali, mediche e strumentali
all’assistenza dei pazienti con gravi sintomi respiratori da COVID-19 ha comportato la necessità di
rimodulare l’attività di molte discipline specialistiche non direttamente coinvolte nella gestione dei
pazienti COVID-19 positivi, nonostante il nostro sistema sanitario nazionale rappresenti uno dei
migliori al mondo.
La sospensione di tutte le attività ambulatoriali non urgenti e la limitazione alla
programmazione dei soli interventi chirurgici con carattere d’urgenza o non procrastinabili ha reso
necessaria la riorganizzazione delle attività dei reparti d’urologia principalmente in funzione della
disponibilità degli anestesisti, degli apparecchi di anestesia e dei posti letto. Tale criticità è rilevante
se si considera che a oggi non è possibile prevedere né la durata di tale emergenza, nè i risvolti
economici ed organizzativi che ne potranno conseguire alla sua risoluzione.
Se in alcuni ospedali nei quali è previsto il ricovero di pazienti con infezione COVID-19,
l’attività chirurgica urologica è strettamente limitata alle sole procedure con carattere d’urgenza, in
altre realtà territoriali al momento meno colpite dall’infezione ma in fase di organizzazione per
l’eventuale ricovero di pazienti COVID-19 positivi è ancora consentita l’effettuazione di procedure
urologiche di elezione ritenute non differibili. La corretta identificazione di queste procedure
prioritarie soprattutto nell’ambito delle patologie oncologiche non è stata ad oggi adeguatamente
definita. Un primo tentativo di definizione di un triage nell’ambito della chirurgia urologica è stato
recentemente proposto da Stensland et al [4]. Il documento distingue 1) interventi chirurgici per
patologia neoplastica che dovrebbero essere considerati prioritari; 2) interventi che possono essere
dilazionati senza particolari rischi per la sopravvivenza del paziente; 3) interventi chirurgici che
potrebbero essere sostituiti da trattamenti alternativi che non richiedano anestesia
(radioterapia/chemioterapia; terapia androgeno-soppressiva; terapie ablative).
Le possibili strategie di rimodulazione dell’attività chirurgica urologica sono state oggetto di
discussione e condivisione nell’ambito di un team di esperti nazionali appartenenti al Research
Urology Network (RUN) che ha deciso di stilare il presente documento con l’obiettivo di contribuire
al processo decisionale di rimodulazione dell’attività chirurgica urologica a proposito dell’attuale
emergenza da COVID-19 e delle fasi immediatamente successive.
Metodi
Il presente documento è stato redatto sulla base dei pochi dati disponibili in Letteratura in
ambito urologico e tenendo conto dell’esperienza maturata dagli Autori nelle fasi di emergenza della
pandemia da COVID-19 in Italia. Dopo aver condiviso per via telematica i principali obiettivi del
documento si è proceduto alla stesura di una prima bozza che è stata successivamente condivisa,
commentata e modificata durante una conference call effettuata tra gli Autori in data 21 marzo 2020.
3. 3
Il gruppo ha successivamente provveduto all’approvazione della versione definitiva del manoscritto
in data 22 marzo 2020. Il documento finale è stato quindi sottoposto alla supervisione di due urologi
senior (VM e RMS).
Proposta operativa per i pazienti urologici non sospetti per COVID-19
Interventi in urgenza
La Tabella 1 riepiloga gli interventi urologici che vanno attuati in condizioni d’urgenza ed i
relativi quadri patologici. In considerazione della principale limitazione determinata dall’infezione
COVID-19 rappresentata dalla disponibilità di anestesisti e/o apparecchi di ventilazione, anche nel
trattamento di patologie urgenti là dove possibile è preferibile l’impiego di terapie che possano essere
eseguite in anestesia locale. Ad esempio nel trattamento dell’ostruzione della via escretrice superiore
si ritiene che in presenza di risorse sanitarie adeguate sia da preferire il posizionamento di stent
ureterali che consentono una migliore gestione domiciliare del paziente e là dove possibile il
trattamento della causa dell’ostruzione. Tuttavia, in condizioni di non disponibilità di anestesisti è da
raccomandarsi il solo drenaggio della via escretrice mediante posizionamento di stent ureterale in
anestesia locale o di una nefrostomia percutanea.
Per quanto riguarda i pazienti con importante ematuria delle alte e basse vie urinarie dovrebbe
essere presa in considerazione la risoluzione del quadro clinico evitando che il paziente debba
ricorrere a trasfusioni di sangue, tenuto conto della diminuzione del numero di donatori verificatosi
nel periodo della pandemia COVID-19.
La gestione dei traumi dell’apparato urinario ovviamente deve seguire le indicazioni delle
linee guida internazionali. Sebbene la maggior parte dei traumi renali possano essere gestiti in
maniera conservativa, la risoluzione di un sanguinamento attivo mediante embolizzazione percutanea
o il drenaggio della via escretrice in presenza di spandimenti di urina deve essere attuato più
rapidamente possibile per ridurre al minimo il rischio di trasfusioni di sangue, di infezioni e di
degenza ospedaliera prolungata. Interventi chirurgici vanno riservati ai casi più gravi e ai pazienti
non stabili sul piano emodinamico.
Il panel suggerisce comunque di tenere conto nella definizione del carattere e del grado
dell’urgenza delle procedure urologiche di eventuali fattori legati al paziente ed in particolar modo
alle sue comorbidità.
Interventi per patologia neoplastica
Gli interventi urologici per patologia neoplastica possono essere classificati in 4 categorie: a)
prioritari; b) semi-prioritari; c) differibili; d) sostituibili con altri trattamenti.
Sono definiti prioritari quegli interventi chirurgici la cui eventuale dilazione potrebbe
impattare negativamente sulla sopravvivenza dei pazienti stessi. La Tabella 2 riassume le procedure
chirurgiche urologiche prioritarie [4]. Tuttavia, la programmazione degli interventi identificati come
prioritari sulla base delle ricadute oncologiche deve in ultima analisi essere riconsiderata in
conformità ad altri fattori rilevanti in epoca di pandemia COVID-19, quali la necessità di ricovero
postoperatorio in terapia intensiva o la presenza di comorbidità (Tabella 3). La creazione di aree
chirurgiche non-COVID all’interno di ospedali con pazienti COVID-19 positivi o la creazione di un
network ospedaliero che consenta l’assistenza urologica dei pazienti con patologie prioritarie in
ospedali non-COVID sarebbe fortemente auspicabile. A tale proposito si raccomanda il rispetto dei
percorsi opportunamente creati per evitare il rischio di contaminazione di aree no-COVID o di
ospedali no-COVID.
Altri interventi chirurgici per patologia neoplastica potrebbero essere considerati come semi-
prioritari ovvero ancora programmabili in quelle realtà in cui l’assorbimento di risorse da parte dei
pazienti COVID-19 non sia tale da determinarne la sospensione delle attività chirurgiche. Possono
4. 4
rispondere a questi requisiti la prostatectomia radicale per pazienti con neoplasia a rischio intermedio
o elevato, la resezione transuretrale di neoplasie vescicali superficiali di basso grado e volume e la
nefrectomia parziale/radicale per neoplasie renali parenchimali organo-confinate in stadio cT1b.
Tutti gli altri interventi per patologia neoplastica sono da considerarsi differibili o sostituibili
con altre procedure [4]. In particolare, nei pazienti con neoplasia renale parenchimale in stadio cT1a
il trattamento chirurgico conservativo andrebbe dilazionato nel tempo. Casi selezionati potrebbero
essere trattati per via percutanea con terapie ablative che non richiedano il ricorso all’anestesia
generale.
I pazienti con neoplasia del testicolo candidati a linfoadenectomia retroperitoneale andrebbero
preferibilmente sottoposti a chemioterapia o radioterapia in accordo con le linee guida internazionali.
A tale proposito occorre considerare come tale decisione deve tenere conto anche delle limitazioni
che la pandemia COVID-19 suggerisce in ambito oncologico [5,6]
Allo stesso modo nei pazienti con neoplasia della prostata ad alto rischio o localmente avanzati
potrebbe essere preferibile suggerire il trattamento radioterapico che non richiede l’impiego degli
apparecchi di anestesia. Ovviamente un più frequente ricorso ai trattamenti di radioterapia può
determinare un aumento delle liste di attesa in tale ambito così come un aspetto critico può essere
rappresentato dalla necessità per il paziente e per i suoi familiari di doversi recare ripetutamente in
ospedale per eseguire il trattamento con potenziale maggiore esposizione e conseguente aumento del
rischio di contagio e diffusione della malattia.
Un’altra opzione terapeutica per i pazienti con neoplasia della prostata ad elevato rischio che
si prevede non possano essere trattati in tempi canonici né con la chirurgia né con la radioterapia è la
terapia androgeno-soppressiva.
È tuttavia opinione del panel che la scelta del trattamento non deve in alcun modo
compromettere il risultato oncologico e la qualità di vita del paziente rispetto a quanto si sarebbe fatto
in tempi normali. Talvolta è meglio rimandare un trattamento piuttosto che utilizzare strategie
terapeutiche non ottimali.
Interventi per patologia benigna
Le procedure endourologiche finalizzate alla rimozione dei calcoli urinari in assenza di
ostruzioni dell’alta via urinaria complicate, gli interventi disostruttivi per ipertrofia prostatica, gli
interventi per patologie di urologia ginecologica e per incontinenza urinaria, gli interventi di chirurgia
ricostruttiva in elezione, la chirurgia dell’uretra maschile, la chirurgia protesica e la chirurgia per
infertilità sono da dilazionare alla fine del periodo di emergenza COVID-19.
Procedure in regime ambulatoriale
Le procedure diagnostiche finalizzate ad un approfondimento riguardante patologie a carattere
benigno devono essere differite al termine del periodo di emergenza (es. esami urodinamici). La
Tabella 4 riepiloga i suggerimenti del panel per la riorganizzazione di alcune attività ambulatoriali
che possono avere un impatto nella diagnosi o nella terapia delle neoplasie urologiche.
Proposta operativa per i pazienti urologici COVID positivi
Gli urologi che lavorano in ospedali che assistono i pazienti COVID-19 positivi possono
essere chiamati a eseguire interventi/procedure urgenti in questa particolare tipologia di pazienti.
Sebbene Xie et al. hanno riportato una positività nelle urine nel 6.9% dei pazienti guariti [7], il virus
COVID-19 non è stato ritrovato nelle urine dei pazienti inclusi nella maggior parte degli studi finora
presentati [8]. Tuttavia, gli operatori sanitari dovranno rispettare tutte le regole prescritte dagli organi
ministeriali per evitare il contagio.
5. 5
Queste procedure urgenti andrebbero eseguite utilizzando sale operatorie dedicate e nel
rispetto dei percorsi codificati dalle singole strutture ospedaliere con pazienti ricoverati COVID-19.
Non essendo descritte specifiche complicanze urologiche da COVID-19, si ritiene che la tipologia
d’interventi che potrebbe essere necessario eseguire in questi pazienti è sovrapponibile a quella
riportata in Tabella 1.
Approccio, tecniche chirurgiche e nuove tecnologie
In fase di emergenza da COVID-19 è raccomandabile l’utilizzo di tecniche chirurgiche ben
consolidate per ridurre al minimo il tempo d’impiego della sala operatoria ed il rischio di complicanze
post-operatorie. Per tale motivo, gli interventi urgenti o prioritari andrebbero eseguiti da chirurghi
esperti e non in curva di apprendimento. Percorsi di apprendimento di nuove tecnologie così come
specifici studi clinici su nuove tecnologie andrebbero sospesi per tutto il periodo di emergenza da
COVID-19.
Particolare attenzione andrebbe fatta per l’esecuzione di procedure chirurgiche con approccio
laparoscopico che prevedano la manipolazione intestinale o l’approccio transperitoneale. Studi
precedenti hanno dimostrato come altri virus possono essere trasmessi durante la laparoscopia
insieme al diossido di carbonio [9,10]. Al momento attuale è noto che il COVID-19 è presente nelle
feci dei pazienti positivi, ma non è ancora noto se questo virus ha la proprietà di diffondersi con i gas
della laparoscopia. E stata comunque descritta la possibilità di una trasmissione oro-fecale [11]. La
Society of American Gastrointestinal and Endoscopic Surgeons raccomanda per le procedure
laparoscopiche l’utilizzo di device che filtrino il rilascio di CO2 [12]. In attesa di nuovi studi si
raccomanda cautela nell’esecuzione di procedure laparoscopiche nei pazienti COVID-19 positivi ed
in quelli sospetti, e di seguire i suggerimenti proposti da Zheng et al (come prevenire la dispersione
di aerosol contaminati di pneumoperitoneo, ridurre la pressione dello pneumoperitoneo, ridurre la
potenza degli elettrobisturi e preferire gli elettrobisturi bipolari) [13].
Organizzazione generale e condivisione multidisciplinare
La rapida evoluzione dell’emergenza da COVID-19 non può prescindere da un costante e
condiviso coordinamento dei programmi delle attività chirurgiche prioritarie in ambito
multidisciplinare. È auspicabile la creazione di un team multidisciplinare composto dai chirurghi e
dagli anestesisti che condividono lo stesso blocco operatorio con il compito di assegnare le priorità
finali alla programmazione chirurgica tenuto conto della disponibilità del personale per l’attivazione
delle sale operatorie. Una valida programmazione dovrebbe prevedere la definizione settimanale di
un numero d’interventi prioritari e la verifica giornaliera della fattibilità del programma inizialmente
previsto (Figura 1).
Anche se al momento attuale le normative nazionali non lo prevedono, sarebbe auspicabile
che i pazienti programmati per interventi prioritari eseguissero un tampone naso-faringeo come esame
di routine preoperatorio. Lo stesso dovrebbe essere previsto prima dell’esecuzione di procedure con
carattere d’urgenza in cui ovviamente sia disponibile il tempo necessario all’esecuzione ed alla
refertazione del tampone.
In mancanza di tale pratica, si raccomanda che il personale sanitario dedicato alla
programmazione esegua un accurato triage telefonico dei pazienti in attesa d’intervento escludendo
la presenza di sintomi sospetti per infezione COVID-19. E’ sicuramente raccomandabile che i
pazienti vengano educati al monitoraggio della temperatura nei giorni precedenti al ricovero e ad
avvisare tempestivamente il reparto in caso di comparsa di sintomi, senza recarsi in ospedale. Al
momento del ricovero, è raccomandato l’uso della mascherina chirurgica per tutti i pazienti. Inoltre,
i reparti che possono continuare l’attività chirurgica prioritaria o semi-prioritaria dovrebbero prendere
in considerazione la possibilità di ridurre i posti letto per garantire la distanza tra i malati.
6. 6
In relazione alla sempre più complessa gestione soprattutto dei pazienti oncologici, si
raccomanda l’implementazione di riunioni multidisciplinari utilizzando strumenti e piattaforme che
consentano riunioni via web.
Raccomandazioni generali
Gli urologi che operano in ospedali che assistono i pazienti COVID-19 possono essere
chiamati a svolgere anche attività di consulenza per patologie intercorrenti osservate o pre-esistenti
nei pazienti COVID-19. Inoltre, la riorganizzazione delle risorse mediche nell’ambito del piano di
emergenza di alcuni ospedali può comportare la richiesta che anche gli urologi partecipino sulla base
delle loro competenze mediche generali all’assistenza ai pazienti COVID-19.
Per tale motivo, si raccomanda di rispettare tutte le precauzioni e di utilizzare al meglio i
dispositivi di protezione disponibili per proteggere sé stessi, i propri colleghi, i propri familiari oltre
che i propri pazienti secondo le indicazioni ministeriali in base alle aree nelle quali la prestazione
urologica viene effettuata (reparto di degenza non COVID, reparto di degenza COVID, Pronto
Soccorso, ambulatorio). La necessità di utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale
e di rispettare i percorsi codificati dalle strutture ospedaliere, è dimostrata dall’elevata percentuale di
infetti del personale sanitario italiano (circa l’8%) e dal suo progressivo incremento nel tempo (Figura
2). Ad oggi non sono disponibili dati sulla popolazione urologica.
Conclusioni
Il presente documento è basato sull’opinione e sull’esperienza di un gruppo di urologi
direttamente impegnati nella gestione e nell’organizzazione dei reparti di urologia italiani. Esso
fornisce un valido strumento che possa essere utilizzato nella pratica clinica e rappresenta un punto
di partenza per ulteriori discussioni sul tema anche in base al diverso ed imprevedibile andamento
della pandemia. Inoltre, vuole costituire uno strumento al servizio delle società scientifiche nazionali
ed internazionali in un concreto momento di emergenza.
7. 7
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lessons learned in China and Italy. Ann Surg 2020 in press.
8. 8
Tabella 1. Condizioni urologiche urgenti e relativi trattamenti consigliati nel periodo della pandemia
COVID-19.
Condizione urgente Opzioni
Ostruzione alta via
escretrice/Infezione
Nefrostomia percutanea
Stents ureterale in locale
Stents ureterale in anestesia
Ritenzione d’urina Catetere vescicale transuretrale o
Sovrapubico
Ritenzione da coaguli
Anemizzazione
Evacuazione dei coaguli + eventuale
TUR emostatica (vescica/prostata),
ridurre al minimo il rischio di
trasfusioni ematiche
Traumi apparato urinario - Privilegiare interventi che non
richiedano anestesia generale
(es. embolizzazione, cateterismo
ureterale, drenaggio peritoneale)
- Trattamento chirurgico nei casi
emodinamicamente non stabili
Torsione del funicolo
spermatico
Detorsione manuale
Detorsione chirurgica e fissaggio del
testicolo
Infezione sfintere
artificiale o protesi
peniene
Espianto chirurgico
Ascessi
Gangrena di Fournier
Drenaggio
Asportazione chirurgica
Priapismo Drenaggio dei corpi cavernosi in
anestesia locale
Shunt dei corpi cavernosi
9. 9
Tabella 2. Interventi chirurgici urologici la cui esecuzione è fortemente raccomandata nel periodo
della pandemia COVID-19.
Organo Patologia Intervento chirurgico
Vescica - Neoplasia vescicale muscolo-
invasiva
- CIS vescicale refrattario
Cistectomia radicale con derivazione
urinaria (continente/incontinente)*
*cautela andrebbe posta nei pazienti in
cui l’intestino viene utilizzato per
l’esecuzione della derivazione per la
presenza del COVID-19 nelle feci dei
pazienti asintomatici positivi
- Neoplasia vescicale ad alto rischio
di progressione
- Neoplasia vescicale TxG3
- Neoplasia vescicale > 2 cm prima
osservazione
Resezione transuretrale
(l’assenza del COVID-19 nelle urine
non comporta il rischio di possibile
contagio da parte asintomatici non
sottoposti a tampone)
Testicolo Neoplasia del testicolo di iniziale
diagnosi
Orchiectomia radicale
Massa retroperitoneale residua dopo
chemioterapia
Asportazione della massa
retroperitoneale
Rene Neoplasie parenchimali T3-4 Nefrectomia radicale con chirurgia
cavale in presenza di trombosi venosa
Neoplasie parenchimali T2 Nefrectomia radicale
Nefrectomia parziale in casi selezionati
Via escretrice Neoplasie di alto grado, multiple, ≥
cT1
Nefroureterectomia con eventuale
linfoadenectomia
Prostata Neoplasia ad alto rischio e
localmente avanzate non ideali
candidati alla radioterapia
Prostatectomia radicale e
linfoadenectomia pelvica
Pene Neoplasia > T1G3 Amputazione del pene
Linfoadenectomia inguinale (in accordo
con le linee guida internazionali)
10. 10
Tabella 3. Fattori che possono influenzare la scelta tra le procedure di chirurgia oncologica nel
periodo della pandemia COVID-19.
Fattori d’impatto Note esplicative
Necessità per il paziente di
terapia intensiva post-operatoria
Pazienti che sulla base del rischio anestesiologico (ASA) e della
complessità dell’intervento hanno necessità o elevata
probabilità di assistenza post-operatoria in terapia intensiva
andrebbero dilazionati
Necessità di sangue o
emoderivati
Interventi ad elevata complessità in cui si prevede necessità di
trasfusioni ematiche intraoperatorie o post-operatorie
andrebbero considerati con cautela in carenza di sufficienti
depositi di sangue (effetto COVID-19 sulle donazioni)
Comorbidità cardio-circolatorie
e respiratorie o infettivologiche
Questi pazienti potrebbero richiedere consulenze preoperatorie
e postoperatorie che coinvolgono specialisti in prima linea
nell’emergenza non rianimatoria dei pazienti COVID-19
sintomatici.
Necessità di assistenza familiare
per supporto psico-fisico
Il piano di contenimento del contagio da COVID-19 ha
determinato in molti ospedali la completa sospensione delle
visite da parti dei familiari, aspetto critico per alcuni pazienti
soprattutto provenienti da aree geografiche di residenza lontane
all’ospedale
11. 11
Tabella 4. Suggerimenti sulla riorganizzazione di alcune attività ambulatoriali nel periodo della
pandemia COVID-19.
Procedura Indicazione fase emergenza Nota
Biopsie della prostata Dilazionare Al prolungarsi del tempo di
emergenza considerare
l’esecuzione di biopsie
prostatiche in pazienti con
concreto sospetto clinico
Cistoscopie flessibili Dilazionare Al prolungarsi del tempo di
emergenza considerare
l’esecuzione nei pazienti con
neoplasie vescicali ad alto
rischio
Sostituzione tutori
ureterali/nefrostomie/cateteri
ureterali
Dilazionare fino a 6 mesi
Terapia endocavitaria per
neoplasia vescicale ad alto
rischio
Procedura prioritaria
Terapia endocavitaria per
neoplasia vescicale a rischio
basso o intermedio
Dilazionare
12. 12
Figura 1. Algoritmo decisionale per la definizione delle liste operatorie in ambito multidisciplinare
nel periodo della pandemia COVID-19.
Figura 2. Il grafico illustra i nuovi casi giornalieri e il numero totale di casi di infezione SARS-CoV-
2 tra gli operatori sanitari in Italia nei giorni dall’11 al 20 marzo 2020 (disponibile sul sito
www.gimbe.org, ultimo accesso 22 marzo 2020).