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Comando Provinciale Vigili del Fuoco
Bergamo
Ing. Agatino CARROLO – P.I. Gianmario GNECCHI
Linee guida per la standardizzazione delle modalità esercitative in aziende a rischio di incidente rilevante
Versione 2.0 – 12 novembre 2014
Premessa
Lo svolgimento di esercitazioni periodiche è uno dei requisiti principali per il mantenimento di un adeguato
SGS (Sistema di Gestione della Sicurezza). L’impegno che viene profuso per questo elemento del SGS
rappresenta un investimento significativo, soprattutto per le cosiddette esercitazioni full-scale, cioè quelle
dove effettivamente viene attivato tutto il piano di emergenza aziendale con la movimentazione reale delle
risorse. In queste brevi linee guida ci si propone di integrare le metodologie a disposizione per lo
svolgimento di esercitazioni per ottenere mediante simulazioni a “tavolino” (tabletop) risultati simili a quelli
ottenibili con le esercitazioni su scala totale.
Queste ultime non sono certo sostituibili del tutto ma risulta molto importante far precedere
l’organizzazione di una esercitazione full scale da una attività tabletop che consente di focalizzare ancora
meglio gli scopi, lo svolgimento e la raccolta dei risultati a seguito della esercitazione full-scale.
ELEMENTI STANDARD
Si decide chi e che cosa si vuole provare/testare/verificare. E’ importante una “declaratoria” iniziale con la
quale gli organizzatori dell’esercitazione definiscono lo scopo. Ad esempio si vuole provare la capacità di
risposta del sistema di emergenza del reparto x, y, z. oppure si vuole provare la capacità del management di
gestire le relazioni esterne e la comunicazione con le Autorità durante una emergenza complessa, oppure si
vuole provare l’interazione con le squadre di soccorso esterne. O un mix di tutto questo.
Si sceglie uno scenario tra quelli previsti nel piano che sia adeguato per poter mettere alla prova (mettere
“in esercizio”, appunto) i soggetti che si decide di coinvolgere nell’esercitazione. Lo scenario, che è “la
scusa” per scatenare la risposta attesa, deve essere adeguato agli obiettivi della “declaratoria”
Svolgimento dell’esercitazione. Si articola l’andamento dello scenario in modo da consentire ai vari attori
di svolgere un numero sostenibile di azioni che sono comunque inerenti al proprio ruolo.
Scelta del metodo in base alla complessità della prova. L’esercitazione sul campo è sempre di grande
valore, ma comporta anche notevoli sforzi sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista del
“consumo di risorse”. Per esercitazioni complesse, prima di giungere allo svolgimento “dal vivo” è bene
prepararsi con esercitazioni “a tavolino” proprio per verificare la “robustezza” della pianificazione esistente,
la conoscenza della pianificazione da parte dei diretti interessati, la fattibilità di soluzioni previste nel piano
e infine la verifica dei possibili “margini di autonomia decisionale”. A livelli ancora più raffinati, gli
organizzatori prevedono anche “stimoli esercitativi”, che consentano a chi si esercita di esprimere al
massimo le proprie capacità professionali, mediante l’introduzione di problematiche che potrebbero non
avere una soluzione pre-confezionata ma richiedono una soluzione basata sulla situazione contingente e
sulle risorse a disposizione in quel momento.
Tra gli obiettivi ci sono i seguenti elementi:
 verificare criticità dovute a concentrazione di flussi di comunicazione
 rilievo di situazioni di concentrazione in tempi ristretti di molte scelte decisionali da operare
 analisi delle capacità delle figure in capo a settori organizzativi (squadra di emergenza, capi reparto,
altre figure di management aziendale), capacità intesa anche come “autonomia” decisionale sia per
l’ordinario (andamento previsto, comprese le sotto casistiche previste) sia per lo straordinario
(andamento imprevisto e inaspettato)
Possiamo immaginare un grado di adeguatezza della formula “tabletop” in questi termini:
 Prova del piano di Livello “basso”: mettere alla prova la squadra di emergenza e poco più (qui la
formula “tabletop” non è necessaria)
 Prova del piano di Livello “medio-basso”: mettere alla prova gran parte del personale aziendale,
management compreso (qui la formula tabletop comincia ad essere utile)
 Provba del Piano di Livello “medio-alto”: mettere ala prova tutta l’azienda, le autorità (tabletop
molto utile)
 Prova del Piano di Livello “alto”: tutta l’azienda, le autorità e la popolazione (tabletop
indispensabile, prima di un Field exercise)
Tenere separato lo staff organizzatore dell’esercitazione da chi si esercita. Chi prepara l’esercitazione
deve essere diverso da chi la svolgerà quel giorno. Lo scopo è quello di consentire di avere una valutazione
oggettiva, “esterna”, e il più possibile equilibrata. Chi organizza è anche chi deve valutare e trarre le
indicazioni per confermare, migliorare, adeguare, aggiornare il sistema di risposta all’emergenza (ad
esempio: a) piano, b) management, c) squadre e maestranze, d) interazioni con “l’esterno” e molto altro)
Tra le cose da valutare:
 i flussi di allarme e comunicazione
o tempistiche, quantità e qualità dei flussi (chi parla con chi), modalità (radio, telefono, pc,
strumentazioni e quadri di controllo, anche quelli “comunicano)
o “imbuti”
 la catena di comando e controllo (in altre parole chi decide e chi esegue, ai vari livelli)
o l’organizzazione d’emergenza aziendale stabilita nel piano va confermata nella sua validità
oppure va riconfigurata per meglio rispondere alle esigenze?
 le “regole di ingaggio” (la validità del piano ed in particolare delle azioni previste nel piano)
o gli eventi previsti nel piano e le conseguenti azioni
Esempio di esercitazione a tavolino (organizzazione passo passo)
Fasi preparatorie
Dopo aver svolto le fasi iniziali che conducono anche alla scrittura del “ testo” che narra l’evento di
riferimento, si procede con:
- Costituzione della Regia Esercitativa
- Individuazione dei partecipanti
- Individuazione del luogo dove svolgere il tabletop
- Giorno, durata (comprensiva delle attviità di briefing e debriefing)
FASE 1 - Introduzione e “pronti a cominciare”
All’inizio dei lavori si ricorda a tutti i partecipanti lo scopo dell’esercitazione e si evidenzia con precisione
che la pianificazione di riferimento che detta le regole del gioco da seguire “è la seguente”:
- Piano AAA del …., procedura PPP numero 123 del …., linee guida LLL, ecc. ecc.
Si decide quale livello di “consultazione in diretta”dei documenti è ammesso. Tale livello deve essere il più
possibile vicino alla realtà: se nella realtà l’operatore ha il tempo di sfogliare trecento pagine di piano prima
di decidere, faccia pure. Ma se nella realtà deve prendere decisioni nel giro di poche decine di secondi … è
bene che abbia delle check list da seguire o che il piano lo conosca veramente bene a memoria.
Si dispongono le figure che si esercitano, in modo adeguato nel luogo previsto: alcune risorse potrebbero
esercitarsi stando in una posizione “remota” ad esempio in un altro locale)
Si assegnano i ruoli e si rammenta a ciascuno quale è il suo ruolo (evidenziando nuovamente che cosa ci si
aspetta da loro)
RUOLO 1, RUOLO 2, RUOLO 3, RUOLO 4, RUOLO 5, RUOLO n…
 i partecipanti si siedono intorno ad un tavolo, ciascuno munito degli strumenti di comunicazione che
userebbe in caso di emergenza
o si può simulare tutto, ovviamente. Si può usare un telefono e fare finta che sia la radio o vice
versa – anche se si deve tener conto dell’accorgimento esercitativo e annotarlo come tale dato
che ogni strumento di comunicazione ha dei pregi e dei difetti e dei rischi di guasto o
sovraccarico dei flussi
 La regia esercitativa dà il via iniziando a “visualizzare” lo scenario esercitativo, in qualsiasi modo
ritenuto opportuno.
o Una fotografia, un filmato, uno schema, una planimetria con delle indicazioni
o Una persona che viene di corsa a raccontare “è successo questo”
o Una comunicazione tramite altoparlante, un sistema di allarme che inizia a suonare e ognuno
inizia a pensare” e adesso che cosa devo fare io?”
o Una telefonata ricevuta dal RUOLO 1 (o quello che si vuole)
Lo scopo della “visualizzazione” è, possibilmente, duplice: da un lato fornire le indicazioni in
modo che ognuno possa agire di conseguenza, ma anche fare in modo che la propria
“interpretazione dello scenario” resti entro margini di uniformità accettabili. Ad esempio se
uno dicesse semplicemente: “è scoppiato il reattore xyz” evidentemente si può immaginare che
ciascuno analizzi le proprie azioni conseguenti sulla base di ciò che “immagina” sia successo.
Fare vedere a grandi linee che cosa è successo aiuta a mantenere uniforme il comportamento
atteso senza eccessiva “personalizzazione” dell’interpretazione. Certamente se nella realtà
alcuni devono iniziare a prendere decisioni senza “aver ancora visto di persona ”quello che è
successo, si deve sapere che tali decisioni:
 sono talmente generali che vanno bene per un ampio range di “configurazioni di
scenario”
 devono essere modificabili e adattabili man mano il quadro degli eventi diventa sempre
più chiaro.
FASE 2. Si iniziano a simulare i flussi di comunicazione.
Non va dimenticato che in caso reale le comunicazioni sono via via contemporanee e sovrapposte (e questo
è in realtà uno dei principali aspetti i cui risvolti pratici di cui a volte non si tiene adeguatamente conto,
nelle pianificazioni).
In una esercitazione a tavolino non guidata e con tempistica lineare e realistica, serve un sistema di
registrazione di queste comunicazioni per riesaminarle nel debriefing, oppure è necessario che la regia
esercitativa decida quali punti chiave vuole tenere monitorato e lasci perdere buona parte dei passaggi
intermedi.
In una esercitazione a tavolino guidata, con periodico stop del “tempo che scorre” ogni volta che si renda
necessario, è possibile evidenziare ciascuna comunicazione e farla ascoltare a tutti ben sapendo che nella
realtà la comunicazione x sarebbe stata contemporanea con la comunicazione z e con la k. Questo metodo
consente a tutti di “cogliere la complessità” delle comunicazioni necessarie per “mandare avanti” la
gestione dell’emergenza. Non si dimentichi che il mancato arrivo di una comunicazione chiave, spesso
ritarda l’inizio delle azioni conseguenti e tutto il sistema ne può risentire.
FASE 3 Risoluzione della emergenza in conformità alle procedure del piano
Se lo scenario predisposto dalla Regia ipotizza uno svolgimento regolare del processo decisionale e delle
conseguenti operazioni/azioni/decisioni previste nel piano, si dovrebbe poter registrare tali elementi e
verificare “semplicemente” se gli operatori sono stati in grado di attenersi a quanto già previsto nel piano e
nelle relative procedure.
FASE 4 - Risoluzione della emergenza con introduzione di problematiche complesse non previste dalle
procedure del piano – capacità di reazione e adattamento del sistema
In questo caso la Regia stabilisce di introdurre semplici “variazioni“ all’ipotesi di regolare svolgimento delle
oepraizoni di risposta al’emergenza, simulando eventuali “guasti” come ad esempio una comunicazione
interrota o non possibile per guasto apparecchiature, oppure un malfunzionamento di un attrezzatura o
impianto che si prevedeva potessero essere impiegati per la risoluzione della situazione di emergenza.
In questo modo si può provare a verificare la capacità di reazione delle persone a vario titolo coinvolte nella
gestione dell’emergenza. E tali capacità di reazione vengono analizzate ed eventualmente valutate per due
scopi: il primo è la possibilità di integrare la formazione del personale ampliando le conoscenze in modo
che possa affrontare uno spettro di situazioni più ampio di quello previsto; contemporaneamente si
possono usare le soluzioni – anche originali e magari geniali – messe in campo dall’interessato per reagire
alla situazione e formalizzarle inserendole in una revisione del piano come possibili ulteriori soluzioni in
aggiunta a quelle previste nella precedente edizione del piano.
FASE 5 - Debriefing con (eventuale) revisione della pianificazione di emergenza esistente
La fase esercitativa non si deve ritenere conclusa se non è stato attuato un approfondito debriefing. Risulta
molto più efficace prevedere il tempo per il debriefing immediatamente dopo l’esercitazione, piuttosto che
rimandare il debriefing a giornate successive. Questo significa che il “programma” dell’esercitazione
dovrebbe sempre articolarsi, nella medesima giornata, con almeno io seguenti elementi: preparazione,
briefing, svolgimento di una prova ed eventuale svolgimento di una seconda prova, de-briefing.
Certamente il management aziendale poi provvederà ad elaborare ulteriormente quanto emerso nel
debriefing e provvederà ad adottare le modifiche necessarie (se necessarie) al piano oppure confermerà la
validità del piano e lo convaliderà di nuovo nella edizione aggiornata che provvederà a divulgare con
tempestività.
FASE 6 – Formazione e aggiornamento
Tutte le indicazioni scaturite dalle prove di emergenza, dopo essere state formalizzate in revisioni del piano,
devono essere poi divulgate mediante opportuna formazione e informazione. Un piano revisionato,
perfezionato e messo a punto di continuo, perderebbe la sua efficacia se gli operatori che lo devono
applicare non vengono mantenuti aggiornati con tempestività. Infine è da sottolineare come sia preferibile
tendere ad una progressiva riduzione della complessità dei piani a favore di una maggiore “freschezza”,
facilità di aggiornamento ed immediatezza nella divulgazione.
Versione 2.0
12 novembre 2014
Appendice normativa
DM.9 agosto 2000 - LINEE GUIDA PER L’ATTUAZIONE DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Articolo 10 (Pianificazione di emergenza)
1. Il Sistema di Gestione della Sicurezza, in relazione alla possibilità di accadimento di un incidente
rilevante, deve assicurare la gestione dell’emergenza interna, in termini di:
a. contenimento e controllo dell’incidente al fine di rendere minimi gli effetti, e limitazione dei
danni alle persone, all’ambiente e all’impianto;
b. messa in opera delle misure necessarie per la protezione degli addetti e dell’ambiente e dagli
effetti dell’incidente rilevante;
c. comunicazione delle necessarie informazioni alla popolazione, ai servizi di emergenza ed alle
autorità locali competenti; d) provvedimenti che consentano l’agibilità del sito e dell’ambiente
ai fini degli interventi dopo l’incidente rilevante e del successivo ripristino.
2. Le misure di protezione e di intervento per controllare e contenere le conseguenze di un incidente
devono essere individuate sulla base delle informazioni e dei risultati delle analisi dei termini di
sorgente e degli scenari incidentali, così come previste nelle attività di valutazione dei rischi, di cui
all’articolo 7. A tal fine, devono essere valutate le conseguenze dei possibili incidenti rilevanti, sia sugli
impianti, sia sul personale, sulla popolazione esterna e sull’ambiente, per individuare gli elementi che
consentano l’elaborazione del piano di emergenza, sia interno, sia esterno.
3. L’insieme degli elementi attinenti alle misure di protezione e di intervento a seguito di incidenti
rilevanti deve essere specificamente pianificato (Piano di Emergenza Interno), in modo da integrarsi
con il piano di emergenza generale di stabilimento e, in particolare, con le parti relative alla sicurezza e
igiene sui luoghi di lavoro e alla protezione dell’ambiente.
4. Le procedure operative di emergenza, contenute nel piano di emergenza interno, devono
comprendere le descrizioni dettagliate delle misure e dei dispositivi per la limitazione delle
conseguenze di un incidente rilevante, nonché delle apparecchiature di sicurezza, delle risorse
disponibili e dei sistemi di allarme. Esse devono, inoltre, individuare il personale preposto all’attuazione
delle misure stesse, evidenziandone i diversi ruoli e responsabilità in merito al trattamento
dell’emergenza nelle sue varie fasi di allerta, allarme, intervento, evacuazione, ripristino, relazioni
esterne e supporto all’attuazione delle misure adottate all’esterno.
5. Il piano di emergenza interno, oltre alle attività di informazione, formazione e addestramento dei
lavoratori e del personale presente in situ, nonché la dotazione dell’equipaggiamento di protezione
individuale, come previsto dal decreto ministeriale del 16 marzo 1998, deve prevedere riesami ed
esercitazioni, generali o specifici, periodici o a fronte di modifiche intercorse.

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Gnecchi - Carrolo - principi alla base delle esercitazioni tabletop

  • 1. Comando Provinciale Vigili del Fuoco Bergamo Ing. Agatino CARROLO – P.I. Gianmario GNECCHI Linee guida per la standardizzazione delle modalità esercitative in aziende a rischio di incidente rilevante Versione 2.0 – 12 novembre 2014 Premessa Lo svolgimento di esercitazioni periodiche è uno dei requisiti principali per il mantenimento di un adeguato SGS (Sistema di Gestione della Sicurezza). L’impegno che viene profuso per questo elemento del SGS rappresenta un investimento significativo, soprattutto per le cosiddette esercitazioni full-scale, cioè quelle dove effettivamente viene attivato tutto il piano di emergenza aziendale con la movimentazione reale delle risorse. In queste brevi linee guida ci si propone di integrare le metodologie a disposizione per lo svolgimento di esercitazioni per ottenere mediante simulazioni a “tavolino” (tabletop) risultati simili a quelli ottenibili con le esercitazioni su scala totale. Queste ultime non sono certo sostituibili del tutto ma risulta molto importante far precedere l’organizzazione di una esercitazione full scale da una attività tabletop che consente di focalizzare ancora meglio gli scopi, lo svolgimento e la raccolta dei risultati a seguito della esercitazione full-scale. ELEMENTI STANDARD Si decide chi e che cosa si vuole provare/testare/verificare. E’ importante una “declaratoria” iniziale con la quale gli organizzatori dell’esercitazione definiscono lo scopo. Ad esempio si vuole provare la capacità di risposta del sistema di emergenza del reparto x, y, z. oppure si vuole provare la capacità del management di gestire le relazioni esterne e la comunicazione con le Autorità durante una emergenza complessa, oppure si vuole provare l’interazione con le squadre di soccorso esterne. O un mix di tutto questo. Si sceglie uno scenario tra quelli previsti nel piano che sia adeguato per poter mettere alla prova (mettere “in esercizio”, appunto) i soggetti che si decide di coinvolgere nell’esercitazione. Lo scenario, che è “la scusa” per scatenare la risposta attesa, deve essere adeguato agli obiettivi della “declaratoria” Svolgimento dell’esercitazione. Si articola l’andamento dello scenario in modo da consentire ai vari attori di svolgere un numero sostenibile di azioni che sono comunque inerenti al proprio ruolo. Scelta del metodo in base alla complessità della prova. L’esercitazione sul campo è sempre di grande valore, ma comporta anche notevoli sforzi sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista del “consumo di risorse”. Per esercitazioni complesse, prima di giungere allo svolgimento “dal vivo” è bene prepararsi con esercitazioni “a tavolino” proprio per verificare la “robustezza” della pianificazione esistente, la conoscenza della pianificazione da parte dei diretti interessati, la fattibilità di soluzioni previste nel piano
  • 2. e infine la verifica dei possibili “margini di autonomia decisionale”. A livelli ancora più raffinati, gli organizzatori prevedono anche “stimoli esercitativi”, che consentano a chi si esercita di esprimere al massimo le proprie capacità professionali, mediante l’introduzione di problematiche che potrebbero non avere una soluzione pre-confezionata ma richiedono una soluzione basata sulla situazione contingente e sulle risorse a disposizione in quel momento. Tra gli obiettivi ci sono i seguenti elementi:  verificare criticità dovute a concentrazione di flussi di comunicazione  rilievo di situazioni di concentrazione in tempi ristretti di molte scelte decisionali da operare  analisi delle capacità delle figure in capo a settori organizzativi (squadra di emergenza, capi reparto, altre figure di management aziendale), capacità intesa anche come “autonomia” decisionale sia per l’ordinario (andamento previsto, comprese le sotto casistiche previste) sia per lo straordinario (andamento imprevisto e inaspettato) Possiamo immaginare un grado di adeguatezza della formula “tabletop” in questi termini:  Prova del piano di Livello “basso”: mettere alla prova la squadra di emergenza e poco più (qui la formula “tabletop” non è necessaria)  Prova del piano di Livello “medio-basso”: mettere alla prova gran parte del personale aziendale, management compreso (qui la formula tabletop comincia ad essere utile)  Provba del Piano di Livello “medio-alto”: mettere ala prova tutta l’azienda, le autorità (tabletop molto utile)  Prova del Piano di Livello “alto”: tutta l’azienda, le autorità e la popolazione (tabletop indispensabile, prima di un Field exercise) Tenere separato lo staff organizzatore dell’esercitazione da chi si esercita. Chi prepara l’esercitazione deve essere diverso da chi la svolgerà quel giorno. Lo scopo è quello di consentire di avere una valutazione oggettiva, “esterna”, e il più possibile equilibrata. Chi organizza è anche chi deve valutare e trarre le indicazioni per confermare, migliorare, adeguare, aggiornare il sistema di risposta all’emergenza (ad esempio: a) piano, b) management, c) squadre e maestranze, d) interazioni con “l’esterno” e molto altro) Tra le cose da valutare:  i flussi di allarme e comunicazione o tempistiche, quantità e qualità dei flussi (chi parla con chi), modalità (radio, telefono, pc, strumentazioni e quadri di controllo, anche quelli “comunicano) o “imbuti”  la catena di comando e controllo (in altre parole chi decide e chi esegue, ai vari livelli) o l’organizzazione d’emergenza aziendale stabilita nel piano va confermata nella sua validità oppure va riconfigurata per meglio rispondere alle esigenze?  le “regole di ingaggio” (la validità del piano ed in particolare delle azioni previste nel piano) o gli eventi previsti nel piano e le conseguenti azioni
  • 3. Esempio di esercitazione a tavolino (organizzazione passo passo) Fasi preparatorie Dopo aver svolto le fasi iniziali che conducono anche alla scrittura del “ testo” che narra l’evento di riferimento, si procede con: - Costituzione della Regia Esercitativa - Individuazione dei partecipanti - Individuazione del luogo dove svolgere il tabletop - Giorno, durata (comprensiva delle attviità di briefing e debriefing) FASE 1 - Introduzione e “pronti a cominciare” All’inizio dei lavori si ricorda a tutti i partecipanti lo scopo dell’esercitazione e si evidenzia con precisione che la pianificazione di riferimento che detta le regole del gioco da seguire “è la seguente”: - Piano AAA del …., procedura PPP numero 123 del …., linee guida LLL, ecc. ecc. Si decide quale livello di “consultazione in diretta”dei documenti è ammesso. Tale livello deve essere il più possibile vicino alla realtà: se nella realtà l’operatore ha il tempo di sfogliare trecento pagine di piano prima di decidere, faccia pure. Ma se nella realtà deve prendere decisioni nel giro di poche decine di secondi … è bene che abbia delle check list da seguire o che il piano lo conosca veramente bene a memoria. Si dispongono le figure che si esercitano, in modo adeguato nel luogo previsto: alcune risorse potrebbero esercitarsi stando in una posizione “remota” ad esempio in un altro locale) Si assegnano i ruoli e si rammenta a ciascuno quale è il suo ruolo (evidenziando nuovamente che cosa ci si aspetta da loro) RUOLO 1, RUOLO 2, RUOLO 3, RUOLO 4, RUOLO 5, RUOLO n…  i partecipanti si siedono intorno ad un tavolo, ciascuno munito degli strumenti di comunicazione che userebbe in caso di emergenza o si può simulare tutto, ovviamente. Si può usare un telefono e fare finta che sia la radio o vice versa – anche se si deve tener conto dell’accorgimento esercitativo e annotarlo come tale dato che ogni strumento di comunicazione ha dei pregi e dei difetti e dei rischi di guasto o sovraccarico dei flussi  La regia esercitativa dà il via iniziando a “visualizzare” lo scenario esercitativo, in qualsiasi modo ritenuto opportuno. o Una fotografia, un filmato, uno schema, una planimetria con delle indicazioni o Una persona che viene di corsa a raccontare “è successo questo” o Una comunicazione tramite altoparlante, un sistema di allarme che inizia a suonare e ognuno inizia a pensare” e adesso che cosa devo fare io?” o Una telefonata ricevuta dal RUOLO 1 (o quello che si vuole) Lo scopo della “visualizzazione” è, possibilmente, duplice: da un lato fornire le indicazioni in modo che ognuno possa agire di conseguenza, ma anche fare in modo che la propria
  • 4. “interpretazione dello scenario” resti entro margini di uniformità accettabili. Ad esempio se uno dicesse semplicemente: “è scoppiato il reattore xyz” evidentemente si può immaginare che ciascuno analizzi le proprie azioni conseguenti sulla base di ciò che “immagina” sia successo. Fare vedere a grandi linee che cosa è successo aiuta a mantenere uniforme il comportamento atteso senza eccessiva “personalizzazione” dell’interpretazione. Certamente se nella realtà alcuni devono iniziare a prendere decisioni senza “aver ancora visto di persona ”quello che è successo, si deve sapere che tali decisioni:  sono talmente generali che vanno bene per un ampio range di “configurazioni di scenario”  devono essere modificabili e adattabili man mano il quadro degli eventi diventa sempre più chiaro. FASE 2. Si iniziano a simulare i flussi di comunicazione. Non va dimenticato che in caso reale le comunicazioni sono via via contemporanee e sovrapposte (e questo è in realtà uno dei principali aspetti i cui risvolti pratici di cui a volte non si tiene adeguatamente conto, nelle pianificazioni). In una esercitazione a tavolino non guidata e con tempistica lineare e realistica, serve un sistema di registrazione di queste comunicazioni per riesaminarle nel debriefing, oppure è necessario che la regia esercitativa decida quali punti chiave vuole tenere monitorato e lasci perdere buona parte dei passaggi intermedi. In una esercitazione a tavolino guidata, con periodico stop del “tempo che scorre” ogni volta che si renda necessario, è possibile evidenziare ciascuna comunicazione e farla ascoltare a tutti ben sapendo che nella realtà la comunicazione x sarebbe stata contemporanea con la comunicazione z e con la k. Questo metodo consente a tutti di “cogliere la complessità” delle comunicazioni necessarie per “mandare avanti” la gestione dell’emergenza. Non si dimentichi che il mancato arrivo di una comunicazione chiave, spesso ritarda l’inizio delle azioni conseguenti e tutto il sistema ne può risentire. FASE 3 Risoluzione della emergenza in conformità alle procedure del piano Se lo scenario predisposto dalla Regia ipotizza uno svolgimento regolare del processo decisionale e delle conseguenti operazioni/azioni/decisioni previste nel piano, si dovrebbe poter registrare tali elementi e verificare “semplicemente” se gli operatori sono stati in grado di attenersi a quanto già previsto nel piano e nelle relative procedure. FASE 4 - Risoluzione della emergenza con introduzione di problematiche complesse non previste dalle procedure del piano – capacità di reazione e adattamento del sistema In questo caso la Regia stabilisce di introdurre semplici “variazioni“ all’ipotesi di regolare svolgimento delle oepraizoni di risposta al’emergenza, simulando eventuali “guasti” come ad esempio una comunicazione
  • 5. interrota o non possibile per guasto apparecchiature, oppure un malfunzionamento di un attrezzatura o impianto che si prevedeva potessero essere impiegati per la risoluzione della situazione di emergenza. In questo modo si può provare a verificare la capacità di reazione delle persone a vario titolo coinvolte nella gestione dell’emergenza. E tali capacità di reazione vengono analizzate ed eventualmente valutate per due scopi: il primo è la possibilità di integrare la formazione del personale ampliando le conoscenze in modo che possa affrontare uno spettro di situazioni più ampio di quello previsto; contemporaneamente si possono usare le soluzioni – anche originali e magari geniali – messe in campo dall’interessato per reagire alla situazione e formalizzarle inserendole in una revisione del piano come possibili ulteriori soluzioni in aggiunta a quelle previste nella precedente edizione del piano. FASE 5 - Debriefing con (eventuale) revisione della pianificazione di emergenza esistente La fase esercitativa non si deve ritenere conclusa se non è stato attuato un approfondito debriefing. Risulta molto più efficace prevedere il tempo per il debriefing immediatamente dopo l’esercitazione, piuttosto che rimandare il debriefing a giornate successive. Questo significa che il “programma” dell’esercitazione dovrebbe sempre articolarsi, nella medesima giornata, con almeno io seguenti elementi: preparazione, briefing, svolgimento di una prova ed eventuale svolgimento di una seconda prova, de-briefing. Certamente il management aziendale poi provvederà ad elaborare ulteriormente quanto emerso nel debriefing e provvederà ad adottare le modifiche necessarie (se necessarie) al piano oppure confermerà la validità del piano e lo convaliderà di nuovo nella edizione aggiornata che provvederà a divulgare con tempestività. FASE 6 – Formazione e aggiornamento Tutte le indicazioni scaturite dalle prove di emergenza, dopo essere state formalizzate in revisioni del piano, devono essere poi divulgate mediante opportuna formazione e informazione. Un piano revisionato, perfezionato e messo a punto di continuo, perderebbe la sua efficacia se gli operatori che lo devono applicare non vengono mantenuti aggiornati con tempestività. Infine è da sottolineare come sia preferibile tendere ad una progressiva riduzione della complessità dei piani a favore di una maggiore “freschezza”, facilità di aggiornamento ed immediatezza nella divulgazione. Versione 2.0 12 novembre 2014
  • 6. Appendice normativa DM.9 agosto 2000 - LINEE GUIDA PER L’ATTUAZIONE DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA Articolo 10 (Pianificazione di emergenza) 1. Il Sistema di Gestione della Sicurezza, in relazione alla possibilità di accadimento di un incidente rilevante, deve assicurare la gestione dell’emergenza interna, in termini di: a. contenimento e controllo dell’incidente al fine di rendere minimi gli effetti, e limitazione dei danni alle persone, all’ambiente e all’impianto; b. messa in opera delle misure necessarie per la protezione degli addetti e dell’ambiente e dagli effetti dell’incidente rilevante; c. comunicazione delle necessarie informazioni alla popolazione, ai servizi di emergenza ed alle autorità locali competenti; d) provvedimenti che consentano l’agibilità del sito e dell’ambiente ai fini degli interventi dopo l’incidente rilevante e del successivo ripristino. 2. Le misure di protezione e di intervento per controllare e contenere le conseguenze di un incidente devono essere individuate sulla base delle informazioni e dei risultati delle analisi dei termini di sorgente e degli scenari incidentali, così come previste nelle attività di valutazione dei rischi, di cui all’articolo 7. A tal fine, devono essere valutate le conseguenze dei possibili incidenti rilevanti, sia sugli impianti, sia sul personale, sulla popolazione esterna e sull’ambiente, per individuare gli elementi che consentano l’elaborazione del piano di emergenza, sia interno, sia esterno. 3. L’insieme degli elementi attinenti alle misure di protezione e di intervento a seguito di incidenti rilevanti deve essere specificamente pianificato (Piano di Emergenza Interno), in modo da integrarsi con il piano di emergenza generale di stabilimento e, in particolare, con le parti relative alla sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro e alla protezione dell’ambiente. 4. Le procedure operative di emergenza, contenute nel piano di emergenza interno, devono comprendere le descrizioni dettagliate delle misure e dei dispositivi per la limitazione delle conseguenze di un incidente rilevante, nonché delle apparecchiature di sicurezza, delle risorse disponibili e dei sistemi di allarme. Esse devono, inoltre, individuare il personale preposto all’attuazione delle misure stesse, evidenziandone i diversi ruoli e responsabilità in merito al trattamento dell’emergenza nelle sue varie fasi di allerta, allarme, intervento, evacuazione, ripristino, relazioni esterne e supporto all’attuazione delle misure adottate all’esterno. 5. Il piano di emergenza interno, oltre alle attività di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori e del personale presente in situ, nonché la dotazione dell’equipaggiamento di protezione individuale, come previsto dal decreto ministeriale del 16 marzo 1998, deve prevedere riesami ed esercitazioni, generali o specifici, periodici o a fronte di modifiche intercorse.