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“la scuola è un ospedale che cura i sani
e respinge i malati”
Don Lorenzo Milani
Il bullismo è una forma di comportamento
aggressivo con caratteristiche peculiari e
distintive, sulle quali c’è un vasto consenso a
livello internazionale.
Il bullismo è caratterizzato da tre fattori che
permettono di discriminare tale fenomeno da
altre forme di comportamento aggressivo e
dalle prepotenze
 L’intenzionalità: il comportamento aggressivo
viene messo in atto volontariamente e
consapevolmente
 La sistematicità: il comportamento aggressivo
viene messo in atto più volte e si ripete quindi
nel tempo
 L’asimmetria di potere: tra le parti coinvolte (il
bullo e la vittima) c’è una differenza di potere,
dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità
quando le aggressioni sono di gruppo. La vittima,
in ogni caso, ha difficoltà a difendersi e
sperimenta un forte senso di impotenza.
Numerosi studi, hanno identificato diverse
forme di bullismo, più o meno esplicite e
osservabili, a seconda della tipologia di
azioni che vengono messe in atto.
 Bullismo diretto: comportamenti che utilizzano la
forza fisica per nuocere all’altro. In questa categoria
sono presenti comportamenti come picchiare,
spingere, fare cadere, ecc.
 Bullismo verbale: comportamenti che utilizzano la
parola per arrecare danno alla vittima. Ad, esempio,
le offese e le prese in giro insistenti e reiterate
 Bullismo indiretto: comportamenti non direttamente
rivolti alla vittima ma che la danneggiano nell’ambito
della relazione con gli altri. Sono comportamenti
spesso poco visibili che portano all’esclusione e
all’isolamento della vittima attraverso la diffusione
di pettegolezzi e dicerie, l’ostracismo e il rifiuto di
esaudire le sue richieste.
All’interno delle scuole il bullismo riguarda
tutti gli alunni, e non solo quelli che vi
prendono parte in maniera più evidente. I
ruoli che possono essere assunti dagli allievi,
sono sintetizzati nell’elenco seguente:
 Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare
prepotenze ai compagni
 Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma come
“seguace” del bullo
 Sostenitore: chi rinforza il comportamento del
bullo, ridendo, incitandolo o semplicemente
stando a guardare
 Difensore: chi prende le difese della vittima
consolandola o cercando di far cessare le
prepotenze
 Esterno: chi non fa niente ed evita il
coinvolgimento diretto o indiretto in situazione di
prepotenza
 Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.
Il bullismo in Italia risulta molto diffuso sia
nelle scuole elementari che nelle scuole medie
inferiori cittadine. Addirittura un bambino su
due dichiara di subire, infatti, prepotenze
durante la permanenza nella scuola
elementare, mentre nelle scuole medie
abbiamo un ragazzo vittimizzato ogni tre.
(Milano – Bullismo a Milano – Iannacone,
Federico Colombo, Stefania Di Domizio)
La situazione attuale nella nostra scuola
La LB (diagnosi) viene tracciata attraverso:
1. Una Griglia di Osservazione (docenti e
personale non docente)
2. Un Questionario (studenti)
3. I Focus Group (alunni, genitori e docenti)
 Fenomeno di prepotenza fra pari, prevede la messa in atto di
azioni di prepotenza nei confronti degli elementi del gruppo di
appartenenza.
 Dimensione psicologica legata a carenza affettiva ed insicurezza.
 Non è un problema individuale, ma contestuale al gruppo classe.
 Si parte dalla conflittualità perché il fenomeno di prevaricazione
crea conflittualità nell’aula
 Bullo presenta intenzionalità nei confronti della sua azione.
 Difficoltà di entrare in un rapporto di reciprocità.
 Il bullo si crea un’identità più forte rispetto agli altri, quindi si
ingenera squilibrio fra pari.
 Il bullo manifesta soprattutto forza psicologica.
 “La mia vita a scuola - Durante questa
settimana un altro mi ha…” (azioni di
bullismo subite)
 “La mia vita a scuola - Durante questa
settimana io ho…” (azioni di bullismo agite)
 Le prepotenze tra bambini/ragazzi a scuola
(bullismo e intervento da parte di insegnanti
e compagni)
Le rilevazioni anche di tipo qualitativo con
alunni e genitori attraverso la metodologia
dei focus-group
I Focus Group sono una tecnica di ricerca
applicabile in un approccio valutativo soft, di
tipo qualitativo
1. Sono gruppi di 6 – 12 persone
2. Sono gruppi diretti da un moderatore
3. Le opinioni sono libere
4. Durano dai 30 ai 60 minuti
 Distinzione e diversità tra il bullismo e altri
tipi di violenza.
 Ruoli differenti e predefiniti che variano nel
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Obiettivo dell’intervento è quella di promuovere
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bullismo, favorendo lo sviluppo di e modalità
relazionali basate su collaborazione ed empatia.
 Imparare a riconoscere le emozioni e
comprenderne il valore comunicativo
 Favorire la comprensione dell’importanza di un
atteggiamento empatico
 Definire e riconoscere il fenomeno del bullismo e
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 Analizzare i ruoli e i comportamenti di bulli,
vittime e osservatori
 Promuovere la consapevolezza sul vissuto
emotivo dei bambini e dei ragazzi coinvolti in
episodi di prepotenza
 Promuovere la capacità dei bambini e dei ragazzi
di trovare possibili soluzioni al problema
 I veri esperti di bullismo sono i ragazzi stessi: sanno
individuare le peculiarità e le caratteristiche del fenomeno
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 Questo “sapere” si traduce con difficoltà in un “saper
fare”: in altre parole i ragazzi non dispongono della
competenza necessaria ad intervenire efficacemente per
difendere un compagno o se stessi
 L’azione educativa di una scuola attenta ai bisogni degli
allievi dovrebbe tenere conto di queste evidenze e
garantire un intervento continuato, strutturato e
qualificato a livello di scuola.
La mediazione linguistica e culturale vista come
strumento educativo e prassi socializzante nella fase
start up del progetto è un processo attraverso il
quale un soggetto esterno alla situazione conflittuale
crea un contesto che facilita la comunicazione fra le
persone permettendo loro di gestire o trasformare
positivamente la condizione di rottura nella quale si
trovano, alla ricerca di un accordo soddisfacente, ma
non una riconciliazione (Bonafè Schmitt, 2000).
La mediazione relazionale, linguistica e culturale rappresenta:
• una valida alternativa al modello disciplinare basato sulla
sanzione e sulla punizione;
• uno strumento per lo sviluppo delle competenze cognitive,
relazionali, affettive;
• uno strumento per affrontare l’elevato tasso di conflittualità e
di prevaricazione a diversi livelli;
• una modalità per rendere il più possibile piacevole la
convivenza obbligatoria in classe (clima di classe e dispersione
scolastica);
• uno strumento per supportare la costruzione di stima nei
confronti delle regole e delle norme; come supporto alla ricerca
di identità degli alunni.
 Formare un equipe tra i docenti, il personale non docente e gli
educatori
 Promuovere nelle aule il dialogo e comunicazione come strategie
per affrontare la conflittualità;
 sensibilizzare alla dimensione positiva del conflitto;
 promuovere nei genitori e negli alunni la capacità di costruire
regole per la convivenza; migliorare il clima di convivenza;
 promuovere nella scuola la cultura del dialogo al di là degli esiti
immediati;
 far sperimentare modalità nuove di gestire la conflittualità;
 Supportare il superamento delle posizioni alla ricerca dei reali
interessi;
 riconoscere e accettare il conflitto nei suoi aspetti di rischio e di
risorsa;
 costruire e mantenere un setting protetto di mediazione, creare
uno spazio e un tempo della mediazione; restituire il conflitto e
la responsabilità di gestirlo alle parti.
Il laboratorio intende favorire un’esperienza
di gruppo in cui ciascun bambino/ragazzo
abbia modo di sperimentare relazioni
positive tra pari all’interno del contesto
classe, modulando ciascuna attività secondo
le esigenze delle specifiche realtà
scolastiche. Il lavoro in classe si avvale di
linguaggi espressivi diversi come canali
privilegiati per incentivare la conoscenza di
sé e dell’altro e l’espressione dei vissuti
emotivi personali.
 Materiale audiovisivo
 Giochi corporei
 Lavori di gruppo
 Drammatizzazione
 Problem solving
 Attività grafiche
 Momenti di discussione
 Attività sportive organizzate
Visione di alcuni cortometraggi sul bullismo
realizzati dall’istituto IPS Lombardini di
Abbiategrasso, nel contesto di un progetto
educativo ed altri video
 I giochi cooperativi sono utili per contrastare il
fenomeno del bullismo in quanto si fondano sul lavoro
di squadra in cui i partecipanti devono collaborare tra
loro per assolvere ai compiti ludici, migliorando la
qualità dei risultati con il livello di cooperazione che
si basa sull’aiuto reciproco.
 Nei giochi cooperativi i compiti possono essere
realizzati solo se i componenti del gruppo uniscono le
loro abilità facendo la fondamentale esperienza di
apprendimento pro sociale che gli sforzi, l’iniziativa e
l’impegno attivo di tutti danno un risultato che
supera la soddisfazione individuale per scoprire la
responsabilità per qualcosa di comune attraverso una
esperienza di successo.
 Il valore pratico del lavoro di gruppo si evidenzia
quando nei giochi affiorano dei conflitti
conseguenti al dover prendere decisioni difficili,
quando si è sotto la pressione temporale, quando
vi sono diverse strategie di soluzione od uno scarso
impegno di alcuni, occasioni preziose di
apprendimento in cui aiutando gli altri e lasciando
che essi ci aiutino si manifesta l’impegno verso di
loro, ma anche la disponibilità a riconoscere i
propri limiti permettendo loro di esserci di aiuto.
 Durante i giochi cooperativi l’osservazione dei
comportamenti socio-affettivi può essere
effettuata con una griglia di osservazione
utilizzabile da un docente in compresenza con il
ruolo di osservatore durante le attività condotte
dall’educatore che svolge il ruolo di animatore dei
giochi cooperativi.
1. Autostima
2. Cooperazione
3. Affidabilità
4. Adattabilità
5. Autonomia
6. Dimensione intraindividuale
7. Dimensione Interindividuale
Per la “coerenza” del messaggio educativo finalizzato a
contrastare il fenomeno del bullismo si raccomandano agli
insegnanti-animatori i seguenti principi pedagogici adatti per i
giochi:
 · Inscenare il gioco: creare le condizioni per consentire agli/lle
alunni/e di giocare spontaneamente.
 · Imparare a restare in disparte: osservare cosa fanno, giudicare
come lo fanno e il suo sviluppo.
 · Aiutare a risolvere da soli i problemi: aiutare a chiarire,
risolvere e attuare questioni,conflitti, idee.
 · Fare attenzione alla complessità del gioco: d’accordo con gli/le
alunni/e adattare le situazioni.
 · Chiarire le strutture del gioco: far notare le correlazioni fra i
diversi fattori rilevanti per il gioco.
 · Avviare all’autoregolazione: fare in modo che le funzioni
relative alla soluzione dei problemi e alle strutture dei giochi
possano essere svolte dagli/lle alunni/e in modo regolare ed
autonomo, senza che uno di loro si imponga sugli altri.
1. Il lavoro in equipe
2. La comunicazione assertiva
3. La lettura dei gesti
4. La costruzione del rapporto di fiducia
5. L’astensione dai giudizi morali
6. L’empatia
 Attività di accoglienza e presentazione.
 Le mie emozioni, le tue emozioni e le nostre
emozioni.
 Il Bullismo.
 Io e il gruppo.
 Le strategie per combattere le prepotenze
 Bullismo, emozioni e azioni.
 Io come bullo, io come vittima, io come
spettatore: cosa posso fare?
Inscenare e discutere su episodi veri o
inventati di aggressività o bullismo nel
contesto scolastico
 Problem finding: questa prima fase è quella del riconoscimento dell’esistenza di un
ostacolo. Significa rendersi conto del fenomeno e percepirlo come “deviante dalla
norma” e fonte di disagio.
Può sembrare una fase ovvia ma se non mi accorgo di essere in difficoltà,
difficilmente potrò risolvere il mio problema. Occorrerà anche identificare il
risultato che vogliamo ottenere, gli effetti che vogliamo vedere una volta risolto il
problema.
 Problem setting: in questo secondo step bisognerà definire e descrivere il problema.
Il riconoscimento di un disagio non basta per cambiare la situazione, occorre
definirlo.
 Problem analysis: nella terza fase il problema andrà scomposto in tanti secondari,
più piccoli e più facilmente affrontabili e risolvibili. Occorrerà scomporre il
problema principale in problemi secondari attraverso un algoritmo ad albero o altri
strumenti di scomposizione e raggruppamento logico e raccogliere i dati di
riferimento per comprendere i fattori rilevanti.
 Problem solving: è solo la quarta fase che prenderà correttamente il nome di
problem solving. Questa è la fase in cui dobbiamo riuscire a rimuovere le cause che
hanno originato il nostro problema in modo che questo non si ripresenti mai più.
Del resto è ovvio per risolvere un problema bisogna cambiare qualcosa. Se non
cambia nulla, presto o tardi, il problema tornerà a ripresentarsi.
 Decision making: nella penultima fase bisognerà prendere decisioni relativamente
alle azioni da portare avanti in base alle risultanze delle fasi precedenti.
 Decision taking: l'ultima fase, denominata decision taking, è quella in cui bisogna
passare all’azione, monitorando il risultato ottenuto relativamente dell’atteso.
Partecipano alle attività di problem solving
1. Docenti
2. Personale non docente
3. Educatori
4. Dirigente scolastico
5. Gli alunni (in alcuni momenti)
 I ragazzi dovranno rappresentare
graficamente il risultato delle attività svolte
 Singolarmente ed in gruppo
 Di gruppo
 In classe
 In istituto (assemblea generale)
 Se lo sport ha come obiettivo non la
vittoria, non la creazione di campioni, ma
l’elogio alla fatica, al dare sempre il meglio
di sé, l’attenzione al singolo più debole
allora può essere qualche cosa che cura la
società
 l’Università Bocconi di Milano ha
dimostrato come per ogni euro investito
nello sport (inteso come sopra riportato) il
risparmio sociale è di oltre 2 euro. (2.01
euro)
In sintesi le attività di laboratorio determinano
interazioni in un contesto esperienziale socio-
affettivo di rete o "reticolare", che permette di
riconoscere come "soggetto" la relazione
interpersonale. Parafrasando un famoso elenco
di assiomi relativi alla pragmatica della
comunicazione umana (Watzlawick 1971) intendo
un contesto “reticolare” se risponde ai seguenti
“Assiomi della Reticolazione Umana” : · non si
può non Reticolare (essere in rete per
comunicare), ma dipende dal meta contesto
(vissuto personale del contesto).
 risulta fondamentale la costruzione del
rapporto di fiducia (docente – alunno –
docente.
 Importante saper leggere i gesti e gli agiti
 Determinante la comunicazione assertiva
E’ necessario accettare che i risultati di un
intervento socio – pedagogico non sono
imminenti
"....poco merito nella virtù e ben poca colpa
nell'errore, anche perché non ho ancora
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Bullismo

  • 1. “la scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati” Don Lorenzo Milani
  • 2. Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo con caratteristiche peculiari e distintive, sulle quali c’è un vasto consenso a livello internazionale. Il bullismo è caratterizzato da tre fattori che permettono di discriminare tale fenomeno da altre forme di comportamento aggressivo e dalle prepotenze
  • 3.  L’intenzionalità: il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente e consapevolmente  La sistematicità: il comportamento aggressivo viene messo in atto più volte e si ripete quindi nel tempo  L’asimmetria di potere: tra le parti coinvolte (il bullo e la vittima) c’è una differenza di potere, dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità quando le aggressioni sono di gruppo. La vittima, in ogni caso, ha difficoltà a difendersi e sperimenta un forte senso di impotenza.
  • 4. Numerosi studi, hanno identificato diverse forme di bullismo, più o meno esplicite e osservabili, a seconda della tipologia di azioni che vengono messe in atto.
  • 5.  Bullismo diretto: comportamenti che utilizzano la forza fisica per nuocere all’altro. In questa categoria sono presenti comportamenti come picchiare, spingere, fare cadere, ecc.  Bullismo verbale: comportamenti che utilizzano la parola per arrecare danno alla vittima. Ad, esempio, le offese e le prese in giro insistenti e reiterate  Bullismo indiretto: comportamenti non direttamente rivolti alla vittima ma che la danneggiano nell’ambito della relazione con gli altri. Sono comportamenti spesso poco visibili che portano all’esclusione e all’isolamento della vittima attraverso la diffusione di pettegolezzi e dicerie, l’ostracismo e il rifiuto di esaudire le sue richieste.
  • 6. All’interno delle scuole il bullismo riguarda tutti gli alunni, e non solo quelli che vi prendono parte in maniera più evidente. I ruoli che possono essere assunti dagli allievi, sono sintetizzati nell’elenco seguente:
  • 7.  Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni  Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma come “seguace” del bullo  Sostenitore: chi rinforza il comportamento del bullo, ridendo, incitandolo o semplicemente stando a guardare  Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola o cercando di far cessare le prepotenze  Esterno: chi non fa niente ed evita il coinvolgimento diretto o indiretto in situazione di prepotenza  Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.
  • 8. Il bullismo in Italia risulta molto diffuso sia nelle scuole elementari che nelle scuole medie inferiori cittadine. Addirittura un bambino su due dichiara di subire, infatti, prepotenze durante la permanenza nella scuola elementare, mentre nelle scuole medie abbiamo un ragazzo vittimizzato ogni tre. (Milano – Bullismo a Milano – Iannacone, Federico Colombo, Stefania Di Domizio)
  • 9. La situazione attuale nella nostra scuola
  • 10. La LB (diagnosi) viene tracciata attraverso: 1. Una Griglia di Osservazione (docenti e personale non docente) 2. Un Questionario (studenti) 3. I Focus Group (alunni, genitori e docenti)
  • 11.  Fenomeno di prepotenza fra pari, prevede la messa in atto di azioni di prepotenza nei confronti degli elementi del gruppo di appartenenza.  Dimensione psicologica legata a carenza affettiva ed insicurezza.  Non è un problema individuale, ma contestuale al gruppo classe.  Si parte dalla conflittualità perché il fenomeno di prevaricazione crea conflittualità nell’aula  Bullo presenta intenzionalità nei confronti della sua azione.  Difficoltà di entrare in un rapporto di reciprocità.  Il bullo si crea un’identità più forte rispetto agli altri, quindi si ingenera squilibrio fra pari.  Il bullo manifesta soprattutto forza psicologica.
  • 12.  “La mia vita a scuola - Durante questa settimana un altro mi ha…” (azioni di bullismo subite)  “La mia vita a scuola - Durante questa settimana io ho…” (azioni di bullismo agite)  Le prepotenze tra bambini/ragazzi a scuola (bullismo e intervento da parte di insegnanti e compagni)
  • 13. Le rilevazioni anche di tipo qualitativo con alunni e genitori attraverso la metodologia dei focus-group
  • 14. I Focus Group sono una tecnica di ricerca applicabile in un approccio valutativo soft, di tipo qualitativo 1. Sono gruppi di 6 – 12 persone 2. Sono gruppi diretti da un moderatore 3. Le opinioni sono libere 4. Durano dai 30 ai 60 minuti
  • 15.  Distinzione e diversità tra il bullismo e altri tipi di violenza.  Ruoli differenti e predefiniti che variano nel tempo.  Assenza di intenzionalità.  Assenza di sistematicità.  Simmetria di potere.
  • 16.
  • 17. Obiettivo dell’intervento è quella di promuovere nei bambini, nei ragazzi e negli insegnanti la consapevolezza delle problematiche connesse al bullismo, favorendo lo sviluppo di e modalità relazionali basate su collaborazione ed empatia.
  • 18.  Imparare a riconoscere le emozioni e comprenderne il valore comunicativo  Favorire la comprensione dell’importanza di un atteggiamento empatico  Definire e riconoscere il fenomeno del bullismo e le sue diverse forme  Analizzare i ruoli e i comportamenti di bulli, vittime e osservatori  Promuovere la consapevolezza sul vissuto emotivo dei bambini e dei ragazzi coinvolti in episodi di prepotenza  Promuovere la capacità dei bambini e dei ragazzi di trovare possibili soluzioni al problema
  • 19.
  • 20.  I veri esperti di bullismo sono i ragazzi stessi: sanno individuare le peculiarità e le caratteristiche del fenomeno e sono a conoscenza di ciò che avviene nella classe.  Questo “sapere” si traduce con difficoltà in un “saper fare”: in altre parole i ragazzi non dispongono della competenza necessaria ad intervenire efficacemente per difendere un compagno o se stessi  L’azione educativa di una scuola attenta ai bisogni degli allievi dovrebbe tenere conto di queste evidenze e garantire un intervento continuato, strutturato e qualificato a livello di scuola.
  • 21. La mediazione linguistica e culturale vista come strumento educativo e prassi socializzante nella fase start up del progetto è un processo attraverso il quale un soggetto esterno alla situazione conflittuale crea un contesto che facilita la comunicazione fra le persone permettendo loro di gestire o trasformare positivamente la condizione di rottura nella quale si trovano, alla ricerca di un accordo soddisfacente, ma non una riconciliazione (Bonafè Schmitt, 2000).
  • 22. La mediazione relazionale, linguistica e culturale rappresenta: • una valida alternativa al modello disciplinare basato sulla sanzione e sulla punizione; • uno strumento per lo sviluppo delle competenze cognitive, relazionali, affettive; • uno strumento per affrontare l’elevato tasso di conflittualità e di prevaricazione a diversi livelli; • una modalità per rendere il più possibile piacevole la convivenza obbligatoria in classe (clima di classe e dispersione scolastica); • uno strumento per supportare la costruzione di stima nei confronti delle regole e delle norme; come supporto alla ricerca di identità degli alunni.
  • 23.  Formare un equipe tra i docenti, il personale non docente e gli educatori  Promuovere nelle aule il dialogo e comunicazione come strategie per affrontare la conflittualità;  sensibilizzare alla dimensione positiva del conflitto;  promuovere nei genitori e negli alunni la capacità di costruire regole per la convivenza; migliorare il clima di convivenza;  promuovere nella scuola la cultura del dialogo al di là degli esiti immediati;  far sperimentare modalità nuove di gestire la conflittualità;  Supportare il superamento delle posizioni alla ricerca dei reali interessi;  riconoscere e accettare il conflitto nei suoi aspetti di rischio e di risorsa;  costruire e mantenere un setting protetto di mediazione, creare uno spazio e un tempo della mediazione; restituire il conflitto e la responsabilità di gestirlo alle parti.
  • 24. Il laboratorio intende favorire un’esperienza di gruppo in cui ciascun bambino/ragazzo abbia modo di sperimentare relazioni positive tra pari all’interno del contesto classe, modulando ciascuna attività secondo le esigenze delle specifiche realtà scolastiche. Il lavoro in classe si avvale di linguaggi espressivi diversi come canali privilegiati per incentivare la conoscenza di sé e dell’altro e l’espressione dei vissuti emotivi personali.
  • 25.  Materiale audiovisivo  Giochi corporei  Lavori di gruppo  Drammatizzazione  Problem solving  Attività grafiche  Momenti di discussione  Attività sportive organizzate
  • 26. Visione di alcuni cortometraggi sul bullismo realizzati dall’istituto IPS Lombardini di Abbiategrasso, nel contesto di un progetto educativo ed altri video
  • 27.  I giochi cooperativi sono utili per contrastare il fenomeno del bullismo in quanto si fondano sul lavoro di squadra in cui i partecipanti devono collaborare tra loro per assolvere ai compiti ludici, migliorando la qualità dei risultati con il livello di cooperazione che si basa sull’aiuto reciproco.  Nei giochi cooperativi i compiti possono essere realizzati solo se i componenti del gruppo uniscono le loro abilità facendo la fondamentale esperienza di apprendimento pro sociale che gli sforzi, l’iniziativa e l’impegno attivo di tutti danno un risultato che supera la soddisfazione individuale per scoprire la responsabilità per qualcosa di comune attraverso una esperienza di successo.
  • 28.  Il valore pratico del lavoro di gruppo si evidenzia quando nei giochi affiorano dei conflitti conseguenti al dover prendere decisioni difficili, quando si è sotto la pressione temporale, quando vi sono diverse strategie di soluzione od uno scarso impegno di alcuni, occasioni preziose di apprendimento in cui aiutando gli altri e lasciando che essi ci aiutino si manifesta l’impegno verso di loro, ma anche la disponibilità a riconoscere i propri limiti permettendo loro di esserci di aiuto.  Durante i giochi cooperativi l’osservazione dei comportamenti socio-affettivi può essere effettuata con una griglia di osservazione utilizzabile da un docente in compresenza con il ruolo di osservatore durante le attività condotte dall’educatore che svolge il ruolo di animatore dei giochi cooperativi.
  • 29. 1. Autostima 2. Cooperazione 3. Affidabilità 4. Adattabilità 5. Autonomia 6. Dimensione intraindividuale 7. Dimensione Interindividuale
  • 30. Per la “coerenza” del messaggio educativo finalizzato a contrastare il fenomeno del bullismo si raccomandano agli insegnanti-animatori i seguenti principi pedagogici adatti per i giochi:  · Inscenare il gioco: creare le condizioni per consentire agli/lle alunni/e di giocare spontaneamente.  · Imparare a restare in disparte: osservare cosa fanno, giudicare come lo fanno e il suo sviluppo.  · Aiutare a risolvere da soli i problemi: aiutare a chiarire, risolvere e attuare questioni,conflitti, idee.  · Fare attenzione alla complessità del gioco: d’accordo con gli/le alunni/e adattare le situazioni.  · Chiarire le strutture del gioco: far notare le correlazioni fra i diversi fattori rilevanti per il gioco.  · Avviare all’autoregolazione: fare in modo che le funzioni relative alla soluzione dei problemi e alle strutture dei giochi possano essere svolte dagli/lle alunni/e in modo regolare ed autonomo, senza che uno di loro si imponga sugli altri.
  • 31. 1. Il lavoro in equipe 2. La comunicazione assertiva 3. La lettura dei gesti 4. La costruzione del rapporto di fiducia 5. L’astensione dai giudizi morali 6. L’empatia
  • 32.  Attività di accoglienza e presentazione.  Le mie emozioni, le tue emozioni e le nostre emozioni.  Il Bullismo.  Io e il gruppo.  Le strategie per combattere le prepotenze  Bullismo, emozioni e azioni.  Io come bullo, io come vittima, io come spettatore: cosa posso fare?
  • 33. Inscenare e discutere su episodi veri o inventati di aggressività o bullismo nel contesto scolastico
  • 34.  Problem finding: questa prima fase è quella del riconoscimento dell’esistenza di un ostacolo. Significa rendersi conto del fenomeno e percepirlo come “deviante dalla norma” e fonte di disagio. Può sembrare una fase ovvia ma se non mi accorgo di essere in difficoltà, difficilmente potrò risolvere il mio problema. Occorrerà anche identificare il risultato che vogliamo ottenere, gli effetti che vogliamo vedere una volta risolto il problema.  Problem setting: in questo secondo step bisognerà definire e descrivere il problema. Il riconoscimento di un disagio non basta per cambiare la situazione, occorre definirlo.  Problem analysis: nella terza fase il problema andrà scomposto in tanti secondari, più piccoli e più facilmente affrontabili e risolvibili. Occorrerà scomporre il problema principale in problemi secondari attraverso un algoritmo ad albero o altri strumenti di scomposizione e raggruppamento logico e raccogliere i dati di riferimento per comprendere i fattori rilevanti.  Problem solving: è solo la quarta fase che prenderà correttamente il nome di problem solving. Questa è la fase in cui dobbiamo riuscire a rimuovere le cause che hanno originato il nostro problema in modo che questo non si ripresenti mai più. Del resto è ovvio per risolvere un problema bisogna cambiare qualcosa. Se non cambia nulla, presto o tardi, il problema tornerà a ripresentarsi.  Decision making: nella penultima fase bisognerà prendere decisioni relativamente alle azioni da portare avanti in base alle risultanze delle fasi precedenti.  Decision taking: l'ultima fase, denominata decision taking, è quella in cui bisogna passare all’azione, monitorando il risultato ottenuto relativamente dell’atteso.
  • 35. Partecipano alle attività di problem solving 1. Docenti 2. Personale non docente 3. Educatori 4. Dirigente scolastico 5. Gli alunni (in alcuni momenti)
  • 36.  I ragazzi dovranno rappresentare graficamente il risultato delle attività svolte  Singolarmente ed in gruppo
  • 37.  Di gruppo  In classe  In istituto (assemblea generale)
  • 38.  Se lo sport ha come obiettivo non la vittoria, non la creazione di campioni, ma l’elogio alla fatica, al dare sempre il meglio di sé, l’attenzione al singolo più debole allora può essere qualche cosa che cura la società  l’Università Bocconi di Milano ha dimostrato come per ogni euro investito nello sport (inteso come sopra riportato) il risparmio sociale è di oltre 2 euro. (2.01 euro)
  • 39.
  • 40. In sintesi le attività di laboratorio determinano interazioni in un contesto esperienziale socio- affettivo di rete o "reticolare", che permette di riconoscere come "soggetto" la relazione interpersonale. Parafrasando un famoso elenco di assiomi relativi alla pragmatica della comunicazione umana (Watzlawick 1971) intendo un contesto “reticolare” se risponde ai seguenti “Assiomi della Reticolazione Umana” : · non si può non Reticolare (essere in rete per comunicare), ma dipende dal meta contesto (vissuto personale del contesto).
  • 41.  risulta fondamentale la costruzione del rapporto di fiducia (docente – alunno – docente.  Importante saper leggere i gesti e gli agiti  Determinante la comunicazione assertiva
  • 42. E’ necessario accettare che i risultati di un intervento socio – pedagogico non sono imminenti
  • 43. "....poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore, anche perché non ho ancora capito bene, malgrado i miei 58 anni, che cosa sia la virtù e che cosa esattamente sia l'errore...." Fabrizio de Andrè