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Hikikomori, sindrome culturale di ritiro sociale
Il fenomeno hikikomori è comparso in Giappone alla fine degli anni ’80.
Hikikomori significa ritirarsi in un luogo sicuro, chiudersi, e questo termine si riferisce a giovani
giapponesi tra i 14 e i 30 anni che mostrano segni di isolamento sociale e incomunicabilità per un
periodo di almeno 6 mesi fino a 10 anni e anche più. Gli hikikomori sono per il 90% maschi; vivono
reclusi nella propria stanza senza contatti con l’esterno, neanche con i genitori da cui peraltro
dipendono per il sostentamento. Solitamente mostrano segni di inversione del ritmo circadiano:
dormono di giorno e stanno svegli la notte.
Il fenomeno degli hikikomori colpisce in particolar modo le famiglie di ceto sociale medio-elevato,
con i genitori entrambi laureati, il padre assente sempre occupato al lavoro e la madre casalinga,
completamente dedita all’educazione del figlio.
Questo atteggiamento di totale dedizione attiene al sentimento di amae che significa dipendenza.
Una delle cause del fenomeno viene attribuita al sistema scolastico giapponese, caratterizzato da
competitività e forte pressione sociale. L’ammissione alle scuole prevede test molto impegnativi
tanto che gli stessi giapponesi chiamano il loro sistema scolastico l’inferno degli esami e questo
può provocare un senso di rifiuto scolastico; il 41% dei giovani che ne hanno sofferto,
successivamente evolvono in hikikomori.
Uno dei motivi di rifiuto scolastico è l’aver subito atti di bullismo, che è un fenomeno molto
frequente in Giappone, non solo a scuola ma anche in ambito lavorativo. I soggetti vengono presi
di mira perché si scostano, anche minimamente, dall’omogeneità del gruppo. Il detto giapponese
“il chiodo che sporge lo si martella forte” rende bene questa idea. Per un giapponese essere
ignorati dal gruppo equivale ad una condanna.
Un elemento spesso correlato agli hikikomori è la dipendenza da Internet. I fenomeni però non
vanno confusi perché per gli hikikomori la dipendenza da internet è conseguenza e non causa del
ritiro.
Spesso gli hikikomori sfogano la propria frustrazione con episodi di violenza nei confronti dei
genitori, in particolar modo la madre.
Circa il 46% degli hikikomori avverte il desiderio di suicidio ma raramente lo mette in atto.
Non esiste una strategia terapeutica univoca per la cura degli hikikomori. Un approccio di tipo
riabilitativo sociale e lavorativo viene svolto da alcune associazioni no profit.
Il fenomeno non dispone di un’ampia letteratura, neanche in Giappone, dove il problema viene
sottovalutato o negato. Una delle definizioni attribuita al fenomeno è quella di sindrome
culturalmente caratterizzata, che sottintende una serie di disturbi comportamentali generalmente
limitati ad aree culturali specifiche. Il problema è comparso però anche in paesi di cultura
occidentale, compresa l’Italia. Il legame tra gli hikikomori giapponesi e quelli italiani sembra essere
il senso di vergogna e di inadeguatezza, anche se per motivi opposti: in Giappone i giovani si
sentono sopraffatti da una società eccessivamente rigida e piena di regole, per contro i giovani
italiani hanno la percezione di sentirsi incapaci e inadeguati in un sistema dove domina l’assenza di
regole sociali coerenti e sistematiche. Questo fenomeno sembra destinato a espandersi, ci sarà
per cui la necessità di effettuare studi approfonditi e ricerche scientifiche e sociali sull’argomento.