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Approfondimento: Il simbolo dello spreco – La città dello sport
di Carolina Antonucci
11 Settembre 2013
Nell’area dell’Università di Tor Vergata sarebbe dovuta sorgere un’opera avveniristica destinata,
nel “geniale” progetto del 2005, a divenire il simbolo dei Mondiali di Nuoto che Roma ha ospitato
nel 2009.
Il progetto della “Città dello sport” era stato commissionato al famosissimo architetto spagnolo
Santiago Calatrava che aveva disegnato, per il palazzetto, una struttura particolarissima a forma di
conchiglia tropicale. La città sarebbe dovuta diventare un centro sportivo polifunzionale in grado
di ospitare due piscine olimpioniche, piscine per tuffi, campo da volley e da basket, piste d’atletica
e 15.000 posti a sedere per il palazzetto. Nel progetto era inserita anche la costruzione della “torre
del rettorato” (alta circa 90 metri) della seconda università di Roma. Questo perché l’obiettivo
sarebbe dovuto essere riutilizzate tutte le strutture, comprese anche le foresterie per gli atleti,
come infrastrutture universitarie, dai campi sportivi al campus per gli studenti.
Una buona idea, se non fosse che della conchiglia è stata costruita solo metà, una vela, sotto la
quale si scorge lo scheletro in cemento armato, con bulloni arrugginiti ben in vista, di quella che
sarebbe dovuta essere la struttura sportiva.
Niente di più di quello che potrebbe venirci in mente chiudendo gli occhi e immaginando una
mostruosità incompiuta in cemento armato vista in un qualunque punto cardinale del nostro
amato paese.
All’interno della struttura le buche delle virtuali piscine sono state riempite, ad oggi, solo
dall’acqua piovana.
Il motivo dell’abbandono? L’incessante lievitare dei costi accompagnato da un continuo rimpallarsi
di responsabilità, tra amministrazioni, Calatrava e costruttori.
Ma quest’opera era veramente necessaria per la città di Roma? Abbiamo trovato un’intervista
rilasciata dall’architetto Calatrava nel 2012 quando è tornato sul luogo, potremmo dire del delitto,
insieme all’ex sindaco Alemanno e il Comitato Roma2020, mossi dall’intento di rispolverare il
progetto per ultimarlo. Da questa intervista si evince che non solo non è assolutamente detto che
quest’opera fosse necessaria, ma che inoltre non era nemmeno chiaro il motivo per cui si sarebbe
dovuta fare:
"É un opera che guarda al passato di Roma - ha detto l'architetto - ma allo stesso tempo abbiamo
evitato l'idea di creare una cupola che fosse la più grande della città. Il progetto era nato come un
grande spazio per il Giubileo, poi via via si è evoluto con i mondiali di nuoto, poi quando c'era
l'ipotesi di ospitare i mondiali di basket e ora con l'idea della candidatura di Roma 2020. Però non
bisogna pensare solo a breve termine - ha sottolineato - ma progettare impianti al lungo termine,
utili al quartiere, soprattutto a queste zone periferiche. Senza dimenticare l'utilità per gli studenti
universitari. Le periferie hanno bisogno di carattere e identità e questo progetto indubbiamente
caratterizza questo territorio”.
Inoltre, come riporta l’inchiesta dell’Espresso di Fabrizio Gatti, il fatto che le gare dei mondiali di
nuoto si siano svolte al Foro Italico, dimostra come quest’opera fosse realmente inutile.
Rispetto ai costi riportiamo parte dell’inchiesta pubblicata da l’Espresso a firmadi Fabrizio Gatti dal
titolo: “Olimpiadi, torta da dieci miliardi”.
“Il cartello di cantiere, ormai scolorito, indica l'importo dei lavori: 136 milioni 320 mila euro. E' solo
il costo iniziale. Perché queste tre buche di milioni ne hanno già ingoiati 256. A beneficio, stando
sempre al cartello, di un consorzio di imprese diretto dalla Vianini spa del gruppo Caltagirone. Una
barzelletta anche la fine dei lavori. Data di consegna: 27 marzo 2007. Data di ultimazione: 30
giugno 2011. Infatti, di solito le opere prima si consegnano. Poi si completano. Ovviamente fino a
oggi non sono state né consegnate né completate. Ma continuiamo a pagare i custodi. E perfino i
progettisti e i tecnici dell'"Ufficio del commissario delegato per lo svolgimento dei Mondiali di
nuoto". Chiusi nelle baracche di cantiere ai piedi dalla vela di Calatrava, tutti i giorni dal 2008
progettisti e tecnici si confrontano sulla "costruzione della viabilità perimetrale e delle reti di
fognatura a servizio della Città dello sport di Tor Vergata", come spiega un altro cartello davanti
alle loro auto parcheggiate. Nonostante la procedura d'urgenza e i 12 milioni 800 mila euro già
spesi per la viabilità, i risultati sono piuttosto lenti a manifestarsi. Anche lo svincolo autostradale è
rimasto a metà. Le imprese se ne sono andate senza nemmeno chiudere a chiave l'ufficio di
cantiere. Documenti e mappe per terra. Tra scarpe abbandonate, una scrivania e un letto sfatto.
Ecco, con la scusa delle Olimpiadi vogliono far dimenticare lo scempio della Città dello sport.”
Questo perché nelle intenzioni del Comitato Roma2020 Tor Vergata sarebbe dovuta divenire la
terza area dei giochi olimpici in cui doveva esserci un impianto di pallanuoto (da 4000 posti), il
palazzetto multifunzionale da 15000, piste d’atletica e piscine scoperte.
Con il naufragare del progetto Roma2020 La città dello sport è caduta nuovamente nel
dimenticatoio. O forse è destinata a tornare alla ribalta anche per Roma 2024?

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