Lorenzo D'Emidio- Lavoro sulla Bioarchittetura.pptx
Giovanni Solimine, Libri, letture e biblioteche
1. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
LlBRI, LETTURE E BIBLIOTECHE
CONVEGNO SCIENTIFICO
LE TRASFORMAZIONI CULTURALI IN ITALIA
FONDAZIONE UNIVERSITÀ DI MANTOVA
29 SETTEMBRE 2016
Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
LIBRI, LETTURE E BIBLIOTECHE
2. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
LlBRI, LETTURE E BIBLIOTECHE
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
Si propone una mappatura delle forme e delle
pratiche di lettura, dell'uso delle biblioteche e del loro
funzionamento in Italia nell’ultimo mezzo secolo (dai
servizi di “pubblica lettura” erogati dalle biblioteche al
“social reading” in ambiente digitale), anche in
rapporto con altre forme di partecipazione culturale.
Si intende rilevare la specificità della realtà italiana
(caratterizzata rispetto agli altri paesi avanzati da
livelli di lettura e di uso delle biblioteche decisamente
più bassi). A tale scopo si fa un ampio uso delle fonti
Istat (in primo luogo i risultati dell’indagine
campionaria annuale Aspetti della vita quotidiana).
A partire da questi dati è possibile evidenziare vari
aspetti dei fenomeni analizzati: impatto sociale,
evoluzione storica, aspetti tecnologici, e quindi la
dimensione "culturale" della lettura e dei servizi
bibliotecari.
Produzione
editoriale,
pratiche
di lettura
e uso delle
biblioteche
3. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
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La produzione editoriale in
Italia negli ultimi novant’anni
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
Lo sviluppo della produzione editoriale ha
accompagnato, ovviamente, l’andamento
della società italiana e i suoi principali
fenomeni evolutivi: in particolare, la
sconfitta dell’analfabetismo e la crescita del
livello di istruzione.
Nel 1967 si pubblicavano 2,9 libri ogni
10.000 abitanti (erano 1,7 l’anno
precedente). Nel periodo 1985-95 si passa
da 4 a 9. Nel 2005 si superano i 10 libri
pubblicati ogni 10.000 abitanti.
Libri pubblicati in Italia 1926-2008 (per 10.000 ab.)
4. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
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Produzione annua assestata su circa 60.000 titoli all’anno (35% narrativa).
Calo vertiginoso delle tirature (in media 8.500 copie negli anni ’80, 6.200 a
metà degli anni ’90, per scendere a 4.000 nei primi anni del nuovo millennio,
e ridursi negli ultimi anni a circa 3.000 copie). Il fenomeno è dovuto non solo
alla crisi delle vendite ma anche a trasformazioni nei meccanismi produttivi
e distributivi. Solo i libri con un prezzo di copertina sotto i 10 Euro o sopra i
50 tirano più di 4.000 copie.
Il fatturato complessivo è sceso da circa 3,5 miliardi nel 2010 a 2,6 nel 2015.
Oltre il 25% dei libri stampati viene prodotto anche in formato ebook. Ma le
vendite del libro digitale, sia pure in forte crescita, rappresentano ancora
una quota marginale del mercato.
Gli editori attivi sono circa 1.600 (erano 1.482 nel 1990). Ogni anno aprono e
chiudono molte nuove sigle editoriali. Crescono i piccolissimi (il cui venduto
si aggira complessivamente sui 13 milioni di Euro) e aumentano le
concentrazioni nei grossi gruppi editoriali (Mondadori-Rizzoli, GEMS, Giunti
e Feltrinelli da soli coprono il 60% del mercato). Metà della produzione
libraria viene realizzata in Lombardia e circa l’80% al Nord.
La libreria rimane il principale canale di approvvigionamento (oltre il 70%), il
commercio elettronico è arrivato al 13,8%. Grosse difficoltà nella GDO.
Crescita dell’editoria per ragazzi.
Cresce la vendita di diritti per traduzioni all’estero.
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
Oggi l’apparente vivacità e dinamicità del
mondo editoriale e della produzione libraria
non riesce a nascondere una situazione di
profonda crisi.
Il mercato editoriale aveva sempre avuto un
andamento anticiclico: per la prima volta il
calo dei consumi riguarda anche la vendita
dei libri.
Gli editori cercano di stimolare la domanda
immettendo sul mercato un numero elevato
di novità, riducendo però in questo modo il
mercato potenziale di ciascun titolo.
L’editoria digitale e le vendite online, pur in
forte crescita, stentano ad affermarsi.
Produzione editoriale
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La lettura in Italia
nell’ultimo mezzo secolo
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
Meno della metà degli italiani legge almeno
un libro all’anno: i lettori non sono mai stati
maggioranza nel Paese.
Si parte da un 16,6% della popolazione che
leggeva almeno un libro all’anno nel 1965.
In un ventennio il dato si è più che
raddoppiato (36,6% nel 1987).
Crescita lenta nel trentennio successivo,
fino a toccare nel 2010 il punto più alto
(46,5%).
Calo nell’ultimo quinquennio.
Rivoluzione digitale anche nella lettura e
nello studio: sul fenomeno mancano però
dati certi e valutazioni attendibili.
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1965
1973
1987-88
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
Lettori di almeno un libro all’anno 1965-2015
(% sulla popolazione dai 6 anni in su)
6. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
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Il 58% degli italiani non legge libri; quasi il 20% sono lettori
occasionali o «intermittenti»; soltanto il 23% degli italiani può
definirsi «lettore abituale» (più di 3 libri all’anno). I lettori forti da soli
acquistano quasi la metà dei libri che si vendono in Italia.
Il 24% dei laureati e il 49% dei diplomati non legge libri.
Differenze di genere: legge il 35% dei maschi e il 48,6% delle
femmine. La differenza di comportamento fra i generi comincia a
manifestarsi molto presto e tende a ridursi solo dopo i 75 anni. Fino
al 1973 i maschi leggevano più delle femmine. Nel 2010 si è
completato il sorpasso anche nelle classi d’età più elevate.
Solo tra gli 11 e i 19 anni la quota dei lettori supera il 50%. La fascia
d’età in cui si legge di più è 15-17 (53,9%). Nettissimo calo negli
ultimi anni: dal 2010 si sono persi 8,5 punti percentuali nella fascia
d’età 6-10; 9,9 nella fascia 11-14; 5,2 punti nella fascia 15-17; 4,5
nella fascia 18-19.
Forti squilibri territoriali: al nord-ovest legge il 49,6% degli abitanti; al
nord-est il 48,8; al centro il 45,9; al sud il 28,8; nelle isole il 35,1 (ma
42,2% in Sardegna); nelle aree metropolitane il 51; nelle periferie
urbane il 42,8; nei comuni con meno di 2.000 ab. il 35,5.
Fattori che influenzano la lettura: livello di istruzione, competenze
linguistiche, condizione socio-economica, contesto ambientale e
abitudini familiari (genitori lettori e libri presenti in casa).
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Lettori e non lettori
58%
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11%
6%
6%
Non lettori 1-3 libri 4-6 libri 7-11 libri oltre 12
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LlBRI, LETTURE E BIBLIOTECHE
Nei Paesi confrontabili al nostro la percentuale dei lettori, anche se
in calo ovunque, è molto più elevata che da noi: 10 punti in più in
Spagna, oltre 20 nel regno Unito, quasi 30 in Francia e USA, circa
40 in Germania.
In Europa solo Portogallo, Grecia, Romania, Cipro, Malta e Bulgaria
fanno peggio di noi.
La differenza è nello stile di vita e non tra chi legge e chi preferisce
altre attività culturali: nei paesi dove si legge di più, sono alte
anche le percentuali di chi va a cinema o a teatro, assiste a concerti
o altre forme di spettacolo dal vivo, visita musei o monumenti,
frequenta le biblioteche.
Anche in Italia i lettori forti sono molto attivi e hanno consumi
culturali più intensi della media.
Tendenza a condividere le esperienze di lettura: il social reading
comincia a diventare un fenomeno interessante.
La principale motivazione della non lettura («Non ho tempo»)
copre un sostanziale disinteresse ed è in parte dovuta alle deboli
competenze linguistiche degli italiani (agli ultimi posti nelle
indagini OCSE).
«Migrazione» verso il digitale, anche per effetto della diffusione
della connessione in mobilità: siamo ai primi posti per uso dei
social network e per numero medio di ore spese online da
dispositivi mobili.
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La pratica della lettura corrisponde a stili di vita «attivi»
ed è fortemente condizionata dagli stimoli ambientali.
La percentuale dei lettori in Italia è molto inferiore
rispetto al resto d’Europa e ai Paesi confrontabili al
nostro.
I ritardi storici non sono ancora stati recuperati del tutto:
specie in alcune aree geografiche pesano ancora molto i
bassi livelli di istruzione e le scarse competenze
linguistiche di gran parte delle popolazione.
Ma abbiamo «saltato» un passaggio: da analfabeti a forti
utilizzatori dei social media, senza passare attraverso la
lettura.
Qualche confronto con altri
Paesi e altre attività culturali
8. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
LlBRI, LETTURE E BIBLIOTECHE
Circa 14.000 biblioteche, con 200 milioni di documenti: il 48,8 %
delle strutture si trova al nord, il 21,3 al centro, il 29,7 al sud.
Dal MiBACT dipendono 46 biblioteche pubbliche statali.
Un’anomalia tutta italiana: 2 biblioteche nazionali centrali e altre 7
biblioteche «nazionali».
Alle Università fanno capo circa 1.000 biblioteche, sulle quali si sta
operando un costante lavoro di accorpamento e razionalizzazione
(erano il triplo negli anni ’70, con un numero minore di Atenei).
I servizi di base sul territorio sono di pertinenza delle biblioteche
comunali. Alle tradizionali biblioteche civiche si sono aggiunte
nell’ultimo mezzo secolo molte strutture, diffuse capillarmente,
anche in piccoli comuni: delle 7.000 biblioteche di ente locali che si
stima esistano attualmente 353 sono nate nel periodo 1956-60,
1.180 nel periodo 1961-72 e ben 1.700 nel periodo 1973-80,
all’indomani del trasferimento delle competenze alle Regioni. Lo
sviluppo è avvenuto principalmente nel centro-nord e la forbice col
sud si è allargata.
Dal 1986 la rete SBN (Servizio bibliotecario nazionale) garantisce i
servizi cooperativi e la condivisione dei servizi; vi aderiscono 5.948
biblioteche, raggruppate in 97 poli locali (16 milioni di «notizie
bibliografiche» e 82 milioni di esemplari, 380.000 utenti al giorno,
40 milioni di ricerche all’anno).
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
Il comparto è fortemente caratterizzato dagli
istituti storici (biblioteche statali, ecclesiastiche, di
accademie e istituti culturali, etc.) e dal loro
patrimonio di pregio: un «monumento» della
storia culturale policentrica dell’Italia.
Frammentazione delle competenze fra
amministrazioni centrali e enti locali.
Budget modesti e in calo. Età media del personale
molto elevata (nelle strutture statali il 63% dei
bibliotecari ha più di 60 anni).
Tradizionalmente debole orientamento al servizio
e presenza non incisiva nel tessuto della società
italiana. Ne deriva un impatto culturale e sociale
piuttosto modesto.
Panorama bibliotecario italiano
9. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
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Mancano dati completi e omogenei a livello nazionale. Indicatori al
ribasso, anche se il calo dell’utenza è spesso inferiore a quello di
altri servizi culturali.
I frequentatori delle biblioteche statali sono stati circa un milione
all’anno dall’inizio del Novecento fino agli anni ’50, hanno superato
i due milioni dagli anni ‘70 fino alla fine del secolo, negli ultimi 15
anni sono scesi a 1,3 milioni; le opere consultate sono calate da
oltre 4 milioni negli anni ’70 a 1,7 milioni nell’ultimo anno. Risorse
dimezzate dall’inizio di questo secolo; inversione di tendenza solo
nel 2016.
Il comparto più dinamico è quello delle biblioteche universitarie.
Riorganizzazione dei servizi, attraverso la creazione di Sistemi
bibliotecari di Ateneo: cresce l’utenza, sono stabili o in leggera
flessione i servizi tradizionali, forte sviluppo dei servizi online e
dell’uso di pubblicazioni elettroniche, che assorbono ormai il 70%
dei bilanci destinati all’incremento delle collezioni (la quota era del
10% all’inizio degli anni duemila).
Diminuiscono gli utenti delle biblioteche pubbliche di base, ma non
si tratta di un fenomeno solo italiano. Nel Regno Unito, patria della
public library, in un decennio si sono persi oltre il 30% degli utenti e
dei prestiti: ormai le biblioteche pubbliche più utilizzate d’Europa
sono quelle tedesche e francesi.
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Si stima che i frequentatori delle biblioteche italiane siano
meno del 15% della popolazione (la media europea è
intorno al 35%).
Le biblioteche di ricerca (statali, di istituti culturali, civiche
di tradizione, universitarie) erano fino a quarant’anni fa
un punto di riferimento certo per una élite di studiosi e
per gli studenti, che in parte si sono trasferiti sulla rete.
Nuovi pubblici a partire dagli anni ’70 (scolarizzazione di
massa e desiderio di maggiore partecipazione culturale)
hanno riempito le nuove biblioteche pubbliche.
Strutture usate spesso come luogo di condivisione e di
studio, ma senza utilizzare i loro servizi e il loro potenziale
documentario.
Dibattito internazionale sulla necessità di riposizionare il
servizio bibliotecario rispetto all’ambiente digitale e ai
cambiamenti negli stili di vita.
Uso delle biblioteche
10. 29 SETTEMBRE 2016 | MANTOVA
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Il settore che ruota intorno al libro (in tutte le sue forme,
dal cartaceo al digitale) segue l’andamento delle
trasformazioni culturali del Paese. Tutti gli indicatori di
istruzione, formazione e partecipazione culturale sono
fortemente correlati.
il calo della lettura di libri e giornali (fino a 10 anni fa quasi
il 60% degli italiani leggeva un quotidiano almeno una
volta a settimana; ora siamo parecchio al di sotto del 50%,
mentre supera il 30% la quota di persone che consulta
notizie online) che si manifesta negli ultimi anni è solo in
parte un effetto della crisi economica e del calo dei
consumi.
La diffusione delle tecnologie digitali e la connessione in
mobilità stanno producendo trasformazioni profonde nei
comportamenti delle persone, nel modo in cui ci
informiamo e ci rapportiamo alle fonti del sapere.
Il condizionamento dovuto all’area geografica e alla classe
sociale di provenienza influisce ancora pesantemente sui
percorsi scolastici e formativi, producendo una
trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze.
Per tutti gli indicatori, sia quelli di segno positivo sia quelli
di segno negativo, il ritardo del sud rispetto al centro-nord
è fortissimo e in molti casi si sta aggravando.
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Giovanni Solimine | Sapienza Università di Roma
I dati su acquisto e lettura dei libri e sull’uso delle biblioteche sono
al tempo stesso causa ed effetto dei livelli di literacy degli italiani,
ma anche dei livelli di partecipazione culturale e di senso civico.
Ritardi storici hanno fortemente condizionato l’andamento di
questi indicatori, che sono fortemente cresciuti nella seconda metà
del Novecento, cui ha fatto seguito un periodo di stagnazione e un
sensibile calo negli ultimi anni.
Mancano un’organica «politica per la conoscenza» e una «cultura
della documentazione», al cui interno dovrebbe collocarsi
un’attività sistematica di promozione della lettura, come strumento
per impadronirsi della complessità e per sviluppare competenze.
Intersezioni
con le trasformazioni culturali
del Paese