The Domestic worker: towards the cultural and social acknowledgement of the assistant care job
FSE Project developed in Liguria between 2008 and 2015 offering traineeship for domestic workers and their inscription in a professional register
Giannoni M., Sergiampietri G. - L'Assistente Familiare
1. a cura di Mario Giannoni e Giulia Sergiampietri
La presente pubblicazione è stata realizzata all’interno del Progetto per la costituzione di un
Registro Provinciale di personale certificato ‘Assistente Familiare’ ai sensi delle DGR n. 287
del 31/03/06 e n. 875 del 04/08/06 – FASE 2 a titolarità dell’ATI tra Associazione Val di Magra
Formazione (ente capofila) - IS.FOR.COOP. - CIOFS.FP
L’ASSISTENTE
FAMILIARE
VERSO IL RICONOSCIMENTO CULTURALE
E SOCIALE DI UNA PROFESSIONE DI CURA
2.
3.
4. 4 | Indice
INDICE
Presentazione
Emiliana Orlandi
Presidente Associazione Val di Magra Formazione
Alessio Cavarra
Presidente Distretto Sociosanitario 19 Val di Magra
Pierluigi Viola
Dirigente del Settore Formazione Professionale Provincia della Spezia
Sergio Rossetti
Assessore al bilancio, istruzione, formazione e università Regione Liguria
IL VOLUME
Introduzione
Verso una ridefinizione del concetto di Assistente Familiare
GIULIA SERGIAMPIETRI Associazione Val di Magra Formazione
PARTE PRIMA - IL QUADRO GENERALE
Analisi ricerca sui potenziali beneficiari del Progetto
MOIRA DINUNZIO incaricata dall’Associazione Val di Magra
Formazione per l’analisi-ricerca effettuata all’interno del “Progetto
Pilota per la Costituzione di un Registro Provinciale di personale
certificato Assistente Familiare”
Il welfare nero delle badanti in Val di Magra e il ruolo degli
enti locali e dell’associazionismo
DANIELE MONTEBELLO tesi universitaria in Scienze Politiche e
Internazionali Università di Pisa
Donne nel lavoro di cura
DEBORAH ERMINIO Centro Studi Medì-Migrazioni nel
Mediterraneo, Genova
Le figure professionali del Repertorio Ligure:
l’Assistente Familiare
ELISABETTA GARBARINO, ROMANO CALVO ARSEL Liguria
PARTE SECONDA - IL PROGETTO
Dal corso formativo all’iscrizione al Registro provinciale:
manuale d’uso
MARCO FORMATO Direttore Sociale Distretto Sociosanitario 19
Val di Magra
9
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15
21
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29
41
51
71
83
5. | 5Indice
La normativa regionale in materia di Assistenza Familiare:
proposte per il futuro
ROBERTO SEBASTIANI Provincia della Spezia, Servizio
Formazione Professionale
Programmazione della nuova figura professionale ed
esperienza delle commissioni provinciali
ELISABETTA BACIGALUPI, CHIARA FRANCIOSI,
LORENA MORI Provincia della Spezia, Servizi Formazione
Professionale e Politiche Sociali
Misure di accompagnamento per agevolare la
partecipazione alle attività formative
GIULIA GARRA ISFORCOOP La Spezia
L’erogazione didattica in aula
M. GRAZIA STORACE, ALBERTO CAVALLAZZI
CIOFS-FP La Spezia
Per una metodologia formativa interattiva ‘a distanza’:
analisi costi/benefici di una sperimentazione
MARIO GIANNONI Associazione Val di Magra Formazione
Il Registro Provinciale degli Assistenti Familiari e il servizio
lavoro di cura presso Centri per l’Impiego e Rete Job Center
FEDERICA ZANELLO Provincia della Spezia, Coordinamento
operativo Rete Job Center
Il progetto Home Care Premium
LUCA POLUCCI, MARTINA BARATTA Operatori Servizio Home
Care Premium Distretto Sociosanitario 19 Val di Magra
Appendici
I Scheda relativa alla figura professionale di Assistente Familiare
(ARSEL)
II UFC afferenti la figura professionale di Assistente Familiare
III Scheda Commissione per la Valutazione dei crediti in entrata
IV Scheda colloqui valutazione crediti area etica-psicologia-
comunicazione
V Scheda colloqui valutazione crediti area tecnico-professionale
VI Libro guida per l’iscrizione al Registro Provinciale degli Assistenti
Familiari
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154
6. 6 | Indice
lavoro
domestico
vi aiutiamo ad essere aiutati
*
La presente pubblicazione e’ stata realizzata all’interno del Progetto
pilota per la costituzione di un Registro Provinciale di personale
certificato ‘assistente familiare’ ai sensi delle DGR n. 287 del
31/03/06 e n. 875 del 04/08/06 dall’ATI fra Associazione Val di Magra
Formazione (ente capofila) – Isforcoop – Ciofs
w w w . l a v o r o . l a s p e z i a . i t
TUTTE LE INFORMAZIONI PRESSO:
I Centri per l’Impiego della Provincia della Spezia
La Rete job center
Gli uffici dei Servizi Sociali dei Comuni
I servizi di Segretariato Sociale dei Comuni
www.lavoro.laspezia.it
9. | 9
La formazione professionale rappresenta un importante settore di sviluppo sul
quale il nostro paese deve investire. Con la riforma dell’istruzione, che ha fissato
come requisito fondamentale per i giovani il conseguimento di un titolo di studio o
almeno una qualifica professionale entro il diciottesimo anno di età, investire sulla
qualità dell’offerta formativa è un impegno che le Istituzioni e gli Enti Gestori non pos-
sono tralasciare. La stessa politica europea, nella recente Strategia Europa 2020,
destina considerevoli finanziamenti al settore della formazione.
L’ambito territoriale in cui sono localizzati i sette comuni della Vallata del Magra,
seppure ridotto nello spazio, non è avulso dai mutamenti sociali che si vanno via via
delineando in maniera chiara e duratura. Le proposte formative realizzate in questi anni,
soprattutto quelle riferite ai Piani Settoriali di Sviluppo Integrato, finanziati da Regione
Liguria e Provincia della Spezia, hanno prestato giusta attenzione nell’attivare tavoli
permanenti di confronto e di concertazione, tra Istituzioni Enti formativi e Parti Sociali,
per la definizione di obiettivi condivisi in vista della migliore occupabilità dei destinatari
delle azioni formative attivate sul territorio, decentrando le sedi corsuali di attività, con
l’obiettivo ampiamente raggiunto di agevolare la partecipazione dell’utenza.
Come si evince dalle accurate ricerche riportate in questa pubblicazione, l’Assi-
stente Familiare a domicilio è un sostegno a cui sempre più famiglie fanno ricorso. La
nostra regione è una delle prime in Italia ad aver recepito la necessità di fare proprio
il mutamento sociale, elaborando una strategia risolutiva per indirizzare un fenomeno
che rischierebbe di assumere dimensioni enormi: parlo del lavoro nero, dell’assi-
stenza “fai da te”, sintomo di inadempienza e inefficienza da parte delle Pubbliche
Istituzioni cui è preposta la garanzia di un servizio di cura reso secondo parametri di
piena trasparenza e competenza.
Il volume presenta ciò che in questi anni è stato creato e sviluppato, spesso
con fatica; vuole essere un primo giro di boa, con cui si chiude una sperimentazione
per dare l’avvio ad un sistema formativo nuovo, in grado di rispondere alle puntuali
necessità del nostro vivere contemporaneo.
Concludo questa presentazione annunciando che a breve l’ATI costituita tra
l’Associazione Val di Magra Formazione, ISFORCOOP e CIOFS FP La Spezia, che
ha realizzato nel corso degli anni la sperimentazione delle metodologie didattiche il-
lustrate nel presente volume, pubblicherà l’Avviso pubblico di chiamata per un nuovo
ciclo di corsi destinati a coloro che vorranno acquisire la certificazione di Assistente
Familiare ed entrare così di diritto nel Registro Provinciale degli Assistenti Familiari
della Provincia della Spezia.
Emiliana Orlandi
Presidente Associazione Val di Magra Formazione
(Ente capofila ATI AVMFORM, ISFORCOOP, CIOFS FP La Spezia)
Presentazione
10.
11. | 11
L’Assistente Familiare è oggi una figura professionale fortemente richiesta. Le ra-
gioni sono da ricercarsi in diversi fattori, primo fra tutti l’invecchiamento della popolazione
che risulta significativo nel nostro territorio, specialmente se confrontato con la percen-
tuale di natalità, gli stili di vita della società odierna che sono oltremodo cambiati rispetto
al passato, e se da un lato non abbiamo più tempo per prestare cura ai nostri anziani,
parallelamente vogliamo per loro un invecchiamento fatto di attenzioni e socialità. È an-
che per questo che spesso si preferisce affidare i servizi di cura a persone che operano
a domicilio, affinché l’assistito possa rimanere nella propria casa, con i propri cari.
Sovente le famiglie si rivolgono agli uffici dei Distretti Sociosanitari e ai Servizi So-
ciali dei nostri Comuni per avere indicazioni riguardo a ‘persone fidate’ da poter contat-
tare, spesso per integrare il servizio domiciliare già fornito dal Distretto. Con l’istituzione
del Registro Pubblico degli Assistenti Familiari, servizio offerto dal Centro per l’Impiego e
dalla Rete dei Job Center della Provincia della Spezia, si va ad offrire, ai cittadini che ne
fanno richiesta, personale di assistenza certificato, con un’esperienza formativa e lavo-
rativa comprovata da un curriculum che la famiglia dell’assistito può consultare prima di
affidare le cure del proprio congiunto.
I Distretti Sociosanitari sono il luogo a cui quotidianamente fanno riferimento le fa-
miglie, i caregivers, ovvero coloro che fanno domanda di assistenza. Nel sistema avviato
dalla Provincia della Spezia per il progetto relativo al Registro Pubblico degli Assistenti
Familiari sono stati coinvolti i nostri Operatori e le nostre Assistenti Sociali che si trovano
quotidianamente a che fare con le famiglie: esse hanno dato il loro contributo nella
Commissione per la Valutazione dei Crediti Formativi, uno strumento utile e innovativo
che, riconoscendo le esperienze informali degli aspiranti ai corsi di Assistente Familiare,
ha permesso di qualificare sempre di più un settore assai delicato come quello della
cura alle persone. Credo e propongo per il futuro, che l’accesso e utilizzo del Registro,
ovvero l’incrocio tra la domanda e l’offerta di assistenza alla cura della persona, possa
essere esteso anche ai Servizi Sociali riferiti agli enti pubblici che operano sul territorio.
Un ampliamento del servizio ne favorirebbe l’utilizzo, facilitando sia le famiglie nell’iter per
la richiesta e sia gli operatori che si troverebbero ad agire con una migliore distribuzione
della mole di lavoro.
Un ringraziamento alla Regione Liguria e alla Provincia della Spezia che hanno
permesso la realizzazione di questo Progetto, all’Associazione Val di Magra Formazione
ed agli Enti ISFORCOOP e CIOFS La Spezia con cui da anni il Distretto Sociosanitario
19 della Val di Magra collabora nell’organizzazione di attività formative tra le quali, recen-
temente, anche quelle afferenti al Progetto Home Care Premium, finanziato dall’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale. Ci auguriamo che questa collaborazione nell’ambito
della qualificazione del personale che opera nella di cura della persona, possa perdurare.
Alessio Cavarra
Presidente Distretto Sociosanitario 19 Val di Magra
(Comuni di Ameglia, Arcola, Castelnuovo M., Ortonovo, S. Stefano di M., Sarzana e Vezzano L.)
Presentazione
12.
13. | 13Presentazione
Il progetto relativo alla figura dell’Assistente Familiare è espressione e sintesi di
un nuovo modo di concepire il welfare, a partire dal suo grande impatto sociale. Molti
sono i soggetti coinvolti che traggono benefici dalla sua attuazione: gli assistenti fami-
liari, gli assistiti (siano essi anziani o disabili) e le loro famiglie. Un progetto che è stato
concepito e realizzato ponendo al centro la persona, i suoi diritti e la sua dignità.
Cura e comprensione riassumono lo spirito del progetto: cura nel senso di attenzio-
nalità, interesse e rispetto e comprensione nelle due accezioni: quella di vicinanza e
compartecipazione e quella del capire e del capirsi.
Un approccio, questo, che sta dando risultati in termini di personale adegua-
tamente formato e di nuovi strumenti a disposizione della comunità, in particolare
l’istituzione del Registro per le Assistenti Familiari, attivo presso i Centri per l’Impiego
della Provincia e i Job Center, che agevola l’incontro tra domanda e offerta di lavoro
in un ambito così delicato come quello dell’assistenza familiare e aiuta a contrastare il
lavoro sommerso.
Un risultato importante che è stato realizzato grazie ad un lavoro di squadra
che è un fattore imprescindibile nel campo dei servizi alla persona; il successo del
progetto è stato, infatti, determinato anche dalla forte rete territoriale che, nella nostra
provincia, trova la massima espressione nel tavolo dell’Inclusione sociale e che coin-
volge tante professionalità e competenze: un insieme di energie positive, un incontro
di teste e di cuori uniti per un unico obiettivo: offrire risposte e soluzioni ai problemi reali
dei disabili e delle loro famiglie.
Il mio auspicio è che questo progetto non sia solo un punto di arrivo, ma diventi
un punto di partenza e che ci siano le risorse e la volontà di continuare su questa
strada ed investire sulla welfare community, un modello sociale di “comunità solidale”
che garantisca un ruolo forte alla società civile e realizzi interventi fondati sui valori della
solidarietà, della coesione e del bene comune.
Pier Luigi Viola
Dirigente del Settore Formazione Professionale
Provincia della Spezia
14.
15. | 15
La Regione Liguria tramite l’Agenzia Regionale per i Servizi Educativi e per il
Lavoro ha messo in campo un importante progetto che è quello del Laboratorio
delle Professioni di Domani, un dispositivo di lavoro utile ai Centri per l’Impiego, alla
Formazione Professionale e a tutti coloro che hanno necessità di aumentare la co-
noscenza del mercato del lavoro e capire meglio la sua evoluzione, con particolare
riferimento ai percorsi di istruzione e formazione utili ad acquisire le competenze
necessarie ad accedere ai diversi mestieri.
La formazione di nuove figure professionali, a fronte di una società in continua
trasformazione si rende pertanto quanto mai necessaria. In questo quadro si va
ad inserire il “profilo” dell’Assistente Familiare: la nostra Regione ha recepito con
grande anticipo su altre l’esigenza di normare questa figura professionale, le cui
mansioni sono ampiamente richieste dai nostri cittadini. La riflessione sulla specifica
professione, di fronte a un fenomeno che racchiude molte implicazioni non solo
formative e lavorative ma anche culturali e sociali, ha portato fin da subito a ragio-
nare su percorsi formativi di certificazione che potessero modellarsi sulle personali
esperienze dei discenti.
La sperimentazione portata avanti dalla Provincia della Spezia, quella di ope-
rare attraverso la certificazione delle competenze in entrata al percorso formativo
e quella di utilizzare, su vasta scala, metodologie di tipo innovativo tese a favorire
processi di inclusione sociale, rappresenta un fiore all’occhiello per tutta la Liguria.
La collaborazione con ARSEL e l’adozione di metodologie innovative da parte dagli
Enti di Formazione coinvolti nel Progetto, hanno permesso di creare un modello
operativo sicuramente replicabile in tutta la Regione.
In ultima analisi questa modalità di fruizione comune si inserisce in un più
grande obiettivo che è quello di arrivare ad un sistema integrato di certificazione
delle competenze di giovani e meno giovani, in modo da incentivare la circolazione
delle idee e agevolare la mobilità delle risorse umane.
Sergio Rossetti
Assessore al Bilancio, Istruzione, Formazione e Università, Regione Liguria
Presentazione
19. | 19Il Volume
Questo volume vuole raccontare le tappe del percorso fatto in que-
sti anni nella Provincia spezzina riguardo alle politiche, i servizi e i progetti
realizzati con la collaborazione di diversi soggetti, ciascuno dei quali ha
fornito il suo contributo creando una rete operativa in grado di portare
avanti il modello.
L’intenzione è quella di offrire una panoramica ampia che riassuma tutto
ciò che è stato sperimentato in questi anni: da dove siamo partiti? Dove sia-
mo arrivati e a che cosa è servito? Quali sono gli auspici per il futuro?
Giulia Sergiampietri, coordinatrice per Associazione Val di Magra
Formazione delle attività riferite al Progetto “Assistenti Familiari”, presenta
un resoconto delle attività svolte fino ad oggi riguardo alla formazione
professionale degli allievi iscritti ai corsi.
Il volume si divide dunque in due parti. La prima propone una serie
di analisi in merito al contesto sociale, alle migrazioni, al welfare, e alle
sperimentazioni attivate nei percorsi formativi che riguardano la figura pro-
fessionale di Assistente Familiare.
Moira Dinunzio in un’analisi-ricerca mirata al mondo delle badanti, pre-
senta i dati raccolti nella provincia spezzina sia a livello quantitativo che
qualitativo: occupabilità, mansioni svolte, esperienze pregresse, istruzione,
interesse a svolgere corsi di formazione per qualificare la propria posizione.
Daniele Montebello, laureato in Scienze Politiche all’Università di
Pisa, nella sua tesi di laurea ‘Il welfare nero delle badanti in Val di Magra’
presenta gli esiti di una ricerca sul campo condotta nel corso del 2010,
intervistando alcune addette al lavoro di assistenza e cura degli anziani
impegnate nei comuni della Val di Magra.
Deborah Erminio, ricercatrice presso il Centro Studi Medì-Migrazioni
nel Mediterraneo di Genova, apre il suo contributo con una considerazio-
ne circa l’andamento della popolazione ligure, per poi esaminare il feno-
meno migratorio femminile e la relativa mansione di Assistente Familiare
nel contesto regionale, attraverso tutti i diversi attori: anziani, assistenti
domiciliari, caregiver, servizi sociali.
I rappresentanti regionali dei Servizi per il Lavoro, che in questi anni
si sono occupati del riconoscimento formale della figura professionale
dell’Assistente Familiare, illustrano il percorso svolto fino ad oggi: dalle
direttive comunitarie alla normativa italiana fino all’inserimento della figu-
ra nel Laboratorio Ligure delle Professioni di Domani1
, sperimentando in
collaborazione con le unità operative della Provincia della Spezia lo svi-
luppo di un modello condiviso per la certificazione delle competenze.
1
http://professioniweb.regione.liguria.it/Dettaglio.
20. 20 | Il Volume
La seconda parte del volume riguarda l’aspetto operativo di quanto
è stato fatto nel corso degli anni.
Marco Formato, Direttore del Distretto Sociosanitaro 19 della Val di
Magra illustra i possibili percorsi che l’utente deve svolgere a partire dal
corso formativo per ottenere l’iscrizione al registro degli Assistenti Familiari.
Roberto Sebastiani, referente per la Provincia della Spezia dei pro-
getti relativi al Registro provinciale degli Assistenti Familiari, fornisce un
bilancio delle azioni svolte con particolare riferimento agli scenari futuri.
Elisabetta Bacigalupi, Chiara Franciosi e Lorena Mori, funzionarie dei
Servizi Formazione Professionale e Politiche Sociali della Provincia della Spe-
zia, approfondiscono da un lato i temi della programmazione e del monito-
raggio delle attività che riguardano i servizi alla persona, dall’altro presentano
il lavoro svolto dalle commissioni provinciali che si occupano della certifica-
zione delle competenze relative alla mansione dell’Assistente Familiare.
Presenta le operazioni volte ad agevolare la partecipazione ai corsi
Giulia Garra, dell’ente partner IS.FOR.COOP., illustrando i programmi di
alfabetizzazione, rimborso spese per i trasporti e servizio di babysitting in
rapporto alla fruizione da parte dei partecipanti dei percorsi formativi.
L’attività di cura passa anche attraverso la gestione delle attività for-
mative in aula, di cui ci parlano i rappresentanti dell’ente partner CIOFS-
FP, Maria Grazia Storace e Alberto Cavallazzi.
Mario Giannoni, progettista dell’Associazione Val di Magra Forma-
zione, illustra le opportunità del modello didattico blended nella formazio-
ne multimediale a distanza attraverso un’analisi costi-benefici dei risultati
qualitativi dei percorsi formativi per Assistenti Familiari.
Federica Zanello, coordinatrice della Rete Job Center della Provincia
della Spezia, presenta il quadro delle attività riferite al lavoro di cura pres-
so gli sportelli locali e nello specifico il Registro provinciale degli Assistenti
Familiari: istituzione, sviluppo, gestione e dati.
Chiudono l’opera Luca Polucci e Martina Baratta, operatori del Di-
stretto Sociosanitario 19 Val di Magra, curatori del progetto Home Care
Premium finanziato dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
A corredo degli interventi, nel volume, sono raccolti i progetti grafici
utilizzati per la pubblicizzazione dei corsi formativi, del funzionamento del
registro provinciale, seminari e convegni svolti ad oggi per discutere e
diffondere i risultati raggiunti2
.
2
Le ideazioni delle attività riferite alla pubblicizzazione delle attività-azioni dell’intero Progetto sono
state realizzate dallo Studio Grafico Sirio Antonio Fusani.
21. | 21Il Volume
Verso una ridefinizione del concetto di Assistente
Familiare
GIULIA SERGIAMPIETRI Associazione Val di Magra Formazione
L’intervento: soggetti coinvolti, politiche, progetti
Nel quinquennio 2009-2014 sono stati messi in campo molteplici
progetti destinati alla creazione del registro provinciale degli Assistenti Fa-
miliari. La sperimentalità dell’operazione ha fatto in modo che sulla base
dei risultati di un progetto portato a conclusione se ne potesse creare
uno successivo elaborando strategie nuove.
Gli obiettivi che si sono posti i soggetti coinvolti, dai rappresentanti
delle Politiche Attive del Lavoro, alla Formazione Professionale, agli Enti di
Formazione sono stati:
• emersione dal lavoro nero attraverso la professionalizzazione della
mansione di Assistente Familiare
• ottenimento di una certificazione che possa fornire alle famiglie gli
strumenti per operare una scelta qualitativa nel momento in cui han-
no il bisogno di rivolgersi a un’Assistente Familiare
• incrocio tra domanda e offerta: attraverso l’iscrizione al Registro l’at-
tività dei Centri per l’Impiego e dei Job Center dovrà divenire punto
di connessione tra famiglie e Assistenti Familiari, andando via via a
sostituire le reti informali, il passa parola, ecc.
Seguendo i modelli indicati dagli standard regionali3
i progetti di forma-
zione per la professionalizzazione dell’Assistente Familiare cercano dunque
di incrementare qualità e quantità dell’offerta sul mercato del lavoro.
Nella DGR n. 287 del 31/03/06 vengono definite la figura profes-
sionale, il profilo, la durata, le competenze, e tutte le caratteristiche del
percorso formativo che porta alla certificazione di Assistente Familiare.
Le aree disciplinari indicate dalla DGR sono state inserite in moduli di
apprendimento teorico-pratico che riguardano la conoscenza del conte-
sto socio culturale, diritti/doveri dell’assistente e dell’assistito, elementi di
comunicazione e relazione e nozioni di tipo tecnico-professionale.
3
Le DGR sono disponibili sul sito della Regione Liguria e scaricabili ai seguenti link:
http://sirio.regione.liguria.it/ifl/fp/DGR287.pdf, http://sirio.regione.liguria.it/ifl/fp/DGR875.pdf.
22. 22 | Il Volume
I primi corsi realizzati4
hanno dunque previsto 200 ore di formazione,
100 teoriche e 100 pratiche, destinati a utenti disoccupati. Successi-
vamente diversi Assistenti Familiari formati hanno scelto di proseguire la
propria formazione con corsi per Operatore Sociosanitario, potendo usu-
fruire del riconoscimento di crediti formativi già acquisiti5
.
Vista la forte richiesta da parte di utenti che già erano impegnati nel
settore lavorativo in questione sono stati progettati corsi per occupati6
afferenti alla sola parte teorica, di 120 ore. Alle discipline richieste dalla
DGR venivano aggiunte 20 ore di integrazione linguistica, vista la presenza
di numerosi stranieri.
Il corso da 200 ore, pur essendo inferiore rispetto ad altri corsi
inerenti i servizi alla persona, va oltre la disponibilità di tempo degli utenti
occupati: da un lato gli Assistenti Familiari hanno tempi contingentati
per frequentare le lezioni, dall’altro le famiglie hanno difficoltà (e talvolta
scarso interesse) a rinunciare anche solo per qualche ora alla presenza
dell’Assistente.
Il problema degli impegni lavorativi, oltre alla riduzione oraria da 200 a
120 ore, è stato sanato attraverso l’utilizzo di utenti formati in precedenza,
che hanno sostituito i partecipanti al corso che ne avevano bisogno. Tale
operazione è stata resa possibile grazie a risorse messe a disposizione
sotto forma di cofinanziamento dal Distretto Sociosanitario, partner di
progetto.
La quantità di ore da frequentare è una problematica legata alla
disponibilità degli utenti, che a un’analisi più approfondita coinvolge occupati
dichiarati ma ancora di più occupati in nero, occupati con contratti riduttivi
rispetto alle effettive ore di lavoro. A questo tema si lega un altro fattore:
l’Assistente Familiare è una di quelle professioni di cui si è inventato prima
il contenuto rispetto al contenitore. È per questo che l’utenza in molti casi
possiede già competenze, spesso acquisite on the job.
Con la DGR n. 875 del 04/08/06 sono state delineate le modalità di
riconoscimento di crediti formativi, allo scopo di creare percorsi su misura
per gli aspiranti Assistenti.
Le aree disciplinari indicate nella prima DGR sono state scorporate in
Unità Formative Capitalizzabili (UFC) della durata media di 10 ore ciascuna.
4
Progetti avviati dall’Associazione Val di Magra Formazione nel 2009 riferiti al codice
SP08SOCIALE-E4047-2600.
5
DGR n. 287 del 31/03/2006.
6
Progetti avviati dall’Associazione Val di Magra Formazione nel 2010 riferiti al codice
SP09SOCIALE-E4047-500.
23. | 23Il Volume
Ciò è stato fatto allo scopo di agevolare il sistema di valutazione
dei requisiti, affinché si potesse più rapidamente assegnare agli utenti
il pacchetto formativo necessario al completamento della formazione
prevista per l’accesso al Registro.
Nel 2011 con il Progetto Pilota7
, oltre ai corsi da 200 ore per
disoccupati sono stati realizzati percorsi formativi di certificazione da 20,
30 e 50 ore destinati a utenti occupati o a chi già possedeva competenze
in materia di assistenza familiare. All’interno di ciascun percorso erano
inserite le UFC, distribuite in base alle aree disciplinari di riferimento.
L’utilità di tali percorsi si è manifestata nel momento in cui coloro
che, per impedimenti lavorativi o per problemi familiari, non avevano
acquisito nella prima fase i crediti necessari all’iscrizione al registro
provinciale, hanno potuto portare a compimento il percorso formativo
nella successiva fase8
.
La seconda fase progettuale realizzata nel periodo 2013-2014 ha
affinato ulteriormente il sistema dei percorsi formativi andando sempre
più incontro alle necessità dell’utenza, valorizzando al tempo stesso le
competenze dei singoli destinatari.
Il sistema delle UFC è stato completamente spacchettato, vale a
dire che non esiste più un impianto corsuale classico dove si ha l’edizione
con un inizio e una fine. Vengono attivate le UFC in base alla richiesta
dell’utenza, che in questo modo non ha più un impegno formativo di
tipo scolastico. Da un corso della durata di tre mesi con un impegno
settimanale costante si passa a un percorso che richiede una disponibilità
più fluida. Se prima l’aspirante Assistente Familiare doveva chiedere al
datore di lavoro tre pomeriggi liberi a settimana per tre mesi adesso dovrà
richiederne due, tre ma per una settimana, a cui ne segue ad esempio
una di pausa e poi nuovamente una di lezioni a seconda del percorso
che dovrà realizzare.
Ipercorsiformativipersonalizzativengonostabilitidaunacommissione
provinciale, composta dai rappresentanti delle Istituzioni coinvolte nell’iter
che porta all’iscrizione al Registro.
7
Progetto pilota per la costituzione di un registro provinciale di personale certificato ‘Assistente
Familiare’ ai sensi delle dgr n. 287 del 31/03/06 e n. 875 del 04/08/06 a titolarità dell’ATI tra
Associazione Val di Magra Formazione (ente capofila) – IS.FOR.COOP. – CIOFS-FP, codice
SP10SOCIAL1-E4131-400/401.
8
Progetto per la costituzione di un registro provinciale di personale certificato ‘Assistente Familiare’
ai sensi delle dgr n. 287 del 31/03/06 e n. 875 del 04/08/06 a titolarità dell’ATI tra associazione Val
Di Magra Formazione (ente capofila) – IS.FOR.COOP. - CIOFS-FP, codice SP12INCL1-E4131-100.
24. 24 | Il Volume
La Commissione di Valutazione Crediti si occupa di verificare le do-
mande degli utenti, valutarne i percorsi di istruzione e eventuale forma-
zione conseguiti, e le esperienze lavorative. Laddove non siano presenti
attestati ufficiali vengono prese in considerazione le autocertificazioni e gli
accertamenti attraverso le prove teorico-pratiche predisposte dalla Com-
missione.
Vengono dunque riconosciuti eventuali crediti e assegnato il percor-
so formativo integrativo.
Il progetto a oggi concluso ha individuato un ulteriore sistema per
agevolare la frequentazione del corso: la fruizione di alcune UFC attraver-
so la Formazione a Distanza (FaD). Questo sistema riduce le ore di pre-
senza in aula senza andare a incidere sull’integrità e la qualità del corso.
Usufruendo della lezione on line gli utenti hanno ad esempio la pos-
sibilità di rivederla un maggior numero di volte e quindi di comprenderla
meglio, soprattutto per l’utenza straniera cui è destinata questa tipologia
di corso. La Formazione a Distanza è oggi un sistema promosso in tutti
gli ambiti dell’apprendimento.
L’utilizzo del computer ha costituito inoltre una novità per molti allievi,
per i quali è stato messo a disposizione un corso base sull’utilizzo del pc,
del pacchetto internet e posta elettronica.
La definizione di soggetto occupato/disoccupato in questo ambito
lavorativo si è rivelata poco utile all’organizzazione dei corsi formativi.
Un’ampia fascia di utenti interessati alla formazione e quindi all’iscri-
zione al Registro vive in condizioni lavorative irregolari o semi regolari. Ciò
rischia di compromettere loro il riconoscimento formale di certe UFC con
la conseguente impossibilità di ridurre le ore di frequenza.
Con la diffusione dell’Assistente Familiare “formato” e quindi con la
richiesta di tale profilo da parte delle famiglie si assiste oggi a un sempre
maggior interessamento di partecipazione al corso.
Il lavoro e la famiglia tuttavia rappresentano impedimenti che portano
come conseguenze la richiesta di sostituzione sotto pagamento (da parte
delle Assistenti Familiari) oppure la mancata partecipazione alle attività.
I dati raccolti nel Progetto Pilota hanno fornito indicazioni utili per la
pianificazione delle attività corsuali e oggi possiamo dire che molto è stato
fatto per venire incontro all’utenza e allo stesso tempo per contrastare la
pratica di lavoro nero e/o non adeguatamente retribuito. Il sistema del
riconoscimento dei crediti è senz’altro uno strumento che rende merito a
tutti quei casi di utenti già esperti nella mansione e rappresenta per molti
un’agevolazione per la partecipazione ai corsi.
25. | 25Il Volume
Alla luce delle ricerche sopra citate e da quanto è emerso nei diversi
progetti, ci si può oggi interrogare sulla possibilità di ridurre il monte ore
previsto per il profilo dell’Assistente Familiare stabilito a livello regionale
(DGR n. 287 del 31/03/06): se si guarda alla normativa e all’iter per la
certificazione della nuova professione nelle altre regioni italiane si osserva
che, sebbene la Regione Liguria sia stata tra le prime ad elaborare la fi-
gura professionale nonché un percorso formativo snello e mirato, si nota
che la riflessione riguardo alla durata dei percorsi formativi è stata fatta
già in diverse realtà e ha portato all’individuazione di percorsi compressi e
caratterizzati da flessibilità di orario9
. Anche le modalità di riconoscimento
della parte di tirocinio sono semplificate. In Toscana ad esempio le 80 ore
di stage possono essere riconosciute come credito in ingresso, qualora
l’allievo abbia svolto attività di assistenza opportunamente documentata
e accertata, per il medesimo numero di ore10
. In Liguria le 100 ore di
tirocinio possono essere sostituite da tre mesi di lavoro sotto supervi-
sione oppure da un minimo di 6 mesi continuativi o 12 non continuativi
certificabili11
.
La creazione di una figura professionale anche per il lavoro di cura
domiciliare ha lo scopo, in ultima analisi, di fare in modo che il termine
riduttivo e oramai dispregiativo di “badante” non esista più. Il servizio che
nella realtà dei fatti viene offerto alle famiglie è molto più strutturato e am-
pio che il semplice ‘badare’ all’anziano, al malato, al disabile. Del resto è
risaputo che nella maggior parte dei casi la famiglia ricorre all’assistenza
domiciliare non perché la persona da assistere ha bisogno di meno cure
rispetto all’assistenza presso una Residenza Sanitaria Assistita (RSA).
L’assistenza domiciliare tende a essere oggi un equivalente della
casa di riposo, in materia di cure necessarie all’assistito e viene spesso
preferita perché le spese sono minori. La professionalizzazione dell’Assi-
stente Familiare vuole rispondere a una duplice richiesta: di care, presta-
re un servizio adeguato e di domiciliarizzazione, poter rimanere presso la
propria casa.
9
Cfr. G. Rusmini, I progetti di sostegno del lavoro privato di cura: un bilancio, in Badare non basta. Il
lavoro di cura: attori, progetti, politiche, a cura di S. Pasquinelli, G. Rusmini, Roma, Ediesse 2013,
155-177. Per un’ampia selezione delle disposizioni regionali, ove esistenti, in materia di assistenza
familiare si consiglia il sito www.qualificare.info nello specifico la sezione “Normativa regionale”
all’indirizzo http://www.qualificare.info/home.php?id=6.
10
Cfr. www.qualificare.info/upload/tavola_formazione_AF.pdf.
11
DGR n. 287 del 31/03/2006 e n. 875 del 04/08/2006.
26. 26 | Parte prima - Il Quadro Generale
Progetto per la costituzione
di un REGISTRO PROVINCIALE
di personale certificato
“ASSISTENTE FAMILIARE”
MARTEDÌ 16 OTTOBRE 2012
SARZANA - ORE 9.00-13.00
SALA DELLA REPUBBLICA - VIA FALCINELLO, 1
SEMINARIO DI PRESENTAZIONE
del catalogo formativo
relativo alle modalità
operative del registro
AI SENSI DELLE DGR. NR. 287 DEL 31/03/06 E NR. 875 DEL 04/08/06
LOCANDINA A4 VALDIMAGRA ott 2012.indd 1
15/10/12 10:21
27. | 27Parte prima - Il Quadro Generale
PARTE PRIMA
IL QUADRO GENERALE
29. | 29Parte prima - Il Quadro Generale
Analisi ricerca sui potenziali beneficiari del Progetto
MOIRA DINUNZIO incaricata dall’Associazione Val di Magra Formazione per l’analisi-
ricerca effettuata all’interno del “Progetto pilota per la costituzione di un registro provinciale
di personale certificato Assistente Familiare”
La relazione è stata presentata durante il Convegno sull’Istituzione del
Registro provinciale di personale certificato ‘Assistente Familiare’ il 7 luglio
2011 presso la Sala Consiliare del Comune di Sarzana (Sp).
Presentazione della ricerca
La presente relazione illustra l’esito finale dell’Analisi di ricerca con-
dotta nel territorio provinciale al fine di individuare il bacino di utenza inte-
ressato a conseguire la certificazione di Assistente Familiare, così come
previsto dalla DGR n. 287/2006.
La Delibera della Giunta Regionale ligure n. 287/2006 definisce il
profilo dell’Assistente Familiare, ne illustra le competenze e individua i
contenuti minimi dei corsi di formazione per conseguire la certificazione.
La professione di Assistente Familiare presenta una serie di com-
plessità dovute a:
• problematiche fisiche, psicologiche e sociali che presentano l’assi-
stito e la sua famiglia
• numerosa presenza di cittadini stranieri che svolgono l’attività pres-
so famiglie private
• rapporto di lavoro privato non sempre regolamentato.
Il Progetto Pilota ha dedicato parte delle attività previste alla ricerca
analisi sui potenziali beneficiari del progetto riferito a tutto il territorio del-
le Provincia della Spezia. La ricerca ha permesso di conoscere meglio
la professione di Assistente Familiare, le caratteristiche dei lavoratori del
settore, le dinamiche interne al rapporto di lavoro e al rapporto con l’as-
sistito e la sua famiglia.
Grazie alla ricerca è stato inoltre possibile sviluppare una rete col-
laborativa di soggetti operanti sul territorio e impegnati in attività legate
all’assistenza familiare (servizi sociali pubblici, associazioni di volontariato,
sindacati e patronati, sportelli per i cittadini stranieri).
30. 30 | Parte prima - Il Quadro Generale
Obiettivo della Ricerca
La ricerca ha inteso quantificare il numero dei soggetti beneficiari in
modo da poter definire e programmare la successiva attività formativa,
sia a livello di Progetto Pilota, sia per successive programmazioni.
Fasi della Ricerca
• Analisi del contesto riferita all’ambito territoriale di competenza dei
Distretti Sociosanitari n. 17, 18 e 19
• Costituzione del Gruppo di Sostegno
• Definizione della consistenza numerica dei potenziali beneficiari del
percorso formativo
• Elaborazione finale dei risultati
L’Analisi del contesto e costituzione del gruppo di so-
stegno
L’indagine è stata condotta con il coinvolgimento:
• dei Servizi Sociali dei tre Distretti Sociosanitari
• dei Centri per l’Impiego della Provincia della Spezia e dei Job Center
provinciali
• dei Sindacati e dei Patronati, con particolare riguardo agli Sportelli
dedicati ai cittadini stranieri e ai lavoratori del settore domestico (colf
e Assistenti Familiari)
• delle Associazioni di volontariato, delle Parrocchie e degli altri Sog-
getti del Terzo Settore impegnati in servizi alla famiglia e/o alla popo-
lazione straniera presente sul territorio.
Detti soggetti, hanno poi costituito il cosiddetto “Gruppo di Soste-
gno al progetto”, che ha contribuito a diffondere il progetto sul territorio e
a fornire dati utili alla ricerca.
Attraverso l’analisi sul territorio è stato possibile:
• definire la consistenza numerica dei potenziali beneficiari del proget-
to, interessati alla certificazione e alla successiva iscrizione al Regi-
stro
• approfondire le caratteristiche dei potenziali beneficiari su un cam-
pione di soggetti.
31. | 31Parte prima - Il Quadro Generale
La Metodologia utilizzata
La ricerca si è sviluppata attorno a:
• un’indagine qualitativa, tramite la somministrazione di un questiona-
rio/intervista a un campione di soggetti interessati a certificarsi
• un’indagine quantitativa, attraverso la raccolta dei dati numerici rela-
tivi agli accessi agli Sportelli dei Centri per l’Impiego e dei Job Center
della Provincia dei soggetti interessati a certificarsi come “Assistente
Familiare”.
INDAGINE QUALITATIVA: le interviste realizzate
Un campione di 80 persone ha partecipato a incontri di gruppo
con somministrazione di un questionario, compilato con il supporto di un
operatore.
Gli incontri sono stati organizzati con il contributo delle reti “informa-
li del territorio” (associazioni, parrocchie, sportelli per cittadini stranieri)
e sono stati rivolti principalmente alle persone già occupate nel settore
dell’assistenza familiare, comunque già occupate in passato e interessa-
te a certificare la propria esperienza per successivi incarichi nel settore.
Al momento dell’intervista, da tale campione il 60.61% era occupa-
to, contro il restante 38.37% di persone disoccupate con esperienza nel
settore. Solo l’1.02% dei partecipanti agli incontri non aveva mai svolto
esperienze di lavoro con l’incarico di “Assistente Familiare”.
61%
38%
1%
Occupazione nel settore
Occupa,
nel
se1ore
Disoccupa,
con
esperienza
nel
se1ore
Disoccupa,
senza
esperienza
32. 32 | Parte prima - Il Quadro Generale
Data la rete informale di contatti per la realizzazione delle interviste,
all’interno del campione di occupati si è registrato un dato rilevante: il
47% non aveva regolare contratto o ne possedeva uno solo parzialmente
regolare. Da ciò si evince che su un campione di ottanta persone inter-
vistate, solo 26 possedevano i requisiti per partecipare alla formazione
riservata al personale occupato.
Tra gli occupati intervistati, il 56% assiste anziani non autosuffi-
cienti, il 37% anziani parzialmente autosufficienti e il 6% adulti disabili.
57%
37%
6%
Persone assistite
Anziani
non
autosufficien3
Anziani
parzialmente
autosufficien3
Adul3
disabili
Il dato appare coerente con l’impegno orario previsto: 83% a tempo
pieno inclusa la notte, 11% a tempo pieno solo orario diurno, 6% part-time.
83%
11%
6%
Impegno orario
A
tempo
pieno
inclusa
la
no4e
A
tempo
pieno
solo
orario
diurno
Part-‐9me
33. | 33Parte prima - Il Quadro Generale
Significativi sono infine i dati relativi alle mansioni svolte, che posso-
no offrire “una visione di massima” sul grado di preparazione dei soggetti
intervistati, sebbene si tratti di mere dichiarazioni da parte degli intervistati.
Un aspetto che potremmo definire di “competenza percepita” e che
richiederebbe di un’ulteriore verifica sulle competenze realmente acqui-
site.
52% Pulizie e cura degli spazi abitativi
33% Preparazione pasti
45% Cura dell’igiene personale dell’assistito
58% attività ricreative, compagnia all’assistito
27% Medicazioni
18% Altre mansioni che richiedono maggiore professionalità (iniezioni,
somministrazione farmaci…).
0
10
20
30
40
50
60
70
Pulizia
e
cura
degli
spazi
abita1vi
Preparazione
pas1
Cura
dell'igiene
personale
dell'assis1to
A8vità
ricrea1ve,
compagnia
dell'assis1to
Medicazioni
Altre
mansioni
che
richiedono
maggiore
professionailità
(iniezioni,
somministrazione
farmaci…)
Mansioni
svolte
Una parte del questionario è stata dedicata alle precedenti espe-
rienze di lavoro. Come si evince dai dati riportati, la grande maggioranza
degli intervistati aveva già svolto in passato attività di assistenza familiare.
Nello specifico, l’83% era già impiegato presso famiglie, il 7% svol-
geva attività di cura presso strutture (ospedali, case di riposo, ecc.).
Un significativo 10% ha maturato esperienza nel settore della ristora-
zione (utile come competenza nella preparazione dei pasti e nella cono-
scenza delle principali norme in tema di igiene alimentare).
34. 34 | Parte prima - Il Quadro Generale
83%
7%
10%
Precedenti esperienze di lavoro
Già
impiegato
presso
famiglie
Già
impegato
presso
stru7ure
di
assistenza
Già
impiegato
nel
se7ore
della
ristorazione
Mediamente, gli occupati intervistati hanno svolto esperienze in al-
meno 5 famiglie diverse, in un periodo medio di 5 anni, maturando com-
petenze sia di tipo tecnico assistenziale, sia di tipo emotivo-relazionale.
Per circa il 70 % degli intervistati, il motivo della conclusione dei
precedenti rapporti di lavoro è stato causato dal decesso dell’assistito.
La DGR n. 287/2006 fa riferimento al possesso di appositi titoli di
studio, quale utile elemento per il riconoscimento di crediti formativi nel
conseguimento della certificazione di Assistente Familiare.
22%
47%
22%
9%
Titoli di studio
Licenza
elementare
Licenza
media
Diploma
di
scuola
media
superiore
Laurea
Dalle interviste realizzate è emersa una maggioranza di soggetti in
possesso del titolo di licenza media o qualifiche di formazione generica,
senza particolari specializzazioni nel settore.
È importante rilevare che il dato sui titoli di studio è di difficile inter-
pretazione, poiché non sempre i titoli posseduti sono riconosciuti formal-
mente dalle autorità competenti in materia di pubblica istruzione. Inoltre,
35. | 35Parte prima - Il Quadro Generale
spesso, è complesso tradurre il titolo conseguito nel paese di origine con
la classificazione nazionale.
Dai dati sopra riportanti, è stato possibile configurare un’Assistente
Familiare “Tipo”.
Nazionalità: Straniera
Sesso: Femmina
Età media: 44 anni
Titolo di studio: Licenza media
Conoscenza della Lingua Italiana: Buona
Residenza in territorio italiano da: 12 anni
Esperienze di lavoro nel settore: 5 anni
INDAGINE QUANTITATIVA
Contestualmente a un approfondimento di tipo qualitativo sulla pro-
fessione di Assistente Familiare, il coinvolgimento dei Centri per l’Impiego
e dei Job Center ha permesso di quantificare il potenziale bacino di uten-
za degli interessati a conseguire la certificazione.
I numeri presentati dalla “Rete dei Job” hanno fatto emergere un
bacino ampio di potenziali soggetti, ma nella quasi totalità si tratta di di-
soccupati con esperienza.
La categoria dei disoccupati con esperienza, sebbene rappresenti
la grande maggioranza del bacino di utenza interessato, è una categoria
“ibrida”, non contemplata nei percorsi formativi così organizzati.
Infatti, come già specifica sopra, la formazione per i disoccupati pre-
vede un pacchetto completo di 200 ore, incluso il tirocinio pratico.
Per contro, l’utenza in carico alla “Rete dei Job Center” è in buona
parte composta di professionisti del settore, con una solida esperienza
professionale alle spalle.
36. 36 | Parte prima - Il Quadro Generale
La perdita dell’occupazione, per chi opera nel lavoro di cura, è una
variabile con cui fare i conti frequentemente. Dall’indagine condotta, in-
fatti, è emerso quanto la professione di Assistente Familiare sia labile e
fluttuante nel tempo.
Nella maggior parte dei casi, i lavoratori perdono l’impiego a seguito
del decesso dell’assistito. Molto spesso a tale evento si accompagna
la perdita dell’alloggio, provocando conseguenze gravi per la persona,
anche se non è questa la sede per approfondire il tema.
Con un mestiere così fluttuante appare difficile organizzare una
formazione troppo rigida sul fronte dello stato di occupazione/disoccu-
pazione della persona.
In molti casi, la persona “occupata” al momento dell’iscrizione al
corso, potrebbe perdere l’impiego al momento di avviare il percorso for-
mativo o durante il corso stesso. Per contro, chi al momento della pre-
sentazione del bando non aveva il requisito dell’occupazione a causa di
una momentanea perdita di impiego, potrebbe riconquistare il requisito
nell’arco di poche settimane.
I Centri per l’Impiego della Provincia della Spezia e la rete dei Job
Center dislocata sul territorio hanno partecipato attivamente alla ricerca
fornendo dati importanti sulle persone in carico ai rispettivi servizi.
L’utenza interessata dalla ricerca è stata concentrata su quei sog-
getti che si può definire “Assistenti Familiari” di professione, ossia perso-
ne che hanno maturato esperienza nel settore. Come ovvio la maggior
parte di tali soggetti si trovava, al momento della raccolta dei dati, in stato
di disoccupazione.
Il numero complessivo dei soggetti in carico ai Job Center in pos-
sesso dei requisiti richiesti dalla ricerca è stato stimato su 2100. Occorre
tenere conto del fatto che lo stesso soggetto potrebbe essere presente
nelle anagrafiche di tutti i Job, ma il dato resta comunque impressionante.
Di seguito riportiamo alcuni dati indicativi emersi.
Il numero più consistente di Assistenti Familiari con esperienza in
cerca di nuova occupazione è di nazionalità romena (28.28%), seguito
da persone di cittadinanza dominicana o equadoregna. L’11.83% è di
nazionalità italiana.
37. | 37Parte prima - Il Quadro Generale
15%
36%
25%
10%
12%
2%
Nazionalità
Italia
Romania
Repubblica
Dominicana/Ecuador
Marocco
Albania
Altro
Il dato emerso dalla “rete dei Job” è in linea con quello emerso dalla
ricerca qualitativa. Infatti, il 44.65% possiede un titolo di licenza media o
equiparabile a esso.
23%
50%
12%
10%
5%
Titoli di studio
Licenza
elementare
Licenza
media
Diploma
Laurea
Specializzazione
nel
se:ore/corsi
di
formazione
Anche il dato sulle mansioni svolte è in linea con l’indagine qualitativa
e invita a una riflessione sull’eventualità di eliminare il tirocinio pratico dalla
formazione prevista.
38. 38 | Parte prima - Il Quadro Generale
0
10
20
30
40
50
60
70
Pulizie
domes,che
Preparazione
pas,
Igiene
della
persona
Compagnia
e
a6vità
ricrea,ve
Altro
Mansioni
svolte
Mansioni
Per quanto riguarda la conoscenza della lingua (requisito espressa-
mente richiesto dalla Delibera regionale), tra i cittadini stranieri oltre il 40%
ha una conoscenza buona della lingua, ma si registra un 28.63% che ha
una conoscenza scarsa.
13%
16%
42%
29%
Conoscenza lingua italiana
Madrelingua
italiana
O5ma
Buona
Scarsa
Sulla base dell’ampio bacino di potenziali interessati, è stato chiesto
ad alcuni Job Center di promuovere il Progetto Pilota e raccogliere i dati
anagrafici degli Assistenti Familiari disoccupati e interessati a conseguire
la certificazione. Al momento sono state raccolte 109 adesioni.
39. | 39Parte prima - Il Quadro Generale
A questo dato vanno sommati i 39 Assistenti Familiari che si sono
rivolti agli Enti di Formazione dell’ATI in occasione dell’uscita del Bando
per persone occupate, nella speranza di poter partecipare ai percorsi
formativi anche se disoccupati.
Sintetizzando:
Assistenti Familiari con esperienza
in carico alla rete dei Job:
2100
Assistenti Familiari con esperienza
che hanno espressamente chiesto
di partecipare alla formazione:
158
È importante rilevare che il mestiere di Assistente Familiare spesso
è incompatibile con gli orari di un’eventuale attività formativa, sebbene
gli sforzi da parte degli organizzatori di soddisfare le esigenze di tutti i
partecipanti.
Al contrario, i momenti d’inattività che periodicamente si verificano
nel mestiere di Assistente Familiare, possono diventare un’occasione di
sviluppo professionale e di formazione attraverso la partecipazione a spe-
cifici percorsi professionalizzanti, come il corso per Assistente Familiare
con conseguente iscrizione nell’apposito Registro.
41. | 41Parte prima - Il Quadro Generale
Il welfare nero delle badanti in Val di Magra
DANIELE MONTEBELLO tesi universitaria in Scienze Politiche Internazionali
L’estratto della tesi di laurea è stato presentato durante il Convegno con-
clusivo della fase di sperimentazione del Progetto il 5 luglio 2012 presso
la Sala della Repubblica del Comune di Sarzana (Sp).
L’immigrazione femminile in Val di Magra
L’idea di effettuare una ricerca sul campo nell’ambito della questione
badantato nasce dalla consapevolezza che il territorio ligure sia ricono-
sciuto come uno dei più anziani del nostro Paese e dalla volontà di com-
prendere meglio quale sia la portata e quali siano le caratteristiche del
fenomeno nell’ambito dei Comuni del comprensorio della Val di Magra,
in Provincia della Spezia. Dalla tabella che segue è possibile ricavare un
dato interessante.
Popolazione Over 65 % Over 70 % Over 75 % Over 80 %
Ameglia 4.568 1.267 27.7% 863 18.9% 577 12.6% 384 8%
Arcola 10.413 2.671 25.6% 1.835 17.6% 1.257 12% 855 8.2%
Castelnuovo
Magra
8.251 2.098 24.6% 1.423 17.2% 961 11.6% 637 7.7%
Ortonovo 8.520 1.945 22.8% 1.324 15.5% 862 10.1% 529 6.2%
S. Stefano M. 8.656 1.995 23% 1.358 15.7% 909 10.5% 614 7.1%
Sarzana 21.698 5.295 24.4% 3.685 17% 2.539 11.7% 1.680 7.7%
Vezzano Ligure 7.357 1.885 25.6% 1.381 18.8% 918 12.5% 546 7.4%
Val di Magra 69.463 17.156 24.7% 11.869 17.1% 8.023 11.5% 5.245 7.5%
Provincia
della Spezia
233.606 59.420 25.4% 45.106 19.3% 31.523 13.5% 19.507 8.4%
Liguria 1.615.986 433.408 26.8% 328.599 20.3% 223.826 13.9% 133.503 8.3%
Italia 60.340.328 12.206.470 20.2% 9.043.281 14.9% 6.007.977 9.9% 3.477.727 5.8%
Tabella 1 – Popolazione anziana nei Comuni della Val di Magra a confronto con Provincia della Spe-
zia, Regione Liguria ed intero Paese. Rielaborazione su tavole demografiche Istat. Dati aggiornati
al 1° Gennaio 2010.
La percentuale di persone anziane (prendiamo in considerazione a
titolo esemplificativo gli over 75) residenti nei sette Comuni in cui si è svol-
ta la ricerca è sensibilmente più alta rispetto alla media nazionale: 11,5%
42. 42 | Parte prima - Il Quadro Generale
in Val di Magra contro un dato del 9.9% nell’ambito nazionale. Infatti il
problema dell’anzianità della nostra popolazione ha reso particolarmen-
te interessante e cruciale per enti locali e distretti socio-sanitari l’analisi
del fenomeno dell’assistenza privata agli anziani, soprattutto in un paese
come il nostro, dove le politiche pubbliche di assistenza all’anziano sono
state prevalentemente rivolte verso l’erogazione di contributi per favorire
la domiciliarità dell’anziano stesso.1
Accanto alle forme familiari di assistenza all’anziano si è così svi-
luppato nei primi anni novanta un mercato del lavoro (spesso invisibile)
di assistenza e cura della popolazione anziana in cui le donne straniere
rivestono sostanzialmente il ruolo di monopoliste. Accanto allo sviluppo
di questo fenomeno sono cresciute sul nostro territorio due Associazioni
che consentono agli immigrati e alle immigrate di trovare un valido aiuto
nel superamento di tutte le problematiche relative alla regolarizzazione
della propria posizione, sia dal punto di vista dell’immigrazione, sia da
quello della posizione lavorativa.
La ricerca prende le mosse proprio da questi luoghi di aggregazione
degli immigrati in Val di Magra. Sono state intervistate, con le modalità
che vedremo, 74 donne immigrate in Val di Magra che hanno lavorato
negli ultimi 3 anni o lavorano attualmente come assistenti (badanti) pres-
so nuclei familiari della Provincia della Spezia o dei territori limitrofi.
La traccia dell’intervista (riportata in appendice a questo elaborato)
è riconducibile alla tipologia dell’intervista biografica2
; salvo alcuni aspetti,
come ad esempio le informazioni generali su famiglia e percorsi di studio,
dove -per la natura delle informazioni stesse- sono state utilizzate moda-
lità tipiche del questionario.
Anche la scelta delle intervistate si ispira alle modalità tipiche dell’in-
tervista biografica-racconto di vita.3
Grazie all’aiuto di alcuni operatori del
settore abbiamo selezionato le prime donne immigrate che potevano es-
serci d’aiuto quali testimoni-chiave per trovare nuove interlocutrici e -so-
1
C. Gori, Il welfare nascosto, il mercato privato dell’assistenza in Italia e in Europa, Roma, Carocci,
2002.
2
L’intervista biografica è una delle metodologie in uso nel campo della ricerca sociale. Si tratta di una
formula in cui il basso grado di standardizzazione e la bassa direttività garantiscono all’intervistato una
ampia libertà nella scelta dei contenuti in risposta alle domande che vengono sottoposte; dall’altro
lato anche l’intervistatore ha la possibilità di variare gli stimoli offerti all’interlocutore, nonché l’ordine
della loro presentazione. Si tratta di un modello concettualmente opposto a quello del questionario,
in cui l’intervistato ha disponibile un elenco delle possibili risposte ed è chiamato a scegliere tra
queste. R. Bichi, L’intervista biografica, una proposta metodologica, Milano, Vita e pensiero, 2002.
3
“Il racconto di vita è il racconto fatto da un soggetto a un’altra persona, sia questo un ricercatore o
meno, di uno o più episodi della sua esperienza vissuta”. D. Bertaux, Racconti di vita, Milano, Franco
Angeli, 1999.
43. | 43Parte prima - Il Quadro Generale
prattutto- per testare la nostra capacità di relazionarci con le intervistate
e calibrare la traccia dell’intervista. Non un campione rappresentativo in
senso statistico, quindi, ma sicuramente, grazie all’aiuto delle prime inter-
vistate, un campione ampiamente rappresentativo del mondo sociale del
badantato4
. Un campione flessibile e in divenire fino alla conclusione della
nostra attività, in relazione all’emergere di nuovi filoni d’indagine, nuovi
concetti chiave e aspetti da analizzare. Sin dalle prime interviste abbiamo
recepito dalle nostre interlocutrici una buona disponibilità a raccontare il
proprio percorso, fino a toccare aspetti particolarmente sensibili e delicati
quali: regolarità o meno della propria presenza sul territorio nazionale,
regolarità o meno della propria posizione lavorativa, modalità di ingresso,
condizioni lavorative, ecc.
Il reperimento del campione, fino alla saturazione dell’attività di ri-
cerca, è stato, grazie al cosiddetto effetto valanga,5
piuttosto semplice.
Si ritiene che questo sia dovuto anche ad un aspetto psicologico, forte-
mente rilevato in quasi tutte le interviste: le badanti, per le caratteristiche
del loro lavoro e per la scelta stessa di immigrazione -spesso condotta
senza il coniuge o altri parenti- sono donne che vivono in una condizione
di solitudine. Questo ha determinato nei confronti dei loro intervistatori,
disponibili ad ascoltarle, una predisposizione ed una fiducia che hanno
facilitato il nostro compito. Il processo di scelta del campione da intervi-
stare, oltreché da testimoni-chiave, è stato guidato da criteri di omoge-
neità (abbiamo intervistato esclusivamente donne immigrate che sono o
siano state badanti) e differenziazione (in base a nazionalità, età, titolo di
studio, regolarità o meno della propria posizione). Si è evitato di racco-
gliere testimonianze di casi limite o atipici, in quanto l’obiettivo era quello
di indagare in profondità il fenomeno dell’immigrazione femminile legata
al lavoro di assistenza e cura degli anziani. In questo capitolo saranno
esposti i risultati di tale indagine.
Pur non avendo fini statistici si ritiene utile, ai fini di una migliore
conoscenza del fenomeno badanti in Val di Magra, presentare in questa
sede alcuni dati ricavati nel corso delle interviste, con particolare riferi-
mento a età, paese d’origine, titolo di studio. Questo tipo di informazioni
sono state ricavate in una fase preliminare rispetto all’intervista-racconto
4
Per mondo sociale si intende un gruppo di persone accomunate da una medesima attività specifica,
sia essa fonte di reddito o meno. R. Bichi, op. cit.
5
“Consiste nel trovare casi interessanti attraverso persone che conoscono altre persone che
conoscono quali casi possono essere interessanti; non si tratta di un criterio operativo, ma di
una strategia di reperimento che consente di trovare più facilmente le persone da intervistare che
rispondano ai criteri che precedentemente ci siamo dati.” R. Bichi, Op. cit.
44. 44 | Parte prima - Il Quadro Generale
vera e propria, cercando di mettere a proprio agio le interlocutrici.
Dalla tabella n. 2, sotto riportata, emerge chiaramente come la scel-
ta di emigrazione dal proprio paese di origine sia effettuata in età ancora
piuttosto giovane, infatti circa il 74% delle intervistate ha effettuato l’espa-
trio entro i quaranta anni d’età.
Classi d’età Frequenza
Tra i 18 e i 30 anni 9
Tra i 31 e 40 anni 46
Tra i 41 e i 50 anni 18
Oltre 50 anni 1
Tabella 2 – Suddivisione del campione per classi d’età
Particolarmente interessante è l’analisi dei paesi di provenienza di
queste lavoratrici immigrate. Le componenti più presenti risultano essere
quella dominicana, e quella romena. Se per la Romania questo risultato
può essere considerato banale, dato il recente ingresso del Paese nell’U-
nione Europea (2007), sicuramente non lo è per la Repubblica Domini-
cana. Ma allargando il raggio della ricerca scopriamo che la componente
dominicana è, in generale, molto rappresentata in tutta la Provincia della
Spezia da una folta comunità.6
Operando un confronto tra la tabella n.3
(suddivisione del campione per paese d’origine) e la tabella n.4 (suddi-
visione donne residenti in Val di Magra per paese d’origine) un elemen-
to appare particolarmente interessante: la presenza di ben 162 donne
albanesi in Val di Magra non ha avuto riscontri nell’ambito delle nostre
interviste. Interrogate su questo tema, l’ultimo gruppo di badanti inter-
vistate (quando ormai questo caso si era ampiamente rilevato), hanno
risposto che effettivamente nessuna di loro conosceva badanti di quella
nazionalità, perché “gli Italiani non si fidano dell’onestà delle assistenti
albanesi” e quindi difficilmente le assumono. Al di là della considerazione
legata probabilmente ad alcuni luoghi comuni, è stato interessante notare
come le intervistate fossero disponibili a risponderci anche se interrogate
su opinioni, idee e convincimenti non direttamente collegabili alla loro
esperienza personale, vero oggetto del dialogo.
6
Rielaborazione da dati Istat, tavole popolazione straniera residente. www.demo.istat.it.
45. | 45Parte prima - Il Quadro Generale
Paese d’origine Frequenza
Romania 569
Marocco 317
Albania 162
Repubblica Dominicana 121
Polonia 72
Ucraina 49
Moldavia 43
Ecuador 38
Algeria 11
Repubblica Ceca 7
Totale 1389
Tabella 3 - Suddivisione del campione per Paese d’origine
Paese d’origine Frequenza
Repubblica Dominicana 18
Romania 17
Marocco 14
Ucraina 9
Polonia 6
Ecuador 5
Repubblica Ceca 3
Algeria 2
Totale 74
Tabella 4 - Suddivisione donne residenti in Val di Magra per paese d’origine. Fonte: www.demo.istat.it
Passando all’analisi della tabella n.5 possiamo notare come molte
delle badanti intervistate abbiano un livello d’istruzione piuttosto elevato: il
71% possiede almeno un diploma di scuola superiore, all’interno di que-
ste, molte hanno frequentato l’Università. Da segnalare che tutti i percorsi
di studio sono stati completati nel paese d’origine. Non sempre è stato
semplice comprendere quale fosse l’effettivo grado d’istruzione a causa
delle difficoltà di conversione del valore del titolo di studio straniero all’in-
terno del nostro ordinamento.
Titolo di studio Frequenza
Licenza elementare 17
Licenza media 4
Licenzia media superiore (diploma) 33
Università (non terminata) 8
Laurea (I o II livello) 12
Totale 74
Tabella 5 - Suddivisione del campione per titolo di studio
46. 46 | Parte prima - Il Quadro Generale
L’arrivo in Italia e le prime esperienze di lavoro
Con le tabelle n. 6 e n.7 si entra in un ambito particolarmente de-
licato, quello della regolarità, o meno, della posizione delle intervistate
sul suolo italiano, attualmente e al momento dell’arrivo nel nostro Paese.
Nonostante la sensibilità di questi temi, le badanti hanno risposto in ma-
niera esauriente alle nostre domande, soltanto una piccola percentuale
ha scelto di non parlare di questo aspetto della propria vita. Analizzando
i dati in nostro possesso si scopre che la maggioranza del campione è
entrata clandestinamente in Italia, regolarizzando la propria posizione ne-
gli anni successivi, attraverso le varie sanatorie che si sono susseguite7
,
oppure attraverso altri strumenti previsti dal nostro ordinamento.
È emersa, da tutti i colloqui, una volontà condivisa di uscita dallo
stato di clandestinità. Le ragioni sono da riscontrare in un trascorrere più
sereno del proprio tempo in Italia e, soprattutto, nella maggiore disponi-
bilità da parte delle famiglie italiane nei confronti delle immigrate regolari.
Posizione Frequenza
Regolare 68
Clandestina 0
In fase di regolarizzazione 3
Non risponde 3
Totale 74
Tabella 4 - Suddivisione del campione in base alla posizione attuale sul territorio italiano
Modalità d’ingresso in Italia Frequenza
Regolare 16
Clandestina 53
Non risponde 5
Totale 74
Tabella 5 - Suddivisione del campione in base alla modalità d’ingresso nel territorio italiano
Dai colloqui con le donne intervistate è emerso il filo conduttore
della maggior parte delle cause alla base del progetto migratorio. Si tratta
di un generale desiderio di miglioramento delle proprie condizioni di vita
nel paese d’origine. Investigando più a fondo si comprende meglio cosa
intendano: c’è chi vorrebbe comprare casa o pagare un mutuo, c’è chi
vorrebbe consentire ai figli la possibilità di studiare (magari all’estero), c’è
7
Negli ultimi venti anni il nostro Paese ha emesso diversi provvedimenti di regolarizzazione della
condizione di soggiorno sul suolo italiano: nel 1995, nel 1998, nel 2002, nel 2009, fino ad arrivare
all’ultima recente sanatoria.
47. | 47Parte prima - Il Quadro Generale
chi, semplicemente, aspira a rendere migliore il proprio tenore di vita.
Un altro motivo alla base della migrazione, anche se in misura minore, è
rappresentato dalla volontà di ricongiungersi con un parente (o col com-
pagno) che già si trova sul nostro territorio nazionale.
Inoltre, si può sicuramente affermare che un’ampia maggioranza
delle intervistate ha abbandonato il proprio paese da sola: in questi casi,
generalmente, si scopre che altri familiari si stanno occupando dei figli
della donna presso l’originale abitazione, cui viene inviato mensilmente
del denaro per provvedere alle esigenze di casa.
Particolarmente interessanti si sono rivelati i racconti circa le modali-
tà d’ingresso in Italia e la ricerca di una prima occupazione. I lunghi viaggi
per giungere fino al nostro Paese sono frequentemente condotti in piccoli
gruppi di donne, quattro o cinque al massimo, onde destare meno so-
spetti. Questi itinerari sono spesso pianificati da organizzazioni malavito-
se, come racconta una delle intervistate: “(…) dopo averci fatto viaggiare
in pullman per diverse ore ci hanno lasciato in una specie di autogrill vici-
no al confine italiano, senza informazioni, al freddo e senza cibo, eravamo
disperate…”. Altre invece, spiegano come questi viaggi possano essere
organizzati dall’Italia, attraverso amiche o conoscenti già insediatesi qui;
con l’aiuto, in alcuni casi, di associazioni religiose. Un’ulteriore possibilità
è quella dell’ingresso attraverso un visto turistico (raccontano quest’e-
sperienza le donne dominicane), dopo il quale prolungare la permanenza
sul territorio italiano, solitamente grazie all’ospitalità di amici, conoscenti
o connazionali.
Nel corso dei colloqui, al momento di trattare le modalità di ricerca
del primo impiego o di inserimento nella società italiana (della Val di Magra
in questo caso) si sono riscontrati alcuni timori da parte delle intervista-
te. Infatti si è scoperto che il primo inserimento lavorativo può essere
di frequente acquistato dalla aspirante lavoratrice. Connazionali, o altri
lavoratori immigrati possono svolgere le funzioni tipiche di un centro per
l’impiego, con la promessa di pagamento di un compenso una volta ot-
tenuto il posto di lavoro. Queste forme di “aiuto pagato” sono tuttavia
vissute come una normale prassi da parte delle nuove immigrate in Italia.
In realtà, spiega una delle badanti: “(…) non fanno tutte così, dipende dal
fatto se conosci qualcuno o no al momento del tuo arrivo; se sei sola allo-
ra è molto più difficile trovare lavoro e comprarlo rimane l’unica soluzione”.
Tra le badanti è in uso un’ulteriore modalità per la ricerca di una pri-
ma occupazione: racconta una ragazza romena: “(…) quando sono arri-
vata per la prima volta ho sostituito una mia amica nell’assistenza ad una
48. 48 | Parte prima - Il Quadro Generale
signora anziana, perché lei voleva tornare a casa per un mese a Natale
a trovare le sua famiglia. È stata lei ad introdurmi presso la sua famiglia di
lavoro e con loro mi sono trovata subito bene, infatti, quando la mia amica
è rientrata, loro mi hanno trovato una nuova signora da accudire…” O
ancora: “All’epoca il visto turistico durava tre mesi, poi si doveva rientrare,
allora io e una amica ci davamo il cambio ogni tre mesi circa per non
infrangere la legge italiana”.
Sul fronte, invece, delle aspettative legate al primo impiego italiano
si scopre che la totalità o quasi delle donne intervistate già conosce il
tipo di lavoro che l’aspetta, gli orari estremamente faticosi, la complessità
delle mansioni da affrontare e, più in generale, i carichi di lavoro. Infatti,
molte delle badanti dichiarano come nei rispettivi paesi siano ben note
le caratteristiche di questo lavoro, soprattutto grazie ai racconti di coloro
che lo hanno già affrontato. Ad attirarle è sicuramente una prospettiva
di guadagni impensabile nel paese d’origine. Spinte da questa motiva-
zione sono quindi pronte ad affrontare qualsiasi ostacolo incontrino sul
loro cammino. Particolarmente significativa da questo punto di vista è la
testimonianza di questa donna: “(…) giunta in Europa dal mio Paese –Re-
pubblica Dominicana (N.d.A.)– mi sono trovata ad affrontare una scalata,
nei pressi del passo del Brennero, per entrare clandestinamente nel vo-
stro paese. Purtroppo però sono caduta, riportando un serio infortunio,
così sono stata ricoverata in Italia: in qualche modo ero riuscita ad en-
trare! Successivamente sono scappata dall’ospedale e grazie ad alcuni
conoscenti ho trovato ospitalità e lavoro dalle vostre parti”. Tutte queste
storie rappresentano un mondo sociale (quello delle badanti immigrate)
composto da donne sole, molto coraggiose e, soprattutto, molto moti-
vate dall’idea di poter aiutare la propria famiglia grazie al proprio impegno
lavorativo in Italia. Sono quindi disposte a sostenere sacrifici e sopportare
ogni disavventura pur di riuscire a far fronte alle necessità dei propri figli
o della famiglia.
Sono più rari, invece, i casi in cui queste donne vivano in Italia col
proprio partner o con la famiglia: nel corso delle interviste solamente due
donne hanno raccontato di aver affrontato la migrazione assieme a dei
familiari. Più facilmente si trovano casi di ricongiungimento.8
Cionono-
stante, tutte queste eventualità rappresentano a stento circa il 10% delle
interviste effettuate.
8
Dal sito internet del Ministero dell’Interno: “Il cittadino straniero, titolare del permesso di soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno con durata non inferiore a un
anno rilasciato per lavoro subordinato, autonomo, per asilo, per studio, motivi religiosi, motivi familiari
e per protezione sussidiaria, può richiedere di essere raggiunto in Italia dai parenti più stretti, per poter
tenere unita la sua famiglia.”
49. | 49Parte prima - Il Quadro Generale
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www.ilsole24ore.it
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www.istat.it
www.lastampa.it
www.lavoce.info
www.patronato.acli.it
www.provincia.sp.it/
www.regione.liguria.it
www.repubblica.it
www.sarzana.org
www.stranierinitalia.it
www.valdimagraformazione.it
51. | 51Parte prima - Il Quadro Generale
Donne nel lavoro di cura
DEBORAH ERMINIO Centro studi Medì - Migrazioni nel Mediterraneo, Genova
L’intervento è stato presentato durante il Convegno conclusivo della fase
di sperimentazione del Progetto il 5 luglio 2012 presso la Sala della Re-
pubblica del Comune di Sarzana (Sp).
Premessa
Al 1° gennaio 2013 (ultimo dato Istat disponibile sono 119.946 le
persone di cittadinanza straniera residenti in Liguria, di cui 15.702 vivono
nella provincia spezzina. Di queste 8.772 sono donne.
Sono impiegate per lo più nel lavoro domestico e di cura presso le
famiglie e questa segregazione professionale non ha accennato a ridursi
significativamente nel tempo. Peraltro la crisi economica che ha colpito
molti settori del mercato del lavoro e per certi versi ha colpito più dura-
mente i lavoratori stranieri, ha significato un incremento della disoccupa-
zione e una perdita di posti di lavoro soprattutto tra gli uomini piuttosto
che tra le donne. Nell’ambito della cura e dell’assistenza i bisogni riman-
gono (e non diminuiranno in futuro visto il processo di invecchiamento
della popolazione italiana) e occorre farvi fronte anche in tempi di difficoltà
economiche. Questo è il primo e banale elemento per cui gli impieghi in
questo settore hanno retto più di altri. È comunque una forma di segrega-
zione professionale su cui è necessario continuare a riflettere, soprattutto
se pensiamo che le seconde generazioni non saranno certo disposte,
come i loro genitori, a ricoprire i profili professionali meno qualificati del
mercato del lavoro.
Per comprendere il fenomeno del lavoro domestico occorre guar-
dare ad entrambi i versanti che lo compongono: dal lato dell’offerta si
assiste ad una presenza immigrata che è sempre più cresciuta negli anni,
dal lato della domanda l’invecchiamento della popolazione è una delle
trasformazioni sociali più incisive che caratterizza la nostra società e il
territorio ligure in particolare. L’assistenza famigliare a domicilio è il punto
di incontro tra due esigenze, le donne migranti che cercano un inseri-
mento nel mercato del lavoro locale e che spesso partono in direzione
52. 52 | Parte prima - Il Quadro Generale
dell’Italia, consapevoli di quali opportunità lavorative vi sono e le famiglie
che, laddove non sono più in grado di prendersi cura dei soggetti anziani
o malati, necessitano di un soggetto esterno che fornisca assistenza a
pagamento.
Il progressivo invecchiamento della popolazione è il risultato di due
processi congiunti: l’allungamento della vita media che innalza la quota
di popolazione anziana e il decremento demografico dovuto alla bassa
natalità9
(attualmente pari a 7,4 in provincia di La Spezia) che non contrae
l’incidenza della popolazione giovanile. La presenza di una popolazione
straniera, più giovane di quella italiana, ha portato ad un incremento delle
fasce giovanili e adulte della popolazione, senza modificare però la ripar-
tizione nelle classi d’età.
Le previsioni dell’Istat sulla struttura demografica della popolazione
nei prossimi 50 anni non miglioreranno il quadro della situazione: in Li-
guria (come nel resto del paese) diminuirà la percentuale dei minori, che
costituiranno il 13% della popolazione nel 2065, la fascia adulta scenderà
al 52% a favore dei soggetti sopra ai 65 anni, che passeranno dall’attuale
27% al 33%. Aumenterà la popolazione degli ultraottantenni, quelli che
presumibilmente necessiteranno di maggiori prestazioni assistenziali.
L’allungamento della vita non pone solo importanti questioni relative
alla sostenibilità del sistema pensionistico, ma anche relative ai costi dei
servizi sociali e dell’assistenza sanitaria.
Le donne migranti
Tradizionalmente le donne più degli uomini sono educate a sentirsi
legate alla famiglia, quindi le migrazioni femminili sono più dipendenti da
ragioni familiari di quelle maschili e sono significativamente correlate con
variabili come il numero dei fratelli o il basso status occupazionale del
padre; le risorse procurate dalle donne non servono solo ad assicurare
una vita migliore ai figli, ma anche a provvedere alle necessità di genitori
e fratelli.
Le emigrazioni non sono determinate soltanto dall’azione delle reti
sociali o dalle situazioni economiche che agiscono come fattori di spinta
(push factors), ma si spiegano anche in ragione della domanda di lavoro
“povero” da parte dei sistemi economici occidentali.
Il contesto produttivo necessita di manodopera disposta ad inserirsi
9
Il tasso di natalità indica il numero di nati in un anno ogni 1.000 abitanti.
53. | 53Parte prima - Il Quadro Generale
in quei settori del mercato in cui l’offerta di lavoratori è insufficiente a sod-
disfare la domanda, detto altrimenti la possibilità di trovare un impiego nei
posti di lavoro progressivamente abbandonati dagli italiani ha costituito
un fattore di spinta in grado di attrarre i lavoratori migranti.
È interessante notare a questo proposito come spesso le donne
siano consapevoli, ancor prima di lasciare il proprio paese, delle pos-
sibilità lavorative offerte dal mercato del lavoro italiano: si sa che in Italia
le famiglie cercano collaboratrici domestiche ed assistenti famigliari per i
compiti di cura.
Per questo stesso motivo alcuni flussi migratori – come quello ecua-
doriano e quello ucraino - si diversificano in base al genere, in base alle
informazioni sulle opportunità lavorative presenti in diversi contesti, infor-
mazioni che viaggiano all’interno dei reticoli sociali, gli uomini partono per
alcuni paesi e le donne per altri.
In alcuni casi le esigenze del mercato raggiungono i migranti diret-
tamente nei paesi di origine: due intervistate dell’Est Europa (Polonia e
Romania) ci spiegano come nei paesi di origine alcuni giornali conten-
gano annunci di lavoro in Italia, in cui si cerca manodopera per lavori
pesanti come quelli della raccolta dei prodotti dell’agricoltura nei campi
o per lavori di cura presso le famiglie. Talvolta sono le stesse migranti ad
inserire un annuncio alla ricerca di una sostituta. L’appartenenza di alcuni
paesi dell’Est Europa alla Comunità Europea sicuramente permette un
processo migratorio circolatorio o un ingresso più semplice nei paesi
dell’area Schengen.
Il welfare “invisibile”
Il fenomeno delle assistenti famigliari ha dimensioni mondiali per-
ché si verifica uno spostamento di risorse dai secondi verso i primi, che
a sua volta innesca ulteriori meccanismi di sostituzione, come emerse
già in lavoro della Parreñas (2001): l’internazionalizzazione del lavoro va
guardata nei due luoghi in cui avviene, da un lato il paese di arrivo delle
donne migranti dove si verifica uno scambio tra le donne middle class
italiane e quelle working class immigrate, dall’altro il paese di provenienza
dove queste donne hanno lasciato figli, genitori e parenti anche loro bi-
sognosi di cure che vengono affidate ad altre donne. Il dislocamento su
scala mondiale dei compiti di cura si struttura quindi su più livelli, su più
aree geografiche, ma interessa quasi esclusivamente il ruolo femminile.
54. 54 | Parte prima - Il Quadro Generale
In alcuni casi le donne migranti possono pagare, grazie alle risorse del
loro lavoro all’estero, persone di estrazione sociale inferiore a cui affidare
gli stessi compiti di cura e collaborazione domestica che loro esercitano
in Italia, negli altri casi le donne migranti affidano i propri cari alla cura di
sorelle, zie, nonne.
Il dislocamento dei compiti di cura prevede quindi un avvicendamento
tra donne, che non intacca né il modello familistico di welfare, né il modello
culturale della società occidentale in cui il care si lega all’identità femminile.
Non intacca il modello culturale in cui vi è una sorta di legame “naturale” e
inscindibile tra l’identità femminile e il ruolo di cura.
Il dovere sociale della cura dei figli e dei genitori (o di altri parenti)
anziani è attribuito all’identità femminile in quanto tale. La stessa espres-
sione “la badante”, coniugato rigorosamente al femminile, è indice di un
determinato modello culturale che si riflette nel linguaggio, il quale non è
mai neutro, ma carico di significati sociali, ne sono ravvisabili almeno due:
la dimensione femminile del ruolo di “badante” e la visione semplicistica
del lavoro svolto da queste figure professionali. “Badante” è un termine
riduttivo, estraneo alla logica delle competenze professionali, perché l’as-
sistenza di un soggetto in condizioni di limitata autonomia non significa
semplicemente “badare” a qualcuno, ma richiede competenze specifi-
che, implica capacità di relazione, di accudimento e, nei casi più gravi,
anche competenze infermieristiche di base. La cura dei soggetti anziani
o deboli diventa un “lavoro” nel momento in cui viene affidato a personale
esterno e retribuito, ma anche così non assurge pienamente alla dignità
di ruolo professionale: alla “badante” non vengono richieste preparazione
e capacità, ma piuttosto doti personali come l’affidabilità, la pazienza.
Negli ultimi anni si è sviluppata una certa consapevolezza tra gli ope-
ratori del settore e nei funzionari politici relativamente alla professionalità
del servizio di cura e sono state realizzate diverse esperienze formative
sul territorio destinate alle donne migranti che intendono svolgere il lavoro
di assistenti famigliari. Resta da impegnarsi affinché lo stesso concetto
maturi anche nell’opinione pubblica e nelle famiglie italiane.
La politica migratoria italiana, chiude la porta principale e apre quella
di servizio, grazie a periodiche sanatorie che regolarizzano i migranti ir-
regolari già presenti sul territorio. L’ultimo provvedimento palesa questa
dinamica in maniera evidente: si è inasprito il discorso dei respingimenti,
ma poi si apre la porta di “servizio” a chi è “in servizio” presso le fami-
glie italiane come colf e assistenti famigliari. La migrazione delle donne
straniere – indipendentemente dal fatto che queste persone entrino in
55. | 55Parte prima - Il Quadro Generale
Italia legalmente o illegalmente - è funzionale e, come tale, gradita o per
lo meno tollerata, sinché risponde al bisogno di cura e di collaborazione
domestica espressa dal mercato.
Il salario di una persona co-residente può arrivare a 1.300 euro al
mese, se si includono contributi previdenziali, ferie retribuite, tredicesima.
Non tutti gli anziani godono di questa disponibilità economica e la
scelta a questa punto è tra il ricovero in istituto e la permanenza a casa
propria con un’assistente famigliare “in nero”.
Sino a quando le esigenze di care si potranno basare
sul reclutamento di forza lavoro dall’estero?
Gli studi sul tema offrono interessanti spunti di riflessione sulla soste-
nibilità di questo sistema di welfare10
: il progressivo inserimento sul territo-
rio delle donne straniere e la loro integrazione nella società comporta una
maggiore richiesta di mobilità sociale, le donne migranti da più tempo in
Italia cercano un lavoro ad ore, rifiutando quello di co-residenti, anche per
poter ricongiungere il proprio nucleo famigliare; parallelamente da parte
delle famiglie italiane cresce la richiesta di assistenti famigliari fisse. Vi è
poi il problema della sostenibilità finanziaria dell’assistenza, l’equilibrio tra
domanda e offerta regge sinché le famiglie hanno una capacità di spesa
sufficiente, ma non è detto che questa rimanga inalterata nel tempo, il
rischio è quindi che gli anziani di domani, se godono di pensioni troppo
basse, non siano in grado di assumere un’assistente famigliare. Anche
i tentativi di lotta al lavoro sommerso e i provvedimenti per regolarizzare
questo mercato, per quanto di notevole importanza per la tutela delle la-
voratrici, potrebbero innalzare i costi rendendo meno accessibile il ricorso
alle assistenti famigliari.
Il ricorso al mercato di cura privato non riguarda soltanto le famiglie
con redditi elevati, a volte si tratta di anziani soli o di famiglie con redditi
modesti e in questi casi il ricorso all’assistente famigliare comporta una
spesa onerosa che non sempre i soggetti sono in grado di sostenere.
Il rischio incombente è quello di favorire un “abusivismo di necessità”,
ossia incentivare il ricorso a forme di lavoro irregolare o parzialmente ir-
regolare; d’altra parte l’accesso al lavoro di cura privato per una parte
delle famiglie si coniuga con il mancato rispetto degli obblighi contrattuali:
forme di lavoro “nero” o situazioni di lavoro “grigio” in cui ad esempio una
10
Cfr. CeSPI-Centro Studi di Politica Internazionale, Welfare e immigrazione. Impatto e sostenibilità
dei flussi migratori diretti al settore socio-sanitario e della cura, Working Papers, 55/2009.
56. 56 | Parte prima - Il Quadro Generale
persona è assunta regolarmente per metà giornata e viene pagata in nero
per il resto delle ore svolte.
La sostenibilità del lavoro di cura privato è assicurata da diversi fatto-
ri, tra questi rientrano anzitutto il contenimento dei costi e la disponibilità di
un’abbondante offerta di lavoratori disposti ad accettare questa modalità
di lavoro. Il primo dei due fattori sinora è stato ottenuto con il ricorso al
lavoro irregolare, ma in futuro potrebbe essere perseguito sul piano degli
sgravi fiscali o con risorse pubbliche a sostegno dell’assistenza domici-
liare privata (un esempio è l’assegno servizi). Il secondo dei due fattori è
un elemento che entra in crisi nel momento in cui le persone intendono
fermarsi definitivamente a vivere in Italia, la stabilizzazione diminuisce l’of-
ferta di lavoratrici disposte a lavorare come co-residenti.
Nel lavoro domestico e di cura si può ravvisare una doppia debo-
lezza: da un lato quella della lavoratrice straniera a cui si profilano per lo
più occupazioni in questo settore del mercato che a volte arrivano a si-
tuazioni intollerabili, sia per la mancanza di regolazione contrattuale e non
rispetto dei momenti di riposo, sia per la molteplicità dei compiti richiesti,
dall’altro la debolezza delle famiglie italiane che non sempre riescono a
sopportare i costi dell’assistenza famigliare.
Professione assistente famigliare
È un lavoro svuotato di contenuti professionali, perché le caratteri-
stiche principali ricercate in un’assistente famigliare hanno a che fare con
tratti della personalità più che con competenze professionali: affidabilità,
onestà, pazienza, dolcezza, serietà. In poche parole deve sembrare una
“badante perbene”.
In parte questa ricerca di un persona rassicurante deriva dal fatto
che il contesto lavorativo è lo spazio privato e che il compito di cura si
rivolge ad un proprio caro. Alla figura dell’assistente famigliare, soprattutto
se co-residente, non si chiede semplicemente di svolgere determinate
mansioni di cura, ma di “prendersi cura”.
Si opera a contatto con la morte e la malattia, con persone varia-
mente disabili o malate, ma le capacità di svolgere queste mansioni sono
considerate un patrimonio personale (ascritto all’identità femminile) più
che professionale: basta essere pazienti, affidabili, coscienziose, bisogna
dimostrare affetto e sollecitudine verso l’anziano da accudire.
Un altro elemento degno di nota nel processo di reclutamento delle
57. | 57Parte prima - Il Quadro Generale
assistenti famigliari è l’inserimento sociale di queste donne: se si è alla
ricerca di una persona che deve risiedere insieme all’anziano, una cosid-
detta “badante fissa”, allora si cercherà prevalentemente una donna senza
un nucleo famigliare ricongiunto. L’arrivo dei figli e del coniuge mal si con-
ciliano con il lavoro di assistente famigliare co-residente perché diventano
difficili da gestire le dinamiche famigliari, non a caso in questo passaggio da
lavoratrici a moglie e madri le donne cercano un lavoro a ore.
Pare che le donne poco radicate, senza figli, senza marito siano
preferite dai datori di lavoro, tuttavia questa tendenza non sembra così
generale, in altri casi la presenza di un nucleo famigliare diventa garanzia
di una certa affidabilità delle donne.
Entrare in casa. Spazio privato e luogo di lavoro
Il primo periodo non è soltanto, asetticamente, un momento per
verificare l’idoneità della lavoratrice o le condizioni del lavoro, ma è anche
(e forse soprattutto) l’occasione per studiarsi a vicenda: il caregiver cer-
cherà di capire il tipo di persona che ha davanti, la sua affidabilità, la sua
correttezza, l’assistente famigliare cercherà di capire se il datore di lavoro
è altrettanto onesto e corretto nel tipo di richieste lavorative avanzate (in
termini di orari, mansioni, ecc.).
In questo periodo iniziale ci sono una serie di difficoltà endogene,
perché l’assistente famigliare deve abituarsi ai ritmi di vita del contesto
famigliare in cui va ad operare, deve iniziare ad imparare le abitudini della
persona assistita, i suoi orari, le sue esigenze di cura, l’organizzazione
dello spazio domestico, ecc.
È un lavoro che viene svolto all’interno di un contesto domiciliare,
privato e che, pertanto richiede la capacità di agire nello spazio altrui. Non
basta saper gestire la casa, bisogna adeguarsi alla strutturazione dello
spazio del suo proprietario, non basta saper rispondere alle esigenze di
cura di una persona non autosufficiente, bisogna anche saper seguire i
suoi ritmi di vita.
Tutto ciò talvolta si coniuga con il fatto di essere arrivata in un pae-
se diverso dal proprio dove la lingua, la cucina, gli usi e i costumi sono
differenti, la fase della conoscenza riguarda quindi il più ampio contesto
sociale.
A queste difficoltà, inevitabili nel primo periodo, se ne assommano
altre, che sono sostanzialmente di due tipi: in primo luogo la pena di
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non essere accettate dall’anziano assistito, poi la difficoltà psicologica di
svolgere un lavoro molto diverso dalla propria esperienza professionale
precedente (ci riferiamo, in particolare, al processo di dequalificazione
che possono vivere le donne migranti).
Bisogna instaurare un rapporto personale con la persona assistita,
la cui diffidenza è dovuta anche alla condizione di debolezza e fragilità
(soprattutto chi non è più completamente autosufficiente) e al dover ac-
cettare la presenza di una figura estranea nella propria casa. Al contempo
l’assistente famigliare dovrà conquistarsi anche la fiducia dei caregivers:
In questo primo periodo il caregiver può svolgere un ruolo di media-
zione, aiutando la persona assistita ad accettare la presenza di una per-
sona estranea e supportando l’assistente famigliare che deve acquisire
dimestichezza con il nuovo contesto lavorativo. Il caregiver potrebbe svol-
gere un ruolo simile a quello del tutor aziendale che sostiene l’inserimento
dei neo-assunti all’interno dell’impresa: non solo indicare quali mansioni
dovrà svolgere e quale orario rispettare, ma spiegare come vanno svolti
determinati compiti, correggendo gli eventuali errori che l’assistente fami-
gliare può commettere i primi tempi.
In generale invece l’affidamento dell’incarico si risolve troppo veloce-
mente, senza dare spazio alle spiegazioni necessarie o minimizzando la
complessità del compito.
La presenza di un caregiver è cruciale, non solo nei primi tempi di
inserimento dell’assistente famigliare quando può aiutare ad instaurare un
rapporto interpersonale positivo tra assistente e assistito, ma in generale
perché può istruire la lavoratrice, coordinare la situazione, intervenire nelle
emergenze, mediare tra le esigenze dell’anziano e quelle della lavoratrice.
Molte intervistate hanno imparato, con l’esperienza, l’importanza di
discutere da subito le condizioni di lavoro, sia in termini di orari, sia in
termini di mansioni (ovviamente chi non è soggetto all’urgenza di trovare
velocemente un impiego avrà margini maggiori di contrattazione).
Vi sono numerose violazioni degli obblighi contrattuali, nella mag-
gior parte dei casi non si tratta tanto di lavoro “nero”, quando di forme di
lavoro “grigio” o di “nero parziale”: restrizione dei permessi settimanali e
dei giorni di riposo, inosservanza dei limiti di orario, monetizzazione delle
ferie, evasione della tredicesima, mancato pagamento di ore di lavoro
straordinarie, omesso versamento dei contributi, loro addebito sullo sti-
pendio della lavoratrice o versamenti previdenziali per un numero di ore
inferiori a quelle realmente lavorate. Non si può parlare tanto di forme di
impiego del tutto sommerse, ma di stratagemmi piuttosto consueti nei
59. | 59Parte prima - Il Quadro Generale
rapporti di lavoro regolari.
Nella prima fase del percorso migratorio il lavoro irregolare è spesso
una scelta obbligata, dettata dal fatto di non avere un titolo di soggior-
no valido, questa situazione non solo rende impossibile la stipula di un
contratto, ma pone anche queste donne in una condizione di debolezza
in cui non possono far valere i propri diritti se non a rischio di perdere
il lavoro o addirittura di venire denunciate per clandestinità. Se si tiene
conto che circa 8 su 10 delle donne intervistate sono giunte in Italia con
un visto turistico o clandestinamente, un rapporto lavorativo in nero è
un’esperienza quasi inevitabile.
Le forme di lavoro “grigio” spesso sono il frutto di un compromesso,
di un incontro tra le parti, di concessioni vantaggiose per la famiglia, ma
talvolta convenienti anche per la lavoratrice. In poche parole si cerca di
salvaguardare un minimo di legalità, che consente alla donna migrante il
rinnovo del permesso di soggiorno e rappresenta per il datore di lavoro
una tutela rispetto alle sanzioni legali.
La regolarizzazione rappresenta un punto cruciale per diversi aspet-
ti. Nel momento in cui si presenta l’occasione di una sanatoria il datore di
lavoro può decidere di regolarizzare la posizione contrattuale della colla-
boratrice, tuttavia questo passaggio è percepito dalle famiglie come una
possibilità piuttosto che un dovere, sebbene la legge punisca il ricorso
al lavoro nero. In alcuni casi il datore di lavoro agisce la regolarizzazione
contrattuale come una sorta di concessione che viene promessa all’infi-
nito e si aspetta gratitudine dalla lavoratrice una volta che è stata messa
in regola.
Soprattutto nel caso di impieghi senza un contratto di lavoro l’assi-
stente famigliare è costretta a subire le condizioni imposte dal datore di
lavoro, che possono diventare veramente molto pesanti.
Non mancano delle situazioni di vero mutuo aiuto, in cui si crea un
rapporto di collaborazione tra caregivers e assistente famigliare e ci si vie-
ne incontro vicendevolmente per affrontare il quotidiano e gli imprevisti.
La flessibilità dell’orario di lavoro è considerata quasi una condizione
indispensabile per svolgere il lavoro di cura, ma in questo è ravvisabile
uno scambio pre-moderno11
di favori, piuttosto che un rapporto di impie-
go con orari, mansioni, confini precisi e stabiliti. All’assistente famigliare
si chiede di essere disponibile “quando serve”, in base alle esigenze
11
Nell’epoca moderna il lavoro si è separato dalla casa, assumendo una fisionomia asettica,
standardizzata, oggettivata in mansioni e ruoli, affrancata dai rapporti di dipendenza personale; il
ritorno del lavoro domestico in co-residenza, “fisso”, rappresenta per molti aspetti una riedizione della
versione pre-moderna dei rapporti di lavoro (Ambrosini, Erminio, Lagomarsino, 2005).
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dell’anziano (se sta male, le si chiede di fermarsi per più tempo) e dei
caregivers (se nessuno può andare chiediamo a lei di fermarsi lei).
Nelle situazioni di debolezza, quando la lavoratrice non ha un con-
tratto regolare o non ha la forza di carattere di opporsi alle richieste che
trascendono dal rapporto di lavoro, la flessibilità rischia di diventare a sen-
so unico; è il datore di lavoro che decide giorni e orari di libertà, tenendo
conto unicamente dei suoi impegni.
In generale la flessibilità è difficile da gestire, l’asimmetria dei rapporti
di lavoro rischia di sconfinare da ciò che è lecito e ciò che non è lecito
chiedere, il favore concesso un giorno diventa obbligo con il tempo.
Questa modalità di gestire il rapporto di lavoro non è necessariamen-
te negativa, perché può venir bene anche alle lavoratrici, c’è chi preferisce
accumulare più ore di riposo in un’unica giornata, chi spalmare il tempo
libero sulla settimana, c’è anche chi sceglie di impegnarsi per un numero
di ore aggiuntive in modo da incrementare il proprio guadagno. È però una
modalità di gestione pericolosa, perché trascende il rapporto di lavoro vero
e proprio, vi innesta relazioni di mutuo aiuto, di reciprocità che apparten-
gono più alle relazioni primarie di amicizia che a quelle lavorative; crea una
situazioni di aspettative che, se non vengono contraccambiate, possono
dare avvio a tensioni e situazioni conflittuali.
Al di là dei casi più gravi di sfruttamento e di abuso, il lavoro dome-
stico di cura si caratterizza per questo rapporto spurio, in cui il rapporto
tra le persone deborda da un normale rapporto di lavoro, ma senza tra-
sformarsi completamente in un legame interpersonale.
Invisibilità sociale, integrazione subalterna, prospet-
tive di mobilità
Nella prima fase del percorso migratorio l’occupazione “giorno e
notte” risponde ad alcuni requisiti che lo possono rendere appetibile:
consente contemporaneamente un inserimento lavorativo e alloggiativo,
un reddito netto convertibile in rimesse ai paesi di provenienza, una situa-
zione di invisibilità sociale apprezzabile per chi è in situazione di irregola-
rità, perché diminuisce l’eventualità di incorrere in eventuali controlli delle
forze dell’ordine.
Sono infatti le migranti appena giunte in Italia quelle che optano più
frequentemente per un inserimento lavorativo di questo tipo, non solo
perché è una delle poche opportunità occupazionali disponibili (soprat-