Con una articolata e dettagliata interrogazione, i consiglieri comunali Leonardo Rubino e Michele D’Ambrosio ricostruiscono tutta la complessa vicenda sviluppatasi nell’arco di 30 anni.
I proponenti ricordano che, a conclusione dei procedimenti penali per il crollo del 7 febbraio 1985 e la morte di 34 nostri concittadini, sin dal 1991 la Corte di Cassazione, nel qualificare il Comune di Castellaneta ‘responsabile civile del crollo’, lo ha condannato in via definitiva al risarcimento ai parenti delle vittime. Il 5 marzo scorso il Tribunale di Lecce ha quantificato i risarcimenti dovuti.
Riproponendo ancora una volta il valzer di legali (nominati e sostituiti nei vari giudizi e per lo più non pagati o pagati solo a seguito di atti ingiuntivi e pignoramenti), nel mese scorso il Sindaco ha incaricato due nuovi avvocati che hanno avviato un ennesimo giudizio di appello, riproponendo questioni ripetutamente bocciate dai giudici dei diversi Tribunali.
Nell’ultimo atto di impugnazione i nuovi legali qualificano preliminarmente i parenti delle 34 vittime come “presunti danneggiati”. Diversi altri passaggi dell’impugnazione appaiono poi strumentali e oltraggiosi nei confronti delle 34 vittime. Viene anche riproposta la rigettata questione della chiamata in causa del Ministero dell’Interno.
I suddetti legali hanno inoltre richiesto alla Corte di Appello di bloccare l’esecuzione della sentenza di primo grado, offrendo alle controparti l’iperbolica cifra di 127.000 euro “oggetto di prudente e diligente accantonamento da parte dell’odierna amministrazione comunale” (sic!), nonché ulteriori stanziamenti annuali di pari importo (ossia appena l’8% degli interessi decorrenti con l’avvio della nuova impugnazione). E intanto il patrimonio immobiliare acquisito dal Comune a seguito del crollo risulta dimezzato e del ricavato (oltre 816.000 euro) sono state accantonate solo briciole (60.000 euro).
A seguito delle diverse condanne per il crollo e dell’ostinato rifiuto (nel 2004 e 2009) a procedere a transazioni, l’onere a carico del Comune è passato da 6 milioni a 20 milioni di euro ed è destinato a crescere ancora se non si vorrà pervenire ad una rapida conclusione del processo di appello e dell'annoso contezioso
Interrogazione sulle sentenze per il crollo in Viale Verdi a Castellaneta del 7 febbraio 1985
1. interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’Ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
Castellaneta,
22
maggio
2015
Geom.
Carlo
Narudlli
-‐
Presid.
Consiglio
comunale
Castellaneta
Avv.
Giovanni
Gugliotti
-‐
Sindaco
Comune
Castellaneta
Sigg.
Assessori
Giunta
comunale
(Alfredo
Cellamare,
Gianrocco
De
Marinis,
Maria
Rita
D’Ettorre,
Giovanni
Prenna,
Alessandro
Rubino)
p.c.
dott.
Luigi
Cavalieri
-‐
Segr.
Gen.
Comune
Castellaneta
dott.
Giovanni
Sicuro
-‐
Vicesegr.
Gen.
e
dirigente
I
Area
–
Affari
generali
dott.ssa
Francesca
Capriulo
-‐
dirigente
II
area
econ.
e
finanz.
Componenti
Organo
di
revisione
.
Collegio
revisori
dei
conti
(dott.
Flavio
Coretti,
Marilisa
Miraglia,
Pasquale
Passarelli)
INTERROGAZIONE
con
richiesta
di
risposta
in
Consiglio
comunale
(a
firma
dei
consiglieri
comunali
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’Ambrosio)
Oggetto:
“sentenze
per
il
crollo
del
7
febbraio
1985”
PREMESSO
che:
-‐ nei
procedimenti
penali
per
il
crollo
del
7
febbraio
1985
e
la
morte
di
34
nostri
concittadini,
successivamente
alla
pronuncia
del
Tribunale
di
Taranto
(sentenza
n.
592
del
4
maggio
1989)
e
della
Corte
d’Appello
(sentenza
n.
431
dell’1
marzo
1991),
la
Suprema
Corte
di
Cassazione
(sentenza
n.
2233
del
31
ottobre
1991),
ha
emesso
sentenza
(definitiva
e
non
suscettibile
di
essere
posta
nuovamente
in
discussione)
di
condanna
del
collaudatore
dell’opera,
del
Sindaco
e
del
Vicesindaco
in
carica
il
7
febbraio
1985,
del
titolare
della
ditta
esecutrice
di
lavori
di
rifacimento
dei
marciapiedi,
nonché
del
Comune
di
Castellaneta,
in
quanto
‘responsabile
civile’
del
crollo;
-‐ in
merito
alla
prospettata
(dal
Comune
e
dal
collaudatore
dell’opera,
dichiarato
massimo
responsabile
del
crollo,
condannato
per
la
sua
“macroscopica
colpa”)
corresponsabilità
di
alcuni
o
di
tutti
i
danneggiati
nella
‘causazione’
del
crollo,
tale
ipotesi,
pur
vagliata
da
tecnici
e
periti,
è
stata
infine
rigettata
dai
diversi
tribunali
e
non
è
stato
sentenziato
un
‘concorso
di
colpa’
in
conseguenza
delle
prospettate
‘manomissioni
strutturali’;
PREMESSO
inoltre
che
-‐ il
Comune
risulta
condannato
in
via
definitiva
quale
‘responsabile
civile
del
crollo’
in
conseguenza
della
condotta
omissiva
dei
propri
amministratori
sia
nel
momento
della
costruzione
del
palazzo
(1956-‐1957),
a
collaudo
avvenuto
(1960)
che
nella
fase
antecedente
il
crollo
(1984-‐1985);
-‐ in
particolare,
nella
fase
immediatamente
precedente
il
crollo,
gli
stessi
amministratori
(e,
quindi,
per
essi,
il
Comune),
se
è
vero
che
non
avrebbero
potuto
evitarlo,
avrebbero
potuto
scongiurare
la
morte
di
34
persone;
2. 2
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
RILEVATO
che
nel
giudizio
civile
dinanzi
al
Tribunale
di
Lecce
per
il
crollo
del
7
febbraio
1985
e
la
morte
di
34
nostri
concittadini
la
comparsa
conclusionale
presentata
il
29
ottobre
2014
dal
legale
del
Comune
di
Castellaneta
(ora
sostituito
in
appello)
era
stata
fondata
sui
seguenti
elementi:
a) chiamata
in
giudizio
di
corresponsabilità
e
a
garanzia
(quindi
non
ad
escludendum)
del
Ministero
dell’Interno
per
mancato
esercizio
dei
poteri
attribuiti
in
qualità
di
ufficiali
di
Governo
e
omissione
dei
provvedimenti
di
urgenza
e
sgombero
ex
art.153
del
Testo
Unico
Legge
Comunale
e
Provinciale
(R.D.
148/1915)
da
parte
del
Sindaco
e
del
Vicesindaco
(rispettivamente
on.
Semeraro
e
prof.
Cassandro);
b) asserita
corresponsabilità
nel
crollo
da
parte
dei
condomini
defunti;
c) asserita
tardiva
iniziativa
di
alcune
parti
per
riassunzione
processo;
RILEVATO
in
particolare
che
nella
suddetta
comparsa
conclusionale
(del
legale
ora
sostituito),
così
come
nel
recente
atto
di
impugnazione
(formulato
dai
nuovi
legali),
in
merito
alla
riproposta
e
asserita
(ma
non
supportata
con
fatti,
circostanze
e
nomi
dei
responsabili)
corresponsabilità
nel
crollo
da
parte
dei
condomini
defunti,
risultano
riportati
tra
l’altro
i
seguenti
passi:
-‐ “nella
determinazione
delle
colpe
e
delle
responsabilità
dell’evento
va
anche
ed
indubbiamente
considerata
e
valutata
quella
concorrente
dei
danneggiati
-‐
proprietari
degli
immobili
“
(pag.
21
della
comparsa
conclusionale);
-‐ a
“
dire
degli
stessi
giudici
penali
gli
occupanti
dell’immobile
con
le
loro
pericolose
opere
e
modifiche
incaute
all’immobile
hanno
recato
il
loro
incidente
e
significativo
apporto
al
verificarsi
dell’evento
ed
alla
causazione
del
danno
…(pagina
28
comparsa
conclusionale
e
pagina
28
dell’impugnazione
del
15
aprile
2015)
Tale
colpa
concorrente
è
stata
valutata
dal
giudice
penale
al
pari
-‐
quale
antecedente
del
crollo
-‐
della
responsabilità
del
Rezza
che”
rispondeva
“dei
danni
per
gli
acclarati
vizi
costruttivi
dell’immobile
…
e
tale
circostanza
comprova
l’elevato
apporto
causale
dei
proprietari
delle
unità
immobiliari
all’evento”
(h
-‐
pagg.
27-‐28
comparsa
conclusionale);
-‐ “concausa
del
crollo
furono
anche
le
manomissioni
strutturali
apportate
allo
stabile
dagli
stessi
proprietari”
(pag.
31
della
comparsa
conclusionale
e
riproposizione
a
pag.
35
dell’impugnazione
del
15
aprile
2015);
-‐ “concorso
di
colpa
dei
danneggiati
proprietari
delle
unità
immobiliari
nella
causazione
dei
danni”
(p
-‐
pag.
34
comparsa);
-‐ “si
è
eccepito”
(ma
l’iniziativa
non
è
approdata
a
nulla)
“sin
dall’inizio
del
procedimento
dinanzi
al
Tribunale
di
Taranto
che
l’evento
dannoso
è
stato
causato
anche
per
colpa
-‐
concorrente
dei
proprietari
delle
unità
immobiliari
del
palazzo
crollato”
(p
-‐
pag.
34
comparsa
conclusionale
e
riproposizione
a
pag.
38
dell’impugnazione);
3. 3
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
-‐ “elevato
ed
incisivo
il
grado
di
colpa
degli
stessi
proprietari
nella
causazione
dell’evento
…
non
può
revocarsi
in
dubbio
che
i
proprietari
degli
immobili
abbiano
avuto
delle
evidenti
corresponsabilità
nel
crollo”
(pag.
36
comparsa
conclusionale).
-‐ “voglia
l’on.le
Giudice
attribuire,
pertanto,
colpa
concorrente
per
l’evento
in
capo
a
tutti
i
proprietari”
(!!!)
“delle
unità
immobiliari
poi
distrutte”
(pag.
37
comparsa
conclusionale
e
riproposizione
a
pag.
42
dell’impugnazione
del
15
aprile
2015).
-‐ “concorso
di
colpa
nella
causazione
dell’evento
da
parte
di
tutti
i
proprietari”
(!!!)
“delle
unità
immobiliari”
(pag.
38
comparsa
conclusionale);
-‐ “tutte
le
domande”dei
parenti
delle
34
vittime
“sono
nel
complesso
infondate
in
fatto
e
in
diritto”
(pag.
44
comparsa),
nonché
“nulle
e/o
inammissibili,
improponibili
e
inprocedibili”
(pag.
51
impugnazione
del
15
aprile
2015)
-‐ “anche
le
successive
domande
di
seguito
esaminate
sono
a
tutto
voler
concedere
da
decurtare
per
colpa
concorrente
nell’evento”(da
parte
di
defunti
e
danneggiati)
-‐
pag.
44
comparsa
conclusionale
processo
civile
di
primo
grado
dinanzi
al
Tribunale
di
Lecce;
RILEVATO
altresì
che:
-‐ in
un
passaggio
della
suddetta
comparsa
conclusionale
si
sottolineava
persino
che
“va
sgombrato
il
campo
dall’erronea
convinzione
che
in
ragione
della
sussistenza
della
sentenza
penale
di
condanna
sia
‘certa’
la
liquidazione
del
danno”
(f
-‐
pag.
25),
in
palese
contraddizione
con
la
sentenza
della
Suprema
Corte
di
Cassazione
che,
nel
riconoscere
il
Comune
di
Castellaneta
quale
‘responsabile
civile
del
crollo’,
ha
confermato
la
condanna
in
via
definitiva
“al
risarcimento
dei
danni
nei
confronti
delle
parti
civili”
(pag.
43
sentenza
Tribunale
penale
di
Taranto
e
pag.
63
sentenza
Corte
di
Appello
penale
di
Lecce);
-‐ l’argomentazione
dell’ex
legale
del
Comune
nel
processo
civile
di
primo
grado
(concluso
con
sentenza
del
5
marzo
2015)
stride
in
modo
evidente
con
la
constatazione
che,
in
conseguenza
della
condanna
del
Comune
da
parte
della
Suprema
Corte
di
Cassazione,
quale
‘responsabile
civile
del
crollo’
(condanna,
come
si
è
detto,
avente
carattere
definitivo
e
non
suscettibile
di
essere
posta
in
discussione)
incombe
sul
Comune,
quale
soggetto
condannato
in
solido
con
altri
imputati,
l’obbligo
di
corrispondere
il
risarcimento
dei
danni
ai
parenti
delle
34
vittime,
decedute
per
accertata
colpa
di
soggetti
operanti
(rectius,
che
hanno
omesso
di
operare)
per
conto
del
Comune
di
Castellaneta;
-‐ in
detta
comparsa
conclusionale,
nel
riportare
un
passaggio
(pag.
41)
della
sentenza
penale
(di
primo
grado
emessa
dal
Tribunale
di
Taranto)
n.
502
del
1989
si
ometteva
di
riportare
quanto
successivamente
specificato,
ossia
che
in
ogni
caso
“sussiste
la
responsabilità
(del
Comune)
per
le
altre
omissioni
addebitate
agli
imputati
Semeraro
e
Cassandro”;
SOTTOLINEATO
che:
le
ripetute
forzature
contenute
nella
comparsa
conclusionale
presentata
nel
processo
di
primo
grado,
largamente
riproposte
nell’atto
di
impugnazione
del
15
aprile
2015
in
merito
alla
4. 4
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
ricostruzione
della
tragedia,
la
caparbia
riproposizione
di
tesi
ripetutamente
bocciate
dai
giudici
penali
(i
cui
giudicati
risultano
definitivi
e
intangibili)
e
civili,
appaiono
strumentali
e
oltraggiose
nei
confronti
delle
34
vittime
e
offensive
nei
confronti
di
figli
e
parenti
che
dopo
30
anni
portano
ancora
indelebile
il
dolore
per
la
morte
dei
congiunti
e
la
tragica
privazione
dei
loro
affetti,
allorquando:
-‐ è
contestata
la
mancanza
di
prova
circa
la
legittimazione
attiva
nel
processo
in
qualità
di
eredi
da
parte
dei
parenti
delle
34
vittime
(pag.
43
comparsa
conclusionale);
-‐ modificando
quanto
in
precedenza
asserito
nell’iniziale
comparsa
di
costituzione
in
giudizio
(pag.
14),
circa
una
generica
ma
non
dimostrata
“colpa
concorrente
di
alcuni
proprietari”
(peraltro
mai
indicati
nominativamente),
è
sostenuta
ripetutamente,
senza
però
produrre
alcuna
prova,
un’asserita
e
mai
documentata
“colpa
concorrente
per
l’evento
in
capo
a
tutti
i
proprietari
delle
unità
immobiliari
poi
distrutte”
(pag.
37
comparsa
e
pag.
42
impugnazione
del
15
aprile
2015),
così
come
un
offensivo
accanimento
circa
un
non
dimostrato
“concorso
di
colpa
nella
causazione
dell’evento
da
parte
di
tutti
i
proprietari
delle
unità
immobiliari”
(pag.
38
comparsa
conclusionale)
escluso
dalle
sentenze
penali
di
merito
e
dalla
Cassazione
in
via
definitiva.
In
tale
ipotesi
l’ampliamento
delle
asserite
corresponsabilità
da
“alcuni”
(come
riportato
nella
comparsa
di
costituzione
in
giudizio)
a
“tutti
i
proprietari”
(vedi
comparsa
conclusionale),
risultando
generico,
indeterminato
(oltre
che
persistentemente
non
provato)
toglie
valore
e
credibilità
alla
stessa
pretesa
del
Comune;
-‐ è
omessa
la
considerazione
di
quanto
definitivamente
statuito
dalla
Suprema
Corte
di
Cassazione,
secondo
la
quale
“il
fabbricato
era
irrimediabilmente
destinato
al
crollo”
in
virtù
delle
gravissime
carenze
costruttive,
nonché
a
causa
delle
successive
infiltrazioni
d’acqua,
dovute
alla
sospensione
dei
lavori
eseguiti
per
conto
del
Comune.
Infatti
le
suddette
infiltrazioni
avevano
“avuto
come
conseguenza
l’accelerazione
di
quella
crisi
insanabile
che
l’immobile
aveva
dalla
nascita”
(pag.
8
sentenza
Cassazione),
“accelerazione
della
crisi
alla
quale
l’immobile
dalla
nascita
era
destinato”
(pag.
41
sentenza
Suprema
Corte);
-‐
è
omessa
la
considerazione
che
altre
cause
prospettate
nel
giudizio
penale
di
primo
grado
(interventi
effettuati
da
alcuni
condomini,
peraltro
mai
nominativamente
indicati)
hanno
eventualmente
costituito
cause
concorrenti
sopravvenute:
a
proposito
di
esse,
dapprima
i
giudici
di
merito
(vedi
pag.
36
della
sentenza
Corte
di
Appello)
e
poi
la
Suprema
Corte
in
via
definitiva
hanno
statuito
che
esse
“elidono
il
nesso
di
causalità
tra
la
precedente
condotta
…
e
l’evento
(crollo)
unicamente
quando
siano
da
sole
sufficienti
a
determinarlo”.
Pertanto
la
Cassazione,
nel
ripercorrere
e
valutare
con
attenzione
tutto
quanto
-‐
comprese
perizie
e
verifiche
tecniche
-‐
emerso
e
prospettato
nel
corso
dei
processi
di
merito,
esclude
le
“cause
concorrenti
sopravvenute”
(interventi
e
manomissioni
a
opera
di
alcuni
proprietari),
dato
che
esse
da
sole
non
hanno
determinato
il
crollo
(pag.
11).
5. 5
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
La
Suprema
Corte
ha
sancito
invece
in
via
definitiva
e
non
suscettibile
di
essere
rimesso
in
discussione
che
“il
fabbricato
era
irrimediabilmente
destinato
al
crollo”
in
virtù
delle
gravissime
carenze
costruttive.
Il
crollo
è
stato
poi
accelerato
dalle
infiltrazioni
di
acqua
conseguenti
alla
sospensione
dei
lavori
dei
marciapiedi
disposta
dal
Comune;
PRESO
ATTO
che
con
sentenza
n.
1251
del
5
marzo
2015
il
Tribunale
di
Lecce
ha
rigettato
in
toto
le
richieste
del
Comune
di
Castellaneta,
ritenendole
del
tutto
prive
di
fondamento:
a) chiamata
in
corresponsabilità
e
a
garanzia
del
Ministero
dell’Interno
“il
Tribunale
penale
ha
ravvisato
una
colpa
generica
del
Semeraro
e
del
Cassandro
consistita
nell’aver
omesso
adeguati
accertamenti”,
quale
il
sopralluogo
da
parte
di
un
ingegnere
(pag.
12
sentenza),
peraltro
suggeriti
mesi
addietro
dal
geom.
Sini,
rimasto
inascoltato
dagli
amministratori
comunali
(relazione
sparita
dagli
archivi
comunali
e
consegnata
al
Magistrato
direttamente
dallo
stesso
geometra
comunale
Sini).
Inoltre
la
Corte
di
Appello
penale
aveva
affermato
che
“la
condotta
colpevole
degli
imputati
non
è
assimilabile
all’omissione
di
un
provvedimento
ex
art.
153
T.U.
citato.
Ciò
vuol
dire
che
gli
stessi
hanno
sì
concorso
a
cagionare
il
crollo
dell’edificio
e
la
morte
delle
persone
rimaste
coinvolte,
ma
i
profili
di
colpa
rinvenibili
nei
loro
comportamenti
non
sono
ricollegabili
al
fatto
che
…
hanno
negligentemente
omesso
di
adottare
un’ordinanza
contingibile
e
urgente,
bensì
alla
mancata
esecuzione
di
adeguati
accertamenti
in
presenza
di
gravissimi
danni
e
lesioni
all’immobile
derivanti
dall’esecuzione
di
lavori
svolti
nell’interesse
del
Comune
…”
(pag.
13
sentenza).
Ancora,
sempre
in
merito
all’asserita
(da
parte
del
legale
del
Comune
nel
primo
grado
di
giudizio
a
Lecce
ora
concluso
con
sentenza
del
5
marzo
2015)
responsabilità
specifica
del
Sindaco
e
del
Vicesindaco
nell’aver
omesso
i
provvedimenti
rientranti
tra
le
loro
funzioni
di
ufficiali
di
Governo,
il
Tribunale
ha
specificato
che
il
Comune
non
ha
dedotto,
né
provato
“gli
elementi
di
fatto
da
cui
desumere
la
sussistenza
della
responsabilità
colpevole
del
Ministero”
(pag.
13
sentenza),
né
lo
stesso
è
stato
mai
chiamato
in
giudizio
nel
corso
dei
tre
gradi
del
processo
penale
(pag.
12).
Sempre
in
merito
alla
condanna
di
Sindaco
e
Vicesindaco
all’epoca
del
crollo,
già
la
Corte
di
Appello
di
Lecce
(a
pag.
45
della
sua
sentenza)
aveva
precisato
in
modo
inequivocabile
che
la
loro
colpa
non
era
consistita
“nell’aver
omesso
un
provvedimento
di
urgenza,
ma
nell’aver
omesso
degli
adeguati
accertamenti.
L’omissione
è
perciò
riconducibile
alle
attività
proprie
del
Sindaco
e
del
soggetto
(il
vicesindaco,
ndr)
ed
è
imputabile
al
Comune
di
Castellaneta”.
A
sua
volta
nella
propria
sentenza
(pagg.
62,
63,
73,
77)
la
Corte
di
Cassazione
ha
ripetutamente
ribadito
e
definitivamente
statuito
che
“il
Cassandro
e
il
Semeraro
avrebbero
dovuto
disporre
adeguati
accertamenti;
cioè
mettere
in
pratica
il
suggerimento
del
Sini,
perché,
nella
situazione
data,
diligenza
esigeva
che
l’immobile
fosse
sottoposto
a
verifica
delle
condizioni
statiche”
(pag.
82
sentenza
Suprema
Corte).
6. 6
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
b) asserita
corresponsabilità
nel
crollo
da
parte
dei
condomini
defunti
“Va
esclusa
la
sussistenza
di
un
concorso
di
colpa
a
carico
dei
danneggiati,
in
quanto
il
Comune
non
ha
fornito
la
prova
…
delle
precise
condotte
colpose
tenute
da
qualcuno”
dei
danneggiati
“che
avrebbero
contribuito
a
causare
il
crollo
dell’edificio”
(pag.
14
sentenza
n.
1251
del
5
marzo
2015);
c) tardiva
riassunzione
del
processo
da
parte
di
alcuni
attori
Dato
che
“la
questione
risulta
già
decisa”,
in
senso
sfavorevole
al
Comune,
“dal
Tribunale
di
Taranto
nella
sentenza
n.
127/2008
…
qualsiasi
doglianza
andava,
se
del
caso,
riproposta
…
in
sede
di
impugnazione
della
citata
sentenza”
(pag.
8).
Non
essendo
ciò
avvenuto,
l’eccezione
è
stata
rigettata
(e
non
riproposta
nell’impugnazione
del
15
aprile
2015).
PRESO
ATTO
altresì
che,
riproponendo
ancora
una
volta
il
valzer
di
legali,
nominati
e
sostituiti
nei
vari
giudizi
(e
per
lo
più,
almeno
finora,
non
pagati
o
pagati
solo
a
seguito
di
atti
ingiuntivi
e
pignoramenti),
con
decreto
del
Sindaco
n.
32
del
14
aprile
2015
sono
stati
nominati
due
nuovi
legali
(prof.
Avv.
Raffaele
Guido
Rodio
e
avv.
Onofrio
Sisto)
che
hanno
proceduto
all’impugnazione
della
sentenza
del
Tribunale
civile
di
Lecce
del
5
marzo
2015,
riproponendo
peraltro
diversi
passaggi
della
comparsa
conclusionale
del
legale
precedente,
ora
esautorato
e
quindi
sostituito
(non
è
dato
sapere
per
quali
motivi).
La
suddetta,
ennesima
impugnazione,
nel
qualificare
preliminarmente
(a
pagina
7)
i
parenti
delle
34
vittime
del
crollo
“presunti
danneggiati”,
consta
in
estrema
sintesi
dei
seguenti
contenuti
di
massima:
-‐ riproposizione
della
chiamata
in
causa
del
Ministero
dell’Interno,
in
quanto
il
Sindaco
e
il
vicesindaco
al
momento
del
crollo
non
avrebbero
esercitato
i
poteri
loro
conferiti
in
qualità
di
‘ufficiali
di
governo’,
omettendo
l’emissione
dell’ordinanza
di
sgombero
dell’edificio
poi
crollato
(quindi
il
responsabile
sarebbe
lo
Stato
e
non
il
Comune);
-‐ contestazione
della
quantificazione
del
danno
riconosciuto
ai
parenti
delle
vittime
(‘presunti
danneggiati’
secondo
la
terminologia
introdotta
dai
nuovi
legali
nominati
dal
Sindaco
il
14
aprile
scorso);
-‐ riproposizione
di
un
asserito
(ancorché
persistentemente
non
provato)
concorso
di
colpa
dei
defunti
(ossia
di
“tutti
i
proprietari
delle
unità
immobiliari
poi
distrutte”
-‐
pag.
42
impugnazione)
nella
‘causazione
del
crollo’,
con
vari
‘copia
e
incolla’
di
precedenti
passaggi
(già
bocciati
dal
Tribunale
di
Lecce)
contenuti
nella
suesposta
comparsa
conclusionale
del
legale
ora
sostituito.
I
suddetti
legali
nominati
per
l’ennesima
impugnazione
hanno
altresì
chiesto
alla
Corte
di
Appello
di
bloccare
l’esecuzione
della
sentenza
di
primo
grado
(bloccare
cioè
ogni
iniziativa
da
parte
dei
parenti
delle
vittime
di
procedere
per
l’esecuzione
della
sentenza
di
primo
grado.
7. 7
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
A
supporto
di
tale
tesi
gli
anzidetti
professionisti
sostengono
che
il
pagamento
derivante
dalla
condanna
del
Tribunale
di
Lecce
determinerebbe
il
dissesto
dell’Ente:
secondo
questa
tesi,
ogni
volta
che
il
Comune
di
Castellaneta
viene
chiamato
a
pagare
somme
consistenti,
deve
esserne
esonerato
per
legge
o
per
sentenza,
in
virtù
del
paventato
dissesto
(provocato
in
verità
per
lo
più
dalla
condotta
dannosa
dei
passati
e
attuali
amministratori).
Si
tratta
di
un
argomento
già
utilizzato
anche
in
altre
occasioni
da
legali
del
Comune
ogni
qualvolta
si
trovano
di
fronte
a
richieste
consistenti
di
pagamento
in
danno
del
Comune.
Va
ricordato
a
esempio
il
procedimento
nel
quale
la
Regione
(a
conclusione
di
un
lungo
iter
procedimentale
che
aveva
visto
il
Comune
del
tutto
assente
e
acquiescente),
aveva
intimato
al
Comune
di
restituire
il
contributo
(2
milioni
e
175
mila
euro)
erogato
al
suddetto
Ente
per
un
impianto
volto
all’utilizzo
delle
acque
reflue;
impianto
progettato,
realizzato,
collaudato,
mai
entrato
in
funzione,
abbandonato
e,
in
seguito
a
ciò,
completamente
vandalizzato
e
distrutto.
In
tale
occasione
il
legale
del
Comune,
stante
l’impossibilità
di
contestare
la
fondatezza
della
richiesta,
né
di
difendere
le
persistenti
negligenze
e
le
reiterate
omissioni
del
Comune,
si
è
solo
limitato
a
(invocare
la
-‐
molto
immeritata
-‐
clemenza
della
corte,
come
si
diceva
una
volta
???)
motivare
il
diniego
di
adempiere
a
quanto
dovuto
e
quindi
la
pretesa
di
sottrarsi
all’obbligo
di
restituzione
del
contributo
ricevuto
e
poi
sperperato
e
dilapidato,
adombrando
l’alibi
del
paventato
dissesto.
Tornando
al
recente
atto
di
impugnazione
della
sentenza
del
Tribunale
civile
di
Lecce
del
5
marzo
2015
e
alla
connessa
richiesta
di
sospensione
della
sua
esecutività,
la
ciliegina
sulla
torta
è
rappresentata
da
una
fantomatica
buona
volontà
degli
attuali
amministratori
che,
tramite
i
nuovi
legali,
offrono
alle
controparti
l’iperbolica
cifra
di
127.000
euro
“oggetto
di
prudente
e
diligente
accantonamento
da
parte
dell’odierna
amministrazione
comunale”,
nonché
ulteriori
stanziamenti
annuali
di
pari
importo
(tale
somma
rappresenta
l’8%
degli
interessi
annuali
decorrenti
a
norma
di
legge
a
causa
dell’avvio
del
nuovo
processo).
VALUTATO
che
il
Comune,
oltre
che
essere
debitore
istituzionale
nei
confronti
delle
34
vittime
del
crollo,
risulta
anche
debitore
dal
punto
di
vista
etico
e
pure
finanziario
nei
confronti
dei
parenti
delle
vittime,
e
addirittura
debitore
seriale,
moroso
e
insolvente
per
i
continui
costi
aggiuntivi
addossati
al
proprio
bilancio
a
seguito
delle
iniziative
legali
adottate
direttamente
o
per
suo
conto
nei
procedimenti
inerenti
o
connessi
al
crollo,
che
al
momento
sono
così
sintetizzabili:
a) procedimenti
penali
e
civili
per
il
crollo
-‐ pagamento
di
8.174,91
euro
all’ing.
Massimo
Orgiato
(CTU)
per
l’effettuazione
della
perizia
sul
valore
degli
immobili
crollati
(determinazione
1^
area
n.
160
del
6
maggio
2013
e
determina
1^
area
n.
194
del
22
giugno
2013);
-‐ decreto
ingiuntivo
n.
111/2010
per
euro
81.129,66
notificato
il
19
luglio
2010
dall’avv.
Matteo
Malandrino
per
la
difesa
dell’Ente
nel
primo
grado
di
giudizio
civile
dinanzi
al
Tribunale
di
Taranto,
con
pagamento
come
debito
fuori
bilancio
riconosciuto
dal
Consiglio
8. 8
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
comunale
con
delibera
n.
37
dell’11
ottobre
2011
e
liquidato
con
determinazione
1^
area
n.
298
del
10
novembre
2011.
In
proposito
va
ricordato
che
il
debito
iniziale
era
pari
a
euro
67.091,13,
come
da
messa
in
mora
acquisita
al
protocollo
del
Comune
il
15
gennaio
2007
e
determina
n.
273
del
15
settembre
2008
di
liquidazione
del
solo
acconto
di
euro
1.031,91,
risultante
da
impegno
di
spesa
assunto
con
la
delibera
di
Giunta
comunale
di
affidamento
incarico
n.
1345
del
27
settembre
1993;
-‐ morosità
insoluta
nei
confronti
dell’avv.
Antonio
Raffo,
incaricato
(con
delibere
di
Giunta
n.
1739
del
23
novembre
1992,
n.
1045
del
27
settembre
1993
e
n.
407
del
7
marzo
1994)
della
difesa
del
Comune
in
tre
distinte
cause
civili
nel
primo
grado
civile
dinanzi
al
Tribunale
di
Taranto
(poi
riunite
in
un
unico
procedimento,
concluso
con
sentenza
di
soccombenza
del
Comune
n.
428/2003),
con
richieste
inoltrate
dallo
stesso
professionista
(la
prima
in
data
2
marzo
2006
e
l’ultima
in
data
27
agosto
2013,
a
tutt’oggi
prive
di
riscontro)
di
corresponsione
di
euro
268.125,07;
-‐ pagamento
di
euro
18.000
a
titolo
di
acconti
sulle
parcelle
professionali
presentate
dall’avv.
Pietro
D’Auria,
per
un
totale
parziale
richiesto
al
27
febbraio
2013
di
euro
56.486,84.
A
favore
dello
stesso
professionista
andranno
plausibilmente
aggiunte
ulteriori
competenze
per
il
completamento
dell’incarico
nel
primo
grado
di
giudizio
civile
concluso
con
sentenza
di
soccombenza
del
Comune
del
5
marzo
2015;;
-‐
pignoramento
presso
il
tesoriere
della
somma
di
€
22.805,22
(somma
iniziale
dovuta
euro
18.143,84,
invano
richiesta
in
data
4
marzo
2014),
eseguito
dal
consulente
incaricato
(CTU)
dell’esecuzione
immobiliare,
ing.
Paolo
Carella,
per
spese
in
procedimento
di
espropriazione
eredi
di
un
condannato
in
sede
penale
(determinazione
1^
area
n.
307
del
30
dicembre
2014);
-‐ pignoramento
presso
il
tesoriere
della
somma
di
euro
311,13
eseguito
da
Equitalia
per
conto
dell’Agenzia
delle
Entrate
per
mancato
pagamento
della
cartella
esattoriale
relativa
all’imposta
di
registro
della
sentenza
del
Tribunale
civile
di
Taranto
n.
127/2008,
con
dichiarazione
di
soccombenza
del
Comune
di
Castellaneta
(determinazione
1^
area
n.
307
del
19
novembre
2013).
Alle
somme
suindicate
vanno
inoltre
aggiunte
le
spese
legali
addossate
al
Comune
derivanti
dalla
nuova
soccombenza
nel
giudizio
civile
dinanzi
al
Tribunale
di
Lecce,
concluso
con
sentenza
n.
1251
del
5
marzo
scorso,
così
liquidate
dal
giudice:
• euro
10.000
a
favore
del
Ministero
dell’Interno;
• 80.000
euro
circa
in
favore
dei
diversi
legali
dei
parenti
delle
vittime
(in
solido
con
gli
altri
condannati).
A
tali
spese
vanno
inoltre
aggiunti
gli
oneri
per
la
registrazione
della
sentenza
di
soccombenza
emanata
dal
Tribunale
di
Lecce
il
5
marzo
scorso,
per
un
importo
che
dovrebbe
aggirarsi
intorno
ai
500-‐600
mila
euro;
9. 9
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
b) procedimenti
civili
connessi
-‐ decreto
ingiuntivo
dell’avv.
Mimì
Cassano,
notificato
il
19
dicembre
2013,
per
il
pagamento
di
euro
109.699,49,
come
liquidati
dal
giudice
in
sentenza
(oltre
interessi
maturati
e
maturandi
ex
Decr.
Lgs.
n.
231
del
9
ottobre
2002
-‐
ritardi
di
pagamento
nelle
transazioni
commerciali
-‐
dalla
maturazione
ex
lege
sino
all’effettivo
soddisfo),
nonché
la
somma
di
euro
2.126,32
per
competenze
del
procedimento
di
ingiunzione,
per
i
procedimenti
nei
confronti
di
uno
dei
condannati
in
sede
penale
e,
quindi,
dei
suoi
eredi,
svoltisi
dinanzi
al
Tribunale
di
Ginosa
e
alla
Corte
di
Appello
di
Taranto,
conclusisi
con
sentenze
favorevoli
per
il
Comune
di
Castellaneta.
A
tali
somme
bisognerà
aggiungere
gli
importi
che
saranno
ritenute
dovute
dall’Agenzia
delle
entrate
per
la
registrazione
dell’emananda
sentenza;
-‐ decreto
ingiuntivo,
divenuto
ormai
definitivo,
dell’avv.
Mimì
Cassano
per
il
pagamento
di
euro
10.520,28
(oltre
interessi
maturati
e
maturandi
ex
Decr.
Lgs.
n.
231/2002
dalla
maturazione
ex
lege
sino
all’effettivo
soddisfo
sulla
somma
di
€
8.343,00)
alla
quale
deve
essere
aggiunta
quella
di
euro
1.176,42
per
competenze
del
procedimento,
in
relazione
all’attività
prestata
per
il
recupero
di
somme,
con
apposita
azione
esecutiva
immobiliare,
che
erano
dovute
dagli
Eredi
di
uno
dei
condannati
al
Comune
di
Castellaneta
e
per
le
quali
erano
state
intentate
e
vinte
le
causa
di
cui
sopra.
A
proposito
della
rinuncia
agli
incarichi
da
parte
dell’avv.
Mimì
Cassano,
va
ricordato
che
lo
stesso
si
è
dimesso
perché
si
è
trovato
ripetutamente
di
fronte
a
iniziative
eufemisticamente
definibili
improprie
da
parte
del
Sindaco,
che
in
ben
tre
occasioni
(26
ottobre
2012,
11
aprile
2013
e
3
ottobre
2013)
era
intervenuto
(senza
averne
titolo
processuale)
nel
procedimento
esecutivo
con
richieste
di
rinvio
dell’udienza;
richieste
ripetute
e
mai
concordate
con
il
legale
dell’Ente,
ma
impropriamente
(e
in
violazione
delle
norme
sulla
deontologia
professionale,
sanzionabile
dal
Consiglio
dell’Ordine)
consegnate
alla
parte
avversa
al
Comune
che
le
esibiva
nel
processo
contro
il
Comune;
-‐ impegni
finanziari
(per
euro
11.419,20)
per
avv.
Nicola
Rotolo,
nominato
con
decreti
sindacali
n.
17
del
14
febbraio
2014
e
n.
43
del
2
maggio
2014
(in
sostituzione
dell’avv.
Mimì
Cassano,
dimessosi
dagli
incarichi
legali
a
suo
tempo
affidatigli
per
i
motivi
suesposti)
nel
procedimento
di
esecuzione
immobiliare
nei
confronti
di
uno
dei
condannati
nel
procedimento
penale
e
per
recupero
spese
legali.
Come
anzidetto,
per
tali
incarichi
è
stata
impegnata
(con
determinazione
1^
area
n.
145
del
26
giugno
2014)
la
somma
di
euro
11.419,20,
dei
quali
euro
6.770,04
oggetto
di
anticipazione
con
determinazione
1^
area
n.
98
del
4
maggio
2015.
In
proposito
ai
suddetti
incarichi,
va
poi
precisato
che,
nel
mentre
si
nega
all’avv.
Mimì
Cassano
il
diritto
a
ricevere
le
somme
“determinate
dal
giudice
in
sentenza
a
titolo
di
spese
legali”,
obbligandolo
ad
avviare
azione
legale
(con
ulteriore
aggravio
di
spese
per
il
Comune),
si
conferisce
incarico
ad
altro
legale
per
il
recupero
delle
stesse
spese,
come
10. 10
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
“determinate
dal
giudice
in
sentenza
a
titolo
di
spese
legali”
(decreto
del
Sindaco
n.
43
del
2
maggio
2014).
Siffatta
procedura,
oltre
a
determinare
ulteriori
oneri
a
carico
del
pubblico
bilancio,
appare
alquanto
bizzarra,
in
quanto
configurerebbe
un
indebito
arricchimento
da
parte
del
Comune
che,
nel
mentre
affida
incarico
professionale
per
il
recupero
delle
spese
legali,
nega
il
diritto
al
professionista
precedentemente
incaricato
di
ottenere
quelle
somme
a
lui
dovute,
proprio
perché
“determinate
dal
giudice
in
sentenza”;
-‐ impegno
finanziario
per
euro
13.430
(assunto
con
determinazione
n.
139
del
17
giugno
2014)
per
l’avv.
Maurizio
Chimienti,
nominato
con
decreto
sindacale
n.
2
del
9
gennaio
2014,
per
la
difesa
dell’Ente
nel
procedimento
relativo
al
già
citato
decreto
ingiuntivo
notificato
dall’avv.
Mimì
Cassano
il
19
dicembre
2013
per
il
pagamento
di
euro
109.699,49
per
parcelle
professionali
nei
procedimenti
dinanzi
al
Tribunale
di
Ginosa
e
la
Corte
di
Appello
di
Taranto,
conclusisi
con
sentenze
favorevoli
per
il
Comune
di
Castellaneta;
-‐ impegno
finanziario
per
euro
7.006,60
(determinazione
1^
area
n.
157
del
4
luglio
2014)
per
l’avv.
Maurizio
Chimienti
(nominato
con
decreto
sindacale
n.
54
del
16
giugno
2014
in
sostituzione
dell’avv.
Mimì
Cassano,
dimessosi
dall’incarico
a
suo
tempo
affidatogli
per
protesta
per
reiterati
comportamenti
scorretti
nei
suoi
confronti),
nel
procedimento
dinanzi
alla
Corte
di
Cassazione
(proposto
dagli
eredi
di
uno
dei
condannati
in
sede
penale
per
il
crollo
avverso
la
sentenza
della
Corte
di
Appello
n.
429/2012
che
aveva
dichiarato
l’inefficacia
di
un
atto
di
donazione);
RAMMENTATO
che
-‐ a
seguito
del
crollo
e
dell’emozione
collettiva
suscitata
a
livello
locale,
regionale
e
finanche
nazionale
per
la
tragica
morte
di
34
nostri
concittadini,
grazie
anche
all’encomiabile
e
generoso
impegno
dei
parlamentari
ed
esponenti
istituzionali
jonici
dell’epoca
(sen.
Cannata,
Consoli
e
Cazzato),
il
Comune
di
Castellaneta
fu
beneficiato
di
un
contributo
straordinario
del
Ministero
dei
Lavori
Pubblici
pari
a
circa
1
milione
e
550
mila
euro
(tre
miliardi
delle
vecchie
lire)
per
l’acquisto
di
n.
41
alloggi
da
destinare
“ai
superstiti
del
crollo,
ai
parenti
delle
vittime
e
ai
nuclei
familiari
dei
palazzi
d’intorno
a
quello
crollato
fatti
sgombrare
per
la
tutela
della
pubblica
incolumità”;
-‐ ai
suddetti
appartamenti
vanno
aggiunti
un
locale
e
un
garage,
ceduti
alla
fine
degli
anni
’90
per
una
permuta,
peraltro
non
andata
a
buon
fine,
successivamente
oggetto
di
un
procedimento
civile
avviato
dal
Comune
con
esito
positivo
per
l’Ente,
ma
ciò
nonostante
rimasti
nella
disponibilità
del
soggetto
soccombente
nel
suddetto
procedimento;
-‐ il
patrimonio
immobiliare
di
41
appartamenti,
acquisito
dal
Comune
a
seguito
del
crollo
e
della
tragica
morte
di
34
concittadini,
consta
attualmente
di
20
appartamenti,
che,
salvo
in
due
casi,
non
risultano
destinati
né
a
“superstiti
del
crollo”,
né
a
“parenti
delle
vittime”;
-‐ a
seguito
della
vendita
(in
taluni
casi
della
svendita)
di
21
dei
41
appartamenti
acquisiti
a
seguito
del
tragico
crollo
del
7
febbraio
1985,
il
Comune
ha
incassato
una
somma
11. 11
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
complessiva
pari
a
816.457
euro
(l’incasso
inferiore
per
la
vendita
di
un
appartamento
-‐
somma
al
di
sotto
dei
20.000
euro
-‐
risulta
registrato
nel
2012);
RAMMENTATO
inoltre
che:
-‐ dal
2003
(data
della
prima
sentenza
civile
con
analitica
e
dettagliata
quantificazione
dei
risarcimenti)
a
oggi,
per
effetto
di
alienazioni
di
aree
e
immobili,
il
Comune
ha
incassato
complessivamente
2
milioni
e
800
mila
euro
e
di
questi
appena
125.000
euro
(ossia
meno
del
4,5
%)
risultano
accantonati
per
concorrere
al
pagamento
dei
risarcimenti
ai
parenti
delle
vittime
del
crollo
del
7
febbraio
1985;
-‐
a
tale
cifra
vanno
anche
aggiunti
circa
310
mila
euro
pagati
dal
Comune
nell’anno
1993
a
titolo
di
provvisionale
immediatamente
esecutiva
ai
parenti
delle
vittime
(somme
corrisposte
per
bloccare
azioni
esecutive
e
pignoramenti
presso
il
tesoriere
e
ora
oggetto
di
apposito
giudizio
per
recupero
dai
beni
pignorati
a
uno
dei
condannati);
RICORDATO
che:
-‐ l’impegnativa
situazione
attuale
del
Comune
dal
punto
di
vista
economico-‐finanziario
è
la
conseguenza
diretta
della
decisione
di
diversi
amministratori
che
nel
corso
del
tempo
hanno
sempre
evitato
di
affrontare
il
problema,
adottando
iniziative
volte
unicamente
a
rinviare
nel
tempo
la
sua
soluzione,
con
il
risultato
di
aver
impedito
al
Comune
di
chiudere
la
vicenda
con
una
transazione
onorevole
e
non
eccessivamente
onerosa
per
le
casse
comunali;
-‐ nel
2004,
a
seguito
della
prima
sentenza
del
Tribunale
civile
di
Taranto
del
2003,
i
parenti
ed
eredi
avevano
invano
proposto
alla
Giunta
comunale
una
transazione
per
un
importo
che
si
aggirava
intorno
ai
6
milioni
di
euro,
dai
quali
andavano
detratti
un
milione
e
mezzo
di
euro
disponibili
presso
l’eredità
giacente
di
uno
dei
condannati,
nonché
ulteriori
somme
rinvenibili
dal
ricavato
derivante
da
procedimenti
esecutivi
nei
confronti
di
beni
di
altro
condannato;
per
la
(allora
minima)
parte
restante
era
stata
ipotizzata
l’attivazione
di
un
mutuo;
-‐ tale
proposta
transattiva,
pur
reiterata
dagli
stessi
parenti
delle
vittime
nel
2009,
rimaneva
ancora
una
volta
accantonata,
allorquando
il
Consiglio
comunale,
con
delibera
n.
52
del
29
dicembre
2009,
decideva
a
maggioranza
di
proseguire
l’iter
giudiziario
con
un
nuovo
ricorso;
CONSIDERATO
che
-‐ con
decreto
del
Sindaco
n.
32
del
14
aprile
2015
è
stato
conferito
incarico
a
due
legali
per
l’impugnazione
della
sentenza
Tribunale
civile
di
Lecce
n.
1251
del
5
marzo
2015,
con
assunzione
di
impegno
di
spesa
al
momento
non
ancora
precisato
(determinazione
1^
area
n.
…...
del
………………………
pari
a
euro
………………………);
-‐ tale
ennesima
impugnazione,
oltre
ad
avere
un
ovvio
valore
giuridico,
riveste
nel
caso
specifico
anche
un
innegabile
valore
politico,
etico
e
morale
in
relazione
alle
incancellabili
responsabilità
del
Comune
nel
verificarsi
della
tragedia
di
cui
nei
mesi
scorsi
si
è
celebrato
il
trentesimo
anniversario,
12. 12
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
-‐ in
conseguenza
delle
non
cancellabili
e
non
eludibili
responsabilità
del
Comune
nella
morte
di
34
nostri
concittadini,
l’ennesima
azione
legale
avviata
per
conto
del
Comune
non
può
prescindere
dalle
vibranti
considerazioni
riportate
da
L’Osservatore
Romano
l’8
febbraio
1985,
all’indomani
della
tragedia
del
crollo,
allorquando
titolava
che
“le
coscienze
non
sono
di
tufo”,
ossia
friabili,
“come
le
case”;
-‐ le
non
eludibili
responsabilità
del
Comune
nel
crollo
e
nella
morte
di
34
nostri
concittadini
dovrebbero
indurre
a
un’attenta
riflessione
circa
la
riproposizione
tra
i
motivi
di
impugnazione
di
non
provate
corresponsabilità
dei
defunti
nel
crollo;
CONSIDERATO
inoltre
che
-‐ anche
dopo
la
pubblicazione
il
9
marzo
2015
della
(attesa
da
lungo
tempo)
sentenza
civile
del
Tribunale
di
Lecce
(con
la
più
che
prevista
conferma
-‐
almeno
per
chi
avesse
letto
con
un
minimo
di
attenzione
le
risultanze
processuali
-‐
della
condanna
del
Comune
al
pagamento
dei
risarcimenti
ai
parenti
delle
34
vittime),
difformemente
da
quanto
precedentemente
annunciato,
nonostante
ripetuti
inviti
formulati
da
consiglieri
comunali
di
opposizione
e
nel
contestuale
silenzio
assordante
e
uniforme
dei
consiglieri
comunali
di
maggioranza,
il
Sindaco
non
ha
convocato
preventivamente
i
suddetti
parenti,
né
i
loro
avvocati
per
discutere
le
scelte
da
adottare,
ma
ha
invece
proceduto
all’incarico
a
due
nuovi
legali
per
la
relativa
impugnazione
della
sentenza
in
oggetto,
limitandosi
a
dare
ai
legali
dei
parenti
delle
vittime
una
mera
comunicazione
successiva
in
data
14
aprile
2015
di
quanto
già
unilateralmente
deciso;
-‐ in
occasione
della
suddetta
comunicazione
successiva
del
14
aprile
2015
a
decisione
già
assunta
per
l’impugnazione,
il
Sindaco
ha
annunciato
la
presentazione
a
breve
di
una
proposta
concreta
di
transazione,
al
momento
ancora
non
nota;
i
sottoscritti
consiglieri
INTERROGANO
il
Sindaco
e
la
Giunta
comunale
per
conoscere:
1) se
si
sia
valutato
che
l’avvio
del
nuovo
grado
di
giudizio
comporta
un
ulteriore,
gravoso
danno
per
il
Comune,
anche
in
virtù
del
nuovo
meccanismo
di
calcolo
degli
interessi
legali
(parificati
agli
interessi
per
transazioni
commerciali,
attualmente
fissati
tra
il
7%
e
l’8%)
introdotto
dalle
modifiche
al
codice
civile
-‐
art.
1284
(si
tratta
di
una
cifra
aggiuntiva
pari
all’incirca
a
un
milione
e
mezzo
di
euro
l’anno,
ossia
circa
4.110
euro
al
giorno);
2) se
si
sia
valutato
che
il
nuovo
tentativo
di
chiamata
in
giudizio
del
Ministero
dell’Interno,
anche
nell’assai
ipotetico
caso
di
accettazione
da
parte
della
Corte
di
Appello,
sarebbe
di
fatto
annullato
dal
contestuale,
rilevante
incremento
dell’entità
dei
risarcimenti
dovuti,
in
virtù
della
suddetta
rivalutazione
legale,
ormai
equiparata
ai
ritardati
pagamenti
nelle
transazioni
commerciali
(stimabile,
come
già
precisato,
nell’ordine
all’incirca
di
un
milione
e
mezzo
l’anno);
13. 13
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
3) se
le
argomentazioni
poste
a
base
dapprima
della
comparsa
conclusionale
del
legale
del
Comune
nel
primo
grado
del
processo
civile
(dinanzi
al
Tribunale
di
Lecce),
riprodotte
in
buona
parte
nell’atto
di
impugnazione
della
sentenza
civile
di
primo
grado
(n.
1251
del
5
marzo
2015)
circa
l’asserita
ma
mai
dimostrata
(ancorché
riproposta
con
ostinata
insistenza,
nonostante
le
ripetute
bocciature
da
25
anni
da
parte
di
diversi
tribunali)
corresponsabilità
dei
danneggiati
e
defunti
(nella
“causazione
del
crollo”),
siano
stati
concordati
con
il
Sindaco
e
la
Giunta,
e
in
ogni
caso
ne
esprimano
il
loro
punto
di
vista
o
siano
comunque
da
essi
condivise;
4) quali
conseguenti
iniziative
intendano
il
Sindaco
e
la
Giunta
comunale
adottare
nel
caso
in
cui
non
condividano
le
suddette
argomentazioni
contenute
nell’impugnazione
in
appello
presentata
il
15
aprile
scorso;
5) se
l’attribuzione
ai
parenti
delle
34
vittime
del
crollo
della
qualifica
di
“presunti
danneggiati”
(contenuta
a
pag.
7
dell’atto
di
impugnazione
del
15
aprile
2015
degli
avv.
Raffaele
Guido
Rodio
e
Onofrio
Sisto
avverso
la
sentenza
civile
di
primo
grado
n.
1251
del
5
marzo
2015)
sia
condivisa
dal
Sindaco
e
dalla
Giunta
e
quali
iniziative
intendano
assumere
nel
caso
di
mancata
condivisione
di
tale
asserzione
contenute
nel
suddetto
atto
di
impugnazione;
6) se
l’ennesimo
tentativo
di
sottrarsi
all’adempimento
delle
sentenze
penali
di
condanna
definitiva
del
Comune,
riconosciuto
‘responsabile
civile’
del
crollo,
adombrando
il
paventato
dissesto
dell’attuale
amministrazione,
determini
nei
fatti
un
addossamento
sulle
future
amministrazioni
un
onere
ancor
più
consistente
(come
già
avvenuto
in
passato,
allorquando
la
Giunta
comunale
nel
2004
e
la
maggioranza
del
Consiglio
nel
2009
si
sono
rifiutati
di
procedere
a
una
transazione
per
un
importo
all’incirca
di
6
milioni
di
euro;
tale
rifiuti
hanno
determinato
come
conseguenza
la
lievitazione
degli
importi
dovuti
a
circa
20
milioni
di
euro
di
oggi;
7) se,
a
fronte
di
una
crescita
annua
per
interessi
pari
a
un
milione
e
mezzo
di
euro,
possa
ritenersi
credibile
e
congrua
l’offerta
(formulata
nell’atto
di
impugnazione
del
15
aprile
2015
degli
avv.
Rodio
e
Sisto),
a
sostegno
della
richiesta
di
sospensione
dell’esecutività
della
sentenza,
di
risibili
125.000
euro
(“oggetto
di
prudente
e
diligente
accantonamento
da
parte
dell’odierna
amministrazione
comunale”)
e
di
altrettanti
importi
annuali
(consistenti
all’incirca
nell’8%
degli
interessi
legali
annuali
nel
frattempo
decorrenti);
8) se
non
ritengano
che
il
dissesto
finanziario
paventato
dai
nuovi
legali
nell’atto
di
impugnazione
del
15
aprile
2015
in
caso
di
esecuzione
della
sentenza
del
Tribunale
civile
del
5
marzo
2015
costituisca
un
dato
già
presente
e
indefettibile,
peraltro
già
auto-‐
certificato
dalla
Giunta
comunale
con
delibera
n.
51
del
4
maggio
2015,
nella
quale
risulta
attestato
un
disavanzo
pari
a
oltre
6
milioni
e
200
mila
euro,
destinato
plausibilmente
a
14. 14
interrogazione
consiglieri
com.
Leonardo
Rubino
e
Michele
D’ambrosio
-‐
sentenze
crollo
7
febbraio
1985
-‐
22
maggio
2015
ulteriore
incremento
con
l’approvazione
del
nuovo
bilancio
di
previsione
e
la
connessa
emersione
della
più
reale
situazione
debitoria
complessiva
del
Comune;
9) se,
per
rispetto
alle
34
vittime
che
attendono
piena
giustizia
da
30
anni,
per
onorarne
nei
fatti
e
con
atti
concreti
la
memoria
e
a
tutela
dei
cittadini
di
Castellaneta,
si
ritenga
di
chiudere
la
vicenda
giudiziaria,
pervenendo
a
30
anni
dalla
tragedia
a
un
serio
e
credibile
accordo-‐transazione
con
i
parenti
delle
vittime,
prospettando
ipotesi
attendibili
e
veritiere;
10) quali
risorse
finanziarie
tangibili,
certe
e
concrete
s’intendano
a
tal
proposito
utilizzare
e
offrire
per
il
pagamento
dei
risarcimenti
dovuti;
11) se
a
distanza
di
oltre
un
mese
dall’incontro
del
14
aprile
2015
con
i
legali
dei
parenti
delle
vittime
sia
stata
approntata
la
proposta
di
transazione
annunciata
dal
Sindaco
in
tale
occasione
e
quali
ne
siano
in
dettaglio
i
contenuti;
12) se,
a
tutela
del
Comune,
dell’integrità
del
bilancio
dell’Ente,
porlo
al
riparo
da
consistenti
spese
aggiuntive
e
per
evitare
l’addossamento
alla
comunità
di
ulteriori,
rilevanti
oneri
in
virtù
della
crescita
esponenziale
degli
interessi
legali
(all’incirca
un
milione
e
mezzo
di
euro
l’anno,
ossia
circa
4.110
euro
al
giorno)
non
s’intenda
chiedere
la
sollecita
fissazione
dell’udienza
di
merito
e
la
trattazione
celere
della
causa,
per
una
rapida
conclusione
del
processo
civile
di
appello.
Leonardo
RUBINO
Michele
D’AMBROSIO