1. GLI ENNESIMI ‘SCHERZI DA PRETE’ MESSI IN ATTO DAL VESCOVO
PACIELLO E DA MONS. DOMENICO (MIMMO) LADDAGA CONFORTATI
DA UNA MEDIAZIONE NON CONVINCENTE E GATTOPARDESCA
La situazione di fallimento, non sanitario ma solo amministrativo, dell’Ospedale Miulli, governato
dal sedicente e prevaricatore Ente Ecclesiastico, merita alcune riflessioni.
1. Il Sindaco di Acquaviva ha partecipato agli incontri tra Sindacati e Regione Puglia con i
Funzionari Rappresentanti della latitante Dirigenza Ecclesiastica che gestisce il Miulli. Per quale
motivo egli alla conclusione degli accordi scompare? Non è presente né nel documento sottoscritto
né nelle divulgazioni massmediali , eppure la riduzione imposta degli emolumenti al personale per
cinque anni avrà certamente riflessi negativi sull’economia della Città, che è portatrice di diritti
inalienabili sull’Opera Pia Laicale ‘Ospedale Civile Miulli di Acquaviva’, come recita lo Statuto
vigente, dopo che la stessa Dirigenza Ecclesiastica ha, con grave danno, trasferito lontano ogni
beneficio di indotto. E così la speranza che finalmente vi fosse un’apertura verso la Città, con la
presenza dell’attuale Sindaco nella fase negoziale, si è subito dissolta nel momento conclusivo e di
maggiore importanza della trattativa. Mentre si umiliano ancora le figure professionali interne,
dando consulenze all’attuale management esterno, che nulla ha di istituzionale e nulla conosce
della storia del Miulli. A questi professionisti andrà il nostro rispetto se mostreranno una
professionalità non subordinata ad un illegittimo potere, ma alla documentazione probatoria, alla
storia giuridica ed alle leggi vigenti, disposti a farle valere con ogni mezzo legale, affinché ognuno
si assuma le sue responsabilità davanti alla giustizia. La famosa delibera regionale dei 45 milioni
di euro deve essere un monito, perché sono soldi pubblici di tutti noi pugliesi.
2. Sinceri auguri al Vescovo-Governatore, che, oltre ad essere Vescovo della Diocesi, Governatore
dell’Ospedale Miulli e suo direttore Generale (!?), si è iscritto, in data 10 maggio scorso, al
numero di repertorio (REA) 560072, quale imprenditore, e quindi titolare di un’impresa
privata, ottenendo così l’accesso all’istituto di concordato preventivo “per continuità
aziendale”, che non voglia essere la continuità della trascorsa e catastrofica gestione padronale,
responsabile della fallimentare voragine debitoria. L’impresa che il Governatore Paciello si è
inventata, risulta attualmente inattiva con soli 7 dipendenti (da chi?). Ma si deve notare che
l’iscrizione è avvenuta dopo aver presentato domanda di concordato preventivo, depositato in
cancelleria il 15 aprile 2013, e quindi ben prima della suddetta richiesta di riconoscimento
come impresa privata trasmessa al Tribunale di Bari ai sensi dell’art. 161 della legge fallimentare.
La quale impone all’Amministratore di astenersi da qualsiasi operazione straordinaria, ivi compresa
quella della delega a farsi rappresentare (come avviene con gli esperti e funzionari nelle trattative
con i Sindacati). E tuttavia fino al 9 maggio (giorno prima dell’iscrizione al REA) non era forse
l’IPAB Ospedale Miulli un ente pubblico, per effetto del Decreto Reale di Umberto I, avente
valore giuridico ed amministrativo supremo ed immodificabile? E per l’ente pubblico non è forse
escluso il fallimento, e quindi ogni procedura di concordato preventivo per continuità aziendale?
Per cui la voragine dei debiti (supposti per sbandierarli?) a chi appartiene: all’ente pubblico o alla
impresa privata, come dall’iscrizione al REA? Il legale rappresentante dell’Ente Ecclesiastico,
nella persona del Vescovo imprenditore, è poi lo stesso che con atto del 25 ottobre 1997, è stato
nominato Vescovo della Diocesi. E tale automatismo non configura l’Ente Ecclesiastico come
un ente diocesano? E come mai lo stesso Vescovo Paciello afferma, invece, che l’Ospedale non è
Diocesano, pur millantandolo falsamente come Ente Ecclesiastico, per governarlo con assoluto
arbitrio padronale e magari applicare il canone 1263, quello che lo abilita a staccare dagli enti da
lui governati i contributi per le necessità della diocesi? E come può un’impresa privata,
riconosciuta soltanto il 10 maggio, con soli sette dipendenti, accumulare in soli due mesi la
voragine debitoria, per cui si chiede il concordato preventivo per continuità aziendale?
2. 3. Tornando all’iscrizione presso la Camera di Commercio, perché si continua ad usurpare il
codice fiscale dell’Opera Pia Ospedale Miulli (e lo stesso dicasi per la Colonia Hanseniana) pur
non essendo possibile nessuno scambio fra un’Opera Pia/IPAB, per sua natura istituzione pubblica,
ed un Ente Ecclesiastico persona giuridica privata? Il sedicente Ente Ecclesiastico, persona
giuridica privata, non può appropriarsi di una istituzione nazionale dello Stato Italiano, qual è la
Colonia Hansensiana, istituita originariamente dal Ministero dell’Interno, poi passata al Ministero
della Sanità, e quindi alla Regione Puglia per decreti delegati, e fatta diventare invece ONLUS,
con presidente lo stesso mons. Mimmo Laddaga (nominato da chi?), ora sotto processo.
4. Da tutto questo bailamme di operazioni .a dir poco azzardate ed anomale, eseguite in tutta fretta per
avanzare la richiesta di concordato preventivo, nasce il sospetto che tutto sia stato messo in piedi
per una truffa da perpetrare ai danni dei fornitori , degli enti assicurativi e dei dipendenti, ai
quali va la nostra solidarietà, nella certezza che l’operazione sindacale non ha valenza alcuna nel
far sottoscrivere ai lavoratori dei veri prestiti, per i quali occorre che ogni singolo dipendente
debba sottoscrive tale obbligazione in via bilaterale (obbligato/dipendente-
beneficiario/amministrazione), destinato alla speranza di eventualmente ammortizzare un debito,
tutto da accertare, della cui entità e situazione essi non sono mai venuti a conoscenza per
l’opacità amministrativa della dirigenza ecclesiastica.
5. Per tali ragioni rivolgiamo un invito alle Rappresentanze. Sindacali ad essere più determinati come
consapevoli difensori dei diritti dei lavoratori, sapendo che per la ragioni anzidette l’Ospedale, nella
sua qualità originaria ed intrinseca di pubblica istituzione, non può essere dichiarato fallito né
accedere all’apertura del concordato, precisando altresì che l’attuale amministrazione ecclesiastica,
unica responsabile della voragine debitoria, non può ritenere tali operazioni “chirografarie”,
mentre non può dare comunque garanzia di proprietà immobiliari, che non appartenevano e non
appartengono all’Ente Ecclesiastico, che ha prevaricato l’Opera Pia Ospedale Civile Miulli.
6. Si fa invito al mondo sindacale di non cadere nella trappola della cosiddetta ristrutturazione
aziendale, come responsabili dell’attuale situazione debitoria, perché in numero esuberante
rispetto alle dimensioni dell’Ospedale. L’attuale Amministrazione ha stravolto la pianta
organica e i servizi, manomettendo anche la pianta organica della stessa classificazione, per
giustificare l’inaccettabile balzello delle consulenze amministrative e legali e l’arricchimento di
imprese partecipate, ove il Vescovo-Governatore assume ora il ruolo di committente ed ora
quello di esattore degli introiti separati, senza trasparenza e rendicontazione.
Queste puntualizzazioni critiche e problematiche vogliono sollecitare tutti gli attori di questa
delicatissima fase al rispetto delle leggi, con riguardo agli esclusivi interessi dell’istituzione
Ospedale Miulli e con il loro riflesso verso la Città. Va liberato l’Ospedale ‘MIULLI’ dagli avvoltoi
che hanno in questi anni banchettato sul grande Ospedale dei decenni precedenti, reso ora
appetibile carcassa dal governo del sedicente Ente Ecclesiastico, mentre i rappresentanti delle
pubbliche amministrazioni, Comune e Regione, invece di difendere una pubblica istituzione dagli
appetiti voraci si sono accodati all’immondo banchetto.
Rendiamo il riconoscimento dovuto alla CGIL aziendale, che con coraggio porta avanti un discorso
di fermezza, trasparenza e legalità e di rispetto della Chiesa autentica. Papa Francesco ha ammonito:
“Se si fa una Chiesa ricca, allora la Chiesa invecchia, scoraggia i religiosi ad essere
imprenditori. S. Pietro non aveva un conto in banca”. E aggiungiamo: neppure all’estero.
Il tempo galantuomo darà ragione a chi è dalla parte della verità, del rigore, della correttezza.
Acquaviva d.F. 25 luglio 2013