1. Comunicare culture, traduzioni della
realtà
La traduzione come cultura del confine tra
mondi individuali e collettivi.
Corso di propedeutica della traduzione
1
4. 2.8 il linguaggio interno
– la mente è in grado di “ricordare” un
testo verbale pur senza conoscerlo a
memoria: cosa ricorda? parole? concetti?
– i concetti sono parole?
– quando si studia per un esame, a cosa
serve ripetere in parole quello che si è 4
5. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
5
«Come può un uomo esprimere in parole o anche
concepire nel pensiero cose che non sono o una
cosa che non può non avere numero?»
Platone
Sofista
6. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
Ludwig Wittgenstein, Indagini filosofiche (1951)
«Ma possiamo anche immaginare un linguaggio in cui una
persona può annotare o esprimere con la voce le proprie
esperienze interiori – i suoi sentimenti, stati d’animo e il resto
– per suo uso privato? [...] Le singole parole di questo
linguaggio devono fare riferimento a ciò che può essere noto
solo alla persona che parla; alle sue sensazioni private
immediate. Così un’altra persona non può capire il linguaggio».
6
7. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
Paul Valéry 1944
Abbiamo un linguaggio per noi stessi, da cui si
distaccano, più o meno, le altre maniere di parlare
[...] La mente, invece di aderire, lasciando che si
proferisca, a quanto le viene come risposta
immediata a ciò che la stimola, pensa e ripensa
(come in un a parte) la cosa che essa vuole
esprimere e che non appartiene al linguaggio.
7
8. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– la mente è in grado di “ricordare” un dolore senza
necessariamente esprimerlo in parole. Io ricordo
che ieri ho provato male esattamente come la
settimana scorsa, e lo so con precisione anche se,
dovendo raccontarlo al medico, magari avrei
difficoltà a descriverlo in parole.
– allora in che codice è il ricordo del dolore?
verbale o non verbale?
8
9. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– la mente è in grado di “ricordare” un sogno senza
necessariamente esprimerlo in parole. Io ricordo
che la notte scorsa ho fatto un sogno. A questo
sogno sono legati affetti, emozioni, sensazioni di
vario genere: tattili, olfattive, gustative, auditive,
visive. Se ci penso mi tornano in mente con una
certa nitidezza.
– allora in che codice è il ricordo del sogno? verbale
o non verbale?
9
10. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni (1900)
I pensieri onirici e il contenuto del sogno si presentano come due
descrizioni dello stesso contenuto in due linguaggi diversi;
o, per essere più chiari, il contenuto esplicito del sogno ci appare
come una traduzione dei pensieri del sogno in un’altra modalità
espressiva, le cui relazioni simboliche e regole sintattiche dobbiamo
imparare raffrontando l’originale con la traduzione.
10
11. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni (1900)
Nel momento in cui li abbiamo determinati, i pensieri onirici li
possiamo capire senza ulteriori difficoltà.
Il contenuto del sogno è, come, presentato in geroglifici i cui simboli
vanno tradotti uno a uno nel linguaggio dei pensieri onirici.
Naturalmente sarebbe scorretto cercare di leggere questi simboli
secondo il loro valore di immagini, anziché secondo il loro significato
simbolico.
11
12. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
ricordo del
sogno: tracce
mnestiche; testo
multimediale e
affettivo
Il sogno,
verbalizzato,
viene raccontato
elaborazione
secondaria: allo
stato vigile l’Io
cerca di dare
coerenza e
coesione al testo
12
13. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– la mente codifica le percezioni verbali in un
codice deverbalizzante;
– questa capacità è precedente alla capacità di
parlare o di capire gli altri che parlano;
– il neonato usa un proprio codice di pensiero già
molto prima di saper decodificare le parole altrui;
– il neonato impara presto a distinguere gli oggetti
“buoni” (che lo saziano...) e “cattivi” (che lo
infastidiscono...)
13
14. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– l’adulto che sa usare i linguaggi “esterni”, verbale,
gestuale ecc. conserva l’uso del linguaggio interno;
– non è infantile nel senso che l’adulto non lo usa,
ma solo nel senso che si acquisisce nell’infanzia;
– l’adulto usa il linguaggio interno sempre (nel
“dialogo” tra sé e sé) tranne quando ha bisogno di
farsi capire all’esterno.
14
15. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– l’adulto fa un uso massiccio del linguaggio interno
perché è:
– molto più veloce;
– molto più prontamente disponibile;
– molto più facilmente comprensibile;
– molto più preciso.
15
16. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
«La prima e più importante caratteristica del
linguaggio interno è la sua particolarissima sintassi.
[...] Questa particolarità si manifesta nella
frammentarietà apparente, nella discontinuità,
nell’abbreviazione del linguaggio interno rispetto a
quello esterno»
Vygotskij, 1934
16
17. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
[C’è] «una tendenza assolutamente originale
all’abbreviazione della frase e della proposizione,
nel senso che conserva il predicato e le parti della
proposizione che gli sono legate a spese
dell’omissione del soggetto e delle parole che gli
sono legate.»
Vygotskij, 1934
17
18. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
«Questa tendenza alla predicatività della sintassi
del linguaggio interno si manifesta [...] con una
regolarità perfetta [...] cosicché alla fine, ricorrendo
al metodo dell’interpolazione, dovremmo supporre
che la predicatività pura ed assoluta è la forma
sintattica fondamentale del linguaggio interno.»
Vygotskij, 1934
18
19. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– perché al traduttore dovrebbe interessare che
cos’è il linguaggio interno? la traduzione usa il
linguaggio verbale esterno.
– perché tradurre significa leggere e scrivere;
– la lettura è traduzione dal verbale al mentale;
– la scrittura è traduzione dal mentale al verbale;
– la traduzione interlinguistica è un processo
traduttivo multiplo.
19
20. 2.8 Sant’Agostino e il linguaggio
interno (endofasia)
anche parlare è traduzione dal mentale al verbale. Vediamo cosa ha
scritto Sant’Agostino (354-430) in De Trinitate Dei:
«Il pensiero formato dalle cose che conosciamo è un verbum che
pronunciamo nel nostro cuore, che non è né greco né latino né di
alcuna altra lingua, ma, come è necessario trasmetterlo alla
conoscenza di coloro ai quali parliamo, si adotta un segno attraverso
il quale esso è significato.
[...] Pertanto la parola che risuona al di fuori è un segno della parola
che risplende all’interno, alla quale risulta più conveniente applicare
il nome di verbum.
Perciò, ciò che è pronunciato dalla bocca della carne è il suono della
parola, e la parola stessa è espressa a partire da quella da cui è stata
tratta perché si manifestasse all’esterno.
20
21. 2.8 Sant’Agostino e il linguaggio
interno (endofasia)
anche parlare è traduzione dal mentale al verbale. Vediamo cosa ha
scritto Sant’Agostino (354-430) in De Trinitate Dei:
Così infatti il nostro verbum diventa in un certo modo una vox,
prendendo quella vox, nella quale si rende palese ai sensi degli
uomini, come il verbum di Dio si è fatto carne assumendo quella
nella quale potesse manifestarsi ai sensi degli uomini.
E, come il nostro verbum si fa vox, ma non cambia la sua natura in
quella del nome, così il verbum di Dio si fa carne, ma è ben lungi dal
trasformarsi in carne.
Assumendo quel nome, senza annullarsi in esso, il nostro verbum si
fa vox e si fa carne»
21
23. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– ma se è vero che il linguaggio interno usa un
codice non verbale, come mai oltre a pensare un
oggetto posso pensare una parola?
– effettivamente esiste la possibilità di pensare le
parole; si può anche leggere tra sé;
– si riesce, leggendo, a immaginarsi la pronuncia;
– si riesce, ascoltando, a immaginarsi la forma
grafica.
23
24. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
«Negli autori passati troviamo sempre il segno di
uguale tra la riproduzione delle parole nella
memoria e il linguaggio interno. Ma in realtà sono
due processi diversi, che bisogna differenziare».
Vygotskij, 1934
24
25. 2.8 il linguaggio interno (endofasia)
– il fatto di “pronunciare mentalmente” le parole
lette non necessariamente porta a una loro
assimilazione;
– a volte leggendo ci si distrae e si passa a una
modalità di lettura con cui si “pronuncia”
mentalmente senza capire;
– quindi pronunciare mentalmente non equivale né
a leggere né ad assimilare; e l’assimilazione del
contenuto non necessariamente passa dalla
“pronuncia” mentale.
Fine argomento discorso interno
25
26. linguaggi discreti e linguaggi continui
– la chitarra e il violino
– l’orologio con la lancetta dei secondi e quello
digitale
– la pellicola e la foto digitale
– il vinile e il CD
26
27. 27
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi
continui Vnutri myslâŝih mirov, 178
nell’àmbito sia della coscienza individuale sia collettiva sono
nascosti due tipi di generatore di testo: uno fondato sul
meccanismo della discretezza, l’altro continuo. Nonostante
ciascuno di questi meccanismi sia immanente per propria
struttura, tra loro avviene un costante scambio di testi e
messaggi. Questo scambio si svolge sotto forma di traduzione
semantica. Tuttavia qualsiasi traduzione precisa presuppone
che tra le unità dei due...
28. 28
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
Vnutri myslâŝih mirov, 178
...sistemi intercorrano relazioni biunivoche, che sia possibile la
raffigurazione di un sistema nell’altro. Ciò permette di
esprimere adeguatamente il testo di una lingua con i mezzi
dell’altra. Tuttavia nel caso in cui vengono raffrontati testi
discreti e non discreti, ciò è teoricamente impossibile. A
un’unità discreta e dal significato preciso di un testo, nell’altro
corrisponde una macchia di senso dai confini vaghi e passaggi
graduali nella regione di un altro senso...
29. 29
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
Vnutri myslâŝih mirov, 178
... Se là si ha una segmentazione sui generis, non è
paragonabile al tipo di confini discreti del primo testo. In
queste condizioni si crea una situazione d’intraducibilità,
tuttavia proprio qui i tentativi di traduzione si realizzano con
particolare convinzione e danno i risultati più preziosi. In
questo caso si ha non una traduzione esatta, ma una
corrispondenza approssimativa e condizionata da quel certo
contesto cultural-psicologico e semiotico comune ai due
sistemi...
30. 30
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
Vnutri myslâŝih mirov, 178
... Una simile traduzione irregolare e imprecisa, tuttavia sotto
un certo aspetto corrispondente costituisce uno degli elementi
sostanziali di qualsiasi pensiero creativo. Proprio queste
convergenze “irregolari” danno l’impulso per la nascita di nuovi
legami di senso e testi di nuova concezione.
Una coppia di elementi significativi reciprocamente non
confrontabili, tra i quali s’instaura in un certo contesto una
relazione di adeguatezza, forma un tropo semantico...
31. 31
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
tropo come elemento semantico
Vnutri myslâŝih mirov, 178
In questo senso i tropi non sono un abbellimento esteriore, una
sorta di fiocco apposto sul pensiero dall’esterno, ma
costituiscono la sostanza del pensiero creativo, e la loro sfera è
addirittura più ampia dell’arte. Appartiene alla creatività in
generale. Così, per esempio, tutti i tentativi di creare analoghi
dimostrativi di idee astratte, raffigurazione mediante puntini di
processi ininterrotti in formule discrete, costruzione di modelli
fisici spaziali di particelle elementari ecc. sono figure retoriche
(tropi).
32. 32
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
tropo come elemento semantico
Vnutri myslâŝih mirov, 178
E esattamente come in poesia, nella scienza la convergenza
regolare spesso diviene un impulso a formulare una nuova
regolarità.
La teoria dei tropi nei suoi secoli d’esistenza ha accumulato
un’esteta bibliografia sulla definizione dei suoi tipi principali:
metafore, metonimie e sineddochi. Questa bibliografia
continua a crescere. Tuttavia è evidente che a qualsiasi
razionalizzazione del tropo uno dei suoi elementi ha natura
verbale, l’altro visiva, per quanto questo secondo elemento sia
mascherato...
33. 33
Jurij Lotman, linguaggi discreti versus linguaggi continui
tropo come elemento semantico Vnutri myslâŝih
mirov, 179
... Anche nei modelli logici delle metafore create allo scopo di
dimostrazione didattica, l’immagine non discreta (visiva o
acustica) costituisce un implicito anello intermedio tra due
componenti verbali discrete. Tuttavia, tanto più profonda è la
situazione d’intraducibilità tra due linguaggi, tanto più acuta è
la necessità di un metalinguaggio a loro comune che getti tra
loro un ponte, contribuendo allo stabilire corrispondenze.
Fine argomento discreto/continuo
34. 4.1 Deduzione, ragionamento analitico
Deduzione
(ragionamento analitico)
Aristotele Peirce
A premessa maggiore
tutti gli
uomini sono
mortali
regola
(implicazione)
tutti i fagioli di
questo sacco
sono bianchi
B premessa minore
Socrate è un
uomo
caso
(antecedente)
questi fagioli
vengono da
questo sacco
quindi sicuramente:
C conclusione
Socrate è
mortale
risultato
(conseguente)
questi fagioli
sono bianchi
34
35. 4.2 induzione
ragionamento sintetico probabile
35
Induzione
(ragionamento sintetico probabile)
scuola empirica Peirce
A premessa minore la matita cade
caso
(antecedente)
questi
fagioli vengono da
questo sacco
B premessa minore il libro cade risultato (conseguente)
questi
fagioli
sono bianchi
quindi è probabile quanto segue:
C conclusione
tutti i corpi
cadono
regola (implicazione)
tutti i
fagioli di questo sacco
sono bianchi
37. abduzione
Abduzione (Peirce)
(ragionamento sintetico ipotetico)
A regola tutti i fagioli di questo sacco sono bianchi costante nota
B risultato questi fagioli sono bianchi
constatazione di
un
fenomeno non
facilmente
prevedibile
quindi, forse:
C caso
questi fagioli
vengono da questo sacco
antecedente,
spiega il
rapporto
esistente
tra risultato
e regola
37
38. 4.5 Peirce
Charles Sanders Peirce (1839-1914) è il fondatore della
moderna semiotica. Solo Locke aveva usato esplicitamente la
parola «semiotica» per fare riferimento a una disciplina. Gli
scritti di Peirce sono ancora in gran parte inediti.
Non si è mai occupato della traduzione vera e propria da una
lingua all’altra.
38
39. 4.4 L’applicazione del processo
semiotico al testo
– percezione: una parola (segno) viene letta;
– correlazione: nella mente si sviluppa un interpretante che mette in
relazione quel segno con un oggetto;
– interpretazione: l’interpretante è una rappresentazione psichica che
implica un’interpretazione, spesso aconscia, della relazione tra segno
e oggetto;
– inferenza: l’interpretazione aconscia è ipotetica e provvisoria
(abduttiva);
– percezione: la lettura continua: altri segni;
– evoluzione dell’interpretazione: alla luce dell’interpretazione dei
nuovi segni si evolvono gli interpretanti, e si modifica la prima
interpretazione del primo segno, che non sarà mai stabile, ma sempre
in evoluzione, alla luce delle nuove percezioni (esperienze 39
40. 4.4 L’applicazione del processo semiotico al
testo
Umberto Eco, Kant e l’ornitorinco (1997):
Ma dove stava, per un azteco, il concetto di cavallo, visto che
non lo possedeva prima dello sbarco degli spagnoli?
Certamente, dopo aver visto alcuni cavalli, gli aztechi debbono
essersene costituito uno schema morfologico non molto
diverso da un modello 3D, ed è su questa base che dovrebbe
essere stabilita la costanza dei loro atti percettivi. Ma parlando
di TC [tipo cognitivo] non intendo solo una sorta di immagine,
una serie di tratti morfologici o di caratteristiche motorie [...]
Insomma diciamo pure che il TC del cavallo è stato subito di
carattere multimediale.
40
41. 4.4 L’applicazione del processo
semiotico al testo
Charles Sanders Peirce
Ma un segno non è un segno a meno che non si traduca
in un altro segno in cui è più pienamente sviluppato.
Il pensiero per il proprio sviluppo ha bisogno di
realizzarsi, e senza questo sviluppo non è nulla.
Il pensiero deve vivere e crescere in incessanti traduzioni
nuove e più alte, altrimenti mostra di non essere vero
pensiero.
41
42. L’applicazione del processo semiotico
al testo
Charles Sanders Peirce
Un segno deve avere un’interpretazione o significazione
o, come lo chiamo io, un interpretante.
Questo interpretante, questa significazione è
semplicemente una metempsicosi in un altro corpo; una
traduzione in un altro linguaggio.
Questa nuova versione del pensiero ha ricevuto a sua
volta un’interpretazione, e il suo interpretante viene
interpretato, e così via, finché non compare un
interpretante che non ha più la natura del segno
42
43. 4.4 L’applicazione del processo
semiotico al testo
Charles Sanders Peirce
L’oggetto della rappresentazione non può essere altro
che la rappresentazione di cui la prima rappresentazione
è l’interpretante.
Una serie infinita di rappresentazioni, ognuna
rappresentante quella che le sta dietro, può essere
concepita come limitata da un oggetto assoluto.
Il significato di una rappresentazione non può essere
altro che una rappresentazione.
43
44. L’applicazione del processo semiotico
al testo
Charles Sanders Peirce
In realtà, non è altro che la rappresentazione stessa
concepita come spogliata di vestimenti non pertinenti.
Ma questi vestimenti non possono mai essere spogliati
del tutto; vengono solo cambiati con qualcosa di più
diafano.
C’è dunque una regressione infinita. Infine,
l’interpretante non è altro che un’altra rappresentazione
alla quale viene passata la torcia della verità;
e in quanto rappresentazione ha ancora un interpretante.
Toh, un’altra serie infinita.
44
45. 4.4 L’applicazione del processo
semiotico al testo
una parola diviene generale in quanto viene resa segno
non di un’idea generale astratta, ma di diverse idee
particolari, qualsiasi delle quali suggerisce
indifferentemente alla mente (Berkeley 1710:11).
45
46. 4.5 la triade
Vedo un albero spezzato in due, molte foglie verdi per terra e
il terreno bagnato: sono segni che – verosimilmente – un
temporale e un fulmine si sono abbattuti da poco in questa
zona.
L’albero (segno) produce nella mia mente un pensiero
(interpretante) che mi rimanda al temporale (oggetto).
Qualunque processo di significazione – o semiosi – ha questi
tre vertici: un oggetto che funge da segno; una porzione di
materiale mentale che funge da tramite; e un secondo oggetto
che è il risultato cui mi porta tale processo, ossia è, per
esprimersi in parole povere, il “significato” del primo segno.
46
47. 4.5 la triade
(Peirce)
(processo di significazione)
A Segno
Qualsiasi cosa percettibile: parola,
sintomo, segnale, sogno, lettera, frase.
Il segno sta per l’oggetto,
rimanda all’oggetto. Senza, è impossibile
conoscere l’oggetto.
B Oggetto
Ciò a cui rimanda il segno. Può essere
percepibile o immaginabile. Determina il
segno. Esiste a prescindere dal segno.
C Interpretante
Segno, pensiero che
interpreta un segno
precedente. Ogni nuovo
interpretante getta nuova
luce sull’oggetto.
47
48. 4.5 soggettività del senso
Il fatto che la relazione tra segno e oggetto sia
mediata da una rappresentazione psichica, da
un’emozione, da un affetto (nel senso
psicologico di «condizione affettiva piacevole
o spiacevole»), fa sì che la semiosi sia un
fenomeno soggettivo
48
49. Semiosi
(formazione del significato)
La semiosi è un’azione, o influenza, che è, o comporta, una
collaborazione di tre soggetti, come un segno, il suo oggetto e
il suo interpretante, senza che questa influenza tri-relativa sia
in alcun modo risolvibile in azione tra coppie. (Peirce)
49
50. 4.0 concetti da superare
Saussure: signifiant e signifié
non c’è nessuna alterazione nel passaggio da una parola
all’oggetto che designa, né dall’oggetto alla parola. la
significazione è statica
signifiant
prototesto metatesto
signifié
non c’è nessuna alterazione nel passaggio dal prototesto al metatesto,
né dal metatesto al prototesto, la traduzione è statica, si basa
sull’“equivalenza” 50
53. 2.7 triade peirciana
La percezione di un segno (qualsiasi percetto: parola, oggetto,
segnale, sogno, lettera, frase) suscita l’interpretazione,
ossia genera nella mente un pensiero che interpreta il
segno precedente (segno mentale), detto «interpretante»,
che a sua volta rimanda a un oggetto, che esiste a
prescindere dal segno, ma viene semiotizzato solo quando è
riconosciuto e gli si attribuisce un senso. Caratteristica
dell’interpretante è trasformarsi a sua volta in segno per
una triade successiva, per una successiva concatenazione di
pensieri. Questa vignetta di Linus e Charlie Brown dà
un’idea di cosa s’intende per «interpretante», in questo
caso di nevrosi:
53
54. interpretante: l’incendio di Canetti
Un giorno il cortile si riempì di fuoco;
alcune delle nostre ragazze corsero
fuori in strada e tornarono
prontamente con la notizia concitata
che una casa nelle vicinanze era
incendiata. Era già tutta in fiamme e
in procinto di bruciare del tutto.
54
55. interpretante: l’incendio di Canetti
All’istante, le tre case intorno al
nostro cortile si svuotarono, e tranne
mia nonna, che non si alzava mai dal
divano, tutti gli inquilini corsero fuori
verso il bagliore. Accadde così in
fretta che si dimenticarono tutti di
me.
55
56. interpretante: l’incendio di Canetti
Ero un po’ spaventato di essere tutto
solo così; avevo anche voglia di
uscire, magari all’incendio, magari
ancora di più nella direzione verso
cui vedevo correre tutti.
56
57. interpretante: l’incendio di Canetti
Così corsi fuori dalla porta aperta del
cortile in strada, cosa che non mi era
permessa, e mi ritrovai nel corrente in
corsa di persone. Fortunatamente presto
avvistai due delle nostre ragazze più
vecchie e, dato che non avrebbero
cambiato direzione per nulla al mondo,
mi trascinarono tra loro tirandomi in
fretta con sé.
57
58. interpretante: l’incendio di Canetti
Si fermarono a una certa distanza
dalla conflagrazione, forse per non
mettermi in pericolo, e così, per la
prima volta nella mia vita, ho visto
una casa in fiamme. Era ormai molto
avanzato.; le travi stavano crollando
e le scintille volavano.
58
59. interpretante: l’incendio di Canetti
Stava scendendo la sera, divenne
presto buio, e l’incendio brillava
sempre più forte. Ma ciò che ebbe
un impatto ancora maggiore su di
me del bagliore della casa era la
gente che vi si muoveva intorno. [...]
59
60. interpretante: l’incendio di Canetti
La scena, che è rimasta indimenticabile
per me, si è in séguito fusa con le opere
di un pittore, così che non ero più in
grado di dire cosa fosse originale e cosa
sia stato aggiunto da quei dipinti. Avevo
diciannove anni, a Vienna, quando vidi i
quadri di Brueghel.
60
66. Pirandello: il pensiero come
traduzione
[...] quella traduzione che ognuno fa
necessariamente dell’opera altrui, se non
proprio nell’atto di leggerla [...] ma quando noi
riferiamo altrui o anche a noi stessi quelle idee
e quelle impressioni ricevute dalla lettura, cioè
quando noi ripensiamo l’opera letta.
66
67. Leopardi: il pensiero come
conghiettura (Zibaldone 1817-1832)
come farete a intendere quei segni
sconosciuti? [...] Solamente a forza di
conghietture, o spiegandovisi la cosa a forza di
circollocuzioni. Con che non è possibile, o
certo è difficilissimo che voi giungiate a
formarvi un’idea chiara, distinta ec. di quella
precisa idea, o mezza idea ec. espressa da quel
tal segno.
67
68. Peirce: interpretante
Un segno, o representamen, è qualcosa che sta secondo
qualcuno per qualcosa sotto qualche aspetto o in qualche
capacità.
Si rivolge a qualcuno, ossia, crea nella mente di quella persona
un segno equivalente, o forse un segno più sviluppato.
Quel segno che crea lo chiamo interpretante del primo segno.
68
69. Berkeley: l’interpretante variabile
George Berkeley, A Treatise Concerning the Principles of Human
Knowledge (1710)
it is not necessary (even in the strictest reasonings) significant
names which stand for ideas should, every time they are used,
excite in the understanding the ideas they are made to stand
for – in reading and discoursing, names being for the most part
used as letters are in Algebra, in which, though a particular
quantity be marked by each letter, yet to proceed right it is not
requisite that in every step each letter suggest to your
thoughts that particular quantity it was appointed to stand for.
69
70. 4.6 La semiosi come
interpretazione
Semiosi come interpretazione
Percezione una parola (segno) viene letta
Correlazione
nella mente
si crea un interpretante
che mette in relazione
quel segno con un oggetto
Interpretazione
l’interpretante è una
rappresentazione psichica che implica
un’interpretazione inconscia della relazione
tra segno e oggetto
Inferenza
l’interpretazione inconscia è ipotetica e provvisoria
(abduttiva)
Percezione altri segni vengono letti
Evoluzione
alla luce della loro
interpretazione si evolvono gli interpretanti
70
71. La semiosi come interpretazione
Immanuel Kant, Critica della ragion pura (1781):
«Spazio e tempo stessi, per quanto siano concezioni pure da
tutto ciò che è empirico, e per quanto sia certo che sono
rappresentati del tutto a priori nella mente, sarebbero del
tutto privi di validità obiettiva, e privi di senso e significatività,
se non fosse mostrato il loro uso necessario negli oggetti
dell’esperienza. No, la loro rappresentazione è un mero
schema, che fa sempre riferimento all’immaginazione
riproduttiva, che richiama gli oggetti dell’esperienza, senza i
quali non hanno significato. E così è per tutte le concezioni
senza distinzione».
71
72. La semiosi come interpretazione
Immanuel Kant, Critica della ragion pura (1781):
«In verità, non sono le immagini degli oggetti, ma gli schemi a
stare alla base delle nostre concezioni sensoriali pure. [...] la
concezione fa sempre riferimento immediato allo schema
dell’immaginazione, di norma per la determinazione della
nostra intuizione, in conformità a una certa concezione
generale».
72
73. La semiosi come interpretazione
Immanuel Kant, Critica della ragion pura (1781):
«La concezione del cane indica una regola secondo cui la mia
immaginazione è in grado di delineare la figura di un animale
quadrupede in generale, senza limitarsi ad alcuna singola
forma specifica che l’esperienza mi presenta, né ad alcuna
immagine possibile che io posso rappresentarmi in concreto.
Questo schematismo della nostra comprensione per quanto
riguarda i fenomeni e la loro mera forma è un’arte nascosta
nelle profondità dell’anima umana, le cui vere modalità
d’azione scopriremo e sveleremo solo con difficoltà».
73
74. La semiosi come interpretazione
Immanuel Kant, Critica della ragion pura (1781):
«Lo schema di una pura concezione della comprensione è
qualcosa che non può essere ridotto ad alcuna immagine, non
è altro che la pura sintesi espressa dalla categoria, in
conformità a una regola di unità basata su concezioni. È un
prodotto trascendentale dell’immaginazione, prodotto che
concerne la determinazione del senso interno, in base a
condizioni della sua forma (tempo) rispetto a tutte le
rappresentazioni, nella misura in cui queste rappresentazioni
vanno congiunte a priori in una sola concezione,
conformemente all’unità dell’appercezione».
74
75. Lotman: la comunicazione interpersonale come
doppia traduzione intersemiotica
Per il ricevente è logica questa sequenza:
pensiero (contenuto del
messaggio)
meccanismo codificante della
lingua
testo
meccanismo decodificante
della lingua
pensiero (contenuto del
messaggio)
75
77. 5.3 anisomorfismo
Se i linguaggi naturali fossero isomorfi come quelli artificiali,
per esempio la matematica, sarebbe molto più semplice: ci
sarebbe una corrispondenza reciproca biunivoca tra segni.
In matematica possiamo affermare che 2 + 2 = 4. In
matematica esistono le equivalenze. Se potessimo trasferire
questo principio isomorfo (ísos = uguale, morphé = forma) al
linguaggio naturale, potremmo assegnare a ciascuna parola
una casella, come si fa per esprimere in codice binario un
numero decimale qualsiasi. E la ritraduzione dal codice
binario al codice decimale darebbe lo stesso risultato da cui
si è partiti.
77
79. Berkeley e l’imprecisione del
significato
George Berkeley, A Treatise Concerning the
Principles of Human Knowledge (1710)
Whereas, in truth, there is no such thing as
one precise and definite signification annexed
to any general name, they all signifying
indifferently a great number of particular
ideas.
79
80. Berkeley e l’incostanza dell’oggetto
George Berkeley, A Treatise Concerning the
Principles of Human Knowledge (1710)
It is one thing for to keep a name constantly to
the same definition, and another to make it
stand everywhere for the same idea; the one
is necessary, the other useless and
impracticable.
80
81. 4.8 semiosi e traduzione
interlinguistica
(cosa ce ne facciamo
della semiotica?)
81
82. 4.8 semiosi e traduzione
interlinguistica - Swift
L’altro era un disegno per abolire interamente qualsivoglia parola: e questo
era considerato un grande vantaggio in termini di salute e di concisione. [...]
Fu perciò offerto un espediente, che siccome le parole sono solo nomi di
cose, sarebbe più conveniente che tutti gli uomini portassero in giro le cose
necessarie a esprimere la particolare questione su cui devono discettare. [...]
molti tra i più coltivati e saggi aderiscono al nuovo disegno di esprimersi con
le cose; il che ha solo questo inconveniente di accompagnamento; ... che se
la questione di un uomo è molto grande, e di vari generi, deve essere
costretto in proporzione a portare un maggiore fardello di cose sulla schiena
[...] Un altro grande vantaggio prospettato da questa invenzione era che
sarebbe servito da linguaggio universale comprensibile in tutte le nazioni
civilizzate, i cui beni e utensili sono generalmente dello stesso genere, o
quasi somiglianti, così che i loro usi possano facilmente essere compresi»
(Swift 1726:158-159).
82
83. 4.8 semiosi e traduzione
interlinguistica - Leopardi
Si estendano ancora le dette osservazioni alla diversità delle idee
concomitanti di una stessa parola ec. e quindi dell’effetto di una
stessa scrittura ec. secondo i tempi, e le nazioni, i forestieri o
nazionali, posteri più o meno remoti, o contemporanei ec. E quindi
alla poca durevolezza ed estensione possibile della fama e stima di
una scrittura per ottima ch’ella sia, almeno dello stesso grado e
qualità di fama e stima, e del giudizio di essa ec., massime essendo
impossibili le traduzioni perfette, o dall’antico nel moderno, o d’uno
in altro moderno ec., come di sopra. E le differenze occasionate ne’
lettori da quelle de’ tempi, costumi, climi, luoghi ec. ec. ec (1832:90).
83
84. 4.7 circolo ermeneutico
Lettore
primo segno percezione correlazione interpretazione
ritorno al testo
necessità di
controllare l’ipotesi
interpretante inferenza
secondo segno percezione correlazione interpretazione
ritorno al testo
necessità di
controllare l’ipotesi
interpretante inferenza
terzo segno ...
84
85. 4.9 circolo ermeneutico e traduzione
interlinguistica
(cosa ce ne facciamo
della semiotica/2?)
85
86. 4.10 La cooperazione
testuale
Un testo viene scritto da un autore che immagina chi potrà
leggerlo e in che modo.
L’autore scrive pensando a dare dell’autore come inferito dal
testo un’immagine che meglio si confà al modello di lettore che
ha in mente.
La strategia seguìta dall’autore per comunicare con il tipo di
lettore che ha in mente può contemplare la presenza o
l’assenza del narratore, e il narratore raramente coincide con
l’autore effettivo.
Per questo conviene precisare che nel rapporto tra testo e
lettore entrano in gioco varie figure.
86
87. La cooperazione testuale
Umberto Eco, Lector in fabula, 1979:
L’autore deve prevedere un modello del lettore possibile (da
qui in poi Lettore Modello) che suppone sia in grado di
affrontare interpretativamente le espressioni nello stesso
modo in cui l’autore le affronta generativamente.
Il Lettore Modello è un insieme di condizioni di felicità,
testualmente stabilite, che devono essere soddisfatte perché
un testo sia pienamente attualizzato nel suo contenuto
potenziale.
87
88. 5.1 non ci sono equivalenti, non ci sono
sinonimi
Con il nuovo secolo, sono stati fatti da più parti tentativi di
inserire il concetto di «traduzione» al centro del sistema
culturale semiotico: prima Lotman, poi anche Gorlée e Torop
(Lotman 1984; Gorlée 1994; Torop 2010) hanno parlato di
«traduzione» come concetto fondamentale per la
definizione della stessa semiotica. Così la traduzione ha
compiuto tutta la strada dalla periferia al centro della
cultura della comunicazione.
88
89. 5.2 ogni uomo è traduttore - Huet
Una parola è espressa in maniera ambigua e si presta a una
doppia interpretazione: perché ne scegli una soltanto e
abbandoni l’altra? Perché porgi al lettore solo parte del
significato e non gli offri anche l’altra, privandolo, col
seguire la tua sola opinione, della possibilità di formulare
una sua congettura e un suo personale giudizio? [...] la frase
[va] riproposta nella sua ambiguità (Huet 1683: 26).
89
90. 5.2 ogni uomo è traduttore
George Steiner, Real Presences (1989):
«l’eresia può essere definita una «rilettura infinita» e una
rivalutazione [...] interpretazioni e revisioni, le nuove
traduzioni, anche qualora strategicamente professino un
ritorno alla fonte autentica, anche quando pretendano che la
comprensione del testo primario sia resa più chiara e
pertinente ai bisogni di un mondo instabile, generano
un’ermeneutica senza limiti, diffusiva».
90
91. 5.2 ogni uomo è traduttore
Non esiste alcun significato letterale e, oltre a quelli che
possono da alcuni essere considerati tali, ogni parola e ogni
frase suscitano una serie di rimandi scatenati dalle
George Steiner, Real Presences (1989):
«abitudini linguistiche individuali, accelerate dall’inconscio, e
le mappature dei campi associativi di un dato parlante o
scrivente. Contengono, con densità inaccessibili a un
inventario sistematico, la storia della lingua in questione e
delle lingue vicine. Le specificità sociali, locali, temporali,
professionali sono della massima rilevanza».
91
92. 5.2 ogni uomo è traduttore
in verità non esiste qualcosa come un significato preciso e
definito collegato a qualsiasi nome generale, poiché loro
tutti significano indifferentemente un gran numero di idee
particolari. Una cosa è conservare a un nome sempre la
stessa definizione, un’altra fare sì che ovunque stia per la
stessa idea; una è necessaria, l’altra inutile e impraticabile
(Berkeley 1710: 18).
92
93. Cultura come traduzione della realtà
Una cultura è un modo di percepire la realtà. Non tragga in
inganno il verbo «percepire». Qualcuno potrebbe pensare
che, se la realtà oggettiva di una cultura è la stessa, anche
la sua percezione debba essere unica per tutti gli individui.
Ma la percezione è un fenomeno soggettivo, e ciò che è
percepito non è la fotografia della realtà, ma una delle
tante fotografie possibili. L’esperienza dell’individuo
giunge a influenzare anche le sue modalità percettive
93
94. Cultura come traduzione della realtà
Quando leggiamo un quotidiano, i materiali sono divisi in varie
categorie: politica, cronaca, spettacoli, commenti, sport e così via. In
modo simile, all’interno di una cultura si tende a usare determinate
categorie in cui viene scomposta – spesso in modo implicito, dandolo
per scontato – la realtà percepita.
La categoria diventa guida percettiva, quindi guida al giudizio.
94
95. Cultura come traduzione della realtà
Ci sono giornali che dedicano una pagina all’economia, altri che gliene
dedicano venticinque e non la chiamano «economia», ma suddividono il
soggetto più specificamente in «borsa», «finanza», «aziende» eccetera.
Ci sono giornali che hanno una pagina sulla nautica, altri che ne hanno
invece una sull’alpinismo. In quest’ultimo caso, una notizia che
potrebbe comparire sulla pagina «nautica» va a finire, in mancanza
d’altro, in una zona generica, magari dedicata alle notizie varie, o allo
sport. 95
96. Cultura come traduzione della realtà
La realtà rispecchiata da questi giornali è la stessa, ma la lettura che ne
viene data è diversa, diversa la categorizzazione. E percepire comporta
che la realtà percepita sia tipologizzata (e perciò stesso interpretata),
perché questo è l’unico modo per fare tesoro dell’esperienza passata
nella comprensione del presente (Eco 1997:109-114).
La tipologia (suddivisione in tipi) di una cultura è solo apparentemente
descrittiva: si tratta in realtà di un giudizio.
96
97. biglietti, prego!
qualsiasi testo ha due componenti: ciò che viene attivamente detto
(esplicito) e ciò che viene passivamente comunicato senza essere
detto perché è dato per scontato (implicito). Il non-detto è ricavabile
da un più o meno grande contesto, ossia dalla cultura in cui il testo
s’inserisce. La possibilità di non dire sempre tutto è una risorsa
preziosa. Si pensi per esempio a un bigliettaio che sale sull’autobus e dice: «Biglietti, prego!» Se gli toccasse esplicitare
il non-detto, dovrebbe fare un discorso lunghissimo: «Questo è un autobus della compagnia X. Per accedervi, occorre disporre
di un documento, costituito da [...]. Dato che qualcuno potrebbe non avere tale documento, io vengo mandato, a pagamento,
dalla compagnia X a controllare...». Si noti che, anche in questa spiegazione più dettagliata, moltissimi elementi sono dati per
scontati.
97
98. Ho fatto colazione
Le diverse culture attribuiscono alla parte non detta della
comunicazione cómpiti diversi. (Capovolgendo la prospettiva, si può
anche dire: il ruolo assegnato al non-detto in comunicazione si
chiama «cultura».) Il loro contenuto implicito varia a seconda del
variare del contesto ambientale. L’affermazione inserita nel contesto
della cultura italiana generica ha un contenuto di non-detto che si
può concretizzare, per esempio, in una tazza di caffè con o senza
latte, forse in una brioche o in pane, burro e marmellata. La stessa
affermazione, inserita nel contesto della cultura statunitense
contemporanea, facilmente rimanda ad alimenti diversi: uova e
pancetta, per esempio, e un caffè – o un frappuccino – forse soltanto
alla fine del pasto. Come si vede da questo esempio gastronomico, il
non-detto può costituire una parte davvero sostanziale – e
sostanziosa – del messaggio. 98
99. tipologia della realtà
Le differenze presenti tra le culture fanno sì che intere categorie di
oggetti o fenomeni possano esistere in una cultura e mancare in
un’altra. Più in una cultura si approfondisce un aspetto, un
argomento, più si ha bisogno di categorie specifiche per orientarvisi.
In una cultura mediterranea, per esempio, caratterizzata dalla
presenza o dalla vicinanza del mare, tutto ciò che ha a che fare con
la vita marittima è descrivibile in termini assai più dettagliati che non
in una cultura in cui il mare è presente solo come elemento remoto.
Il mare come bagno
Il mare come pesce/lavoro
Il mare come ostacolo
Il mare come clima
Il mare come via di trasporto 99
100. insalata, radicchio Milano, rucola
(implicito culturale, anche
famigliare)
Il fatto che in una cultura esista una categoria (fatto spesso rispecchiato
anche dalla presenza, nella lingua, di una o più parole che la
riguardano), e che questa occupi un determinato spazio di senso,
modifica il modo in cui la mente delle persone classifica – talora
consapevolmente, ma più spesso in modo automatico e perciò poco
consapevole – la realtà. In Italia per esempio abbiamo una varietà
enorme di insalate da consumare crude, bianche, verdi, gialle, rosse e
variegate. In molti altri paesi del mondo l’insalata è una sola, e non è
necessario ricorrere a termini tecnici più specifici («radicchio
trevigiano», «radicchio Milano» eccetera) per significarla. Questa
specificità si riflette anche a livello cognitivo, per cui a nessuno verrà in
mente di mangiare la bresaola con una generica insalata, perché nella
nostra cultura l’unica insalata considerata adatta a quella combinazione
è la rucola. (Il che porta qualcuno a pensare che sia necessario…)
100
101. perché? è sempre stato così
Quando un fenomeno è implicito nella cultura fin dalla nascita
dell’individuo, a volte si fatica a prenderne coscienza attiva. Il bambino
(o l’adulto) che ha sempre parlato la propria lingua madre non ha
coscienza del funzionamento di tale lingua finché non comincia a
ragionare in termini metalinguistici (ossia comincia a studiare la
grammatica della propria lingua, interrogandosi sul perché di un
meccanismo che ha sempre funzionato “da solo”).
101
102. studio razionale (adulto) della lingua
Un altro salto di consapevolezza è lo studio razionale (e non per
imitazione come avviene per i bambini piccoli) di una lingua diversa da
quella materna: il confronto tra le due lingue mette in risalto le
differenze; le caratteristiche della lingua madre, prima date per
scontate, diventano tratti distintivi (Jakobson). Qualcosa di simile
avviene con l’implicito della cultura, costituito dall’implicito non solo
linguistico ma anche in molte altre sfere
102
103. la differenza come presa di coscienza.
il ‘provincialismo’
La consapevolezza di come è fatta la propria cultura è data dal contatto
diretto o indiretto con culture altre e dal riconoscimento della loro
diversità. Vivendo in un sistema da cui è bandito (in cui è censurato,
negato, sconosciuto) ciò che è diverso, ci si forma inconsapevolmente
l’illusione che tutto il mondo sia uguale al proprio sistema: una sorta di
provincialismo, in parole povere.
103
104. il ‘buon senso’, altra parola per ‘cultura’, per
‘mentalità’, per ‘implicito culturale’
Conoscere culture diverse significa – innanzitutto – capire che la propria
classificazione della realtà non è l’unica possibile, che in altre culture
esistono categorie diverse e difficilmente immaginabili dall’interno della
propria, ma non per questo meno legittime. Quella che un nativo
incentrato sul qui e ora finisce per considerare la “logica delle cose”, il
“buon senso”, il “senso comune”, al contatto con altre culture si
ridimensiona fino a diventare solo una delle tante logiche possibili. È a
questo fenomeno che si allude quando si formulano frasi del tipo: «È
una persona dalla mentalità molto aperta, perché ha viaggiato».
104
105. 1.1 cultura di sistema
All’interno di ognuno di questi
sistemi c’è una cultura che serve da
aggregazione. Ci sono conoscenze
comuni che sono date per scontate,
sono implicite.
105
106. condiscendenza versus curiosità
Schematizzando, esistono due atteggiamenti: uno centrifugo, che tende
a proiettare tutto intorno al proprio sistema le regolarità, le categorie,
i parametri vigenti nel proprio; e uno centripeto, che tende a
riconoscere le differenze circostanti nei sistemi altri e a compararle
senza condiscendenza con le caratteristiche della propria sfera.
106
107. coloniale versus multiculturale
Il primo atteggiamento non è curioso della diversità, ha solo l’ansia di
applicare categorie proprie alla cultura altrui, di omogeneizzare la
diversità per farla apparire simile a ciò a cui si è abituati: è
appropriazione della cultura altrui (logica “coloniale”). Il secondo
atteggiamento, per contro, misura costantemente i limiti della propria
cultura in un confronto continuo con le culture altre (ora è di moda
definirlo “postcoloniale”): è la consapevolezza della dinamica
proprio/altrui (Bachtin 1979).
107
108. dinamica proprio/altrui
La dinamica proprio/altrui sviluppa le singole culture che
prendono coscienza della propria identità
Una cultura che conosca soltanto sé stessa non può
confrontarsi con l’altrui.
La traduzione si colloca al confine tra le culture
I saggi compilativi sono una sorta di traduzione
intertestuale
La traduzione intertestuale può anche essere inconscia
(Bloom)
sintesi tra creatività propria e influenza esterna
riconosciuta o no.
108
109. 1.2 Comunicazione come cultura del confine
all’interno di una cultura, può esserci o no la consapevolezza dei limiti
della propria cultura e dell’esistenza di altre culture. Lo spartiacque tra
le due possibilità è dato in primo luogo dalla conoscenza di culture
diverse dalla propria e, in seconda battuta, dal bisogno e dal desiderio
di comunicare all’esterno
109
110. Egocentrismo individuale e...
Partendo dalla dimensione individuale, a un estremo possiamo
collocare l’autoreferenzialità – intesa come strategia individuale che
implica la negligenza della realtà esterna –, l’egocentrismo, il solipsismo,
l’ermetismo. In questi casi la cultura altrui viene negata o minimizzata.
Man mano che il grado di socievolezza aumenta, progressivamente si
moltiplicano strategie atte a tradurre la cultura propria in altrui e
viceversa
110
111. ... egocentrismo collettivo
Nella dimensione superindividuale, la situazione è molto simile.
All’interno di un gruppo – per esempio famiglia, azienda, scuola,
corporazione, sindacato, generazione, ideologia, istituzione, tifo
sportivo, fanatismo musicale, città, provincia, nazione, stato – può
esserci la tendenza al confronto con l’esterno oppure una tendenza
autocentrica a interessarsi soltanto a ciò che è presente all’interno.
111
112. persone che incarnano la funzione traduttiva
Tutti i membri di un gruppo che si adoperano per far conoscere la
propria cultura all’esterno e per far conoscere le culture esterne
all’interno svolgono funzioni traduttive, e incarnano la cultura del
confine (Lotman 2000:257-268). Tale funzione traduttiva non è mai solo
linguistica, ma spesso è anche linguistica, perché ogni gruppo ha il suo
lessico, il suo vocabolario, che rispecchia la peculiarità del non-detto
nella cultura specifica di quel gruppo.
112
113. strumento di crescita e fecondazione tra culture
Intesa in questo senso molto più ampio di quello, angusto, tecnico, la
traduzione è uno strumento di crescita e fecondazione reciproca tra
culture. Il fatto di leggere la medesima realtà sotto punti di vista diversi
arricchisce enormemente le capacità cognitive e suggerisce letture
ancora diverse e soluzioni a problemi.
113
114. cronaca statunitense sull’Italia
Un esempio potrebbe essere costituito dalla lettura, in un giornale
statunitense, della cronaca relativa all’Italia. Di certo tale realtà viene
letta in modo molto diverso da quanto si faccia dall’interno, filtrata dalle
categorie e dai sistemi di valori della cultura statunitense. Stesso tipo di
straniamento avvertirebbe lo statunitense che leggesse la cronaca del
suo paese in un giornale italiano.
114
115. il diverso come barbaro, o muto
Il fatto che tra le culture di due gruppi ci sia una tendenza centripeta o
centrifuga, ossia alla curiosità e all’assorbimento o alla sopraffazione e
all’appropriazione, dipende anche dai rapporti di forza in essere tra i
due gruppi. Il maggiore o minore interesse reciproco è dovuto sia alla
concezione di sé che il gruppo ha sia alla considerazione per l’altrui. È
noto che per i greci i popoli altrui erano bárbaroi, «balbuzienti»,
«barbari», mentre per gli slavi le popolazioni germaniche con cui
confinavano a ovest erano nemcy, ossia «muti». I greci avevano un’alta
– forse non immotivata – opinione di sé, perciò tendevano a
considerare meno evolute e inferiori le culture che non avessero
tradizioni politiche e sociali paragonabili. Gli slavi, dal canto loro,
ritenevano che i popoli non slavi non parlassero una lingua diversa, ma,
assolutizzando il proprio punto di vista, che fossero decisamente
incomprensibili o incapaci di parlare
115
116. egemonia culturale
Ci sono viceversa casi in cui culture egemoniche esercitano su quelle
satelliti influenze fortissime. Nel presente, la cultura italiana è per certi
versi al traino di quella statunitense. Libri e film statunitensi circolano
copiosamente da noi, assai più di quanto non succeda il reciproco. Se
però si passa alla cucina, la cultura italiana “esporta” negli Stati uniti
molto di più di quanto non avvenga il contrario. Diversamente, se se
desidera vedere un film per esempio russo nelle sale italiane, tranne
poche eccezioni è necessario “cogliere l’attimo” perché la loro
circolazione è quantomeno assai limitata. Passando al campo della
moda, molti russi vestono volentieri capi italiani, ma il reciproco non è
altrettanto frequente
116
117. traduzione – metafora spaziale
Normalmente, quando si parla di traduzione, si ha in mente un
sottoinsieme molto preciso di questo processo, ossia la riespressione di
un testo verbale in una lingua (codice naturale) diversa da quella in cui il
testo è stato originariamente scritto (codificato). Uno dei primi passi per
cercare di avere un approccio più possibile preciso e completo e quindi
scientifico alla traduzione consiste nel prenderla in considerazione in
tutte le sue forme (Tabella 1.1). In Italia di traduzione si parlava a volte
ricorrendo a metafore di carattere agonistico: quando si parlava di
«testo di partenza» e «testo di arrivo» si aveva evidentemente a che
fare con una visione della traduzione come percorso inteso in senso
soprattutto spaziale.
117
118. traduzione in senso culturale
La traduzione può avere una dimensione spaziale, e una temporale, ma
soprattutto ne ha sempre una culturale: si traduce da una cultura a
un’altra, dove per «cultura» si può intendere qualsiasi sistema
omogeneo dal singolo individuo al gruppo numeroso. All’interno di ogni
cultura (sottosistema culturale), si dicono parole che sottintendono ciò
che viene dato per scontato; ma nei diversi sistemi si danno per scontati
concetti diversi (proprio in questo consiste la differenza culturale), e la
traduzione è la capacità di tenerne conto e di gestire le differenze nel
modo più adatto per il mittente, per sé e per il proprio destinatario
118
119. traduzione processo, traduzione testo
Per evitare parole perlopiù frutto di semplificazione e banalizzazione di
locuzioni inglesi più espressive e precise (source text, target text), si
potrebbe ipotizzare di chiamare il primo testo, quello da cui si traduce,
«originale», e il secondo, il frutto del processo traduttivo, «traduzione».
Quest’ultima parola ha però il difetto di non distinguere il processo dal
prodotto: «traduzione» significa anche il processo mediante il quale si
arriva al secondo testo
119
120. prototesto, metatesto
Preferisco adottare la terminologia di Popovič (2006), che considera la
traduzione interlinguistica un caso particolare di metacomunicazione,
e chiama i due testi «prototesto» (primo testo) e «metatesto» (testo
ulteriore). Ogni comunicazione contempla la possibilità di una
metacomunicazione: ogni volta che qualcuno dice/scrive qualcosa,
qualcun altro potrà “scriverci sopra”, riferire il discorso altrui
modificandolo e così via. La traduzione è uno di questi casi.
120
121. testo
Un’altra precisazione riguarda il concetto di «testo»: il primo e più
immediato significato evocato da questo termine riguarda un sistema
di parole con una forma grafica, dotato di una struttura interna che
lo rende coerente e coeso. Ma non è detto che un testo sia fatto di
parole: la semiotica estende il concetto di «linguaggio» ai codici
non verbali, come la musica, le arti figurative, il cinema, ma anche la
moda, l’ambiente naturale, i segnali stradali
121
122. processo traduttivo
A questo punto forse è già chiaro quali possano essere le conseguenze
di tale ampliamento di orizzonti: se per «traduzione» s’intende
qualsiasi processo che trasformi un prototesto in un metatesto, e i
due testi possono appartenere a qualsiasi linguaggio, verbale e non,
artificiale e non, ed è anche possibile che appartengano al medesimo
linguaggio, il concetto di «processo traduttivo» finisce per
abbracciare un campo davvero assai ampio.
122
124. 1.3 la comunicazione come traduzione
124
atto
comunicativo
prototesto trasferimento metatesto
traduzione
codice
naturale A
verbale interlinguistico
codice
naturale B
parafrasi
codice
naturale A
verbale intralinguistico
codice
naturale A
citazione,
rimando,
allusione
codice
naturale
intertestuale
interlinguistico
o intralinguistico
codice
naturale
ispirazione
codice
naturale
deverbalizzante intersemiotico musicale
traduzione
filmica
codice
naturale
verbale +
deverbalizzante
intersemiotico filmico
ispirazione
codice
naturale
deverbalizzante intersemiotico pittorico
postfazione
recensione
pubblicità
biografia
codice
naturale
metatestuale
interlinguistico
o intralinguistico
codice
naturale
lettura
codice
naturale
deverbalizzante intersemiotico psichico
scrittura
codice
psichico
verbalizzante intersemiotico codice naturale
discorso allo
psicoterapeuta
codice
psichico
verbalizzante intersemiotico codice naturale
elaborazione dello
psicoterapeuta
codice
naturale
deverbalizzante intralinguistico
codice
psichico
feedback dello
psicoterapeuta
codice
psichico
verbalizzante intersemiotico codice naturale
trascrizionerelazione di
un sogno
codice
onirico
verbalizzante intersemiotico
codice
naturale
interpretazione del sogno
codice
naturale
deverbalizzante intersemiotico psichico
126. Jane Austen, Sense and Sensibility
Ang Lee, Sense and Sensibilitye
s
e
m
p
i
126
127. 2.5 traduzione filmica
Prototesto: testo verbale
Trasferimento: deverbalizzante intersemiotico
Metatesto: testo codice filmico
e
s
e
m
p
i
127
128. Emily Brontë, Wuthering Heights
1801. Sono appena ritornato da una
visita al mio padrone di casa, il solo
e unico vicino dal quale sarò
infastidito. Che bella zona è questa!
In tutta l’Inghilterra, non credo che
avrei potuto trovare un altro posto
così totalmente distaccato dal
trambusto della vita sociale...
e
s
e
m
p
i
128
130. 1.4 Tradurre l’intero testo
La concentrazione sul processo traduttivo – tipica
dell’approccio totale alla traduzione – è accompagnata dalla
presa di coscienza che ogni atto comunicativo comporta un
residuo (Tabella 6.6). Affrontando una traduzione, occorre
tenerne conto e fare il possibile per riesprimere nel
metatesto paratestuale tutto ciò che non è traducibile
direttamente nel metatesto testuale. Per «metatesto
paratestuale» s’intende in questo caso il testo o l’insieme di
testi che accompagnano, da vicino o da lontano, la
pubblicazione di un testo tradotto
130
131. prevedere la perdita
Questo significa che, affrontando un atto comunicativo, è
necessario prevedere quali parti del messaggio hanno
elevate probabilità di non essere convogliate in modo
immediato, e quali dispositivi marginali, collaterali,
paratestuali predisporre per la gestione di tale residuo
comunicativo (1.8). La strategia comunicativa finisce così
in sostanza per coincidere con la strategia traduttiva
131
132. tradurre tutto
132
prototesto
analisi traduttologica
lettore
modello
dominante
strategia
traduttiva
comunicazione/
traduzione adeguata
residuo (o perdita: loss)
in comunicazione, elemento del messaggio che non
giunge a destinazione; rumore semiotico
metatesto1
(testo tradotto)
metatesto2
(testo d’accompagnamento)
135. Linguistica: scienza che studia la varietà delle
manifestazioni del linguaggio verbale per ricostruire il
sistema di ciascuna lingua.
Semiotica: scienza che studia il segno,
la sua natura, produzione,
interpretazione ecc.; i linguaggi
(sistemi di segni) verbali e non verbali.
S
e
m
i
o
t
i
c
a
lin
gui
sti
ca
135
136. Testo: insieme coerente degli enunciati linguistici.
Testo: insieme coerente degli enunciati
di qualsiasi linguaggio, anche non
verbale.
S
e
m
i
o
t
i
c
a
lin
gui
sti
ca
136
137. testo
insieme di segni, di frasi il cui senso è più ricco e
complesso della somma dei singoli elementi che
lo compongono. Se in linguistica il testo è
formato da parole, in semiotica può essere
considerato testo qualsiasi oggetto studiato
come elemento all’interno di un codice anche
non verbale. Per esempio, un capo
d’abbigliamento è un testo nel sistema segnico
della moda.
S
e
m
i
o
t
i
c
a
lin
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sti
ca
137
138. coerenza testuale
rete di significati e implicazioni che
rendono semanticamente compatto un
testo. continuità di significato tra le
parti di un testo, che, insieme alla
coesione, identifica un testo in quanto
tale
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ca
138
139. coesione testuale
collegamento tra le parti di un testo,
assicurato sul piano discorsivo dall’uso
di pronomi, congiunzioni, ripetizioni e
simili
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139
140. oggetto : parole, frasi, periodi, paragrafi, capitoli ecc.
oggetto: parole, immagini, suoni,
cinema, teatro, fumetto, architettura,
moda, cucina ecc. (linguaggi, codici,
sistemi di segni).
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140
141. codice - sistema di segni - linguaggio -
lingua
– la codifica è il processo di rappresentazione sistematica
dei significati;
– ogni codice è un sistema di segni con regole autonome
dagli altri sistemi;
– l’italiano e l’inglese sono codici diversi, ma appartengono
allo stesso tipo di codice: verbale;
– l’italiano e l’inglese sono lingue diverse, ma appartengono
entrambi ai linguaggi verbali;
– linguaggi sono sia le lingue (verbali) sia i codici non verbali
(matematica, musica, moda...)
141
142. Tipo di linguaggio: lingue naturali (italiano, inglese, francese,
russo, tedesco, spagnolo, neerlandese ecc.)
Tipo di linguaggio: lingue naturali +
linguaggi naturali (linguaggio della
mente) + altri sistemi di segni culturali
(abbigliamento, architettura, design,
cibo, arti figurative, musica ecc.)
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142
143. linguaggio naturale
si parla di «linguaggio naturale» per
definire le lingue parlate dagli uomini e
formatesi in modo spontaneo e
soggette a evoluzione storica, in
contrapposizione ai linguaggi artificiali
(matematica ecc.) creati dall’uomo non
spontaneamente
143
144. quando: fino agli anni Sessanta del Novecento
quando: nell’ultimo mezzo
secolo circa.
S
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ca
144
145. Disciplina sulla traduzione: teoria della traduzione
Disciplina sulla traduzione:
traductologie ( traduttologia),
Translation Studies,
Übersetzungswissenschaft (
scienza della traduzione)
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145
146. traduzione: da una lingua naturale a un’altra lingua naturale
traduzione: da un linguaggio (anche
non verbale) a un altro linguaggio
(anche non verbale)+da un
linguaggio al linguaggio stesso, con
modifica del contesto culturale
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146
148. trasferimento: da un testo verbale (parole) a un testo
verbale (parole).
trasferimento: da un testo verbale
(parole) o non verbale (musica, arte
ecc.) a un testo verbale (parole) o
non verbale (musica, arte ecc.).
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148
149. nome del trasferimento: interlinguistico.
nome del trasferimento:
interlinguistico
oppure
intersemiotico (se cambia il tipo di codice, per
esempio dal verbale al musicale ecc.)
oppure
intralinguistico (se la traduzione avviene all’interno
della stessa lingua, per esempio dall’italiano
all’italiano)
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149
150. Tipo di trasferimento: testuale.
Tipo di trasferimento: verbale (testuale) oppure
deverbalizzante (se la traduzione avviene da un testo
verbale o non verbale a un testo non verbale) oppure
verbalizzante (se la traduzione avviene da un testo non
verbale a un testo verbale) oppure
intratestuale (se si tratta di un riferimento a un brano
verbale inglobato nel testo prodotto) oppure
metatestuale (se si tratta di un testo di accompagnamento,
che con la sua presenza completa la traduzione)
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150
151. Nome dei due testi: testo di partenza, (TP) testo d’arrivo
(TA).
Nome dei due testi:
prototesto
metatesto
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151
152. Nome delle due lingue: lingua di partenza (LP),
lingua d’arrivo (LA).
Nome delle due culture:
cultura emittente
cultura ricevente.
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152
153. “In realtà la teoria della traduzione non è
né una teoria, né una scienza, ma quel
corpo di conoscenze che possediamo già e
che dobbiamo ancora costituire sui
processi di traduzione [...] scopo
principale della teoria della traduzione
consiste nell’individuare metodi traduttivi
validi per la più ampia gamma di testi o di
categorie di testi” (Newmark 1981:45).
1.6 reazioni al lessicalismo (rifiuto
della teoria)
153
154. Nel 1959 Roman Jakobson pubblica un articolo divenuto poi storico, On linguistic aspects
of translation, in cui enuncia una concezione semiotica della traduzione. La traduzione
viene suddivisa in tre tipi:
è traduzione il trasferimento interlinguistico (come in passato)
ma:
è “traduzione” anche il trasferimento intralinguistico
ma:
è “traduzione” anche la trasmutazione intersemiotica (interpretazione di segni verbali per
mezzo di segni di sistemi non verbali)
Era troppo presto: l’apertura sarebbe stata raccolta in modo davvero completo solo negli
anni Novanta. Qualcuno ha pensato: perché complicare il quadro già complesso della
traduzione aggiungendo altro materiale derivante dall’inclusione nel concetto di
«traduzione» di processi come la parafrasi intralinguistica e l’adattamento di film a
romanzi? In apparenza, ciò appesantiva la disciplina senza offrire nulla in cambio. Ma
questo articolo del 1959 ha in embrione molti degli sviluppi futuri più interessanti.
1.7 Jakobson e l’apertura alla
semiotica
154
155. Il processo traduttivo che sta alla base di
tutte le trasformazioni possibili di testi
(intesi in senso lato) è un processo unico, il
cui studio è reso più fecondo dalla
possibilità di individuarlo anche in
fenomeni apparentemente diversi.
1.8 Processo traduttivo
155
156. Individuare nell’àmbito di attività
spesso considerate molto lontane
fra loro un nucleo comune serve a
vederlo da più angolature e a
tracciarne i confini con ciò che lo
circonda.
Processo traduttivo
156
158. 1.8 Traduzione totale
158
prototesto
analisi traduttologica
lettore
modello
dominante
strategia
traduttiva
comunicazione/
traduzione adeguata
residuo (o perdita: loss)
in comunicazione, elemento del messaggio che
non giunge a destinazione; rumore semiotico
metatesto1 metatesto2
159. 1.8 Traduzione totale
affrontando un atto comunicativo, è
necessario prevedere quali parti del
messaggio hanno elevate probabilità di
non essere convogliate in modo
immediato, e quali dispositivi
metatestuali predisporre per la
gestione di tale residuo comunicativo
159
162. dominante
elemento intorno a cui ruota il testo.
elemento di coesione del testo.
elemento del testo considerato
fondamentale per una determinata
traduzione verso una determinata
cultura.
162
163. lettore modello
prototipo di lettore, o lettore
immaginario, a cui la strategia narrativa si
rivolge.
prototipo di lettore, o lettore
immaginario, a cui la strategia traduttiva
si rivolge.
163
164. teoria matematica della
comunicazione (Shannon e Weaver
1949)
«totale» perché si tiene conto del residuo comunicativo e si prevede una strategia che
serve a riportarlo al ricevente al di fuori del testo principale, sotto forma metatestuale
(ossia paratestuale); in ogni processo comunicativo c’è un residuo, e le traduzioni non
fanno eccezione; il modello matematico della comunicazione di Shannon e Weaver
(vedi schema) prevede la presenza di un “rumore” semiotico nello scambio di
messaggi 164
165. tipi di relazione prototesto-metatesto
in Russia perevodovedenie [scienza della traduzione];
in Francia traductologie (da cui l’italiano «traduttologia» e lo spagnolo
traductología);
nei paesi anglofoni translation studies (esportato invariato anche in altre
lingue);
in Germania Übersetzungswissenschaft [scienza della traduzione].
165
166. Huet e la polisemia di «traduzione»
Pierre-Daniel Huet, De interpretatione (1683)
il termine «traduzione» si riferisce anche al chiarimento di
dottrine astruse, all’interpretazione degli enigmi e dei sogni, alla
spiegazione degli oracoli, alla soluzione di questioni complesse,
e, infine, alla divulgazione di tutto quanto sia sconosciuto
166
167. Jakobson e la «dominante»
Roman Jakobson, Dominanta (1930)
Può essere definita «dominante» la componente intorno
a cui si focalizza un’opera d’arte: governa, determina e
trasforma le altre componenti. È la dominante a garantire
l’integrità della struttura (1987:41).
167
168. tipi di trasferimento secondo la traduzione
totale
168
tipo di trasferimento quando si verifica
verbale nella traduzione interlinguistica e
intralinguistica
deverbalizzante quando la traduzione avviene da un
prototesto verbale a un metatesto non
verbale
verbalizzante quando la traduzione avviene da un
prototesto non verbale a un metatesto
verbale
intertestuale quando si tratta di un riferimento a un brano
non inglobato nel testo prodotto
intestuale quando si tratta di un riferimento alla
relazione tra un brano non inglobato nel
testo prodotto e il testo nell’insieme
metatestuale quando si tratta di un testo di
accompagnamento, che con la sua presenza
169. nuovo modo di concepire la traduzione, non
più limitato ai soli aspetti linguistici
«cultura emittente» e «cultura ricevente»
– traduzione interlinguistica
– traduzione intralinguistica
– traduzione intersemiotica
– traduzione intertestuale
– traduzione intestuale
– traduzione metatestuale
– traduzione interculturale
– traduzione mentale
169
171. ... una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che
insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del
paese.
Qui, con ironia, Manzoni
allude alle prepotenze dei
soldati spagnoli...
e
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171
172. Atto di comunicazione: Postfazione,
note.
Prototesto: testo codice naturale
Trasferimento: metatestuale interlinguistico
o intralinguistico
Metatesto: testo codice naturale
e
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172
173. Manzoni, I promessi sposi
...apologia degli umili, assurti per la
prima volta a protagonisti di una
grande opera letteraria...
e
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173
174. Atto di comunicazione: Voce di
enciclopedia
Prototesto: testo codice naturale
Trasferimento: metatestuale interlinguistico
o intralinguistico
Metatesto: testo codice naturale
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174
175. David Gates, Preston falls
Un matrimonio in
caduta libera sotto il
peso delle speranze,
delle abitudini e degli
obblighi.
175
177. Quel giorno Cappuccetto Rosso entrò
nel bosco per andare a trovare la
nonna...
Nella mente non si conservano tutte le
parole lette, ma l’impressione che
producono, le immagini evocate dalla
parola «bosco», da pensieri di
esplorazione, di paura ecc.
e
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177
178. Atto di comunicazione: Lettura pagina 36
Prototesto: testo codice naturale
Trasferimento: intersemiotico, deverbalizzante
Metatesto: testo codice mentale, psichico
e
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178
179. [mi siedo alla scrivania pensando che devo
rispondere alla lettera, ma non so di preciso cosa
scriverò]
Caro Gherardo,
ho ricevuto la tua lettera. In
questo periodo sono molto
indaffarato. Stamattina...
e
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179
180. Atto di comunicazione: Scrittura
Prototesto: testo codice mentale, psichico
Trasferimento: intersemiotico, deverbalizzante
Metatesto: testo codice naturale
e
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180
182. [mi sento angosciato, non so spiegarmelo, non ho voglia
di parlare ma so che devo cercare di tradurre il mio
disagio in parole se voglio che lo psicoterapeuta mi possa
aiutare]
«mi sento male, mi guardo intorno e mi
sembra che tutti mi guardino con un’aria
strana, controllo specchiandomi in una
vetrina se c’è qualcosa fuori posto...»
e
s
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p
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182
183. Atto di comunicazione:
discorso allo psicoterapeuta
Prototesto: testo codice mentale, psichico
Trasferimento: intersemiotico, deverbalizzante
Metatesto: testo codice naturale
e
s
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183
184. «mi sento male, mi guardo intorno e mi sembra che tutti
mi guardino con un’aria strana, controllo specchiandomi
in una vetrina se c’è qualcosa fuori posto... »
«forse lei non è certo della sua identità, è
insicuro, c’è qualcosa in lei di poco
riconoscibile.»
e
s
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p
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184
185. Atto di comunicazione:
feedback dello psicoterapeuta
Prototesto: testo verbale, codice naturale
Trasferimento: intersemiotico, deverbalizzante
Metatesto: testo verbale, codice naturale
e
s
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185
186. «forse lei non è certo della sua identità, è
insicuro, c’è qualcosa in lei di poco
riconoscibile... »
[al paziente vengono in mente i contrasti
con i fratelli più forti e virili di lui, e
questo gli fa pensare che il suo non
sentirsi a posto risalga a un periodo
lontano della sua vita]
e
s
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186
187. esercitazione: il concetto di «traduzione»
[...]
Ora siamo pronti per cominciare la
parte del corso dedicata ai tipi di
traduzione.
187
189. 2.1 la traduzione intralinguistica
L’assimilazione della traduzione intralinguistica negli studi sulla traduzione in
generale è molto produttiva anche dal punto di vista didattico. Rendendosi
conto di come un messaggio viene trasformato dalla traduzione pur restando
nella stessa lingua, è più facile accorgersi delle differenze tra prototesto e
metatesto, ed è più facile accorgersi dei motivi per cui un messaggio è
tradotto. I due elementi principali che fanno variare un messaggio –
indipendentemente dal codice usato – sono il lettore modello e la dominante. È
quello che succede quotidianamente quando, per esempio, un giornalista
traduce in forma divulgativa una scoperta scientifica pubblicata come tale in
una rivista settoriale. O quando un adulto spiega a un bambino il
funzionamento di una legge (che a sua volta l’adulto spesso ha conosciuto
attraverso la traduzione di un giornalista o di un tecnico che l’ha letta in
“originale”).
189
190. 2.1 la traduzione intralinguistica
Raymond Queneau, in Esercizi di stile, ha dato prova di come uno stesso
messaggio possa essere tradotto nella stessa lingua. Usare uno stile o un
altro, fare riferimento a un genere testuale o a un altro, a una figura
retorica o a un’altra è un modo per variare, a seconda dei casi, la dominante
e il lettore modello. La traduzione intralinguistica si fa beffa del concetto di
«equivalente», poiché usando quasi unicamente quelli che nella teoria
primordiale della traduzione sarebbero stati definiti «equivalenti» o
«sinonimi» crea testi completamente diversi, con usi, destinazioni,
significati molto ramificati. La traduzione intralinguistica è il primo passo
indispensabile per capire che cos’è la scienza della traduzione: il fatto di
usare la lingua madre facilita molto la comprensione e l’applicazione
pratica dei concetti.
190
191. 2.2 traduzione intersemiotica
191
romanzo
testo verbale
scritto
traduzione
filmica
testo
filmico
film
testo
teatrale
testo verbale
scritto
traduzione teatrale
testo
verbale
e non
verbale
opera
teatrale
recitata
romanzo
testo verbale
scritto
traduzione
infantile
testo verbale scritto e
illustrato
edizione per
bambini
quadro
testo
pittorico
traduzione poetica
testo
verbale scritto
poesia
concerto
testo musicale
eseguito
traduzione poetica
testo
verbale scritto
poesia
poesia
scritta
testo verbale
scritto
traduzione recitativa
testo
verbale
parlato
poesia
recitata
spartito
testo musicale
scritto
esecuzione musicale
testo
musicale
eseguito
musica
sogno testo mentale traduzione onirica
testo
verbale scritto
trascrizione
sogno
riferito
testo verbale
parlato
traduzione psico-analitica
testo
verbale parlato
interpretazione del sogno
prototesto
tipo di
prototesto
processo traduttivo
tipo di
metatesto
metatesto
192. 2.2 la traduzione intersemiotica
il testo teatrale scritto viene tradotto in una recitazione
uno stesso prototesto può dare luogo a diversi metatesti (allestimenti,
recitazioni) che variano a seconda del regista, degli attori, dello scenografo.
creazione di edizioni per bambini di opere normalmente destinate a un
pubblico adulto
la scelta dei brani da espungere quanto la scelta di illustrare determinate scene
comportano una pre-interpretazione del testo, da parte del curatore o
dell’illustratore, che riduce la libertà immaginativa del lettore.
traduzione in poesia, ma anche una recensione o un commento critico possono
essere considerati traduzioni intersemiotiche, ancorché il residuo –
possibilmente recuperato nel metatesto – possa essere considerato assai
cospicuo.
192
193. 2.2 la traduzione intersemiotica
La declamazione di una poesia e l’esecuzione di uno spartito hanno in
comune il prototesto scritto e il metatesto sonoro
le attualizzazioni possibili sono infinite, ed è raro che si possa stilare una
graduatoria o stabilire quali attualizzazioni sono unanimemente migliori
delle altre.
il ricevente preso a modello per la realizzazione è un elemento
fondamentale per decidere a quale strategia traduttiva conformarsi.
193
194. 2.2 la traduzione intersemiotica
materiale onirico (ricordo di un sogno) messo in parole
traduzione del sogno riferito in interpretazione del sogno da parte di un
terapeuta
194
195. 2.3 traduzione deverbalizzante
195
Prototesto
analisi traduttologica: scomposizione degli elementi
verbale
paronomastico
recitativo
paradigmatico
ritmico
plastico
prospettico
sintagmatico
psichico
architettonico
coreografico
rimico
timbrico
pittorico
cinetico
fotografico
melodico
strategia traduttiva
riassegnazione degli elementi (sintesi)
aggiunta amplificazione conservazione modifica riduzione soppressione
nuova coesione
Metatesto
196. 2.3 la traduzione deverbalizzante
Il procedimento della traduzione intersemiotica è molto interessante, anche
perché permette di capire quanto sia produttivo inserire i processi
traduttivi “strani” nel contesto dello studio della definizione del processo
traduttivo.
Avendo a che fare con testo eterogeneo il traduttore deverbalizzante è
costretto a compiere razionalmente un processo di scomposizione e di
analisi degli elementi, di ricerca di strategie traduttive e di nuova sintesi che
qualsiasi traduttore compie, in modo più o meno consapevole.
196
197. 2.3 la traduzione deverbalizzante
La catalogazione dei testi possibili è utile per trovare elementi comuni a tipi
di testo diversi.
Per esempio, sotto la categoria «prospettico» si possono collocare testi di
carattere visivo – fotografie, film, quadri, sculture e così via – ma anche testi
verbali: in questo caso si fa riferimento al punto di vista di narratori e
personaggi, all’uso di deittici (parole il cui significato è relativo alla
situazione spaziotemporale, come «qui», «ora», «là», «prima», «questo»,
«quello», «il»), a tecniche di narrazione.
Sotto la categoria «melodico» possono collocarsi elementi di una
composizione musicale come elementi di una composizione poetica.
197
198. 2.3 la traduzione deverbalizzante
il traduttore è costretto a scomporre il prototesto nei vari elementi che lo
costituiscono e a ripensare l’opera usando come mattoni soltanto gli
elementi a disposizione nel tipo di codice del metatesto.
Se, per esempio, è in corso la traduzione filmica di un romanzo, il traduttore
nel prototesto ha a disposizione elementi verbali, sintagmatici,
paradigmatici, prospettici, mentre nel metatesto ha a disposizione elementi
verbali, prospettici, fotografici, coreografici, recitativi, melodici: in questi
due elenchi alcuni elementi sono comuni a prototesto e metatesto, e sono
quindi preservabili almeno in parte, mentre altri vanno necessariamente
sostituiti con materiale di un altro tipo, intersemiotico.
198
199. 2.3 la traduzione deverbalizzante
strategia traduttiva
analizzare il prototesto,
scomporlo elementi costitutivi e potenziali,
decidere per ognuno se
sopprimerlo,
ridurlo,
modificarlo,
conservarlo,
amplificarlo o
aggiungerlo
fase sintetica: coesione e coerenza del metatesto
non operazione meccanica di riassemblaggio, ma di un’opera creativa.
199
208. 2.4 psicoterapia e sogno
Prototesto: testo verbale, codice naturale
Trasferimento: intersemiotico, deverbalizzante
Metatesto: testo psichico, mentale
208
209. 2.4 psicoterapia come traduzione
intersemiotica multipla
209
La psicoterapia come traduzione multipla
il paziente ricorda il paziente parla
codice
psichico
verbalizzante
intersemiotico
discorso allo
psicoterapeuta
codice
naturale
il terapeuta ascolta
il terapeuta interpreta
le parole del paziente
codice naturale deverbalizzante
intersemiotico
elaborazione
dello
psicoterapeuta
codice
psichico
il terapeuta racconta al paziente
la propria interpretazione
il paziente ascolta
l’interpretazione del terapeuta e
cambia
codice
naturale
deverbalizzante
intersemiotico
feedback dello
psicoterapeuta
codice
psichico
210. 2.4 il sogno come traduzione
intersemiotica multipla
210
Il sogno come traduzione intersemiotica multipla
il paziente ricorda il sogno il paziente racconta il sogno
codice
onirico
verbalizzante
intersemiotico
relazione
di un sogno
codice
naturale
il terapeuta ascolta il terapeuta interpreta il sogno
codice
naturale
deverbalizzante
intersemiotico
elaborazione
interna
dello
psicoterapeuta
codice
psichico
il terapeuta racconta al paziente la propria interpretazione
il paziente ascolta
l’interpretazione
del terapeuta e cambia
testo codice
naturale
deverbalizzante
intersemiotico
interpretazio
ne del sogno al
paziente
codice
psichico
Prototesto Tipo Processo
Termine
comune
Metatesto
212. 2.5 Pirandello e la traduzione
intersemiotica
Illustratori, attori e traduttori si trovano difatti, a ben
considerare, nella medesima condizione di fronte
all’estimativa estetica.
Tutti e tre hanno davanti a sé un’opera d’arte già espressa,
cioè già concepita ed eseguita da altri, che l’uno deve tradurre
in un’altra arte;
il secondo, in azione materiale; il terzo, in un’altra lingua.
Come saranno possibili queste traduzioni?
212
213. 2.5 traduzione musicale
Traduzione musicale: Pierino e il lupo, che nasce come fiaba
popolare russa diviene una composizione musicale di
Prokof´ev.
Prototesto: testo verbale scritto
Trasferimento: intersemiotico deverbalizzante
Metatesto: testo musicale
213
214. 2.5 traduzione musicale
Recensione musicale: l’esecuzione del Trillo del diavolo di
Tartini eseguita dal giovane Isaac Stern a New York viene
stroncata sul giornale.
Prototesto: testo musicale eseguito
Trasferimento: intersemiotico verbalizzante
Metatesto: testo verbale
214
215. 2.5 traduzione filmica
Traduzione filmica: il romanzo Il gattopardo di Tomasi di
Lampedusa viene tradotto in film da Luchino Visconti.
Prototesto: testo verbale scritto
Trasferimento: intersemiotico, parzialmente deverbalizzante
Metatesto: testo codice filmico
215
216. 2.5 traduzione filmica
Recensione filmica: il critico Farassino pubblica un libro sul
regista Buñuel.
Prototesto: testo filmico
Trasferimento: intersemiotico verbalizzante
Metatesto: testo verbale
216
217. 2.5 traduzione pittorica
Traduzione pittorica: Balthus nel 1932 dipinge Wuthering
Heights ispirandosi all’omonimo romanzo di Emily Brontë.
Prototesto: testo verbale scritto
Trasferimento: intersemiotico deverbalizzante
Metatesto: testo pittorico
217
219. 2.6 traduzione metatestuale -
recensione
Il motivo per cui, per esempio, una recensione è considerata
tra le attualizzazioni del processo traduttivo sta nel fatto
che il recensore ha a che fare con un prototesto (l’opera
recensita), deve mettere in atto una strategia traduttiva (ha
un lettore modello), deve cercare di convogliare entro
precisi limiti spaziotemporali il prototesto e produce un
metatesto (la recensione). Nonostante il residuo traduttivo
di una recensione sia presumibilmente assai maggiore
rispetto a quello di una traduzione interlinguistica, alla base
di tale attività c’è comunque un processo traduttivo che è
l’oggetto della scienza della traduzione.
219
220. Peirce: la comprensione come
traduzione mentale
«Ogni cosa può essere compresa o più rigorosamente
tradotta da qualcosa:
ossia ha qualcosa capace di una tale determinazione
da stare per qualcosa attraverso questa cosa;
un po’ come il grano di polline di un fiore sta all’ovulo
che penetra per la pianta da cui è venuto poiché
trasmette le peculiarità di quest’ultima.
All’incirca nello stesso senso, anche se non nella
stessa misura, ogni cosa è un medium tra qualcosa
e qualcosa».
220
221. Peirce: la semiosi
Per «semiosi» intendo [...] un’azione, o influenza,
che è, o comporta, una collaborazione di tre
soggetti, come un segno, il suo oggetto e il suo
interpretante, senza che questa influenza tri-
relativa sia in alcun modo risolvibile in azione tra
coppie (1931-1958, 5:484).
221
222. 2.7 traduzione mentale - premessa
Charles Sanders Peirce (1839-1914), fondatore della moderna
semiotica. Solo Locke prima di lui aveva usato
esplicitamente la parola «semiotica» per fare riferimento a
una disciplina.
Gli scritti di Peirce sono ancora in gran parte inediti. Peirce non
si è mai occupato della traduzione vera e propria da una
lingua all’altra. Però ha usato il concetto di «traduzione»
applicandolo alla comprensione di un testo. Ha scritto:
222
223. 2.9 il processo traduttivo della
lettura
confronto della percezione con
il repertorio mentale delle
percezioni esperite o possibili
223
224. 2.9 il processo traduttivo della
lettura
Percetto (ciò che viene
percepito)
cultura altrui
Testo
influsso della cultura altrui
sulla cultura propria (Lotman)
Testo
mentale; interpretante
la cultura come testo
traduzione dal testuale al
mentale (traduzione dalla
cultura della semiosfera alla
cultura individuale)
testo verbale
traduzione dal verbale al
mentale; volatilizzazione del
linguaggio in pensiero
(Vygotskij)
oggetto come testo della
semiosfera
influsso della semiosfera sulla
cultura propria individuale
segno semiosi
oggetto-segno semiosi
repertorio (inconscio) delle
percezioni possibili
repertorio (inconscio) delle
elaborazioni possibili
Prototesto Percezione Elaborazione Metatesto
224
225. Berkeley e la generalizzazione della
percezione
George Berkeley, A Treatise Concerning the
Principles of Human Knowledge (1710)
I believe we shall acknowledge that an idea
which, considered in itself, is particular,
becomes general by being made to represent
or stand for all other particular ideas of the
same sort.
225
226. La semiosi come interpretazione
Immanuel Kant, Critica della ragion pura (1781):
«gli schemi delle concezioni pure della comprensione sono le
vere e sole condizioni tramite cui la nostra comprensione
riceve applicazione agli oggetti, e di conseguenza significato».
226
235. 2.10 il processo traduttivo
della scrittura
Paul Valéry 1944
Scrivere qualunque cosa (dal momento che l’atto
di scrivere esige riflessione e non è la trascrizione
meccanica e senza pause di una parola interiore
affatto spontanea) è un lavoro di traduzione
paragonabile a quello che opera il trasferimento di
un testo da un a lingua in un’altra [...] 235
236. 2.10 il processo traduttivo della
scrittura
Prototesto
Interpretante (materiale mentale)
mappatura creatività individuale sintesi
angoscia
dell’influenza
influsso della cultura
altrui sulla cultura
propria
Strategia (testo mentale)
proiezione
stile
sintesi
traduzione dal testo
mentale al testo verbale
(traduzione dalla cultura
individuale, propria, alla
cultura della semiosfera,
altrui); semiosfera
comecultura ricevente:
elaborazione del
concetto di lettore
modello
dominante
Metatesto Testo + Residuo
236
237. il processo traduttivo della scrittura
– sintesi delle percezioni esperite o possibili (oggetti e/o
parole) e loro confronto con il repertorio espressivo verbale;
237
238. il processo traduttivo della scrittura
Giacomo Leopardi, Zibaldone (1817-1832)
Trovata la parola in qualunque lingua, siccome ne sappiamo il
significato chiaro e già noto per l’uso altrui, così la nostra idea ne
prende chiarezza e stabilità e consistenza e ci rimane ben definita e
fissa nella mente, e ben determinata e circoscritta. Cosa ch’io ho
provato molte volte, e si vede in questi stessi pensieri scritti a penna
corrente, dove ho fissato le mie idee con parole greche francesi
latine, secondo che mi rispondevano più precisamente alla cosa, e mi
venivano più presto trovate. Perchè un’idea senza parola o modo di
esprimerla, ci sfugge, o ci erra nel pensiero come indefinita e mal
nota a noi medesimi che l’abbiamo concepita. Colla parola prende
corpo, e quasi forma visibile, e sensibile, e circoscritta.
238
239. il processo traduttivo della scrittura:
spontaneità?
Giacomo Leopardi, Zibaldone (1817-1832)
E certo ogni bellezza principale nelle arti e nello scrivere deriva
dalla natura e non dall’affettazione o ricerca.
Ora il traduttore necessariamente affetta, cioè si sforza di
esprimere il carattere e lo stile altrui, e ripetere il detto di un
altro alla maniera e gusto del medesimo.
Quindi osservate quanto sia difficile una buona traduzione in
genere di bella letteratura, opera che dev’esser composta di
proprietà che paiono discordanti e incompatibili e
contraddittorie.
239
240. il processo traduttivo della scrittura:
spontaneità?
Giacomo Leopardi, Zibaldone (1817-1832)
E similmente l’anima e lo spirito e l’ingegno del traduttore.
Massime quando il principale o uno de’ principali pregi
dell’originale consiste appunto nell’inaffettato, naturale e
spontaneo, laddove il traduttore per natura sua non può
essere spontaneo.
240
241. il processo traduttivo della scrittura:
spontaneità?
Arthur Schopenhauer, Parerga und Paralipomena (1851)
Perfino nella semplice prosa, la migliore di tutte le traduzioni
riuscirà al massimo, in confronto con l’originale, come può
riuscire la trasposizione di un pezzo musicale in un’altra
tonalità [...] ogni traduzione rimane un’opera morta, e il suo
stile è forzato, rigido, non naturale: oppure diventa una
traduzione libera [...] dunque è falsa. Una biblioteca di
traduzioni somiglia a una pinacoteca di copie. Non parliamo,
poi, delle traduzioni di scrittori antichi che sono un loro
surrogato, come la cicoria lo è del caffè
241
242. Locke: dialogo e riferimento mentale
John Locke, Essay Concerning Human Understanding (1690)
Gli uomini suppongono che le proprie parole siano segni [marks]
delle idee nella mente anche di altri uomini con cui comunicano:
altrimenti parlerebbero invano, e non sarebbero comprensibili, se i
suoni da loro applicati a un’idea fossero applicati dall’ascoltatore a
un’altra, ossia due linguaggi.
Ma di solito gli uomini non stanno lì a riflettere se l’idea che loro, e i
loro interlocutori, hanno in mente sia la stessa: ma pensano
sufficiente che usino la parola, a quanto credono, nell’accezione
comune di quella lingua;
nel che suppongono che l’idea di cui fanno un segno sia
precisamente la stessa a cui gli uomini che capiscono di quel paese
applicano quel nome.
242
243. Locke: dialogo e riferimento mentale
John Locke, Essay Concerning Human Understanding (1690)
Words, by long and familiar use, as has been said, come to excite in
men certain ideas so constantly and readily, that they are apt to
suppose a natural connexion between them.
But that they signify only men’s peculiar ideas, and that by a perfect
arbitrary imposition, is evident, in that they often fail to excite in
others (even that use the same language) the same ideas we take
them to be signs of:
and every man has so inviolable a liberty to make words stand for
what ideas he pleases, that no one hath the power to make others
have the same ideas in their minds that he has, when they use the
same words that he does.
243
245. le informazioni circolano
Ogni volta che qualcuno parla, scrive,
si muove, oppure ascolta, legge,
osserva si ha un passaggio
d’informazioni.
245
246. le informazioni modificano
Essere esposti a messaggi
provenienti dall’esterno di noi
significa essere sottoposti
all’influenza altrui.
246
247. le informazioni modificano
Essere esposti a messaggi
provenienti dall’esterno di noi
significa modificarsi continuamente.
Il nostro comportamento e il nostro
modo di pensare sono alterati da ciò
che percepiamo all’esterno.
247
248. l’influenza delle letture
Dopo che abbiamo letto un
romanzo, un libro, un articolo, dopo
avere visto un film (soprattutto se ne
siamo rimasti molto colpiti),
percepiamo il mondo in modo
lievemente diverso.
248
249. l’influenza è soggettiva
Ciò non significa che, usciti da un
cinema con un gruppo di amici, tutti
noi percepiamo il mondo in modo
diverso esattamente allo stesso
modo. Ognuno ha la propria
personalità, le proprie esperienze, la
propria cultura.
249
250. la cultura soggettiva
«Cultura» non nel senso di
erudizione: cultura come insieme di
modi di fare e di pensare che
caratterizzano la vita. Ognuno ha la
propria cultura individuale, che si
traduce in un proprio stile di vita. (mentalità)
250
251. la concezione sistemica
Quando si osserva un fenomeno, ci si
può concentrare sui suoi singoli
elementi, e indagarli, oppure si può
osservare il fenomeno nell’insieme
osservando le interazioni tra i suoi
elementi.
251
252. la concezione sistemica
Quando si osserva un sistema nel
suo insieme attribuendo molta
importanza alle interazioni tra i suoi
elementi si ha una visione sistemica.
252
253. l’individuo e il sistema
Il comportamento di un individuo è
dettato in parte dal proprio stile e in
parte dalle influenze altrui.
253
254. l’universo come sistema
Possiamo immaginare che ogni
individuo sia un microsistema
all’interno di sistemi più grandi:
famiglia, università, gruppo degli
amici, partito, gruppo dei fan di un
cantante, gruppo dei tifosi di una
squadra.
254
255. sistemi territoriali
Esistono poi sistemi più grandi, su
base territoriale: il quartiere, la città,
la regione, lo stato, il continente, ai
cui sistemi apparteniamo.
255
256. religioni
Anche la religione è un criterio in
base al quale possiamo sentirci parte
di un sistema: cattolici, musulmani,
ebrei ecc. Anche gli agnostici e gli
atei costituiscono loro sistemi (di
fede o di convinzione).
256