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Il lavoro intero
La mia seconda petizione: Settimana di lavoro di 30 ore
Il lavoro è ciò che fai
mentre non ti occupi della tua vita.
La seconda petizione che presentai nel Meetup Europa si intitola Set-
timana di lavoro di 30 ore. L’iniziativa mirava non tanto a lavorare qual-
che ora di meno, ma soprattutto a riformare la stessa concezione del la-
voro e un po’ anche quella della vita. Lavorare per vivere, si dovrebbe.
Non vivere per lavorare. La riforma del lavoro è fondamentale per ogni
progetto di società, e a maggiore ragione per il progetto 5 Stelle. Il tema
è talmente importante che gli dedico le prossime pagine.
Convegni sull’occupazione, non sul lavoro
Venti uomini e una donna
parlarono del futuro lavoro
di trenta milioni di donne
e trenta milioni di uomini.
Nel gennaio 2017 alcuni parlamentari 5 Stelle organizzarono un con-
vegno di due giorni intitolato Lavoro 2025. Robotizzazione, digitalizza-
zione, intelligenza artificiale, industria 4.0, nanotecnologie. Il suo logo
era un pupazzetto-robot. I relatori del convegno erano venti uomini e
una sola donna, e insieme si ritrovarono a parlare del futuro lavoro di
trenta milioni di donne e trenta milioni di uomini in Italia.
In effetti il convegno non parlava di tutto il lavoro, ma solo di quello
svolto in condizioni di occupazione. Chiarisco. Per esempio, pulire le fi-
nestre di casa richiede tempo e fatica. Se lo faccio io è lavoro, se lo fa l’im-
57
presa di pulizia è lavoro e occupazione. Il convegno escludeva tutti i la-
vori non pagati: il lavoro domestico, quello di cura, e quello di volonta-
riato. Eppure nei Paesi industriali a questi lavori sono dedicate più ore
che non al lavoro retribuito. Il convegno non trattava nemmeno tutta
l’occupazione, ma solo quella mediata dalle macchine più recenti (com-
puter, robot, stampanti 3D), e escludeva i lavori da persona a persona,
che oggi rappresentano una grossa porzione di tutta l’occupazione e, a
maggior ragione, di tutto il lavoro. Un nome più adatto per il convegno
sarebbe stato Occupazione tecnologica 2025, invece che Lavoro 2025.
Non molto diversa fu l’impostazione del convegno Futuro del lavoro1
organizzato dal Movimento e da Davide Casaleggio il 22 giugno 2019
a Catania. Tra i trenta relatori, gli uomini erano il triplo delle donne e,
come prevedibile, diedero un grande spazio alle nuove tecnologie che
tanto li appassionano, ma quasi nessuno spazio al lavoro di contatto tra
le persone (scuola, sanità, giustizia, ecc.), e al lavoro non retribuito di
cura e d’impegno civile. I relatori non parlarono della riduzione del
tempo di lavoro, che, a mio avviso, è il tema più importante per il futuro
del lavoro, della società e dell’ambiente. Meno lavoriamo, infatti, e me-
no produciamo, meno consumiamo, meno danneggiamo l’ambiente.
Certo, le nuove tecnologie hanno un impatto sull’occupazione. Questo
però è spesso minore di ciò che si teme. Le nuove tecnologie, infatti,
spostano soprattutto occupazione da un settore a un altro, così come
avviene da secoli. L’orizzonte così ristretto dei due convegni di Roma e
di Catania (l’occupazione tecnologica) è in buona parte dovuto alla pas-
sione per la tecnica e per i suoi miti che è tipica dei maschi.
Un vero discorso sul futuro del lavoro dovrebbe invece considerare
il lavoro intero ossia il lavoro retribuito, il lavoro non retribuito di cura
nella casa e nella famiglia (in buona parte fatto da donne), e il lavoro di
impegno civile in volontariato, Ong, movimenti, partiti, sindacati, chie-
se, associazioni civili o sportive.
Tutto dipende dal lavoro
Un partito progressista
non deve avere una concezione del lavoro
deformata dall’ottica maschile.
1 https://bit.ly/2JLIn58.
IL LAVORO INTERO
Nel Movimento la questione femminile e quella del lavoro sono stret-
tamente collegate. È quindi su questi due temi che presentai per le mie
prime mozioni nel Meetup Europa. In entrambe le questioni – donne
e lavoro – la deformazione maschile nuoce. Gli uomini e le donne han-
no una visione e una pratica del lavoro molto diverse. In una società do-
minata dai maschi, è indispensabile che un partito progressista come il
Movimento 5 Stelle non abbia una concezione del lavoro deformata
dall’ottica maschile.
Dal lavoro dipendono il benessere e il malessere delle persone e del-
la società, la ripartizione del tempo nella nostra vita, il grado di parte-
cipazione di donne e uomini alla vita familiare e sociale, la ripartizione
di oneri e benefici tra donne e uomini, giovani e anziani, colti e meno
colti, l’identità vissuta dalle persone e quella riconosciuta loro dalla so-
cietà, l’adesione ai miti dell’epoca come la crescita economica o la su-
premazia delle merci, l’uso e l’abuso della natura. Per questo una rifor-
ma del regime del lavoro è una parte fondamentale della transizione
verso un mondo più giusto e più pulito, che fu l’obiettivo iniziale del
Movimento.
L’iceberg del lavoro
Lo studio del Wuppertal Institut Futuro sostenibile del 1998 e del
2011 ispirò Beppe e i primi attivisti del Movimento. Quel nostro libro2
dà molto spazio alla necessità di ricomporre quello che è chiamato il
“lavoro intero”. Ci sono, infatti, come abbiamo appena accennato, tre
tipi di lavoro. Il “primo lavoro” è la punta emersa dell’iceberg, ossia il
lavoro retribuito e conteggiato nelle statistiche. Questo primo lavoro è
però possibile solo perché poggia su due lavori non retribuiti e non con-
teggiati nelle statistiche: il “secondo lavoro”, ossia il lavoro di cura3
nella
famiglia, in buona parte fatto da donne, e il “terzo lavoro”, quello del-
l’impegno civile nel volontariato, le Ong, i movimenti, i partiti, i sinda-
cati, le chiese, le associazioni civili, culturali o sportive. Nei Paesi indu-
striali il numero di ore del lavoro non retribuito (e il loro valore mone-
tizzato) è superiore al numero di ore spese per il lavoro retribuito. Il
valore monetizzato delle ore di lavoro non retribuite equivale a più della
2 https://bit.ly/2lXJwgp.
3 https://bit.ly/2Mc3kbf.
58 SNATURATI
59
metà del Pil. Tutta l’economia di mercato è sostenuta da un’economia
di cura e d’impegno civile, senza le quali non solo il mercato ma l’intera
società non starebbero in piedi.
Ridurre il tempo di lavoro
La pubblicità convince a comprare cose
di cui non si ha bisogno, con soldi che non si hanno,
per far colpo su persone che non si stimano.
La proposta del “lavoro intero” del Wuppertal Institut è di dedicare
il tempo di lavoro delle donne e degli uomini, per un terzo al lavoro re-
tribuito, per un terzo al lavoro di cura, e per un terzo al lavoro d’im-
pegno civile. Per far questo occorrerebbe ridurre la durata del lavoro
retribuito, che oggi occupa ben di più di un terzo di tutto il tempo di
lavoro.
In Italia le ore annue di lavoro retribuito sono state circa 1.8004
nel
2013. Potrebbero essere gradualmente ridotte a 1.300, arrivando così a
un “tempo pieno breve per tutti”. «In definitiva» scrive Wolfgang Sa-
chs in Futuro sostenibile «il benessere in un’economia dematerializzata
dovrà fondarsi meno sulle cose e più sulle persone»5
.
Una politica prima di tutto per le persone non è solo una “politica
del lavoro”, ma è anche una politica della società e della sostenibilità.
Essa implica, infatti, nuovi equilibri di diritti e doveri tra donne e uo-
mini, più tempo per la famiglia, le relazioni sociali, la cultura, lo sport
e l’impegno civile. Essa porta anche meno degrado della natura grazie
alla riduzione dell’attuale dispendio di materiali ed energia per pro-
durre e smaltire una moltitudine di merci dalla vita sempre più breve.
Perfino il sistema finanziario fondato su un indebitamento privato
crescente ne sarebbe stabilizzato. Pian piano, infatti, smetteremmo di
cercare di convincere la gente con la pubblicità a comprare cose di cui
non ha bisogno, con soldi che non ha, per far colpo su persone che
non stima.
4 Nel 2013 il tempo effettivo di lavoro retribuito era di circa 1.400 ore in Olanda,
Germania e Norvegia, circa 1.800 in Italia.
5 https://bit.ly/2LDCAAS.
IL LAVORO INTERO
Progresso tecnico e progresso sociale
Un mio amico usa un’app con un piano giornaliero
su quant’acqua deve bere e quando.
Un altro usa un’app per disintossicarsi
dalla dipendenza dallo smartphone.
Uno dei temi ricorrenti nei discorsi 5 Stelle è la minaccia che le nuove
macchine sostituiscano la manodopera. Se ciò avvenisse sarebbe una
benedizione perché vorrebbe dire più benessere con meno lavoro. In
certi settori, però, le nuove macchine davvero rubano occupazione ai
salariati. Come succede da secoli. Gli effetti collaterali della disoccupa-
zione in alcuni settori sarebbero dolorosi, ma si curerebbero con riqua-
lificazioni e sostegno al personale. A livello macroeconomico, però, il
fenomeno delle “macchine che rubano il lavoro” non sta avvenendo e
in alcuni Paesi la durata del tempo di lavoro non diminuisce, malgrado
la crescente meccanizzazione. Gli strateghi del Movimento, però, sem-
brano non accorgersi di questo segnale.
Negli Usa il tempo di lavoro è da trent’anni di circa 1.800 ore annue,
nonostante un grande aumento della meccanizzazione6
. Questo accade
almeno per due motivi. Primo: l’aumento di produttività dovuto a nuove
macchine è investito nella produzione di maggiori quantità di merci e
nella creazione di nuovi desideri, invece che nella riduzione del tempo
di lavoro. L’imperativo assoluto è aumentare il Pil, non la qualità della
vita. Secondo: nella cosiddetta “economia digitale” i desideri di servizi
informatici come internet, social media, applicazioni e altri simili sono
insaturabili. Soddisfare i crescenti desideri digitali richiede sempre più
ore di lavoro per inventare, produrre e smerciare software, hardware,
corsi d’istruzione e infrastrutture. Ulteriore lavoro occorre per il sempre
6 La meccanizzazione include sia le macchine manovrate da persone sia quelle auto-
matiche. L’automazione è solo una parte della meccanizzazione. Quest’ultima inclu-
de, per esempio, una grande trebbiatrice, un’escavatrice di carbone, un trapano ma-
nuale avvita-bulloni, una macchina motorizzata per pulire i pavimenti, e migliaia di
altre macchine che non sono automatiche ma riducono il tempo di lavoro. Nella per-
cezione pubblica l’effetto dell’automazione è molto esagerato perché le persone sono
bombardate da immagini di robot e “fabbriche vuote” ma non sono mai informate
di quanto lavoro occorra in miriadi di uffici e altre fabbriche sparsi per il mondo per
progettare, costruire, installare, regolare, programmare, riparare, ricambiare, smon-
tare, smaltire, ecc. quei robot che riempiono le “fabbriche vuote”.
60 SNATURATI
61
più veloce rinnovamento, mantenimento e smaltimento delle nuove
macchine dalla vita sempre più breve, per rimediare ai loro danni am-
bientali e sociali e, infine per approntare sempre più grandi quantità di
materiali e di energia (v. capitolo I costi ambientali del digitale). Occorre
più lavoro, inoltre, per la miriade di nuove attività economiche7
, spesso
stravaganti, che fanno parte dell’economia digitale. Si pensi per esempio
all’industria plurimiliardaria dei games oppure agli “operai del clic”8
.
Rispetto a centocinquant’anni fa si produce cento volte di più, lavo-
rando metà del tempo. Questa diminuzione si deve in parte alle mac-
chine e in parte alle lotte sociali e all’azione sindacale e politica, due fat-
tori che sono spesso dimenticati. Chi ci consentirà di lavorare meno? I
robot? Oppure i cittadini e i politici, che vorranno dare più valore al
tempo delle persone e meno alla produzione? Che ruolo avrà in questa
riforma il Movimento, che nacque proprio con una visione alternativa
alla civiltà del consumo?
La chimera delle 40.000 ore di lavoro in una vita
La visione di una società delle trenta o delle venti ore di lavoro retri-
buito alla settimana è stata formulata da molto tempo. Una società pro-
spera ed equa in cui si lavori molto meno fu preconizzata da molti, per
esempio da Paul Lafargue (1848), John Maynard Keynes (1930), Pierre
Naville (1963 e 2016), Jean Fourastié (1965), Oswald von Nell-Breui-
ning (1985), Pierre Larrouturou (2016), Dominique Meda (2016) e
molti altri. Ma nessuna di queste visioni si è avverata. Come mai?
Una delle previsioni che non si sono realizzate è quella delle “40.000
ore”9
. Questo è il titolo del libro del grande economista francese Jean
Fourastié, l’inventore dell’espressione dei “trenta gloriosi”, ossia i
trent’anni del boom economico europeo dal 1946 al 1975. Nel 1965, il
suo scenario per il lavoratore medio nel 2000 era: 40.000 ore di lavoro
7 Tra i nuovi rami della “economia digitale” vi sono anche quelli dedicati alla disin-
tossicazione digitale, che includono app, libri, studi medici, cliniche e campi di di-
sintossicazione digitale. In Cina il settore della disintossicazione digitale è in pieno
boom e dà lavoro a decine di migliaia di specialisti impegnati a disintossicare molti
degli stimati 24 milioni di tossicomani digitali (https://dailym.ai/2Yuccj3).
8 Antonio Casilli, En attendant les robots, Seuil 2019, https://bit.ly/2OcwVUv.
9 J. Fourastié, Les 40.000 heures, Editions de l’Aube, 1965 e 2007.
IL LAVORO INTERO
retribuito nel corso della vita, ripartite in media in 1.200 ore all’anno,
ossia 30 ore alla settimana per 40 settimane all’anno per 35 anni (circa
dai 25 ai 60). Secondo l’economista, questo scenario di forte riduzione
del tempo di lavoro retribuito sarebbe stato il frutto dell’innovazione
tecnologica. Fourastié indicava gli Stati Uniti come il primo Paese che
avrebbe raggiunto le 40.000 ore. Nulla di questo è accaduto. Nono-
stante la crescente meccanizzazione, negli Stati Uniti si lavora da
trent’anni 1.800 ore all’anno, molte di più delle 1.200 ore immaginate
da Fourastié. Questa realtà smentisce il determinismo tecnologico che
vede una causalità automatica tra l’aumento della meccanizzazione e la
diminuzione delle ore di lavoro. Il caso degli Stati Uniti sembra con-
fermare che la durata del tempo di lavoro è un costrutto sociale, non
un automatismo tecnico. In società primitive senza macchine si lavora-
va venti o trenta ore alla settimana. Nelle fabbriche e nelle miniere della
rivoluzione industriale uomini, donne e spesso bambini, lavoravano
sessanta o ottanta ore alla settimana, non malgrado le macchine, ma
proprio per causa delle macchine.
Un’agenda politica per il pianeta
Una concezione del lavoro intero è necessaria a tutte e a tutti per ri-
conciliare la vita pubblica con la vita privata, la produzione con la ri-
produzione, la gestione saggia dei beni domestici (oikonomia, in Ari-
stotele) con la necessità di produrne di nuovi, l’uso avveduto della na-
tura con la sua cura e protezione. Vi sembra poco? Questa è l’agenda
del Ventunesimo secolo per rendere sostenibile e degna la vita di dieci
miliardi di umani sulla Terra. Per questo le politiche basate su una vi-
sione del lavoro intero sono sviluppate non solo da studiose, ma anche
da studiosi impegnati negli studi sullo sviluppo sostenibile, nei sinda-
cati e nei partiti. Nel nostro libro Futuro sostenibile (2011), al quale si
ispirano i primi aderenti al Movimento, i capitoli sul lavoro sono scritti
da donne e da uomini. Tutto il libro10
come pure il solo tredicesimo ca-
pitolo11
, sono scaricabili online.
10 https://bit.ly/2LDCAAS.
11 https://bit.ly/2M5FVrH.
62 SNATURATI
63
Nel Movimento, la riduzione della riduzione del tempo di lavoro
Anche in Italia io e Beppe abbiamo proposto la riduzione del tempo
di lavoro. Nel 2008 scrissi per Beppe:
Seusassimomenoenergiaemenomateriali,cibasterebbelavorareme-
no e vivremmo meglio. Faremmo meno danni e risparmieremmo mi-
lioni di ore di lavoro, che oggi usiamo per rimediare a quei danni. L’e-
conomia servirebbe a far star bene le persone, non il contrario. […]
Se non producessimo tanto e se facessimo meno danni, lavoreremmo
la metà. Quale partito vuole raggiungere questo traguardo? Venti ore
alla settimana di lavoro entro il 2050, meglio distribuite tra chi lavora
troppo e chi è disoccupato […]12
.
Per il Movimento, però, il valore di riferimento per la riduzione del
tempo di lavoro è passato dall’obiettivo a lungo termine, mio e di Bep-
pe, di 20 ore di lavoro settimanali alle «meno di 40 ore» di lavoro. Que-
sto però vuol dire non prendere posizione.
Mentre il 5 Stelle punta alle «meno di 40 ore» in un futuro non pre-
cisato, in Germania le 28 ore settimanali volontarie sono già adottate da
certe categorie e sono nelle rivendicazioni sindacali dal 2017. In Francia
le 35 ore sono legge da vent’anni. In Germania le 35 oresono in vigore
da 23 anni per i metalmeccanici e per altre categorie. La frontiera della
riduzione del tempo di lavoro in Europa è tra le 28 e le 32 ore di lavoro
settimanale13
.
12 Beppe Grillo, «Internazionale», numero 739, 11 aprile 2008. https://bit.ly/2YastFt.
13 Trenta ore alla settimana sono la durata media della settimana di lavoro in Olanda.
La settimana di ventinove ore fu praticata in Germania alla Volkswagen per alcuni an-
ni dal 1995. Grillo ne parlò con entusiasmo nei suoi spettacoli. Il diritto alla settimana
di 28 ore per tutte le lavoratrici e i lavoratori che la vogliano scegliere (per due anni)
è nel 2018 la principale rivendicazione nelle trattative sindacali della IG Metall, il più
grande sindacato del mondo occidentale. In Francia la settimana di trentadue ore è
praticata volontariamente in alcune aziende, ed è stata il punto principale del pro-
gramma del candidato socialista alla Presidenza della Repubblica Benoit Hamon e del
nuovo partito Nouvelle Donne, fondato da Dominique Meda e da Pierre Larroutu-
rou, due studiosi e politici impegnati da anni per la riduzione del tempo di lavoro. In
Germania la settimana di trenta ore è stata preconizzata da un appello firmato da cen-
tinaia tra professori, economisti, sindacalisti, politici, intellettuali.
IL LAVORO INTERO
Diversi post nel Blog14
furono dedicati a una riduzione del tempo di
lavoro intorno alle 30 ore settimanali. Essa fu brevemente trattata anche
nel convegno e nello studio del sociologo Domenico De Masi Lavoro
2025, finanziati con fondi del Movimento. Tra le domande da votare
per ratificare il capitolo Lavoro del programma elettorale 2018, al pun-
to 4. Riduzione del tempo di lavoro si poteva votare per una tra nove op-
zioni, delle quali solo una quantificava, per così dire, l’obiettivo in «me-
no di 40 ore settimanali»15
. Nel Programma lavoro parziale, di sei pagi-
ne, del 24 luglio 2017 si legge «Il MoVimento 5 Stelle favorirà processi
14 http://www.claudiocominardi.it/programmalavoro-riduzione-dellorario-lavoro/.
15 Questo è il testo del punto numero 4.Riduzione dell’orario di lavoro nella votazione
online del programma lavoro (uno dei 24 temi del Programma elettorale 2018).
«Il MoVimento 5 Stelle favorirà processi di riorganizzazione produttiva, riducendo l’o-
rario di lavoro al di sotto delle 40 ore settimanali. Bisogna incentivare una diversa distri-
buzione, più inclusiva, dello stock di lavoro, ad esempio incoraggiando il part-time e
scoraggiando, al contrario, gli straordinari. Ma faciliteremo anche i contratti di solida-
rietà difensivi ed espansivi, rafforzando infine il sistema dei congedi. I Paesi europei in
cui si lavora meno sono quelli ricchi del Nord Europa, mentre quelli in cui si lavora di
più sono i Paesi dell’Est e del Sud. Un greco lavora il 50% in più di un tedesco. Questo
dimostra la necessità di ripensare la divisione delle ore lavorate.
Come volete ridurre il tempo di lavoro?
– Riducendo l’orario di lavoro al di sotto delle 40 ore settimanali [voti: 12.869].
– Riducendo le giornate lavorative settimanali e/o annue: settimana di 4 giorni, aumen-
to dei riposi, ecc. [voti: 10.167].
– Disincentivando lo straordinario sul piano contributivo e fiscale [voti: 7.988].
– Incentivando il part-time lungo (> 30 ore) sul piano contributivo e fiscale [voti:
7.798].
– Introducendo il diritto individuale al part time, salvo oggettiva impossibilità organiz-
zativa [voti: 7.345].
– Estendendo i congedi genitoriali, assistenziali, di studio e per attività civiche, anche
aumentando le relative indennità economiche (es. dal 30% al 60% per i congedi paren-
tali) [voti: 6.879].
– Incentivando i contratti di solidarietà difensivi, come strumento di riduzione dell’o-
rario di lavoro e del salario, con lo scopo di mantenere l’occupazione in caso di crisi
aziendale [voti: 6.831].
– Incentivando i contratti di solidarietà espansivi, come strumento di riduzione dell’o-
rario di lavoro e del salario, con lo scopo di favorire nuove assunzione all’interno del-
l’azienda [voti: 5.961].
– Incentivando il part-time anche per i ruoli di responsabilità [voti: 2.862.
Hanno partecipato alle votazioni 24.050 iscritti che hanno espresso 68.700 preferenze.
64 SNATURATI
di riorganizzazione produttiva, riducendo l’orario di lavoro al di sotto
delle 40 ore settimanali». Questo non è un obiettivo all’altezza della ri-
duzione a medio termine a 30 ore settimanali preconizzata da Grillo nel
2008, né delle già attuate riduzioni a 30 o 28 ore settimanali da alcuni
grandi sindacati in Europa. Nella versione definitiva di nove pagine del
capitolo Lavoro nel Programma elettorale del 2018, tra i 19 punti pro-
grammatici la riduzione del tempo di lavoro è scomparsa. Parimenti es-
sa è scomparsa dal riassunto in due pagine del programma elettorale 20
punti per la qualità della vita degli italiani che fu presentato in tutte le
manifestazioni pubbliche e diffuso ai media prima delle elezioni del 4
marzo 2018 (v. capitolo Commento ai sei programmi elettorali del Mo-
vimento 5 Stelle).
Come mai un partito che si richiama a Beppe Grillo abdica alla ridu-
zione del tempo di lavoro da lui auspicata?
Quante sono «meno di 40 ore»? Quando il Movimento vuole rag-
giungerle? Perché in più di un anno di governo il Movimento non ha fat-
to niente di significativo per avviare una riduzione del tempo di lavoro?
Il Movimento dovrebbe tornare alle sue origini e mettere la riduzione
del tempo di lavoro tra le sue priorità. Porterebbe così l’Italia nell’avan-
guardia europea in questa riforma, invece di lasciarla fanalino di coda.
65
IL LAVORO INTERO

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  • 1. Il lavoro intero La mia seconda petizione: Settimana di lavoro di 30 ore Il lavoro è ciò che fai mentre non ti occupi della tua vita. La seconda petizione che presentai nel Meetup Europa si intitola Set- timana di lavoro di 30 ore. L’iniziativa mirava non tanto a lavorare qual- che ora di meno, ma soprattutto a riformare la stessa concezione del la- voro e un po’ anche quella della vita. Lavorare per vivere, si dovrebbe. Non vivere per lavorare. La riforma del lavoro è fondamentale per ogni progetto di società, e a maggiore ragione per il progetto 5 Stelle. Il tema è talmente importante che gli dedico le prossime pagine. Convegni sull’occupazione, non sul lavoro Venti uomini e una donna parlarono del futuro lavoro di trenta milioni di donne e trenta milioni di uomini. Nel gennaio 2017 alcuni parlamentari 5 Stelle organizzarono un con- vegno di due giorni intitolato Lavoro 2025. Robotizzazione, digitalizza- zione, intelligenza artificiale, industria 4.0, nanotecnologie. Il suo logo era un pupazzetto-robot. I relatori del convegno erano venti uomini e una sola donna, e insieme si ritrovarono a parlare del futuro lavoro di trenta milioni di donne e trenta milioni di uomini in Italia. In effetti il convegno non parlava di tutto il lavoro, ma solo di quello svolto in condizioni di occupazione. Chiarisco. Per esempio, pulire le fi- nestre di casa richiede tempo e fatica. Se lo faccio io è lavoro, se lo fa l’im-
  • 2. 57 presa di pulizia è lavoro e occupazione. Il convegno escludeva tutti i la- vori non pagati: il lavoro domestico, quello di cura, e quello di volonta- riato. Eppure nei Paesi industriali a questi lavori sono dedicate più ore che non al lavoro retribuito. Il convegno non trattava nemmeno tutta l’occupazione, ma solo quella mediata dalle macchine più recenti (com- puter, robot, stampanti 3D), e escludeva i lavori da persona a persona, che oggi rappresentano una grossa porzione di tutta l’occupazione e, a maggior ragione, di tutto il lavoro. Un nome più adatto per il convegno sarebbe stato Occupazione tecnologica 2025, invece che Lavoro 2025. Non molto diversa fu l’impostazione del convegno Futuro del lavoro1 organizzato dal Movimento e da Davide Casaleggio il 22 giugno 2019 a Catania. Tra i trenta relatori, gli uomini erano il triplo delle donne e, come prevedibile, diedero un grande spazio alle nuove tecnologie che tanto li appassionano, ma quasi nessuno spazio al lavoro di contatto tra le persone (scuola, sanità, giustizia, ecc.), e al lavoro non retribuito di cura e d’impegno civile. I relatori non parlarono della riduzione del tempo di lavoro, che, a mio avviso, è il tema più importante per il futuro del lavoro, della società e dell’ambiente. Meno lavoriamo, infatti, e me- no produciamo, meno consumiamo, meno danneggiamo l’ambiente. Certo, le nuove tecnologie hanno un impatto sull’occupazione. Questo però è spesso minore di ciò che si teme. Le nuove tecnologie, infatti, spostano soprattutto occupazione da un settore a un altro, così come avviene da secoli. L’orizzonte così ristretto dei due convegni di Roma e di Catania (l’occupazione tecnologica) è in buona parte dovuto alla pas- sione per la tecnica e per i suoi miti che è tipica dei maschi. Un vero discorso sul futuro del lavoro dovrebbe invece considerare il lavoro intero ossia il lavoro retribuito, il lavoro non retribuito di cura nella casa e nella famiglia (in buona parte fatto da donne), e il lavoro di impegno civile in volontariato, Ong, movimenti, partiti, sindacati, chie- se, associazioni civili o sportive. Tutto dipende dal lavoro Un partito progressista non deve avere una concezione del lavoro deformata dall’ottica maschile. 1 https://bit.ly/2JLIn58. IL LAVORO INTERO
  • 3. Nel Movimento la questione femminile e quella del lavoro sono stret- tamente collegate. È quindi su questi due temi che presentai per le mie prime mozioni nel Meetup Europa. In entrambe le questioni – donne e lavoro – la deformazione maschile nuoce. Gli uomini e le donne han- no una visione e una pratica del lavoro molto diverse. In una società do- minata dai maschi, è indispensabile che un partito progressista come il Movimento 5 Stelle non abbia una concezione del lavoro deformata dall’ottica maschile. Dal lavoro dipendono il benessere e il malessere delle persone e del- la società, la ripartizione del tempo nella nostra vita, il grado di parte- cipazione di donne e uomini alla vita familiare e sociale, la ripartizione di oneri e benefici tra donne e uomini, giovani e anziani, colti e meno colti, l’identità vissuta dalle persone e quella riconosciuta loro dalla so- cietà, l’adesione ai miti dell’epoca come la crescita economica o la su- premazia delle merci, l’uso e l’abuso della natura. Per questo una rifor- ma del regime del lavoro è una parte fondamentale della transizione verso un mondo più giusto e più pulito, che fu l’obiettivo iniziale del Movimento. L’iceberg del lavoro Lo studio del Wuppertal Institut Futuro sostenibile del 1998 e del 2011 ispirò Beppe e i primi attivisti del Movimento. Quel nostro libro2 dà molto spazio alla necessità di ricomporre quello che è chiamato il “lavoro intero”. Ci sono, infatti, come abbiamo appena accennato, tre tipi di lavoro. Il “primo lavoro” è la punta emersa dell’iceberg, ossia il lavoro retribuito e conteggiato nelle statistiche. Questo primo lavoro è però possibile solo perché poggia su due lavori non retribuiti e non con- teggiati nelle statistiche: il “secondo lavoro”, ossia il lavoro di cura3 nella famiglia, in buona parte fatto da donne, e il “terzo lavoro”, quello del- l’impegno civile nel volontariato, le Ong, i movimenti, i partiti, i sinda- cati, le chiese, le associazioni civili, culturali o sportive. Nei Paesi indu- striali il numero di ore del lavoro non retribuito (e il loro valore mone- tizzato) è superiore al numero di ore spese per il lavoro retribuito. Il valore monetizzato delle ore di lavoro non retribuite equivale a più della 2 https://bit.ly/2lXJwgp. 3 https://bit.ly/2Mc3kbf. 58 SNATURATI
  • 4. 59 metà del Pil. Tutta l’economia di mercato è sostenuta da un’economia di cura e d’impegno civile, senza le quali non solo il mercato ma l’intera società non starebbero in piedi. Ridurre il tempo di lavoro La pubblicità convince a comprare cose di cui non si ha bisogno, con soldi che non si hanno, per far colpo su persone che non si stimano. La proposta del “lavoro intero” del Wuppertal Institut è di dedicare il tempo di lavoro delle donne e degli uomini, per un terzo al lavoro re- tribuito, per un terzo al lavoro di cura, e per un terzo al lavoro d’im- pegno civile. Per far questo occorrerebbe ridurre la durata del lavoro retribuito, che oggi occupa ben di più di un terzo di tutto il tempo di lavoro. In Italia le ore annue di lavoro retribuito sono state circa 1.8004 nel 2013. Potrebbero essere gradualmente ridotte a 1.300, arrivando così a un “tempo pieno breve per tutti”. «In definitiva» scrive Wolfgang Sa- chs in Futuro sostenibile «il benessere in un’economia dematerializzata dovrà fondarsi meno sulle cose e più sulle persone»5 . Una politica prima di tutto per le persone non è solo una “politica del lavoro”, ma è anche una politica della società e della sostenibilità. Essa implica, infatti, nuovi equilibri di diritti e doveri tra donne e uo- mini, più tempo per la famiglia, le relazioni sociali, la cultura, lo sport e l’impegno civile. Essa porta anche meno degrado della natura grazie alla riduzione dell’attuale dispendio di materiali ed energia per pro- durre e smaltire una moltitudine di merci dalla vita sempre più breve. Perfino il sistema finanziario fondato su un indebitamento privato crescente ne sarebbe stabilizzato. Pian piano, infatti, smetteremmo di cercare di convincere la gente con la pubblicità a comprare cose di cui non ha bisogno, con soldi che non ha, per far colpo su persone che non stima. 4 Nel 2013 il tempo effettivo di lavoro retribuito era di circa 1.400 ore in Olanda, Germania e Norvegia, circa 1.800 in Italia. 5 https://bit.ly/2LDCAAS. IL LAVORO INTERO
  • 5. Progresso tecnico e progresso sociale Un mio amico usa un’app con un piano giornaliero su quant’acqua deve bere e quando. Un altro usa un’app per disintossicarsi dalla dipendenza dallo smartphone. Uno dei temi ricorrenti nei discorsi 5 Stelle è la minaccia che le nuove macchine sostituiscano la manodopera. Se ciò avvenisse sarebbe una benedizione perché vorrebbe dire più benessere con meno lavoro. In certi settori, però, le nuove macchine davvero rubano occupazione ai salariati. Come succede da secoli. Gli effetti collaterali della disoccupa- zione in alcuni settori sarebbero dolorosi, ma si curerebbero con riqua- lificazioni e sostegno al personale. A livello macroeconomico, però, il fenomeno delle “macchine che rubano il lavoro” non sta avvenendo e in alcuni Paesi la durata del tempo di lavoro non diminuisce, malgrado la crescente meccanizzazione. Gli strateghi del Movimento, però, sem- brano non accorgersi di questo segnale. Negli Usa il tempo di lavoro è da trent’anni di circa 1.800 ore annue, nonostante un grande aumento della meccanizzazione6 . Questo accade almeno per due motivi. Primo: l’aumento di produttività dovuto a nuove macchine è investito nella produzione di maggiori quantità di merci e nella creazione di nuovi desideri, invece che nella riduzione del tempo di lavoro. L’imperativo assoluto è aumentare il Pil, non la qualità della vita. Secondo: nella cosiddetta “economia digitale” i desideri di servizi informatici come internet, social media, applicazioni e altri simili sono insaturabili. Soddisfare i crescenti desideri digitali richiede sempre più ore di lavoro per inventare, produrre e smerciare software, hardware, corsi d’istruzione e infrastrutture. Ulteriore lavoro occorre per il sempre 6 La meccanizzazione include sia le macchine manovrate da persone sia quelle auto- matiche. L’automazione è solo una parte della meccanizzazione. Quest’ultima inclu- de, per esempio, una grande trebbiatrice, un’escavatrice di carbone, un trapano ma- nuale avvita-bulloni, una macchina motorizzata per pulire i pavimenti, e migliaia di altre macchine che non sono automatiche ma riducono il tempo di lavoro. Nella per- cezione pubblica l’effetto dell’automazione è molto esagerato perché le persone sono bombardate da immagini di robot e “fabbriche vuote” ma non sono mai informate di quanto lavoro occorra in miriadi di uffici e altre fabbriche sparsi per il mondo per progettare, costruire, installare, regolare, programmare, riparare, ricambiare, smon- tare, smaltire, ecc. quei robot che riempiono le “fabbriche vuote”. 60 SNATURATI
  • 6. 61 più veloce rinnovamento, mantenimento e smaltimento delle nuove macchine dalla vita sempre più breve, per rimediare ai loro danni am- bientali e sociali e, infine per approntare sempre più grandi quantità di materiali e di energia (v. capitolo I costi ambientali del digitale). Occorre più lavoro, inoltre, per la miriade di nuove attività economiche7 , spesso stravaganti, che fanno parte dell’economia digitale. Si pensi per esempio all’industria plurimiliardaria dei games oppure agli “operai del clic”8 . Rispetto a centocinquant’anni fa si produce cento volte di più, lavo- rando metà del tempo. Questa diminuzione si deve in parte alle mac- chine e in parte alle lotte sociali e all’azione sindacale e politica, due fat- tori che sono spesso dimenticati. Chi ci consentirà di lavorare meno? I robot? Oppure i cittadini e i politici, che vorranno dare più valore al tempo delle persone e meno alla produzione? Che ruolo avrà in questa riforma il Movimento, che nacque proprio con una visione alternativa alla civiltà del consumo? La chimera delle 40.000 ore di lavoro in una vita La visione di una società delle trenta o delle venti ore di lavoro retri- buito alla settimana è stata formulata da molto tempo. Una società pro- spera ed equa in cui si lavori molto meno fu preconizzata da molti, per esempio da Paul Lafargue (1848), John Maynard Keynes (1930), Pierre Naville (1963 e 2016), Jean Fourastié (1965), Oswald von Nell-Breui- ning (1985), Pierre Larrouturou (2016), Dominique Meda (2016) e molti altri. Ma nessuna di queste visioni si è avverata. Come mai? Una delle previsioni che non si sono realizzate è quella delle “40.000 ore”9 . Questo è il titolo del libro del grande economista francese Jean Fourastié, l’inventore dell’espressione dei “trenta gloriosi”, ossia i trent’anni del boom economico europeo dal 1946 al 1975. Nel 1965, il suo scenario per il lavoratore medio nel 2000 era: 40.000 ore di lavoro 7 Tra i nuovi rami della “economia digitale” vi sono anche quelli dedicati alla disin- tossicazione digitale, che includono app, libri, studi medici, cliniche e campi di di- sintossicazione digitale. In Cina il settore della disintossicazione digitale è in pieno boom e dà lavoro a decine di migliaia di specialisti impegnati a disintossicare molti degli stimati 24 milioni di tossicomani digitali (https://dailym.ai/2Yuccj3). 8 Antonio Casilli, En attendant les robots, Seuil 2019, https://bit.ly/2OcwVUv. 9 J. Fourastié, Les 40.000 heures, Editions de l’Aube, 1965 e 2007. IL LAVORO INTERO
  • 7. retribuito nel corso della vita, ripartite in media in 1.200 ore all’anno, ossia 30 ore alla settimana per 40 settimane all’anno per 35 anni (circa dai 25 ai 60). Secondo l’economista, questo scenario di forte riduzione del tempo di lavoro retribuito sarebbe stato il frutto dell’innovazione tecnologica. Fourastié indicava gli Stati Uniti come il primo Paese che avrebbe raggiunto le 40.000 ore. Nulla di questo è accaduto. Nono- stante la crescente meccanizzazione, negli Stati Uniti si lavora da trent’anni 1.800 ore all’anno, molte di più delle 1.200 ore immaginate da Fourastié. Questa realtà smentisce il determinismo tecnologico che vede una causalità automatica tra l’aumento della meccanizzazione e la diminuzione delle ore di lavoro. Il caso degli Stati Uniti sembra con- fermare che la durata del tempo di lavoro è un costrutto sociale, non un automatismo tecnico. In società primitive senza macchine si lavora- va venti o trenta ore alla settimana. Nelle fabbriche e nelle miniere della rivoluzione industriale uomini, donne e spesso bambini, lavoravano sessanta o ottanta ore alla settimana, non malgrado le macchine, ma proprio per causa delle macchine. Un’agenda politica per il pianeta Una concezione del lavoro intero è necessaria a tutte e a tutti per ri- conciliare la vita pubblica con la vita privata, la produzione con la ri- produzione, la gestione saggia dei beni domestici (oikonomia, in Ari- stotele) con la necessità di produrne di nuovi, l’uso avveduto della na- tura con la sua cura e protezione. Vi sembra poco? Questa è l’agenda del Ventunesimo secolo per rendere sostenibile e degna la vita di dieci miliardi di umani sulla Terra. Per questo le politiche basate su una vi- sione del lavoro intero sono sviluppate non solo da studiose, ma anche da studiosi impegnati negli studi sullo sviluppo sostenibile, nei sinda- cati e nei partiti. Nel nostro libro Futuro sostenibile (2011), al quale si ispirano i primi aderenti al Movimento, i capitoli sul lavoro sono scritti da donne e da uomini. Tutto il libro10 come pure il solo tredicesimo ca- pitolo11 , sono scaricabili online. 10 https://bit.ly/2LDCAAS. 11 https://bit.ly/2M5FVrH. 62 SNATURATI
  • 8. 63 Nel Movimento, la riduzione della riduzione del tempo di lavoro Anche in Italia io e Beppe abbiamo proposto la riduzione del tempo di lavoro. Nel 2008 scrissi per Beppe: Seusassimomenoenergiaemenomateriali,cibasterebbelavorareme- no e vivremmo meglio. Faremmo meno danni e risparmieremmo mi- lioni di ore di lavoro, che oggi usiamo per rimediare a quei danni. L’e- conomia servirebbe a far star bene le persone, non il contrario. […] Se non producessimo tanto e se facessimo meno danni, lavoreremmo la metà. Quale partito vuole raggiungere questo traguardo? Venti ore alla settimana di lavoro entro il 2050, meglio distribuite tra chi lavora troppo e chi è disoccupato […]12 . Per il Movimento, però, il valore di riferimento per la riduzione del tempo di lavoro è passato dall’obiettivo a lungo termine, mio e di Bep- pe, di 20 ore di lavoro settimanali alle «meno di 40 ore» di lavoro. Que- sto però vuol dire non prendere posizione. Mentre il 5 Stelle punta alle «meno di 40 ore» in un futuro non pre- cisato, in Germania le 28 ore settimanali volontarie sono già adottate da certe categorie e sono nelle rivendicazioni sindacali dal 2017. In Francia le 35 ore sono legge da vent’anni. In Germania le 35 oresono in vigore da 23 anni per i metalmeccanici e per altre categorie. La frontiera della riduzione del tempo di lavoro in Europa è tra le 28 e le 32 ore di lavoro settimanale13 . 12 Beppe Grillo, «Internazionale», numero 739, 11 aprile 2008. https://bit.ly/2YastFt. 13 Trenta ore alla settimana sono la durata media della settimana di lavoro in Olanda. La settimana di ventinove ore fu praticata in Germania alla Volkswagen per alcuni an- ni dal 1995. Grillo ne parlò con entusiasmo nei suoi spettacoli. Il diritto alla settimana di 28 ore per tutte le lavoratrici e i lavoratori che la vogliano scegliere (per due anni) è nel 2018 la principale rivendicazione nelle trattative sindacali della IG Metall, il più grande sindacato del mondo occidentale. In Francia la settimana di trentadue ore è praticata volontariamente in alcune aziende, ed è stata il punto principale del pro- gramma del candidato socialista alla Presidenza della Repubblica Benoit Hamon e del nuovo partito Nouvelle Donne, fondato da Dominique Meda e da Pierre Larroutu- rou, due studiosi e politici impegnati da anni per la riduzione del tempo di lavoro. In Germania la settimana di trenta ore è stata preconizzata da un appello firmato da cen- tinaia tra professori, economisti, sindacalisti, politici, intellettuali. IL LAVORO INTERO
  • 9. Diversi post nel Blog14 furono dedicati a una riduzione del tempo di lavoro intorno alle 30 ore settimanali. Essa fu brevemente trattata anche nel convegno e nello studio del sociologo Domenico De Masi Lavoro 2025, finanziati con fondi del Movimento. Tra le domande da votare per ratificare il capitolo Lavoro del programma elettorale 2018, al pun- to 4. Riduzione del tempo di lavoro si poteva votare per una tra nove op- zioni, delle quali solo una quantificava, per così dire, l’obiettivo in «me- no di 40 ore settimanali»15 . Nel Programma lavoro parziale, di sei pagi- ne, del 24 luglio 2017 si legge «Il MoVimento 5 Stelle favorirà processi 14 http://www.claudiocominardi.it/programmalavoro-riduzione-dellorario-lavoro/. 15 Questo è il testo del punto numero 4.Riduzione dell’orario di lavoro nella votazione online del programma lavoro (uno dei 24 temi del Programma elettorale 2018). «Il MoVimento 5 Stelle favorirà processi di riorganizzazione produttiva, riducendo l’o- rario di lavoro al di sotto delle 40 ore settimanali. Bisogna incentivare una diversa distri- buzione, più inclusiva, dello stock di lavoro, ad esempio incoraggiando il part-time e scoraggiando, al contrario, gli straordinari. Ma faciliteremo anche i contratti di solida- rietà difensivi ed espansivi, rafforzando infine il sistema dei congedi. I Paesi europei in cui si lavora meno sono quelli ricchi del Nord Europa, mentre quelli in cui si lavora di più sono i Paesi dell’Est e del Sud. Un greco lavora il 50% in più di un tedesco. Questo dimostra la necessità di ripensare la divisione delle ore lavorate. Come volete ridurre il tempo di lavoro? – Riducendo l’orario di lavoro al di sotto delle 40 ore settimanali [voti: 12.869]. – Riducendo le giornate lavorative settimanali e/o annue: settimana di 4 giorni, aumen- to dei riposi, ecc. [voti: 10.167]. – Disincentivando lo straordinario sul piano contributivo e fiscale [voti: 7.988]. – Incentivando il part-time lungo (> 30 ore) sul piano contributivo e fiscale [voti: 7.798]. – Introducendo il diritto individuale al part time, salvo oggettiva impossibilità organiz- zativa [voti: 7.345]. – Estendendo i congedi genitoriali, assistenziali, di studio e per attività civiche, anche aumentando le relative indennità economiche (es. dal 30% al 60% per i congedi paren- tali) [voti: 6.879]. – Incentivando i contratti di solidarietà difensivi, come strumento di riduzione dell’o- rario di lavoro e del salario, con lo scopo di mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale [voti: 6.831]. – Incentivando i contratti di solidarietà espansivi, come strumento di riduzione dell’o- rario di lavoro e del salario, con lo scopo di favorire nuove assunzione all’interno del- l’azienda [voti: 5.961]. – Incentivando il part-time anche per i ruoli di responsabilità [voti: 2.862. Hanno partecipato alle votazioni 24.050 iscritti che hanno espresso 68.700 preferenze. 64 SNATURATI
  • 10. di riorganizzazione produttiva, riducendo l’orario di lavoro al di sotto delle 40 ore settimanali». Questo non è un obiettivo all’altezza della ri- duzione a medio termine a 30 ore settimanali preconizzata da Grillo nel 2008, né delle già attuate riduzioni a 30 o 28 ore settimanali da alcuni grandi sindacati in Europa. Nella versione definitiva di nove pagine del capitolo Lavoro nel Programma elettorale del 2018, tra i 19 punti pro- grammatici la riduzione del tempo di lavoro è scomparsa. Parimenti es- sa è scomparsa dal riassunto in due pagine del programma elettorale 20 punti per la qualità della vita degli italiani che fu presentato in tutte le manifestazioni pubbliche e diffuso ai media prima delle elezioni del 4 marzo 2018 (v. capitolo Commento ai sei programmi elettorali del Mo- vimento 5 Stelle). Come mai un partito che si richiama a Beppe Grillo abdica alla ridu- zione del tempo di lavoro da lui auspicata? Quante sono «meno di 40 ore»? Quando il Movimento vuole rag- giungerle? Perché in più di un anno di governo il Movimento non ha fat- to niente di significativo per avviare una riduzione del tempo di lavoro? Il Movimento dovrebbe tornare alle sue origini e mettere la riduzione del tempo di lavoro tra le sue priorità. Porterebbe così l’Italia nell’avan- guardia europea in questa riforma, invece di lasciarla fanalino di coda. 65 IL LAVORO INTERO