Dall'irrilevanza al protagonismo del mondo cattolico riccardo pedrizzi-1
1. Dall'irrilevanza al protagonismo del mondo cattolico
Per tutta l'estate è rimasto vivace, anzi si è intensificato, dopo un graffiante e
provocatorio articolo di Ernesto Galli della Loggia del 24 giugno scorso, il dibattito su
quale sarebbe “la forma di azione politica che dà maggiore rilevanza o minore
irrilevanza a questa cosa strana che una volta si autodefiniva il mondo cattolico”
(Alberto Melloni).
La discussione su questo tema era iniziata oltre un anno fa con il primo convegno
di Todi, dove si erano riuniti molti movimenti e realtà dell'associazionismo cristiano; era
proseguita, ad intermittenza, nel corso di quest'anno con vari interventi, come quello di
Giuseppe De Rita del 4 marzo scorso.
Sempre sul “Corriere della Sera” hanno partecipato, tra gli altri, a questo dibattito
Dario Antiseri, Alberto Melloni, Massimo Teodori, Andrea Riccardi, Vittorio
Possenti, Roberto Mazzotta, Franco Monaco, Carlo Calenda, Benedetto Ippolito,
Andrea Romano, Gianfranco Rotondi, Natale Forlani, Pasquale Pellegrino, Carlo
Castelli.
Proviamo, dunque, in vista dei prossimi convegni, che si vanno annunciando in
tutta Italia su questo tema, ad individuare alcune coordinate del ragionamento, cercando
di mettere a fattor comune le riflessioni sullo stato dell'arte dal mondo cattolico e di
intravedere quelle direttrici di marcia suggerite ed emerse dal dibattito, anche perché si
avvicina sempre di più il determinante e cruciale appuntamento elettorale del prossimo
anno.
Una realtà è indiscutibile: “il mondo cattolico oggi è in seria difficoltà eppure solo
ad ottobre 2011, un anno fa cioè, un po' tutti (giornalisti, politici, cardinali, leader
dell'associazionismo ecc.) ritenevano alle porte una ricomposizione forte della presenza
pubblica dei cattolici” (De Rita).
Si è invece accelerato lo scivolamento verso l'irrilevanza dell'associazionismo in
genere e “quello che pagherà uno scotto maggiore è e sarà il mondo cattolico che ha i
suoi cardini proprio nei soggetti intermedi” (De Rita).
E così, pur disponendo il cattolicesimo italiano di un'immensa rete sociale “ed una
sua rappresentanza politica sparpagliata quasi ovunque, ...essa sul piano politico e
programmatico risulta inefficace, a corrente alternata e marginale” (Vittorio Possenti).
Ciononostante “il pluralismo politico tra i cattolici è stato un guadagno sia per
la Chiesa, che vede così esaltare la libertà e l'universalità della sua missione, al riparo
anche solo dal sospetto che essa prenda posizione tra le parti politiche, sia la democrazia
italiana con l'attenuazione dello storico sovraccarico ideologico che ne ha inibito a
lungo una libera articolazione” (Franco Monaco).
“All'orizzonte dunque non c'è la prospettiva del partito dei cattolici, ma l'esigenza
di ricercare laicamente nuove modalità per incidere nella formazione di nuovi equilibri
delle rappresentanze con altre espressioni culturali e politiche della società italiana... e
nell'attuale situazione di sbandamento, un'iniziativa unitaria del mondo cattolico può
riempire un vuoto pericoloso ed offrire agli stessi partiti politici la possibilità di
ripensarsi in modo radicale” (Natale Forlani).
Il grosso rischio che sta correndo oggi il cattolicesimo politico è perciò
innanzitutto, la dispersione, il suo annacquamento nei due grandi schieramenti, quello di
centrodestra e quello di centrosinistra nell'ambito dei quali si è visto quale sia l'influenza
2. dei cattolici nelle scelte decisive: cioè quasi nulla. E, poi, vi è il rischio della
frammentazione in una miriade di partiti e movimenti. Ma cosa assai più grave è quello
di vedere del tutto neutralizzata, come diceva Del Noce, la presenza dei cattolici nella
società, non essendo più in grado nemmeno di svolgere un ruolo di testimonianza.
Per questo anche il Santo Padre, Benedetto XVI, ed il Cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, sono allarmati dal crescente
disimpegno dei cattolici sul fronte dell'intervento politico e civile e dal pericolo che le
nuove generazioni corrono nell'accettare acriticamente un modello di vita edonista, che in
Occidente sembra essere l'unica prospettiva offerta loro.
Ora dinanzi a questo scenario di disimpegno e di disgregazione istituzionale,
politica, sociale, economica e soprattutto morale che stiamo vivendo c’è da chiedersi:
quale visibilità potrà mantenere o riacquistare l’antropologia cristiana? Quale ruolo potrà
svolgere nel sociale o nel politico un arcipelago quale è oggi l’intero mondo cattolico così
variegato, peraltro attraversato da tensioni e lacerato da forze centrifughe? Di quale
progetto culturale si potranno farsi portatori i laici cattolici italiani? In poche parole, quali
possibilità vi sono - e se vi sono ancora - di affermare ed incarnare nella realtà
contemporanea gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa?
Sono questi gli interrogativi che stanno animando il dibattito politico e culturale
di questi ultimi tempi e del quale ho riportato prima una veloce sintesi.
La questione, come si vede dunque, è troppo complessa per ridursi al solo piano
elettorale o a quello, seppure più ampio, politico. Figuriamoci se si può ridurre al
problema se si debba o meno tentare di riesumare dalle ceneri della Prima Repubblica
un'esperienza, quella della Democrazia Cristiana, definitivamente tramontata e mai più
praticabile.
Essa investe, problemi ben più grandi e gravi: “la crisi - come scrisse tanto tempo
fa il vescovo Alessandro Maggiolini - è nientemenochè una crisi di fede. In un passato
anche non troppo lontano i cattolici si erano illusi che attenuando la fede ci si sarebbe
resi più pronti all'intesa laica. Ma era vero l'opposto. E gli stessi laici hanno
rimproverato questa colpa a molti cattolici.”
Bene ha fatto perciò il Santo Padre Benedetto XVI a proclamare l'anno della
fede.
Perché il dramma della nostra epoca, qui in Italia, in particolare, è stato ed e
proprio quello di veder separata la vita dalla fede, la cultura, la scienza, la politica dalla
fede.
Ed e perciò a questa unità, a questa sintesi, che bisogna tendere, prima ancora che
ad aggregazioni di altro tipo, più contingenti e più pragmatiche, con un lavoro formativo
dei credenti, intesi individualmente e comunitariamente.
Riccardo PEDRIZZI