ECOGRILLO - Beppe Grillo per un futuro sostenibile - Settembre 2016
INDICE
- Studio "Futuro sostenibile” del Wuppertal Institut (2011)
- Proposte di riforma da “Futuro sostenibile”
- Lo Spazzogrillo - Ovvero l’economia del buon senso
- Perché non voto, Beppe Grillo, Internazionale, 11 aprile 2008
- Meno energia, materiali, fatica, Beppe Grillo, Area 7, 16 maggio 2008
- L'ElettroDemocrazia di Schönau
- Due film con Beppe Grillo: Un Grillo per la testa (1995), Un futuro sostenibile (1998)
- Due trasmissioni di Beppe Grillo: Ritorno in RAI (RAI UNO, 1993), Discorso all’umanità (Telepiù, 2001)
- Libro “Tutto il Grillo che conta” (2006, Feltrinelli, 500 000 venduti)
- Alcune buone proposte dal mondo per lo sviluppo sostenibile
4. 2
Il Wuppertal Institut è uno dei più importanti centri di ricerca
sui temi della sostenibilità. Nel manuale "Futuro Sostenibile",
Wolfgang Sachs e l’équipe da lui coordinata al Wuppertal Institut
analizzano i principali fattori della crisi ecologica e sociale
globale e propongono ai paesi industrializzati un’agenda concreta
per riformare la società, l’economia e le tecnologie, le istituzioni
internazionali e le relazioni
economiche Nord-Sud, gli stili di vita e la partecipazione politica
dei cittadiniconsumatori.
Sostenibilità ambientale e sradicamento della povertà sono sono
alcuni degli obiettivi di sviluppo del millennio. Se vogliamo
raggiungere questi obiettivi dobbiamo renderci conto che è
ipocrita pensare che la riduzione della povertà non debba passare
da una mitigazione della ricchezza.
Beppe Grillo
Futuro sostenibile, istruzioni per l'uso
Costruire un futuro sostenibile
non significa solo ridurre i danni
all'ambiente. Significa creare
qualcosa di nuovo e rendere
possibile la rigenerazione delle
risorse."
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FUTURO SOSTENIBILE (2011)
Le risposte eco-sociali alle crisi in Europa - Wuppertal Institut
Edizione italiana a cura di Marco Morosini e Wolfgang Sachs
Edizioni Ambiente, Milano, 2011,
http://www.slideshare.net/morosini1952/futuro-sostenibile-2011-wuppertal-institut/
Grazie alla loro capacità di coniugare le questioni dell’ecologia con i temi della giustizia sociale,
Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institut sono un riferimento per il mondo ambientalista e per quello cristiano.
Con Futuro sostenibile, Sachs e l’équipe da lui coordinata al Wuppertal Institut analizzano i
principali fattori della crisi ecologica e sociale globale e propongono ai paesi industrializzati un’agenda concreta
per riformare la società, l’economia e le tecnologie, le istituzioni internazionali e le relazioni economiche Nord-
Sud, gli stili di vita e la partecipazione politica dei cittadini-consumatori.
Questo studio ha ispirato una campagna per la sostenibilità promossa da tre grandi organizzazioni tedesche per
l’ambiente e per la cooperazione allo sviluppo. È stato definito “un’opera di riferimento nel campo della
sostenibilità” dall’ex presidente della Repubblica Federale Tedesca, Horst Köhler, ed è sulla scrivania
dell’attuale presidente, Christian Wulff.
L’edizione italiana è stata adattata ai paesi europei e integrata con alcuni riferimenti al nostro paese,
proponendosi così come un concreto progetto politico e sociale per un futuro sostenibile.
Il Wuppertal Institut per il clima, l’ambiente e l’energia, fondato nel 1991, è considerato uno dei più importanti
centri di ricerca interdisciplinare sui temi della sostenibilità. Oltre che con diverse università, il Wuppertal
Institut collabora con il governo tedesco e con il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
5. 3
WOLFGANG SACHS WUPPERTAL INSTITUT
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MARCO MOROSINI ETH ZURICH
I curatori
Autore di numerosi libri e direttore della sede di Berlino del Wuppertal Institut, ha
studiato sociologia e teologia cattolica. Ha insegnato all’Università di
Pennsylvania, è docente allo Schumacher College, professore onorario alla
Università di Kassel, collaboratore dell’IPCC, membro del Club of Rome. Ha curato
Il dizionario dello sviluppo (Ega, 2004), un classico degli studi sulla sostenibilità e
la giustizia sociale. Tra i suoi titoli più recenti in italiano: Per un futuro equo
(Feltrinelli, 2007), Ambiente e giustizia sociale (Editori Riuniti, 2002) e Futuro
sostenibile – Riconversione ecologica. Nord-Sud, nuovi stili di vita (Emi, 1997).
Insegna politiche ambientali al Politecnico federale di Zurigo. Ha studiato chimica
e tecnologie farmaceutiche, ecotossicologia e chimica analitica ambientale. E' stato
direttore di progetto al Center of Technology Assessment di Stoccarda, dove ha
pubblicato un manuale in tre volumi sugli indicatori di sviluppo sostenibile
(Umweltindikatoren und nachhaltige Entwicklung, 2001-2002). Ha curato “Futuro
sostenibile” (EMI, 1997). Sullo sviluppo sostenibile ha realizzato documentari
televisivi, scritto testi per il teatro e la televisione, e tenuto una rubrica nella
pagina “Ethical living” del settimanale Internazionale. Dal 1993 collabora con
Beppe Grillo.
Adelheid Biesecker, Prof. i.R. Dr., Università di Brema (capitolo 7)
Susanne Böhler, Wuppertal Institut (capitoli 10, 17)
Reinhild Bode, Wuppertal Institut (capitolo 15)
Claudia von Braunmü̈hl, Prof. Dr., Libera Università di Berlino
(capitolo 7)
Manfred Fischedick, Dr., Wuppertal Institut (capitolo 9)
Justus von Geibler, Wuppertal Institut (capitolo 15)
Andre Holtrup, Dr., Università di Brema (capitolo 13)
Wolfgang Irrek, Dr., Wuppertal Institut (contributo al capitolo 10)
Kora Kristof, Dr., Wuppertal Institut (contributo al capitolo 10)
Michael Kopatz, Dr., Wuppertal Institut (capitoli 10, 13, 17, 18,
coordinamento)
Manfred Linz, Dr., Wuppertal Institut (capitoli 8, 13, rilettura)
Rainer Lucas, Wuppertal Institut (capitolo 12)
Fred Luks, Dr., Istituto austriaco per lo sviluppo sostenibile
(capitolo 4)
Hans-Jochen Luhmann, Dr., Wuppertal Institut (capitoli 2, 8, 11)
Marco Morosini, Dr., Politecnico federale di Zurigo (aggiornamento
di tutto il testo, note e bibliografia, adattamento all’Italia, nuovi testi
su Italia e Svizzera)
Thomas Orbach, Wuppertal Institut (capitolo 11)
Hermann E. Ott, Dr., Wuppertal Institut (capitoli 14, 19)
Birthe Paul, Wuppertal Institut (“Finestre sul 2022” e box
d’informazione)
Barbara Richard, Wuppertal Institut (“Finestre sul 2022” e
box d’informazione)
Oscar Reutter, Dr., Wuppertal Institut (capitoli 10, 17 e
finalizzazione)
Dorle Riechert, Wuppertal Institut (rilettura)
Wolfgang Sachs, Prof. Dr., Wuppertal Institut, Università di
Kassel (capitoli 1, 3, 5, 6, 11, 19, coordinamento editoriale)
Tilman Santarius, Wuppertal Institut (capitolo 16)
Gerhard Scherhorn, Prof. Dr., Emerito dell’Università di
Hohenheim (capitoli 8, 11)
Julia Schlü̈ns, Wuppertal Institut (“Finestre sul 2022” e box
d’informazione)
Helmut Spitzley, Prof. Dr., Università di Brema (capitolo 13)
Mark Starmanns, Wuppertal Institut (capitolo 15)
Nikolaus Supersberger, Dr., Wuppertal Institut (capitolo 2)
Uta von Winterfeld, PD Dr., Wuppertal Institut, Libera
Università di Berlino (capitolo 7)
Gli autori
8. 6
LO SPAZZOGRILLO
(Spettacolo su RAIUNO 1993)
https://www.youtube.com/watch?
v=jlesiv4jG0I
... e allora noi buttiamo via questo e
chissenefrega, sono 10 grammi di plastica ma
la plastica si fa col petrolio. Se moltiplichiamo
per 50 milioni di spazzolini... è già una
petroliera piccola! E la buttiamo via. Questo
spazzolino va in un fornetto. Nel PVC c'è il
cloruro e a 650 °C il cloruro reagisce. Perché
non è un vigliacco! Reagisce e diventa diossina
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
(che non è una bestemmia ma un gas) e va in cielo e l'aria la trasporta
per i prati, i campi, i mari, arriva su un oceano, piove, la diossina va in
mare, in mare c'è il plancton, i pesci mangiano il plancton, tu vai al
ristorante e spendi 80.000 lire per un branzino e ti sei mangiato il tuo
spazzolino! ...
Io voglio lavarmi i denti con uno spazzolino
concepito e costruito in un altro modo!
9. 7
PERCHÉ NON VOTO
Non voterò alle prossime elezioni anche perché
nessuno dice cosa farà affinché nel 2050 l’Italia sia
un paese vivibile, in un mondo vivibile. Facciamo
danni che durano millenni, come non era mai
successo prima.
È questa la grande novità della tecnologia. I politici,
quindi, devono darsi degli obiettivi che siano molto
più in là di una legislatura. Quasi tutti i
peggioramenti della nostra vita hanno un’unica
causa: troppa economia. Troppa energia, troppo
petrolio, troppi materiali, troppo inquinamento,
troppi rifiuti, troppa pubblicità, troppa corruzione,
troppo stress, troppo lavoro.
Contro questi eccessi bisogna agire subito. Il
risultato dovrebbe essere: meno economia, più vita,
“less stuff, more fun”, come dice l’associazione New
american dream. Tra i paesi industriali, l’Italia è al
primo posto per cemento, automobili e telefonini, ma
tra gli ultimi per la felicità dei suoi abitanti.
Se usassimo meno energia e meno materiali, ci
basterebbe lavorare meno e vivremmo meglio.
Faremmo meno danni e risparmieremmo milioni di
ore di lavoro, che oggi usiamo per rimediare a quei
danni. L’economia servirebbe a far star bene le
persone, non il contrario.
Oggi consumiamo per poter vendere, vendiamo per
poter produrre, produciamo per poter lavorare. È il
contrario di come hanno funzionato finora tutte le
civiltà. Spendiamo in pubblicità mille miliardi di
euro all’anno per convincere persone che non ne
hanno i mezzi a comprare cose di cui non hanno
bisogno. I politici dovrebbero impegnarsi da subito su
tre obiettivi: meno energia, meno materiali, meno
fatica.
Meno energia! Dei tre obiettivi, è il più importante.
In Europa consumiamo seimila watt a testa ogni
anno. È come avere 60 lampadine da cento watt
accese giorno e notte. Più di metà di quest’energia va
sprecata. Riducendo gli sprechi si può ridurre il
consumo senza diminuire il benessere.
Entro il 2050 possiamo scendere a 2.000 watt per
abitante, come negli anni sessanta. Perché 2.000?
Primo: 2.000 watt è il consumo medio della
popolazione mondiale; non aumentarlo vuol dire non
peggiorare la situazione.
Se vogliamo permettere a quattro miliardi di persone
di vivere meglio, dobbiamo consumare meno.
Secondo: una “società da 2.000 watt” è, per esempio,
l’obiettivo della Svizzera per il 2050 (novatlantis.ch),
adottato dal governo nel 2002.
In Svizzera ci sono novemila edifici a basso consumo,
costruiti secondo lo standard nazionale “minergie”, e
centomila riscaldati con le pompe di calore
(geothermie.ch).
Meno materiali! Per ogni italiano si prelevano ogni
anno 36 tonnellate di materie prime, che per tre
quarti tornano nella natura entro un anno sotto
forma di rifiuti o emissioni.
Gran parte di questi scarti sarebbe utile per
costruire nuovi prodotti. Invece li mescoliamo, li
disperdiamo, li seppelliamo, cerchiamo di bruciarli.
Basterebbe che ogni ramo industriale riprendesse i
prodotti che ha fabbricato e gran parte dei materiali
si potrebbe riutilizzare. In Svizzera potete riportare
gli elettrodomestici in qualunque negozio.
Secondo il Factor 10 institute, i paesi industriali
possono ridurre di dieci volte l’uso di materie prime
entro il 2050, un obiettivo raccomandato anche dal
Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.
Basterebbe tassare meno il lavoro e più i materiali, i
combustibili e le emissioni.
Questa strategia, già in atto in alcuni paesi, si
chiama Riforma fiscale ecologica. Chi vuole
impegnarsi a promuoverla in Italia? Entro il 2050,
venti tonnellate per abitante. È possibile, ma bisogna
cominciare adesso.
Meno lavoro! Grazie all’ingegno umano e alla
legislazione sociale, oggi si lavora metà delle ore di
cento anni fa e si produce dieci volte di più. Da secoli,
progresso significa usare l’aumento di produttività
per fabbricare più merci e diminuire la fatica.
Secondo alcuni, però, quest’ultimo vantaggio del
progresso oggi deve fermarsi: l’aumento della
produttività dovrà servire solo ad aumentare le
merci, mantenendo costanti le ore di lavoro o
addirittura aumentandole. Un quarto del lavoro,
tuttavia, crea prodotti inutili o dannosi e un altro
quarto è usato per cercare di riparare ai danni fatti.
Se non producessimo tanto e se facessimo meno
danni, lavoreremmo la metà. Lo sosteneva già John
Maynard Keynes nel 1930: entro un secolo quindici
ore la settimana sarebbero bastate. Quale partito
vuole raggiungere questo traguardo? Venti ore alla
settimana di lavoro entro il 2050, meglio distribuite
tra chi lavora troppo e chi è disoccupato.
Per perseguire questi obiettivi occorrono decine
d’iniziative. Ma il programma si può riassumere in
una parola: meno. Meno energia, meno materiali,
meno lavoro. Al momento non mi sembra ci siano
partiti capaci di portarlo avanti. Se ne conoscete uno,
buona fortuna. Intanto, l’unico “più” di cui abbiamo
bisogno è più conoscenza, più libertà d’informazione.
V-day il 25 aprile!
Internazionale
n°739
11 aprile 2008
10. 8
Non ho votato alle elezioni italiane. La legge
elettorale, concepita da un dentista di Bergamo che
la definisce "una porcata" e dal suo padrone che la
definisce "un'ottima legge", è incostituzionale e
impedisce ai cittadini di scegliere i candidati. Queste
elezioni sono state dominate dalle campagne acquisti
come i tornei di calcio, si è parlato molto di persone e
poco di contenuti, gli slogan dei due principali
candidati erano intercambiabili e non dicevano
niente. Soprattutto non ho trovato in nessun partito
una prospettiva per il futuro che andasse al di là di
qualche anno.
Eppure saranno gli eletti a decidere se il nostro
paese andrà in guerra o no, se consumerà e
inquinerà di più o di meno, se si continuerà a togliere
ai poveri per dare ai ricchi o se si farà il contrario, se
si continuerà a impoverire e privatizzare i beni e i
servizi pubblici. Nei rari casi in cui in questa
campagna si è parlato di contenuti, questi
riguardavano in prevalenza la circolazione dei soldi,
non delle cose.
Se avessi dovuto chiedere un impegno per il futuro
non avrei chiesto se mi promettevano di diminuire le
tasse sulla mia fascia di reddito. Avrei chiesto: "Cosa
mi prometti di fare subito perché fra cinquant'anni
l'Italia sia vivibile, in un mondo vivibile?". Siamo
arrivati a questo punto di crisi, perché i governanti si
sono quasi sempre occupati dei prossimi mesi e anni,
raramente dei prossimi decenni e secoli. Ma noi
stiamo producendo danni che dureranno secoli e
millenni, una cosa che non era mai accaduta nella
storia. È questa la gran novità delle nostre tecnologie
e della nostra economia. Quindi i politici devono
darsi obiettivi chiari e misurabili che vadano al di là
non solo di una legislatura, ma della durata della
loro vita. Diversi stati europei hanno programmi
energetici di molti decenni. Ma chi dei partiti italiani
parla del 2050? Voterò quando troverò qualcuno che
abbia capito perché la qualità della nostra vita
continua a peggiorare e quali sono i tre obiettivi –
tre, non di più! – per invertire questa tendenza.
Quasi tutti i peggioramenti della nostra vita hanno
una causa comune: troppa economia. Troppa energia,
troppo petrolio, troppi materiali, troppo
inquinamento, troppi rifiuti, troppi chilometri,
troppa pubblicità, troppa corruzione, troppo stress,
troppo lavoro. Contro ognuno di questi "troppi"
servono molte iniziative. Ma il risultato finale
dovrebbe essere facilmente misurabile: meno
economia, più vita. "Less stuff, more fun" (meno
roba, più piacere), come dicono gli statunitensi del
movimento "New American Dream" (1).
Nelle classifiche dei consumi per abitante nei Paesi
industriali l'Italia è al primo posto per cemento,
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Meno energia, materiali, fatica
AREA
Anno XI numero 20-21
16 maggio 2008
automobili e telefonini, ma agli ultimi per felicità e
soddisfazione della vita. Se usassimo meno energia e
meno materiali, ci basterebbe lavorare meno e
vivremmo meglio. Faremmo così meno danni alla
salute e all'ambiente e risparmieremmo milioni d'ore
di lavoro oggi dedicate a curare danni e malattie e a
cercare di ripararli. Sarebbe una società del buon
senso, in cui l'economia servirebbe a far star bene le
persone invece che le persone a far star bene
l'economia. Oggi invece facciamo tutto al contrario:
consumiamo per poter vendere, vendiamo per poter
produrre, produciamo per poter lavorare. È il
contrario di come hanno funzionato tutte le altre
civiltà. Pur sapendo che già ora l'umanità consuma
troppe risorse materiali, l'obiettivo della
maggioranza dei politici e degli economisti è di
aumentare ulteriormente i consumi, specialmente
nei Paesi più ricchi. Nel mondo spendiamo mille
miliardi di euro all'anno in pubblicità per convincere
persone che non ne hanno i mezzi a comprare cose di
cui non hanno bisogno. Vi sembra sensato?
Un parlamentare che avesse capito queste cose
dovrebbe cominciare a lavorare subito per tre
obiettivi: meno energia, meno materiali, meno fatica.
Nel bene e nel male, quasi tutto il resto dipende da
questi tre fattori. Occorrono pochi obiettivi generali,
chiari e misurabili.
Meno energia! Dei tre obiettivi, questo è il più
importante. Per scaldarci, abitare, muoverci, nutrirci
e produrre merci consumiamo in Europa 6 mila watt
per abitante d'energia commerciale. È come se
ognuno di noi tenesse accese 60 lampadine da 100
watt, giorno e notte, tutto l'anno. Più di metà di
quest'energia non produce benessere, ma sprechi,
danni e calore perduto. Riducendo questi sprechi si
può ridurre il consumo senza ridurre il benessere.
Ingegneri hanno calcolato che entro il 2050 possiamo
scendere da 6 mila a 2 mila watt per abitante. Ma
perché scendere a 2 mila watt, cioè ai nostri consumi
degli anni '60? Per due motivi. Primo: 2 mila watt è
oggi il consumo medio individuale della popolazione
mondiale; se non superiamo questa soglia, almeno
non aumentiamo i danni che già oggi facciamo con i
12 mila watt degli statunitensi, i 6 mila degli
europei, i mille degli indiani e i 500 degli africani. Se
non vogliamo aumentare i danni ma vogliamo
permettere a quattro miliardi di persone di
aumentare il loro benessere materiale, chi oggi
consuma troppo deve ridurre il suo consumo.
Secondo: una "società da 2 mila watt" è per esempio
l'obiettivo che si è data per il 2050 la Svizzera (2),
uno dei Paesi con il più alto livello di sviluppo, di
benessere e di soddisfazione della popolazione.
L'obiettivo dei 2 mila watt è stato formulato dai
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
11. 9
Politecnici federali di Zurigo e di Losanna e adottato
dai principali enti di ricerca federali sulle tecnologie
energetiche, sui materiali, sulle acque, dall'ente
federale per l'energia, dalla società degli ingegneri e
degli architetti e infine dal governo svizzero nel
2002, con la sua "Strategia di sviluppo sostenibile"
(3). Proprio perché la Svizzera si è data un obiettivo
lontano, ha cominciato già da diversi anni a muoversi
nella direzione giusta. In Svizzera ci sono già 9 mila
edifici a basso o bassissimo consumo, per un totale di
9 milioni di metri quadrati. Sono costruiti o
ristrutturati secondo lo standard "Minergie" (4), una
norma e un marchio elaborati insieme dallo Stato,
dagli ingegneri, dagli architetti e dalle imprese e
destinati a diventare lo standard di tutti gli edifici.
100 mila pompe di calore sono installate in Svizzera
per scaldare gli edifici con il calore del sottosuolo e la
maggioranza delle case in costruzione adottano
questo sistema (5).
La Germania ha varato un piano per ridurre del 40
per cento le emissioni di Co2 entro il 2020. La Svezia
e l'Islanda sono in gara tra loro per diventare la
prima nazione oil-free (libera dal petrolio) entro il
2020. In Italia invece c'è chi vuole tornare alle utopie
nucleari degli anni '70 e al carbone.
Meno materiali! Per ogni italiano si prelevano dalla
natura in un anno 36 tonnellate di materie prime
(2004) (6), dieci volte di più di cento anni fa. Tre
quarti di questi materiali tornano nella natura entro
un anno come rifiuti o emissioni. La maggior parte
sono ancora buoni e preziosi; sarebbero utili per fare
nuovi prodotti. Invece li mescoliamo tra loro, li
disperdiamo nell'aria, nelle acque, nei suoli, li
seppelliamo, cerchiamo di bruciarli. Basterebbe che
ogni ramo industriale fosse obbligato a riprendersi i
prodotti che ha fabbricato ed ecco che gran parte dei
materiali sarebbero riutilizzati.
In Svizzera potete riportare nei negozi
d'elettrodomestici qualunque vecchio
elettrodomestico, anche se non lo avete comprato lì e
se non ne comprate un altro. Aziende pioniere hanno
adottato questa strategia. Interface, il più grande
produttore al mondo di moquette (7) produce le
moquette nuove con i materiali delle sue moquette
vecchie. Voi non comprate più una merce, pagate un
servizio: anni di copertura di pavimento invece che
quintali di moquette. Scienziati europei hanno
fondato l'"Istituto del fattore dieci" (8): secondo loro è
necessario e possibile che i Paesi industriali
aumentino drasticamente la loro efficienza
materiale, riducendo di dieci volte il loro uso di
materie prime entro cinquanta o cento anni.
Anche il Programma delle Nazioni Unite per
l'Ambiente raccomanda la strategia del "fattore dieci"
per i Paesi industriali (9). Il sistema più efficace è
spostare gradualmente le tasse dal lavoro all'uso di
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
materiali e di energia: tassare meno il lavoro e
tassare di più materiali e combustibili, in modo da
rendere disoccupate le tonnellate, non le persone.
Questa strategia si chiama "Riforma Ecologica
Fiscale" e in molti Paesi la stanno facendo (10).
Quale partito e quale parlamentare si sono
impegnati a farla in Italia? Entro il 2050 venti
tonnellate per abitante invece delle attuali 36. È
possibile. Ma bisognerebbe cominciare adesso.
Meno lavoro! Il terzo obiettivo su cui un
parlamentare dovrebbe impegnarsi è quello della
riduzione della fatica. Della nostra, non della sua.
Grazie all'ingegno umano e alla legislazione sociale,
nei Paesi industriali oggi si lavora metà delle ore di
cento anni fa e si produce dieci volte di più. Da secoli
il progresso tecnico e sociale vuol dire dividere i
benefici dell'aumento della produttività in due metà:
una per aumentare le merci e l'altra per diminuire la
durata della fatica umana. Secondo alcuni però ora la
seconda metà del progresso si dovrebbe fermare:
l'aumento della produttività dovrebbe essere tutto
investito nella produzione di più merci, mantenendo
costanti le ore di lavoro o addirittura aumentandole.
Ma così otteniamo più consumi materiali, più
inquinamento e una vita sempre più stressata. Lo
stress aumenta perché oggi alle ore di lavoro pagate
bisogna aggiungere decine d'ore la settimana per
spostarsi sempre di più e sempre più lontano e per
amministrare la propria persona e la propria
famiglia come se ognuno fosse un'azienda. Un quarto
delle ore di lavoro crea prodotti inutili o dannosi e un
altro quarto cerca di misurare e riparare i loro danni.
Se non facessimo tanti danni con un eccesso di
consumi, ci basterebbe lavorare metà. Lo diceva già
Keynes nel 1930: secondo lui entro un secolo (2030)
quindici ore di lavoro alla settimana sarebbero
bastate a produrre il necessario per tutti (11). Come
mai, nonostante progressi di produttività che Keynes
non poteva nemmeno immaginare, ora c'è chi chiede
di aumentare le ore di lavoro? Un parlamentare
dovrebbe darsi da fare per dimezzare le ore di lavoro
entro cinquant'anni: da quaranta a venti ore la
settimana; e per distribuirle meglio tra chi oggi deve
lavorare troppo e chi è costretto alla disoccupazione.
Per perseguire questi tre obiettivi occorrono decine
d'iniziative. Ma il programma per il 2050 si può
riassumere in una parola: meno. E in un gesto,
mostrando le prime tre dita di una mano: energia,
materiali, lavoro. In Italia non conosco partiti o
politici capaci di farlo.
Vedi note sulla pagina seguente...
13. 11
Nel 1986, come reazione alla catastrofe di Cernobyl, Ursula e Michael Sladek fondano con i cittadini di
Schönau la EWS, azienda elettrica cooperativa non-profit che acquista la locale rete elettrica e che vende
elettricità al 100% da fonti rinnovabili a 400 000 persone in tutta la Germania
LA ELETTRODEMOCRAZIA DI SCHÖNAU
SCHÖNAU CITIZENS’ SOCIAL COMPANY 1986-2016
Marco Morosini, 22.4.2016, ETH Zurich http://www.slideshare.net/
morosini1952/schnau-citizens-energy-social-company-19862016
Ursula e Michael Sladek, fondatori della cooperativa elettrica
EWS Schönau www.ews-schoenau.de
The Goldman Environmental Prize 2011
http://goldmanprize.org/2011/europe
https://
www.youtube.com/
watch?v=swG1_pk6Y94