La protezione legale del socio di minoranzaDIEGO PISELLI
Una presentazione generale sugli strumenti di tutela dei soci di minoranza delle società chiuse, destinata a studenti e professionisti. Oggetto di conversazione con i membri dell'Associazione Forense della Gera d'Adda il 27 febbraio 2015
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L’analisi dello stato di attuazione delle procedure volte a garantire continuità aziendale necessita di una riflessione metodologica preliminare. Vale a dire, occorre essere consapevoli che il diritto fallimentare risulta essere oggetto di numerose e frequenti integrazioni legislative, qualificandosi come un vero e proprio cantiere aperto. Ciò non deve indurre ad una considerazione patologica degli interventi del legislatore, poiché il sistema delle procedure concorsuali è una macchina complessa che richiede aggiustamenti costanti e puntuali.
Le società per azioni. costituzione e conferimentiDIEGO PISELLI
Una presentazione generale sulla costituzione delle società per azioni, i conferimenti e gli acquisti pericolosi, aggiornata fino al decreto competitività 91/2014
Aspetti fiscali della digital economy
Breve intervento a latere del Digital Hubs Contest organizzato dal Gruppo Giovani Confindustria di Venezia il 31 maggio 2016
Polizza D&O Lloyd's AEC 2004 del Convegno organizzato da AEC Broker su “Resp...Fabrizio Callarà
Slides di presentazione della Polizza D&O Lloyd's AEC 2004 del Convegno organizzato da AEC Broker su “Responsabilità Civili e Penali degli Organi di Amministrazione e di Controllo nella Riforma del Diritto Societario”. 12 Marzo 2004
PROFILI DI RESPONSABILITA’ DAL 19 MARZO 2019 CON L’INTRODUZIONE DELL’ART. 2086 DEL C.C.
DOTT. MARCO RANDAZZO
COMMERCALISTA E CONSULENTE DI DIREZIONE
Versione Luglio 2021
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L’analisi dello stato di attuazione delle procedure volte a garantire continuità aziendale necessita di una riflessione metodologica preliminare. Vale a dire, occorre essere consapevoli che il diritto fallimentare risulta essere oggetto di numerose e frequenti integrazioni legislative, qualificandosi come un vero e proprio cantiere aperto. Ciò non deve indurre ad una considerazione patologica degli interventi del legislatore, poiché il sistema delle procedure concorsuali è una macchina complessa che richiede aggiustamenti costanti e puntuali.
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Webinar: Decreto legge liquidità e gestione del cash flow post COVIDThomas Candeago
slide relative al rischio di fallimento in relazione al nuovo Codice per la Crisi d'impresa. Presentazione utilizzata all'interno dell'evento "Come affrontare l'emergenza finanziaria: DL liquidità, cash flow, rischio fallimento e continuità aziendale" organizzato da Open Srl e BeneBanca. Per approfondimento opentorino.it
Il Collegio sindacale deve applicare una modalità di selezione dei controlli basata su un’identificazione e valutazione dei rischi. Questo ed altri interessanti concetti sono riportati nelle nuove Norme di comportamento del Collegio sindacale, elaborate dalla Commissione di studio presieduta da Marcellino Bortolomiol nell’ambito del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Il documento assume una notevole importanza per gli addetti ai lavori in quanto ha il pregio di analizzare a tuttotondo le problematiche correlate all’ufficio di sindaco nell’ambito delle società non quotate, fornendo direttive precise ed esemplificazioni concrete, utili a delimitare gli ambiti di rischio e di incertezza.
Legge Delega 19 ottobre 2017 n. 155 - Riforma delle procedure concorsualiCristinaFerrari19
Il presente elaborato si prefigge l'obiettivo di fornire le linee guida per la lettura della recente riforma, improntata a rendere più snelle le procedure concorsuali sia in termini temporali che economici, ma soprattutto destinata a spogliare le espressioni di "stato di crisi" e "fallimento" di quell'aurea negativa che attualmente le avvolge e che sconfina in un grave pregiudizio per il debitore.
Contabilità e Fiscale - Modulo 2 - Impresaindividuale
Azione di responsabilità nel fallimento - Rapporti tra esecuzioni e fallimento
1. dott.
Giovanni
Rubin
LE
AZIONI
DI
RESPONSABILITA’
NEL
FALLIMENTO
IL
RAPPORTO
TRA
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO
DOTT.
GIOVANNI
RUBIN
!
Napoli,
4
maggio
2015
1
2. dott.
Giovanni
Rubin 2
DIRITTI
DEGLI
AMMINISTRATORI
Nelle
s.p.a.
gli
amministratori
godono
di
due
diritti:
!
• quello
di
percepire
un
compenso
ex
art.
2389
c.c.
(con
possibilità
di
deroga
a
favore
della
gratuità,
diversamente
dai
sindaci);
• quello
di
agire
in
assenza
di
turbative.
!
!
!
Nelle
s.r.l.
il
diritto
ad
agire
in
autonomia
è
affievolito
dall'ampio
potere
concesso
ai
soci
e
dalla
massima
libertà
di
contenuto
delle
clausole
statutarie
(art.
2479,
comma
1,
c.c.)
3. dott.
Giovanni
Rubin 3
DOVERI
DEGLI
AMMINISTRATORI
Solo
per
la
valenza
pratica
che
riveste
nell'ambito
dell'onere
della
prova,
in
dottrina
si
è
soliti
suddividere
in:
!
-‐
obblighi
a
contenuto
generico;
-‐
obblighi
a
contenuto
specifico.
CASS.
23/03/2004
N.
5718
In
tema
di
responsabilità
degli
amministratori
di
società,
occorre
distinguere
tra
obblighi
gravanti
sugli
amministratori
che
hanno
un
contenuto
specifico
e
già
determinato
dalla
legge
o
dall'atto
costitutivo
[...]
e
obblighi
definiti
attraverso
il
ricorso
a
clausole
generali,
quali
l'obbligo
di
amministrare
con
diligenza
e
quello
di
amministrare
senza
conflitto
di
interessi.
4. dott.
Giovanni
Rubin 4
OBBLIGHI
A
CONTENUTO
GENERICO
Perseguire
l'oggetto
sociale
!
Agire
secondo
canoni
di
diligenza
(duty
of
care)
!
Non
agire
in
conflitto
di
interessi
(duty
of
loyalty)
5. dott.
Giovanni
Rubin 5
ATTI
ESTRANEI
ALL’OGGETTO
SOCIALE
Art.
2328,
comma
2,
n.
3,
c.c.
(s.p.a.)
Art.
2463,
comma
2,
n.
3,
c.c.
(s.r.l.)
La
pertinenza
dell'attività
dell'amministratore
all'oggetto
sociale
assume
il
valore
di
precondizione
necessaria
alla
valutazione
di
qualsiasi
successivo
comportamento.
Un'operazione
estranea
all'oggetto
sociale
costituisce
sempre
mala
gestio
dell'amministratore
e
lo
espone
al
risarcimento
del
danno
in
presenza
di
un
pregiudizio
dimostrabile.
!
Per
stabilire
l'estraneità
è
necessario
accertare
a
quale
finalità
l'atto
stesso
sia
concretamente
diretto.
6. dott.
Giovanni
Rubin 6
ATTI
ESTRANEI
ALL’OGGETTO
SOCIALE
L'unica
difesa
per
il
convenuto
è
la
dimostrazione
che
l'atto
non
era
in
realtà
estraneo,
per
tanto,
non
esistono
parametri
di
valutazione
della
condotta.
Casistica
tipica:
!
• ipoteca
concessa
da
società
sugli
immobili
di
proprietà
a
garanzia
dei
debiti
di
un
terzo;
• sottoscrizione
di
un
derivato
speculativo,
anche
in
fase
di
ricontrattazione;
• concessione
di
finanziamenti
a
soggetti
terzi.
7. dott.
Giovanni
Rubin 7
ATTI
ESTRANEI
ALL’OGGETTO
SOCIALE
Il
concetto
di
oggetto
sociale
ha
perso
con
la
riforma
quella
valenza
di
"limite
invalicabile"
che
invece
è
rimasta
per
le
s.p.a.
!
Art.
2479,
comma
2,
n.
5,
c.c.
In
ogni
caso
sono
riservate
alla
competenza
dei
soci:
5)
la
decisione
di
compiere
operazioni
che
comportano
una
sostanziale
modificazione
dell'oggetto
sociale
determinato
nell'atto
costitutivo.
!
Tuttavia,
in
caso
di
danno
derivante
da
operazione
estranea
all'oggetto
sociale
!
Art.
2476,
comma
6,
c.c.
Sono
altresì
solidalmente
responsabili
con
gli
amministratori,
ai
sensi
dei
precedenti
commi,
i
soci
che
hanno
intenzionalmente
deciso
o
autorizzato
il
compimento
di
atti
dannosi
per
la
società,
i
soci
o
i
terzi.
8. dott.
Giovanni
Rubin 8
ATTI
ESTRANEI
ALL’OGGETTO
SOCIALE
Quantificazione
del
danno
APP.
MILANO
16/06/1995
L'entità
del
danno
risarcibile
dagli
amministratori
responsabili
di
averlo
compiuto
attraverso
il
compimento
di
investimenti
mirati
a
scopi
extrasociali
è
pari
alla
differenza
fra
le
somme
di
denaro
impiegate
per
tali
investimenti
e
quelle
poi
recuperate
a
seguito
della
loro
dismissione;
e
può
essere
aumentata
dei
relativi
oneri
finanziari
se
i
predetti
investimenti
sono
stati
finanziati
con
capitali
di
credito"
9. dott.
Giovanni
Rubin 9
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
ART.
2392
C.C.
Gli
amministratori
devono
adempiere
i
doveri
ad
essi
imposti
dalla
legge
e
dallo
statuto
con
la
diligenza
richiesta
dalla
natura
dell'incarico
e
dalle
loro
specifiche
competenze.
!
Tale
articolo
indica
uno
standard
astratto
di
comportamento,
richiamando
esplicitamente
l'art.
1176,
comma
2,
c.c.
e
confermando
che
trattasi
di
un'obbligazione
di
mezzi
e
non
di
risultato.
10. dott.
Giovanni
Rubin 10
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
Natura
dell'incarico:
il
riferimento
è
• alle
caratteristiche
oggettive
dell'impresa
(dimensioni,
organizzazione,
settore
di
attività,
struttura
dell'azionariato,
maggiore
o
minore
prevalenza
del
capitale
sul
lavoro)
==>
"natura";
• alle
funzioni
concretamente
espletate
da
ciascuna
amministratore
(presidente,
consigliere,
delegato,
membro
del
comitato)
==>
"incarico".
Specifiche
competenze:
livello
di
istruzione,
esperienze
lavorative
(curriculum).
Chi
è
munito
di
maggiori
competenze
dovrà
osservare
un
obbligo
di
diligenza
più
intenso.
Da
non
confondere
con
l'art.
2387,
comma
1,
c.c.:
Lo
statuto
può
subordinare
l'assunzione
della
carica
di
amministratore
al
possesso
di
speciali
requisiti
di
onorabilità,
professionalità
ed
indipendenza.
11. dott.
Giovanni
Rubin 11
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
In
dottrina
una
corrente
ritiene
che
il
concetto
di
"diligenza"
comprenda
anche
quello
di
perizia,
intesa
possesso
di
adeguata
cultura
d'impresa
(che
si
deve
tradurre
in
comportamenti
prudenti
e
avveduti).
!
Relazione
al
D.Lgs.
6/2003:
non
significa
che
gli
amministratori
debbano
necessariamente
essere
periti
in
contabilità,
in
materia
finanziaria
e
in
ogni
settore
della
gestione
e
dell'amministrazione
dell'impresa
sociale,
ma
significa
che
le
loro
scelte
devono
essere
informate
e
meditate,
basate
sulle
rispettive
conoscenze
e
frutto
di
un
rischio
calcolato,e
non
di
irresponsabile
o
negligente
improvvisazione.
12. dott.
Giovanni
Rubin 12
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
Il
generale
dovere
di
diligenza
si
esplica
altresì
nel
dovere
di
agire
in
modo
informato,
che
il
legislatore
ha
formalizzato
ART.
2381,
COMMA
3,
C.C.
[il
consiglio
di
amministrazione]
sulla
base
delle
informazioni
ricevute
valuta
l'adeguatezza
dell'assetto
organizzativo,
amministrativo
e
contabile
della
società;
quando
elaborati,
esamina
i
piani
strategici,
industriali
e
finanziari
della
società;
valuta
sulla
base
della
relazione
degli
organi
delegati,
il
generale
andamento
della
gestione.
ART.
2381,
COMMA
5,
C.C.
Gli
organi
delegati
[...]
riferiscono
al
consiglio
di
amministrazione
[...]
sul
generale
andamento
della
gestione
e
sulla
sua
prevedibile
evoluzione
nonché
sulle
operazioni
di
maggior
rilievo
[...]
ART.
2381,
COMMA
6,
C.C.
Gli
amministratori
sono
tenuti
ad
agire
in
modo
informato;
ciascun
amministratore
può
chiedere
agli
organi
delegati
che
in
consiglio
siano
fornite
informazioni
relative
alla
gestione
della
società.
13. dott.
Giovanni
Rubin 13
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
La
diligenza
non
si
traduce
in
un
obbligo
di
porre
in
essere
determinate
scelte
gestionali
(opportune
o
inopportune),
ma
nel
dovere
di
avviare
delle
procedure
(cautele,
informazioni,
pareri
tecnici)
necessarie
per
adottarle
in
modo
ponderato
(non
"cosa",
ma
"come").
Gli
amministratori
saranno
considerati
inadempienti
al
loro
dovere
di
diligenza
se
effettuano
scelte
con
colpevole
improvvisazione,
senza
informarsi
e
senza
soppesarne
vantaggi
e
svantaggi.
Non
devono
essere
valutate
le
operazioni
in
sé
nel
merito,
ma
le
fasi
preliminari
delle
operazioni,
ossia
i
comportamenti
propedeutici
all'assunzione
delle
decisioni
gestionali
da
cui
sono
scaturiti
effetti
pregiudizievoli.
14. dott.
Giovanni
Rubin 14
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
Il
GIudice,
trattandosi
di
obbligazione
di
mezzi,
non
può
mai
sindacare
il
merito
delle
decisioni
degli
amministratori
(principio
della
c.d.
business
judgement
rule).
CASS.
06/07/2970
N.
558
Il
Giudice,
investito
di
un'azione
di
responsabilità,
non
può
giudicare
sulla
base
di
criteri
discrezionali
di
opportunità
o
di
convenienza,
poiché
in
tal
modo
sostituirebbe
ex
post
il
proprio
apprezzamento
soggettivo
a
quello
espresso
o
attuato
dall'organo
all'uopo
legittimato.
15. dott.
Giovanni
Rubin 15
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
CASS.
28/04/1997
N.
3652
Il
giudizio
sulla
diligenza
non
può
mai
investire
le
scelte
di
gestione
degli
amministratori,
ma
tutt'al
più
il
modo
in
cui
esse
sono
state
compiute.
Non
senza
aggiungere
che,
ovviamente,
un
tale
giudizio
[...]
costituisce
una
tipica
valutazione
di
merito,
come
tale
non
sindacabile
in
cassazione
se
non
per
eventuali
vizi
di
motivazione
[...].
La
perdita
dell'esercizio
e
l'indebitamento
della
società,
per
le
ragioni
che
già
prima
sono
state
illustrate,
non
sono
adducibili
come
causa
di
responsabilità
degli
amministratori,
non
potendo
tale
responsabilità
derivare
dal
solo
fatto
che
le
scelte
imprenditoriali
compiute
non
si
siano
rivelate
felici
né
fortunate.
!
(Gli
amministratori
erano
stati
convenuti
in
giudizio
per
aver
acquistato
giocatori
di
calcio
troppo
anziani
a
prezzi
eccessivi)
16. dott.
Giovanni
Rubin 16
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
Ulteriore
principio
nel
quale
si
esplica
la
"diligenza"
è
l'obbligo
di
vigilanza.
!
ART.
2392,
COMMA
2,
C.C.
In
ogni
caso
gli
amministratori,
fermo
quanto
disposto
dal
terzo
comma
dell'art.
1381,
sono
solidalmente
responsabili
se,
essendo
a
conoscenza
di
fatti
pregiudizievoli,
non
hanno
fatto
quanto
potevano
per
impedirne
il
compimento
o
attenuarne
o
eliminarne
le
conseguenze
dannose
17. dott.
Giovanni
Rubin 17
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
La
previgente
disciplina
era
più
esplicita
nel
prevedere
un
dovere
di
vigilanza
ed
alcuni
autori
ne
hanno
dedotto
che
lo
stesso
sia
meno
stringente
rispetto
al
passato.
Tuttavia,
TRIB.
NAPOLI
03/02/2010
Sia
prima
che
dopo
la
riforma
ex
d.lg.
n.
6
del
2003,
gli
amministratori
hanno
il
dovere
di
vigilare
sulla
gestione
sociale
e
di
intervenire
per
impedire
il
compimento
di
atti
pregiudizievoli
dei
quali
siano
a
conoscenza,
o
per
eliminarne
o
attenuarne
le
conseguenze
dannose.
L'obbligo
di
vigilanza
ha
carattere
individuale
e
sussiste
qualora
le
funzioni
amministrative
non
siano
state
delegate.
18. dott.
Giovanni
Rubin 18
INOSSERVANZA
DELLA
DILIGENZA
!
Nelle
s.r.l.
manca
un
aggancio
normativo
che
indichi
il
dovere
degli
amministratori
di
agire
con
diligenza.
!
Valgono
le
indicazioni
di
dottrina
e
giurisprudenza
precedenti
alla
riforma:
• si
applicano
le
norme
in
materia
di
mandato;
• secondo
alcuni
la
diligenza
richiesta,
non
essendo
stata
specificata,
è
quella
"minore"
del
buon
padre
di
famiglia,
ma
giurisprudenza
maggioritaria
ritiene
corretto
applicare
il
secondo
comma
dell'art.
1176
c.c.;
• sono,
quindi,
applicabili
per
analogia
tutti
i
concetti
esposti
per
le
s.p.a.
19. dott.
Giovanni
Rubin 19
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Gli
amministratori
hanno
il
dovere
di
perseguire
l'interesse
sociale.
Non
esiste
una
definizione
di
"interesse
sociale",
per
tanto:
!
• di
norma
l'interesse
si
sostanzia
nello
sviluppo
dell'attività
economica,
nell'incremento
dei
profitti,
nella
massimizzazione
dei
dividendi;
• tuttavia,
possono
esservi
società
c.d.
"di
comodo"
(tutela
del
bene
anche
a
scapito
del
profitto),
e
a
capitale
pubblico
(interesse
pubblico).
E'
complesso
comprendere
quando
vi
sia
un'operazione
in
conflitto
di
interessi.
20. dott.
Giovanni
Rubin 20
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Per
le
difficoltà
di
individuazione
dei
casi
di
conflitto
di
interesse,
la
riforma,
cambiando
la
rubrica
dell'art.
2391
c.c.,
valido
solo
per
le
s.p.a.,
si
rivolge
in
generale
agli
"interessi
degli
amministratori".
a) Gli
aspetti
procedurali
della
norma
si
applicano
solo
ed
esclusivamente
alle
società
dotate
di
organo
collegiale;
b) rispetto
alla
disciplina
previgente
il
testo
innovato
ha
esteso
il
proprio
ambito
di
applicazione
anche
agli
interessi
non
patrimoniali
("ogni
interesse");
c) l'amministratore
di
c.d.a.,
oltre
a
dare
notizia
dell'interesse
che
egli
abbia
in
una
determinata
operazione
a
tutti
gli
amministratori
e
ai
sindaci
deve
precisarne
• natura:
patrimoniale
o
meno,
conflittualità
o
compatibilità
con
gli
scopi
sociali,
attualità
o
potenzialità;
• termini:
se
l'amministratore
è
portatore
dell'interesse
per
conto
proprio
o
di
terzi
ed
indicare
il
soggetto
interessato;
• origine:
modalità
con
cui
l'interesse
è
sorto,
preesistente
o
successivo
alla
nomina
ad
amministratore;
• portata:
aspetti
temporali
e
quantitativi
dell'interesse.
21. dott.
Giovanni
Rubin 21
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
d) Il
consiglio
di
amministrazione
deve
adeguatamente
(analisi
comparativa,
dimostrazione
della
prevalenza
dell'interesse
della
società
su
quello
dell'amministratore)
motivare
le
ragioni
e
la
convenienza
per
la
società
dell'operazione;
e) non
vi
è
più
l'obbligo
di
astensione
dal
voto
da
parte
dell'amministratore
"interessato"
che
abbia
adempiuto
al
dovere
di
informazione;
f) il
divieto
di
voto
è
ora
previsto
solo
per
gli
amministratori
soci
in
caso
di
delibera
sulla
loro
responsabilità
con
quorum
ridotto;
g) l'amministratore
delegato
dovrà
astenersi
dal
compiere
l'operazione,
investendo
della
stessa
l'organo
collegiale
(non
è
sufficiente
un'informativa);
h) l'amministratore
unico
deve
darne
notizia
prima
di
porre
in
essere
l'operazione
al
collegio
sindacale
e
informare
i
soci
alla
prima
assemblea
utile
(considerata
l'inesistenza
di
poteri
gestori
in
capo
all'assemblea,
non
si
ritiene
applicabile
come
in
passato
l'art.
1394
c.c.
e
non
è
necessaria
una
convocazione
ad
hoc).
22. dott.
Giovanni
Rubin 22
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Nelle
s.r.l.
non
esiste
una
norma
simile
all'art.
2391.
L'art.
2475-‐ter
si
limita
a
riconoscere
l'annullabilità
dei
contratti
stipulati
dagli
amministratori
in
conflitto
di
interesse
e
l'impugnabilità,
se
cagionevoli
di
danno,
delle
delibere
assunte
con
il
voto
determinante
di
un
amministratore
in
conflitto
di
interessi.
Di
fatto
viene
riproposto
il
contenuto
dell'art.
1394
c.c.
e
dottrina
ritiene
applicabile
altresì
l'art.
1395
c.c.
(contratto
con
se
stesso,
è
annullabile
il
contratto
che
il
rappresentante
conclude
con
se
stesso,
in
proprio
o
come
rappresentante
di
un'altra
parte,
a
meno
che
il
rappresentato
lo
abbia
autorizzato
specificamente).
23. dott.
Giovanni
Rubin 23
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
L'art.
2391
c.c.
prevede
che
L'amministratore
risponde
dei
danni
derivati
dalla
sua
azione
od
omissione.
Oggetto
di
risarcimento
è
tanto
il
lucro
cessante,
quanto
il
danno
emergente
(in
passato
si
escludeva
il
lucro
cessante
visto
l'utilizzo
del
termine
"perdite"
al
posto
di
"danno").
L'
"omissione"
è
contemplata
per
sanzionare
gli
amministratori
che,
informati
di
un
interesse
in
conflitto,
rimangono
inerti.
24. dott.
Giovanni
Rubin 24
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Casistica
Prelevamenti
indebiti
e
pagamenti
di
somme
non
dovute
TRIB.
MILANO
26/01/1993
Non
è
contestato,
in
fatto,
che
i
prelievi
di
denaro
dalle
casse
sociali
non
erano
motivati
da
esigenze
connesse
con
l'attività
di
gestione
della
xxxx,
ma
giustificati
da
esigenze
di
liquidità
di
altre
società
o
soggetti
facenti
capo
allo
stesso
gruppo
aziendale.
Tanto
basta,
senza
necessità
di
ulteriori
indagini
sull'elemento
soggettivo,
per
ritenere
la
responsabilità
dell'amministratore
per
aver
agito
in
conflitto
di
interessi
con
la
società
25. dott.
Giovanni
Rubin 25
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Casistica
Operazioni
concluse
senza
adeguato
corrispettivo
TRIB.
MILANO
09/06/1977
Posto
infatti
che,
come
si
è
avanti
accertato,
l'operazione
considerata
intercorsa
tra
la
xxxxx
e
la
xxxxxxx,
e
che
in
entrambe
le
società
il
xxxxx
rivestiva
all'epoca
la
qualità
di
amministratore,
non
vi
può
essere
dubbio
che
egli
si
trovava
in
conflitto
di
interessi,
venendo
a
gestire
l'affare
in
posizioni
irriducibilmente
contrapposte;
perciò
egli
aveva
l'obbligo
di
informare
dell'operazione
gli
altri
amministratori
e
il
collegio
sindacale,
ai
sensi
della
norma
di
legge
sopra
richiamata.
Senonché
il
xxxxx
non
ha
dimostrato,
come
era
suo
onere,
di
aver
osservato
tale
precetto,
e
pertanto
la
sua
responsabilità
in
ordine
alle
perdite
subite
dall'attrice
nell'operazione
di
cui
trattasi
deve
essere
affermata
anche
sotto
questo
profilo.
26. dott.
Giovanni
Rubin 26
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONFLITTO
DI
INTERESSI
Casistica
Operazioni
sfruttate
personalmente
ART.
2391,
ULT.
COMMA,
C.C.
("CORPORATE
OPPORTUNITIES")
L'amministratore
risponde
altresì
dei
danni
che
siano
derivati
alla
società
dalla
utilizzazione
a
vantaggio
proprio
o
di
terzi
di
dati,
notizie
o
opportunità
di
affari
appresi
nell'esercizio
del
suo
incarico.
In
dottrina
l'esistenza
di
una
norma
specifica
ha
fatto
ritenere
che
l'attore
può
esimersi
dal
dimostrare
la
mancata
diligenza,
essendo
sufficiente
la
prova
dell'utilizzo
di
un'informazione
riservata
e
di
aver
posto
in
essere
un'operazione
a
proprio
vantaggio
a
danno
della
società.
27. dott.
Giovanni
Rubin 27
VIOLAZIONE
DI
OBBLIGHI
A
CONTENUTO
SPECIFICO
Sono
tali
quelli
contemplati
da
specifiche
previsioni
di
legge.
Mentre
per
l'inadempimento
degli
obblighi
generici
è
necessario
provare
la
difformità
del
comportamento
dell'amministratore
da
canoni
di
diligenza
"standard",
l'inosservanza
degli
obblighi
specifici
è
di
immediato
rilievo
(è
sufficiente
provare
che
l'amministratore
non
ha
tenuto
il
comportamento
previsto
dalla
legge).
Impossibile
un'elencazione
esaustiva.
28. dott.
Giovanni
Rubin 28
IRREGOLARITA’
DELLE
SCRITTURE
CONTABILI
CASS.
25/07/1979
N.
4415
(TESI
MAGGIORITARIA
IN
CASO
DI
TENUTA
IRREGOLARE)
Le
mere
irregolarità
contabili
non
sono
di
per
sé
produttive
di
un
danno
e
non
costituiscono
autonoma
fonte
di
un
obbligo,
perché
la
responsabilità
dell'amministratore
non
deriva
dalla
sola
irregolarità
della
tenuta
dei
libri
contabili,
se
da
questo
fatto
non
dipende
un
pregiudizio
economico
della
società.
CASS.
19/12/1985
N.
6493
(TESI
MINORITARIA
IN
CASO
DI
TOTALE
TENUTA)
La
totale
mancanza
di
contabilità
sociale,
o
la
sua
tenuta
in
modo
sommario
e
non
intelligibile,
è
di
per
sé
giustificativa
della
condanna
dell'amministratore
al
risarcimento
del
danno
[...].
La
corte
di
merito
ha
correttamente
indicato
nella
differenza
che
risulterà
tra
il
passivo
e
l'attivo
fallimentare
al
termine
del
fallimento,
il
criterio
di
determinazione
del
danno.
29. dott.
Giovanni
Rubin 29
IRREGOLARITA’
DELLE
SCRITTURE
CONTABILI
CASS.
04/04/1998
N.
3483
(TESI
INTERMEDIA)
Una
volta
accertato
che
gli
amministratori
di
una
società
[...]
abbiano
consumato
violazioni
dei
loro
doveri
[...]
e
che
da
queste
violazioni
sia
derivato
un
danno
alla
società,
l'impossibilità
di
determinare
in
modo
specifico
il
nesso
esistente
tra
le
singole
violazioni
e
l'ammontare
del
danno
globalmente
accertato
(ossia
la
concreta
misura
del
danno
conseguente
ad
ogni
singola
violazione),
in
conseguenza
della
circostanza
che
le
scritture
contabili
sono
state
tenute
in
modo
da
impedire
la
ricostruzione
a
posteriori
delle
vicende
societarie,
[...]
aggrava
la
loro
responsabilità
e
si
traduce
in
un
pregiudizio
per
la
loro
posizione
processuale,
legittimando
l'ascrivibilità
dell'intero
danno.
30. dott.
Giovanni
Rubin 30
REDAZIONE
DEL
BILANCIO
La
redazione
del
bilancio
non
è
attività
delegabile
ex
art.
2381,
comma
4,
c.c.
(s.p.a.)
e
art.
2475,
ult.
comma,
c.c.
(s.r.l.).
APP.
MILANO
13/02/2004
La
violazione
di
cui
all'art.
2423-‐bis
c.c.
da
parte
degli
amministratori
che
abbiano
rappresentato
una
situazione
patrimoniale
della
società
non
rispondente
alla
situazione
effettiva
(in
base
a
criteri
legali)
di
fatto
evitando
l'immediata
adozione
degi
provvedimenti
richiesti
dagli
artt.
2446
e
2447
c.c.,
non
li
espone
automaticamente
alla
responsabilità
prevista
dall'art.
2392
c.c.,
né
a
quella
di
cui
all'art.
2043
c.c.
[...]
se
non
si
accompagna
alla
prova
che
da
tali
e
siffatte
violazioni
siano
direttamente
derivati
pregiudizi.
31. dott.
Giovanni
Rubin 31
SOTTOVALUTAZIONE
DELLE
POSTE
DI
BILANCIO
CASS.22/06/1990
N.
6278
Si
deve
ritenere
esatta
la
distinzione
fra
atti
di
disposizione
compiuti
a
scopi
extrasocietari,
o
comunque
per
scopi
di
indimostrata
coincidenza
con
quelli
societari,
ed
atti
di
disposizione
computi
nell'interesse
e
nell'ambito
della
gestione
dell'impresa
sociale.
Per
i
primi,
infatti,
alla
responsabilità
per
l'occultamento,
si
aggiunge
quella
per
l'oggettiva
sottrazione
del
bene
sociale
[...].
Per
i
secondi,
invece,
non
è
ravvisabile
altra
responsabilità,
oltre
quella
per
occultamento,
tenendo
conto
che
l'impiego
del
bene
per
fini
attinenti
all'impresa
sociale,
ove
non
risulti
un
espresso
divieto
(o
l'obbligo
di
munirsi
di
preventiva
autorizzazione),
non
lede
diritti
della
società
diversi
da
quello
di
essere
notiziata
dall'operato
dei
propri
organi.
32. dott.
Giovanni
Rubin 32
SOTTOVALUTAZIONE
DELLE
POSTE
DI
BILANCIO
Se
le
riserve,
ancorché
occulte
rimangono
nel
patrimonio
sociale
non
vi
è
danno,
viceversa
se
le
riserve
occulte
escono
dal
patrimonio
sociale.
!
Il
pregiudizio
non
riguarda
il
fatto
in
sé,
ma
il
successivo
illegittimo
comportamento
(distrazioni,
infedele
dichiarazione,
reperimento
di
finanze
presso
il
sistema
bancario,
ricapitalizzazioni
a
causa
di
perdite
non
reali,
vendita
di
azioni
a
prezzi
inferiori).
33. dott.
Giovanni
Rubin 33
SOPRAVVALUTAZIONE
DELLE
POSTE
DI
BILANCIO
Le
sopravvalutazioni
del
patrimonio
(maggiore
attivo,
minore
passivo)
non
sono
sanzionabili
in
sé,
ma
possono
comportare:
!
• maggiore
tassazione
per
la
società
per
utili
mai
realizzati
(danno
alla
società);
• depauperamento
patrimoniale
a
seguito
di
distribuzione
di
utili
fittizi
(danno
alla
società);
• acquisto
di
azioni
e
versamenti
di
capitale
indotti
da
bilanci
irregolari
(danno
ai
soci
ed
ai
terzi);
• fornitori
o
banche
che
abbiano
concesso
dilazioni
di
pagamento
o
finanziamenti
sulla
base
di
dati
non
corretti
(danno
ai
creditori).
34. dott.
Giovanni
Rubin 34
CONTROLLO
SULLA
STIMA
DEI
CONFERIMENTI
IN
NATURA
Il
controllo
da
parte
degli
amministratori
è
previsto
esplicitamente
solo
per
le
s.p.a.
(art.
2343
c.c.).
Tuttavia,
dottrina
maggioritaria
lo
ritiene
estensibile
alla
s.r.l.
in
virtù
del
dovere
di
tutelare
l'effettività
del
capitale
sociale
imposto
agli
amministratori.
!
4
situazioni:
!
• costituzione
tramite
conferimento
in
natura;
• aumento
di
capitale
tramite
conferimento
in
natura;
• trasformazione
progressiva
da
società
di
persone
a
società
di
capitali;
• acquisto
da
parte
della
società
nei
due
anni
dalla
costituzione
di
beni
o
crediti
per
un
importo
pari
o
superiore
al
decimo
del
capitale
sociale
35. dott.
Giovanni
Rubin 35
CONTROLLO
SULLA
STIMA
DEI
CONFERIMENTI
IN
NATURA
TRIB.
NAPOLI
23/01/2009
Quando
si
tratta
di
beni
per
stimare
i
quali
occorre
un'alta
specializzazione,
gli
amministratori
-‐
fisiologicamente
privi
di
competenze
specifiche
per
una
siffatta
valutazione
tecnica
-‐
devono
avvalersi
(senza
esenzione
da
responsabilità)
dell'ausilio
di
uno
o
più
professionisti
operanti
nel
settore.
36. dott.
Giovanni
Rubin 36
OBBLIGO
DI
CONVOCARE
L’ASSEMBLEA
IN
CASO
DI
PERDITE
Si
tratta
degli
obblighi
indicati
agli
artt.
2446
e
2447
c.c.
(per
le
s.p.a.)
e
agli
artt.
2482-‐bis
e
2482-‐ter
c.c.
(per
le
s.r.l.).
Le
criticità
che
possono
indurre
responsabilità:
• momento
consumativo:
la
legge
prevede
che
gli
amministratori
convochino
senza
indugio
l'assemblea
nel
momento
in
cui
risulta
che
il
capitale
è
diminuito
di
oltre
un
terzo.
L'utilizzo
del
verbo
"risultare"
porta
a
ritenere
che
l'obbligo
non
sorge
nel
momento
in
cui
la
perdita
si
verifica,
ma
nel
momento
in
cui
è
conosciuta
o
conoscibile
secondo
ordinari
canoni
di
diligenza.
La
prova
dell'anticipata
conoscenza
della
perdita
è
a
carico
della
parte
attrice;
• nesso
di
causalità:
il
danno
non
consiste
dalla
mancata
convocazione
dell'assemblea
in
sé
considerata,
ma
dalle
ulteriori
perdite
derivanti
dall'omessa
convocazione.
L'amministratore
risponde
delle
conseguenze
del
proprio
inadempimento,
con
esclusione
di
quei
danni
che
si
sarebbero
comunque
compiuti
anche
con
la
convocazione.
E'
complesso
provare
quale
sarebbe
stata
la
delibera
dell'assemblea,
quindi
è
raro
riuscire
a
provare
il
nesso
di
causalità.
37. dott.
Giovanni
Rubin 37
OBBLIGO
DI
CONVOCARE
L’ASSEMBLEA
IN
CASO
DI
PERDITE
• relazione
patrimoniale:
detta
relazione
[...]
deve
porre
in
evidenza,
quando
esiste,
lo
stato
di
crisi
dell'impresa
e
le
ragioni
che
l'hanno
determinato,
così
da
porre
i
soci
in
condizione
di
adottare
i
provvedimenti
opportuni
(Cass.
04/05/1994
n.
4326).
Se
la
relazione
è
errata
ed
i
soci
decidono
di
ricapitalizzare,
può
sorgere
una
responsabilità
in
capo
agli
amministratori
• inerzia
dell'assemblea:
nel
caso
in
cui
nell'anno
successivo
la
perdita
cumulata
non
sia
inferiore
al
terzo
del
capitale,
gli
amministratori
devono
chiedere
al
tribunale
che
venga
disposta
la
riduzione.
I
soci
inerti
non
potranno
agire
in
responsabilità
in
caso
di
omissione.
TRIB.
MILANO
22/09/1986
L'omissione
della
tempestiva
convocazione
dell'assemblea
da
parte
degli
amministratori
quando
il
capitale
sia
interamente
perduto
[...]
comporta
la
responsabilità
[...]
per
il
danno
che
subisce
chi,
in
presenza
degli
avvenimenti
negativi
predetti,
sottoscrive
un
aumento
di
capitale
e
ne
versa
l'importo
nelle
casse
sociali,
in
base
ad
una
deliberazione
nulla.
38. dott.
Giovanni
Rubin 38
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
ART.
2484,
N.
4,
C.C.
Le
società
per
azioni,
in
accomandita
per
azioni
e
a
responsabilità
limitata
si
sciolgono:
[...]
4)
per
la
riduzione
del
capitale
al
di
sotto
del
minimo
legale,
salvo
quanto
è
disposto
dagli
articoli
2447
e
2482-‐ter;
ART.
2485,
COMMA
1,
C.C.
Gli
amministratori
devono
senza
indugio
accertare
il
verificarsi
di
una
causa
di
scioglimento
e
procedere
agli
adempimenti
previsti
dal
terzo
comma
dell'articolo
2484.
Essi,
in
caso
di
ritardo
od
omissione,
sono
personalmente
e
solidalmente
responsabili
per
i
danni
subiti
dalla
società,
dai
soci,
dai
creditori
sociali
e
dai
terzi.
ART.
2486
C.C.
Al
verificarsi
di
una
causa
di
scioglimento
e
fino
al
momento
della
consegna
di
cui
all'art.
2487-‐bis,
gli
amministratori
conservano
il
potere
di
gestire
la
società,
ai
soli
fini
della
conservazione
dell'integrità
e
del
valore
del
patrimonio
sociale.
Gli
amministratori
sono
personalmente
e
solidalmente
responsabili
dei
danni
arrecati
alla
società,
ai
soci,
ai
creditori
sociali
ed
ai
terzi,
per
atti
od
omissioni
compiuti
in
violazione
del
precedente
comma.
39. dott.
Giovanni
Rubin 39
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
Il
"vecchio"
art.
2449
c.c.
disponeva
tout
court
che
gli
amministratori,
quando
si
è
verificato
un
fatto
che
determina
lo
scioglimento
della
società,
non
possono
intraprendere
nuove
operazioni".
Con
la
riforma
vi
sono
due
adempimenti
consecutivi:
2485:
accertamento
della
causa
di
scioglimento
e
iscrizione
al
Reg.
delle
imprese;
2486:
porre
in
essere
solo
operazioni
aventi
carattere
conservativo.
La
riforma
ha
recepito
le
indicazioni
giurisprudenziali
emerse
nel
vigore
della
precedente
formulazione
del
codice
civile,
per
tanto
gli
orientamenti
previgenti
risultano
tuttora
validi
(Trib.
Milano
18/01/2011).
L'unica
differenza
è
che
la
responsabilità
dell'amministratore
non
investe
più
l'operazione
non
conservativa
in
sé,
ma
il
danno
che
ne
scaturisce.
40. dott.
Giovanni
Rubin 40
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
L'onere
della
prova
rispetto
alla
data
di
conoscenza
del
verificarsi
della
perdita
qualificata
tale
da
comportare
lo
scioglimento
della
società
spetta
all'attore,
tuttavia
gli
amministratori
non
potranno
provare
di
aver
ignorato
l'esistenza
della
stessa
dopo
la
redazione
del
progetto
di
bilancio.
!
TRIB.
MILANO
24/01/1983
Spetta
a
chi
esercita
l'azione
di
responsabilità
dimostrare
che
l'operatività
del
divieto
prescritto
dall'art.
2449
citato
risalga
ad
un
momento
anteriore
a
quello
della
formazione
del
bilancio
o
della
chiusura
dell'esercizio.
41. dott.
Giovanni
Rubin 41
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
Secondo
l'art.
2486
c.c.,
in
sostanziale
continuità
con
l'interpretazione
del
vecchio
art.
2449
c.c.,
sono
precluse
tutte
quelle
operazioni
che
comportano
l'avvio
di
azioni
speculative,
l'assunzione
di
rischi
d'impresa
ed
il
conseguimento
di
nuovi
utili,
mentre
sono
consentite
le
operazioni
finalizzate
alla
realizzazione
più
conveniente
dei
beni
della
società
ed
all'estinzione
dei
rapporti
pendenti.
TRIB.
MILANO
03/02/2010
L'abrogazione
del
previgente
articolo
2449
c.c.
non
ha
ristretto,
bensì
ampliato,
il
perimetro
della
responsabilità
degli
amministratori,
in
quanto
gli
attuali
artt.
2485
e
2486
c.c.
superano
il
divieto
delle
sole
operazioni
"nuove",
riferendosi
a
qualsiasi
danno
cagionato
dalla
società,
ai
creditori
o
ai
terzi.
!
!
!
42. dott.
Giovanni
Rubin 42
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
CASS.
19/09/1995
N.
9887
(NUOVI
ORDINATIVI)
In
considerazione
della
particolare
finalità
del
divieto
sancito
dall'art.
2449
c.c.
vanno
qualificati
come
nuove
operazioni
tutti
quei
rapporti
giuridici
che,
svincolati
dalle
necessità
inerenti
alle
liquidazioni
delle
attività
sociali
[...]
siano
costituiti
dagli
amministratori
per
il
conseguimento
di
un
utile
sociale
e
per
finalità
diverse
da
quelle
di
liquidazione
della
società.
[...]
Nel
caso
in
esame
[...]
le
nuove
ordinazioni
di
prodotti
farmaceutici
non
erano
finalizzate
alla
liquidazione
della
società
ma
costituivano
il
normale
svolgimento
dell'attività
della
società
poi
fallita
ed
erano
preordinate
al
conseguimento
di
nuovi
utili.
43. dott.
Giovanni
Rubin 43
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
CASS.
27/11/1982
N.
6431
(ESECUZIONE
DI
COMMESSE
PRECEDENTI)
La
perdita
del
capitale
sociale,
quale
fatto
presupposto
della
responsabilità
dell'amministratore
che
aveva
intrapreso
nuove
operazioni
è
stata
accertata
con
riferimento
ai
dati
risultanti
dal
bilancio
al
31
dicembre
1972.
Le
commesse
in
questione,
evidentemente,
erano
state
acquisite
prima
di
tale
data;
ma
la
loro
esecuzione,
secondo
la
sentenza
impugnata,
fu
iniziata
nel
1973.
E
poiché
l'esecuzione
predetta
(intrapresa,
quindi,
dopo
che
già
si
era
verificato
l'evento
previsto
dall'art.
2448,
n.
4,
c.c.)
non
era
finalizzata
alla
liquidazione
specifica
della
società,
nel
senso
che
non
era
necessaria
per
portare
a
compimento
un'attività
già
intrapresa,
ma
era
preordinata
al
conseguimento
di
nuovi
utili
[...],
bene
la
stessa
è
stata
considerata
come
rientrante
nel
novero
di
quelle
nuove
operazioni
in
relazione
alle
quali
l'art.
2449
c.c.
prevede
la
responsabilità
degli
amministratori.
44. dott.
Giovanni
Rubin 44
DIVIETO
DI
INTRAPRENDERE
NUOVE
OPERAZIONI
TRIB.
GENOVA
30/04/2985
(FUNZIONAMENTO
PER
NON
DISPERDERE
L'AVVIAMENTO)
Nei
pochi
mesi
decorsi
tra
il
febbraio
ed
il
giugno
1991,
era
assurdo
pretendere
dagli
amministratori
un'interruzione
improvvisa
dello
stabilimento
siderurgico
e,
quindi,
delle
richieste
forniture
di
routine,
pur
nella
grave
difficoltà
finanziaria,
in
presenza
di
serie
prospettive
di
recupero
e,
comunque,
per
non
aumentare
con
decisioni
affrettate
ed
avventate
le
perdite
economiche,
i
problemi
sociali
ed
occupazionali,
nonché
i
danni
per
gli
stessi
fornitori,
in
vista
dell'imminente
fase
di
liquidazione
della
società.
45. dott.
Giovanni
Rubin 45
CONVOCAZIONE
DELL’ASSEMBLEA
ART.
2367
C.C.
Gli
amministratori
[...]
devono
convocare
senza
ritardo
l'assemblea,
quando
ne
è
fatta
domanda
da
tanti
soci
che
rappresentano
almeno
il
ventesimo
del
capitale
sociale
[...]
e
nella
domanda
sono
indicati
gli
argomenti
da
trattare.
Se
gli
amministratori
[...]
non
provvedono,
il
tribunale
[...],
ove
il
rifiuto
di
provvedere
risulti
ingiustificato,
ordina
con
decreto
la
convocazione
dell'assemblea.
L'espressione
"soci"
in
realtà
deve
essere
letta
come
"titolari
di
diritto
di
voto"
(usufruttuario,
creditore
pignoratizio,
custode,
girante
delle
azioni
per
procura,
società
fiduciaria).
46. dott.
Giovanni
Rubin 46
CONVOCAZIONE
DELL’ASSEMBLEA
TRIB.
AOSTA
12/04/1994
Dalla
richiesta
della
minoranza
scaturisce
per
il
consiglio
di
amministrazione,
non
già
l'obbligo
di
dar
corso
alla
convocazione
dell'assemblea,
ma
solo
l'obbligo
di
provvedere
(eventualmente
anche
in
senso
negativo).
E
ciò
anche
in
quanto
nei
poteri
del
Consiglio
rientra
la
preventiva
valutazione
sull'opportunità
o
meno
della
convocazione.
TRIB.
VERONA
21/11/2008
Il
novellato
art.
2367
c.c.
prevede
che
gli
amministratori
non
sono
obbligati
automaticamente
alla
convocazione
dell'assemblea,
una
volta
pervenuta
la
richiesta
da
parte
dei
soci
che
rappresentino
almeno
un
decimo
del
capitale
sociale,
ma
possono
sindacare
la
richiesta
e
rifiutare
la
convocazione,
purché
sulla
base
di
motivi
giusitificati.
47. dott.
Giovanni
Rubin 47
OBBLIGO
DI
DARE
ESECUZIONE
ALLE
DELIBERE
ART.
2364,
COMMA
1,
N.
5,
C.C.
L'assemblea
delibera
sugli
altri
oggetti
attribuiti
dalla
legge
alla
competenza
dell'assemblea,
nonché
sulle
autorizzazioni
eventualmente
richieste
dallo
statuto
per
il
compimento
di
atti
degli
amministratori,
ferma
in
ogni
caso
la
responsabilità
di
questi
per
gli
atti
compiuti.
ART.
2479,
COMMA
1,
C.C.
I
soci
decidono
sulle
materie
riservate
alla
loro
competenza
dall'atto
costitutivo,
nonché
sugli
argomenti
che
uno
o
più
amministratori
o
tanti
soci
che
rappresentano
almeno
un
terzo
del
capitale
sociale
sottopongono
alla
loro
approvazione.
!
48. dott.
Giovanni
Rubin 48
OBBLIGO
DI
DARE
ESECUZIONE
ALLE
DELIBERE
Secondo
la
giurisprudenza
maggioritaria
non
esiste
un
obbligo
assoluto
a
carico
degli
amministratori
di
dare
esecuzione
alle
deliberazioni
assembleari:
l'obbligo
specifico
di
dare
esecuzione
alle
deliberazioni
dovrà
cedere
il
passo
all'obbligo
generale
di
amministrare
con
diligenza.
Prevale
il
disposto
di
cui
all'art.
2380-‐bis
c.c.,
secondo
cui
la
gestione
dell'impresa
spetta
esclusivamente
agli
amministratori.
Si
applica
l'art.
1171,
comma
2,
c.c.,
secondo
cui
il
mandatario
può
discostarsi
dalle
istruzioni
ricevute,
qualora
circostanze
ignote
al
mandante,
e
tali
che
non
possano
essergli
comunicate
in
tempo,
facciano
ragionevolmente
ritenere
che
lo
stesso
mandante
avrebbe
dato
la
sua
approvazione.
49. dott.
Giovanni
Rubin 49
OBBLIGO
DI
DARE
ESECUZIONE
ALLE
DELIBERE
Delibere
nulle
(impossibilità
o
illiceità
dell'oggetto):
non
esiste
alcun
obbligo
per
gli
amministratori
di
dar
seguito
alla
decisione
ed
incorrerebbero
in
responsabilità
nel
caso
contrario
(tamquam
non
esset);
!
Delibere
annullabili:
l'obbligo
di
esecuzione
sussiste,
ma
sorgerà
l'ulteriore
onere
di
impugnare
la
delibera
stessa,
a
cui
sono
legittimati
ex
art.
2377,
comma
2,
c.c.
50. dott.
Giovanni
Rubin 50
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONCORRENZA
ART.
2390
C.C.
Gli
amministratori
non
possono
assumere
la
qualità
di
soci
illimitatamente
responsabili
in
società
concorrenti,
né
esercitare
un'attività
concorrente
per
conto
proprio
o
di
terzi,
né
essere
amministratori
o
direttori
generali
in
società
concorrenti,
salvo
autorizzazione
dell'assemblea.
Si
tratta
di
un'applicazione
specifica
del
dovere
di
non
agire
in
conflitto
di
interessi:
nel
caso
in
cui
l'amministratore
assuma
uno
dei
ruoli
indicati
nell'art.
2390
c.c.
c'è
una
sorta
di
inversione
dell'onere
della
prova.
51. dott.
Giovanni
Rubin 51
DIVIETO
DI
AGIRE
IN
CONCORRENZA
Solo
l'assemblea
dei
soci
e
lo
statuto
possono
derogare
al
divieto
di
concorrenza.
!
CASS.
01/10/1975
N.
3091
L'art.
2390
c.c.
dichiara
che
gli
amministratori
non
possono
assumere
la
qualità
di
soci
illimitatamente
responsabili
in
società
concorrenti,
né
esercitare
un'attività
concorrente,
ma
la
parola
"assumere",
così
come
la
parola
"esercitare",
ha
semplicemente
un
significato
oggettivo,
senza
alcun
riguardo
al
momento
in
cui,
prima
o
dopo
la
sua
nomina,
l'amministratore
abbia
assunto
o
stia
per
assumere
la
qualità
incompatibile,
l'art.
2390
intende
vietare
comunque
che
durante
il
suo
ufficio
l'amministratore
si
trovi
a
rivestire
una
qualità
o
a
svolgere
un'attività
che
pongano
in
situazione
di
dannoso
o
pericoloso
antagonismo.
52. dott.
Giovanni
Rubin 52
GRADAZIONE
DELLA
RESPONSABILITA’
Maggiore
responsabilità
all’aumentare
della
discrezionalità
e
dei
poteri
gestori.
Amministratore
Unico
Amministratore
delegato
Comitato
esecutivo
Consiglio
di
amministrazione
53. dott.
Giovanni
Rubin 53
RESPONSABILITA’
SOLIDALE
Art.
2392,
comma
1,
c.c.
[...]
Essi
sono
solidalmente
responsabili
[...]
Accertata
la
responsabilità
degli
amministratori,
chi
agisce
per
i
danni
può
rivolgersi
per
l'intero
anche
nei
confronti
di
un
unico
amministratore;
Nel
rapporto
interno
tra
amministratori
potrà
essere
esercitata
l'azione
di
regresso
per
il
riconoscimento
della
gradazione
e
per
ottenere
il
rimborso
di
quanto
pagato
in
eccesso.
54. dott.
Giovanni
Rubin 54
ESENZIONE
DA
RESPONSABILITA’
L'art.
2392,
comma
3,
c.c.
prevede
l'unico
modo
per
esentare
da
responsabilità
un
amministratore.
Due
elementi:
• annotazione
senza
ritardo
del
suo
dissenso
nel
libro
delle
adunanze
del
consiglio;
• immediata
notizia
per
iscritto
al
presidente
del
collegio
sindacale.
Si
ritiene
che
sia
sufficiente
l'annotazione
durante
la
delibera
e
nella
successiva
comunicazione
al
collegio
sindacale
(che
comunque
è
presente
alla
delibera)
il
dissenso
deve
essere
confermato
e
motivato.
55. dott.
Giovanni
Rubin 55
E'
necessario
distinguere
tra
assenza
giustificata
e
assenza
non
giustificata.
TRIB.
MILANO
26/06/1989
L'assenza
dal
consiglio
di
amministrazione
che
ha
assunto
una
deliberazione
da
cui
discenda
la
responsabilità
degli
amministratori
per
danni
alla
società
non
ha
rilevanza
esimente
per
il
consigliere
stesso,
essendo
questi
tenuto
a
prendere
visione
successivamente
del
verbale
della
riunione
nella
quale
fu
assente,
ad
assumere,
se
del
caso,
ulteriori
informazioni,
indi
valutare
l'opportunità
di
chiedere
l'annotazione
e
di
compiere
la
comunicazione
di
cui
all'art.
2392.
In
caso
di
assenza
ingiustificata,
deve
fare
quanto
possibile
per
eliminare
le
conseguenze
dannose:
impugnare
la
delibera
se
la
stessa
è
l'unico
rimedio
per
eliminare
o
attenuare
le
conseguenze
dannose.
AMMINISTRATORE
ASSENTE
56. dott.
Giovanni
Rubin 56
AMMINISTRATORE
CESSATO
Cause:
morte,
decadenza,
revoca,
scadenza
e
rinuncia.
!
Negli
ultimi
due
casi
l'effetto
sarà
immediato
nel
caso
in
cui
rimanga
in
carica
la
maggioranza
dei
consiglieri,
oppure
differito
alla
ricostituzione
della
stessa.
L'amministratore
cessato
ha
il
dovere
di
porre
in
essere
tutti
i
comportamenti
indispensabili
a
garantire
il
normale
proseguimento
dell'attività
sociale
per
un
periodo
fisiologicamente
necessario
a
che
l'assemblea
deliberi
la
sostituzione.
57. dott.
Giovanni
Rubin 57
AMMINISTRATORE
SUBENTRANTE
Se
si
esclude
quello
di
prima
nomina
nell'atto
costitutivo,
l'amministratore
neo-‐
nominato
non
interviene
una
situazione
neutra.
TRIB.
MILANO
21/10/1999
Gli
amministratori
che
entrano
in
carica
hanno
il
dovere
di
rettificare
e
rimuovere
le
irregolarità
riscontrate
relative
a
precedenti
esercizi.
CASS.
27/02/2002
N.
2906
La
responsabilità
dell'amministratore
di
società
di
capitali
per
il
ritardo
nell'adozione
delle
misure
necessarie
a
contenere
le
perdite
e
per
la
mancata
richiesta
di
fallimento
non
viene
meno
per
effetto
della
responsabilità
del
precedente
amministratore
nell'aver
occultato
detto
stato,
una
volta
che
di
questo
egli
abbia
avuto
contezza.
58. dott.
Giovanni
Rubin 58
NATURA
DELLA
RESPONSABILITA’
La
responsabilità
si
distingue
in:
contrattuale
ed
extracontrattuale.
Tre
profili
di
rilevanza:
a)
onere
della
prova
• Contrattuale:
l'attore
dovrà
provare
solo
l'inadempimento,
il
danno
ed
il
nesso
di
causalità
tra
inadempimento
e
danno.
Il
convenuto
tenterà
di
provare
di
non
aver
potuto
adempiere
per
causa
a
lui
non
imputabile
ex
art.
1218
c.c.
(per
violazioni
di
obblighi
specifici)
oppure
di
aver
adempiuto
con
la
necessaria
diligenza
ed
in
assenza
di
conflitto
di
interessi
(per
violazioni
di
obblighi
generici);
• Extracontrattuale:
l'attore
dovrà
provare
l'inadempimento,
il
danno,
il
nesso
di
causalità,
il
dolo
o
la
colpa
(in
re
ipsa
per
violazione
di
obblighi
specifici);
59. dott.
Giovanni
Rubin 59
NATURA
DELLA
RESPONSABILITA’
b)
misura
del
danno
risarcibile:
• Contrattuale:
l'art.
1225
c.c.
limita
il
risarcimento
ai
soli
danni
prevedibili,
salvo
che
l'inadempimento
non
derivi
dal
dolo;
• Extracontrattuale:
sono
risarcibili
anche
i
danni
non
prevedibili.
!
c)
termine
di
prescrizione:
• Contrattuale:
si
applica
l'art.
2941,
n.
7,
c.c.,
il
cui
contenuto
è
riportato
nell'art.
2393
c.c.
5
anni
dalla
cessazione
della
carica;
• Extracontrattuale:
si
applica
l'art.
2949,
comma
2,
c.c.
e
l'art.
2935
c.c.
5
anni
dal
momento
in
cui
il
diritto
può
essere
fatto
valere.
60. dott.
Giovanni
Rubin 60
AZIONI
DI
RESPONSABILITA’
Per
le
s.p.a.
art.
2393
e
2393-‐bis
c.c.:
azione
sociale
di
responsabilità;
art.
2394
c.c.:
azione
dei
creditori
sociali;
art.
2395
c.c.:
azione
dei
soci
e
dei
terzi.
Per
le
s.r.l.
art.
2476,
comma
1,
c.c.:
azione
sociale
di
responsabilità;
art.
2476,
comma
7,
c.c.:
azione
dei
soci
e
dei
terzi;
nessuna
previsione
normativa
per
l'azione
dei
creditori
sociali.
La
giurisprudenza
di
merito
maggioritaria
propende
per
la
possibilità
di
esperire
l'azione
dei
creditori
anche
nelle
s.r.l.
per
motivi
di
sistema
(l'art.
2486,
comma
2,
c.c.;
l'art.
2477,
ult.
comma,
c.c.;
l'art.
2497
c.c.)
61. dott.
Giovanni
Rubin 61
AZIONI
DI
RESPONSABILITA’
E
FALLIMENTO
ART.
2394-‐BIS
C.C.
In
caso
di
fallimento,
liquidazione
coatta
amministrativa
e
amministrazione
straordinaria
le
azioni
di
responsabilità
previste
dai
precedenti
articoli
spettano
al
curatore
del
fallimento,
al
commissario
liquidatore
e
al
commissario
straordinario.
ART.
146
L.F.
Sono
esercitate
dal
curatore
previa
autorizzazione
del
giudice
delegato,
sentito
il
comitato
dei
creditori:
a)
le
azioni
di
responsabilità
contro
gli
amministratori,
i
componenti
degli
organi
di
controllo,
i
direttori
generali
e
i
liquidatori;
!
62. dott.
Giovanni
Rubin 62
AZIONE
SOCIALE
DI
RESPONSABILITA’
Consente
alla
società
di
fare
valere
in
sede
giudiziale
il
poprio
diritto
al
risarcimento
dei
danni,
in
conseguenza
di
violazioni
di
obblighi
imposti
dalla
legge
o
dallo
statuto.
Si
tratta
di
responsabilità
contrattuale
(si
dovrà
individuare
un
modello
astratto
di
comportamento
solo
per
gli
obblighi
di
natura
generica).
E'
deliberata
dall'assemblea
dei
soci
(esclusione
del
socio
amministratore
dal
quorum);
Può
essere
deliberata
da
parte
di
tanti
soci
che
rappresentino
1/5
del
capitale
sociale
nelle
s.p.a.;
nelle
s.r.l.
può
essere
avviata
da
ogni
socio;
Può
essere
in
qualsiasi
momento
interrotta
per
transazione
o
per
rinuncia.
63. dott.
Giovanni
Rubin 63
AZIONE
DEI
CREDITORI
SOCIALI
Sul
presupposto
che
il
capitale
sociale
di
una
società
funge
da
garanzia
patrimoniale
per
i
creditori
ex
art.
2740
c.c.,
l'art.
2394
c.c.
introduce
la
possibilità
per
i
creditori
di
agire
contro
gli
amministratori,
subordinatamente
a
due
presupposti:
a) il
patrimonio
sociale
deve
essere
depauperato
in
misura
tale
da
renderlo
insufficiente
al
soddisfacimento
dei
creditori;
!
a) l'insufficienza
del
patrimonio
deve
essere
stata
causata
dalla
violazione
da
parte
degli
amministratori
degli
obblighi
inerenti
la
conservazione
del
patrimonio
sociale.
Si
tratta
di
responsabilità
extracontrattuale,
per
tanto
l'attore
dovrà
provare:
danno,
inadempimento
degli
obblighi
di
conservazione
del
patrimonio,
nesso
di
causalità
(se
non
avessero
tenuto
tale
condotta
il
patrimonio
sarebbe
capiente),
profilo
soggettivo
doloso
o
colposo
(contenuto
generico
/
contenuto
specifico).
64. dott.
Giovanni
Rubin 64
AZIONE
DEI
CREDITORI
SOCIALI
CASS.
14/02/1966
N
441
L'insufficienza
del
patrimonio
sociale
rappresenta
una
situazione
più
grave
e
definitiva
dell'insolvenza;
quest'ultima
può
infatti
derivare
anche
da
uno
stato
di
illiquidità
al
momento
della
scadenza
delle
obbligazioni,
pur
essendo
integro
il
patrimonio
sociale.
Presupposto
dell'azione
ex
art.
2394
c.c.
è
invece
che
l'integrità
del
patrimonio
sia
venuta
meno,
mentre
non
è
necessario
né
sufficiente
che
si
proceda
preliminarmente
alla
liquidazione
della
società,
anche
attraverso
la
procedura
concorsuale.
CASS.
25/07/2008
N.
20476
Tale
concetto
si
differenzia
anche
dall'eventualità
della
perdita
integrale
del
capitale
sociale,
dal
momento
che
quest'ultima
evenienza
può
verificarsi
anche
quando
vi
è
un
pareggio
tra
attivo
e
passivo.
Non
si
potrà
avviare,
quindi,
l'azione
dei
creditori
sociali
se
vi
sia
insolvenza
dovuta
a
mera
illiquidità
o
se
il
capitale
sia
perduto,
ma
le
poste
attive
siano
in
grado
di
soddisfare
integralmente
i
debiti.
65. dott.
Giovanni
Rubin 65
AZIONE
DEI
CREDITORI
SOCIALI
Secondo
l'art.
2394,
comma
2,
c.c.
l'azione
può
essere
proposta
dai
creditori
quando
il
patrimonio
sociale
risulta
insufficiente
al
soddisfacimento
dei
loro
crediti.
CASS.
28/05/1998
N.
5287
L'azione
di
responsabilità
nei
confronti
degli
amministratori
e
dei
sindaci
di
una
società,
esperibile
ex
art.
2394
c.c.,
dai
creditori
sociali
[...]
è
soggetta
a
prescrizione
quinquennale
con
decorso
non
già
dalla
commissione
dei
fatti
integrativi
di
tale
responsabilità,
bensì
dal
(successivo
momento)
dell'insufficienza
del
patrimonio
sociale
al
soddisfacimento
dei
crediti.
CASS.
19/09/2011
N.
19051
Per
la
decorrenza
del
termine
di
prescrizione
quinquennale
dell'azione
di
responsabilità
nei
confronti
degli
amministratori
societari
è
necessaria
l'oggettiva
conoscibilità
della
situazione
di
incapienza
fallimentare,
che
può
desumersi
da
un
complesso
di
elementi
quali
mancato
deposito
dei
bilanci
e
la
notorietà
delle
difficoltà
nei
pagamenti.
!
66. dott.
Giovanni
Rubin 66
AZIONI
DI
RESPONSABILITA’
E
FALLIMENTO
CASS.
2772
24/03/1999
Le
due
azioni
civilistiche
devono
intendersi
contemporaneamente
proposte,
sicché
la
responsabilità
degli
amministratori
e
dei
sindaci
può
essere
legittimamente
dedotta
ed
affermata
con
riferimento
ai
presupposti
dell'azione
spettante
ai
creditori
sociali
(insufficienza
patrimoniale
cagionata
dall'inosservanza
di
obblighi
di
conservazione
del
patrimonio
sociale),
quanto
con
riferimento
ai
presupposti
dell'azione
sociale
(danno
prodotto
alla
società
da
ogni
illecito
doloso
o
colposo
degli
amministratori
per
violazione
dei
doveri
imposti
dalla
legge
e
dall'atto
costitutivo,
ovvero
inerenti
al
diligente
adempimento
delle
rispettive
funzioni.
TRIB.
MILANO
09/10/1989
In
capo
al
commissario
liquidatore
confluiscono
le
azioni
disciplinate
dagli
artt.
2393
e
2394
c.c.,
ma
non
l'azione
prevista
dall'art.
2395
c.c.,
che,
dunque,
ricorrendone
i
presupposti,
può
essere
esercitata
dal
singolo
socio
o
terzo
in
concorso
con
quelle
spettanti
al
competente
organo
della
procedura
concorsuale.
67. dott.
Giovanni
Rubin 67
QUANTIFICAZIONE
DEL
DANNO
E'
necessario
distinguere
in
danno
derivante
da
singole
condotte
e
danno
derivante
dalla
illegittima
continuazione
dell'attività
d'impresa.
Distrazione
di
attivo:
il
danno
coincide
con
il
controvalore
del
bene
distratto
o
con
l'importo
delle
somme
indebitamente
sottratte
alla
società.
Operazioni
fuori
oggetto
sociale:
il
danno
è
pari
alle
risorse
impiegate
o
dissipate
in
esecuzione
delle
operazioni
medesime
(ad
esempio:
importo
pagato
per
aver
concesso
una
garanzia
a
terzi;
la
perdita
subita
dall'aver
sottoscritto
un
contratto
derivato
speculativo).
Violazione
di
norme
tributarie
e
previdenziali:
il
danno
è
pari
alle
sanzioni
irrogate
ed
agli
interessi
maturati.
68. dott.
Giovanni
Rubin 68
QUANTIFICAZIONE
DEL
DANNO
In
caso
di
continuazione
dell'attività
i
criteri
di
quantificazione
del
danno
non
possono
che
essere
equitativi
ai
sensi
dell'art.
1226
c.c.
a)
criterio
del
"deficit
fallimentare";
b)
criterio
della
differenza
dei
netti
patrimoniali;
c)
criterio
del
danno
statico.
69. dott.
Giovanni
Rubin 69
CRITERIO
DEL
DEFICIT
PATRIMONIALE
Il
danno
è
pari
alla
differenza
tra
l'attivo
ed
il
passivo
fallimentare.
CASS.
15/02/2005
N.
3032
In
sede
di
giudizio
di
responsabilità,
nel
determinare
l'entità
del
danno
imputabile
all'illegittima
condotta
di
amministratori
o
sindaci
di
società
fallite
o
sottoposte
ad
altre
analoghe
procedure
concorsuali,
il
criterio
dell'identificazione
automatica
con
la
differenza
tra
attività
e
passività
accertate
in
sede
concorsuale
è
concettualmente
insostenibile.
Tale
criterio
differenziale,
peraltro,
può
essere
utilizzato
in
guisa
di
parametro
cui
ancorare
una
liquidazione
equitativa
ai
sensi
dell'articolo
1226
del
Cc,
una
volta
accertata
l'impossibilità
di
ricostruire
i
dati
in
modo
così
analitico
da
individuare
le
conseguenze
dannose
dei
singoli
atti
illegittimi.
Affinché
tale
criterio
sia
legittimamente
utilizzato
dal
giudice
di
merito,
questi
deve
fornire
una
puntuale
motivazione
in
ordine
non
soltanto
all'effettiva
impossibilità
di
addivenire
a
una
ricostruzione
degli
specifici
effetti
pregiudizievoli
procurati
al
patrimonio
sociale
dall'illegittimo
comportamento
degli
organi
sociali,
ciascuno,
ove
occorra,
distintamente
valutato,
ma
anche
alla
plausibilità
logica,
in
rapporto
alle
specifiche
caratteristiche
del
caso
in
esame,
dell'imputazione
causale
a
detto
comportamento
dell'intero
sbilancio
patrimoniale
della
società
quale
accertato
a
distanza
di
tempo
in
sede
concorsuale.
70. dott.
Giovanni
Rubin 70
CRITERIO
DEL
DEFICIT
PATRIMONIALE
Il
criterio
del
deficit
patrimoniale
non
tiene
conto
del
nesso
di
causalità
tra
condotta
degli
amministratori
e
danno
provocato
(non
è
detto,
inoltre,
che
tutti
i
creditori
presentino
istanza
di
insinuazione
al
passivo).
L'applicazione
è
ritenuta
giustificabile
solo
se
la
mancata
o
irregolare
tenuta
delle
scritture
contabili
non
ha
consentito
la
ricostruzione
delle
vicende
societarie
(Cass.
5876/2011,
7606/2011,
22911/2010).
CASS.
04/07/2012
N.
11155
Anche
nell'ipotesi
in
cui
il
curatore
non
rinvenga
la
contabilità,
il
danno
imputabile
agli
organi
della
società
fallita
non
può
essere
automaticamente
identificato,
in
via
equitativa,
nella
differenza
tra
attivo
e
passivo
accertato
in
sede
concorsuale:
tale
criterio
può
essere
infatti
utilizzato
solo
laddove
sia
accertata
la
colpa
dei
detti
organi
nell'aver
smarrito
o
distrutto
la
contabilità
che
in
precedenza
esisteva.
71. dott.
Giovanni
Rubin 71
CRITERIO
DELLA
DIFFERENZA
DEI
NETTI
PATRIMONIALI
Nel
caso
in
cui
la
perdita
del
capitale
sociale
sia
notevolmente
anteriore
rispetto
alla
data
di
riferimento
(cessazione
della
carica
di
amministratore
o
dichiarazione
di
fallimento),
ove
ricorra
una
particolare
complessità
nell'individuare
le
singole
operazioni
non
aventi
carattere
conservativo
ex
art.
2486
c.c.,
il
danno
può
essere
quantificato
come
differenza
dei
netti
patrimoniali
alle
due
date
(incremento
della
perdita).
CASS.
17/09/1997
N.
9252
La
differenza
dei
netti
patrimoniali
può
costituire
un
parametro
di
riferimento
per
la
liquidazione
del
danno
in
via
equitativa
qualora
sia
stata
accertata
l'impossibilità
di
ricostruire
i
dati
con
la
analiticità
necessaria
per
individuare
le
conseguenze
dannose
riconducibili
al
comportamento
degli
amministratori.
72. dott.
Giovanni
Rubin 72
CRITERIO
DELLA
DIFFERENZA
DEI
NETTI
PATRIMONIALI
Le
situazioni
patrimoniali
da
comparare
devono
essere
omogenee
e
redatte
entrambe
secondo
i
criteri
dettati
dall'OIC
5
in
materia
di
bilanci
di
liquidazione.
Peraltro
non
tutta
la
perdita
è
ascrivibile
alla
condotta
degli
amministratori.
CASS.
23/06/2008
N.
17033
Non
è
giustificata
[...]
la
liquidazione
del
danno
in
misura
pari
alla
perdita
incrementale
derivante
dalla
prosecuzione
dell'attività,
poiché
non
tutta
la
perdita
riscontrata
dopo
il
verificarsi
della
causa
di
scioglimento
può
essere
riferita
alla
prosecuzione
dell'attività
medesima,
potendo
in
parte
comunque
prodursi
anche
in
pendenza
della
liquidazione
o
durante
il
fallimento,
per
il
solo
fatto
della
svalutazione
dei
cespiti
aziendali,
in
ragione
del
venir
meno
dell'efficienza
produttiva
e
dell'operatività
dell'impresa.
73. dott.
Giovanni
Rubin 73
CRITERIO
DELLA
DIFFERENZA
DEI
NETTI
PATRIMONIALI
TRIB.
MILANO
01/04/2011
Nell'invocare
detto
criterio
della
c.d.
perdita
differenziale
agli
effetti
della
determinazione
del
danno
avrebbe
dovuto:
1. confrontare
situazioni
patrimoniali
omogenee
di
liquidazione
(avendo
assunto
quale
condotta
imputabile
la
ritardata
liquidazione)
provvedendo
ad
effettuare
le
relative
rettifiche
in
quella
ritenuta
scorrettamente
redatta
secondo
criteri
di
continuità
aziendale;
2. escludere
dal
saldo
"differenziale"
gli
effetti
di
operazioni
non
imputabili,
quali,
ad
esempio,
la
svalutazione
di
partecipazioni
conseguente
all'approvazione
dei
bilanci
delle
controllate
e/o
di
crediti.
74. dott.
Giovanni
Rubin 74
CRITERIO
DEL
DANNO
STATICO
Ogni
operazione
viene
valutata
asetticamente,
comparando
ricavi
e
costi
diretti
e
calcolando
così
il
danno
come
somma
degli
effetti
delle
varie
singole
operazioni
avviate.
TRIB.
MILANO
11/07/2011
Qualora
gli
amministratori
contravvengano
al
divieto
di
intraprendere
nuove
operazioni
dopo
che
il
capitale
è
andato
perduto
o
è
sceso
sotto
il
minimo
legale,
il
danno,
eventualmente
dagli
stessi
risarcibile,
è
pari
al
valore
degli
affari
intrapresi
successivamente
alla
perdita
del
capitale
sociale
solo
qualora
il
curatore
abbia
provato
concretamente
tale
danno
con
il
risultato
economico
delle
singole
operazioni
pregiudizievoli.
Per
poter
utilizzare
tale
criterio,
tuttavia,
si
deve
disporre
non
solo
di
una
contabilità
generale
aggiornata,
ma
anche
di
una
contabilità
analitica
o
industriale
tale
da
consentire
analisi
per
centri
di
costo.
Situazione
difficilmente
realizzabile
nelle
procedure
concorsuali.
75. dott.
Giovanni
Rubin
75
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO
L’esecuzione
immobiliare
consiste
in
una
particolare
azione
coattiva
con
la
quale
un
creditore
può
rendere
coattivamente
adempiente
ad
una
propria
obbligazione
il
debitore
civile.
!
-‐ può
riguardare
tutti
i
debitori
-‐ colpisce
uno
o
più
beni
singolarmente
individuati;
-‐ il
presupposto
oggettivo
è
l’inadempimento
!
Il
fallimento
dal
punto
di
vista
processuale
è
anch’esso
visto
come
una
procedura
coattiva,
ma
a
differenza
dell’esecuzione:
!
-‐ riguarda
l’imprenditore
commerciale
non
piccolo;
-‐ colpisce
tutti
i
beni
del
debitore
(presenti,
futuri
e
passati
==>
revocatorie);
-‐ il
presupposto
oggettivo
è
l’insolvenza.
76. dott.
Giovanni
Rubin
76
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO
Art.
51
LF:
salvo
diversa
disposizione
della
legge,
dal
giorno
della
dichiarazione
di
fallimento
nessuna
azione
individuale
esecutiva
o
cautelare,
anche
per
crediti
maturati
durante
il
fallimento,
può
essere
iniziata
o
proseguita
sui
beni
compresi
nel
fallimento.
!
Art.
52
L.F.:
Il
fallimento
apre
il
concorso
dei
creditori
sul
patrimonio
del
fallito.
!
Ogni
credito,
anche
se
munito
di
diritto
di
prelazione
o
trattato
ai
sensi
dell’articolo
111,
primo
comma,
n.
1),
nonché
ogni
diritto
reale
o
personale,
mobiliare
o
immobiliare,
deve
essere
accertato
secondo
le
norme
stabilite
dal
Capo
V,
salvo
diverse
disposizioni
della
legge.
!
Le
disposizioni
del
secondo
comma
si
applicano
anche
ai
crediti
esentati
dal
divieto
di
cui
all’articolo
51.
77. dott.
Giovanni
Rubin
77
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO
Che
succede
quando
una
procedura
esecutiva
è
in
corso
alla
data
della
dichiarazione
di
fallimento?
!
Tre
scenari
possibili:
!
-‐
subentro
ex
art.
107,
comma
6,
L.F.;
-‐
intervento
ex
art.
499
c.p.c.;
-‐
istanza
di
estinzione
della
procedura.
!
78. dott.
Giovanni
Rubin
78
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
SUBENTRO
Art.
107,
comma
6,
L.F.:
Se
alla
data
di
dichiarazione
di
fallimento
sono
pendenti
procedure
esecutive,
il
curatore
può
subentrarvi;
in
tale
caso
si
applicano
le
disposizioni
del
codice
di
procedura
civile;
altrimenti
su
istanza
del
curatore
il
giudice
dell’esecuzione
dichiara
l’improcedibilità
dell’esecuzione,
salvi
i
casi
di
deroga
di
cui
all’articolo
51.
!
Si
tratta
di
una
norma
derivativa
dell’art.
51
L.F.
sul
divieto
di
avviare
ulteriori
azioni
individuali
e
contemporaneamente
sancisce
una
continuità
tra
le
due
procedure.
La
ratio
è
quella
di
non
perdere
tutte
le
attività
poste
in
essere
dalla
procedura
esecutiva
di
cui
può
trarre
beneSicio
anche
la
procedura
fallimentare.
!
!
79. dott.
Giovanni
Rubin
79
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
SUBENTRO
La
continuità
tra
le
procedure
produce
effetti
molto
importanti.
!
Nel
fallimento
permane
l’inopponibilità
degli
atti,
delle
domande,
delle
ipoteche
e
dei
privilegi
di
cui
agli
artt.
2913
-‐2918
successivi
al
primo
pignoramento
del
creditore
procedente
in
sede
ordinaria.
Con
il
fallimento
tale
inopponibilità
si
estende
dal
solo
creditore
procedente
a
tutta
la
massa
dei
creditori.
!
Viceversa
gli
effetti
del
sequestro
che
non
sia
tramutato
in
pignoramento
non
si
estendono
alla
massa
dei
creditori,
poiché
l’art.
2906
c.c.
limita
espressamente
gli
effetti
al
creditore
sequestrante
(“non
hanno
effetto
in
pregiudizio
del
creditore
sequestrante…”).
L’ipoteca
iscritta
su
un
bene
sequestrato
e
non
ancora
pignorato
non
è
opponibile
al
sequestrante
(come
anche
la
vendita),
ma
è
opponibile
al
resto
della
massa
dei
creditori.
Residua
il
rimedio
dell’azione
revocatoria.
!
!
!
80. dott.
Giovanni
Rubin
80
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
SUBENTRO
Perché
non
subentrare:
-‐
non
vi
è
alcun
vantaggio
economico,
anzi
solo
potenziali
maggiori
costi
(la
procedura
è
appena
iniziata)
-‐
si
ritengono
opportune
delle
procedure
competitive
maggiormente
efSicaci
ai
sensi
dell’art.
107
L.F.
!
In
caso
di
subentro:
-‐
surrogazione?
-‐
Sostituzione
meramente
processuale?
-‐
Cass.
29
maggio
1997,
4743:
successione
processuale
del
tutto
peculiare
derivata
dal
divieto
espresso
dall’art.
51
L.F.
!
In
ogni
caso:
La
procedura
esecutiva
nomina
un
custode,
che
viene
immediatamente
sostituito
dal
curatore
con
la
dichiarazione
di
fallimento
ai
sensi
del
combinato
disposto
dagli
artt.
42
L.F.
e
559
c.p.c.
La
diretta
conseguenza:
i
danni
prodotti
sull’immobile
andranno
a
gravare
in
prededuzione
sulla
massa
dei
creditori,
previa
insinuazione
al
passivo.
!
81. dott.
Giovanni
Rubin
81
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
INTERVENTO
Art.
499
c.p.c.:
possono
intervenire
nell’esecuzione
i
creditori
che
nei
confronti
del
debitore
hanno
un
credito
fondato
su
un
titolo
esecutivo
[…].
Il
ricorso
deve
essere
depositato
prima
che
sia
tenuta
l’udienza
in
cui
è
disposta
la
vendita
o
l’assegnazione
[…]
!
L’intervento
va
proposto
quando
il
creditore
procedente
è
fondiario
o
quando
le
operazioni
di
vendita
si
sono
già
concluse
e
la
procedura
esecutiva
si
trova
alla
fase
di
riparto
(in
questo
caso
il
curatore
interverrà
per
vedersi
riconosciuto
il
proprio
diritto
al
riparto
dell’intero
ricavato
dalla
vendita).
L’intervento
avviene
depositando
la
sentenza
dichiarativa
di
fallimento
in
copia
autentica
e
la
nota
di
trascrizione
ex
art.
88
L.F.
(quest’ultima
può
anche
essere
ritenuta
superSlua
avendo
la
mera
funzione
di
pubblicità
notizia).
!
!
82. dott.
Giovanni
Rubin
82
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
INTERVENTO
Perché
intervenire?
!
Art.
2748,
comma
2,
c.c.:
I
creditori
che
hanno
privilegio
sui
beni
immobili
sono
preferiti
ai
creditori
ipotecari
se
la
legge
non
dispone
diversamente.
Art.
111
ter
L.F.:
Il
curatore
deve
tenere
un
conto
autonomo
delle
vendite
dei
singoli
beni
immobili
oggetto
di
privilegio
speciale
e
di
ipoteca
dei
singoli
beni
mobili
o
gruppo
di
mobili
oggetto
di
pegno
e
privilegio
speciale,
con
analitica
indicazione
delle
entrate
e
delle
uscite
di
carattere
speci0ico
e
della
quota
di
quelle
di
carattere
generale
imputabili
a
ciascun
bene
o
gruppo
di
beni
secondo
un
criterio
proporzionale.
Art.
42
L.F.:
sono
compresi
nel
fallimento
anche
i
beni
che
pervengono
al
fallito
durante
il
fallimento,
dedotte
le
passività
incontrate
per
l’acquisto
e
la
conservazione
dei
beni
medesimi.
Richiesta
di
riparto
del
residuo
attivo,
pagati
gli
intervenuti
nell’esecuzione
(se
il
bene
è
già
stato
venduto
alla
data
di
dichiarazione
del
fallimento,
ma
il
riparto
non
è
ancora
stato
eseguito).
!
83. dott.
Giovanni
Rubin
83
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
ESTINZIONE
!
!
!
- Quando la procedura fallimentare non ottiene alcun beneficio dalla prosecuzione della
procedura esecutiva individuale;
!
- Quando il creditore procedente non si sia avvalso del privilegio fondiario;
!
- Quando risulta il programma di liquidazione contempla una procedura competitiva diversa
dall’esecuzione immobiliare individuale per l’alienazione degli immobili.
!
!
Di norma il Curatore opterà per l’estinzione della procedura esecutiva quando la stessa è
appena iniziata.
84. dott.
Giovanni
Rubin
84
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
MUTUO
FONDIARIO
Art.
38
TUB:
concessione
da
parte
di
banche
di
Sinanziamenti
a
medio
e
lungo
termine
garantiti
da
ipoteca
di
primo
grado
su
immobili.
!
Art.
41
TUB:
L'azione
esecutiva
sui
beni
ipotecati
a
garanzia
di
Sinanziamenti
fondiari
puo'
essere
iniziata
o
proseguita
dalla
banca
anche
dopo
la
dichiarazione
di
fallimento
del
debitore.
Il
curatore
ha
facolta'
di
intervenire
nell'esecuzione.
La
somma
ricavata
dall'esecuzione,
eccedente
la
quota
che
in
sede
di
riparto
risulta
spettante
alla
banca,
viene
attribuita
al
fallimento.
85. dott.
Giovanni
Rubin
85
ESECUZIONI
IMMOBILIARI
E
FALLIMENTO:
MUTUO
FONDIARIO
Art.
41
TUB:
Il
custode
dei
beni
pignorati,
l'amministratore
giudiziario
e
il
curatore
del
fallimento
del
debitore
versano
alla
banca
le
rendite
degli
immobili
ipotecati
a
suo
favore,
dedotte
le
spese
di
amministrazione
e
i
tributi,
sino
al
soddisfacimento
del
credito
vantato.
!
Con
il
provvedimento
che
dispone
la
vendita
o
l'assegnazione,
il
giudice
dell'esecuzione
prevede,
indicando
il
termine,
che
l'aggiudicatario
o
l'assegnatario,
che
non
intendano
avvalersi
della
facoltà
di
subentrare
nel
contratto
di
Sinanziamento
prevista
dal
comma
5,
versino
direttamente
alla
banca
la
parte
del
prezzo
corrispondente
al
complessivo
credito
della
stessa.
L'aggiudicatario
o
l'assegnatario
che
non
provvedano
al
versamento
nel
termine
stabilito
sono
considerati
inadempienti
ai
sensi
dell'art.
587
del
codice
di
procedura
civile.