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LO SPAZIO COMUNE
Progetti di spazi pubblici e forme di
partecipazione
“Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente che
esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in
comune, come un tavolo è posto tra quelli che vi siedono
intorno; il mondo, come ogni in-fra [in-between], mette in
relazione e separa gli uomini allo stesso tempo.
La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce
insieme e tuttavia ci impedisce, per così dire, di caderci
addosso a vicenda...”
Hannah Arendt
Stalker – Laboratorio d'arte urbana
E' un soggetto collettivo che compie ricerche e azioni sul
territorio, con particolare attenzione alle aree di margine e
ai vuoti urbani, spazi abbandonati o in via di
trasformazione. Tali indagini si sviluppano su diversi piani,
attorno alla praticabilità, alla rappresentazione e al
progetto di questi spazi da noi chiamati Territori Attuali.
STALKER è assieme custode, guida e artista dei territori
attuali, in queste sue molteplici vesti si dispone ad
affrontare le apparenti insolubili contraddizioni attorno alla
possibilità di salvaguardia tramite l'abbandono, di
rappresentazione attraverso la percezione sensoriale, di
progetto dell'instabilità e della mutevolezza di quei luoghi.
Manifesto 1995
Ararat
E’ il centro socio-culturale curdo a Roma nato il 21 maggio
1999, da un laboratorio Stalker con alcuni studenti della
facoltà di architettura di Reggio Calabria e realizzato
assieme alla comunità Curda di Roma, l’Associazione
Azad, l’Osservatorio sui rifugiati e migranti e il Villaggio
Globale.
Oggi è interamente gestito dalla comunità Curda e mentre
sopperisce alle carenze cittadine nell’accoglienza, da qui
sono passati centinaia di profughi, ha sviluppato un
progetto culturale teso alla conoscenza, alla divulgazione e
alla promozione della cultura curda in Italia, nonché
all’interscambio con la cultura italiana.
Ararat è nato con l'idea di trasformare un confine in uno
spazio pubblico.
Per confine si intende quell'insieme di distanze e differenze
che ci dividono da chi arriva in città dopo essere stato
costretto ad abbandonare il proprio Paese di provenienza.
Tali distanze e differenze non trovano ancora in questa città
luoghi dove dispiegarsi, restando perlopiù impercorribili. Per
chi vive in città e necessariamente si confronta con
l'evidenza dei fenomeni d'immigrazione, non esiste un
percorso di avvicinamento, ci si ritrova sotto gli occhi la
presenza dell'altro senza aver coperto alcuna distanza nel
tentativo di avvicinarsi e di comprendere.
L'Ararat è stato il primo passo verso l'elaborazione al
Campo Boario di uno spazio pubblico, incerto e dinamico,
dove si possa, attraverso spazi e comportamenti conviviali,
d'ascolto e di espressione, frequentare e abitare quelle
distanze e quelle differenze.
Una impenetrabile spirale di filo di ferro rappresenta da sempre il
confine... E' nostra intenzione proporre oggi una nuova tipologia
di confine che conservi la forma sinuosa di una spirale, ma che
perdendo le "spine" e dilatandosi si trasformi in uno spazio
ludico, attraversabile e nel contempo abitabile...
Un'infrastruttura che funge da struttura portante e da condotta
per una libera urbanizzazione transitoria, lungo la quale possano
sedimentare le tracce dei passaggi, dove possa trovare prima
accoglienza lo straniero in transito, dove realizzare spazi per
l'incontro e il confronto pubblico e spazi ludici per tutte le età.
Uno spazio pubblico di relazione con la diversità, dove mettere in
gioco i confini, il loro valore simbolico e la realtà della loro
impenetrabilità. Uno spazio che renda possibile
l'attraversamento e il superamento dei confini con "l'altro" senza
per questo rimuoverli. Il transborderline sarà realizzato da
Stalker in diversi luoghi, in cui si sperimenteranno le potenzialità
della struttura quale spazio ludico di relazione, di aggregazione e
di confronto.
TRANSBORDERLINE Infrastruttura transfrontaliera abitabile di supporto alla libera circolazione
delle persone, Campo Boario (Roma), Villa Medici (Roma), Ljubljana, Venezia - giugno/ottobre 2000
Osservatorio Nomade / ellelab, Abitare Corviale: Stile Libero, Roma, 2004
Savorengo Ker non è una casa per i Rom, ma è una casa
per tutti. È un’idea abitativa che i Rom propongono per chi
oggi in Italia cerca casa, mettendo a disposizione le loro
strategie ecologiche ed economiche: i bassi livelli di
consumo, il recupero e riciclaggio dei materiali costruttivi,
l’autocostruzione, la flessibilità e implementabilità della
casa, tutti elementi che insieme alla concezione solidale
della famiglia allargata, rappresentano una risorsa
importante da riconsiderare per rispondere alla crisi
abitativa italiana.
“L'interesse di questa casa non è tanto la casa in se',
quanto il modo in cui è stata fatta. E' stata fatta con una
collaborazione tra attori diversi nella società: ricercatori
universitari e Rom, e i Rom tra l'altro hanno dovuto
mettersi d'accordo fra le diverse etnie, fra i diversi gruppi,
cosa che non è così banale ed automatica come può
sembrare. Questo processo di costruzione e di
riconoscimento reciproco delle capacità e dei ruoli è una
lezione di costruzione della città.”
GIORGIO PICCINATO, professore di Urbanistica della Facoltà di
Architettura dell'Università Roma Tre nonchè uno dei coordinatori dell'attività
di progettazione
Zenobia, “Caro sindaco...”
Le osservazioni delle
bambine e dei bambini al
nuovo PRG, Roma, 2003
Mappe percorsi casa-scuola
MAPPA DELLE EMOZIONI
Centro Sociale Forte Prenestino
Biblioteca Comunale
Ufficio del Piano Regolatore dei Bambini/e (PRB)
AQ architettura quotidiana, Mar dei piccoli, Taranto, 2003
Ampliamento scuola media Lombardi, Bari, ma0 / emmeazero, 2011
Lugar Especifico, Calaf, Spagna, 2A+P architettura, 2007
2TR con Gea Galluzzi, Orti di Fedro, Santa Fiora,
Grosseto 2008
romalab laboratorio di ricerca sulla città curato da Marialuisa Palumbo e promosso da 2A+P, aQ, mattia darò, doppiomisto, ellelab,
ma0, tspoon, UAP, unpacked, roma 2007
Il Metropoliz è l’ex salumificio Fiorucci, in via Prenestina 913 a
Roma. Una fabbrica dismessa che si sviluppa su una vasta area
nel quartiere di Tor Sapienza in cui coabitano circa duecento
persone provenienti da diverse regioni del mondo: Perù, Santo
Domingo, Marocco, Tunisia, Eritrea, Sudan, Ucraina, Polonia,
Romania e Italia.
Il luogo è una grande architettura industriale che fino a pochi
anni fa ospitava il ciclo di produzione di affettati e insaccati, oggi
trasferitosi a Pomezia. La fabbrica è stata occupata nel marzo
del 2009 dai Blocchi Precari Metropolitani, un’organizzazione che
a Roma opera attivamente per rispondere al problema
dell’emergenza abitativa, in collaborazione con Popica Onlus che
si occupa della scolarizzazione dei bambini rom.
Il Metropoliz vuole essere un esempio di integrazione, recupero,
autogestione e sperimentazione di una nuova convivenza
urbana. La sua occupazione, infatti, ha rappresentato non
soltanto una soluzioni abitativa per le molte famiglie che ci
vivono, ma anche l’inizio di una esperienza multiculturale inedita,
che ha come ambizione quella di restituire alla città uno spazio
pubblico.
Il progetto Space Metropoliz nasce con l’intento di utilizzare il
cinema come strumento di aggregazione, di progettazione e di
trasformazione del territorio, e per contribuire alla rigenerazione
socio-ambientale del Metropoliz, un’ex fabbrica abbandonata e
oggi occupata da 200 persone senza casa.
Il cinema diventa dunque un dispositivo per entrare al Metropoliz
e raccontarne le storie, i sogni e le ambizioni, ma è anche uno
strumento per progettare e realizzare insieme agli abitanti della
fabbrica e del quartiere un nuovo spazio di convivenza.
E quale migliore metafora, per realizzare questa “utopia”, se non
la Luna, che i trattati internazionali definiscono come “patrimonio
comune dell’umanità dove sono bandite, oltre alle armi,
qualunque forma di appropriazione nazionale o rivendicazione di
sovranità, nonché l’esercizio della proprietà privata”.
http://www.spacemetropoliz.com
Gli occupanti di una vecchia fabbrica dismessa decidono di
abbandonare le barricate e di sfuggire una volta per tutte alle spinte
centrifughe della città che li pone ai margini della società civile,
negandogli casa, lavoro, salute e legalità.
Il loro progetto è semplice: costruire un razzo per andare a vivere sulla
Luna. E’ questa la trama di un cortometraggio (a cavallo tra Voyage
dans la Lune di Méliès e Miracolo a Milano di De Sica) che una troupe
cinematografica decide di girare con l’aiuto degli occupanti del
Metropoliz, un ex salumificio della Fiorucci sito in Via Prenestina a
Roma.
La costruzione del grande razzo–scenografia e il cortometraggio sono,
in realtà, il cavallo di troia per entrare a conoscere a fondo le storie dei
migranti e dei precari che il 27 marzo 2009 hanno forzato i cancelli
della fabbrica dismessa e hanno deciso di lottare insieme per il diritto
all’abitazione e per una città diversa, solidale e multiculturale.
Attraverso un dispositivo creativo aperto, che coinvolge attivamente gli
abitanti del Metropoliz nelle fasi del progetto, si cerca di ridare voce al
sogno e all’immaginazione, troppo spesso soffocati dalle necessità del
vivere e dall’urgenza del bisogno.
http://www.spacemetropoliz.com/progetto/film/
Cliente:
Municipalità di
Copenhagen
Luogo:
Nørrebro, Copenhagen
Superficie del lotto:
30.000 mq- 750 ml
Budget:
7,7 milioni di euro
Consegna:
Primavera 2012
Architettura:
BIG Bjarke Ingels Group
+
Supeflex
+
Topotek1
Superkilen è un parco urbano nel centro di Copenhagen.
Nato in risposta a un bando indetto dal Comune e
dall’associazione Realdania per l’area di Nørrebro, il
progetto è frutto della collaborazione tra gli architetti di BIG,
i paesaggisti di Topotek1 e gli artisti visivi di Superflex.
Alla richiesta di realizzare un parco cittadino che favorisse
l’integrazione nel quartiere più multi-culturale di tutta la
Danimarca – e periodicamente teatro di episodi violenti – i
tre progettisti hanno reagito con l’idea di traslocare qui
storie e realtà urbane provenienti da tutto il pianeta.
Attraverso i giornali, la radio, Internet, caselle postali
elettroniche o installate nel sito, hanno chiesto agli abitanti
di suggerire oggetti di arredo urbano per il futuro
Superkilen: ciascuna delle 57 comunità etniche di Nørrebro
deve essere rappresentata nel parco almeno da un
oggetto...
“Rather than a public outreach process towards the lowest
common denominator or a politically correct post
rationalization of preconceived ideas navigated around
any potential public resistance – we proposed public
participation as the driving force of the design leading
towards the maximum freedom of expression. by
transforming public procedure into proactive proposition
we curated a park for the people by the people – peer to
peer design – literally implemented.”
Bjarke Ingels
“Nella sensibilità antica l'aspetto della deprivazione della
privacy, indicato nella parola stessa, era considerato
predominante; significava letteralmente uno stato di
privazione... Un uomo che vivesse solo una vita privata
e che, come lo schiavo, non potesse accedere alla sfera
pubblica, o che come il barbaro, avesse scelto di non
istituire tale dominio, non era pienamente umano.”
Hannah Arendt

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Lo spazio comune

  • 1. LO SPAZIO COMUNE Progetti di spazi pubblici e forme di partecipazione
  • 2. “Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune, come un tavolo è posto tra quelli che vi siedono intorno; il mondo, come ogni in-fra [in-between], mette in relazione e separa gli uomini allo stesso tempo. La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce, per così dire, di caderci addosso a vicenda...” Hannah Arendt
  • 3.
  • 4. Stalker – Laboratorio d'arte urbana E' un soggetto collettivo che compie ricerche e azioni sul territorio, con particolare attenzione alle aree di margine e ai vuoti urbani, spazi abbandonati o in via di trasformazione. Tali indagini si sviluppano su diversi piani, attorno alla praticabilità, alla rappresentazione e al progetto di questi spazi da noi chiamati Territori Attuali. STALKER è assieme custode, guida e artista dei territori attuali, in queste sue molteplici vesti si dispone ad affrontare le apparenti insolubili contraddizioni attorno alla possibilità di salvaguardia tramite l'abbandono, di rappresentazione attraverso la percezione sensoriale, di progetto dell'instabilità e della mutevolezza di quei luoghi. Manifesto 1995
  • 5. Ararat E’ il centro socio-culturale curdo a Roma nato il 21 maggio 1999, da un laboratorio Stalker con alcuni studenti della facoltà di architettura di Reggio Calabria e realizzato assieme alla comunità Curda di Roma, l’Associazione Azad, l’Osservatorio sui rifugiati e migranti e il Villaggio Globale. Oggi è interamente gestito dalla comunità Curda e mentre sopperisce alle carenze cittadine nell’accoglienza, da qui sono passati centinaia di profughi, ha sviluppato un progetto culturale teso alla conoscenza, alla divulgazione e alla promozione della cultura curda in Italia, nonché all’interscambio con la cultura italiana.
  • 6.
  • 7. Ararat è nato con l'idea di trasformare un confine in uno spazio pubblico. Per confine si intende quell'insieme di distanze e differenze che ci dividono da chi arriva in città dopo essere stato costretto ad abbandonare il proprio Paese di provenienza. Tali distanze e differenze non trovano ancora in questa città luoghi dove dispiegarsi, restando perlopiù impercorribili. Per chi vive in città e necessariamente si confronta con l'evidenza dei fenomeni d'immigrazione, non esiste un percorso di avvicinamento, ci si ritrova sotto gli occhi la presenza dell'altro senza aver coperto alcuna distanza nel tentativo di avvicinarsi e di comprendere. L'Ararat è stato il primo passo verso l'elaborazione al Campo Boario di uno spazio pubblico, incerto e dinamico, dove si possa, attraverso spazi e comportamenti conviviali, d'ascolto e di espressione, frequentare e abitare quelle distanze e quelle differenze.
  • 8.
  • 9.
  • 10.
  • 11.
  • 12.
  • 13.
  • 14.
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  • 17.
  • 18.
  • 19.
  • 20.
  • 21.
  • 22.
  • 23.
  • 24. Una impenetrabile spirale di filo di ferro rappresenta da sempre il confine... E' nostra intenzione proporre oggi una nuova tipologia di confine che conservi la forma sinuosa di una spirale, ma che perdendo le "spine" e dilatandosi si trasformi in uno spazio ludico, attraversabile e nel contempo abitabile... Un'infrastruttura che funge da struttura portante e da condotta per una libera urbanizzazione transitoria, lungo la quale possano sedimentare le tracce dei passaggi, dove possa trovare prima accoglienza lo straniero in transito, dove realizzare spazi per l'incontro e il confronto pubblico e spazi ludici per tutte le età. Uno spazio pubblico di relazione con la diversità, dove mettere in gioco i confini, il loro valore simbolico e la realtà della loro impenetrabilità. Uno spazio che renda possibile l'attraversamento e il superamento dei confini con "l'altro" senza per questo rimuoverli. Il transborderline sarà realizzato da Stalker in diversi luoghi, in cui si sperimenteranno le potenzialità della struttura quale spazio ludico di relazione, di aggregazione e di confronto.
  • 25. TRANSBORDERLINE Infrastruttura transfrontaliera abitabile di supporto alla libera circolazione delle persone, Campo Boario (Roma), Villa Medici (Roma), Ljubljana, Venezia - giugno/ottobre 2000
  • 26.
  • 27.
  • 28.
  • 29.
  • 30.
  • 31.
  • 32.
  • 33. Osservatorio Nomade / ellelab, Abitare Corviale: Stile Libero, Roma, 2004
  • 34.
  • 35.
  • 36.
  • 37.
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  • 50.
  • 51. Savorengo Ker non è una casa per i Rom, ma è una casa per tutti. È un’idea abitativa che i Rom propongono per chi oggi in Italia cerca casa, mettendo a disposizione le loro strategie ecologiche ed economiche: i bassi livelli di consumo, il recupero e riciclaggio dei materiali costruttivi, l’autocostruzione, la flessibilità e implementabilità della casa, tutti elementi che insieme alla concezione solidale della famiglia allargata, rappresentano una risorsa importante da riconsiderare per rispondere alla crisi abitativa italiana.
  • 52.
  • 53. “L'interesse di questa casa non è tanto la casa in se', quanto il modo in cui è stata fatta. E' stata fatta con una collaborazione tra attori diversi nella società: ricercatori universitari e Rom, e i Rom tra l'altro hanno dovuto mettersi d'accordo fra le diverse etnie, fra i diversi gruppi, cosa che non è così banale ed automatica come può sembrare. Questo processo di costruzione e di riconoscimento reciproco delle capacità e dei ruoli è una lezione di costruzione della città.” GIORGIO PICCINATO, professore di Urbanistica della Facoltà di Architettura dell'Università Roma Tre nonchè uno dei coordinatori dell'attività di progettazione
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  • 61. Zenobia, “Caro sindaco...” Le osservazioni delle bambine e dei bambini al nuovo PRG, Roma, 2003
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  • 68. Centro Sociale Forte Prenestino
  • 70. Ufficio del Piano Regolatore dei Bambini/e (PRB)
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  • 73. AQ architettura quotidiana, Mar dei piccoli, Taranto, 2003
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  • 82. Ampliamento scuola media Lombardi, Bari, ma0 / emmeazero, 2011
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  • 95. Lugar Especifico, Calaf, Spagna, 2A+P architettura, 2007
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  • 105. 2TR con Gea Galluzzi, Orti di Fedro, Santa Fiora, Grosseto 2008
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  • 113. romalab laboratorio di ricerca sulla città curato da Marialuisa Palumbo e promosso da 2A+P, aQ, mattia darò, doppiomisto, ellelab, ma0, tspoon, UAP, unpacked, roma 2007
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  • 126. Il Metropoliz è l’ex salumificio Fiorucci, in via Prenestina 913 a Roma. Una fabbrica dismessa che si sviluppa su una vasta area nel quartiere di Tor Sapienza in cui coabitano circa duecento persone provenienti da diverse regioni del mondo: Perù, Santo Domingo, Marocco, Tunisia, Eritrea, Sudan, Ucraina, Polonia, Romania e Italia. Il luogo è una grande architettura industriale che fino a pochi anni fa ospitava il ciclo di produzione di affettati e insaccati, oggi trasferitosi a Pomezia. La fabbrica è stata occupata nel marzo del 2009 dai Blocchi Precari Metropolitani, un’organizzazione che a Roma opera attivamente per rispondere al problema dell’emergenza abitativa, in collaborazione con Popica Onlus che si occupa della scolarizzazione dei bambini rom. Il Metropoliz vuole essere un esempio di integrazione, recupero, autogestione e sperimentazione di una nuova convivenza urbana. La sua occupazione, infatti, ha rappresentato non soltanto una soluzioni abitativa per le molte famiglie che ci vivono, ma anche l’inizio di una esperienza multiculturale inedita, che ha come ambizione quella di restituire alla città uno spazio pubblico.
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  • 129. Il progetto Space Metropoliz nasce con l’intento di utilizzare il cinema come strumento di aggregazione, di progettazione e di trasformazione del territorio, e per contribuire alla rigenerazione socio-ambientale del Metropoliz, un’ex fabbrica abbandonata e oggi occupata da 200 persone senza casa. Il cinema diventa dunque un dispositivo per entrare al Metropoliz e raccontarne le storie, i sogni e le ambizioni, ma è anche uno strumento per progettare e realizzare insieme agli abitanti della fabbrica e del quartiere un nuovo spazio di convivenza. E quale migliore metafora, per realizzare questa “utopia”, se non la Luna, che i trattati internazionali definiscono come “patrimonio comune dell’umanità dove sono bandite, oltre alle armi, qualunque forma di appropriazione nazionale o rivendicazione di sovranità, nonché l’esercizio della proprietà privata”. http://www.spacemetropoliz.com
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  • 131. Gli occupanti di una vecchia fabbrica dismessa decidono di abbandonare le barricate e di sfuggire una volta per tutte alle spinte centrifughe della città che li pone ai margini della società civile, negandogli casa, lavoro, salute e legalità. Il loro progetto è semplice: costruire un razzo per andare a vivere sulla Luna. E’ questa la trama di un cortometraggio (a cavallo tra Voyage dans la Lune di Méliès e Miracolo a Milano di De Sica) che una troupe cinematografica decide di girare con l’aiuto degli occupanti del Metropoliz, un ex salumificio della Fiorucci sito in Via Prenestina a Roma. La costruzione del grande razzo–scenografia e il cortometraggio sono, in realtà, il cavallo di troia per entrare a conoscere a fondo le storie dei migranti e dei precari che il 27 marzo 2009 hanno forzato i cancelli della fabbrica dismessa e hanno deciso di lottare insieme per il diritto all’abitazione e per una città diversa, solidale e multiculturale. Attraverso un dispositivo creativo aperto, che coinvolge attivamente gli abitanti del Metropoliz nelle fasi del progetto, si cerca di ridare voce al sogno e all’immaginazione, troppo spesso soffocati dalle necessità del vivere e dall’urgenza del bisogno. http://www.spacemetropoliz.com/progetto/film/
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  • 133. Cliente: Municipalità di Copenhagen Luogo: Nørrebro, Copenhagen Superficie del lotto: 30.000 mq- 750 ml Budget: 7,7 milioni di euro Consegna: Primavera 2012 Architettura: BIG Bjarke Ingels Group + Supeflex + Topotek1
  • 134. Superkilen è un parco urbano nel centro di Copenhagen. Nato in risposta a un bando indetto dal Comune e dall’associazione Realdania per l’area di Nørrebro, il progetto è frutto della collaborazione tra gli architetti di BIG, i paesaggisti di Topotek1 e gli artisti visivi di Superflex. Alla richiesta di realizzare un parco cittadino che favorisse l’integrazione nel quartiere più multi-culturale di tutta la Danimarca – e periodicamente teatro di episodi violenti – i tre progettisti hanno reagito con l’idea di traslocare qui storie e realtà urbane provenienti da tutto il pianeta. Attraverso i giornali, la radio, Internet, caselle postali elettroniche o installate nel sito, hanno chiesto agli abitanti di suggerire oggetti di arredo urbano per il futuro Superkilen: ciascuna delle 57 comunità etniche di Nørrebro deve essere rappresentata nel parco almeno da un oggetto...
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  • 144. “Rather than a public outreach process towards the lowest common denominator or a politically correct post rationalization of preconceived ideas navigated around any potential public resistance – we proposed public participation as the driving force of the design leading towards the maximum freedom of expression. by transforming public procedure into proactive proposition we curated a park for the people by the people – peer to peer design – literally implemented.” Bjarke Ingels
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  • 150. “Nella sensibilità antica l'aspetto della deprivazione della privacy, indicato nella parola stessa, era considerato predominante; significava letteralmente uno stato di privazione... Un uomo che vivesse solo una vita privata e che, come lo schiavo, non potesse accedere alla sfera pubblica, o che come il barbaro, avesse scelto di non istituire tale dominio, non era pienamente umano.” Hannah Arendt