SlideShare a Scribd company logo
G G G 6 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
L’ARGOMENTO
I FATTORI DI DETERIORAMENTO DELLA PIETRA NATURALE
CHE ORNA LE FACCIATE DI MOLTI PALAZZI SONO
MULTIFORMI: CERTAMENTE L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
MA ANCHE ERRATI INTERVENTI COSTRUTTIVI O MANUTENTIVI
Facciate in pietra
Il degrado dei materiali lapidei naturali
editoriale
P
rotagonista assoluta di questo numero è la pietra, il
materiale principe delle costruzioni, con il quale so-
no state realizzate le facciate più importanti dell’architet-
tura classica. Analizziamo i diversi fattori di degrado di que-
sto materiale, con particolare attenzione ai rivestimenti lapidei
in lastre, che caratterizzano l’architettura moderna e che soffro-
no di problematiche legate soprattutto ai loro sistemi d’ancoraggio.
Edifici ormai entrati nella storia dell’architettura, come quelli di
Muzio e Terragni, sono rivestiti con lastre lapidee applicate mediante
ancoraggi che, sebbene considerati innovativi all’epoca in cui furono
realizzati, presentano oggi seri problemi, portando ogni intervento di
manutenzione straordinaria al livello di vero e proprio restauro. Fortu-
natamente le moderne tecnologie permettono recuperi rispettosi dell’inte-
grità dei manufatti e la realizzazione di nuove facciate futuristiche,
sempre più ardite, ma, allo stesso tempo, sicure e affidabili, anche gra-
zie alle lavorazioni sofisticate degli stessi materiali da rivestimento.
Un argomento così vasto e complesso non si può, naturalmente, esaurire
con un numero della rivista. Di qui l’invito, che rivolgo in primo luo-
go ai nostri lettori più affezionati, a scoprire altre informazioni sul-
la pietra e su molti altri temi collegandosi al nostro sito internet,
che nei prossimi mesi sarà completamente rinnovato. Stiamo costruendo
un portale interamente dedicato alle facciate e all’esterno dell’edi-
ficio. Materiali tecnologie, esempi, cantieri e progetti saranno
raccolti in una sorta di banca dati tematica in cui ci sarà spazio
per tutto quello che di nuovo e interessante accade in questo spe-
cifico settore. Tanto materiale utile, con un “condimento” per
noi indispensabile: la grande passione per le cose belle e per
il lavoro eseguito a regola d’arte.
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 3
G G G
La pietra protagonista
dell’architettura
antica e moderna
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 7 G G G
me, svolge un ruolo di primissimo piano
partecipando attivamente a tutte le azio-
ni chimiche innescanti i processi di dete-
rioramento, agendo da sola oppure co-
me veicolo di composti combinati in so-
luzione.
IL DEGRADO TECNOLOGICO
Questa categoria comprende quel pre-
coce degrado che si scatena sulle faccia-
te degli edifici a causa
d ell’incompatibilità
tecnologica tra mate-
riali nuovi e materiali
originali. L’incompati-
bilità può essere di ti-
po fisico e meccanico,
chimico o elettro-chi-
mico.
Il primo caso d’incom-
patibilità, di tipo fisi-
co e meccanico, si ve-
rifica quando non si ri-
spetta la buona nor-
ma di applicare un
nuovo strato che sia
sempre più elastico di
quello sottostante, co-
me ad esempio una fi-
nitura cementizia su
un intonaco a base di
l degrado rappresenta un processo
naturale ed inarrestabile comune a
tutti i materiali, inevitabile perché
dovuto al naturale invecchiamento di
tutte le cose. Quando si parla di de-
grado ambientale si intendono proprio
questi naturali processi degenerativi che
negli ultimi decenni hanno subito una for-
te accelerazione a causa dell’inquinamen-
to. L’inquinamento atmosferico rappre-
senta infatti oggi il principale fattore di
“degrado ambientale”: per farvi fronte è
necessario individuare precisamente le
cause di degrado e controllare la velocità
di aggressione su tutti materiali esposti
all’aperto.
Ma quello ambientale non è l’unica forma
di degrado che può affliggere i materiali
di rivestimento in facciata: esistono altre
forme di deterioramento, conseguenti al-
l’utilizzo di tecniche costruttive inade-
guate o alla mancanza di interventi ma-
nutentivi, che possiamo raggruppare nel-
la categoria del “degrado tecnologico”
oppure quelle derivanti dall’invadenza
dell’impiantistica a vista o delle sopraele-
vazioni dei prospetti che determinano un
“degrado antropico” certamente non
meno importante dei primi due.
IL DEGRADO AMBIENTALE
Con il termine ”degrado ambientale” si
intende definire quel tipo di reazione che
si instaura tra i materiali e gli elementi
dell’ambiente naturale, quali l’acqua, l’a-
ria, e gli organismi viventi, che nel tempo
possono modificarne la struttura, la mor-
fologia e la stessa composizione chimica.
Più specificatamente si può parlare di de-
grado chimico (ad esempio il processo di
solfatazione) quando l’ambiente agisce
sulla composizione dei materiali, di de-
grado fisico (ad esempio il ciclo del gelo
e disgelo) quando fattori ambientali eser-
citano azioni meccaniche sulla struttura
dei materiali e di degrado biologico
quando ci si trova in presenza di batteri,
muschi e licheni.
In tutti questi casi l’acqua rappresenta il
principale fattore ambientale responsa-
bile del degrado. Essa, in tutte le sue for-
I
Q CHIARO
ESEMPIO DI
DEGRADO
DOVUTO AGLI
EFFETTI DI
INQUINANTI
ATMOSFERICI
PRESENTI NELLE
NOSTRE CITTÀ
Q DEGRADO
TECNOLOGICO
DOVUTO A ERRORI
PROGETTUALI NELLA
DISPOSIZIONE
DEI PLUVIALI
A CUI SI ASSOCIA
IL DEGRADO
ANTROPICO DATO
DALLA CANALINA
DEL CONDIZIONATORE
G G G 8 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
L’ARGOMENTO
calce aerea, per evitare che si producano
fessurazioni sullo strato esterno più rigido.
Il secondo caso, incompatibilità di tipo
elettro-chimico, si verifica ad esempio al
contatto di elementi metallici tra loro in-
compatibili o di leghe diverse con una
conseguente reazione galvanica.
L'incompatibilità di tipo chimico si verifi-
ca quando si scatena una reazione incon-
trollata tra i materiali esistenti che porta
alla formazione di prodotti degradativi,
come avviene ad esempio con l’uso di ad-
ditivi nelle malte oppure con l’uso di de-
tergenti e solventi nei sistemi di pulitura.
Infine esiste il degrado indotto dalla mor-
fologia degli elementi di facciata che, in-
teragendo con gli agenti atmosferici,
convogliano in modo preferenziale l’ac-
qua, l’aria e l’energia termica. Ad esem-
pio la presenza di fasce e di risalti pro-
duce deflussi idrici particolari sulle faccia-
te degli edifici soprattutto quando alla
pioggia si associa il vento.
IL DEGRADO ANTROPICO
Negli ultimi anni si è diffusa, prima timi-
damente poi con maggiore sicurezza, la
tendenza di posare esternamente, la-
sciandole cioè a vista, le reti impiantisti-
che. Alcuni interventi recenti, a fronte
delle richieste degli utenti e per rispetto
delle normative vigenti, esibiscono canali
di condizionamento ed altre tubazioni co-
me fossero dei veri e propri motivi deco-
rativi. Tale soluzione è stata bene accolta
dai sostenitori della conservazione in
quanto coerente con il metodo “aggiun-
tivo” considerato compatibile e in con-
trapposizione a quello “sottrattivo”, cioè
della posa sotto traccia, valutato ormai
negativamente alla luce delle molteplici
devastazioni che sono state fatte in nome
di un adeguamento tecnologico ed im-
piantistico delle facciate.
L’impiantistica esterna presenta il vantag-
gio di garantire la reversibilità dell’inter-
vento rendendo possibile in futuro solu-
zioni alternative senza danneggiare le
strutture antiche, ma a ben vedere il pro-
blema non si limita al fatto di nascondere
o mostrare l’impiantistica. Decidendo di
lasciare l'impiantistica a vista bisogna de-
cidere di volta in volta se dissimularne o
evidenziarne la presenza. Ad esempio se
far passare la rete elettrica davanti alle
cornici in modo così evidente per qualun-
que osservatore, caricandola quindi di
valenze espressive accentuate, oppure
appoggiarla sopra la cornice sottraendo
l’elemento tecnico esterno alla vista del-
l’osservatore. Di fronte ai prospetti di
tanti palazzi sfigurati da intrecci di cavi
Enel e Telecom o dai passaggi nelle so-
lette dei balconi delle tubazioni del gas,
ben difficile diventa sostenere l’impianti-
stica esterna a tutti i costi. Appare inve-
ce giustificabile la posizione di coloro che
sostengono la soluzione dell’impianto a
vista solo dove il suo occultamento com-
porterebbe danni maggiori.
Q SOPRA
I GRAFFITI SULLE
FACCIATE DEI
PALAZZI SONO
UN ESEMPIO
DI DEGRADO
ANTROPICO
Q SOTTO
ESEMPIO DI
DETERIORAMENTO
DELLA MATRICE
LAPIDEA DOVUTA
A TRATTAMENTO
SUPERFICIALE
INADEGUATO
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 9 G G G
IL DEGRADO DEI MATERIALI
LAPIDEI NATURALI
Si definiscono materiali “lapidei naturali”
quei materiali lapidei che vengono utiliz-
zati nelle costruzioni, sia come materiali
strutturali sia come rivestimento esterno
sia nelle malte e nei calcestruzzi (inerti),
allo stato in cui si trovano nel giacimento
roccioso da dove vengono estratti e che
non vengono sottoposti ad alcun tratta-
mento tecnologico atto a migliorarne la
resistenza meccanica, termica o agli
agenti atmosferici. Naturalmente le pie-
tre naturali presentano differenti caratte-
ristiche di resistenza all’aggressività del-
l’ambiente a seconda della composizio-
ne: le pietre silicee saranno più resistenti,
quelle argillose meno resistenti, le pietre
di origine calcarea più deteriorabili per
effetti di tipo chimico.
Conoscere le caratteristiche di un mate-
riale lapideo è di fondamentale importan-
za per verificarne l’effettiva attitudine ad
un positivo impiego in campo edile. Ge-
neralmente esistono delle relazioni biuni-
voche tra i fattori caratterizzanti la natura
geologica della pietra e le relative carat-
teristiche prestazionali. I processi di lavo-
razione, del resto, non ne modificano in
modo sostanziale le prestazioni.
IL DEGRADO DELLA PIETRA
Q Efflorescenza e subflorescenza
La presenza di acqua nelle pietre (sia allo
stato liquido che di vapore) è la principa-
le causa di degrado dei materiali lapidei
perché favorisce la trasportabilità dei sali
in soluzione all’interno della massa dei
materiali. Questo trasporto salino genera
indebolimenti, per la produzione di cavil-
lature e porosità, e fenomeni di disgre-
gazione superficiale per l’effetto della ri-
cristallizzazione dei sali. Se tale fenome-
no avviene in superficie, cioè se la veloci-
tà di diffusione del vapore è inferiore alla
velocità di migrazione della soluzione sa-
lina, si avranno delle zone biancastre do-
vute appunto da cristalli di sale e si parle-
rà di efflorescenza, mentre se il fenome-
no avviene negli strati sottostanti si par-
lerà di subflorescenza e l’azione meccani-
ca dovuta alla crescita dei sali provocherà
un’azione espansiva con possibili fratture
che si manifestano con esfoliazioni e dis-
tacchi. Le rocce calcaree compatte (come
i marmi) sono attaccate in superficie men-
tre quelle porose (come le arenarie) sono
attaccate in profondità con l’effetto im-
mediato di un progressivo am-
pliamento dei pori stessi. La
porosità di un materiale è dun-
que determinante per la valuta-
zione del suo stato di conserva-
bilità.
Q Solfatazione
I processi più gravi di degrado,
evidenti sopraTtutto nei punti
degli edifici maggiormente
esposti all’azione del dilava-
mento delle acque meteoriche,
si riscontrano in massima parte
in ambienti urbani anche per
l’elevata concentrazione di ani-
dride carbonica e solforosa de-
Q QUANDO
IL DEGRADO
È AVANZATO
INTERE PORZIONI
DI MATERIALE
LAPIDEO
POSSONO
STACCARSI
CON ESTREMA
FACILITÀ
Q SIGNIFICATIVA
IMMAGINE
CHE MOSTRA
L’INESORABILITÀ
DEL DEGRADO
QUANDO
RAGGIUNGE
IN PROFONDITÀ
LA PIETRA
RIDUCENDONE
PROGRESSIVA-
MENTE LA
CONSISTENZA
L’ARGOMENTO
G G G 10 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
COMMITTENTE PALAZZO DELL’INFORMAZIONE
IMPORTO 310.000 EURO
D.L. ARCH. PIERO DIAMANTE
GESTIONE E ASIO SRL
MANUTENZIONE
IMPRESA GRUPPO SIME SPA
ANNO 2004
Palazzo dell’Informazione
rogettato in linea con il Piano Regolatore
del 1934, che perseguiva la riqualificazio-
ne economica delle aree centrali di Mila-
no, e terminato nel 1942 il Palazzo dell'Informa-
zione è l'edificio con cui il prolifico architetto
Giovanni Muzio ha dato corpo all'ideologia fa-
scista del committente, il quotidiano 'Il popolo
d'Italia', fondato da Mussolini. La monumentalità
si esprime nella successione di pilastri di ordine
gigante che ripartiscono simmetricamente il cor-
po marmoreo dell'edificio, sul lato rivolto verso
piazza Cavour. L'aspetto simbolico-celebrativo
invece trova spazio nelle decorazioni scultoree,
firmate da Mario Sironi: la più importante è l'e-
norme bassorilievo che sormonta il balcone e
che rappresenta 'Le origini e lo sviluppo del gior-
nale della rivoluzione'. Un altro epico mosaico
dello stesso Sironi trova spazio all'interno, nel-
l'auditorium che ospita esposizioni e congressi.
Attualmente, il Palazzo è sede della redazione
de "Il Giorno " e di alcune agenzie stampa quali
Ansa e Agi.
L'intervento di pulizia e riordino della facciata ha
previsto le seguenti fasi
1. verifica della stabilità e della consistenza di
tutte le superfici e individuazione di tutti i
P
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 11 G G G
punti sui quali intervenire con opere di ripri-
stino, sistemazione o sigillatura.
2. Riparazione di tutte le parti individuate in pre-
cedenza compreso il ripristino di spigoli, an-
goli, giunti marcapiani, lesene e risalti tramite
ricostruzioni, sigillature e stuccature con ma-
teriali idonei e in conformità con colori e fini-
ture delle parti trattate.
3. Gommage cioè intervento di idro-sabbiatura
applicando silicea finissima, aria e acqua su
Q SOPRA
DOPO I LAVORI.
PARTICOLARE DELLA
FACCIATA SUL LATO
DELL’EDIFICIO
MAGGIORMENTE
ESPOSTO
AL TRAFFICO
CITTADINO.
Q A LATO
PARTICOLARE
DELLE DECORAZIONI
SCULTOREE
PRESENTI
SULLA FACCIATA
PRINCIPALE
IN PIAZZA CAVOUR
PRIMA DELL’INTERVENTO
tutte le superfici lapidee tramite apposita ap-
parecchiatura a controllo costante di pressio-
ne (Liquabrade). Per alcune parti lisce è stata
prevista levigatura e lucidatura manuale. An-
che per le parti con motivi artistici poste al
centro della facciata di piazza Cavour è stato
previsto un intervento di gommage.
4. Protezione delle superfici tramite applicazio-
ne di un prodotto xilossanico non pellicolante
con proprietà antisaliniche.
Q L’edificio , prima
dei lavori, presentava
un degrado generalizzato
su tutte le facciate
dovuto essenzialmente
alla sua ubicazione
in pieno centro
cittadino e per
la carenza di interventi
manutentivi
dall’epoca della sua
edificazione fino
ai giorni nostri
G G G 12 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
rivante dai fumi e dalla combustione di
sostanze contenenti zolfo che genera rea-
zioni chimiche in grado di trasformare i
carbonati in sali solubili in acqua. La sol-
fatazione pertanto è un processo chimico
dovuto essenzialmente all’inquinamento
in generale ed alla grande quantità di ani-
dride solforosa prodotta dagli scarichi dei
veicoli e dall’industria in particolare.
Q Striature e sbavamenti
Le polveri e le altre particelle solide so-
spese nell’atmosfera, come i residui della
combustione, provocano, inoltre, feno-
meni di abrasione superficiale diversI se-
condo l'intensità del vento che le traspor-
ta, tendendo a depositarsi secondo le
geometrie dalla facciata per venire dila-
vate dalla pioggia con effetti di striature
o sbavamenti.
Q Macchie e incrostazioni
L’effetto finale delle aggressioni chimiche
è visibile sulle superfici dei materiali lapi-
dei per la presenza di macchie bianche o
nere: quelle biancastre sono più fragili e
più facilmente asportabili per la loro ri-
dotta resistenza meccanica, mentre le
macchie nere sono meno incoerenti e più
aderenti al supporto tanto da rappresen-
tare dei veri e propri depositi superficiali
che si cementano nelle zone della faccia-
ta meno esposte al dilavamento. Le cro-
ste nere sono di forma e spessore diver-
so e a volte possono raggiungere la mi-
sura di due centimetri. Esse vanno dalle
semplici stratificazioni di polveri a vere e
proprie incrostazioni omogenee, forte-
mente ancorate alla pietra, che possono
essere estremamente dannose per l’inte-
grità del materiale lapideo. Infatti, la cro-
sta indurendosi tende ad aumentare di
volume e a diventare meno porosa con-
temporaneamente determinando un’a-
zione meccanica sulle superfici che può
provocare delle fessurazioni e delle vere
e proprie fratture. Questi depositi si com-
pongono di particelle di carbone (25%-
40%), composti bituminosi e ferrosi, ce-
neri, residui di combustione, catrame,
pollini e spore fungine e soprattutto da
solfato di calcio (a seconda dell’età della
crosta 30%-50%). Dal continuo accumu-
larsi di questi inquinanti si originano, nel
tempo, delle vere e proprie incrostazioni
che, specialmente sui paramenti calcarei,
possono provocare forti tensioni sulla
pietra sottostante alla crosta nera, ridu-
cendone drasticamente la traspirabilità,
ma anche accentuazioni delle dilatazioni
termiche che deformano le superfici.
Importanti forme di degrado sono anche
le macchie rossastre (per la ruggine) che
compaiono per la corrosione degli ogget-
ti metallici quali imperniature, barre,
grappe, inferriate oppure quelle derivan-
ti dal rame.
Q Finiture della pietra
È stato dimostrato, inoltre, come la lavo-
razione superficiale del ri-
vestimento lapideo possa
influenzare moltissimo lo
sviluppo e lo spessore del-
le croste nere: la finitura ru-
stica o bocciardata aumen-
ta la porosità del 50% ri-
spetto alla finitura levigata
o lucida che chiudendo i
pori conferisce al materiale
maggiore resistenza al pas-
saggio dell’acqua e delle
sostanze nocive, requisiti
che si possono ottenere an-
che attraverso la stesura di
cere o protettivi specifici.
L’ARGOMENTO
Q LA PRIMA
IMMAGINE
MOSTRA COME
LA PIETRA ABBIA
ASSUNTO UNA
TONALITÀ SCURA
NATURALMENTE
PER
PROTEGGERSI
DALLE
AGGRESSIONI
ESTERNE.
LA SECONDA
IMMAGINE
MOSTRA LA
CONSISTENZA E
LO SPESSORE
DELLE CROSTE
NERE PROVOCATE
DAGLI
INQUINANTI
ATMOSFERICI
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 13 G G G
Q Degrado da escursioni termiche
L’accostamento di elementi di diverso co-
lore (le parti scure assorbono più calore di
quelle chiare) può produrre effetti ap-
prezzabili anche se l’azione termica è
maggiore negli strati superficiali che in
quelli profondi. In particolare le escursio-
ni termiche possono generare dilatazioni
non sempre tollerabili dalle strutture dei
reticoli cristallini che infrangono i propri
legami con conseguente visibile disgre-
gazione di materia. Questa disgregazione
materica indotta dalla temperatura può
avvenire più facilmente se la pietra è ge-
liva, cioè se possiede determinate carat-
teristiche di porosità, bassa resistenza a
compressione e bassa coesione del ma-
teriale. L’assenza dei giunti può divenire
elemento determinante per il decadimen-
to funzionale di un rivestimento lapideo
in lastre perché non vengono compensa-
te le differenti dilatazioni e contrazioni di
origine termica sia del rivestimento stes-
so che delle strutture di supporto.
Q Biodeterioramento
È quel deterioramento indotto dall’azione
fisica e meccanica dei microrganismi (bio-
deteriogeni) che determinano alterazioni
degradative del substrato. I microrgani-
smi agiscono disgregando meccanica-
mente il materiale e provocando un au-
mento della porosità che favorisce la pe-
netrazione dell’acqua. Alcuni esempi: l'a-
zione delle radici delle piante che disgre-
gano la pietra incuneandosi nelle fessure
esistenti aumentando dimensionalmente i
loro fusti, oppure gli escrementi dei vola-
tili che contengono batteri in grado di ori-
ginare frequenti desquamazioni superfi-
ciali. Altri organismi liberano enzimi o aci-
di organici ed inorganici che solubilizzano
i componenti minerali della pietra e devo-
no essere immediatamente individuati. G
LE LAVORAZIONI
Levigatura: smorza e alleggerisce il co-
lore del materiale conferendogli un
aspetto opaco e una superficie liscia e
piana detta a “pelle d’uovo”. La lastra,
che rimane opaca, viene utilizzata per rivestimenti
interni soprattutto se sottoposti a traffico intenso
dove il materiale lucido perderebbe brillantezza in
breve tempo.
Lucidatura: consente di ottenere super-
fici con un alto grado di planarità. La la-
vorazione esalta il colore del materiale
portandolo al massimo dell’intensità e
della lucentezza, inoltre lo rende più resistente nei
confronti degli agenti atmosferici poiché l’azione lu-
cidante chiude molti dei pori del materiale. Acqui-
stano maggiore lucentezza i materiali lapidei duri e
semiduri come i marmi, i calcari compatti, gli alaba-
stri calcarei e i travertini poco vacuolari. Non sono
lucidabili le arenarie, i tufi e tutti i calcari teneri.
Bocciardatura: conferisce superficie
ruvida e colorazione molto simile al ma-
teriale naturale grezzo. Su alcune pie-
tre la bocciardatura consente di esalta-
re la brillantezza dei cristalli. La lavorazione può es-
sere eseguita in diverse varietà di incisioni, a grana
grossa e fine, passando per tutti i gradi di finitura
intermedi. La superficie finale è antisdrucciolo, ca-
ratteristica che rende i materiali sottoposti a boc-
ciardatura idonei per la realizzazioni di pavimenta-
zioni esterne.
Sabbiatura: tramite incisione superficia-
le consente di realizzare scritte e incisio-
ni per mezzo di getti di sabbia silicea
sotto pressione. Calibrando l’intensità
del getto la sabbiatura può essere impiegata anche
per operazioni di pulizia su materiali lapidei di tipo
storico o da tempo in opera.
Fiammatura: trattamento che rende la
superficie del materiale scabrosa ma
con aspetto “morbido” e uniforme, più
stabile dal punto di vista chimico e mec-
canico. Il colore è, in questo caso, uniforme e vellu-
tato. Non tutte le rocce, però, sono in grado di sop-
portare le alte temperature che la lavorazione ri-
chiede. Proprio il forte calore produce una vera e
propria fusione e vetrificazione superficiale dei sili-
cati contenuti nella maggior parte delle rocce erut-
tive. L’effetto ricoprente del film vetroso di superfi-
cie protegge il manufatto dagli attacchi degli agen-
ti atmosferici e inquinanti.
G G G 14 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
REALIZZAZIONI
La messa in sicurezza
del rivestimento
lapideo in LASTRE
’applicazione dei materiali lapidei,
come rivestimento esterno di fac-
ciata, in lastre di vario formato e
spessore è un sistema che si è mol-
to diffuso in edilizia. In genere il
problema più importante per questo ti-
po di rivestimento è garantire la sicurez-
za delle lastre attraverso il controllo del-
l’ancoraggio e dei sistemi di fissaggio.
La scelta della tecnica di posa in opera e
il peso delle lastre determineranno di
volta in volta il dimensionamento del si-
stema di aggancio. Come regola gene-
rale ogni lastra deve potersi sostenere
da sé, cioè deve essere appesa, senza
gravare su quella sottostante.
INDAGINI PREVENTIVE
Prima di procedere alla messa in sicu-
rezza del rivestimento è necessario, co-
me sempre, indagare lo stato del siste-
ma nel suo complesso verificando le
condizioni del supporto e del vincolo.
L’endoscopia, il carotaggio e la magne-
tometria sono le indagini più diffuse in
questo campo ma in particolare con
l’endoscopia si può conoscere lo spes-
sore della lastra e dello strato di allet-
tamento, la presenza di vuoti da distac-
co, la consistenza della muratura sotto-
stante.
I RIVESTIMENTI LAPIDEI IN LASTRE PRESENTANO SPESSO
PROBLEMI AGLI IMPIANTI DI ANCORAGGIO AI QUALI
SI PUÒ RIMEDIARE BASANDOSI SU UNA SERIA DIAGNOSTICA
PRELIMINARE E SU INTERVENTI MIRATI E SPECIALISTICI
L
Q I RIVESTIMENTI IN LASTRE
LAPIDEE SONO MOLTO
DIFFUSI SULLE FACCIATE
DEGLI EDIFICI SECONDO
METODOLOGIE E TECNICHE
APPLICATIVE ANCHE MOLTO
DIVERSE TRA LORO
segue a pag. 19
I
l ciclo di vita medio di un rivesti-
mento in materiale lapideo ha
una durata potenziale general-
mente maggiore di quella dell’edi-
ficio sul quale viene applicato; tut-
tavia anche questo materiale è sog-
getto ad un progressivo invecchia-
mento che, a causa di fattori ester-
ni di degrado, può dar luogo a fe-
nomeni patologici e a processi di
obsolescenza tali da provocare una
caduta dei livelli qualitativi al di sot-
to dei valori accettabili, fino a com-
promettere l’affidabilità stessa del
rivestimento.
I fattori di degrado sono molteplici
e normalmente la durata e il com-
portamento generale del rivesti-
mento lapideo varia in relazione al-
le condizioni di esposizione e di in-
quinamento atmosferico.
Inoltre nei sistemi di posa tradizio-
nali, la diversità dei coefficienti di
dilatazione termica tra la malta ce-
mentizia e il materiale lapideo ten-
de a provocarne il distacco per per-
dita di aderenza tra lastra e legante.
In un certo periodo storico, invece,
pietra calcarea è quella che risulta
più soggetta a fenomeni di deterio-
ramento uniforme, mentre altre
pietre non omogenee subiscono
deterioramenti differenziati.
A tale scopo risulta necessario se-
guire una precisa e mirata metodo-
logia di intervento, che prevede:
G Pulizia
G Consolidamento
G Stuccatura e/o incollaggio
G Verifica dei giunti di accosto
G Protezione
LA PULIZIA
Il degrado superficiale facilmente
diagnosticabile con indagini visive
da terra è conseguente alla presen-
za delle cosiddette macchie nere
da deposito di materiale carbonio-
so da smog urbano.
Questi depositi solitamente riman-
gono in superficie e non vanno ad
intaccare l’anima della pietra, ad
eccezione delle pietre calcaree.
Pertanto l’intervento di pulizia do-
vrà essere effettuato con metodo-
logie dolci onde non intaccare la
patina superficiale della pietra.
Un cattivo intervento di pulizia non
farà altro che predisporre il rivesti-
mento ad una aggressione più ve-
loce di quella a cui era soggetta pri-
ma dell’intervento, andando a
comprometterne la protezione su-
perficiale quanto mai importante
in considerazione del tasso di in-
quinamento attuale dell’aria.
Questo intervento pertanto dovrà
essere realizzato a spruzzo d’acqua
pressurizzata, eventualmente co-
adiuvata da idonei detergenti ten-
sioattivi neutri in presenza di mac-
I
I
I
I
I
materialietecnologien.1.2005
ACURADELL’UFFICIOTECNICOSIME
grupposime@tiscali.it
SCHEDA DA STACCARE
E DA CONSERVARE N.4
il rivestimento in pietra veniva fis-
sato mediante l’utilizzo di ganci in
ferro, con conseguenti successivi
distacchi a causa dell’ossidazione e
disgregazione di questo elemento,
a volte preceduti dalla formazione,
sulla superficie esterna della pietra,
di macchie di ossido di ferro.
Nell’affrontare un intervento di ma-
nutenzione delle facciate rivestite
con materiali lapidei ci si trova
spesso a risolvere difetti legati al-
l’aspetto del rivestimento (altera-
zione cromatica, efflorescenze), di-
fetti che compromettono la funzio-
nalità del rivestimento (formazione
di cavità, decoesione e microfessu-
razioni) ed infine gravi difetti che
compromettono l’insieme delle
prestazioni del rivestimento (dis-
tacchi di elementi e penetrazione
di umidità).
La superficie lapidea subisce l’azio-
ne degli agenti atmosferici - come
l’acqua e il sole - e degli agenti
meccanici - come il vento - che ne
determinano il progressivo invec-
chiamento e deterioramento; la
LE FACCIATE RIVESTITE
CON MATERIALI LAPIDEI
Milano, Clinica Columbus,
Via Buonarroti 48
chie nere più tenaci.
In zone particolari si utilizzeranno
anche degli impacchi di soluzioni
e/o sospensioni acquose che han-
no una azione solvente, additivate
con materiali ispessenti.
Questa operazione dovrà essere
comunque effettuata con macchi-
nari che consentano il completo
controllo da parte dell’operatore in
fase di esecuzione, in funzione del
differenziato stato di degrado che
sarà riscontrabile in corso d’opera
nelle diverse zone.
Nel caso in cui si dovesse operare
su superfici non compatte, l’inter-
vento di pulizia dovrà essere pre-
ceduto da un intervento di precon-
solidamento.
IL CONSOLIDAMENTO
Il consolidamento delle lastre può com-
portare due ordini di operazioni:
Il consolidamento liminare
Per trattamento di consolidamento
liminare si intende un intervento
che consenta di riaggregare il ma-
teriale oggetto di recupero, me-
diante l’applicazione di un prodot-
to che, penetrando in profondità
nella pietra, migliori l’adesione tra
la parte in fase di disgregazione
con quella sana.
Questo intervento dovrà essere ne-
cessariamente eseguito quando lo
stato di degrado risulta così avan-
zato da compromettere la conser-
vazione e/o la stabilità.
Il prodotto riaggregante deve avere
un coefficiente di dilatazione ter-
mica analogo a quello della pietra
trattata – onde evitare fessurazioni
o sgretolamenti – oltre a conserva-
re l’aspetto esteriore del materiale
lapideo, evitando la formazione di
fenomeni di scurimento, formazio-
ne di macchie, ecc.
Normalmente si utilizzano esteri
dell’acido silicico, i quali, grazie al-
l’azione di un catalizzatore neutro,
reagiscono con l’acqua presente al-
l’interno dei pori della pietra e con
l’umidità atmosferica, formando un
gel di silice che diventa un nuovo
legante dei granuli disaggregati.
Il consolidamento statico
Il consolidamento statico avviene
mediante l’inserimento di tasselli
meccanici e/o chimici.
Questi elementi vengono inseriti in
sede predisposti a doppia sezione,
al fine di consentire la battuta del-
la pietra sulla testa della base in
inox.
Successivamente si deve provvede-
re ad una stuccatura della testa del
tassello, seguita da una carteggia-
tura leggera delle zone stuccate ed
un ritocco cromatico finale onde
“nascondere” le zone tassellate.
In basso, Milano, Via Visconti di Modrone 21
A destra, Firenze, Piazza della Signoria
e sotto un particolare di facciata in pietra
LA STUCCATURA
E L’INCOLLAGGIO
Gli interventi di stuccatura o di in-
collaggio hanno lo scopo di riem-
pire tutte le discontinuità del rive-
stimento lapideo, al fine di fare ri-
aderire parti distaccate più o meno
consistenti. Lo scopo di questo in-
tervento è quello di ristabilire, per
quanto possibile, una superficie
omogenea, rendendola pertanto
meno soggetta al degrado dovuto
agli agenti atmosferici.
Le stuccature delle zone ammalo-
rate e/o mancanti vengono esegui-
te con compund specifici per pie-
tre naturali a base di resine organi-
che, mentre gli incollaggi mediante
l’impiego di adesivi e/o perni a se-
conda dei casi.
In alcuni casi l’intervento di recu-
pero non risulta possibile o conve-
niente; in queste situazioni si do-
vrà operare con una sostituzione
della parte e/o porzione di manu-
fatto danneggiato con uno nuovo
uguale, realizzato a casellario e/o
tassello.
LA VERIFICA DEI GIUNTI
DI ACCOSTO
In presenza di un rivestimento rea-
lizzato con lastre in materiale lapi-
deo, risulta importante anche ese-
guire una verifica delle sigillature
dei giunti di accosto.
In caso di deterioramento, si dovrà
procedere alla rimozione del mate-
riale esistente e alla formazione di
nuova sigillatura mediante l’impie-
go di compound acrilici con carat-
teristiche di elevata resistenza e
modulo elastico.
LA PROTEZIONE
L’intervento di protezione è quello
che ha lo scopo di rallentare i pro-
cessi del degrado del materiale la-
pideo e si fonda sul principio della
idrorepellenza.
Questa metodologia ha lo svantag-
gio di alterare, nel tempo, l’aspetto
esteriore della pietra: essa tende
infatti ad ingiallire.
Normalmente si preferiscono pro-
dotti a base di resine organopolissi-
lossano oligomeriche, con elevata
proprietà protettiva ma bassa capa-
cità di penetrazione nella superficie.
materialietecnologien.1.2005
ACURADELL’UFFICIOTECNICOSIME
grupposime@tiscali.it
GLOSSARIO DEL DEGRADO
Studi approfonditi sui materiali lapidei hanno classificato le diverse
manifestazioni del progressivo invecchiamento della superficie delle
lastre con i seguenti termini che fanno parte di un lessico ormai chia-
ramente definito:
Q DECOESIONI Una degradazione non sempre apprezzabile dal pun-
to di vista visivo che si manifesta con diminuzione della coesione e
di adesione tra i componenti strutturali, con contemporaneo aumen-
to della porosità e diminuzione delle caratteristiche meccaniche ori-
ginarie.
Q FESSURAZIONI Un’alterazione caratterizzata dal distacco macro-
scopico tra due parti contigue con formazione di vere e proprie fes-
sure.
Q FRATTURAZIONI Un’alterazione caratterizzata da linee di frattura a
decorso spesso irregolare, con o senza dislocazione delle due parti
contigue.
Q CORROSIONE Perdita di sostanza non dovuta all’azione meccanica
di particelle solide trasportate dal vento (erosione), bensì all’effetto
litoclastico di particolari enzimi provenienti dalla microflora.
Q EROSIONI Asportazione di materiale dalla superficie dovuta a pro-
cessi di natura meccanica.
Q SCAGLIATURE Degradazione che si manifesta con il distacco tota-
le o parziale delle parti (scaglie) spesso in corrispondenza di soluzio-
ni di continuità di materiale originario.
Q RIGONFIAMENTI Sollevamenti superficiali e localizzati di materia-
le.
Q DISGREGAZIONI Decoesione caratterizzata da distacco di granuli o
cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche.
Q POLVERIZZAZIONI Decoesione che si manifesta con la caduta
spontanea del materiale sotto forma di polvere o granuli.
Q INCROSTAZIONI Le incrostazioni sono dei depositi stratiformi di
una certa estensione, solitamente compatti ed aderenti al substrato.
Q CONCREZIONI Le concrezioni sono dei depositi di modeste esten-
sioni, dove ci possono essere dei microrganismi inglobati.
Q EFFLORESCENZE Formazione di sostanze, generalmente bianca-
stre e polverulente, sulle superfici.
Q ESFOLIAZIONI Particolare fenomeno degradativi della microflora
che si esprime con il sollevamento, seguito poi dal distacco, di uno o
più strati sottili in modo uniforme. Si distingue dalla scagliatura che
caratterizza per i distacchi di scaglie di forma e spessore irregolari e
di dimensioni variabili.
L’intervento può essere eseguito
con l’applicazione di prodotti che
ricoprono la parte superficiale del-
la pietra; questi formano una sotti-
le pellicola impermeabile all’acqua
ed agli agenti corrosivi esterni, ma
in grado però di permettere l’eva-
porazione dell’acqua proveniente
dall’interno della pietra.
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 19 G G G
Con la magnetometria
invece s’indaga sullo stato degli elemen-
ti di fissaggio metallici (grappe o zan-
che). Grazie a queste indagini si cono-
sceranno il carico e la conformazione del
supporto determinando il tipo di anco-
rante più idoneo, cioè se dovrà essere
ad espansione meccanica, di tipo chimi-
co con fiala, a iniezione di resine epossi-
diche con calza o a rete con iniezione di
resine poliesteri. O ppure se occorra pro-
cedere al consolidamento preventivo
dello stesso supporto.
ANCORAGGI
Il numero degli ancoraggi da prevedere
deve soddisfare la necessità di avere tas-
selli di dimensioni contenute, in numero
minore possibile, da disporre sulla parte
superiore della lastra con opportuna
guarnizione. La mascheratura delle tas-
sellature deve essere eseguita con stuc-
cature a malta epossidica ed inerti rica-
vati da pietre dello stesso tipo del rive-
stimento o mediante riporto di tasselli
cilindrici dello stesso litotipo applicati
con idoneo sigillante in resina acrilica in
dispersione.
Inoltre l’intervento di messa in sicurezza
di un rivestimento può richiedere la for-
mazione o l’aggiunta di nuovi giunti di
dilatazione che devono essere accurata-
mente posizionati con particolare cura
realizzativa per evitare possibili infiltra-
zioni d’acqua nel rivestimento. L’assenza
di giunti tra lastra e lastra produce infat-
ti tensionamenti in grado di provocare
fessurazioni delle lastre e loro distacco
dal supporto. Inoltre è importante la
stuccatura tra lastra e lastra con sigillan-
ti elastici ed idrorepellenti per evitare in-
filtrazioni d’acqua.
Casa Rustici, in C.so Sempione a Milano, è un’opera
degli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri e
rappresenta un importante e raro do-
cumento di quell’architettura razionali-
sta italiana che si sviluppò nel periodo
compreso tra le due guerre. Grazie al
Decreto Ministeriale del 1988 questo
importante edificio è stato sottoposto
al vincolo ed alle disposizioni della leg-
ge 1089 che ha permesso di salva-
guardarne i materiali originari di fac-
ciata quali le lastre di marmo, l’intonaco ed il vetro-
cemento. Il prospetto sulla Via Mussi presenta un vo-
lume tutto rivestito di marmo bianco di Lasa (una pie-
tra originaria del Trentino) che sporge dal blocco sbi-
lanciando la composizione, altrimenti simmetrica, e
sembra rivendicare una sua propria autonomia sia
volumetrica che del ma-
teriale di superficie. Il re-
stauro del 1991, esegui-
to dall’impresa Trivella
spa, è stato attuato con
molta cautela a causa
dell’estremo degrado
che presentavano le la-
stre spesso fratturate in
più punti ed ha previsto
una pulitura con acqua
nebulizzata, che ha per-
messo di rimuovere deli-
catamente le impurità
ed i sali dannosi presen-
ti. Ha previsto inoltre la
ricostituzione degli an-
coraggi, la sostituzione
delle lastre irrecuperabili
e infine la protezione su-
perficiale.
TERRAGNI A MILANO
Casa Rustici, C. so Sempione
segue da pag. 14
G G G 20 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
L’INTERVENTO
O gni intervento di messa in sicurezza
dei rivestimenti lapidei è denso di varia-
bili e molti sono gli aspetti che devono
essere valutati non superficialmente per
ottenere risultati corretti ed affidabili.
Gli errori a cui si deve porre rimedio
possono essere di due tipi:
Q errori di progettazione
La presenza di grappe ed altre strutture
in materiali ferrosi; inadeguata sigillatu-
ra tra le lastre; assenza di giunti di dila-
tazione, assenza di adeguati appoggi a
varie quote per assorbire frazionata-
mente il peso delle lastre non facendolo
gravare unicamente sulle lastre alle quo-
te inferiori.
Q errori negli interventi manutentivi
eseguiti in passato
Sigillatura dei giunti con materiali inade-
guati, trattamenti di pulitura distruttivi o
corrosivi attraverso i cosìddetti “lavaggi
pesanti”, trattamenti pellicolanti non
traspiranti, tassellature selvagge con fo-
ri posizionati in maniera e numero erra-
te (per esempio, troppo vicino ai bordi)
oppure la mancata asportazione di vec-
chi ancoraggi inattivi, ma che contribui-
scono al degrado.
Occorre tenere presente che corretti in-
terventi di ripristino funzionale devono
prima di tutto partire da un’adeguata in-
dagine conoscitiva delle tipologie co-
struttive del paramento lapideo, dei ma-
teriali presenti, del loro stato di conser-
vazione nonché delle lesioni esistenti. In
seguito deve essere studiato ogni com-
ponente del sistema e infine va realizzato
un intervento con materiali che manten-
gano nel tempo le prestazioni richieste.
Gli elementi metallici di ancoraggio de-
vono essere inossidabili e certificati, le
guarnizioni devono possedere doti di in-
deformabilità ed elasticità, le resine im-
piegate devono avere adeguate caratte-
ristiche di viscosità, tixotropia, modulo
elastico secondo le situazioni specifiche.
METODOLOGIA DI INTERVENTO
Un approccio metodologico corretto al-
la messa in sicurezza di un rivestimento
REALIZZAZIONI
SISTEMI di FISSAGGIO
I sistemi tradizionali di fissaggio delle lastre lapidee utilizzava-
no elementi metallici come zanche e staffe introdotti in brec-
ce praticate nella muratura, in seguito colmate con malte ce-
mentizie. Questo sistema, destinato a degradarsi a causa del-
l’ossidazione del metallo e del procedere della corrosione è
stato ormai ampiamente superato dall'impiego di ancoranti di
nuova generazione di tipo sia meccanico sia chimico.
ANCORANTI MECCANICI. Sono dispositivi di fissaggio in pla-
stica o metallo. Possono essere ad espansione forzata per av-
vitamento, e in questo caso producono una forzatura contro
le pareti del foro, oppure ad espansione geometrica: in que-
sto caso il tassello adatta la sua forma a quella del foro. Gli an-
coranti meccanici ad espansione geometrica vanno inseriti in
appositi fori realizzati con punte particolari. In genere i tassel-
li in materiale plastico sono prodotti adatti a interventi legge-
ri e medi su opere non particolarmente impegnative.
I tasselli metallici sono costruiti per l’ancoraggio di carichi me-
di e pesanti. Vengono di norma realizzati in acciaio galvaniz-
zato protetto contro la corrosione, in acciaio inox, oppure in
altri materiali metallici.
ANCORANTI CHIMICI. Si tratta, nella maggior parte dei casi,
di paste chimiche bicomponenti che permettono di bloccare
la barra di ancoraggio all’interno del foro praticato nel sup-
porto, senza trasmettere tensioni se non al momento dell’ap-
plicazione del carico. Particolarmente adatti ai fissaggi pe-
santi, gli ancoranti chimici, sono indicati per installazioni su
supporti non particolarmente resistenti o parzialmente de-
coesi. È necessario tener conto di un tempo di essicamento
prima dell'applicazione del carico.
Q Ancoranti chimici a iniezione Gli ancoranti a iniezione so-
no confezionati in cartucce rigide o morbide che contengono
la resina di base e l’induritore che, al momento della messa in
opera, si miscelano automaticamente in proporzioni fissate.
L’applicazione avviene impiegando delle speciali pistole o con
erogatori per resine siliconiche. Il composto viene applicato
all’interno del foro La resistenza del prodotto è stabile nel
tempo e rimane inalterata anche a contatto con acque salate
o sostante aggressive.
Q Ancoranti chimici in fiala Si tratta di prodotti confezionati
in involucri di vetro o di materiale morbido avente la forma del
foro di ancoraggio. La fiala contiene la resina, le eventuali ca-
riche inerti e un ulteriore contenitore per l’indurente. Una vol-
ta inserita nel foro, la barra filettata viene forzata nella cavità
tramite un apposito dispositivo da applicare al trapano perfo-
ratore. L’organo di fissaggio frantuma l’involucro dell’anco-
rante, innescando, così, la miscelazione dei due componenti e
la loro distribuzione nella sede di ancoraggio.
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 21 G G G
I rivestimenti in lastre lapidee sottili si dif-
fondono negli Venti del Novecento, pro-
mossi dall’Architettura Razionalista di cui sono un se-
gno predominante. La tipologia più diffusa impiega
lastre di pietra naturale di dimensioni molto variabi-
li, di forma rettangolare o quadrata e spessore me-
dio di 2-3 cm, posate su strutture in travi e pilastri in
cemento armato con tamponamenti in laterizio vuo-
to o pieno. Le lastre sono ancorate al supporto da
uno strato di malta cementizia steso su tutta la su-
perficie interna o per punti (al centro e agli angoli) e
con un numero estremamente variabile di staffe in
metallo di foggia varia. Tuttavia, la grande varietà
dei sistemi adottati, la natura sperimentale di mol-
tissime delle prime edificazioni o quella speculativa
delle successive, il susseguirsi di interventi di manu-
tenzione errati o solo superficiali, non consente di
stendere un piano di intervento attendibile senza
uno studio approfondito dello stato di fatto.
Il cantiere di restauro della facciata lapidea del Pa-
lazzo del Toro – progettato nel 1935 da Emilio Lan-
cia e Raffaele Merendi – costituisce uno dei primi in-
terventi di restauro conservativo su un’opera di ar-
chitettura moderna, di grande valore, che verteva in
condizioni di estrema precarietà, anche se del tutto
invisibili dall’esterno.
Nel corso di questo cantiere si mise a punto per la
prima volta un programma di diagnostica preventiva
completo, destinato a diventare parte integrante dei
progetti di restauro successivi ed esso fu l’occasione
di sperimentare, addirittura inventare, nuovi sistemi
di ri-ancoraggio delle lastre del rivestimento al sup-
porto. Il rivestimento, in lastre di Pietra di Finale e
Rosso di Verona, clinker e intonaco Terranova (un lin-
guaggio ‘classico’ di quei tempi) si presentava in
gran parte distaccato dal supporto, che a sua volta
verteva in condizioni piuttosto precarie. La causa fu
individuata nell’impatto prodotto dal traffico super-
ficiale e sotterraneo, nell’aggressione atmosferica
pesante e negli sbalzi termici elevati.
Nell’intervento di restauro, progettato e diretto dal-
l’ing. Vittore Ceretti, un pioniere nel restauro dell’ar-
chitettura moderna, furono applicati oltre 5.500 tas-
selli di diversa tipologia e funzionamento, in alcuni
casi progettati ad hoc per rispondere a situazioni
particolari. Gli altrettanto numerosi fori di carotag-
gio (eseguiti sia ai fini diagnostici che consolidanti)
furono richiusi e mimetizzati con una speciale malta
ricavata dalla pietra della
carota macinata e impasta-
ta con resina acrilica. Per la
pulitura della superfici si
optò per un metodo che
era allora agli esordi: l’uti-
lizzo di acqua nebulizzata,
integrata da impacchi al
carbonato di ammonio e
raschiature a bisturi. La
protezione delle superfici
lapidee fu realizzata con
un prodotto perfluororato
anch’esso in fase di speri-
mentazione.
Palazzo del Toro
PIAZZA SAN BABILA A MILANO
RESTAURO DEGLI ANNI OTTANTA
Q PROPRIETÀ TORO ASSICURAZIONI
Q IMPRESA TRIVELLA SPA
Q DL ING. VITTORE CERETTI
G G G 22 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006
REALIZZAZIONI
Q ESEMPI DI FACCIATE
MODERNE RIVESTITE
IN LASTRE DI MARMO.
INTERESSANTE È IL PROFILO
IN MARMO SPORGENTE
IN CORRISPONDENZA
DELLE SOLETTE DEI VARI
PIANI CHE COSTITUISCE
UN MOTIVO ARCHITETTONICO
ORNAMENTALE OLTRE
AD ASSOLVERE
AD UNA FUNZIONE
TECNICA DI SUPPORTO
FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 23 G G G
lapideo in lastre sottili non può prescin-
dere dalle seguenti considerazioni:
Q Quando il rivestimento è in buono sta-
to di conservazione, procedere a corret-
te operazioni di semplice pulitura.
Q Se il rivestimento presenta situazioni di
pericoloso distacco superiori al 30% del-
la superficie totale, forti dispersioni di
calore e aspetto superato o estetica-
mente non più desiderato valutare il rifa-
cimento dell'intero rivestimento.
Q Quando il rivestimento non presenta le
caratteristiche descritte nei due punti
precedenti procedere ad opportune
operazioni di messa in sicurezza, adot-
tando una seria diagnostica come base
di partenza, rispettando quanto sopra
esposto ed affidandosi ad operatori spe-
cializzati nel settore.
Per concludere, affinché venga garanti-
ta l’efficacia e l’affidabilità di un sistema
di ancoraggio per la messa in sicurezza
delle lastre di un rivestimento lapideo si
deve ottenere un sistema capace di non
ostacolare il naturale movimento delle
lastre, di impiegare il minor numero di
tasselli, di rendere ogni lastra perfetta-
mente sostenuta. G
Si tratta di un edificio moderno, in via Melchiorre
Gioia a Milano, nelle vicinanze del Naviglio Martesa-
na; presenta una facciata
principale, articolata, con ri-
vestimenti di un certo pregio
e una posteriore, più sempli-
ce, finita a intonaco cementi-
zio. La composizione è molto
lineare; nella facciata princi-
pale una zoccolatura in lastre
di Ceppo nobilita il piano
terra, segue un piano in finta
pietra, in cemento e grani-
glia lavorati a martellinatura,
e sette piani in conci di ce-
mento prefabbricato color
cotto. Le finestre sono incor-
niciate da elementi lapidei di semplice fattura.
La facciata principale si presentava in condizioni di
disordine elevato, con evidenti depositi di sporco,
scritte sulla fascia del piano terra, serramenti de-
gradati e disomogenei. Anche l'ingresso principale
risultava fatiscente. Il rivestimento a intonaco del
cortile è stato al contrario giudicato in buone con-
dizioni, mentre si è deciso di rinnovare serramenti e
componenti metallici.
Le superfici lapidee della facciata principale sono sta-
te pulite ad aeroabrasivatura umida, con pressioni da
0,5 a 2 bar, granulati neutri ed eventuale aggiunta di
acqua demineralizzata, senza additivi chimici e dun-
que senza corrodere o abradere le superfici (fenome-
ni che accelerano i tempi di sporcabilità dei materiali
porosi).
È stato utilizzato uno strumento apposito che produ-
ce un ‘vortice’ pulente parallelo alla superficie in gra-
do di eliminare le sostanze
estranee senza deteriorare o
bagnare eccessivamente la
pietra. Le zone infragilite e le
incrostazioni coriacee o reci-
dive sono state trattare con
microsabbiature e impacchi
puntuali, con ricostruzioni
delle porzioni ammalorate.
Ha fatto seguito una prote-
zione idrorepellente traspa-
rente, non filmogena, a base
di silossani modificati.
Il piano terra in lastre di Cep-
po è stato sottoposto a una
pulitura manuale accurata, fino a completa rimozione
di tutte le scritte, e a protezione antigraffiti, impie-
gando un ciclo a base di cere microcristalline. Tutti i
serramenti delle due facciate sono stati sostituiti con
nuovi elementi in alluminio preverniciati in bianco, e i
componenti in ferro sottoposti a trattamento di boni-
fica e protezione. La hall di ingresso e le scale interne
sono state completamente rammodernate.
Edificio residenziale
VIA MELCHIORRE GIOIA 70 - MILANO
Q COMMITTENTE M.S.M.C. IMMOBILIARE, MI
Q PROGETTO E D.L. GIANLUCA BARTOLUCCI, MI
Q IMPRESA TRIVELLA SPA
Q ANNO 2003

More Related Content

Similar to Facciate in pietra

claudio zarotti
claudio zarotticlaudio zarotti
claudio zarotti
Prati Armati Srl
 
Lezione esem
Lezione esemLezione esem
Lezione esem
Marco Argiolas
 
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
Servizi a rete
 
Ripristino del cls 1
Ripristino del cls 1Ripristino del cls 1
Ripristino del cls 1
Fabio Carria
 
Rivestimenti in laterizio
Rivestimenti in laterizioRivestimenti in laterizio
Rivestimenti in laterizioFabio Carria
 
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
Università degli Studi di Genova
 
Ceramica in facciata
Ceramica in facciataCeramica in facciata
Ceramica in facciata
Fabio Carria
 
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3Laura Mengozzi
 
Nuove facciate in zinco
Nuove facciate in zincoNuove facciate in zinco
Nuove facciate in zinco
Fabio Carria
 
Bonifica di una discarica
Bonifica di una discaricaBonifica di una discarica
Bonifica di una discaricapaoloproietti
 
Shagree smart city a
Shagree smart city aShagree smart city a
Shagree smart city a
Apulian ICT Living Labs
 
Bonifica di una discarica
Bonifica di una discarica Bonifica di una discarica
Bonifica di una discarica
Simona Martini
 
Il cappoto
Il cappotoIl cappoto
Il cappoto
Fabio Carria
 
Ferri battuti in facciata
Ferri battuti in facciataFerri battuti in facciata
Ferri battuti in facciata
Fabio Carria
 
Intonaco in facciata
Intonaco in facciataIntonaco in facciata
Intonaco in facciata
Fabio Carria
 
2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf
2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf
Esercitazione 23 03-2011
Esercitazione 23 03-2011Esercitazione 23 03-2011
Esercitazione 23 03-2011sciullo
 
resine tutte le informazioni
resine tutte le informazioniresine tutte le informazioni
resine tutte le informazioni
lawrencebyrnecoo
 
News SSL 27 2016
News SSL 27 2016News SSL 27 2016
News SSL 27 2016
Roberta Culiersi
 
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioniViero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
Vierocoatings
 

Similar to Facciate in pietra (20)

claudio zarotti
claudio zarotticlaudio zarotti
claudio zarotti
 
Lezione esem
Lezione esemLezione esem
Lezione esem
 
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
Un approccio nuovo nella progettazione e nelle tecniche di applicazione, Nico...
 
Ripristino del cls 1
Ripristino del cls 1Ripristino del cls 1
Ripristino del cls 1
 
Rivestimenti in laterizio
Rivestimenti in laterizioRivestimenti in laterizio
Rivestimenti in laterizio
 
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
Considerazioni critiche sulle tecniche di consolidamento tradizionali dell'ar...
 
Ceramica in facciata
Ceramica in facciataCeramica in facciata
Ceramica in facciata
 
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3
LR_053_Ricerca_CNR ISTEC_3
 
Nuove facciate in zinco
Nuove facciate in zincoNuove facciate in zinco
Nuove facciate in zinco
 
Bonifica di una discarica
Bonifica di una discaricaBonifica di una discarica
Bonifica di una discarica
 
Shagree smart city a
Shagree smart city aShagree smart city a
Shagree smart city a
 
Bonifica di una discarica
Bonifica di una discarica Bonifica di una discarica
Bonifica di una discarica
 
Il cappoto
Il cappotoIl cappoto
Il cappoto
 
Ferri battuti in facciata
Ferri battuti in facciataFerri battuti in facciata
Ferri battuti in facciata
 
Intonaco in facciata
Intonaco in facciataIntonaco in facciata
Intonaco in facciata
 
2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf
2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf
2022_IT_ENG_SCARPATE.pdf
 
Esercitazione 23 03-2011
Esercitazione 23 03-2011Esercitazione 23 03-2011
Esercitazione 23 03-2011
 
resine tutte le informazioni
resine tutte le informazioniresine tutte le informazioni
resine tutte le informazioni
 
News SSL 27 2016
News SSL 27 2016News SSL 27 2016
News SSL 27 2016
 
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioniViero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
Viero: guida alla risoluzione delle fessurazioni
 

More from Fabio Carria

The best progetti 2013 ville&casali
The best progetti 2013 ville&casaliThe best progetti 2013 ville&casali
The best progetti 2013 ville&casali
Fabio Carria
 
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
Fabio Carria
 
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali n.8-2010
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali   n.8-2010Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali   n.8-2010
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali n.8-2010
Fabio Carria
 
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002  Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
Fabio Carria
 
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
Fabio Carria
 
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
Fabio Carria
 
Un caso di studio a Milano
Un caso di studio a MilanoUn caso di studio a Milano
Un caso di studio a Milano
Fabio Carria
 
Klinker e tesserine .
Klinker e tesserine . Klinker e tesserine .
Klinker e tesserine .
Fabio Carria
 
Ricostruire i ferri battuti con le resine
Ricostruire i ferri battuti con le resineRicostruire i ferri battuti con le resine
Ricostruire i ferri battuti con le resine
Fabio Carria
 
Ripristino del cls 2
Ripristino del cls 2Ripristino del cls 2
Ripristino del cls 2
Fabio Carria
 
Facciate a pan de bois
Facciate a pan de boisFacciate a pan de bois
Facciate a pan de bois
Fabio Carria
 
Case a ballatoio
Case a ballatoioCase a ballatoio
Case a ballatoio
Fabio Carria
 
Portoni e androni
Portoni e androniPortoni e androni
Portoni e androni
Fabio Carria
 
Balconi siciliani
Balconi sicilianiBalconi siciliani
Balconi siciliani
Fabio Carria
 
La cascina
La cascinaLa cascina
La cascina
Fabio Carria
 
Libety a milano
Libety a milanoLibety a milano
Libety a milano
Fabio Carria
 
Stle ecclettico
Stle eccletticoStle ecclettico
Stle ecclettico
Fabio Carria
 
Pubblicità e ponteggi
Pubblicità e ponteggiPubblicità e ponteggi
Pubblicità e ponteggi
Fabio Carria
 
Comignoli a Venezia
Comignoli a VeneziaComignoli a Venezia
Comignoli a Venezia
Fabio Carria
 

More from Fabio Carria (20)

The best progetti 2013 ville&casali
The best progetti 2013 ville&casaliThe best progetti 2013 ville&casali
The best progetti 2013 ville&casali
 
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
Rustico romantico - estratto da Ville&Casali n.7 2010
 
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali n.8-2010
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali   n.8-2010Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali   n.8-2010
Come rinasce una cascina - estratto da Ville&casali n.8-2010
 
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002  Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
Due casette nel bosco - estratto da Casa&Giardino n.1-2002
 
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
Villa su vari livelli - estratto da Riabita n.3 2009
 
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
Villa sul lago - estratto da Casa&Giardino n.4 2008
 
Un caso di studio a Milano
Un caso di studio a MilanoUn caso di studio a Milano
Un caso di studio a Milano
 
Klinker e tesserine .
Klinker e tesserine . Klinker e tesserine .
Klinker e tesserine .
 
Ricostruire i ferri battuti con le resine
Ricostruire i ferri battuti con le resineRicostruire i ferri battuti con le resine
Ricostruire i ferri battuti con le resine
 
Ripristino del cls 2
Ripristino del cls 2Ripristino del cls 2
Ripristino del cls 2
 
Facciate a pan de bois
Facciate a pan de boisFacciate a pan de bois
Facciate a pan de bois
 
Case a ballatoio
Case a ballatoioCase a ballatoio
Case a ballatoio
 
Portoni e androni
Portoni e androniPortoni e androni
Portoni e androni
 
Balconi siciliani
Balconi sicilianiBalconi siciliani
Balconi siciliani
 
La cascina
La cascinaLa cascina
La cascina
 
Libety a milano
Libety a milanoLibety a milano
Libety a milano
 
Stle ecclettico
Stle eccletticoStle ecclettico
Stle ecclettico
 
Pubblicità e ponteggi
Pubblicità e ponteggiPubblicità e ponteggi
Pubblicità e ponteggi
 
Comignoli a Venezia
Comignoli a VeneziaComignoli a Venezia
Comignoli a Venezia
 
Facciate dipinte
Facciate dipinteFacciate dipinte
Facciate dipinte
 

Facciate in pietra

  • 1. G G G 6 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 L’ARGOMENTO I FATTORI DI DETERIORAMENTO DELLA PIETRA NATURALE CHE ORNA LE FACCIATE DI MOLTI PALAZZI SONO MULTIFORMI: CERTAMENTE L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO MA ANCHE ERRATI INTERVENTI COSTRUTTIVI O MANUTENTIVI Facciate in pietra Il degrado dei materiali lapidei naturali
  • 2. editoriale P rotagonista assoluta di questo numero è la pietra, il materiale principe delle costruzioni, con il quale so- no state realizzate le facciate più importanti dell’architet- tura classica. Analizziamo i diversi fattori di degrado di que- sto materiale, con particolare attenzione ai rivestimenti lapidei in lastre, che caratterizzano l’architettura moderna e che soffro- no di problematiche legate soprattutto ai loro sistemi d’ancoraggio. Edifici ormai entrati nella storia dell’architettura, come quelli di Muzio e Terragni, sono rivestiti con lastre lapidee applicate mediante ancoraggi che, sebbene considerati innovativi all’epoca in cui furono realizzati, presentano oggi seri problemi, portando ogni intervento di manutenzione straordinaria al livello di vero e proprio restauro. Fortu- natamente le moderne tecnologie permettono recuperi rispettosi dell’inte- grità dei manufatti e la realizzazione di nuove facciate futuristiche, sempre più ardite, ma, allo stesso tempo, sicure e affidabili, anche gra- zie alle lavorazioni sofisticate degli stessi materiali da rivestimento. Un argomento così vasto e complesso non si può, naturalmente, esaurire con un numero della rivista. Di qui l’invito, che rivolgo in primo luo- go ai nostri lettori più affezionati, a scoprire altre informazioni sul- la pietra e su molti altri temi collegandosi al nostro sito internet, che nei prossimi mesi sarà completamente rinnovato. Stiamo costruendo un portale interamente dedicato alle facciate e all’esterno dell’edi- ficio. Materiali tecnologie, esempi, cantieri e progetti saranno raccolti in una sorta di banca dati tematica in cui ci sarà spazio per tutto quello che di nuovo e interessante accade in questo spe- cifico settore. Tanto materiale utile, con un “condimento” per noi indispensabile: la grande passione per le cose belle e per il lavoro eseguito a regola d’arte. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 3 G G G La pietra protagonista dell’architettura antica e moderna
  • 3. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 7 G G G me, svolge un ruolo di primissimo piano partecipando attivamente a tutte le azio- ni chimiche innescanti i processi di dete- rioramento, agendo da sola oppure co- me veicolo di composti combinati in so- luzione. IL DEGRADO TECNOLOGICO Questa categoria comprende quel pre- coce degrado che si scatena sulle faccia- te degli edifici a causa d ell’incompatibilità tecnologica tra mate- riali nuovi e materiali originali. L’incompati- bilità può essere di ti- po fisico e meccanico, chimico o elettro-chi- mico. Il primo caso d’incom- patibilità, di tipo fisi- co e meccanico, si ve- rifica quando non si ri- spetta la buona nor- ma di applicare un nuovo strato che sia sempre più elastico di quello sottostante, co- me ad esempio una fi- nitura cementizia su un intonaco a base di l degrado rappresenta un processo naturale ed inarrestabile comune a tutti i materiali, inevitabile perché dovuto al naturale invecchiamento di tutte le cose. Quando si parla di de- grado ambientale si intendono proprio questi naturali processi degenerativi che negli ultimi decenni hanno subito una for- te accelerazione a causa dell’inquinamen- to. L’inquinamento atmosferico rappre- senta infatti oggi il principale fattore di “degrado ambientale”: per farvi fronte è necessario individuare precisamente le cause di degrado e controllare la velocità di aggressione su tutti materiali esposti all’aperto. Ma quello ambientale non è l’unica forma di degrado che può affliggere i materiali di rivestimento in facciata: esistono altre forme di deterioramento, conseguenti al- l’utilizzo di tecniche costruttive inade- guate o alla mancanza di interventi ma- nutentivi, che possiamo raggruppare nel- la categoria del “degrado tecnologico” oppure quelle derivanti dall’invadenza dell’impiantistica a vista o delle sopraele- vazioni dei prospetti che determinano un “degrado antropico” certamente non meno importante dei primi due. IL DEGRADO AMBIENTALE Con il termine ”degrado ambientale” si intende definire quel tipo di reazione che si instaura tra i materiali e gli elementi dell’ambiente naturale, quali l’acqua, l’a- ria, e gli organismi viventi, che nel tempo possono modificarne la struttura, la mor- fologia e la stessa composizione chimica. Più specificatamente si può parlare di de- grado chimico (ad esempio il processo di solfatazione) quando l’ambiente agisce sulla composizione dei materiali, di de- grado fisico (ad esempio il ciclo del gelo e disgelo) quando fattori ambientali eser- citano azioni meccaniche sulla struttura dei materiali e di degrado biologico quando ci si trova in presenza di batteri, muschi e licheni. In tutti questi casi l’acqua rappresenta il principale fattore ambientale responsa- bile del degrado. Essa, in tutte le sue for- I Q CHIARO ESEMPIO DI DEGRADO DOVUTO AGLI EFFETTI DI INQUINANTI ATMOSFERICI PRESENTI NELLE NOSTRE CITTÀ Q DEGRADO TECNOLOGICO DOVUTO A ERRORI PROGETTUALI NELLA DISPOSIZIONE DEI PLUVIALI A CUI SI ASSOCIA IL DEGRADO ANTROPICO DATO DALLA CANALINA DEL CONDIZIONATORE
  • 4. G G G 8 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 L’ARGOMENTO calce aerea, per evitare che si producano fessurazioni sullo strato esterno più rigido. Il secondo caso, incompatibilità di tipo elettro-chimico, si verifica ad esempio al contatto di elementi metallici tra loro in- compatibili o di leghe diverse con una conseguente reazione galvanica. L'incompatibilità di tipo chimico si verifi- ca quando si scatena una reazione incon- trollata tra i materiali esistenti che porta alla formazione di prodotti degradativi, come avviene ad esempio con l’uso di ad- ditivi nelle malte oppure con l’uso di de- tergenti e solventi nei sistemi di pulitura. Infine esiste il degrado indotto dalla mor- fologia degli elementi di facciata che, in- teragendo con gli agenti atmosferici, convogliano in modo preferenziale l’ac- qua, l’aria e l’energia termica. Ad esem- pio la presenza di fasce e di risalti pro- duce deflussi idrici particolari sulle faccia- te degli edifici soprattutto quando alla pioggia si associa il vento. IL DEGRADO ANTROPICO Negli ultimi anni si è diffusa, prima timi- damente poi con maggiore sicurezza, la tendenza di posare esternamente, la- sciandole cioè a vista, le reti impiantisti- che. Alcuni interventi recenti, a fronte delle richieste degli utenti e per rispetto delle normative vigenti, esibiscono canali di condizionamento ed altre tubazioni co- me fossero dei veri e propri motivi deco- rativi. Tale soluzione è stata bene accolta dai sostenitori della conservazione in quanto coerente con il metodo “aggiun- tivo” considerato compatibile e in con- trapposizione a quello “sottrattivo”, cioè della posa sotto traccia, valutato ormai negativamente alla luce delle molteplici devastazioni che sono state fatte in nome di un adeguamento tecnologico ed im- piantistico delle facciate. L’impiantistica esterna presenta il vantag- gio di garantire la reversibilità dell’inter- vento rendendo possibile in futuro solu- zioni alternative senza danneggiare le strutture antiche, ma a ben vedere il pro- blema non si limita al fatto di nascondere o mostrare l’impiantistica. Decidendo di lasciare l'impiantistica a vista bisogna de- cidere di volta in volta se dissimularne o evidenziarne la presenza. Ad esempio se far passare la rete elettrica davanti alle cornici in modo così evidente per qualun- que osservatore, caricandola quindi di valenze espressive accentuate, oppure appoggiarla sopra la cornice sottraendo l’elemento tecnico esterno alla vista del- l’osservatore. Di fronte ai prospetti di tanti palazzi sfigurati da intrecci di cavi Enel e Telecom o dai passaggi nelle so- lette dei balconi delle tubazioni del gas, ben difficile diventa sostenere l’impianti- stica esterna a tutti i costi. Appare inve- ce giustificabile la posizione di coloro che sostengono la soluzione dell’impianto a vista solo dove il suo occultamento com- porterebbe danni maggiori. Q SOPRA I GRAFFITI SULLE FACCIATE DEI PALAZZI SONO UN ESEMPIO DI DEGRADO ANTROPICO Q SOTTO ESEMPIO DI DETERIORAMENTO DELLA MATRICE LAPIDEA DOVUTA A TRATTAMENTO SUPERFICIALE INADEGUATO
  • 5. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 9 G G G IL DEGRADO DEI MATERIALI LAPIDEI NATURALI Si definiscono materiali “lapidei naturali” quei materiali lapidei che vengono utiliz- zati nelle costruzioni, sia come materiali strutturali sia come rivestimento esterno sia nelle malte e nei calcestruzzi (inerti), allo stato in cui si trovano nel giacimento roccioso da dove vengono estratti e che non vengono sottoposti ad alcun tratta- mento tecnologico atto a migliorarne la resistenza meccanica, termica o agli agenti atmosferici. Naturalmente le pie- tre naturali presentano differenti caratte- ristiche di resistenza all’aggressività del- l’ambiente a seconda della composizio- ne: le pietre silicee saranno più resistenti, quelle argillose meno resistenti, le pietre di origine calcarea più deteriorabili per effetti di tipo chimico. Conoscere le caratteristiche di un mate- riale lapideo è di fondamentale importan- za per verificarne l’effettiva attitudine ad un positivo impiego in campo edile. Ge- neralmente esistono delle relazioni biuni- voche tra i fattori caratterizzanti la natura geologica della pietra e le relative carat- teristiche prestazionali. I processi di lavo- razione, del resto, non ne modificano in modo sostanziale le prestazioni. IL DEGRADO DELLA PIETRA Q Efflorescenza e subflorescenza La presenza di acqua nelle pietre (sia allo stato liquido che di vapore) è la principa- le causa di degrado dei materiali lapidei perché favorisce la trasportabilità dei sali in soluzione all’interno della massa dei materiali. Questo trasporto salino genera indebolimenti, per la produzione di cavil- lature e porosità, e fenomeni di disgre- gazione superficiale per l’effetto della ri- cristallizzazione dei sali. Se tale fenome- no avviene in superficie, cioè se la veloci- tà di diffusione del vapore è inferiore alla velocità di migrazione della soluzione sa- lina, si avranno delle zone biancastre do- vute appunto da cristalli di sale e si parle- rà di efflorescenza, mentre se il fenome- no avviene negli strati sottostanti si par- lerà di subflorescenza e l’azione meccani- ca dovuta alla crescita dei sali provocherà un’azione espansiva con possibili fratture che si manifestano con esfoliazioni e dis- tacchi. Le rocce calcaree compatte (come i marmi) sono attaccate in superficie men- tre quelle porose (come le arenarie) sono attaccate in profondità con l’effetto im- mediato di un progressivo am- pliamento dei pori stessi. La porosità di un materiale è dun- que determinante per la valuta- zione del suo stato di conserva- bilità. Q Solfatazione I processi più gravi di degrado, evidenti sopraTtutto nei punti degli edifici maggiormente esposti all’azione del dilava- mento delle acque meteoriche, si riscontrano in massima parte in ambienti urbani anche per l’elevata concentrazione di ani- dride carbonica e solforosa de- Q QUANDO IL DEGRADO È AVANZATO INTERE PORZIONI DI MATERIALE LAPIDEO POSSONO STACCARSI CON ESTREMA FACILITÀ Q SIGNIFICATIVA IMMAGINE CHE MOSTRA L’INESORABILITÀ DEL DEGRADO QUANDO RAGGIUNGE IN PROFONDITÀ LA PIETRA RIDUCENDONE PROGRESSIVA- MENTE LA CONSISTENZA
  • 6. L’ARGOMENTO G G G 10 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 COMMITTENTE PALAZZO DELL’INFORMAZIONE IMPORTO 310.000 EURO D.L. ARCH. PIERO DIAMANTE GESTIONE E ASIO SRL MANUTENZIONE IMPRESA GRUPPO SIME SPA ANNO 2004 Palazzo dell’Informazione rogettato in linea con il Piano Regolatore del 1934, che perseguiva la riqualificazio- ne economica delle aree centrali di Mila- no, e terminato nel 1942 il Palazzo dell'Informa- zione è l'edificio con cui il prolifico architetto Giovanni Muzio ha dato corpo all'ideologia fa- scista del committente, il quotidiano 'Il popolo d'Italia', fondato da Mussolini. La monumentalità si esprime nella successione di pilastri di ordine gigante che ripartiscono simmetricamente il cor- po marmoreo dell'edificio, sul lato rivolto verso piazza Cavour. L'aspetto simbolico-celebrativo invece trova spazio nelle decorazioni scultoree, firmate da Mario Sironi: la più importante è l'e- norme bassorilievo che sormonta il balcone e che rappresenta 'Le origini e lo sviluppo del gior- nale della rivoluzione'. Un altro epico mosaico dello stesso Sironi trova spazio all'interno, nel- l'auditorium che ospita esposizioni e congressi. Attualmente, il Palazzo è sede della redazione de "Il Giorno " e di alcune agenzie stampa quali Ansa e Agi. L'intervento di pulizia e riordino della facciata ha previsto le seguenti fasi 1. verifica della stabilità e della consistenza di tutte le superfici e individuazione di tutti i P
  • 7. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 11 G G G punti sui quali intervenire con opere di ripri- stino, sistemazione o sigillatura. 2. Riparazione di tutte le parti individuate in pre- cedenza compreso il ripristino di spigoli, an- goli, giunti marcapiani, lesene e risalti tramite ricostruzioni, sigillature e stuccature con ma- teriali idonei e in conformità con colori e fini- ture delle parti trattate. 3. Gommage cioè intervento di idro-sabbiatura applicando silicea finissima, aria e acqua su Q SOPRA DOPO I LAVORI. PARTICOLARE DELLA FACCIATA SUL LATO DELL’EDIFICIO MAGGIORMENTE ESPOSTO AL TRAFFICO CITTADINO. Q A LATO PARTICOLARE DELLE DECORAZIONI SCULTOREE PRESENTI SULLA FACCIATA PRINCIPALE IN PIAZZA CAVOUR PRIMA DELL’INTERVENTO tutte le superfici lapidee tramite apposita ap- parecchiatura a controllo costante di pressio- ne (Liquabrade). Per alcune parti lisce è stata prevista levigatura e lucidatura manuale. An- che per le parti con motivi artistici poste al centro della facciata di piazza Cavour è stato previsto un intervento di gommage. 4. Protezione delle superfici tramite applicazio- ne di un prodotto xilossanico non pellicolante con proprietà antisaliniche. Q L’edificio , prima dei lavori, presentava un degrado generalizzato su tutte le facciate dovuto essenzialmente alla sua ubicazione in pieno centro cittadino e per la carenza di interventi manutentivi dall’epoca della sua edificazione fino ai giorni nostri
  • 8. G G G 12 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 rivante dai fumi e dalla combustione di sostanze contenenti zolfo che genera rea- zioni chimiche in grado di trasformare i carbonati in sali solubili in acqua. La sol- fatazione pertanto è un processo chimico dovuto essenzialmente all’inquinamento in generale ed alla grande quantità di ani- dride solforosa prodotta dagli scarichi dei veicoli e dall’industria in particolare. Q Striature e sbavamenti Le polveri e le altre particelle solide so- spese nell’atmosfera, come i residui della combustione, provocano, inoltre, feno- meni di abrasione superficiale diversI se- condo l'intensità del vento che le traspor- ta, tendendo a depositarsi secondo le geometrie dalla facciata per venire dila- vate dalla pioggia con effetti di striature o sbavamenti. Q Macchie e incrostazioni L’effetto finale delle aggressioni chimiche è visibile sulle superfici dei materiali lapi- dei per la presenza di macchie bianche o nere: quelle biancastre sono più fragili e più facilmente asportabili per la loro ri- dotta resistenza meccanica, mentre le macchie nere sono meno incoerenti e più aderenti al supporto tanto da rappresen- tare dei veri e propri depositi superficiali che si cementano nelle zone della faccia- ta meno esposte al dilavamento. Le cro- ste nere sono di forma e spessore diver- so e a volte possono raggiungere la mi- sura di due centimetri. Esse vanno dalle semplici stratificazioni di polveri a vere e proprie incrostazioni omogenee, forte- mente ancorate alla pietra, che possono essere estremamente dannose per l’inte- grità del materiale lapideo. Infatti, la cro- sta indurendosi tende ad aumentare di volume e a diventare meno porosa con- temporaneamente determinando un’a- zione meccanica sulle superfici che può provocare delle fessurazioni e delle vere e proprie fratture. Questi depositi si com- pongono di particelle di carbone (25%- 40%), composti bituminosi e ferrosi, ce- neri, residui di combustione, catrame, pollini e spore fungine e soprattutto da solfato di calcio (a seconda dell’età della crosta 30%-50%). Dal continuo accumu- larsi di questi inquinanti si originano, nel tempo, delle vere e proprie incrostazioni che, specialmente sui paramenti calcarei, possono provocare forti tensioni sulla pietra sottostante alla crosta nera, ridu- cendone drasticamente la traspirabilità, ma anche accentuazioni delle dilatazioni termiche che deformano le superfici. Importanti forme di degrado sono anche le macchie rossastre (per la ruggine) che compaiono per la corrosione degli ogget- ti metallici quali imperniature, barre, grappe, inferriate oppure quelle derivan- ti dal rame. Q Finiture della pietra È stato dimostrato, inoltre, come la lavo- razione superficiale del ri- vestimento lapideo possa influenzare moltissimo lo sviluppo e lo spessore del- le croste nere: la finitura ru- stica o bocciardata aumen- ta la porosità del 50% ri- spetto alla finitura levigata o lucida che chiudendo i pori conferisce al materiale maggiore resistenza al pas- saggio dell’acqua e delle sostanze nocive, requisiti che si possono ottenere an- che attraverso la stesura di cere o protettivi specifici. L’ARGOMENTO Q LA PRIMA IMMAGINE MOSTRA COME LA PIETRA ABBIA ASSUNTO UNA TONALITÀ SCURA NATURALMENTE PER PROTEGGERSI DALLE AGGRESSIONI ESTERNE. LA SECONDA IMMAGINE MOSTRA LA CONSISTENZA E LO SPESSORE DELLE CROSTE NERE PROVOCATE DAGLI INQUINANTI ATMOSFERICI
  • 9. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 13 G G G Q Degrado da escursioni termiche L’accostamento di elementi di diverso co- lore (le parti scure assorbono più calore di quelle chiare) può produrre effetti ap- prezzabili anche se l’azione termica è maggiore negli strati superficiali che in quelli profondi. In particolare le escursio- ni termiche possono generare dilatazioni non sempre tollerabili dalle strutture dei reticoli cristallini che infrangono i propri legami con conseguente visibile disgre- gazione di materia. Questa disgregazione materica indotta dalla temperatura può avvenire più facilmente se la pietra è ge- liva, cioè se possiede determinate carat- teristiche di porosità, bassa resistenza a compressione e bassa coesione del ma- teriale. L’assenza dei giunti può divenire elemento determinante per il decadimen- to funzionale di un rivestimento lapideo in lastre perché non vengono compensa- te le differenti dilatazioni e contrazioni di origine termica sia del rivestimento stes- so che delle strutture di supporto. Q Biodeterioramento È quel deterioramento indotto dall’azione fisica e meccanica dei microrganismi (bio- deteriogeni) che determinano alterazioni degradative del substrato. I microrgani- smi agiscono disgregando meccanica- mente il materiale e provocando un au- mento della porosità che favorisce la pe- netrazione dell’acqua. Alcuni esempi: l'a- zione delle radici delle piante che disgre- gano la pietra incuneandosi nelle fessure esistenti aumentando dimensionalmente i loro fusti, oppure gli escrementi dei vola- tili che contengono batteri in grado di ori- ginare frequenti desquamazioni superfi- ciali. Altri organismi liberano enzimi o aci- di organici ed inorganici che solubilizzano i componenti minerali della pietra e devo- no essere immediatamente individuati. G LE LAVORAZIONI Levigatura: smorza e alleggerisce il co- lore del materiale conferendogli un aspetto opaco e una superficie liscia e piana detta a “pelle d’uovo”. La lastra, che rimane opaca, viene utilizzata per rivestimenti interni soprattutto se sottoposti a traffico intenso dove il materiale lucido perderebbe brillantezza in breve tempo. Lucidatura: consente di ottenere super- fici con un alto grado di planarità. La la- vorazione esalta il colore del materiale portandolo al massimo dell’intensità e della lucentezza, inoltre lo rende più resistente nei confronti degli agenti atmosferici poiché l’azione lu- cidante chiude molti dei pori del materiale. Acqui- stano maggiore lucentezza i materiali lapidei duri e semiduri come i marmi, i calcari compatti, gli alaba- stri calcarei e i travertini poco vacuolari. Non sono lucidabili le arenarie, i tufi e tutti i calcari teneri. Bocciardatura: conferisce superficie ruvida e colorazione molto simile al ma- teriale naturale grezzo. Su alcune pie- tre la bocciardatura consente di esalta- re la brillantezza dei cristalli. La lavorazione può es- sere eseguita in diverse varietà di incisioni, a grana grossa e fine, passando per tutti i gradi di finitura intermedi. La superficie finale è antisdrucciolo, ca- ratteristica che rende i materiali sottoposti a boc- ciardatura idonei per la realizzazioni di pavimenta- zioni esterne. Sabbiatura: tramite incisione superficia- le consente di realizzare scritte e incisio- ni per mezzo di getti di sabbia silicea sotto pressione. Calibrando l’intensità del getto la sabbiatura può essere impiegata anche per operazioni di pulizia su materiali lapidei di tipo storico o da tempo in opera. Fiammatura: trattamento che rende la superficie del materiale scabrosa ma con aspetto “morbido” e uniforme, più stabile dal punto di vista chimico e mec- canico. Il colore è, in questo caso, uniforme e vellu- tato. Non tutte le rocce, però, sono in grado di sop- portare le alte temperature che la lavorazione ri- chiede. Proprio il forte calore produce una vera e propria fusione e vetrificazione superficiale dei sili- cati contenuti nella maggior parte delle rocce erut- tive. L’effetto ricoprente del film vetroso di superfi- cie protegge il manufatto dagli attacchi degli agen- ti atmosferici e inquinanti.
  • 10. G G G 14 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 REALIZZAZIONI La messa in sicurezza del rivestimento lapideo in LASTRE ’applicazione dei materiali lapidei, come rivestimento esterno di fac- ciata, in lastre di vario formato e spessore è un sistema che si è mol- to diffuso in edilizia. In genere il problema più importante per questo ti- po di rivestimento è garantire la sicurez- za delle lastre attraverso il controllo del- l’ancoraggio e dei sistemi di fissaggio. La scelta della tecnica di posa in opera e il peso delle lastre determineranno di volta in volta il dimensionamento del si- stema di aggancio. Come regola gene- rale ogni lastra deve potersi sostenere da sé, cioè deve essere appesa, senza gravare su quella sottostante. INDAGINI PREVENTIVE Prima di procedere alla messa in sicu- rezza del rivestimento è necessario, co- me sempre, indagare lo stato del siste- ma nel suo complesso verificando le condizioni del supporto e del vincolo. L’endoscopia, il carotaggio e la magne- tometria sono le indagini più diffuse in questo campo ma in particolare con l’endoscopia si può conoscere lo spes- sore della lastra e dello strato di allet- tamento, la presenza di vuoti da distac- co, la consistenza della muratura sotto- stante. I RIVESTIMENTI LAPIDEI IN LASTRE PRESENTANO SPESSO PROBLEMI AGLI IMPIANTI DI ANCORAGGIO AI QUALI SI PUÒ RIMEDIARE BASANDOSI SU UNA SERIA DIAGNOSTICA PRELIMINARE E SU INTERVENTI MIRATI E SPECIALISTICI L Q I RIVESTIMENTI IN LASTRE LAPIDEE SONO MOLTO DIFFUSI SULLE FACCIATE DEGLI EDIFICI SECONDO METODOLOGIE E TECNICHE APPLICATIVE ANCHE MOLTO DIVERSE TRA LORO segue a pag. 19
  • 11. I l ciclo di vita medio di un rivesti- mento in materiale lapideo ha una durata potenziale general- mente maggiore di quella dell’edi- ficio sul quale viene applicato; tut- tavia anche questo materiale è sog- getto ad un progressivo invecchia- mento che, a causa di fattori ester- ni di degrado, può dar luogo a fe- nomeni patologici e a processi di obsolescenza tali da provocare una caduta dei livelli qualitativi al di sot- to dei valori accettabili, fino a com- promettere l’affidabilità stessa del rivestimento. I fattori di degrado sono molteplici e normalmente la durata e il com- portamento generale del rivesti- mento lapideo varia in relazione al- le condizioni di esposizione e di in- quinamento atmosferico. Inoltre nei sistemi di posa tradizio- nali, la diversità dei coefficienti di dilatazione termica tra la malta ce- mentizia e il materiale lapideo ten- de a provocarne il distacco per per- dita di aderenza tra lastra e legante. In un certo periodo storico, invece, pietra calcarea è quella che risulta più soggetta a fenomeni di deterio- ramento uniforme, mentre altre pietre non omogenee subiscono deterioramenti differenziati. A tale scopo risulta necessario se- guire una precisa e mirata metodo- logia di intervento, che prevede: G Pulizia G Consolidamento G Stuccatura e/o incollaggio G Verifica dei giunti di accosto G Protezione LA PULIZIA Il degrado superficiale facilmente diagnosticabile con indagini visive da terra è conseguente alla presen- za delle cosiddette macchie nere da deposito di materiale carbonio- so da smog urbano. Questi depositi solitamente riman- gono in superficie e non vanno ad intaccare l’anima della pietra, ad eccezione delle pietre calcaree. Pertanto l’intervento di pulizia do- vrà essere effettuato con metodo- logie dolci onde non intaccare la patina superficiale della pietra. Un cattivo intervento di pulizia non farà altro che predisporre il rivesti- mento ad una aggressione più ve- loce di quella a cui era soggetta pri- ma dell’intervento, andando a comprometterne la protezione su- perficiale quanto mai importante in considerazione del tasso di in- quinamento attuale dell’aria. Questo intervento pertanto dovrà essere realizzato a spruzzo d’acqua pressurizzata, eventualmente co- adiuvata da idonei detergenti ten- sioattivi neutri in presenza di mac- I I I I I materialietecnologien.1.2005 ACURADELL’UFFICIOTECNICOSIME grupposime@tiscali.it SCHEDA DA STACCARE E DA CONSERVARE N.4 il rivestimento in pietra veniva fis- sato mediante l’utilizzo di ganci in ferro, con conseguenti successivi distacchi a causa dell’ossidazione e disgregazione di questo elemento, a volte preceduti dalla formazione, sulla superficie esterna della pietra, di macchie di ossido di ferro. Nell’affrontare un intervento di ma- nutenzione delle facciate rivestite con materiali lapidei ci si trova spesso a risolvere difetti legati al- l’aspetto del rivestimento (altera- zione cromatica, efflorescenze), di- fetti che compromettono la funzio- nalità del rivestimento (formazione di cavità, decoesione e microfessu- razioni) ed infine gravi difetti che compromettono l’insieme delle prestazioni del rivestimento (dis- tacchi di elementi e penetrazione di umidità). La superficie lapidea subisce l’azio- ne degli agenti atmosferici - come l’acqua e il sole - e degli agenti meccanici - come il vento - che ne determinano il progressivo invec- chiamento e deterioramento; la LE FACCIATE RIVESTITE CON MATERIALI LAPIDEI Milano, Clinica Columbus, Via Buonarroti 48
  • 12. chie nere più tenaci. In zone particolari si utilizzeranno anche degli impacchi di soluzioni e/o sospensioni acquose che han- no una azione solvente, additivate con materiali ispessenti. Questa operazione dovrà essere comunque effettuata con macchi- nari che consentano il completo controllo da parte dell’operatore in fase di esecuzione, in funzione del differenziato stato di degrado che sarà riscontrabile in corso d’opera nelle diverse zone. Nel caso in cui si dovesse operare su superfici non compatte, l’inter- vento di pulizia dovrà essere pre- ceduto da un intervento di precon- solidamento. IL CONSOLIDAMENTO Il consolidamento delle lastre può com- portare due ordini di operazioni: Il consolidamento liminare Per trattamento di consolidamento liminare si intende un intervento che consenta di riaggregare il ma- teriale oggetto di recupero, me- diante l’applicazione di un prodot- to che, penetrando in profondità nella pietra, migliori l’adesione tra la parte in fase di disgregazione con quella sana. Questo intervento dovrà essere ne- cessariamente eseguito quando lo stato di degrado risulta così avan- zato da compromettere la conser- vazione e/o la stabilità. Il prodotto riaggregante deve avere un coefficiente di dilatazione ter- mica analogo a quello della pietra trattata – onde evitare fessurazioni o sgretolamenti – oltre a conserva- re l’aspetto esteriore del materiale lapideo, evitando la formazione di fenomeni di scurimento, formazio- ne di macchie, ecc. Normalmente si utilizzano esteri dell’acido silicico, i quali, grazie al- l’azione di un catalizzatore neutro, reagiscono con l’acqua presente al- l’interno dei pori della pietra e con l’umidità atmosferica, formando un gel di silice che diventa un nuovo legante dei granuli disaggregati. Il consolidamento statico Il consolidamento statico avviene mediante l’inserimento di tasselli meccanici e/o chimici. Questi elementi vengono inseriti in sede predisposti a doppia sezione, al fine di consentire la battuta del- la pietra sulla testa della base in inox. Successivamente si deve provvede- re ad una stuccatura della testa del tassello, seguita da una carteggia- tura leggera delle zone stuccate ed un ritocco cromatico finale onde “nascondere” le zone tassellate. In basso, Milano, Via Visconti di Modrone 21 A destra, Firenze, Piazza della Signoria e sotto un particolare di facciata in pietra
  • 13. LA STUCCATURA E L’INCOLLAGGIO Gli interventi di stuccatura o di in- collaggio hanno lo scopo di riem- pire tutte le discontinuità del rive- stimento lapideo, al fine di fare ri- aderire parti distaccate più o meno consistenti. Lo scopo di questo in- tervento è quello di ristabilire, per quanto possibile, una superficie omogenea, rendendola pertanto meno soggetta al degrado dovuto agli agenti atmosferici. Le stuccature delle zone ammalo- rate e/o mancanti vengono esegui- te con compund specifici per pie- tre naturali a base di resine organi- che, mentre gli incollaggi mediante l’impiego di adesivi e/o perni a se- conda dei casi. In alcuni casi l’intervento di recu- pero non risulta possibile o conve- niente; in queste situazioni si do- vrà operare con una sostituzione della parte e/o porzione di manu- fatto danneggiato con uno nuovo uguale, realizzato a casellario e/o tassello. LA VERIFICA DEI GIUNTI DI ACCOSTO In presenza di un rivestimento rea- lizzato con lastre in materiale lapi- deo, risulta importante anche ese- guire una verifica delle sigillature dei giunti di accosto. In caso di deterioramento, si dovrà procedere alla rimozione del mate- riale esistente e alla formazione di nuova sigillatura mediante l’impie- go di compound acrilici con carat- teristiche di elevata resistenza e modulo elastico. LA PROTEZIONE L’intervento di protezione è quello che ha lo scopo di rallentare i pro- cessi del degrado del materiale la- pideo e si fonda sul principio della idrorepellenza. Questa metodologia ha lo svantag- gio di alterare, nel tempo, l’aspetto esteriore della pietra: essa tende infatti ad ingiallire. Normalmente si preferiscono pro- dotti a base di resine organopolissi- lossano oligomeriche, con elevata proprietà protettiva ma bassa capa- cità di penetrazione nella superficie. materialietecnologien.1.2005 ACURADELL’UFFICIOTECNICOSIME grupposime@tiscali.it GLOSSARIO DEL DEGRADO Studi approfonditi sui materiali lapidei hanno classificato le diverse manifestazioni del progressivo invecchiamento della superficie delle lastre con i seguenti termini che fanno parte di un lessico ormai chia- ramente definito: Q DECOESIONI Una degradazione non sempre apprezzabile dal pun- to di vista visivo che si manifesta con diminuzione della coesione e di adesione tra i componenti strutturali, con contemporaneo aumen- to della porosità e diminuzione delle caratteristiche meccaniche ori- ginarie. Q FESSURAZIONI Un’alterazione caratterizzata dal distacco macro- scopico tra due parti contigue con formazione di vere e proprie fes- sure. Q FRATTURAZIONI Un’alterazione caratterizzata da linee di frattura a decorso spesso irregolare, con o senza dislocazione delle due parti contigue. Q CORROSIONE Perdita di sostanza non dovuta all’azione meccanica di particelle solide trasportate dal vento (erosione), bensì all’effetto litoclastico di particolari enzimi provenienti dalla microflora. Q EROSIONI Asportazione di materiale dalla superficie dovuta a pro- cessi di natura meccanica. Q SCAGLIATURE Degradazione che si manifesta con il distacco tota- le o parziale delle parti (scaglie) spesso in corrispondenza di soluzio- ni di continuità di materiale originario. Q RIGONFIAMENTI Sollevamenti superficiali e localizzati di materia- le. Q DISGREGAZIONI Decoesione caratterizzata da distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche. Q POLVERIZZAZIONI Decoesione che si manifesta con la caduta spontanea del materiale sotto forma di polvere o granuli. Q INCROSTAZIONI Le incrostazioni sono dei depositi stratiformi di una certa estensione, solitamente compatti ed aderenti al substrato. Q CONCREZIONI Le concrezioni sono dei depositi di modeste esten- sioni, dove ci possono essere dei microrganismi inglobati. Q EFFLORESCENZE Formazione di sostanze, generalmente bianca- stre e polverulente, sulle superfici. Q ESFOLIAZIONI Particolare fenomeno degradativi della microflora che si esprime con il sollevamento, seguito poi dal distacco, di uno o più strati sottili in modo uniforme. Si distingue dalla scagliatura che caratterizza per i distacchi di scaglie di forma e spessore irregolari e di dimensioni variabili. L’intervento può essere eseguito con l’applicazione di prodotti che ricoprono la parte superficiale del- la pietra; questi formano una sotti- le pellicola impermeabile all’acqua ed agli agenti corrosivi esterni, ma in grado però di permettere l’eva- porazione dell’acqua proveniente dall’interno della pietra.
  • 14. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 19 G G G Con la magnetometria invece s’indaga sullo stato degli elemen- ti di fissaggio metallici (grappe o zan- che). Grazie a queste indagini si cono- sceranno il carico e la conformazione del supporto determinando il tipo di anco- rante più idoneo, cioè se dovrà essere ad espansione meccanica, di tipo chimi- co con fiala, a iniezione di resine epossi- diche con calza o a rete con iniezione di resine poliesteri. O ppure se occorra pro- cedere al consolidamento preventivo dello stesso supporto. ANCORAGGI Il numero degli ancoraggi da prevedere deve soddisfare la necessità di avere tas- selli di dimensioni contenute, in numero minore possibile, da disporre sulla parte superiore della lastra con opportuna guarnizione. La mascheratura delle tas- sellature deve essere eseguita con stuc- cature a malta epossidica ed inerti rica- vati da pietre dello stesso tipo del rive- stimento o mediante riporto di tasselli cilindrici dello stesso litotipo applicati con idoneo sigillante in resina acrilica in dispersione. Inoltre l’intervento di messa in sicurezza di un rivestimento può richiedere la for- mazione o l’aggiunta di nuovi giunti di dilatazione che devono essere accurata- mente posizionati con particolare cura realizzativa per evitare possibili infiltra- zioni d’acqua nel rivestimento. L’assenza di giunti tra lastra e lastra produce infat- ti tensionamenti in grado di provocare fessurazioni delle lastre e loro distacco dal supporto. Inoltre è importante la stuccatura tra lastra e lastra con sigillan- ti elastici ed idrorepellenti per evitare in- filtrazioni d’acqua. Casa Rustici, in C.so Sempione a Milano, è un’opera degli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri e rappresenta un importante e raro do- cumento di quell’architettura razionali- sta italiana che si sviluppò nel periodo compreso tra le due guerre. Grazie al Decreto Ministeriale del 1988 questo importante edificio è stato sottoposto al vincolo ed alle disposizioni della leg- ge 1089 che ha permesso di salva- guardarne i materiali originari di fac- ciata quali le lastre di marmo, l’intonaco ed il vetro- cemento. Il prospetto sulla Via Mussi presenta un vo- lume tutto rivestito di marmo bianco di Lasa (una pie- tra originaria del Trentino) che sporge dal blocco sbi- lanciando la composizione, altrimenti simmetrica, e sembra rivendicare una sua propria autonomia sia volumetrica che del ma- teriale di superficie. Il re- stauro del 1991, esegui- to dall’impresa Trivella spa, è stato attuato con molta cautela a causa dell’estremo degrado che presentavano le la- stre spesso fratturate in più punti ed ha previsto una pulitura con acqua nebulizzata, che ha per- messo di rimuovere deli- catamente le impurità ed i sali dannosi presen- ti. Ha previsto inoltre la ricostituzione degli an- coraggi, la sostituzione delle lastre irrecuperabili e infine la protezione su- perficiale. TERRAGNI A MILANO Casa Rustici, C. so Sempione segue da pag. 14
  • 15. G G G 20 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 L’INTERVENTO O gni intervento di messa in sicurezza dei rivestimenti lapidei è denso di varia- bili e molti sono gli aspetti che devono essere valutati non superficialmente per ottenere risultati corretti ed affidabili. Gli errori a cui si deve porre rimedio possono essere di due tipi: Q errori di progettazione La presenza di grappe ed altre strutture in materiali ferrosi; inadeguata sigillatu- ra tra le lastre; assenza di giunti di dila- tazione, assenza di adeguati appoggi a varie quote per assorbire frazionata- mente il peso delle lastre non facendolo gravare unicamente sulle lastre alle quo- te inferiori. Q errori negli interventi manutentivi eseguiti in passato Sigillatura dei giunti con materiali inade- guati, trattamenti di pulitura distruttivi o corrosivi attraverso i cosìddetti “lavaggi pesanti”, trattamenti pellicolanti non traspiranti, tassellature selvagge con fo- ri posizionati in maniera e numero erra- te (per esempio, troppo vicino ai bordi) oppure la mancata asportazione di vec- chi ancoraggi inattivi, ma che contribui- scono al degrado. Occorre tenere presente che corretti in- terventi di ripristino funzionale devono prima di tutto partire da un’adeguata in- dagine conoscitiva delle tipologie co- struttive del paramento lapideo, dei ma- teriali presenti, del loro stato di conser- vazione nonché delle lesioni esistenti. In seguito deve essere studiato ogni com- ponente del sistema e infine va realizzato un intervento con materiali che manten- gano nel tempo le prestazioni richieste. Gli elementi metallici di ancoraggio de- vono essere inossidabili e certificati, le guarnizioni devono possedere doti di in- deformabilità ed elasticità, le resine im- piegate devono avere adeguate caratte- ristiche di viscosità, tixotropia, modulo elastico secondo le situazioni specifiche. METODOLOGIA DI INTERVENTO Un approccio metodologico corretto al- la messa in sicurezza di un rivestimento REALIZZAZIONI SISTEMI di FISSAGGIO I sistemi tradizionali di fissaggio delle lastre lapidee utilizzava- no elementi metallici come zanche e staffe introdotti in brec- ce praticate nella muratura, in seguito colmate con malte ce- mentizie. Questo sistema, destinato a degradarsi a causa del- l’ossidazione del metallo e del procedere della corrosione è stato ormai ampiamente superato dall'impiego di ancoranti di nuova generazione di tipo sia meccanico sia chimico. ANCORANTI MECCANICI. Sono dispositivi di fissaggio in pla- stica o metallo. Possono essere ad espansione forzata per av- vitamento, e in questo caso producono una forzatura contro le pareti del foro, oppure ad espansione geometrica: in que- sto caso il tassello adatta la sua forma a quella del foro. Gli an- coranti meccanici ad espansione geometrica vanno inseriti in appositi fori realizzati con punte particolari. In genere i tassel- li in materiale plastico sono prodotti adatti a interventi legge- ri e medi su opere non particolarmente impegnative. I tasselli metallici sono costruiti per l’ancoraggio di carichi me- di e pesanti. Vengono di norma realizzati in acciaio galvaniz- zato protetto contro la corrosione, in acciaio inox, oppure in altri materiali metallici. ANCORANTI CHIMICI. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di paste chimiche bicomponenti che permettono di bloccare la barra di ancoraggio all’interno del foro praticato nel sup- porto, senza trasmettere tensioni se non al momento dell’ap- plicazione del carico. Particolarmente adatti ai fissaggi pe- santi, gli ancoranti chimici, sono indicati per installazioni su supporti non particolarmente resistenti o parzialmente de- coesi. È necessario tener conto di un tempo di essicamento prima dell'applicazione del carico. Q Ancoranti chimici a iniezione Gli ancoranti a iniezione so- no confezionati in cartucce rigide o morbide che contengono la resina di base e l’induritore che, al momento della messa in opera, si miscelano automaticamente in proporzioni fissate. L’applicazione avviene impiegando delle speciali pistole o con erogatori per resine siliconiche. Il composto viene applicato all’interno del foro La resistenza del prodotto è stabile nel tempo e rimane inalterata anche a contatto con acque salate o sostante aggressive. Q Ancoranti chimici in fiala Si tratta di prodotti confezionati in involucri di vetro o di materiale morbido avente la forma del foro di ancoraggio. La fiala contiene la resina, le eventuali ca- riche inerti e un ulteriore contenitore per l’indurente. Una vol- ta inserita nel foro, la barra filettata viene forzata nella cavità tramite un apposito dispositivo da applicare al trapano perfo- ratore. L’organo di fissaggio frantuma l’involucro dell’anco- rante, innescando, così, la miscelazione dei due componenti e la loro distribuzione nella sede di ancoraggio.
  • 16. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 21 G G G I rivestimenti in lastre lapidee sottili si dif- fondono negli Venti del Novecento, pro- mossi dall’Architettura Razionalista di cui sono un se- gno predominante. La tipologia più diffusa impiega lastre di pietra naturale di dimensioni molto variabi- li, di forma rettangolare o quadrata e spessore me- dio di 2-3 cm, posate su strutture in travi e pilastri in cemento armato con tamponamenti in laterizio vuo- to o pieno. Le lastre sono ancorate al supporto da uno strato di malta cementizia steso su tutta la su- perficie interna o per punti (al centro e agli angoli) e con un numero estremamente variabile di staffe in metallo di foggia varia. Tuttavia, la grande varietà dei sistemi adottati, la natura sperimentale di mol- tissime delle prime edificazioni o quella speculativa delle successive, il susseguirsi di interventi di manu- tenzione errati o solo superficiali, non consente di stendere un piano di intervento attendibile senza uno studio approfondito dello stato di fatto. Il cantiere di restauro della facciata lapidea del Pa- lazzo del Toro – progettato nel 1935 da Emilio Lan- cia e Raffaele Merendi – costituisce uno dei primi in- terventi di restauro conservativo su un’opera di ar- chitettura moderna, di grande valore, che verteva in condizioni di estrema precarietà, anche se del tutto invisibili dall’esterno. Nel corso di questo cantiere si mise a punto per la prima volta un programma di diagnostica preventiva completo, destinato a diventare parte integrante dei progetti di restauro successivi ed esso fu l’occasione di sperimentare, addirittura inventare, nuovi sistemi di ri-ancoraggio delle lastre del rivestimento al sup- porto. Il rivestimento, in lastre di Pietra di Finale e Rosso di Verona, clinker e intonaco Terranova (un lin- guaggio ‘classico’ di quei tempi) si presentava in gran parte distaccato dal supporto, che a sua volta verteva in condizioni piuttosto precarie. La causa fu individuata nell’impatto prodotto dal traffico super- ficiale e sotterraneo, nell’aggressione atmosferica pesante e negli sbalzi termici elevati. Nell’intervento di restauro, progettato e diretto dal- l’ing. Vittore Ceretti, un pioniere nel restauro dell’ar- chitettura moderna, furono applicati oltre 5.500 tas- selli di diversa tipologia e funzionamento, in alcuni casi progettati ad hoc per rispondere a situazioni particolari. Gli altrettanto numerosi fori di carotag- gio (eseguiti sia ai fini diagnostici che consolidanti) furono richiusi e mimetizzati con una speciale malta ricavata dalla pietra della carota macinata e impasta- ta con resina acrilica. Per la pulitura della superfici si optò per un metodo che era allora agli esordi: l’uti- lizzo di acqua nebulizzata, integrata da impacchi al carbonato di ammonio e raschiature a bisturi. La protezione delle superfici lapidee fu realizzata con un prodotto perfluororato anch’esso in fase di speri- mentazione. Palazzo del Toro PIAZZA SAN BABILA A MILANO RESTAURO DEGLI ANNI OTTANTA Q PROPRIETÀ TORO ASSICURAZIONI Q IMPRESA TRIVELLA SPA Q DL ING. VITTORE CERETTI
  • 17. G G G 22 FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 REALIZZAZIONI Q ESEMPI DI FACCIATE MODERNE RIVESTITE IN LASTRE DI MARMO. INTERESSANTE È IL PROFILO IN MARMO SPORGENTE IN CORRISPONDENZA DELLE SOLETTE DEI VARI PIANI CHE COSTITUISCE UN MOTIVO ARCHITETTONICO ORNAMENTALE OLTRE AD ASSOLVERE AD UNA FUNZIONE TECNICA DI SUPPORTO
  • 18. FACCIATE M&T gennaio·aprile 2006 23 G G G lapideo in lastre sottili non può prescin- dere dalle seguenti considerazioni: Q Quando il rivestimento è in buono sta- to di conservazione, procedere a corret- te operazioni di semplice pulitura. Q Se il rivestimento presenta situazioni di pericoloso distacco superiori al 30% del- la superficie totale, forti dispersioni di calore e aspetto superato o estetica- mente non più desiderato valutare il rifa- cimento dell'intero rivestimento. Q Quando il rivestimento non presenta le caratteristiche descritte nei due punti precedenti procedere ad opportune operazioni di messa in sicurezza, adot- tando una seria diagnostica come base di partenza, rispettando quanto sopra esposto ed affidandosi ad operatori spe- cializzati nel settore. Per concludere, affinché venga garanti- ta l’efficacia e l’affidabilità di un sistema di ancoraggio per la messa in sicurezza delle lastre di un rivestimento lapideo si deve ottenere un sistema capace di non ostacolare il naturale movimento delle lastre, di impiegare il minor numero di tasselli, di rendere ogni lastra perfetta- mente sostenuta. G Si tratta di un edificio moderno, in via Melchiorre Gioia a Milano, nelle vicinanze del Naviglio Martesa- na; presenta una facciata principale, articolata, con ri- vestimenti di un certo pregio e una posteriore, più sempli- ce, finita a intonaco cementi- zio. La composizione è molto lineare; nella facciata princi- pale una zoccolatura in lastre di Ceppo nobilita il piano terra, segue un piano in finta pietra, in cemento e grani- glia lavorati a martellinatura, e sette piani in conci di ce- mento prefabbricato color cotto. Le finestre sono incor- niciate da elementi lapidei di semplice fattura. La facciata principale si presentava in condizioni di disordine elevato, con evidenti depositi di sporco, scritte sulla fascia del piano terra, serramenti de- gradati e disomogenei. Anche l'ingresso principale risultava fatiscente. Il rivestimento a intonaco del cortile è stato al contrario giudicato in buone con- dizioni, mentre si è deciso di rinnovare serramenti e componenti metallici. Le superfici lapidee della facciata principale sono sta- te pulite ad aeroabrasivatura umida, con pressioni da 0,5 a 2 bar, granulati neutri ed eventuale aggiunta di acqua demineralizzata, senza additivi chimici e dun- que senza corrodere o abradere le superfici (fenome- ni che accelerano i tempi di sporcabilità dei materiali porosi). È stato utilizzato uno strumento apposito che produ- ce un ‘vortice’ pulente parallelo alla superficie in gra- do di eliminare le sostanze estranee senza deteriorare o bagnare eccessivamente la pietra. Le zone infragilite e le incrostazioni coriacee o reci- dive sono state trattare con microsabbiature e impacchi puntuali, con ricostruzioni delle porzioni ammalorate. Ha fatto seguito una prote- zione idrorepellente traspa- rente, non filmogena, a base di silossani modificati. Il piano terra in lastre di Cep- po è stato sottoposto a una pulitura manuale accurata, fino a completa rimozione di tutte le scritte, e a protezione antigraffiti, impie- gando un ciclo a base di cere microcristalline. Tutti i serramenti delle due facciate sono stati sostituiti con nuovi elementi in alluminio preverniciati in bianco, e i componenti in ferro sottoposti a trattamento di boni- fica e protezione. La hall di ingresso e le scale interne sono state completamente rammodernate. Edificio residenziale VIA MELCHIORRE GIOIA 70 - MILANO Q COMMITTENTE M.S.M.C. IMMOBILIARE, MI Q PROGETTO E D.L. GIANLUCA BARTOLUCCI, MI Q IMPRESA TRIVELLA SPA Q ANNO 2003