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LIBERA UNIVERSITÀ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM
MILANO
CORSO DI LAUREA IN
RELAZIONI PUBBLICHE E PUBBLICITA'
Il conflitto di interessi nelle grandi democrazie:
telecomunicazioni e media
Docente che ha assegnato l’argomento della Prova finale
Prof. STEFANO ROLANDO
Prova finale di:
ANDREA CONGIU
Matricola n. 1002494
Anno Accademico 2013/2014
A mio padre e a mia madre,
per avermi insegnato il valore
della vita, del rispetto per se stessi e per il prossimo, dell’onestà e della cultura,
per avermi permesso di avere un’istruzione
e avermi fatto viaggiare per il mondo e capire e rispettare
chi la pensa diversamente da me.
Perché mi avete insegnato la forza del vostro amore,
in assenza del quale non avrei potuto affrontare le difficoltà della vita,
senza perdermi d’animo ma uscendone vincitore.
Perché siete la cosa più bella che la vita potesse concedermi.
Indice
Introduzione...............................................................................................................1
Capitolo 1 – il conflitto di interessi nelle democrazie occidentali .........................3
1.1) Introduzione ......................................................................................................3
1.1.1) Perché si studia il conflitto d’interessi........................................................3
1.2) Le grandi democrazie occidentali.....................................................................5
1.2.1) Gran Bretagna .............................................................................................7
1.2.2) Francia.......................................................................................................11
1.2.4) Germania...................................................................................................19
1.2.5) Stati Uniti d’America................................................................................20
1.2.6) L’equilibrio dei poteri...............................................................................23
Capitolo 2 – Media, politica e conflitto di interessi ..............................................27
2.1) L’importanza dei media nel conflitto di interessi ...........................................27
2.2) Il ruolo imprescindibile della comunicazione.................................................30
2.3) Rapporti tra istituzioni e potere di informazione............................................33
2.4) Un mutamento evidente nella discesa in campo di Berlusconi.......................37
2.5) La concentrazione dei poteri...........................................................................39
2.6) Il blind trust e la condizione italiana..............................................................42
Capitolo 3 – Il caso italiano, provvedimenti e normative in merito ...................45
3.1) Premessa .........................................................................................................45
3.2) La realtà italiana prima dell’elezione di Berlusconi......................................45
3.2.1) Adeguamento delle norme a quelle europee.............................................48
3.2.2) La legge Mammì.......................................................................................50
3.3) Il problema dopo l’elezione a premier di Silvio Berlusconi...........................53
3.3.1) Premessa....................................................................................................53
3.3.2) Chi è Silvio Berlusconi .............................................................................55
3.3.3) Il “caso italiano” e le leggi in merito ........................................................57
3.3.4) La legge Maccanico ..................................................................................60
3.3.5) La legge Frattini........................................................................................63
3.3.6) Nasce l’AGCOM.......................................................................................64
3.3.7) Considerazioni sulla legge Frattini ...........................................................69
3.3.7.1) Due possibili vie per la risoluzione dei conflitti.................................69
3.3.7.2) Scompare l’ipotesi del Blind trust ......................................................69
3.3.7.3) Quando scattano le incompatibilità.....................................................70
3.3.7.4) Il nodo della gestione delle imprese private e della “mera proprietà” 71
3.3.7.5) Incompatibilità dei professionisti quando operano in materie connesse
..........................................................................................................................72
3.3.7.6) Quando si può parlare di conflitto ......................................................73
3.3.7.7) Troppi prerequisiti limitano l’efficacia delle disposizioni..................74
3.3.7.8) Che cosa non può fare il titolare di cariche di governo ......................75
3.3.8) La legge Gasparri......................................................................................76
3.3.8.1) Principi della legge .............................................................................78
3.3.8.2) Critiche alla legge ...............................................................................78
3.3.8.3) Bocciatura dell'UE ..............................................................................79
3.3.8.4) Il nuovo disegno di legge....................................................................80
3.3.9) Il disegno di legge Gentiloni.....................................................................80
3.3.9.1) Da Gasparri a Gentiloni: la Guerra infinita tra i due poli...................81
Capitolo 4 – Il conflitto di interessi dieci anni dopo: confronti e opinioni dei
protagonisti della politica........................................................................................85
4.1) Conclusioni .....................................................................................................87
Bibliografia...............................................................................................................91
Note.........................................................................................................................91
Libri ........................................................................................................................92
Articoli....................................................................................................................94
Sitografia................................................................................................................94
1
Introduzione
Quando nel 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia, si dice, che il marchese Massimo
D’Azeglio, uno dei protagonisti del Risorgimento, pronunciasse la frase “Fatta
l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”.
La frase, che pare non fu mai pronunciata, divenne famosa e fu interpretata come
auspicio per educare un popolo, che era stato diviso per secoli, dominato da sovrani
stranieri, a essere cittadini di uno Stato unitario.
Gli italiani erano, allora, uniti da una religione comune, da una storia comune, da
una letteratura e una lingua, parlata correttamente da poco più di seicento mila
persone, su un totale di 25 milioni di abitanti, divisi su un senso del bene pubblico
declinato in tanti modi diversi, a seconda che lo Stato venisse, per le esperienze
sofferte, individuato come amico o nemico del popolo.
Che gli italiani del 1861 siano diventati oggi, a distanza di cento cinquanta anni,
quel popolo auspicato dallo statista piemontese, è cosa dubbia. Ancora oggi filosofi,
storici, antropologi ed economisti, si chiedono se le crisi economiche e sociali che
periodicamente attraversano l’Italia dagli anni 70, con piccoli intervalli di benessere
e buon governo, non siano imputabili, oltre che a un’economia globalizzata, anche
da quello che i sociologi chiamano le “basi immateriali dello sviluppo1
”, intendendo
con questo termine non solo gli aspetti economici e strutturali dello sviluppo di un
paese, ma anche e soprattutto i fattori umani, il carattere antropologico di un popolo.
Se si considera il “conflitto d’interessi”, tema oggetto di questa trattazione,
dobbiamo rispondere che l’Italia è “antropologicamente diversa” dalle maggiori
democrazie occidentali, per il modo in cui si connota il problema del conflitto
d’interessi e della corruzione cui si lega, e i motivi per i quali ancora oggi esso non
solo non è stato affrontato in modo adeguato, ma non è stato ancora risolto.
1
Espressione usata da Tylor che nel 1871 definisce la cultura come “il complesso che include le conoscenze, le credenze, la morale, le
abitudini e gli oggetti materiali di una comunità. Citazione in “I fattori immateriali dello sviluppo”. Bottazzi Gianfranco (a cura di).
University Cagliari: Press, CUEC editrice, 2013. P. 17.
2
3
Capitolo 1 – il conflitto di interessi nelle democrazie
occidentali
1.1) Introduzione
1.1.1) Perché si studia il conflitto d’interessi
Nel lavoro, divenuto un classico del genere, “Il Governo dei conflitti”2
, Elio Veltri e
Francesco di Paola parlano dei conflitti d’interesse come di “un virus a lenta
incubazione che attenta alle difese immunitarie proprie della democrazia, […] che
genera apatia, sfiducia e mette a rischio tutte le nostre libertà essenziali”. Per questo
motivo l’Italia è, nelle democrazie occidentali, un “caso clinico”, e la soluzione del
problema, nel nostro Paese, è diventata una vera emergenza etica.
Il caso dell’imprenditore proprietario di tre reti televisive e giornali, divenuto
Presidente del Consiglio e capo di governo è un caso unico nel mondo occidentale.
Il suo conflitto d’interessi, ha oscurato i vari conflitti che governano il paese,
evidenziando come il conflitto d’interessi sconfina in quello dell’etica. Nell’ambito
dell’impresa pubblica e privata, l’azienda non è libera di applicare qualsiasi etica. Il
sistema legale regola la sua azione o traccia lo spazio in cui operare. L’etica è però
un valore sentito e condiviso e potrebbe non essere completamente ed
esclusivamente definita per legge. È opinione diffusa che, non solo nelle aziende,
ma anche nella pubblica amministrazione, che il management va valutato non solo
per le prestazioni erogate ma anche per la sua condotta. Il caso “Berlusconi” ha
permesso di evidenziare il problema divenuto “un virus” che attenta alle difese
immunitarie della democrazia, un virus che genera sfiducia nei cittadini3
e mette a
rischio le stesse libertà essenziali. Risolvere il conflitto d’interessi diventa, quindi, la
2
Veltri E., Paola F.. Il Governo dei conflitti. Milano, Longanesi, 2006. p. 7.
3
Ivi, p. 7.
4
vera mission per provare a riportare l’etica non solo nel mondo economico, ma in
quello della politica.
Il problema è complesso e non è facile suscitare l’indignazione o la ribellione
nell’opinione pubblica di un Paese in crisi dove è venuta meno la solidarietà sociale
e dove il dominio dell’individualismo e del familismo pregiudica la stessa società
civile, l’ordine pubblico e il tessuto economico. Per decenni il problema, veicolato
da mezzi di comunicazione di massa compiacenti, è stato sminuito o ridotto a
“complotto” o “invidia di classe” contro un imprenditore di successo.
Il conflitto d’interessi genera quello che nel termine anglosassone si chiama
“corruption”, il cui valore complesso supera il concetto di corruzione in senso
stretto. Oltre ai danni economici evidenti, a inefficienza o sprechi, esso indica
un’aberrazione morale perché viola la legge ma anche l’etica.
La lotta alla corruzione ha assunto un valore prioritario anche nella Commissione
Europea. I vari rapporti hanno reso evidente come essa sia presente nei vari membri
dell’UE, ma che questa assume tipologie e dimensioni diverse nei singoli paesi,
anche in virtù delle leggi, più o meno efficaci per contrastarla.
Tra i settori più sensibili alla corruzione vi sono i farmaci e la sanità,
l’aggiudicazione di appalti, l’uso improprio di posizione di prestigio o politica,
richiesta di rimborsi e/o finanziamenti ingiustificati, rapporti commerciali illeciti.
Un esempio valga per tutti. In Italia secondo PwC (PricewatehouseCoopers), il 13%
della spesa sanitaria è imputabile a corruzione quantificabile secondo i parametri del
settore in 6 MLD di euro. La corruzione generale vale 23,6 MLD di euro4
. L’effetto
economico complessivo della “corruption” va al di là una semplice cifra e provoca
effetti quali:
 l’aumento della spesa pubblica, dovuto alla corruzione, eventuali maggiori
costi per forniture, sprechi e tangenti;
4
Quotidiano Sanità. Libro bianco sulla corruption in Sanità.
5
 l’aumento del prelievo fiscale dovuto all’aumento della spesa pubblica;
 la contrazione dei consumi per l’aumento del prelievo fiscale;
 la contrazione del settore di impresa con la conseguente disoccupazione e
ulteriore aumento della spesa pubblica.
Il conflitto d’interessi che genera corruzione, in una catena di cause ed effetti,
modifica le grandezze che interessano l’economia nazionale e la sua ricchezza. La
corruzione costituisce, oggi, un grave problema non solo nei così detti paesi in via di
sviluppo, ma anche in quelli ricchi, all’interno della sfera pubblica e privata.
Definita come “abuso del potere conferito a vantaggio del privato”, riduce gli
investimenti, mina il benessere sociale e la fiducia nei cittadini5
. Se è vero che
nessun paese ne è immune, nell’indice di percezione della corruzione di
Trasparency International (TI), l’Italia rappresenta il fanalino di coda tra i paesi
dell’Europa occidentale. La corruzione può essere prevenuta attraverso l’uso di
norme e sistemi che rafforzano la responsabilità e la trasparenza.
Eliminare il conflitto d’interessi che la genera è utopistico, ma analizzare il modo in
cui è affrontato negli altri paesi può essere un contributo per evidenziare la gravità
che il problema ha assunto in Italia.
1.2) Le grandi democrazie occidentali
I conflitti d’interesse sono diventati nell’Unione Europea e non solo, una
preoccupazione ricorrente, poiché possono arrecare gravi danni al bilancio pubblico
e nuocere alla reputazione dello Stato. La nozione di “conflitto di interesse” non è
armonizzata a livello europeo. Alcuni stati membri (Romania) hanno introdotto una
definizione nel diritto penale, mentre altri stati (Francia e Regno Unito) non l’hanno
fatto, ciò non significa come vedremo, che in questi stati non esistano norme al
5
Ibidem.
6
riguardo. Per meglio definire il concetto ci serviremo della proposta fatta agli stati
membri dall’OCSE: “Un conflitto d’interessi implica che un conflitto tra missione
pubblica e gli interessi privati di un funzionario pubblico in cui quest’ultimo
possiede a titolo privato interessi che potrebbero influire indebitamente
sull’assolvimento dei suoi obblighi e delle sue responsabilità pubbliche”6
.
Il conflitto d’interessi pone quindi chi ha un incarico o una funzione pubblica a
prendere una decisione, che richiederebbe imparzialità, su una materia che riguarda
altri suoi interessi personali o professionali. Per definizione, quindi, il conflitto
d’interessi richiama il concetto di etica e il suo contrario: la corruzione. Il problema
è stato oggetto di dibattito e scontro politico acceso in Italia. Esso interessa ambiti
sociali, pubblici ed economici ed è divenuto la misura stessa delle dinamiche
dell’organizzazione sociale.
Storicamente il conflitto d’interessi è figlio delle moderne monarchie costituzionali
(poi democrazie parlamentari), quando la separazione dei poteri impose alle
monarchie la concessione e la garanzia dei diritti. La politica ruotò, da allora, attorno
a due poli con interessi sempre più distinti, da un lato il sovrano e dall’altro il
Parlamento. Questo fece sì che, per esempio, nella politica inglese, sin dal XIX
secolo, vigesse la regola che non si potesse essere servitori di due padroni: del
sovrano e del Parlamento, sancendo così il divieto di cumulo delle cariche.
L’anomalia del nostro paese in cui un imprenditore dei media, caso unico nel mondo
occidentale, è divenuto Presidente del Consiglio, continuando a mantenere le
proprietà dell’azienda ha sollecitato il dibattito non solo politico ma giuridico ed
economico, evidenziando come il conflitto d’interessi pervada vari ambiti della vita
sociale ed economica e non solo quella dei media. Estendendo il concetto si
potrebbe dire che il conflitto d’interesse, in un perenne intreccio tra potere e politica,
è responsabile, in buona parte, della crisi che attraversa il nostro paese e del solco,
6
Commissione Europea, Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), Direzione D Politiche, Unità D.2 Prevenzione delle frodi.
Individuazione dei conflitti di interessi nelle procedure d’appalto nel quadro delle azioni strutturali: guida pratica per dirigenti. SFC
2014.
7
che sembra incolmabile, creatosi, tra i cittadini e lo Stato che rischia di mettere in
discussione le stesse basi della partecipazione democratica.
Percorrere il modo in cui il problema è stato, ed è affrontato, oggi, nelle democrazie
occidentali, può essere uno strumento di maggiore consapevolezza di quei principi
etici che devono essere alla base della gestione della cosa pubblica.
1.2.1) Gran Bretagna
In Inghilterra il divieto di cumulo tra cariche di governo e Parlamento s’impose
durante tutto il XIX secolo. L’indebolimento della monarchia e l’importanza del
Parlamento nel governo del Paese attenuarono questa rigida separazione. Il principio
che il governo dovesse essere espressione del Paese, piuttosto che del potere
monarchico, fece sì che il Parlamentare, eletto membro del governo, dovesse,
immediatamente dopo la nomina, sottoporsi a una seconda rielezione. La procedura
era, tuttavia, troppo onerosa e costringeva a periodiche elezioni, che rischiavano di
paralizzare la vita parlamentare e di provocare il rifiuto dei parlamentari ad accettare
cariche di governo. Col tempo la rielezione decadde.
Nel 1926 il “Re-election of Ministers Act” consacrò il principio delle compatibilità
tra membro del Governo e parlamentare. Il conflitto d’interessi, nell’accezione data
nella definizione, è regolato oggi dal Ministerial Code of Conduct and Guidance on
Procedure for Minister, una fonte non legislativa ma deontologica e
autoregolamentata che, tuttavia, è vincolante per i destinatari, secondo
l’ordinamento anglosassone, regole formali e prive di sanzione giuridica, sono
considerate dall’opinione pubblica pienamente cogenti. Esso è il frutto della
cosiddetta Nolan Committe, insediata nel 1995 e rinnovata, secondo prassi
costituzionale, all’inizio di ogni legislatura.
Il Ministerial Code diviso in varie sezioni prevede nella section 9 i casi d’interessi
privati dei Membri di Governo. Nel 2001 e nel 2005 è stato adottato dal Cabinet
Office con l’intento di introdurre criteri ai quali nei loro rapporti istituzionali devono
8
attenersi i titolari di cariche ministeriali. Nel 2007, il Governo Brown, a corredo del
documento sulla riforma costituzionale, introdusse una versione emendata del
Codice. Il risalto acquisito nell’assetto istituzionale, ha consolidato la forza
normativa del Ministerial Code facendogli acquisire, di fatto, rilevanza
costituzionale7
.
Nel maggio 2010 è stato pubblicato, dalla nuova maggioranza di governo, il testo,
tuttora vigente, esso stabilisce i criteri ai quali i titolari di cariche ministeriali devono
attenersi con le Istituzioni economiche, con le Istituzioni e la pubblica
Amministrazione, con i partiti e con i collegi elettorali e le previsioni riguardanti gli
interessi privati dei membri del Governo8
.
Alle regolamentazioni vigenti, in materia di conflitti di interesse dei membri delle
Assemblee legislative, si sono aggiunte le previsioni del codice di contenuto
sostanzialmente omogeneo. Pur nella diversa natura i due corpi normativi, avendo
l’uno carattere informale l’altro recepito negli interna corporis acta delle Camere,
essi hanno in comune la doverosa pubblicità degli interessi (disclosure of interests)
presso l’ufficio del Register presente in ciascuna9
.
Tra i Sette principi basilari che presiedono l’esercizio delle cariche pubbliche, che è
sotto la vigilanza della Committee on Standard in Public Life, Selflessness, Integrity,
Honesty, sono particolarmente messi in risalto.
Secondo il principio di Selflessness, chi ha cariche pubbliche deve agire
nell’esclusivo interesse del pubblico e non di se stesso, non deve assumere obblighi
(Integrity) di natura economica verso persone o enti esterni che possano
condizionarlo nel suo ufficio. Il principio di Honesty, inoltre, obbliga chi ha cariche
pubbliche a dichiarare ogni privato interesse con la carica ricoperta e a risolverlo. I
paragrafi 113 e 114 mettono in risalto il principio generale che nessun interesse
7
Camera dei deputati, XIII legislatura. Documenti per le commissioni, Conflitto d’interessi e morale costituzionale: conflitto di interessi
e cariche di Governo in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. (A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832), aggiornamento N°7.
Italia, Aprile 2014.
8
Ibidem.
9
Ibidem.
9
privato o finanziario condizioni i ministri. Ciascun Ministro, decide sotto la
personale responsabilità quale azione vada svolta per non entrare in conflitto. Egli
può richiedere assistenza al Permanent Secretary che presiede il Central Secretariat
costituito presso il Cabinet office. Il codice previene il conflitto d’interesse e
garantisce che vengano prese le necessarie misure (systemic steps) per evitare il
rischio di un conflitto di interessi, effettivo o percepito come tale. Il Code non
preclude, tuttavia, le cariche a persone con esperienza nel campo delle professioni o
dell’industria.
Nel codice di condotta è previsto che, al momento della nomina, i ministri
comunichino, su base volontaria, per iscritto, al Permanent Secretary, una lista
completa dei loro interessi che possono causare conflitto, non solo sotto il profilo
soggettivo, ma anche quelli del coniuge o del convivente, dei figli, anche se minori,
e di persone giuridiche nelle quali il Ministro o i parenti abbiano ruoli significativi di
amministratore o beneficiario. Le informazioni sono riservate e non possono essere
riferite senza il consenso del Ministro anche in presenza di eventuali critiche del
Secretary in quanto spetta all’autonoma decisione del Ministro diffonderla. Se esso
rimane titolare di quegli interessi è regola che li dichiari agli altri ministri e rimanga
estraneo (entirely detached) alle deliberazioni.
Il codice prevede le misure in caso di conflitto. Se il conflitto è accertato, si
prendono le misure del caso. Il Ministro può lasciare ogni carica pubblica, se ne ha,
e manifestare al primo Ministro, al contrario, la volontà di mantenerla, ma essi
devono assicurare di non possedere partecipazioni in enti privati, tali da determinare
conflitto d’interessi con la politica di Governo. Alla base del Codice si evidenzia
un’etica delle norme di condotta pubblica e privata che pare smarrita o non percepita,
invece, in Italia, nell’amministrazione della cosa pubblica.
Il codice non si limita a definire le regole per risolvere il conflitto, ma individua
anche i casi in cui esso si realizza. Il conflitto è presente non solo quando le
decisioni prese, o il potere d’influenza sulle stesse, pesa sugli interessi detenuti, ma
10
anche quando per la carica ricoperta si acquisiscono conoscenze che possono
generare, se utilizzate, vantaggi finanziari. Quando la situazione di conflitto in cui il
Ministro si trova, non permette l’alienazione dei beni o non lo si vuole fare, i beni
posseduti vengono convogliati in un blind trust che ha il compito di gestire i beni la
cui titolarità è rimessa a un soggetto indipendente. Questa soluzione è la più idonea
nel caso di interessi finanziari molto vari. Quando ciò non è possibile, il Ministro si
assume pubblicamente l’obbligo di astenersi da qualunque operazione per la durata
dell’intero mandato. Lo stesso Dipartimento a cui è preposto può precludergli
l’accesso a determinati documenti e la partecipazione alle discussioni e deliberazioni.
Nel dubbio che questo possa non accadere il Ministro è indotto a dimettersi.
Il codice si occupa anche della partecipazione di membri del Governo in studi
professionali (partership of Lloyd’s), aziende, gruppi immobiliari, enti pubblici e
privati nei quali ricoprono funzioni direttive o imprese assicurative. In tutti i casi
viene ribadita la necessità di evitare l’insorgere di conflitto di interesse anche
apparente, e viene affermata la necessità che spontaneamente si adottino misure atte
a separare gli interessi privati dalle funzioni di Governo.
La necessità dei requisiti di trasparenza è stata ribadita nel 2011 dall’organo
monocratico di controllo sull’attuazione del codice l’Independent Adviser on
Ministers’Interests il quale ha suggerito la pubblicazione on line degli incontri tra il
Ministro e soggetti di categorie portatrici di interessi.
In coerenza con il suo sistema giuridico il codice inglese si occupa anche delle
“incompatibilità successive” che potrebbero condizionare l’indipendenza del
mandato. Nei due mesi successivi alla fine del mandato governativo e per i due anni
successivi, l’assunzione di cariche, che non siano onorifiche, deve avere il parere
della Advisory Committee on Business appointments e ciò a salvaguardia
dell’interesse pubblico. Altre disposizioni si occupano delle onorificenze, dei doni
ricevuti che non possono essere trattenuti dal Ministro se superano il valore di 140
sterline, in caso contrario diventano proprietà del Governo. Nel testo aggiornato del
11
2010 è introdotta la regolamentazione dell’uso delle macchine di servizio. Uso da
limitare alle effettive esigenze ufficiali e di sicurezza.
1.2.2) Francia
Il conflitto d’interessi nell’amministrazione pubblica francese è influenzato dalla
dichiarazione del 1789 in cui veniva affermata l’assoluta incompatibilità tra la
funzione del governo e il parlamento, secondo il principio che esso doveva
controllare il governo e non servirlo10
.
L’incompatibilità permane in tutte le costituzioni che si succedono sino all’avvento
della Terza Repubblica, nel 1875, nella quale si affermò definitivamente il regime
parlamentare. Da allora vige, al contrario, la regola della compatibilità tra le
funzioni parlamentari e quelle di governo. Il cursus honorum dei politici francesi
però, che cominciava, comunemente, da un incarico locale per raggiungere poi
quello alla Camera o al Senato, con l’aspirazione all’ambito ruolo di Ministro,
favoriva frequenti crisi di governo e conseguenti elezioni che creavano instabilità
politica.
Fu dopo la seconda guerra mondiale che alcuni parlamentari affrontarono il
problema chiedendo il ritorno all’incompatibilità, necessaria per moralizzare la vita
politica del paese. La rinuncia al mandato parlamentare in caso di nomina al governo,
avrebbe reso meno ambita la carica di Ministro.
Sotto la IV Repubblica con lo stesso Generale De Gaulle, che se ne fece interprete,
si richiede il ritorno all’incompatibilità tra le cariche che avrebbe rafforzato la
separazione tra i poteri. Con la Costituzione del 4 ottobre 1958 l’incompatibilità
diviene legge. L’articolo 23 spiega chiaramente che la funzione di parlamentare è
incompatibile con la funzione di governo, con l’attività professionale o altro impiego
pubblico o attività privata a carattere professionale. La motivazione di garantire
ampia autonomia al potere esecutivo e indipendenza da quello legislativo è evidente.
10
Ivi, p. 2.
12
La norma molto rigida viene attenuata dal sistema dei così detti supplenti. I
parlamentari vengono eletti nelle loro circoscrizioni, a scrutinio uninominale
maggioritario a due turni, con supplente. Ogni parlamentare ha il suo supplente che
non ha un ruolo attivo, ma lo acquista nel caso in cui il parlamentare venga eletto
Ministro. Il supplente sostituisce il parlamentare che si dimette nel caso in cui si
trovi impossibilitato a esercitare la funzione per malattia o perché nominato nel
governo, in questo caso egli diventa deputato o senatore al suo posto. Il sistema evita
così le frequenti elezioni parziali e assicura stabilità al governo. Tra il supplente e il
parlamentare si crea una sorta di accordo che aggira in qualche modo la rigidità
costituzionale.
La Francia ha sempre sostenuto l’importanza della legittimazione elettorale specie
nei membri del governo. De Gaulle riteneva fondamentale che essi avessero radici
nel corpo elettorale. L’esigenza divenne tanto più necessaria, quando aumentò il
numero dei funzionari nominati ministri. Dopo la sua rielezione alla presidenza della
Repubblica, De Gaulle, chiese ai suoi ministri di candidarsi sia in ambito politico sia
locale. La prassi è tuttora in vigore, e il parlamentare eletto Ministro lascia il suo
posto al supplente. La Costituzione non vieta il cumulo tra il mandato locale e quello
di Ministro, che in Francia è la regola, ma nel 1985 una legge ha limitato a due i
mandati elettivi che la stessa persona può ottenere. È ritenuto strumento necessario
per la carriera politica la conoscenza della gestione degli affari locali. L’incarico di
consigliere comunale, di sindaco o presidente di regione associato a quello di
Ministro rafforza il rapporto con gli elettori.
La Riforma costituzionale del 200811
(la Legge costituzionale n.2008-724 del 23
luglio) finalizzata alla modernizzazione delle istituzioni della Repubblica dispone
che il parlamentare che accetti di ricoprire un ruolo nel governo sia sostituito in
modo temporaneo dal deputato “supplente” e non più in maniera definitiva (nuovo
art. 25 della Costituzione). La legge organica n.2009-38 del 13 gennaio 2009
11
Ivi, p. 4.
13
sull’applicazione dell’art. 25 della Costituzione, prevede che un ex Ministro possa
riprendere l’esercizio del proprio mandato parlamentare, trascorso un mese dalla
cessazione dell’incarico. Il replacement (sostituzione) è regolato attualmente dalle
Leggi Organiche del Code électoral, leggi che, nell’ordinamento francese, sono
fonti normative superiori alle leggi ordinarie e devono essere approvate da
maggioranze qualificate (art. 46 della Costituzione).
Ancora l’Ordinanza n.58-1099 disciplina un’indennità ai membri del Governo alla
cessazione dell’incarico. L’indennità, di importo pari al trattamento dei membri del
governo, è corrisposta per tre mesi. Essa non viene erogata se l’interessato ha
omesso di dichiarare all’“Autorità per la trasparenza della vita pubblica” tutto o
parte del patrimonio e degli interessi. Per i mandati elettivi locali, non è prevista,
invece, l’incompatibilità e ciò ha favorito il sistema del cumulo delle funzioni. La
normativa francese si è occupata spesso negli ultimi decenni del problema del
conflitto d’interesse e della trasparenza, giova qui ricordarne le più espressive in
ordine cronologico, tra queste, quella dell’11 marzo del 1988 che riguarda la
trasparenza della vita politica. Questa, pur non contenendo precisi riferimenti alle
funzioni ministeriali, ha in sé una serie di disposizioni per evitare la corruzione e la
confusione d’interessi. La legge Sapin del 29 gennaio del 1993, che si occupa della
trasparenza della vita economica e delle procedure pubbliche, mira a prevenire la
corruzione e a impedire l’intreccio tra attività pubbliche e private di chiunque avesse
incarichi pubblici, sia a livello locale sia nazionale.
Una successiva legge dell’8 febbraio del 1995, rafforzò la legge del 1988;
all’articolo 1 stabilisce che ogni membro del governo, entro due mesi dalla sua
nomina deve presentare una dichiarazione sulla sua situazione patrimoniale alla
Commissione per la trasparenza finanziaria della vita politica, composta dai membri
del Consiglio di Stato, della Cassazione e della Corte dei Conti. Entro due mesi dalla
fine dell’incarico, il Ministro doveva ripresentare il suo stato patrimoniale per
14
verificare se si fosse arricchito sfruttando la sua posizione politica. Dal 19 gennaio
1995 le stesse disposizioni vennero estese a tutti i parlamentari.
Con la presidenza Hollande, la Francia, ha dato un notevole impulso alle norme sul
conflitto d’interessi e su come prevenirli. Si è cominciato dalla revisione della
normativa sul cumulo degli incarichi (art. 23 Cost.), il Projet de loi constitutionelle
relatif aux incompatibilités applicables à l’exercice de fonctions gouvernamentales
et à la composition du Conseil costitutionnel (project 184), del 14 marzo 2013,
presentato all’assemblea nazionale.
Con la recente Legge organica n.2014-125 del 14 febbraio 2014, con riferimento ai
parlamentari è stato disposto il divieto di cumulo delle funzioni esecutive con il
mandato di deputato e di senatore.
Il legislatore francese ha, inoltre, reso più chiara la nozione di conflitto di interessi.
La legge n.2013-907 dell’11 ottobre 2013 “relativa alla trasparenza della vita
pubblica” recita all’art. 2 che “ai sensi della presente legge, costituisce un conflitto
di interessi ogni situazione di interferenza tra un interesse pubblico e degli interessi
pubblici o privati che è di natura tale da influenzare o da sembrare influenzare
l’esercizio indipendente, imparziale e obiettivo di una funzione”. Il provvedimento
stabilisce, anche, gli obblighi di probità e imparzialità a cui deve attenersi un
pubblico funzionario che ha il dovere di evitare di porsi in una situazione di conflitto
di interessi.
Il provvedimento modifica anche le misure sanzionatorie, con particolare
riferimento ai membri del Governo che commettono il reato di “difesa illegale di
interessi” (prise illegal d’intérets), che è disciplinato dal codice penale. Al riguardo
va precisato che l’art. 432-12 del codice penale prevede, per il funzionario che
commette il fatto, una pena detentiva fino a 5 anni e una ammenda sino a 500.000
euro, il cui importo può essere condotto al doppio del prodotto derivante
dall’infrazione. Sono previste alcune eccezioni per i sindaci ed altre Autorità di
comuni sino a 3.500 abitanti.
15
Il codice disciplina anche la sanzione per i titolari di funzioni pubbliche che
commettono il reato di “difesa illegale di interessi” una volta cessato l’incarico. Il
membro del Governo o il titolare di una funzione pubblica locale che abbia svolto
funzioni di controllo o stipulato contratti con una impresa privata durante il suo
mandato, non può acquisire un incarico di lavoro o di consulenza presso quella
impresa, se non sono trascorsi almeno tre anni dalla cessazione dell’incarico
pubblico. La violazione della norma è punita sino a tre anni di reclusione e
ammenda sino a 200.000 euro, il cui importo può essere condotto al doppio del
prodotto derivante dall’infrazione.
La Legge n.2013 -907 ha esteso le sanzioni, prima previste per i solo funzionari,
anche ai membri del Governo. Il legislatore francese si è preoccupato di disciplinare
con attenzione una serie di interdizioni per le professioni svolte da un titolare di
incarico pubblico dopo la cessazione del mandato, al fine di evitare l’abuso del così
detto pantouflage, ovvero il passaggio nel settore privato, più remunerativo, di ex
alti funzionari dello Stato.
Di particolare importanza, per contrastare il manifestarsi dei conflitti di interesse tra
i membri di Governo, è il decreto n.2014-34 del 16 gennaio 2014 relativo alla
“prevenzione dei conflitti di interesse nell’esercizio delle funzioni ministeriali”, che
modifica il decreto n.59-178 del 22 gennaio 1959 “relativo alle attribuzioni dei
ministri”.
Parlamentari, membri del Governo, rappresentanti nell’europarlamento, i titolari di
funzioni esecutive a livello locale, come i Presidenti di regione o di Dipartimenti,
sono obbligati a presentare le “Dichiarazioni sulla situazione patrimoniale” e le
“dichiarazioni di interessi”, previste dalla normativa sulla trasparenza. Ogni
dichiarazione ha una modalità propria. Esistono sei modelli di dichiarazione. Quelle
dei deputati e senatori sono diverse da quelle del Presidente della Repubblica che
deve presentare la dichiarazione al Consiglio costituzionale per formalizzare la
candidatura, pena la nullità della stessa.
16
La dichiarazione viene resa pubblica 15 giorni prima del primo scrutinio elettorale.
Se il candidato viene eletto, la dichiarazione dovrà essere ripresentata all’Alta
Autorità che dopo averla inviata all’Autorità fiscale, provvederà a pubblicarla entro
8 giorni dalla sua revisione in gazzetta ufficiale. Una dichiarazione è prevista anche
a fine mandato all’Autorità della trasparenza. È prevista anche una nuova
dichiarazione durante il mandato se intervengono modifiche sostanziali rispetto alla
situazione patrimoniale iniziale. Cessato l’incarico, il membro del governo deve,
entro due mesi, presentare una nuova dichiarazione in cui si capitalizzano anche le
entrate del mandato. Sono previste osservazioni personali alle dichiarazioni.
Gli organi preposti al controllo sono l’Alta Autorità per la trasparenza della vita
pubblica12
(HATVP, Haute Autorité pour la transparence de la vie publique) che,
quale Autorità amministrativa indipendente, ha preso il posto della vecchia
Commissione per la trasparenza della vita pubblica. L’HATVP è composta da nove
membri e precisamente:
 il Presidente, nominato dal Presidente della Repubblica;
 due consiglieri, eletti dall’assemblea generale del Consiglio di Stato;
 due consiglieri, presso la Corte di Cassazione, eletti tra i giudici della
magistratura giudicante di questa Corte collocati “fuori gerarchia”;
 una personalità qualificata dell’AN (assemblea nazionale) che non abbia
esercitato funzioni di governo da almeno tre anni;
 una personalità qualificata, nominata dal Presidente del Senato, che non
abbia esercitato da almeno tre anni le stesse funzioni per la personalità
dell’assemblea nazionale;
 due consiglieri capi presso la Corte dei Conti, eletti dalla Camera di Corte.
È previsto il rispetto per la parità di genere. Il mandato della Commissione dura sei
anni e non è rinnovabile, in deroga a tale disposizione vengono estratti a sorte nella
12
Ivi, p. 19.
17
prima riunione dell’Alta Autorità quale delle tre istituzioni rappresentate avrà un
mandato di due o tre anni.
Il mandato dei membri dell’HATVP è incompatibile con ogni funzione di Governo o
altra funzione o mandato esercitato da altri soggetti istituzionali previsti dall’art. 11
della legge n. 2013-907.
I membri della Commissione devono presentare la propria “dichiarazione di
situazione patrimoniale” e “dichiarazione di interessi”, alle stesse condizioni dei
titolari di incarichi pubblici. Le loro dichiarazioni sono consultabili dagli stessi
membri. Tutti sono vincolati dal segreto professionale.
L’art. 20 della legge 2013 stabilisce anche i compiti dell’HATVP che esercita le
seguenti missioni:
 riceve le dichiarazioni dai membri del Governo;
 si pronuncia sulle situazioni che possono creare conflitto di interessi e li
invita a eliminare le situazioni di conflitto alle condizioni dell’art. 10 del
provvedimento;
 esprime pareri in merito a questioni deontologiche;
 si pronuncia sulla compatibilità dell’esercizio di un’attività;
 su richiesta del Primo Ministro o per autonoma iniziativa, emette delle
“raccomandazioni” per l’applicazione della legge.
Ogni anno l’HATVP invia al Presidente della Repubblica, al Primo Ministro e al
Parlamento un rapporto, pubblicato anche sulla gazzetta ufficiale, in cui rende conto
della propria attività.
Tutti i soggetti istituzionali, o le associazioni riconosciute dall’Alta Autorità che si
occupano di lotta contro la corruzione, possono rivolgersi all’Alta Autorità in caso
di riscontro di violazioni.
L’HATVP, in caso di violazione degli obblighi previsti dalla legge, procede in modo
diverso a seconda del soggetto istituzionale che ha fatto l’illecito così se la
18
violazione è stata fatta da un membro del Governo nel informa il Primo Ministro
sempre secondo gerarchia, se la violazione è attribuita ad un Ministro è il Presidente
della Repubblica che viene informato. L’Alta Corte per la verifica delle
dichiarazioni ricevute si rivolge all’Autorità fiscale che, a sua volta entro trenta
giorni la rinvia all’Autorità con i suoi eventuali rilievi. Entro tre mesi dal
ricevimento delle dichiarazioni dall’Autorità fiscale l'HATVP le rende pubbliche.
Gli elettori possono inviare osservazioni scritte in merito a quelle dichiarazioni
all’Alta Autorità. Tutte le dichiarazioni sono rese pubbliche attraverso un sito
internet pubblico gestito dalla stessa HATVP e un ex membro del Governo o ex
titolare di funzioni esercita una attività o professione in violazione delle
incompatibilità dispone della pubblicazione di un “rapporto speciale“ sulla questione.
La pubblicazione avviene dopo aver informato la persona, l’HATVP è tenuta ad
inviare il rapporto speciale al Procuratore della Repubblica. Sono previste sanzioni
penali sino a 45.000 euro per dichiarazioni mendaci e una pena sino a tre anni di
reclusione. Se i soggetti previsti dalla legge non rispettano le ingiunzioni
dell’HATVP, questi sono sanzionati con 15.000 euro e un anno di reclusione. Sono
sanzionati penalmente anche le violazioni della privacy qualora vengano pubblicate
o divulgate informazioni illecitamente in merito a quanto stabilito dalla HATVP,
con 45.000 euro di multa e un anno di reclusione.
In Europa l’incompatibilità tra la funzione di governo e quella parlamentare,
attenuata dal sistema del supplente, è praticata oltre che in Francia anch in Belgio,
Lussemburgo e Paesi Bassi. In Svezia e in Portogallo è presente un sistema di
sostituzioni temporanee. In conclusione, il supplente sostituisce il parlamentare
nominato Ministro e questo riprende il suo posto se decade dalla carica recuperando
il suo seggio.
19
1.2.4) Germania
La maggior parte degli osservatori concordano nell’affermare che i tedeschi hanno
un’alta concezione della morale politica, che è sostanzialmente integra, seppure,
anche nella Repubblica federale tedesca, non è mancato uno scandalo relativo a un
conflitto d’interesse, il noto affare del consorzio FLICK nel 1980.
Si scoprì che un noto gruppo finanziario venne esonarato dal pagamento delle sue
imposte in cambio di finaziamenti ai partiti politici. Lo scandalo evidenziò una
carenza legislativa. Il conflitto di interessi in ambito politico è normato dalla Legge
Fondamentale (Grundgesetz) della Repubblica federale di Germania. Nel capitolo
VI intitolato “Il Governo Federale”, all’articolo 66 (Incompatibilità) si legge: “Il
Cancelliere federale e i Ministri federali non possono rivestire alcuna carica
retributiva, né svolgere attività economica e professionale né far parte degli organi
direttivi o, senza autorizzazione del Bundestag, del Consiglio di vigilanza di imprese
commerciali” 13
. L’articolo regola le disposizioni in materia di inconciliabilità
(Unvereibarkeit) tra la carica di Ministro federale o Cancelliere.
In applicazione del principio espresso dall’art. 66 della Grundgesetz fu emanata la
legge del 7 giugno 1953, successivamente modificata con la legge del 5 dicembre
1997 (Gesetz ueberdie Rechtsveraeltnisse der Mitglieder des Bundesregierung-
Bundesmistergesetz) dove all’art. 5 si prevede:
a) i componenti del Governo federale non possono esercitare alcun altro
incarico parallelamente al loro ufficio;
b) i componenti del Governo federale non possono rivestire cariche onorifiche
pubbliche durante il loro mandato (la norma prevede tuttavia delle deroghe);
c) i componenti del Governo Federale, nonché coloro che ne hanno fatto parte,
devono rendere conto dei doni ricevuti in qualità di membri del Governo14
.
13
Germania. Legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania, edito da Ufficio Stampa e Informazione del Governo federale.
Bonn, Druck Verlag KettlerGmbH, 1998. p. 75.
14
Ivi, p. 46.
20
Molti studiosi costituzionali, hanno giudicato la disciplina che regola il conflitto
d’interessi una lex imperfecta perché non sono previste sanzioni. Altri studiosi
ritengono invece che la norma non possa limitarsi al solo art. 66 della Grundgesetz
ma, vada estesa anche agli articoli 63 e 6415
. Da tale lettura interpretativa ne deriva
che spetta al Presidente federale accertare eventuali conflitti di interesse durante la
fase di formazione del Governo. Il Presidente non può procedere alla nomina di un
componente del Governo se fosse accertato che questo sitrova in un dimostrato
conflitto di interesse.
1.2.5) Stati Uniti d’America
Negli Stati Uniti d’America la distinzione tra interessi economici privati e potere
pubblico è così importante da essere considerata la base del sistema democratico al
pari della divisione dei tre poteri. Le norme sulla corruzione e la prevenzione dei
conflitti di interesse pubblici e privati sono considerati strumenti alla salvaguardia
della stessa Costituzione. Alla base delle norme che li regolano c’è il principio di
etica e, non a caso, la raccolta delle disposizioni in materia sono cliamate Ethics
manual e l’ufficio che si occupa dell’applicazione di tali norme si chiama Office of
Goverment Ethics16
.
L’introduzione delle norme sul conflitto di interessi va di pari passo con lo sviluppo
economico del Paese e la storia degli Stati Uniti. L’innovazione tecnologica o come
gli storici la definiscono: la terza rivoluzione industriale, ha avuto un ruolo decisivo
nell’aprire nuovi orizzonti allo sviluppo, subito dopo il secondo conflitto mondiale.
Frutto in parte della “ricaduta” della ricerca scientifica durante lo sforzo bellico per
scopi militari, ricevette un forte impulso anche dai massicci investimenti effettuati
dalle imprese americane, la “guerra fredda” aveva, inoltre, fatto aumentare la
necessità di un forte apparato difensivo e di conseguenza le commesse pubbliche ai
15
Camera dei deputati, XIII legislatura. Documenti per le commissioni, Conflitto d’interessi e morale costituzionale: conflitto di
interessi e cariche di Governo in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. (A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832),
aggiornamento N°7. Italia, Aprile 2014. p. 29.
16
Ivi, p. 57.
21
privati. Furono queste condizioni economico sociali che favorirono episodi di
corruzione per accapparrarsi gli appalti e le forniture pubbliche. Di fronte ai
numerosi episodi di corruzione il Governo federale reagì predisponendo un codice
etico per il personale politico e amministrativo. L’impegno del Governo non si
limitò a questo, ma intervenne anche sul piano educativo favorendo in tal modo
l’introiezione di tali principi come valori fondanti dell’etica del Paese. L’importanza
data al problema si misura con la portata dell’investimento, nel 1992 lo Stato spese
23 milioni di dollari, 8868 erano le persone addette al rispetto dei codici di
comportamento. Le norme americane sul conflitto di interessi rispondono
contemporaneamente a due principi: salvaguardare l’iniziativa privata e tutelare
l’interesse della funzione pubblica. Le norme vengono periodicamente aggiornate e
quanto a restrizioni non sono tutte uguali nei vari Stati. Lo stato della California ha
una normativa più rigorosa, rispetto a quella federale. Il Political Reform Act of
1974 si applica, infatti, a tutti i pubblici ufficiali, sia nominati che eletti, dei rami
esecutivo, legislativo e giudiziario, federale e locale. Un unico organismo il Fair
Political Practices Commission amministra il Political reform Act del 1974, una
sorta di organismo di garanzia di equità nel comportamento politico.
Nel rispetto del Political Reform act il pubblico ufficiale dovrà regolarmente fornire
informazioni non solo sui suoi investimenti e interessi, ma anche sui redditi,
compresi i doni. Commetterà reato se nel prendere o partecipare ad una decisione
governativa, quella decisione riguarderà interessi finanziari del pubblico ufficiale.
La norma prevede anche quando si presenta il conflitto di interessi. Perchè ci sia
conflitto sono necessari cinque elementi:
1. deve esserci una decisione governativa;
2. il pubblico ufficiale deve avere un interesse che porta al conflitto, la decisione
può produrre effetti sui suoi interessi personali o quelli di un familiare prossimo.
Sono considerati interessi finanziari:
22
 una attività economica o investimento diretto o indiretto di almeno duemila
dollari ($2000);
 proprietà immobiliari in cui vi sono interessi diretti o indiretti del valore di
almeno duemila dollari ($ 2000);
 una fonte di reddito, diversa da prestiti o regali, provenienti da istituzioni
commerciali o finanziare del valore di almeno 500 dollari ricevute o
promesse al pubblico ufficiale nei 12 mesi precedenti la decisione;
 una attività economica in cui il pubblico ufficiale occupa la posizione di
direttore, ufficiale, socio, “trustee” o impiegato o ha compiti di gestione;
 è un donatore, un intermediario, agente di un regalo o regali di almeno 250
dollari, forniti a o ricevuti da o promessi al pubblico ufficiale nei 12 mesi
precedenti la decisione.
3. Il terzo elemento necessario perché si determini conflitto d’interessi riguarda
l’effetto materiale che la decisione può avere sugli interessi del pubblico
ufficiale, per essere considerato tale deve aver creato un effetto, specificato per
legge sul soggetto. La norma si sofferma inoltre sulla quantificazione economica
dell’effetto sia verso il pubblico ufficiale sia i suoi familiari più prossimi,
vengono quantificati anche gli incrementi o diminuzioni di spese personali nel
reddito, di almeno 250 dollari;
4. il quarto elemento riguarda la prevedibilità che l’azione governativa intrapresa
può avere sull’interesse;
5. il quinto elemento determina se l’effetto sul reddito del pubblico ufficiale sia
distinguibile dall’effetto sull’interesse pubblico più generale. Per la legge,
qualsiasi gruppo o sottogruppo di un settore economico, finanziario o
professionale, i residenti di un distretto, una città, sono parti espressive di
pubblico.
Ulteriori provvedimenti statutari si applicano ai membri dell’apparato legislativo
con interessi personali finanziari che permettono di verificare se, decisioni di
23
governo dello Stato, anche diverse da quelle prese nell’esercizio della loro funzione
nei 12 mesi precedenti, possono avere effetti diretti espressivi, distinguibili da quelli
del pubblico interesse.
Sanzioni diverse sono previste per i membri dell’apparato legislativo ed esse variano
dalla pubblica riprovazione all’applicazione di sanzioni amministrative e civili.
Alcuni provvedimenti del Political Reform Act possono prevedere anche
provvedimenti penali. Nello Stato della California, inoltre, esistono provvedimenti
contro i conflitti di interesse e sono contenuti nelle Joint Rules of the Legislature,
che sono stati in seguito adottati dagli statuti dello Stato.
1.2.6) L’equilibrio dei poteri
L’esame dei modi in cui il Conflitto d’interessi viene affrontato nelle democrazie
occidentali ha evidenziato come esso sia un problema che riguarda tutti gli stati ed è
alla base del rapporto tra etica e politica. Un equilibrato sistema di incompatibilità
rende impossibile il verificarsi di “un caso italiano” in queste democrazie.
L’affermarsi del ruolo del Parlamento ha reso necessaria la soluzione del problema
in Gran Bretagna sin dal secolo scorso. Le norme dettate dalla così detta
Commissione Nolan sono confluite nel Ministerial Code che ha assunto rilevanza
costituzionale ed è oggetto di continui aggiornamenti. Alla base di tutto c’è la
cultura dell’etica e un forte senso dello Stato e del bene pubblico che accomuna i
paesi di cultura anglosassone. Gli USA, non a caso, quando dopo il secondo
conflitto mondiale, hanno affrontato il tema deli conflitti, hanno investito prima di
tutto nell’educazione per rafforzare il senso di appartenenza allo Stato e il bene
pubblico.
Oggi il Political Reform Act è fatto proprio dal Governo federale e condiviso da
maggioranza di governo e opposizione. Entrambi gli stati fanno uso del blind trust
in caso di conflitto d’interesse ed entrambi prevedono sanzioni amministrative e/o
penali in caso di grave inadempienza. Significativo è che, sia in Gran Bretagna che
24
negli Stati Uniti, è la riprovazione pubblica il nemico principale del conflitto
d’interessi. La trasparenza dei gruppi di interesse, le lobbies, rende più semplice il
controllo della pubblica amministrazione anche da parte degli elettori. Sono previste
Autority di controllo l’IPSA (Independent Parlamentary Standards Autority) nella
Gran Bretagna e l’OGE (Office of government Ethics Reauthorization Act of 1988)
negli USA, divenuta dal 1989 Agenzia indipendente che deve, ogni due anni, riferire
al Presidente degli Stati Uniti e al Congresso della sua attività. Sono questi istituti
che garantiscono l’equilibrio dei poteri tra la libera iniziativa privata del cittadino il
bene dello Stato.
Germania e Francia, pur con storie e cultura immateriale diversa, riprendendo il
concetto di Tylor, sono accomunate, anch’esse da un alto senso dello Stato e del
bene pubblico. Nella Repubblica Federale di Germania è la Legge fondamentale
dello Stato (la Costituzione) che all’art. 66 detta i principi di inconciliabilità
(Unvereinbarkeit) e incompatibilità (inkompatibilitata) tra la carica di Cancelliere
federale o Ministro federale e l’esercizio di attività remunerativo di tipo privato e
pubblico, utilizzando i sostantivi di mestiere e professione, dalla cui applicazione è
derivata la Legge sui rapporti giuridici dei componenti il Governo federale nel 1953
e modificata e aggiornata con legge nel 2008. La mancanza di norme di carattere
sanzionatorio l’ha fatta definire da costituzionalisti lex imperfecta, ma è pur vero che
lo stesso articolo 66 configura il diritto-dovere del Presidente federale eletto di non
procedere alla nomina di componenti del governo in conflitto d’interessi accertato. È
ancora l’etica che garantisce in questo caso l’equilibrio dei poteri di fronte ad un
caso di conflitto d’interessi.
La Francia col Presidente Hollande ha operato un cambiamento significativo nelle
norme sul conflitto d’interessi e la trasparenza nella gestione della cosa pubblica con
una riforma a carattere costituzionale. Con la legge organica del febbraio 2014 la
numero 2014/125 viene superato l’istituto del cumulo delle cariche previsto da una
legge promulgata dal generale De Gaulle che favoriva il doppio incarico,
25
amministrativo locale e parlamentare, come garanzia di maggiore competenza
amministrativa della cosa pubblica.
Sono state inasprite le norme sanzionatorie per chi viola tali divieti, sia
amministrative sia penali. A garanzia del rispetto della legge c’è l’Hate Autoritè
pour la trasparence de la via publique, istituita nel 1988 e rinnovata nel 2013. Essa
è composta da nove membri e il Presidente è nominato dal Presidente della
Repubblica con apposito decreto. I membri rappresentano il Consiglio di Stato, la
Corte di cassazione, la Corte dei Conti, l’Assemblea nazionale e un rappresentante
qualificato eletto dal Presidente del Senato che non abbia esercitato da almeno tre
anni funzioni di governo. I criteri relativi alla scelta dei rappresentanti
dell’Assemblea nazionale e del Senato rispondono alla norma, regolata da apposita
legge, che proibisce incarichi pubblici o privati nelle aziende agli ex parlamentari
entro i tre anni successivi al mandato. Analoga norma è prevista, ma ridotta a due
anni, in Gran Bretagna e USA. In ben altra direzione sembra, invece, andare la
strada delle riforme costituzionali in Italia.
26
27
Capitolo 2 – Media, politica e conflitto di interessi
2.1) L’importanza dei media nel conflitto di interessi
Rispondere alla domanda del perché il conflitto di interessi nei media diventa
significativo, quando incontra la politica, significa anche capire l’importanza che i
media hanno assunto nella società contemporanea e come il loro intreccio rischia di
indebolire la democrazia. La diffusione di notizie può essere vista come estremo atto
di democrazia o viceversa un atto terroristico che mette in pericolo gli equilibri
mondiali nei loro assetti istituzionali e quindi da sanzionare e punire. Giova qui
ricordare alcuni aspetti della diffusione dei media e dei loro effetti, troppo spesso
dati per scontati, ma che, i non addetti ai lavori, spesso ignorano e ne sono perciò, in
un certo qual senso vittime inconsapevoli.
Viviamo in una società caratterizzata dall’impetuoso e globale sviluppo dei mezzi di
comunicazione di massa. Televisione, internet, radio sono terminali di una memoria
collettiva di informazione che invadono anche il nostro privato e ci immergono in
una vertiginosa contemporaneità o come oggi si dice “il mondo in tempo reale”. Un
tale universo, invaso dalla comunicazione e sorretto da linguaggi fascinosi e
accattivanti che si accompagnano a immagini, ha evidenziato i cambiamenti prodotti
che, se da un lato hanno liberato nell’uomo la possibilità di esprimersi, di ricevere e
produrre messaggi, di farsi contemporaneo di se stesso, dall’altro comportano dei
rischi, degli effetti paralizzanti, in un consumo vistoso di “news”, di immagini
sempre più sottoposto all’interesse del potere economico e alla manipolazione
ideologica17
.
La comunicazione elettronica è divenuta essa stessa un canale formativo parallelo
rispetto alla comunicazione della carta stampata, che offre nuove forme di cultura,
nuovi valori e nuovi modelli di comportamento e ideologie. La comunicazione
verbale, seppure basilare, non è più considerata l’unico e privilegiato linguaggio.
17
Trerè S., Gallegati G.. Itinerari nella comunicazione di massa. Firenze, Bulgarini editore, 1983.
28
Alla diffusione dei nuovi strumenti multimediali, si pensi all’uso dei tablet e
cellulari multifunzione, non ha corrisposto una diffusa capacità di decodifica dei
media dei loro codici e della loro modalità di confezione dei messaggi, per cui i
fruitori di informazione sono in balia di una comunicazione “spettacolare” e
“passiva”, in una società divenuta sempre più società di spettatori. Numerosi
studiosi a partire dal pioniere Walter Lippman che si è occupato della formazione
dell’opinione pubblica e David Riesman della psicologia di massa o del socio-
antropologo canadese Marshall McLuhan studioso dei media, per arrivare alle più
recenti analisi sugli effetti delle fiction televisive, potenti motori di persuasione e
omologazione, di Jonathan Gottschall, hanno evidenziato, come “il medium” sta
riplasmando e ristrutturando i modi dell’interdipendenza sociale e ogni aspetto della
vita individuale. Le innovazioni introdotte dai nuovi media hanno comportato, infatti,
profonde trasformazioni a livello psicologico, nei modi di percezione, nelle relazioni
sociali, politiche, economiche. McLuhan sostiene che il medium è il messaggio. Ciò
significa che il mezzo di comunicazione, cioè la forma, prevale sul messaggio
trasmesso, cioè il contenuto; non importa quindi il contenuto della comunicazione,
quanto il mezzo lo strumento, attraverso il quale il contenuto viene trasmesso al
destinatario.
Si pensi all’espressione "l’ha detto la televisione!". Anche se probabilmente è
eccessivo affermare con McLuhan l’identificazione totale, medium = messaggio,
non v’è dubbio che una qualsiasi notizia importante o meno, dalla cronaca alla
politica internazionale, arriva in modo diverso al destinatario, è quindi passibile di
valutazioni diverse, se comunicata attraverso la radio, il giornale o la televisione o se
comunicata con il solo testo scritto o solo con fotografie e filmati e quanto quindi
tutto ciò sia in grado di influenzare la formazione del consenso e l’opinione pubblica.
Naturalmente il messaggio non è manipolato solo dal medium in quanto tale, ma
anche da chi produce quel messaggio, che non è mai un singolo individuo operante
isolatamente, ma piuttosto un’emittente fortemente centralizzata, un gruppo
29
editoriale, un ente televisivo, un blog, che comunica il messaggio da una sua
prospettiva per veicolare un’ideologia piuttosto che un’altra. La stessa ripresa diretta,
che apparentemente è il servizio televisivo più obiettivo, giunge manipolata al
destinatario, tutti ricordiamo le “operazioni chirurgiche” dei bombardamenti mirati
su Bagdad, nella prima guerra del Golfo, immagini multicolori che affascinavano e
l’orrore due giorni dopo dei civili uccisi e delle distruzioni.
Innanzi tutto dobbiamo chiederci perché tra i fatti che avvengono quotidianamente
in tutte le parti del mondo, la TV accorda la ripresa diretta, e quindi un alone di
prestigio, ad un avvenimento piuttosto che ad un altro. Questa scelta è già una prima
interpretazione del fatto; a ciò si aggiungano le stesse tecniche di ripresa che
riprendono il fatto da angolature diverse, e le riprese di più monitors che arrivano in
regia. Noi vediamo il fatto non come realmente è se fossimo stati presenti
all’avvenimento, ma attraverso la scelta, il montaggio del regista, il suo punto di
vista, la sua interpretazione.
I media, quindi, per loro stessa natura presentano un alto tasso di ambiguità. Se da
un lato rimpiccioliscono il mondo trasformandolo in “villaggio globale”, dall’altro
rischiano di divenire strumenti massificanti, un narcotico così suggestionante da
farci essere in balia di chi li gestisce. Se da un lato i media permettono
un’informazione potenzialmente amplissima, dall’altro tale potenzialità si riduce, di
fatto, a un numero esiguo di notizie accuratamente selezionate e filtrate dai gruppi di
potere politico ed economico che attraverso lotte più o meno aperte e sotterranee
cercano di controllare stampa, radio e Tv. “I media, in mano al potere, oltre che
rafforzarlo, divengono delle macchine di costruzione del consenso – commenta
Giacomo Mazzone18
– attraverso il blocco delle informazioni pericolose per gli
equilibri esistenti, la censura dei flussi informativi, ingigantendo o minimizzando o
persino inventando le notizie. È impensabile che dei quattro poteri che esistono nelle
democrazie moderne, che sono l’esecutivo, il legislativo, il giudiziario e dei media,
18
Dirigente presso “Member & Institutional Relations”, EBU (European Broadcast Union).
30
un singolo soggetto o un gruppo limitatissimo, possa avere il controllo dei tre quarti.
Una situazione del genere, così come è stata ed è presente ancora in Italia, non è
diversa da quelle di paesi dove poi sono avvenute guerre civili”.
Contro questi pericoli, quindi, sorge la necessità di una continua battaglia per la
libertà di informazione, la necessità di un controllo democratico sulle concentrazioni
monopolistiche, delle catene televisive e radiofoniche, comunque camuffate;
l’esigenza di una pluralità dell’informazione e l’attivazione di altri meccanismi
protettivi per difendersi dai pericoli che i media comportano.
2.2) Il ruolo imprescindibile della comunicazione
Abbiamo definito il conflitto d’interessi quella “Condizione per cui un
incarico o una funzione porta una persona a prendere una decisione, che
richiederebbe imparzialità, su una materia che riguarda altri suoi interessi personali
o professionali”.
Nei media ci sono da considerare gli interessi diretti dei proprietari delle aziende,
come quelli mirati a difendere diritti di proprietà intellettuale, arrivando anche,
secondo alcuni, a limitare la libera circolazione delle idee nei paesi democratici:
questo può costituire l’origine di un conflitto di interessi e l’indipendenza del
proprio datore di lavoro è un problema per gli operatori dei media. In questo campo
sono svariate le altre fonti di conflitto d’interessi, come il mercato pubblicitario:
un’azienda editoriale potrebbe essere condizionata nelle sue scelte da pressioni degli
inserzionisti.
Un caso particolare di mercato è quello della pubblicità elettorale, che in certi paesi
è regolamentata per legge: in essa i mezzi di informazione hanno un ruolo
importante, ma spesso a costi molto alti per i candidati. Questi costi possono essere
ridotti se i candidati si avvantaggiano di buoni rapporti con le aziende; queste ultime,
31
d’altra parte, ricevono introiti che potrebbero condizionare le opinioni espresse sulla
competizione elettorale stessa19
.
Può esserci un conflitto di interessi anche con l’operatore dei media che abbia altri
interessi economici e finanziari, cosa che spesso porta a forme di regolamentazione,
come accade nel così detto insider trading per i giornalisti che seguono la finanza e
che, per la loro professione, possono entrare in possesso di informazioni riservate,
l’uso delle quali per speculare in borsa è illegale. La legge italiana lo definisce reato
di “abuso di informazioni privilegiate” ed è sanzionato dal Testo unico della finanza;
un caso simile a quello della così detta manipolazione del mercato, in altre parole la
diffusione di notizie false per causare oscillazioni dei mercati.
Seppure i giornalisti economici e finanziari debbano attenersi anche a una
deontologia professionale ribadita nella Carta dei doveri del 1993, le condanne per
abuso di informazioni privilegiate sono rare, anche perché si tratta di un reato
difficile da provare20
. Ma che gli interessi degli editori nei media o i loro referenti
politici prevalessero sul diritto all’informazione era cosa nota da tempo negli Usa e
nel resto dell’Europa già dagli anni novanta. L’Italia in questo campo è sempre stata
in ritardo e le stesse problematiche dei media non trovavano uno spazio nelle nostre
università o erano sottovalutate21
. Sono entrati negli annali alcuni fatti di evidente
conflitto di interessi nei media. Alcuni episodi di cronaca nazionale e internazionale
che hanno mostrato quello che un direttore del prestigioso New York Times, Joseph
Lelyveld disse al momento del suo insediamento: “nel 1970 un rimpasto governativo
in India veniva pubblicato in prima pagina. Oggi comparirebbe a malapena tra le
notizie brevi. È una ridefinizione”22
.
Ridefinito dalle priorità del marketing, l’universo dei media delle società occidentali
rischia di ignorare sempre più la realtà che non sia deformata dalla patina
19
Passigli S. Democrazia e conflitto di interessi: il caso italiano. Milano, Ponte alle Grazie editore, 2001.
20
Enciclopedia Treccani [Online]. Lessico del XXI Secolo, voce: conflitto di interessi, 2012.
21
Rolando S.. Politiche pubbliche per le comunicazioni. Parma, ETAS Libri, 2009.
22
Halimi Serge. Le monde diplomatique, il manifesto. Media americani: la prevalenza dell’ombelico, settembre 1994.
32
lussureggiante della pubblicità che mostra un paese fatto da ragazze attraenti,
casalinghe felici giovani sempre in vacanza e bambini che mangiano felici le nuove
merendine tanto agognate dai protagonisti del film Lamerica di Gianni Amelio.
L’effetto terrorizzante degli indici di lettura, per la stampa, o di audience, nella TV
hanno trasformato quotidiani e telegiornali. Sono diventati più leggeri, meno
impegnati o viceversa ossessivi nell’insistenza su fatti di cronaca, su scandali, che
incuriosiscono e attirano l’opinione pubblica. Negli USA lo spostamento a destra del
paese con Regan prima e Bush poi, cambiò le direttive del prestigioso NYT:
“coprire il posto di lavoro, rappresentare opinioni diverse da quelle della nuova
sinistra, della vecchia sinistra, e della sinistra di mezza età”23
. Fioccarono, allora,
audaci inchieste del tipo “Come organizzare la farmacia di casa” oppure “Dove
tenere la legna d’inverno”.
Con l’avvento di Regan si disse che gli Stati uniti erano ormai l’unica super potenza
e che il loro Presidente si ispirava ai sondaggi per definire la propria politica estera. I
due terzi dei cittadini americani e anche italiani, aggiungiamo noi, apprendono le
notizie del mondo dalla televisione.
Tutti ricordiamo, ancora oggi ne riflettiamo, quali conseguenze ebbero sul piano
militare, economico e di numero di vittime civili e militari, oltre che dell’aumento
dei terroristi e degli estremisti islamici, notizie come “Iraq, terzo esercito del mondo”
oppure “I guerrieri somali resi folli dalla droga”. Si potrebbe continuare sulla scelta
elle notizie, la tragedia del Ruanda cominciò a interessare i media della carta
stampata e della TV quando le vittime da 100.000 morti erano passate a 200.000.
Solo allora le cancellerie cominciarono a muoversi, le televisioni soppiantarono con
le immagini di quella tragedia i servizi sensazionali che duravano da settimane sul
caso di O.J.Simpson, l’ex campione sportivo accusato di omicidio e il Presidente
Clinton diede il via al lancio di aiuti alimentari. Da allora le ricerche di marketing,
considerate da taluni una vera e propria cancrena per l’informazione, negli Usa
23
Ibidem.
33
come in Francia o in Italia promettono più pubblicità ai media che privilegiano la
tendenza a guardare la pancia o l’ombelico attribuito al pubblico.
Il conflitto di interessi nei media si configura quindi non solo sul piano economico.
Gli interessi sono di tutti: dell’editore e del direttore, cioè colui che è chiamato ad
assumere decisioni, dei giornalisti, ma anche e soprattutto in termini di libertà
dell’informazione, cosa questa cui nei paesi anglosassoni, dove l’etica pubblica è un
valore si da molta importanza e sono presenti gli anticorpi, come per esempio il
BBC Trust’s Editorial standard, strumento che permette di tutelare la fiducia dei
telespettatori della TV pubblica, cosa che ha permesso alla BBC di criticare il noto
giornalista Alan Friedman per i suoi reportage sulla Malesia, considerati editoriali in
materia di conflitto di interessi24
, o il modo in cui la stampa ha riportato le collusioni
tra il Parlamento inglese e il magnate dell’editoria e delle TV Murdoch. In Italia il
conflitto d’interessi e i media diventerà, invece, “il caso” italiano, unico nelle
democrazie del mondo occidentale.
2.3) Rapporti tra istituzioni e potere di informazione.
Parlando di televisione commerciale, in un libro pubblicato venti anni fa, il
professor Peppino Ortoleva25
spiegava come “la televisione commerciale avrebbe
segnato una attrazione fatale tra politica e televisione, con l’approdo logico della
televisione che si fa partito”26
. Quelle parole oggi ci sembrano profetiche.
L’avvento della televisione commerciale, senza canone, era lo specchio di una Italia
che era cambiata, non sempre in meglio e in cui valori come la libertà individuale
venivano confuse con libertà quali cambiare canale ed assistere con lo zapping ad un
mondo fantastico, di consumi da ricchi a cui si poteva accedere se si era disposti a
24
Lillo M., Quando Alan Friedman criticava il suo giornalismo in conflitto di interessi. Il fatto quotidiano [Online]. 12 febbraio 2014.
25
Ortoleva Peppino. Docente di Storia e teoria dei media, all’Università di Torino.
26
De Aglio E., Indagine sul ventennio. Cit. Intervista a Peppino Ortoleva. Milano, Serie bianca Feltrinelli, 2014.
34
spendere (le famose televendite) e che si rivolgeva ad una Italia sempre e comunque
provinciale. È la televisione capace di trasformare l’homo sapiens in “homo
videns”27
, dove la politica è ridotta a spettacolo, le opinioni appiattite e le notizie
enfatizzate e poi dimenticate. Secondo il politologo Sartori, infatti, quello strumento,
la televisione, ci è scappato già di mano e mentre il dibattito pubblico si concentra
sul “chi” controlla economicamente i media, la televisione diventata “divinità
perversa”, clona gli individui a propria immagine, atrofizza le capacità di
comprendere 28
.
È proprio l’impoverimento del capire che permette di cogliere il rapporto tra chi ha
incarichi politici o di rilevanza istituzionale e il potere dell’informazione. Molti
studiosi, infatti, sono concordi nel dire che è la capacità di influenzare l’opinione
pubblica e creare consenso che rende pericolosa la commistione tra politica e
informazione. Perché l’immagine del giovane che in Piazza Tien an men a Pechino,
cerca di fermare il carro armato ha avuto più spazio, nello stesso anno, a distanza di
pochi mesi, della caduta del muro di Berlino e del crollo del comunismo, o perché
quando si parla di signori della guerra si privilegia la Somalia piuttosto che altre
realtà altrettanto drammatiche, enfatizzando notizie poi dimenticate29
.
Perché, è la risposta, le leggi della Tv non sono quelle storiografiche. Sono leggi
emotive che toccano solo la superfice e pongono una nuova gerarchia dei fatti, una
lettura anamorfa della storia. Il potere dei media non consisterebbe tanto nel
plasmare l’opinione del pubblico, quanto di dettare l’agenda, la messa in rilievo
degli argomenti delle politiche pubbliche, ed ecco perché “la concentrazione dei
media in chi gestisce la politica è un grande rischio per la democrazia” – sostiene il
professor Stefano Passigli, che del problema si è occupato prima come parlamentare
durante il primo governo di Silvio Berlusconi e poi nel libro intervista “Democrazia
e conflitto di interessi”. Nelle altre democrazie occidentali è l’etica pubblica,
27
Sartori G., Homo videns: televisione e post-pensiero. Bari: Laterza, 2000.
28
Chiaberge R., Grasso A., Quanto è cieco l’“homo videns”, cit. Giovanni Sartori. Milano, Corriere della Sera, 1997.
35
profondamente radicata nell’opinione pubblica che rende impossibile una situazione
come quella venutasi a creare in Italia.
Se è vero che il conflitto di interessi non tocca solo il nostro paese e nel concetto
stesso di rappresentanza politica, è insita la possibilità di interessi diversi tra
rappresentante e rappresentato è pur vero che in un rapporto di tipo privatistico è
sufficiente la revoca del mandato, ma in politica no.
La rappresentanza politica si basa, infatti, sulla irrevocabilità e sull’assenza di
vincolo di mandato. Gli interessi del rappresentante e quelli generali se confliggono
minano le basi della democrazia. La natura stessa della democrazia ha necessità
della libera formazione del consenso senza che nessuna manipolazione avvenga. Il
controllo dei mezzi di informazione mina questo esercizio politico. Spesso il
dibattito su media e politica si è concentrato sull’aspetto economico, ponendo
l’accento sugli interessi patrimoniali tra chi governa e gli interessi più generali delle
politiche pubbliche. “Nella società dell’informazione, solo le notizie che riescono a
raggiungere i mezzi di comunicazione di massa diventano notizie a tutti gli effetti.
Molti eventi importanti restano senza commenti e circolazione. Controllare l’agenda
dei media è fondamentale per mantenere la presa sull’elettorato”30
. Andrebbero
create le condizioni perché chi ha incarichi pubblici o istituzionali faccia gli interessi
generali e non quelli personali. Può un medico essere Ministro della Salute o un
avvocato Ministro della Giustizia? Se da una lato le loro competenze tecniche li
fanno sembrare più adatti all’incarico dall’altro essi sono professionalmente
portatori di interessi particolari e potrebbero trovarsi in situazione di conflitto.
Ricordiamo quale esempio il pericolo enfatizzato dai media, della diffusione della
SARS, il Ministero della Salute tranquillizzò i cittadini spiegando che erano stati
acquistati sufficienti vaccini per fronteggiare qualsiasi emergenza. La SARS sparì
improvvisamente come era arrivata. I morti accertati furono inferiori a quelli delle
normali epidemie di influenza in soggetti fragili, ma dopo qualche tempo si scoprì
30
Freccero C., Sinistra senza sinistra. Milano, Serie Bianca Feltrinelli, 2008. p. 54.
36
che nei magazzini di ospedali e depositi della protezione civile giacevano vaccini
inutilizzati per centinaia di migliaia di euro acquistati da case farmaceutiche
sollecite ai richiami della stampa nel produrli in abbondanza e nell’aggravare la
situazione. Per alcuni la soluzione al problema di eventuale conflitto è quella di
valutare caso per caso, per altri norme specifiche da applicare sarebbero preferibili.
Molte democrazie hanno risolto il problema applicando criteri per l’ineleggibilità o
per l’incompatibilità. “Ineleggibilità e incompatibilità – spiega il professor
Massimiliano Della Torre31
– sono due istituti che corrispondono a finalità differenti.
Definiamo ineleggibile colui che è candidato e che può in qualche modo influire
sull’elettorato al quale si rivolge. L’ineleggibilità proibisce al cittadino titolare di un
elettorato passivo, cioè titolare del diritto di candidarsi e di farsi eleggere, di
presentare la propria candidatura in determinati collegi perché in questi può
influenzare l’opinione pubblica. L’istituto dell’incompatibilità è una cosa totalmente
differente, ovvero l’elezione in questo caso è possibile, ma in caso di elezione a più
cariche, ad una di queste è necessario rinunciare o meglio si deve mantenere una
sola di queste cariche. Questo non è fatto tanto per l’elezione in sé, ma perché si
vuole che il titolare di questa carica possa concentrare tutta la sua attenzione
nell’esercizio della funzione pubblica”. È sul concetto di democrazia competitiva
che media e politica confliggono. Sul concetto si sono misurati studiosi come
Schumpeter, Sartori che sostengono che la competitività presuppone un libero
confronto fra le parti, in cui la maggioranza di chi è governato sceglie l’élite che
dovrà governarla, e la minoranza, comunque, a sua volta potrà diventare
maggioranza. La democrazia necessita di una libera concorrenza tra le idee che, nel
mondo dominato dai media, avviene attraverso stampa e soprattutto televisione. La
par condicio nell’uso dei media garantisce il libero confronto. La concentrazione dei
media e il loro controllo da parte di chi ha incarichi istituzionali crea perciò un
conflitto di interessi che va al di là della possibilità di un arricchimento economico.
L’interesse internazionale per il “caso” italiano e la preoccupazione della stessa
31
Massimiliano Della Torre. Dirigente Ufficio per il CORECOM, Regione Lombardia.
37
Unione Europea, trova il suo fondamento nella comunità scientifica, unanime nel
dire che la televisione, tra i media, è il più potente strumento del consenso e
dell’opinione pubblica32
.
La manipolazione dell’informazione da parte della politica, fu evidente quando in
poco tempo i giudici di “mani pulite” che denunciarono la corruzione di partiti ed
esponenti di governo furono dagli stessi “giustizialisti della destra “ che li avevano
inneggiati, trasformati in toghe rosse nel mutato clima politico e giudicati non più
super partes.
2.4) Un mutamento evidente nella discesa in campo di
Berlusconi.
In tutte le democrazie occidentali esistono regole scritte ed una etica pubblica
che impediscono a chi ha forti interessi economici che potrebbero confliggere con
gli interessi generali, di candidarsi.
Di queste norme si è ampiamente parlato nella prima parte, di cui va sottolineata la
prassi di molti paesi di regolamentare anche il post mandato, come avviene in Gran
Bretagna e recentemente, anche in Francia. Curiosa a questo proposito risulta quindi
essere la riforma del Senato dell’attuale Governo Renzi. “L’orrenda riforma del
Senato, crea un Senato fatto di incompatibili. – Riferisce Della Torre – Se io sono
presidente di una provincia e poi vado a fare il senatore mi ritrovo a dover gestire
interessi di tipo completamente diverso. Da un lato quelli da assolvere come
presidente della provincia, dall’altro quelli di senatore della Repubblica. Era
tradizione della Francia la possibilità di avere più cariche, ma già alla fine degli anni
2000, questa legge è stata cambiata. Non si capisce quindi l’utilità di riproporre un
sistema simile in Italia”.
32
Passigli S., Democrazia e conflitto di interessi: il caso italiano. Milano, Ponte alle Grazie s.r.l., 2001. p. 21-22.
38
Il rapporto media e politica, assume perciò importanza perché incide profondamente
sul consenso elettorale e la democrazia. Diventano spot televisivi al di fuori delle
regole stabilite per la campagna elettorale, una sorta di propaganda occulta si
direbbe, anche i passaggi televisivi di personaggi, nei quali il pubblico s’identifica,
che esprimono in modo non canonico le loro scelte politiche. La concentrazione dei
media rende, di fatto sbilanciato il rapporto fra le parti, tra chi può permettersi di
accedere a questi servizi e chi no.
La presenza del magnate dei media al governo in Italia, evidenziò immediatamente
la rottura della costituzione materiale, il contratto con gli italiani, firmato in
televisione alla presenza di uno degli anchor man più famosi, ruppe il tradizionale
rapporto tra prassi politica ed elettori mediato dalle regole istituzionali e del rapporto
tra maggioranza e minoranza. La presidenza delle due camere fu attribuita alla
maggioranza di governo anziché come prassi a maggioranza e opposizione
rompendo un equilibrio di poteri consolidato in democrazia. Il Sottosegretario al
Ministero dell’Interno, il Professor Taormina, si trovava a dover difendere gli
interessi generali di difesa della legge come parlamentare e contemporaneamente ad
essere il difensore di Proventino che faceva capo ad uno dei potenti clan mafiosi; lo
stesso dicasi del Presidente della Commissione Giustizia alla Camera che
contemporaneamente era il difensore del Presidente del Consiglio a sua volta sotto
processo, mentre i media diffondevano come un mantra la persecuzione politica del
Presidente, diffondendo nell’opinione pubblica il concetto di una magistratura
politicizzata e non in grado di svolgere il suo mandato, una magistratura da porre
sotto controllo appunto, venendo meno ai principi cardine della democrazia
dell’indipendenza del potere giudiziario.
39
2.5) La concentrazione dei poteri
“È la concentrazione del potere mediatico e di quello politico che ha fatto
parlare il mondo di anomalia italiana, – spiega Mazzone – una anomalia divenuta, a
distanza di venti anni, oggetto di interesse non solo nelle cronache giornalistiche, ma
di studio sugli effetti che tale situazione ha prodotto nel Paese”. Sin dal suo apparire,
l’OSCE ne fu preoccupata, tanto che Freimut Duve il rappresentante per la libertà
dei media parlò di “sfida per l’architettura dell’Europa” e cattivo esempio per le
democrazie in via di transizione e definì il conflitto di interessi di Berlusconi
minaccia per la libertà di stampa. Gli effetti della concentrazione dei media non
tardarono ad evidenziarsi.
Nel 2003 un rapporto di Reporters sans frontièrs classificava l’Italia al quarantesimo
posto in una classifica di 139 paesi! La duplice veste di Presidente del Consiglio e
proprietario di reti televisive oltre che di quotidiani e di una buona parte dell’editoria
italiana, permise anche un controllo diretto sulla Rai, dove cominciò una sorta di
epurazione dei giornalisti e uomini di spettacolo non graditi al governo. Cambiò lo
stesso lessico giornalistico e si introdusse il termine editto Bulgaro per
l’allontanamento del decano dei giornalisti Rai Enzo Biagi e del comico Lutazzi,
perché criticati sull’uso spregiudicato del mezzo pubblico in una conferenza stampa
in Bulgaria, dove era in visita di Stato. La Rai da sempre oggetto di lottizzazioni da
parte della politica ma, tuttavia, rispettosa sempre dell’opposizione, fu omologata
alla TV commerciale con la sostituzione del suo Consiglio di amministrazione di
nomina dei Presidenti delle Camere e di vari Direttori, con ex funzionari Fininvest o
giornalisti allineati. I progetti di legge per regolare il chiaro conflitto di interessi,
entro i primi 100 giorni dall’elezione, si arenarono ed ebbero “un parto elefantiaco”
come ebbe a dire l’onorevole Gasparri promotore della legge. Il pericolo della
concentrazione dei poteri per la democrazia è palpabile quando, in pieno dibattito
parlamentare sulla legge che ne doveva dare soluzione, il Presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, inviava il 23 luglio 2002, per la prima volta dal
40
suo mandato, un messaggio ai presidenti delle camere interamente dedicato alla
libertà dei mezzi di comunicazione e alla garanzia del pluralismo e dell’imparzialità
dell’informazione, che concludeva con la frase “non c’è democrazia senza
pluralismo e imparzialità”.
Mentre la stampa scritta mantiene un sostanziale equilibrio di libertà e pluralismo e
riflette lo scacchiere politico italiano di maggioranza e opposizione, è tuttavia
schiacciata dall’egemonia dei mezzi di comunicazione audiovisivi sul piano
economico, cosa questa che mina la sua indipendenza. “La vera criticità nei
confronti di questo sistema è data dal fatto che controllori e controllati non sono
nettamente distinti e quindi le authorities che dovrebbero vigilare, sono nominate
dalla politica. – Commenta duramente il prof. Razzante – Le banche in primis, non
dovrebbero avere azionisti degli stessi giornali. Purtroppo la costante di perdita degli
stessi, impone la richiesta di prestiti e di fatto quindi, sono le stesse banche a dettare
perciò le linee editoriali. È un sistema dell’informazione gestito con criteri estranei
al business dell’editoria. Ci sarebbe bisogno in Italia di imprenditori dell’editoria
che, girando il mondo e studiando modelli di business innovativo, siano in grado di
produrre utili facendo gli editori. In realtà, questi soggetti non ci sono mai stati e non
ci sono ora perché gli editori italiani sono tutti condizionati, purtroppo, da altri
interessi”33
. Quasi il 60% degli investimenti pubblicitari nel 2003 erano assegnati
alla televisione e questo tetto, spesso superato, fu oggetto di critica contro l’Autority
della comunicazione per i mancati controlli. La legge non impedisce inoltre che si
abbiano interessi in diversi settori mediatici, ciò favorisce i grandi gruppi del settore
della comunicazione che avendo grosse disponibilità finanziarie possono favorire la
scalata di gruppi editoriali come, di fatto, avvenne per il Corriere della sera e non
riuscita per la denuncia pubblica dell’allora direttore De Bortoli. Il suo giornale era
reo di aver pubblicato vari articoli sui processi in corso al Presidente e sulla politica
33
Reporters sans frontières (Inchiesta di Soria Blatmann). Conflitto di interessi nei mezzi di comunicazione: l’anomalia italiana. Aprile
2003.
41
economica del governo, sulla corruzione di alcuni magistrati a cui la Fininvest aveva
girato fondi nei loro conti correnti svizzeri.
Il settore mediatico è una fetta importante dell’economia e nonostante
l’approvazione delle nuove norme sulla televisione il sistema italiano è ancora
caratterizzato dal duopolio RAI Fininvest, mentre il terzo polo La 7 non occupa che
una parte minoritaria del mercato. Il mondo è cambiato ma il consumo di contenuti
audiovisivi sempre più in rete e in mobilità non ha intaccato il consumo della
televisione che mantiene nel mondo e in Italia la centralità del consumo. Secondo il
rapporto 2014 fornito dalla Confindustriali viewing è aumentato in media di 43
minuti negli ultimi 20 anni e in Italia tale consumo giornaliero ha superato le 4 ore e
21 minuti nel 2013 (4 minuti in più del 2012), complice la multicanalità e la crisi
economica che ne aumenta l’uso casalingo. Sono dati netti che escludono il
consumo indiretto di contenuti TV sul second screen mobile oggi in ascesa.
La concentrazione dei media diventa quindi sempre più un problema di democrazia
e libertà di informazione. “Purtroppo dal 1980 ad oggi la politica non è più una
discussione o accordo attorno alle cose che ci interessano, ma è la conquista del
potere a vantaggio di qualcuno, donde la disciplina elettorale maggioritaria, donde il
fatto che quando qualcuno raggiunge una certa posizione di potere, là ci mette i suoi,
a prescindere dal fatto che questi siano competenti o meno a ricoprire quel ruolo.” –
Spiega il professor Della Torre – “Fino al 1980 infatti abbiamo avuto i tassi di
partecipazione elettorale più alti della storia, raggiungendo vette del 93% e anche
94%. Quando si prendono come esempio di democrazia, paesi come la Gran
Bretagna o gli Stati Uniti, ci si dimentica che l’affluenza alle urne in queste realtà
non supera il 30%. Questo vuol dire che gli elettori, e quindi la cittadinanza, non si
riconoscono in quella forma di governo. D’altronde questa è una forma di governo
furbesca, perché io candidato premier al governo del paese, una prima volta ottengo
i voti necessari all’elezione sostenendo gli interessi di una parte, la seconda volta,
42
ottengo ugualmente il risultato, appoggiando un’altra fetta; e questo me lo consente
il fatto che va a votare solo il 30% delle persone.
Il discorso della concentrazione del potere e della concentrazione dei media –
prosegue – riguarda un sistema di negazione della politica. Vengono gestiti una serie
di affari, ma non gli interessi della collettività così come dovrebbero essere gestiti.
Tanto più ci si spinge verso il corporativismo, tanto più sparisce la politica. Dal
punto di vista del diritto, la differenza tra corporativismo e politica è semplice: la
politica si ha quando io sono libero di scegliere tra i mezzi e i fini; il corporativismo
si ha quando io perseguo i miei interessi, siano essi personali o di categoria.
La struttura attraverso la quale si va ora alle camere che si basa sullo spoiler system,
è una struttura non politica ma corporativa. Quando si parla perciò di Rai e
Authorities legate alla politica, in realtà dovremmo dire che sono legate ad un
sistema di corporativismo, più che di politica.
È importante sottolineare però come la struttura elettorale, così come è stata pensata
negli anni ’70, era giustificata rispetto alle condizioni politiche e alla Costituzione,
in quanto allora le persone discutevano seriamente sulla res publica. Un parlamento
così com’è adesso, eletto su base maggioritaria invece che su base più proporzionale,
è un parlamento che non decide. Un parlamento “del Re”, ma non espressione della
cittadinanza”.
2.6) Il blind trust e la condizione italiana
Come ampiamente discusso nella prima parte della nostra trattazione, il trust
è molto diffuso nei paesi anglosassoni, ma è estraneo al nostro ordinamento ed è di
difficile comprensione nella nostra cultura. È stato introdotto in Italia solo nel 1992
con la ratifica della Convenzione dell’Aja. Nel significato corrente esso può essere
definito “il rapporto fiduciario in virtù del quale un certo soggetto denominato
43
trustee, al quale sono attribuiti diritti e poteri di vero proprietario (legal owner)
gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da altro soggetto denominato
disponente, purché lecito e non contrario all’ordine pubblico.”34
Il blind trust è una
particolare forma di trust che si caratterizza per il fatto di lasciare la completa
autonomia ai trustee sui beni conferiti dal disponente. È usato negli USA per evitare
il conflitto d’interessi e mira a sottolineare il completo distacco dell’uomo politico
dai beni posseduti.
L’elezione di Silvio Berlusconi, proprietario di tre reti televisive, ha fatto entrare il
tema nel dibattito parlamentare sul conflitto d’interessi durante la XII legislatura.
Nelle more della proposta governativa di trovare soluzione al problema, il cui studio
era stato affidato ad un comitato di tre autorevoli giuristi, furono presentati in Senato
due disegni di legge di iniziativa di esponenti dell’opposizione: il ddl AS 228, di
iniziativa del senatore Pasquino ed altri, e il ddl AS 758, di iniziativa del senatore
Passigli. Il Governo Berlusconi, esaurito il compito degli esperti, presentava il
proprio disegno di legge il 2 novembre 1994, il n. AS 1082, imperniato sul cd blind
trust. I tre disegni di legge vennero riuniti per la trattazione congiunta insieme ad un
ulteriore disegno: il ddl AS 1330 del senatore Tabladini ed altri. Dopo una lunga
interruzione dovuta alla crisi del Governo Berlusconi I e all’insediamento del
Governo Dini, il 13 luglio del 1995 col n. C2900, fu approvato il testo unificato.
Tra i caratteri salienti di quel provvedimento vi era la previsione dell’alienazione
obbligatoria entro un anno, dei beni immobiliari posseduti in società operanti in
settori di particolare rilievo (difesa, media ecc.). Lo scioglimento anticipato delle
camere impedì il proseguo dell’iter parlamentare. La allora opposizione di centro
destra non mancò di criticare il provvedimento nelle sue linee portanti predicandone
il carattere espropriatorio volutamente ad personam.
Nella XIII legislatura, il 29 gennaio 1997, fu ancora il senatore Passigli ad
intervenire sul blind trust e i suoi limiti comunicando alla Presidenza un Disegno di
34
Intervista a Massimiliano Della Torre, settembre 2014.
44
legge costituzionale per la modifica dell’articolo 93 della Costituzione. Nel suo
intervento al Senato egli motivò ampiamente la sua proposta sostenendo che “Un
esame comparato delle varie legislazioni e ancor più la valutazione del diverso
valore strategico che singoli settori hanno nell’economia di un paese, mostrano
chiaramente che il solo istituto del blind trust non è sufficiente a prevenire
l’insorgere dei conflitti d’interessi in ogni possibile caso, e che in taluni è necessario
giungere sino all’alienazione dei beni che sono fonti di possibili conflitti di interessi
e che il limite al diritto di proprietà, appariva già fondato negli articoli 41, secondo e
terzo comma, e 42 secondo e terzo comma della Costituzione. Quindi era la stessa
Costituzione a parere del senatore che aveva in sé un preciso richiamo alla
prevenzione del conflitto d’interesse. L’articolo 1 della sua proposta recitava infatti:
“All’art. 93 della Costituzione è aggiunto il seguente comma ‘La legge previene
l’insorgere di possibili conflitti di interessi ponendo limiti al diritto di proprietà, di
impresa e di esercizio di libere professioni dei membri del Governo’. Per tutta la
legislatura si discusse alla Camera di quella proposta e del nuovo progetto di legge
sul conflitto d’interessi presentato dall’onorevole Franco Frattini il 22 aprile del
1998. La discussione fu aspra e non mancò il giudizio del giurista Leopoldo Elia del
PPI che valutò troppo severe alcune norme.
Come accadde nella precedente legislatura il testo decadde senza ulteriori
approfondimenti.
45
Capitolo 3 – Il caso italiano, provvedimenti e normative
in merito
3.1) Premessa
Sono trascorsi 10 anni dall’introduzione nel nostro Paese della legge
n.215/2004 che disciplina il conflitto d’interessi e nota come legge Frattini, dal
nome del suo proponente. Oggi, il conflitto d’interessi è scomparso dall’agenda
politica del governo a guida PD, la sinistra che ne aveva fatto un cavallo di battaglia,
anche nelle ultime elezioni, l’ha messo in soffitta, costretta, forse, o per una sua
scelta strategica ad una politica di larghe intese con il centro destra. Il conflitto
d’interessi non è però scomparso con le dimissioni da senatore di colui che in questi
venti anni l’ha incarnato: Silvio Berlusconi, esso è tuttora presente e ancora oggetto
di dibattito, non solo tra esperti o addetti ai lavori come le Autority. L’Italia non
appare, comunque, ancora in linea con ciò che viene definita nelle democrazie
occidentali etica pubblica. La legge sul conflitto d’interessi nel nostro paese sembra
fatta per lasciare le cose come stanno e per aggirare il problema più che risolverlo.
Ripercorrere il dibattito politico che ha occupato, per alcune legislature, il lavoro
delle commissioni parlamentari di Camera e Senato, sulle norme che riguardano le
emittenti televisive e il conflitto di interessi, è l’oggetto di questa terza parte.
L’analisi dei punti qualificanti delle norme e delle loro insufficienze ci ha permesso
di rendere più chiaro il problema oggetto della nostra trattazione.
3.2) La realtà italiana prima dell’elezione di Berlusconi
Il “caso italiano”, come viene chiamato dai media stranieri, e dalla stessa
OSCE, è figlio dell’Italia tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta. Sono
anni caratterizzati da un profondo cambiamento nel costume (diffusione della
46
televisione commerciale), nell’economia (si impone il neoliberismo e le
privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale) e negli orientamenti
dell’opinione pubblica italiana: “Il trionfo della televisione commerciale segnò
davvero una trasformazione profonda dell’Italia: in parte come sintomo di
cambiamenti che avevano luogo altrove, in parte come motore in sé di nuove (anche
grandi) ricchezze e di nuovi modelli di comportamento. Trasmetteva un’idea di
libertà individuale e di abbondanza sia perché era gratis e sia perché prometteva a
tutti livelli, un consumo “da ricchi”. Proponeva infatti un mondo fantastico, surreale,
a cui però si poteva accedere se si era disposti a spendere seguendo i famosi
“consigli per gli acquisti”. Dava l’idea agli spettatori di far parte di un gran
carnevale che rovesciava molti dei valori precedenti. Era cresciuto anche, in quegli
anni, il senso di sfiducia e di distacco nei confronti delle istituzioni.
Si era generalizzata la percezione dei partiti politici come macchine prevalentemente
clientelari, una sensazione resa più evidente dall’emergere sempre più frequente di
fenomeni di corruzione politica. Era venuto meno, secondo lo storico Pietro
Scoppola “il rapporto di fiducia fino ad allora esistito tra i cittadini e i grandi partiti
di massa. Già nel 1991 si coglieva appieno la degenerazione interna al sistema che
avrebbe portato di lì a poco a tangentopoli. La classe dirigente si era formata nei
palazzi della politica e aveva costruito intorno a sé, secondo le dinamiche del potere,
una specie di garanzia e di privilegi che l’hanno sempre più isolata dalla mentalità e
dai problemi della gente”35
.
Le elezioni del 1992 videro il crollo del Pds (ex PCI) e della DC che per la prima
volta non superò la soglia del 30%. Un ulteriore aspetto della crisi è la forza
raggiunta dalle grandi organizzazioni criminali, la mafia prima fra tutte, che aveva
attuato la sistematica eliminazione di chiunque si opponesse, uomini delle forze
dell’ordine, magistrati, politici, che si erano impegnati non solo nella lotta alla
35
Baldissara L.,, Battilossi S., La formazione storica. Firenze: il Novecento. Vol.terzo, Sansoni per la scuola, 2002. p. 579.
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  • 1. LIBERA UNIVERSITÀ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM MILANO CORSO DI LAUREA IN RELAZIONI PUBBLICHE E PUBBLICITA' Il conflitto di interessi nelle grandi democrazie: telecomunicazioni e media Docente che ha assegnato l’argomento della Prova finale Prof. STEFANO ROLANDO Prova finale di: ANDREA CONGIU Matricola n. 1002494 Anno Accademico 2013/2014
  • 2.
  • 3.
  • 4. A mio padre e a mia madre, per avermi insegnato il valore della vita, del rispetto per se stessi e per il prossimo, dell’onestà e della cultura, per avermi permesso di avere un’istruzione e avermi fatto viaggiare per il mondo e capire e rispettare chi la pensa diversamente da me. Perché mi avete insegnato la forza del vostro amore, in assenza del quale non avrei potuto affrontare le difficoltà della vita, senza perdermi d’animo ma uscendone vincitore. Perché siete la cosa più bella che la vita potesse concedermi.
  • 5.
  • 6. Indice Introduzione...............................................................................................................1 Capitolo 1 – il conflitto di interessi nelle democrazie occidentali .........................3 1.1) Introduzione ......................................................................................................3 1.1.1) Perché si studia il conflitto d’interessi........................................................3 1.2) Le grandi democrazie occidentali.....................................................................5 1.2.1) Gran Bretagna .............................................................................................7 1.2.2) Francia.......................................................................................................11 1.2.4) Germania...................................................................................................19 1.2.5) Stati Uniti d’America................................................................................20 1.2.6) L’equilibrio dei poteri...............................................................................23 Capitolo 2 – Media, politica e conflitto di interessi ..............................................27 2.1) L’importanza dei media nel conflitto di interessi ...........................................27 2.2) Il ruolo imprescindibile della comunicazione.................................................30 2.3) Rapporti tra istituzioni e potere di informazione............................................33 2.4) Un mutamento evidente nella discesa in campo di Berlusconi.......................37 2.5) La concentrazione dei poteri...........................................................................39 2.6) Il blind trust e la condizione italiana..............................................................42 Capitolo 3 – Il caso italiano, provvedimenti e normative in merito ...................45 3.1) Premessa .........................................................................................................45 3.2) La realtà italiana prima dell’elezione di Berlusconi......................................45 3.2.1) Adeguamento delle norme a quelle europee.............................................48 3.2.2) La legge Mammì.......................................................................................50 3.3) Il problema dopo l’elezione a premier di Silvio Berlusconi...........................53 3.3.1) Premessa....................................................................................................53 3.3.2) Chi è Silvio Berlusconi .............................................................................55 3.3.3) Il “caso italiano” e le leggi in merito ........................................................57 3.3.4) La legge Maccanico ..................................................................................60 3.3.5) La legge Frattini........................................................................................63 3.3.6) Nasce l’AGCOM.......................................................................................64 3.3.7) Considerazioni sulla legge Frattini ...........................................................69 3.3.7.1) Due possibili vie per la risoluzione dei conflitti.................................69
  • 7. 3.3.7.2) Scompare l’ipotesi del Blind trust ......................................................69 3.3.7.3) Quando scattano le incompatibilità.....................................................70 3.3.7.4) Il nodo della gestione delle imprese private e della “mera proprietà” 71 3.3.7.5) Incompatibilità dei professionisti quando operano in materie connesse ..........................................................................................................................72 3.3.7.6) Quando si può parlare di conflitto ......................................................73 3.3.7.7) Troppi prerequisiti limitano l’efficacia delle disposizioni..................74 3.3.7.8) Che cosa non può fare il titolare di cariche di governo ......................75 3.3.8) La legge Gasparri......................................................................................76 3.3.8.1) Principi della legge .............................................................................78 3.3.8.2) Critiche alla legge ...............................................................................78 3.3.8.3) Bocciatura dell'UE ..............................................................................79 3.3.8.4) Il nuovo disegno di legge....................................................................80 3.3.9) Il disegno di legge Gentiloni.....................................................................80 3.3.9.1) Da Gasparri a Gentiloni: la Guerra infinita tra i due poli...................81 Capitolo 4 – Il conflitto di interessi dieci anni dopo: confronti e opinioni dei protagonisti della politica........................................................................................85 4.1) Conclusioni .....................................................................................................87 Bibliografia...............................................................................................................91 Note.........................................................................................................................91 Libri ........................................................................................................................92 Articoli....................................................................................................................94 Sitografia................................................................................................................94
  • 8. 1 Introduzione Quando nel 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia, si dice, che il marchese Massimo D’Azeglio, uno dei protagonisti del Risorgimento, pronunciasse la frase “Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”. La frase, che pare non fu mai pronunciata, divenne famosa e fu interpretata come auspicio per educare un popolo, che era stato diviso per secoli, dominato da sovrani stranieri, a essere cittadini di uno Stato unitario. Gli italiani erano, allora, uniti da una religione comune, da una storia comune, da una letteratura e una lingua, parlata correttamente da poco più di seicento mila persone, su un totale di 25 milioni di abitanti, divisi su un senso del bene pubblico declinato in tanti modi diversi, a seconda che lo Stato venisse, per le esperienze sofferte, individuato come amico o nemico del popolo. Che gli italiani del 1861 siano diventati oggi, a distanza di cento cinquanta anni, quel popolo auspicato dallo statista piemontese, è cosa dubbia. Ancora oggi filosofi, storici, antropologi ed economisti, si chiedono se le crisi economiche e sociali che periodicamente attraversano l’Italia dagli anni 70, con piccoli intervalli di benessere e buon governo, non siano imputabili, oltre che a un’economia globalizzata, anche da quello che i sociologi chiamano le “basi immateriali dello sviluppo1 ”, intendendo con questo termine non solo gli aspetti economici e strutturali dello sviluppo di un paese, ma anche e soprattutto i fattori umani, il carattere antropologico di un popolo. Se si considera il “conflitto d’interessi”, tema oggetto di questa trattazione, dobbiamo rispondere che l’Italia è “antropologicamente diversa” dalle maggiori democrazie occidentali, per il modo in cui si connota il problema del conflitto d’interessi e della corruzione cui si lega, e i motivi per i quali ancora oggi esso non solo non è stato affrontato in modo adeguato, ma non è stato ancora risolto. 1 Espressione usata da Tylor che nel 1871 definisce la cultura come “il complesso che include le conoscenze, le credenze, la morale, le abitudini e gli oggetti materiali di una comunità. Citazione in “I fattori immateriali dello sviluppo”. Bottazzi Gianfranco (a cura di). University Cagliari: Press, CUEC editrice, 2013. P. 17.
  • 9. 2
  • 10. 3 Capitolo 1 – il conflitto di interessi nelle democrazie occidentali 1.1) Introduzione 1.1.1) Perché si studia il conflitto d’interessi Nel lavoro, divenuto un classico del genere, “Il Governo dei conflitti”2 , Elio Veltri e Francesco di Paola parlano dei conflitti d’interesse come di “un virus a lenta incubazione che attenta alle difese immunitarie proprie della democrazia, […] che genera apatia, sfiducia e mette a rischio tutte le nostre libertà essenziali”. Per questo motivo l’Italia è, nelle democrazie occidentali, un “caso clinico”, e la soluzione del problema, nel nostro Paese, è diventata una vera emergenza etica. Il caso dell’imprenditore proprietario di tre reti televisive e giornali, divenuto Presidente del Consiglio e capo di governo è un caso unico nel mondo occidentale. Il suo conflitto d’interessi, ha oscurato i vari conflitti che governano il paese, evidenziando come il conflitto d’interessi sconfina in quello dell’etica. Nell’ambito dell’impresa pubblica e privata, l’azienda non è libera di applicare qualsiasi etica. Il sistema legale regola la sua azione o traccia lo spazio in cui operare. L’etica è però un valore sentito e condiviso e potrebbe non essere completamente ed esclusivamente definita per legge. È opinione diffusa che, non solo nelle aziende, ma anche nella pubblica amministrazione, che il management va valutato non solo per le prestazioni erogate ma anche per la sua condotta. Il caso “Berlusconi” ha permesso di evidenziare il problema divenuto “un virus” che attenta alle difese immunitarie della democrazia, un virus che genera sfiducia nei cittadini3 e mette a rischio le stesse libertà essenziali. Risolvere il conflitto d’interessi diventa, quindi, la 2 Veltri E., Paola F.. Il Governo dei conflitti. Milano, Longanesi, 2006. p. 7. 3 Ivi, p. 7.
  • 11. 4 vera mission per provare a riportare l’etica non solo nel mondo economico, ma in quello della politica. Il problema è complesso e non è facile suscitare l’indignazione o la ribellione nell’opinione pubblica di un Paese in crisi dove è venuta meno la solidarietà sociale e dove il dominio dell’individualismo e del familismo pregiudica la stessa società civile, l’ordine pubblico e il tessuto economico. Per decenni il problema, veicolato da mezzi di comunicazione di massa compiacenti, è stato sminuito o ridotto a “complotto” o “invidia di classe” contro un imprenditore di successo. Il conflitto d’interessi genera quello che nel termine anglosassone si chiama “corruption”, il cui valore complesso supera il concetto di corruzione in senso stretto. Oltre ai danni economici evidenti, a inefficienza o sprechi, esso indica un’aberrazione morale perché viola la legge ma anche l’etica. La lotta alla corruzione ha assunto un valore prioritario anche nella Commissione Europea. I vari rapporti hanno reso evidente come essa sia presente nei vari membri dell’UE, ma che questa assume tipologie e dimensioni diverse nei singoli paesi, anche in virtù delle leggi, più o meno efficaci per contrastarla. Tra i settori più sensibili alla corruzione vi sono i farmaci e la sanità, l’aggiudicazione di appalti, l’uso improprio di posizione di prestigio o politica, richiesta di rimborsi e/o finanziamenti ingiustificati, rapporti commerciali illeciti. Un esempio valga per tutti. In Italia secondo PwC (PricewatehouseCoopers), il 13% della spesa sanitaria è imputabile a corruzione quantificabile secondo i parametri del settore in 6 MLD di euro. La corruzione generale vale 23,6 MLD di euro4 . L’effetto economico complessivo della “corruption” va al di là una semplice cifra e provoca effetti quali:  l’aumento della spesa pubblica, dovuto alla corruzione, eventuali maggiori costi per forniture, sprechi e tangenti; 4 Quotidiano Sanità. Libro bianco sulla corruption in Sanità.
  • 12. 5  l’aumento del prelievo fiscale dovuto all’aumento della spesa pubblica;  la contrazione dei consumi per l’aumento del prelievo fiscale;  la contrazione del settore di impresa con la conseguente disoccupazione e ulteriore aumento della spesa pubblica. Il conflitto d’interessi che genera corruzione, in una catena di cause ed effetti, modifica le grandezze che interessano l’economia nazionale e la sua ricchezza. La corruzione costituisce, oggi, un grave problema non solo nei così detti paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli ricchi, all’interno della sfera pubblica e privata. Definita come “abuso del potere conferito a vantaggio del privato”, riduce gli investimenti, mina il benessere sociale e la fiducia nei cittadini5 . Se è vero che nessun paese ne è immune, nell’indice di percezione della corruzione di Trasparency International (TI), l’Italia rappresenta il fanalino di coda tra i paesi dell’Europa occidentale. La corruzione può essere prevenuta attraverso l’uso di norme e sistemi che rafforzano la responsabilità e la trasparenza. Eliminare il conflitto d’interessi che la genera è utopistico, ma analizzare il modo in cui è affrontato negli altri paesi può essere un contributo per evidenziare la gravità che il problema ha assunto in Italia. 1.2) Le grandi democrazie occidentali I conflitti d’interesse sono diventati nell’Unione Europea e non solo, una preoccupazione ricorrente, poiché possono arrecare gravi danni al bilancio pubblico e nuocere alla reputazione dello Stato. La nozione di “conflitto di interesse” non è armonizzata a livello europeo. Alcuni stati membri (Romania) hanno introdotto una definizione nel diritto penale, mentre altri stati (Francia e Regno Unito) non l’hanno fatto, ciò non significa come vedremo, che in questi stati non esistano norme al 5 Ibidem.
  • 13. 6 riguardo. Per meglio definire il concetto ci serviremo della proposta fatta agli stati membri dall’OCSE: “Un conflitto d’interessi implica che un conflitto tra missione pubblica e gli interessi privati di un funzionario pubblico in cui quest’ultimo possiede a titolo privato interessi che potrebbero influire indebitamente sull’assolvimento dei suoi obblighi e delle sue responsabilità pubbliche”6 . Il conflitto d’interessi pone quindi chi ha un incarico o una funzione pubblica a prendere una decisione, che richiederebbe imparzialità, su una materia che riguarda altri suoi interessi personali o professionali. Per definizione, quindi, il conflitto d’interessi richiama il concetto di etica e il suo contrario: la corruzione. Il problema è stato oggetto di dibattito e scontro politico acceso in Italia. Esso interessa ambiti sociali, pubblici ed economici ed è divenuto la misura stessa delle dinamiche dell’organizzazione sociale. Storicamente il conflitto d’interessi è figlio delle moderne monarchie costituzionali (poi democrazie parlamentari), quando la separazione dei poteri impose alle monarchie la concessione e la garanzia dei diritti. La politica ruotò, da allora, attorno a due poli con interessi sempre più distinti, da un lato il sovrano e dall’altro il Parlamento. Questo fece sì che, per esempio, nella politica inglese, sin dal XIX secolo, vigesse la regola che non si potesse essere servitori di due padroni: del sovrano e del Parlamento, sancendo così il divieto di cumulo delle cariche. L’anomalia del nostro paese in cui un imprenditore dei media, caso unico nel mondo occidentale, è divenuto Presidente del Consiglio, continuando a mantenere le proprietà dell’azienda ha sollecitato il dibattito non solo politico ma giuridico ed economico, evidenziando come il conflitto d’interessi pervada vari ambiti della vita sociale ed economica e non solo quella dei media. Estendendo il concetto si potrebbe dire che il conflitto d’interesse, in un perenne intreccio tra potere e politica, è responsabile, in buona parte, della crisi che attraversa il nostro paese e del solco, 6 Commissione Europea, Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), Direzione D Politiche, Unità D.2 Prevenzione delle frodi. Individuazione dei conflitti di interessi nelle procedure d’appalto nel quadro delle azioni strutturali: guida pratica per dirigenti. SFC 2014.
  • 14. 7 che sembra incolmabile, creatosi, tra i cittadini e lo Stato che rischia di mettere in discussione le stesse basi della partecipazione democratica. Percorrere il modo in cui il problema è stato, ed è affrontato, oggi, nelle democrazie occidentali, può essere uno strumento di maggiore consapevolezza di quei principi etici che devono essere alla base della gestione della cosa pubblica. 1.2.1) Gran Bretagna In Inghilterra il divieto di cumulo tra cariche di governo e Parlamento s’impose durante tutto il XIX secolo. L’indebolimento della monarchia e l’importanza del Parlamento nel governo del Paese attenuarono questa rigida separazione. Il principio che il governo dovesse essere espressione del Paese, piuttosto che del potere monarchico, fece sì che il Parlamentare, eletto membro del governo, dovesse, immediatamente dopo la nomina, sottoporsi a una seconda rielezione. La procedura era, tuttavia, troppo onerosa e costringeva a periodiche elezioni, che rischiavano di paralizzare la vita parlamentare e di provocare il rifiuto dei parlamentari ad accettare cariche di governo. Col tempo la rielezione decadde. Nel 1926 il “Re-election of Ministers Act” consacrò il principio delle compatibilità tra membro del Governo e parlamentare. Il conflitto d’interessi, nell’accezione data nella definizione, è regolato oggi dal Ministerial Code of Conduct and Guidance on Procedure for Minister, una fonte non legislativa ma deontologica e autoregolamentata che, tuttavia, è vincolante per i destinatari, secondo l’ordinamento anglosassone, regole formali e prive di sanzione giuridica, sono considerate dall’opinione pubblica pienamente cogenti. Esso è il frutto della cosiddetta Nolan Committe, insediata nel 1995 e rinnovata, secondo prassi costituzionale, all’inizio di ogni legislatura. Il Ministerial Code diviso in varie sezioni prevede nella section 9 i casi d’interessi privati dei Membri di Governo. Nel 2001 e nel 2005 è stato adottato dal Cabinet Office con l’intento di introdurre criteri ai quali nei loro rapporti istituzionali devono
  • 15. 8 attenersi i titolari di cariche ministeriali. Nel 2007, il Governo Brown, a corredo del documento sulla riforma costituzionale, introdusse una versione emendata del Codice. Il risalto acquisito nell’assetto istituzionale, ha consolidato la forza normativa del Ministerial Code facendogli acquisire, di fatto, rilevanza costituzionale7 . Nel maggio 2010 è stato pubblicato, dalla nuova maggioranza di governo, il testo, tuttora vigente, esso stabilisce i criteri ai quali i titolari di cariche ministeriali devono attenersi con le Istituzioni economiche, con le Istituzioni e la pubblica Amministrazione, con i partiti e con i collegi elettorali e le previsioni riguardanti gli interessi privati dei membri del Governo8 . Alle regolamentazioni vigenti, in materia di conflitti di interesse dei membri delle Assemblee legislative, si sono aggiunte le previsioni del codice di contenuto sostanzialmente omogeneo. Pur nella diversa natura i due corpi normativi, avendo l’uno carattere informale l’altro recepito negli interna corporis acta delle Camere, essi hanno in comune la doverosa pubblicità degli interessi (disclosure of interests) presso l’ufficio del Register presente in ciascuna9 . Tra i Sette principi basilari che presiedono l’esercizio delle cariche pubbliche, che è sotto la vigilanza della Committee on Standard in Public Life, Selflessness, Integrity, Honesty, sono particolarmente messi in risalto. Secondo il principio di Selflessness, chi ha cariche pubbliche deve agire nell’esclusivo interesse del pubblico e non di se stesso, non deve assumere obblighi (Integrity) di natura economica verso persone o enti esterni che possano condizionarlo nel suo ufficio. Il principio di Honesty, inoltre, obbliga chi ha cariche pubbliche a dichiarare ogni privato interesse con la carica ricoperta e a risolverlo. I paragrafi 113 e 114 mettono in risalto il principio generale che nessun interesse 7 Camera dei deputati, XIII legislatura. Documenti per le commissioni, Conflitto d’interessi e morale costituzionale: conflitto di interessi e cariche di Governo in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. (A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832), aggiornamento N°7. Italia, Aprile 2014. 8 Ibidem. 9 Ibidem.
  • 16. 9 privato o finanziario condizioni i ministri. Ciascun Ministro, decide sotto la personale responsabilità quale azione vada svolta per non entrare in conflitto. Egli può richiedere assistenza al Permanent Secretary che presiede il Central Secretariat costituito presso il Cabinet office. Il codice previene il conflitto d’interesse e garantisce che vengano prese le necessarie misure (systemic steps) per evitare il rischio di un conflitto di interessi, effettivo o percepito come tale. Il Code non preclude, tuttavia, le cariche a persone con esperienza nel campo delle professioni o dell’industria. Nel codice di condotta è previsto che, al momento della nomina, i ministri comunichino, su base volontaria, per iscritto, al Permanent Secretary, una lista completa dei loro interessi che possono causare conflitto, non solo sotto il profilo soggettivo, ma anche quelli del coniuge o del convivente, dei figli, anche se minori, e di persone giuridiche nelle quali il Ministro o i parenti abbiano ruoli significativi di amministratore o beneficiario. Le informazioni sono riservate e non possono essere riferite senza il consenso del Ministro anche in presenza di eventuali critiche del Secretary in quanto spetta all’autonoma decisione del Ministro diffonderla. Se esso rimane titolare di quegli interessi è regola che li dichiari agli altri ministri e rimanga estraneo (entirely detached) alle deliberazioni. Il codice prevede le misure in caso di conflitto. Se il conflitto è accertato, si prendono le misure del caso. Il Ministro può lasciare ogni carica pubblica, se ne ha, e manifestare al primo Ministro, al contrario, la volontà di mantenerla, ma essi devono assicurare di non possedere partecipazioni in enti privati, tali da determinare conflitto d’interessi con la politica di Governo. Alla base del Codice si evidenzia un’etica delle norme di condotta pubblica e privata che pare smarrita o non percepita, invece, in Italia, nell’amministrazione della cosa pubblica. Il codice non si limita a definire le regole per risolvere il conflitto, ma individua anche i casi in cui esso si realizza. Il conflitto è presente non solo quando le decisioni prese, o il potere d’influenza sulle stesse, pesa sugli interessi detenuti, ma
  • 17. 10 anche quando per la carica ricoperta si acquisiscono conoscenze che possono generare, se utilizzate, vantaggi finanziari. Quando la situazione di conflitto in cui il Ministro si trova, non permette l’alienazione dei beni o non lo si vuole fare, i beni posseduti vengono convogliati in un blind trust che ha il compito di gestire i beni la cui titolarità è rimessa a un soggetto indipendente. Questa soluzione è la più idonea nel caso di interessi finanziari molto vari. Quando ciò non è possibile, il Ministro si assume pubblicamente l’obbligo di astenersi da qualunque operazione per la durata dell’intero mandato. Lo stesso Dipartimento a cui è preposto può precludergli l’accesso a determinati documenti e la partecipazione alle discussioni e deliberazioni. Nel dubbio che questo possa non accadere il Ministro è indotto a dimettersi. Il codice si occupa anche della partecipazione di membri del Governo in studi professionali (partership of Lloyd’s), aziende, gruppi immobiliari, enti pubblici e privati nei quali ricoprono funzioni direttive o imprese assicurative. In tutti i casi viene ribadita la necessità di evitare l’insorgere di conflitto di interesse anche apparente, e viene affermata la necessità che spontaneamente si adottino misure atte a separare gli interessi privati dalle funzioni di Governo. La necessità dei requisiti di trasparenza è stata ribadita nel 2011 dall’organo monocratico di controllo sull’attuazione del codice l’Independent Adviser on Ministers’Interests il quale ha suggerito la pubblicazione on line degli incontri tra il Ministro e soggetti di categorie portatrici di interessi. In coerenza con il suo sistema giuridico il codice inglese si occupa anche delle “incompatibilità successive” che potrebbero condizionare l’indipendenza del mandato. Nei due mesi successivi alla fine del mandato governativo e per i due anni successivi, l’assunzione di cariche, che non siano onorifiche, deve avere il parere della Advisory Committee on Business appointments e ciò a salvaguardia dell’interesse pubblico. Altre disposizioni si occupano delle onorificenze, dei doni ricevuti che non possono essere trattenuti dal Ministro se superano il valore di 140 sterline, in caso contrario diventano proprietà del Governo. Nel testo aggiornato del
  • 18. 11 2010 è introdotta la regolamentazione dell’uso delle macchine di servizio. Uso da limitare alle effettive esigenze ufficiali e di sicurezza. 1.2.2) Francia Il conflitto d’interessi nell’amministrazione pubblica francese è influenzato dalla dichiarazione del 1789 in cui veniva affermata l’assoluta incompatibilità tra la funzione del governo e il parlamento, secondo il principio che esso doveva controllare il governo e non servirlo10 . L’incompatibilità permane in tutte le costituzioni che si succedono sino all’avvento della Terza Repubblica, nel 1875, nella quale si affermò definitivamente il regime parlamentare. Da allora vige, al contrario, la regola della compatibilità tra le funzioni parlamentari e quelle di governo. Il cursus honorum dei politici francesi però, che cominciava, comunemente, da un incarico locale per raggiungere poi quello alla Camera o al Senato, con l’aspirazione all’ambito ruolo di Ministro, favoriva frequenti crisi di governo e conseguenti elezioni che creavano instabilità politica. Fu dopo la seconda guerra mondiale che alcuni parlamentari affrontarono il problema chiedendo il ritorno all’incompatibilità, necessaria per moralizzare la vita politica del paese. La rinuncia al mandato parlamentare in caso di nomina al governo, avrebbe reso meno ambita la carica di Ministro. Sotto la IV Repubblica con lo stesso Generale De Gaulle, che se ne fece interprete, si richiede il ritorno all’incompatibilità tra le cariche che avrebbe rafforzato la separazione tra i poteri. Con la Costituzione del 4 ottobre 1958 l’incompatibilità diviene legge. L’articolo 23 spiega chiaramente che la funzione di parlamentare è incompatibile con la funzione di governo, con l’attività professionale o altro impiego pubblico o attività privata a carattere professionale. La motivazione di garantire ampia autonomia al potere esecutivo e indipendenza da quello legislativo è evidente. 10 Ivi, p. 2.
  • 19. 12 La norma molto rigida viene attenuata dal sistema dei così detti supplenti. I parlamentari vengono eletti nelle loro circoscrizioni, a scrutinio uninominale maggioritario a due turni, con supplente. Ogni parlamentare ha il suo supplente che non ha un ruolo attivo, ma lo acquista nel caso in cui il parlamentare venga eletto Ministro. Il supplente sostituisce il parlamentare che si dimette nel caso in cui si trovi impossibilitato a esercitare la funzione per malattia o perché nominato nel governo, in questo caso egli diventa deputato o senatore al suo posto. Il sistema evita così le frequenti elezioni parziali e assicura stabilità al governo. Tra il supplente e il parlamentare si crea una sorta di accordo che aggira in qualche modo la rigidità costituzionale. La Francia ha sempre sostenuto l’importanza della legittimazione elettorale specie nei membri del governo. De Gaulle riteneva fondamentale che essi avessero radici nel corpo elettorale. L’esigenza divenne tanto più necessaria, quando aumentò il numero dei funzionari nominati ministri. Dopo la sua rielezione alla presidenza della Repubblica, De Gaulle, chiese ai suoi ministri di candidarsi sia in ambito politico sia locale. La prassi è tuttora in vigore, e il parlamentare eletto Ministro lascia il suo posto al supplente. La Costituzione non vieta il cumulo tra il mandato locale e quello di Ministro, che in Francia è la regola, ma nel 1985 una legge ha limitato a due i mandati elettivi che la stessa persona può ottenere. È ritenuto strumento necessario per la carriera politica la conoscenza della gestione degli affari locali. L’incarico di consigliere comunale, di sindaco o presidente di regione associato a quello di Ministro rafforza il rapporto con gli elettori. La Riforma costituzionale del 200811 (la Legge costituzionale n.2008-724 del 23 luglio) finalizzata alla modernizzazione delle istituzioni della Repubblica dispone che il parlamentare che accetti di ricoprire un ruolo nel governo sia sostituito in modo temporaneo dal deputato “supplente” e non più in maniera definitiva (nuovo art. 25 della Costituzione). La legge organica n.2009-38 del 13 gennaio 2009 11 Ivi, p. 4.
  • 20. 13 sull’applicazione dell’art. 25 della Costituzione, prevede che un ex Ministro possa riprendere l’esercizio del proprio mandato parlamentare, trascorso un mese dalla cessazione dell’incarico. Il replacement (sostituzione) è regolato attualmente dalle Leggi Organiche del Code électoral, leggi che, nell’ordinamento francese, sono fonti normative superiori alle leggi ordinarie e devono essere approvate da maggioranze qualificate (art. 46 della Costituzione). Ancora l’Ordinanza n.58-1099 disciplina un’indennità ai membri del Governo alla cessazione dell’incarico. L’indennità, di importo pari al trattamento dei membri del governo, è corrisposta per tre mesi. Essa non viene erogata se l’interessato ha omesso di dichiarare all’“Autorità per la trasparenza della vita pubblica” tutto o parte del patrimonio e degli interessi. Per i mandati elettivi locali, non è prevista, invece, l’incompatibilità e ciò ha favorito il sistema del cumulo delle funzioni. La normativa francese si è occupata spesso negli ultimi decenni del problema del conflitto d’interesse e della trasparenza, giova qui ricordarne le più espressive in ordine cronologico, tra queste, quella dell’11 marzo del 1988 che riguarda la trasparenza della vita politica. Questa, pur non contenendo precisi riferimenti alle funzioni ministeriali, ha in sé una serie di disposizioni per evitare la corruzione e la confusione d’interessi. La legge Sapin del 29 gennaio del 1993, che si occupa della trasparenza della vita economica e delle procedure pubbliche, mira a prevenire la corruzione e a impedire l’intreccio tra attività pubbliche e private di chiunque avesse incarichi pubblici, sia a livello locale sia nazionale. Una successiva legge dell’8 febbraio del 1995, rafforzò la legge del 1988; all’articolo 1 stabilisce che ogni membro del governo, entro due mesi dalla sua nomina deve presentare una dichiarazione sulla sua situazione patrimoniale alla Commissione per la trasparenza finanziaria della vita politica, composta dai membri del Consiglio di Stato, della Cassazione e della Corte dei Conti. Entro due mesi dalla fine dell’incarico, il Ministro doveva ripresentare il suo stato patrimoniale per
  • 21. 14 verificare se si fosse arricchito sfruttando la sua posizione politica. Dal 19 gennaio 1995 le stesse disposizioni vennero estese a tutti i parlamentari. Con la presidenza Hollande, la Francia, ha dato un notevole impulso alle norme sul conflitto d’interessi e su come prevenirli. Si è cominciato dalla revisione della normativa sul cumulo degli incarichi (art. 23 Cost.), il Projet de loi constitutionelle relatif aux incompatibilités applicables à l’exercice de fonctions gouvernamentales et à la composition du Conseil costitutionnel (project 184), del 14 marzo 2013, presentato all’assemblea nazionale. Con la recente Legge organica n.2014-125 del 14 febbraio 2014, con riferimento ai parlamentari è stato disposto il divieto di cumulo delle funzioni esecutive con il mandato di deputato e di senatore. Il legislatore francese ha, inoltre, reso più chiara la nozione di conflitto di interessi. La legge n.2013-907 dell’11 ottobre 2013 “relativa alla trasparenza della vita pubblica” recita all’art. 2 che “ai sensi della presente legge, costituisce un conflitto di interessi ogni situazione di interferenza tra un interesse pubblico e degli interessi pubblici o privati che è di natura tale da influenzare o da sembrare influenzare l’esercizio indipendente, imparziale e obiettivo di una funzione”. Il provvedimento stabilisce, anche, gli obblighi di probità e imparzialità a cui deve attenersi un pubblico funzionario che ha il dovere di evitare di porsi in una situazione di conflitto di interessi. Il provvedimento modifica anche le misure sanzionatorie, con particolare riferimento ai membri del Governo che commettono il reato di “difesa illegale di interessi” (prise illegal d’intérets), che è disciplinato dal codice penale. Al riguardo va precisato che l’art. 432-12 del codice penale prevede, per il funzionario che commette il fatto, una pena detentiva fino a 5 anni e una ammenda sino a 500.000 euro, il cui importo può essere condotto al doppio del prodotto derivante dall’infrazione. Sono previste alcune eccezioni per i sindaci ed altre Autorità di comuni sino a 3.500 abitanti.
  • 22. 15 Il codice disciplina anche la sanzione per i titolari di funzioni pubbliche che commettono il reato di “difesa illegale di interessi” una volta cessato l’incarico. Il membro del Governo o il titolare di una funzione pubblica locale che abbia svolto funzioni di controllo o stipulato contratti con una impresa privata durante il suo mandato, non può acquisire un incarico di lavoro o di consulenza presso quella impresa, se non sono trascorsi almeno tre anni dalla cessazione dell’incarico pubblico. La violazione della norma è punita sino a tre anni di reclusione e ammenda sino a 200.000 euro, il cui importo può essere condotto al doppio del prodotto derivante dall’infrazione. La Legge n.2013 -907 ha esteso le sanzioni, prima previste per i solo funzionari, anche ai membri del Governo. Il legislatore francese si è preoccupato di disciplinare con attenzione una serie di interdizioni per le professioni svolte da un titolare di incarico pubblico dopo la cessazione del mandato, al fine di evitare l’abuso del così detto pantouflage, ovvero il passaggio nel settore privato, più remunerativo, di ex alti funzionari dello Stato. Di particolare importanza, per contrastare il manifestarsi dei conflitti di interesse tra i membri di Governo, è il decreto n.2014-34 del 16 gennaio 2014 relativo alla “prevenzione dei conflitti di interesse nell’esercizio delle funzioni ministeriali”, che modifica il decreto n.59-178 del 22 gennaio 1959 “relativo alle attribuzioni dei ministri”. Parlamentari, membri del Governo, rappresentanti nell’europarlamento, i titolari di funzioni esecutive a livello locale, come i Presidenti di regione o di Dipartimenti, sono obbligati a presentare le “Dichiarazioni sulla situazione patrimoniale” e le “dichiarazioni di interessi”, previste dalla normativa sulla trasparenza. Ogni dichiarazione ha una modalità propria. Esistono sei modelli di dichiarazione. Quelle dei deputati e senatori sono diverse da quelle del Presidente della Repubblica che deve presentare la dichiarazione al Consiglio costituzionale per formalizzare la candidatura, pena la nullità della stessa.
  • 23. 16 La dichiarazione viene resa pubblica 15 giorni prima del primo scrutinio elettorale. Se il candidato viene eletto, la dichiarazione dovrà essere ripresentata all’Alta Autorità che dopo averla inviata all’Autorità fiscale, provvederà a pubblicarla entro 8 giorni dalla sua revisione in gazzetta ufficiale. Una dichiarazione è prevista anche a fine mandato all’Autorità della trasparenza. È prevista anche una nuova dichiarazione durante il mandato se intervengono modifiche sostanziali rispetto alla situazione patrimoniale iniziale. Cessato l’incarico, il membro del governo deve, entro due mesi, presentare una nuova dichiarazione in cui si capitalizzano anche le entrate del mandato. Sono previste osservazioni personali alle dichiarazioni. Gli organi preposti al controllo sono l’Alta Autorità per la trasparenza della vita pubblica12 (HATVP, Haute Autorité pour la transparence de la vie publique) che, quale Autorità amministrativa indipendente, ha preso il posto della vecchia Commissione per la trasparenza della vita pubblica. L’HATVP è composta da nove membri e precisamente:  il Presidente, nominato dal Presidente della Repubblica;  due consiglieri, eletti dall’assemblea generale del Consiglio di Stato;  due consiglieri, presso la Corte di Cassazione, eletti tra i giudici della magistratura giudicante di questa Corte collocati “fuori gerarchia”;  una personalità qualificata dell’AN (assemblea nazionale) che non abbia esercitato funzioni di governo da almeno tre anni;  una personalità qualificata, nominata dal Presidente del Senato, che non abbia esercitato da almeno tre anni le stesse funzioni per la personalità dell’assemblea nazionale;  due consiglieri capi presso la Corte dei Conti, eletti dalla Camera di Corte. È previsto il rispetto per la parità di genere. Il mandato della Commissione dura sei anni e non è rinnovabile, in deroga a tale disposizione vengono estratti a sorte nella 12 Ivi, p. 19.
  • 24. 17 prima riunione dell’Alta Autorità quale delle tre istituzioni rappresentate avrà un mandato di due o tre anni. Il mandato dei membri dell’HATVP è incompatibile con ogni funzione di Governo o altra funzione o mandato esercitato da altri soggetti istituzionali previsti dall’art. 11 della legge n. 2013-907. I membri della Commissione devono presentare la propria “dichiarazione di situazione patrimoniale” e “dichiarazione di interessi”, alle stesse condizioni dei titolari di incarichi pubblici. Le loro dichiarazioni sono consultabili dagli stessi membri. Tutti sono vincolati dal segreto professionale. L’art. 20 della legge 2013 stabilisce anche i compiti dell’HATVP che esercita le seguenti missioni:  riceve le dichiarazioni dai membri del Governo;  si pronuncia sulle situazioni che possono creare conflitto di interessi e li invita a eliminare le situazioni di conflitto alle condizioni dell’art. 10 del provvedimento;  esprime pareri in merito a questioni deontologiche;  si pronuncia sulla compatibilità dell’esercizio di un’attività;  su richiesta del Primo Ministro o per autonoma iniziativa, emette delle “raccomandazioni” per l’applicazione della legge. Ogni anno l’HATVP invia al Presidente della Repubblica, al Primo Ministro e al Parlamento un rapporto, pubblicato anche sulla gazzetta ufficiale, in cui rende conto della propria attività. Tutti i soggetti istituzionali, o le associazioni riconosciute dall’Alta Autorità che si occupano di lotta contro la corruzione, possono rivolgersi all’Alta Autorità in caso di riscontro di violazioni. L’HATVP, in caso di violazione degli obblighi previsti dalla legge, procede in modo diverso a seconda del soggetto istituzionale che ha fatto l’illecito così se la
  • 25. 18 violazione è stata fatta da un membro del Governo nel informa il Primo Ministro sempre secondo gerarchia, se la violazione è attribuita ad un Ministro è il Presidente della Repubblica che viene informato. L’Alta Corte per la verifica delle dichiarazioni ricevute si rivolge all’Autorità fiscale che, a sua volta entro trenta giorni la rinvia all’Autorità con i suoi eventuali rilievi. Entro tre mesi dal ricevimento delle dichiarazioni dall’Autorità fiscale l'HATVP le rende pubbliche. Gli elettori possono inviare osservazioni scritte in merito a quelle dichiarazioni all’Alta Autorità. Tutte le dichiarazioni sono rese pubbliche attraverso un sito internet pubblico gestito dalla stessa HATVP e un ex membro del Governo o ex titolare di funzioni esercita una attività o professione in violazione delle incompatibilità dispone della pubblicazione di un “rapporto speciale“ sulla questione. La pubblicazione avviene dopo aver informato la persona, l’HATVP è tenuta ad inviare il rapporto speciale al Procuratore della Repubblica. Sono previste sanzioni penali sino a 45.000 euro per dichiarazioni mendaci e una pena sino a tre anni di reclusione. Se i soggetti previsti dalla legge non rispettano le ingiunzioni dell’HATVP, questi sono sanzionati con 15.000 euro e un anno di reclusione. Sono sanzionati penalmente anche le violazioni della privacy qualora vengano pubblicate o divulgate informazioni illecitamente in merito a quanto stabilito dalla HATVP, con 45.000 euro di multa e un anno di reclusione. In Europa l’incompatibilità tra la funzione di governo e quella parlamentare, attenuata dal sistema del supplente, è praticata oltre che in Francia anch in Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. In Svezia e in Portogallo è presente un sistema di sostituzioni temporanee. In conclusione, il supplente sostituisce il parlamentare nominato Ministro e questo riprende il suo posto se decade dalla carica recuperando il suo seggio.
  • 26. 19 1.2.4) Germania La maggior parte degli osservatori concordano nell’affermare che i tedeschi hanno un’alta concezione della morale politica, che è sostanzialmente integra, seppure, anche nella Repubblica federale tedesca, non è mancato uno scandalo relativo a un conflitto d’interesse, il noto affare del consorzio FLICK nel 1980. Si scoprì che un noto gruppo finanziario venne esonarato dal pagamento delle sue imposte in cambio di finaziamenti ai partiti politici. Lo scandalo evidenziò una carenza legislativa. Il conflitto di interessi in ambito politico è normato dalla Legge Fondamentale (Grundgesetz) della Repubblica federale di Germania. Nel capitolo VI intitolato “Il Governo Federale”, all’articolo 66 (Incompatibilità) si legge: “Il Cancelliere federale e i Ministri federali non possono rivestire alcuna carica retributiva, né svolgere attività economica e professionale né far parte degli organi direttivi o, senza autorizzazione del Bundestag, del Consiglio di vigilanza di imprese commerciali” 13 . L’articolo regola le disposizioni in materia di inconciliabilità (Unvereibarkeit) tra la carica di Ministro federale o Cancelliere. In applicazione del principio espresso dall’art. 66 della Grundgesetz fu emanata la legge del 7 giugno 1953, successivamente modificata con la legge del 5 dicembre 1997 (Gesetz ueberdie Rechtsveraeltnisse der Mitglieder des Bundesregierung- Bundesmistergesetz) dove all’art. 5 si prevede: a) i componenti del Governo federale non possono esercitare alcun altro incarico parallelamente al loro ufficio; b) i componenti del Governo federale non possono rivestire cariche onorifiche pubbliche durante il loro mandato (la norma prevede tuttavia delle deroghe); c) i componenti del Governo Federale, nonché coloro che ne hanno fatto parte, devono rendere conto dei doni ricevuti in qualità di membri del Governo14 . 13 Germania. Legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania, edito da Ufficio Stampa e Informazione del Governo federale. Bonn, Druck Verlag KettlerGmbH, 1998. p. 75. 14 Ivi, p. 46.
  • 27. 20 Molti studiosi costituzionali, hanno giudicato la disciplina che regola il conflitto d’interessi una lex imperfecta perché non sono previste sanzioni. Altri studiosi ritengono invece che la norma non possa limitarsi al solo art. 66 della Grundgesetz ma, vada estesa anche agli articoli 63 e 6415 . Da tale lettura interpretativa ne deriva che spetta al Presidente federale accertare eventuali conflitti di interesse durante la fase di formazione del Governo. Il Presidente non può procedere alla nomina di un componente del Governo se fosse accertato che questo sitrova in un dimostrato conflitto di interesse. 1.2.5) Stati Uniti d’America Negli Stati Uniti d’America la distinzione tra interessi economici privati e potere pubblico è così importante da essere considerata la base del sistema democratico al pari della divisione dei tre poteri. Le norme sulla corruzione e la prevenzione dei conflitti di interesse pubblici e privati sono considerati strumenti alla salvaguardia della stessa Costituzione. Alla base delle norme che li regolano c’è il principio di etica e, non a caso, la raccolta delle disposizioni in materia sono cliamate Ethics manual e l’ufficio che si occupa dell’applicazione di tali norme si chiama Office of Goverment Ethics16 . L’introduzione delle norme sul conflitto di interessi va di pari passo con lo sviluppo economico del Paese e la storia degli Stati Uniti. L’innovazione tecnologica o come gli storici la definiscono: la terza rivoluzione industriale, ha avuto un ruolo decisivo nell’aprire nuovi orizzonti allo sviluppo, subito dopo il secondo conflitto mondiale. Frutto in parte della “ricaduta” della ricerca scientifica durante lo sforzo bellico per scopi militari, ricevette un forte impulso anche dai massicci investimenti effettuati dalle imprese americane, la “guerra fredda” aveva, inoltre, fatto aumentare la necessità di un forte apparato difensivo e di conseguenza le commesse pubbliche ai 15 Camera dei deputati, XIII legislatura. Documenti per le commissioni, Conflitto d’interessi e morale costituzionale: conflitto di interessi e cariche di Governo in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. (A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832), aggiornamento N°7. Italia, Aprile 2014. p. 29. 16 Ivi, p. 57.
  • 28. 21 privati. Furono queste condizioni economico sociali che favorirono episodi di corruzione per accapparrarsi gli appalti e le forniture pubbliche. Di fronte ai numerosi episodi di corruzione il Governo federale reagì predisponendo un codice etico per il personale politico e amministrativo. L’impegno del Governo non si limitò a questo, ma intervenne anche sul piano educativo favorendo in tal modo l’introiezione di tali principi come valori fondanti dell’etica del Paese. L’importanza data al problema si misura con la portata dell’investimento, nel 1992 lo Stato spese 23 milioni di dollari, 8868 erano le persone addette al rispetto dei codici di comportamento. Le norme americane sul conflitto di interessi rispondono contemporaneamente a due principi: salvaguardare l’iniziativa privata e tutelare l’interesse della funzione pubblica. Le norme vengono periodicamente aggiornate e quanto a restrizioni non sono tutte uguali nei vari Stati. Lo stato della California ha una normativa più rigorosa, rispetto a quella federale. Il Political Reform Act of 1974 si applica, infatti, a tutti i pubblici ufficiali, sia nominati che eletti, dei rami esecutivo, legislativo e giudiziario, federale e locale. Un unico organismo il Fair Political Practices Commission amministra il Political reform Act del 1974, una sorta di organismo di garanzia di equità nel comportamento politico. Nel rispetto del Political Reform act il pubblico ufficiale dovrà regolarmente fornire informazioni non solo sui suoi investimenti e interessi, ma anche sui redditi, compresi i doni. Commetterà reato se nel prendere o partecipare ad una decisione governativa, quella decisione riguarderà interessi finanziari del pubblico ufficiale. La norma prevede anche quando si presenta il conflitto di interessi. Perchè ci sia conflitto sono necessari cinque elementi: 1. deve esserci una decisione governativa; 2. il pubblico ufficiale deve avere un interesse che porta al conflitto, la decisione può produrre effetti sui suoi interessi personali o quelli di un familiare prossimo. Sono considerati interessi finanziari:
  • 29. 22  una attività economica o investimento diretto o indiretto di almeno duemila dollari ($2000);  proprietà immobiliari in cui vi sono interessi diretti o indiretti del valore di almeno duemila dollari ($ 2000);  una fonte di reddito, diversa da prestiti o regali, provenienti da istituzioni commerciali o finanziare del valore di almeno 500 dollari ricevute o promesse al pubblico ufficiale nei 12 mesi precedenti la decisione;  una attività economica in cui il pubblico ufficiale occupa la posizione di direttore, ufficiale, socio, “trustee” o impiegato o ha compiti di gestione;  è un donatore, un intermediario, agente di un regalo o regali di almeno 250 dollari, forniti a o ricevuti da o promessi al pubblico ufficiale nei 12 mesi precedenti la decisione. 3. Il terzo elemento necessario perché si determini conflitto d’interessi riguarda l’effetto materiale che la decisione può avere sugli interessi del pubblico ufficiale, per essere considerato tale deve aver creato un effetto, specificato per legge sul soggetto. La norma si sofferma inoltre sulla quantificazione economica dell’effetto sia verso il pubblico ufficiale sia i suoi familiari più prossimi, vengono quantificati anche gli incrementi o diminuzioni di spese personali nel reddito, di almeno 250 dollari; 4. il quarto elemento riguarda la prevedibilità che l’azione governativa intrapresa può avere sull’interesse; 5. il quinto elemento determina se l’effetto sul reddito del pubblico ufficiale sia distinguibile dall’effetto sull’interesse pubblico più generale. Per la legge, qualsiasi gruppo o sottogruppo di un settore economico, finanziario o professionale, i residenti di un distretto, una città, sono parti espressive di pubblico. Ulteriori provvedimenti statutari si applicano ai membri dell’apparato legislativo con interessi personali finanziari che permettono di verificare se, decisioni di
  • 30. 23 governo dello Stato, anche diverse da quelle prese nell’esercizio della loro funzione nei 12 mesi precedenti, possono avere effetti diretti espressivi, distinguibili da quelli del pubblico interesse. Sanzioni diverse sono previste per i membri dell’apparato legislativo ed esse variano dalla pubblica riprovazione all’applicazione di sanzioni amministrative e civili. Alcuni provvedimenti del Political Reform Act possono prevedere anche provvedimenti penali. Nello Stato della California, inoltre, esistono provvedimenti contro i conflitti di interesse e sono contenuti nelle Joint Rules of the Legislature, che sono stati in seguito adottati dagli statuti dello Stato. 1.2.6) L’equilibrio dei poteri L’esame dei modi in cui il Conflitto d’interessi viene affrontato nelle democrazie occidentali ha evidenziato come esso sia un problema che riguarda tutti gli stati ed è alla base del rapporto tra etica e politica. Un equilibrato sistema di incompatibilità rende impossibile il verificarsi di “un caso italiano” in queste democrazie. L’affermarsi del ruolo del Parlamento ha reso necessaria la soluzione del problema in Gran Bretagna sin dal secolo scorso. Le norme dettate dalla così detta Commissione Nolan sono confluite nel Ministerial Code che ha assunto rilevanza costituzionale ed è oggetto di continui aggiornamenti. Alla base di tutto c’è la cultura dell’etica e un forte senso dello Stato e del bene pubblico che accomuna i paesi di cultura anglosassone. Gli USA, non a caso, quando dopo il secondo conflitto mondiale, hanno affrontato il tema deli conflitti, hanno investito prima di tutto nell’educazione per rafforzare il senso di appartenenza allo Stato e il bene pubblico. Oggi il Political Reform Act è fatto proprio dal Governo federale e condiviso da maggioranza di governo e opposizione. Entrambi gli stati fanno uso del blind trust in caso di conflitto d’interesse ed entrambi prevedono sanzioni amministrative e/o penali in caso di grave inadempienza. Significativo è che, sia in Gran Bretagna che
  • 31. 24 negli Stati Uniti, è la riprovazione pubblica il nemico principale del conflitto d’interessi. La trasparenza dei gruppi di interesse, le lobbies, rende più semplice il controllo della pubblica amministrazione anche da parte degli elettori. Sono previste Autority di controllo l’IPSA (Independent Parlamentary Standards Autority) nella Gran Bretagna e l’OGE (Office of government Ethics Reauthorization Act of 1988) negli USA, divenuta dal 1989 Agenzia indipendente che deve, ogni due anni, riferire al Presidente degli Stati Uniti e al Congresso della sua attività. Sono questi istituti che garantiscono l’equilibrio dei poteri tra la libera iniziativa privata del cittadino il bene dello Stato. Germania e Francia, pur con storie e cultura immateriale diversa, riprendendo il concetto di Tylor, sono accomunate, anch’esse da un alto senso dello Stato e del bene pubblico. Nella Repubblica Federale di Germania è la Legge fondamentale dello Stato (la Costituzione) che all’art. 66 detta i principi di inconciliabilità (Unvereinbarkeit) e incompatibilità (inkompatibilitata) tra la carica di Cancelliere federale o Ministro federale e l’esercizio di attività remunerativo di tipo privato e pubblico, utilizzando i sostantivi di mestiere e professione, dalla cui applicazione è derivata la Legge sui rapporti giuridici dei componenti il Governo federale nel 1953 e modificata e aggiornata con legge nel 2008. La mancanza di norme di carattere sanzionatorio l’ha fatta definire da costituzionalisti lex imperfecta, ma è pur vero che lo stesso articolo 66 configura il diritto-dovere del Presidente federale eletto di non procedere alla nomina di componenti del governo in conflitto d’interessi accertato. È ancora l’etica che garantisce in questo caso l’equilibrio dei poteri di fronte ad un caso di conflitto d’interessi. La Francia col Presidente Hollande ha operato un cambiamento significativo nelle norme sul conflitto d’interessi e la trasparenza nella gestione della cosa pubblica con una riforma a carattere costituzionale. Con la legge organica del febbraio 2014 la numero 2014/125 viene superato l’istituto del cumulo delle cariche previsto da una legge promulgata dal generale De Gaulle che favoriva il doppio incarico,
  • 32. 25 amministrativo locale e parlamentare, come garanzia di maggiore competenza amministrativa della cosa pubblica. Sono state inasprite le norme sanzionatorie per chi viola tali divieti, sia amministrative sia penali. A garanzia del rispetto della legge c’è l’Hate Autoritè pour la trasparence de la via publique, istituita nel 1988 e rinnovata nel 2013. Essa è composta da nove membri e il Presidente è nominato dal Presidente della Repubblica con apposito decreto. I membri rappresentano il Consiglio di Stato, la Corte di cassazione, la Corte dei Conti, l’Assemblea nazionale e un rappresentante qualificato eletto dal Presidente del Senato che non abbia esercitato da almeno tre anni funzioni di governo. I criteri relativi alla scelta dei rappresentanti dell’Assemblea nazionale e del Senato rispondono alla norma, regolata da apposita legge, che proibisce incarichi pubblici o privati nelle aziende agli ex parlamentari entro i tre anni successivi al mandato. Analoga norma è prevista, ma ridotta a due anni, in Gran Bretagna e USA. In ben altra direzione sembra, invece, andare la strada delle riforme costituzionali in Italia.
  • 33. 26
  • 34. 27 Capitolo 2 – Media, politica e conflitto di interessi 2.1) L’importanza dei media nel conflitto di interessi Rispondere alla domanda del perché il conflitto di interessi nei media diventa significativo, quando incontra la politica, significa anche capire l’importanza che i media hanno assunto nella società contemporanea e come il loro intreccio rischia di indebolire la democrazia. La diffusione di notizie può essere vista come estremo atto di democrazia o viceversa un atto terroristico che mette in pericolo gli equilibri mondiali nei loro assetti istituzionali e quindi da sanzionare e punire. Giova qui ricordare alcuni aspetti della diffusione dei media e dei loro effetti, troppo spesso dati per scontati, ma che, i non addetti ai lavori, spesso ignorano e ne sono perciò, in un certo qual senso vittime inconsapevoli. Viviamo in una società caratterizzata dall’impetuoso e globale sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa. Televisione, internet, radio sono terminali di una memoria collettiva di informazione che invadono anche il nostro privato e ci immergono in una vertiginosa contemporaneità o come oggi si dice “il mondo in tempo reale”. Un tale universo, invaso dalla comunicazione e sorretto da linguaggi fascinosi e accattivanti che si accompagnano a immagini, ha evidenziato i cambiamenti prodotti che, se da un lato hanno liberato nell’uomo la possibilità di esprimersi, di ricevere e produrre messaggi, di farsi contemporaneo di se stesso, dall’altro comportano dei rischi, degli effetti paralizzanti, in un consumo vistoso di “news”, di immagini sempre più sottoposto all’interesse del potere economico e alla manipolazione ideologica17 . La comunicazione elettronica è divenuta essa stessa un canale formativo parallelo rispetto alla comunicazione della carta stampata, che offre nuove forme di cultura, nuovi valori e nuovi modelli di comportamento e ideologie. La comunicazione verbale, seppure basilare, non è più considerata l’unico e privilegiato linguaggio. 17 Trerè S., Gallegati G.. Itinerari nella comunicazione di massa. Firenze, Bulgarini editore, 1983.
  • 35. 28 Alla diffusione dei nuovi strumenti multimediali, si pensi all’uso dei tablet e cellulari multifunzione, non ha corrisposto una diffusa capacità di decodifica dei media dei loro codici e della loro modalità di confezione dei messaggi, per cui i fruitori di informazione sono in balia di una comunicazione “spettacolare” e “passiva”, in una società divenuta sempre più società di spettatori. Numerosi studiosi a partire dal pioniere Walter Lippman che si è occupato della formazione dell’opinione pubblica e David Riesman della psicologia di massa o del socio- antropologo canadese Marshall McLuhan studioso dei media, per arrivare alle più recenti analisi sugli effetti delle fiction televisive, potenti motori di persuasione e omologazione, di Jonathan Gottschall, hanno evidenziato, come “il medium” sta riplasmando e ristrutturando i modi dell’interdipendenza sociale e ogni aspetto della vita individuale. Le innovazioni introdotte dai nuovi media hanno comportato, infatti, profonde trasformazioni a livello psicologico, nei modi di percezione, nelle relazioni sociali, politiche, economiche. McLuhan sostiene che il medium è il messaggio. Ciò significa che il mezzo di comunicazione, cioè la forma, prevale sul messaggio trasmesso, cioè il contenuto; non importa quindi il contenuto della comunicazione, quanto il mezzo lo strumento, attraverso il quale il contenuto viene trasmesso al destinatario. Si pensi all’espressione "l’ha detto la televisione!". Anche se probabilmente è eccessivo affermare con McLuhan l’identificazione totale, medium = messaggio, non v’è dubbio che una qualsiasi notizia importante o meno, dalla cronaca alla politica internazionale, arriva in modo diverso al destinatario, è quindi passibile di valutazioni diverse, se comunicata attraverso la radio, il giornale o la televisione o se comunicata con il solo testo scritto o solo con fotografie e filmati e quanto quindi tutto ciò sia in grado di influenzare la formazione del consenso e l’opinione pubblica. Naturalmente il messaggio non è manipolato solo dal medium in quanto tale, ma anche da chi produce quel messaggio, che non è mai un singolo individuo operante isolatamente, ma piuttosto un’emittente fortemente centralizzata, un gruppo
  • 36. 29 editoriale, un ente televisivo, un blog, che comunica il messaggio da una sua prospettiva per veicolare un’ideologia piuttosto che un’altra. La stessa ripresa diretta, che apparentemente è il servizio televisivo più obiettivo, giunge manipolata al destinatario, tutti ricordiamo le “operazioni chirurgiche” dei bombardamenti mirati su Bagdad, nella prima guerra del Golfo, immagini multicolori che affascinavano e l’orrore due giorni dopo dei civili uccisi e delle distruzioni. Innanzi tutto dobbiamo chiederci perché tra i fatti che avvengono quotidianamente in tutte le parti del mondo, la TV accorda la ripresa diretta, e quindi un alone di prestigio, ad un avvenimento piuttosto che ad un altro. Questa scelta è già una prima interpretazione del fatto; a ciò si aggiungano le stesse tecniche di ripresa che riprendono il fatto da angolature diverse, e le riprese di più monitors che arrivano in regia. Noi vediamo il fatto non come realmente è se fossimo stati presenti all’avvenimento, ma attraverso la scelta, il montaggio del regista, il suo punto di vista, la sua interpretazione. I media, quindi, per loro stessa natura presentano un alto tasso di ambiguità. Se da un lato rimpiccioliscono il mondo trasformandolo in “villaggio globale”, dall’altro rischiano di divenire strumenti massificanti, un narcotico così suggestionante da farci essere in balia di chi li gestisce. Se da un lato i media permettono un’informazione potenzialmente amplissima, dall’altro tale potenzialità si riduce, di fatto, a un numero esiguo di notizie accuratamente selezionate e filtrate dai gruppi di potere politico ed economico che attraverso lotte più o meno aperte e sotterranee cercano di controllare stampa, radio e Tv. “I media, in mano al potere, oltre che rafforzarlo, divengono delle macchine di costruzione del consenso – commenta Giacomo Mazzone18 – attraverso il blocco delle informazioni pericolose per gli equilibri esistenti, la censura dei flussi informativi, ingigantendo o minimizzando o persino inventando le notizie. È impensabile che dei quattro poteri che esistono nelle democrazie moderne, che sono l’esecutivo, il legislativo, il giudiziario e dei media, 18 Dirigente presso “Member & Institutional Relations”, EBU (European Broadcast Union).
  • 37. 30 un singolo soggetto o un gruppo limitatissimo, possa avere il controllo dei tre quarti. Una situazione del genere, così come è stata ed è presente ancora in Italia, non è diversa da quelle di paesi dove poi sono avvenute guerre civili”. Contro questi pericoli, quindi, sorge la necessità di una continua battaglia per la libertà di informazione, la necessità di un controllo democratico sulle concentrazioni monopolistiche, delle catene televisive e radiofoniche, comunque camuffate; l’esigenza di una pluralità dell’informazione e l’attivazione di altri meccanismi protettivi per difendersi dai pericoli che i media comportano. 2.2) Il ruolo imprescindibile della comunicazione Abbiamo definito il conflitto d’interessi quella “Condizione per cui un incarico o una funzione porta una persona a prendere una decisione, che richiederebbe imparzialità, su una materia che riguarda altri suoi interessi personali o professionali”. Nei media ci sono da considerare gli interessi diretti dei proprietari delle aziende, come quelli mirati a difendere diritti di proprietà intellettuale, arrivando anche, secondo alcuni, a limitare la libera circolazione delle idee nei paesi democratici: questo può costituire l’origine di un conflitto di interessi e l’indipendenza del proprio datore di lavoro è un problema per gli operatori dei media. In questo campo sono svariate le altre fonti di conflitto d’interessi, come il mercato pubblicitario: un’azienda editoriale potrebbe essere condizionata nelle sue scelte da pressioni degli inserzionisti. Un caso particolare di mercato è quello della pubblicità elettorale, che in certi paesi è regolamentata per legge: in essa i mezzi di informazione hanno un ruolo importante, ma spesso a costi molto alti per i candidati. Questi costi possono essere ridotti se i candidati si avvantaggiano di buoni rapporti con le aziende; queste ultime,
  • 38. 31 d’altra parte, ricevono introiti che potrebbero condizionare le opinioni espresse sulla competizione elettorale stessa19 . Può esserci un conflitto di interessi anche con l’operatore dei media che abbia altri interessi economici e finanziari, cosa che spesso porta a forme di regolamentazione, come accade nel così detto insider trading per i giornalisti che seguono la finanza e che, per la loro professione, possono entrare in possesso di informazioni riservate, l’uso delle quali per speculare in borsa è illegale. La legge italiana lo definisce reato di “abuso di informazioni privilegiate” ed è sanzionato dal Testo unico della finanza; un caso simile a quello della così detta manipolazione del mercato, in altre parole la diffusione di notizie false per causare oscillazioni dei mercati. Seppure i giornalisti economici e finanziari debbano attenersi anche a una deontologia professionale ribadita nella Carta dei doveri del 1993, le condanne per abuso di informazioni privilegiate sono rare, anche perché si tratta di un reato difficile da provare20 . Ma che gli interessi degli editori nei media o i loro referenti politici prevalessero sul diritto all’informazione era cosa nota da tempo negli Usa e nel resto dell’Europa già dagli anni novanta. L’Italia in questo campo è sempre stata in ritardo e le stesse problematiche dei media non trovavano uno spazio nelle nostre università o erano sottovalutate21 . Sono entrati negli annali alcuni fatti di evidente conflitto di interessi nei media. Alcuni episodi di cronaca nazionale e internazionale che hanno mostrato quello che un direttore del prestigioso New York Times, Joseph Lelyveld disse al momento del suo insediamento: “nel 1970 un rimpasto governativo in India veniva pubblicato in prima pagina. Oggi comparirebbe a malapena tra le notizie brevi. È una ridefinizione”22 . Ridefinito dalle priorità del marketing, l’universo dei media delle società occidentali rischia di ignorare sempre più la realtà che non sia deformata dalla patina 19 Passigli S. Democrazia e conflitto di interessi: il caso italiano. Milano, Ponte alle Grazie editore, 2001. 20 Enciclopedia Treccani [Online]. Lessico del XXI Secolo, voce: conflitto di interessi, 2012. 21 Rolando S.. Politiche pubbliche per le comunicazioni. Parma, ETAS Libri, 2009. 22 Halimi Serge. Le monde diplomatique, il manifesto. Media americani: la prevalenza dell’ombelico, settembre 1994.
  • 39. 32 lussureggiante della pubblicità che mostra un paese fatto da ragazze attraenti, casalinghe felici giovani sempre in vacanza e bambini che mangiano felici le nuove merendine tanto agognate dai protagonisti del film Lamerica di Gianni Amelio. L’effetto terrorizzante degli indici di lettura, per la stampa, o di audience, nella TV hanno trasformato quotidiani e telegiornali. Sono diventati più leggeri, meno impegnati o viceversa ossessivi nell’insistenza su fatti di cronaca, su scandali, che incuriosiscono e attirano l’opinione pubblica. Negli USA lo spostamento a destra del paese con Regan prima e Bush poi, cambiò le direttive del prestigioso NYT: “coprire il posto di lavoro, rappresentare opinioni diverse da quelle della nuova sinistra, della vecchia sinistra, e della sinistra di mezza età”23 . Fioccarono, allora, audaci inchieste del tipo “Come organizzare la farmacia di casa” oppure “Dove tenere la legna d’inverno”. Con l’avvento di Regan si disse che gli Stati uniti erano ormai l’unica super potenza e che il loro Presidente si ispirava ai sondaggi per definire la propria politica estera. I due terzi dei cittadini americani e anche italiani, aggiungiamo noi, apprendono le notizie del mondo dalla televisione. Tutti ricordiamo, ancora oggi ne riflettiamo, quali conseguenze ebbero sul piano militare, economico e di numero di vittime civili e militari, oltre che dell’aumento dei terroristi e degli estremisti islamici, notizie come “Iraq, terzo esercito del mondo” oppure “I guerrieri somali resi folli dalla droga”. Si potrebbe continuare sulla scelta elle notizie, la tragedia del Ruanda cominciò a interessare i media della carta stampata e della TV quando le vittime da 100.000 morti erano passate a 200.000. Solo allora le cancellerie cominciarono a muoversi, le televisioni soppiantarono con le immagini di quella tragedia i servizi sensazionali che duravano da settimane sul caso di O.J.Simpson, l’ex campione sportivo accusato di omicidio e il Presidente Clinton diede il via al lancio di aiuti alimentari. Da allora le ricerche di marketing, considerate da taluni una vera e propria cancrena per l’informazione, negli Usa 23 Ibidem.
  • 40. 33 come in Francia o in Italia promettono più pubblicità ai media che privilegiano la tendenza a guardare la pancia o l’ombelico attribuito al pubblico. Il conflitto di interessi nei media si configura quindi non solo sul piano economico. Gli interessi sono di tutti: dell’editore e del direttore, cioè colui che è chiamato ad assumere decisioni, dei giornalisti, ma anche e soprattutto in termini di libertà dell’informazione, cosa questa cui nei paesi anglosassoni, dove l’etica pubblica è un valore si da molta importanza e sono presenti gli anticorpi, come per esempio il BBC Trust’s Editorial standard, strumento che permette di tutelare la fiducia dei telespettatori della TV pubblica, cosa che ha permesso alla BBC di criticare il noto giornalista Alan Friedman per i suoi reportage sulla Malesia, considerati editoriali in materia di conflitto di interessi24 , o il modo in cui la stampa ha riportato le collusioni tra il Parlamento inglese e il magnate dell’editoria e delle TV Murdoch. In Italia il conflitto d’interessi e i media diventerà, invece, “il caso” italiano, unico nelle democrazie del mondo occidentale. 2.3) Rapporti tra istituzioni e potere di informazione. Parlando di televisione commerciale, in un libro pubblicato venti anni fa, il professor Peppino Ortoleva25 spiegava come “la televisione commerciale avrebbe segnato una attrazione fatale tra politica e televisione, con l’approdo logico della televisione che si fa partito”26 . Quelle parole oggi ci sembrano profetiche. L’avvento della televisione commerciale, senza canone, era lo specchio di una Italia che era cambiata, non sempre in meglio e in cui valori come la libertà individuale venivano confuse con libertà quali cambiare canale ed assistere con lo zapping ad un mondo fantastico, di consumi da ricchi a cui si poteva accedere se si era disposti a 24 Lillo M., Quando Alan Friedman criticava il suo giornalismo in conflitto di interessi. Il fatto quotidiano [Online]. 12 febbraio 2014. 25 Ortoleva Peppino. Docente di Storia e teoria dei media, all’Università di Torino. 26 De Aglio E., Indagine sul ventennio. Cit. Intervista a Peppino Ortoleva. Milano, Serie bianca Feltrinelli, 2014.
  • 41. 34 spendere (le famose televendite) e che si rivolgeva ad una Italia sempre e comunque provinciale. È la televisione capace di trasformare l’homo sapiens in “homo videns”27 , dove la politica è ridotta a spettacolo, le opinioni appiattite e le notizie enfatizzate e poi dimenticate. Secondo il politologo Sartori, infatti, quello strumento, la televisione, ci è scappato già di mano e mentre il dibattito pubblico si concentra sul “chi” controlla economicamente i media, la televisione diventata “divinità perversa”, clona gli individui a propria immagine, atrofizza le capacità di comprendere 28 . È proprio l’impoverimento del capire che permette di cogliere il rapporto tra chi ha incarichi politici o di rilevanza istituzionale e il potere dell’informazione. Molti studiosi, infatti, sono concordi nel dire che è la capacità di influenzare l’opinione pubblica e creare consenso che rende pericolosa la commistione tra politica e informazione. Perché l’immagine del giovane che in Piazza Tien an men a Pechino, cerca di fermare il carro armato ha avuto più spazio, nello stesso anno, a distanza di pochi mesi, della caduta del muro di Berlino e del crollo del comunismo, o perché quando si parla di signori della guerra si privilegia la Somalia piuttosto che altre realtà altrettanto drammatiche, enfatizzando notizie poi dimenticate29 . Perché, è la risposta, le leggi della Tv non sono quelle storiografiche. Sono leggi emotive che toccano solo la superfice e pongono una nuova gerarchia dei fatti, una lettura anamorfa della storia. Il potere dei media non consisterebbe tanto nel plasmare l’opinione del pubblico, quanto di dettare l’agenda, la messa in rilievo degli argomenti delle politiche pubbliche, ed ecco perché “la concentrazione dei media in chi gestisce la politica è un grande rischio per la democrazia” – sostiene il professor Stefano Passigli, che del problema si è occupato prima come parlamentare durante il primo governo di Silvio Berlusconi e poi nel libro intervista “Democrazia e conflitto di interessi”. Nelle altre democrazie occidentali è l’etica pubblica, 27 Sartori G., Homo videns: televisione e post-pensiero. Bari: Laterza, 2000. 28 Chiaberge R., Grasso A., Quanto è cieco l’“homo videns”, cit. Giovanni Sartori. Milano, Corriere della Sera, 1997.
  • 42. 35 profondamente radicata nell’opinione pubblica che rende impossibile una situazione come quella venutasi a creare in Italia. Se è vero che il conflitto di interessi non tocca solo il nostro paese e nel concetto stesso di rappresentanza politica, è insita la possibilità di interessi diversi tra rappresentante e rappresentato è pur vero che in un rapporto di tipo privatistico è sufficiente la revoca del mandato, ma in politica no. La rappresentanza politica si basa, infatti, sulla irrevocabilità e sull’assenza di vincolo di mandato. Gli interessi del rappresentante e quelli generali se confliggono minano le basi della democrazia. La natura stessa della democrazia ha necessità della libera formazione del consenso senza che nessuna manipolazione avvenga. Il controllo dei mezzi di informazione mina questo esercizio politico. Spesso il dibattito su media e politica si è concentrato sull’aspetto economico, ponendo l’accento sugli interessi patrimoniali tra chi governa e gli interessi più generali delle politiche pubbliche. “Nella società dell’informazione, solo le notizie che riescono a raggiungere i mezzi di comunicazione di massa diventano notizie a tutti gli effetti. Molti eventi importanti restano senza commenti e circolazione. Controllare l’agenda dei media è fondamentale per mantenere la presa sull’elettorato”30 . Andrebbero create le condizioni perché chi ha incarichi pubblici o istituzionali faccia gli interessi generali e non quelli personali. Può un medico essere Ministro della Salute o un avvocato Ministro della Giustizia? Se da una lato le loro competenze tecniche li fanno sembrare più adatti all’incarico dall’altro essi sono professionalmente portatori di interessi particolari e potrebbero trovarsi in situazione di conflitto. Ricordiamo quale esempio il pericolo enfatizzato dai media, della diffusione della SARS, il Ministero della Salute tranquillizzò i cittadini spiegando che erano stati acquistati sufficienti vaccini per fronteggiare qualsiasi emergenza. La SARS sparì improvvisamente come era arrivata. I morti accertati furono inferiori a quelli delle normali epidemie di influenza in soggetti fragili, ma dopo qualche tempo si scoprì 30 Freccero C., Sinistra senza sinistra. Milano, Serie Bianca Feltrinelli, 2008. p. 54.
  • 43. 36 che nei magazzini di ospedali e depositi della protezione civile giacevano vaccini inutilizzati per centinaia di migliaia di euro acquistati da case farmaceutiche sollecite ai richiami della stampa nel produrli in abbondanza e nell’aggravare la situazione. Per alcuni la soluzione al problema di eventuale conflitto è quella di valutare caso per caso, per altri norme specifiche da applicare sarebbero preferibili. Molte democrazie hanno risolto il problema applicando criteri per l’ineleggibilità o per l’incompatibilità. “Ineleggibilità e incompatibilità – spiega il professor Massimiliano Della Torre31 – sono due istituti che corrispondono a finalità differenti. Definiamo ineleggibile colui che è candidato e che può in qualche modo influire sull’elettorato al quale si rivolge. L’ineleggibilità proibisce al cittadino titolare di un elettorato passivo, cioè titolare del diritto di candidarsi e di farsi eleggere, di presentare la propria candidatura in determinati collegi perché in questi può influenzare l’opinione pubblica. L’istituto dell’incompatibilità è una cosa totalmente differente, ovvero l’elezione in questo caso è possibile, ma in caso di elezione a più cariche, ad una di queste è necessario rinunciare o meglio si deve mantenere una sola di queste cariche. Questo non è fatto tanto per l’elezione in sé, ma perché si vuole che il titolare di questa carica possa concentrare tutta la sua attenzione nell’esercizio della funzione pubblica”. È sul concetto di democrazia competitiva che media e politica confliggono. Sul concetto si sono misurati studiosi come Schumpeter, Sartori che sostengono che la competitività presuppone un libero confronto fra le parti, in cui la maggioranza di chi è governato sceglie l’élite che dovrà governarla, e la minoranza, comunque, a sua volta potrà diventare maggioranza. La democrazia necessita di una libera concorrenza tra le idee che, nel mondo dominato dai media, avviene attraverso stampa e soprattutto televisione. La par condicio nell’uso dei media garantisce il libero confronto. La concentrazione dei media e il loro controllo da parte di chi ha incarichi istituzionali crea perciò un conflitto di interessi che va al di là della possibilità di un arricchimento economico. L’interesse internazionale per il “caso” italiano e la preoccupazione della stessa 31 Massimiliano Della Torre. Dirigente Ufficio per il CORECOM, Regione Lombardia.
  • 44. 37 Unione Europea, trova il suo fondamento nella comunità scientifica, unanime nel dire che la televisione, tra i media, è il più potente strumento del consenso e dell’opinione pubblica32 . La manipolazione dell’informazione da parte della politica, fu evidente quando in poco tempo i giudici di “mani pulite” che denunciarono la corruzione di partiti ed esponenti di governo furono dagli stessi “giustizialisti della destra “ che li avevano inneggiati, trasformati in toghe rosse nel mutato clima politico e giudicati non più super partes. 2.4) Un mutamento evidente nella discesa in campo di Berlusconi. In tutte le democrazie occidentali esistono regole scritte ed una etica pubblica che impediscono a chi ha forti interessi economici che potrebbero confliggere con gli interessi generali, di candidarsi. Di queste norme si è ampiamente parlato nella prima parte, di cui va sottolineata la prassi di molti paesi di regolamentare anche il post mandato, come avviene in Gran Bretagna e recentemente, anche in Francia. Curiosa a questo proposito risulta quindi essere la riforma del Senato dell’attuale Governo Renzi. “L’orrenda riforma del Senato, crea un Senato fatto di incompatibili. – Riferisce Della Torre – Se io sono presidente di una provincia e poi vado a fare il senatore mi ritrovo a dover gestire interessi di tipo completamente diverso. Da un lato quelli da assolvere come presidente della provincia, dall’altro quelli di senatore della Repubblica. Era tradizione della Francia la possibilità di avere più cariche, ma già alla fine degli anni 2000, questa legge è stata cambiata. Non si capisce quindi l’utilità di riproporre un sistema simile in Italia”. 32 Passigli S., Democrazia e conflitto di interessi: il caso italiano. Milano, Ponte alle Grazie s.r.l., 2001. p. 21-22.
  • 45. 38 Il rapporto media e politica, assume perciò importanza perché incide profondamente sul consenso elettorale e la democrazia. Diventano spot televisivi al di fuori delle regole stabilite per la campagna elettorale, una sorta di propaganda occulta si direbbe, anche i passaggi televisivi di personaggi, nei quali il pubblico s’identifica, che esprimono in modo non canonico le loro scelte politiche. La concentrazione dei media rende, di fatto sbilanciato il rapporto fra le parti, tra chi può permettersi di accedere a questi servizi e chi no. La presenza del magnate dei media al governo in Italia, evidenziò immediatamente la rottura della costituzione materiale, il contratto con gli italiani, firmato in televisione alla presenza di uno degli anchor man più famosi, ruppe il tradizionale rapporto tra prassi politica ed elettori mediato dalle regole istituzionali e del rapporto tra maggioranza e minoranza. La presidenza delle due camere fu attribuita alla maggioranza di governo anziché come prassi a maggioranza e opposizione rompendo un equilibrio di poteri consolidato in democrazia. Il Sottosegretario al Ministero dell’Interno, il Professor Taormina, si trovava a dover difendere gli interessi generali di difesa della legge come parlamentare e contemporaneamente ad essere il difensore di Proventino che faceva capo ad uno dei potenti clan mafiosi; lo stesso dicasi del Presidente della Commissione Giustizia alla Camera che contemporaneamente era il difensore del Presidente del Consiglio a sua volta sotto processo, mentre i media diffondevano come un mantra la persecuzione politica del Presidente, diffondendo nell’opinione pubblica il concetto di una magistratura politicizzata e non in grado di svolgere il suo mandato, una magistratura da porre sotto controllo appunto, venendo meno ai principi cardine della democrazia dell’indipendenza del potere giudiziario.
  • 46. 39 2.5) La concentrazione dei poteri “È la concentrazione del potere mediatico e di quello politico che ha fatto parlare il mondo di anomalia italiana, – spiega Mazzone – una anomalia divenuta, a distanza di venti anni, oggetto di interesse non solo nelle cronache giornalistiche, ma di studio sugli effetti che tale situazione ha prodotto nel Paese”. Sin dal suo apparire, l’OSCE ne fu preoccupata, tanto che Freimut Duve il rappresentante per la libertà dei media parlò di “sfida per l’architettura dell’Europa” e cattivo esempio per le democrazie in via di transizione e definì il conflitto di interessi di Berlusconi minaccia per la libertà di stampa. Gli effetti della concentrazione dei media non tardarono ad evidenziarsi. Nel 2003 un rapporto di Reporters sans frontièrs classificava l’Italia al quarantesimo posto in una classifica di 139 paesi! La duplice veste di Presidente del Consiglio e proprietario di reti televisive oltre che di quotidiani e di una buona parte dell’editoria italiana, permise anche un controllo diretto sulla Rai, dove cominciò una sorta di epurazione dei giornalisti e uomini di spettacolo non graditi al governo. Cambiò lo stesso lessico giornalistico e si introdusse il termine editto Bulgaro per l’allontanamento del decano dei giornalisti Rai Enzo Biagi e del comico Lutazzi, perché criticati sull’uso spregiudicato del mezzo pubblico in una conferenza stampa in Bulgaria, dove era in visita di Stato. La Rai da sempre oggetto di lottizzazioni da parte della politica ma, tuttavia, rispettosa sempre dell’opposizione, fu omologata alla TV commerciale con la sostituzione del suo Consiglio di amministrazione di nomina dei Presidenti delle Camere e di vari Direttori, con ex funzionari Fininvest o giornalisti allineati. I progetti di legge per regolare il chiaro conflitto di interessi, entro i primi 100 giorni dall’elezione, si arenarono ed ebbero “un parto elefantiaco” come ebbe a dire l’onorevole Gasparri promotore della legge. Il pericolo della concentrazione dei poteri per la democrazia è palpabile quando, in pieno dibattito parlamentare sulla legge che ne doveva dare soluzione, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, inviava il 23 luglio 2002, per la prima volta dal
  • 47. 40 suo mandato, un messaggio ai presidenti delle camere interamente dedicato alla libertà dei mezzi di comunicazione e alla garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione, che concludeva con la frase “non c’è democrazia senza pluralismo e imparzialità”. Mentre la stampa scritta mantiene un sostanziale equilibrio di libertà e pluralismo e riflette lo scacchiere politico italiano di maggioranza e opposizione, è tuttavia schiacciata dall’egemonia dei mezzi di comunicazione audiovisivi sul piano economico, cosa questa che mina la sua indipendenza. “La vera criticità nei confronti di questo sistema è data dal fatto che controllori e controllati non sono nettamente distinti e quindi le authorities che dovrebbero vigilare, sono nominate dalla politica. – Commenta duramente il prof. Razzante – Le banche in primis, non dovrebbero avere azionisti degli stessi giornali. Purtroppo la costante di perdita degli stessi, impone la richiesta di prestiti e di fatto quindi, sono le stesse banche a dettare perciò le linee editoriali. È un sistema dell’informazione gestito con criteri estranei al business dell’editoria. Ci sarebbe bisogno in Italia di imprenditori dell’editoria che, girando il mondo e studiando modelli di business innovativo, siano in grado di produrre utili facendo gli editori. In realtà, questi soggetti non ci sono mai stati e non ci sono ora perché gli editori italiani sono tutti condizionati, purtroppo, da altri interessi”33 . Quasi il 60% degli investimenti pubblicitari nel 2003 erano assegnati alla televisione e questo tetto, spesso superato, fu oggetto di critica contro l’Autority della comunicazione per i mancati controlli. La legge non impedisce inoltre che si abbiano interessi in diversi settori mediatici, ciò favorisce i grandi gruppi del settore della comunicazione che avendo grosse disponibilità finanziarie possono favorire la scalata di gruppi editoriali come, di fatto, avvenne per il Corriere della sera e non riuscita per la denuncia pubblica dell’allora direttore De Bortoli. Il suo giornale era reo di aver pubblicato vari articoli sui processi in corso al Presidente e sulla politica 33 Reporters sans frontières (Inchiesta di Soria Blatmann). Conflitto di interessi nei mezzi di comunicazione: l’anomalia italiana. Aprile 2003.
  • 48. 41 economica del governo, sulla corruzione di alcuni magistrati a cui la Fininvest aveva girato fondi nei loro conti correnti svizzeri. Il settore mediatico è una fetta importante dell’economia e nonostante l’approvazione delle nuove norme sulla televisione il sistema italiano è ancora caratterizzato dal duopolio RAI Fininvest, mentre il terzo polo La 7 non occupa che una parte minoritaria del mercato. Il mondo è cambiato ma il consumo di contenuti audiovisivi sempre più in rete e in mobilità non ha intaccato il consumo della televisione che mantiene nel mondo e in Italia la centralità del consumo. Secondo il rapporto 2014 fornito dalla Confindustriali viewing è aumentato in media di 43 minuti negli ultimi 20 anni e in Italia tale consumo giornaliero ha superato le 4 ore e 21 minuti nel 2013 (4 minuti in più del 2012), complice la multicanalità e la crisi economica che ne aumenta l’uso casalingo. Sono dati netti che escludono il consumo indiretto di contenuti TV sul second screen mobile oggi in ascesa. La concentrazione dei media diventa quindi sempre più un problema di democrazia e libertà di informazione. “Purtroppo dal 1980 ad oggi la politica non è più una discussione o accordo attorno alle cose che ci interessano, ma è la conquista del potere a vantaggio di qualcuno, donde la disciplina elettorale maggioritaria, donde il fatto che quando qualcuno raggiunge una certa posizione di potere, là ci mette i suoi, a prescindere dal fatto che questi siano competenti o meno a ricoprire quel ruolo.” – Spiega il professor Della Torre – “Fino al 1980 infatti abbiamo avuto i tassi di partecipazione elettorale più alti della storia, raggiungendo vette del 93% e anche 94%. Quando si prendono come esempio di democrazia, paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, ci si dimentica che l’affluenza alle urne in queste realtà non supera il 30%. Questo vuol dire che gli elettori, e quindi la cittadinanza, non si riconoscono in quella forma di governo. D’altronde questa è una forma di governo furbesca, perché io candidato premier al governo del paese, una prima volta ottengo i voti necessari all’elezione sostenendo gli interessi di una parte, la seconda volta,
  • 49. 42 ottengo ugualmente il risultato, appoggiando un’altra fetta; e questo me lo consente il fatto che va a votare solo il 30% delle persone. Il discorso della concentrazione del potere e della concentrazione dei media – prosegue – riguarda un sistema di negazione della politica. Vengono gestiti una serie di affari, ma non gli interessi della collettività così come dovrebbero essere gestiti. Tanto più ci si spinge verso il corporativismo, tanto più sparisce la politica. Dal punto di vista del diritto, la differenza tra corporativismo e politica è semplice: la politica si ha quando io sono libero di scegliere tra i mezzi e i fini; il corporativismo si ha quando io perseguo i miei interessi, siano essi personali o di categoria. La struttura attraverso la quale si va ora alle camere che si basa sullo spoiler system, è una struttura non politica ma corporativa. Quando si parla perciò di Rai e Authorities legate alla politica, in realtà dovremmo dire che sono legate ad un sistema di corporativismo, più che di politica. È importante sottolineare però come la struttura elettorale, così come è stata pensata negli anni ’70, era giustificata rispetto alle condizioni politiche e alla Costituzione, in quanto allora le persone discutevano seriamente sulla res publica. Un parlamento così com’è adesso, eletto su base maggioritaria invece che su base più proporzionale, è un parlamento che non decide. Un parlamento “del Re”, ma non espressione della cittadinanza”. 2.6) Il blind trust e la condizione italiana Come ampiamente discusso nella prima parte della nostra trattazione, il trust è molto diffuso nei paesi anglosassoni, ma è estraneo al nostro ordinamento ed è di difficile comprensione nella nostra cultura. È stato introdotto in Italia solo nel 1992 con la ratifica della Convenzione dell’Aja. Nel significato corrente esso può essere definito “il rapporto fiduciario in virtù del quale un certo soggetto denominato
  • 50. 43 trustee, al quale sono attribuiti diritti e poteri di vero proprietario (legal owner) gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da altro soggetto denominato disponente, purché lecito e non contrario all’ordine pubblico.”34 Il blind trust è una particolare forma di trust che si caratterizza per il fatto di lasciare la completa autonomia ai trustee sui beni conferiti dal disponente. È usato negli USA per evitare il conflitto d’interessi e mira a sottolineare il completo distacco dell’uomo politico dai beni posseduti. L’elezione di Silvio Berlusconi, proprietario di tre reti televisive, ha fatto entrare il tema nel dibattito parlamentare sul conflitto d’interessi durante la XII legislatura. Nelle more della proposta governativa di trovare soluzione al problema, il cui studio era stato affidato ad un comitato di tre autorevoli giuristi, furono presentati in Senato due disegni di legge di iniziativa di esponenti dell’opposizione: il ddl AS 228, di iniziativa del senatore Pasquino ed altri, e il ddl AS 758, di iniziativa del senatore Passigli. Il Governo Berlusconi, esaurito il compito degli esperti, presentava il proprio disegno di legge il 2 novembre 1994, il n. AS 1082, imperniato sul cd blind trust. I tre disegni di legge vennero riuniti per la trattazione congiunta insieme ad un ulteriore disegno: il ddl AS 1330 del senatore Tabladini ed altri. Dopo una lunga interruzione dovuta alla crisi del Governo Berlusconi I e all’insediamento del Governo Dini, il 13 luglio del 1995 col n. C2900, fu approvato il testo unificato. Tra i caratteri salienti di quel provvedimento vi era la previsione dell’alienazione obbligatoria entro un anno, dei beni immobiliari posseduti in società operanti in settori di particolare rilievo (difesa, media ecc.). Lo scioglimento anticipato delle camere impedì il proseguo dell’iter parlamentare. La allora opposizione di centro destra non mancò di criticare il provvedimento nelle sue linee portanti predicandone il carattere espropriatorio volutamente ad personam. Nella XIII legislatura, il 29 gennaio 1997, fu ancora il senatore Passigli ad intervenire sul blind trust e i suoi limiti comunicando alla Presidenza un Disegno di 34 Intervista a Massimiliano Della Torre, settembre 2014.
  • 51. 44 legge costituzionale per la modifica dell’articolo 93 della Costituzione. Nel suo intervento al Senato egli motivò ampiamente la sua proposta sostenendo che “Un esame comparato delle varie legislazioni e ancor più la valutazione del diverso valore strategico che singoli settori hanno nell’economia di un paese, mostrano chiaramente che il solo istituto del blind trust non è sufficiente a prevenire l’insorgere dei conflitti d’interessi in ogni possibile caso, e che in taluni è necessario giungere sino all’alienazione dei beni che sono fonti di possibili conflitti di interessi e che il limite al diritto di proprietà, appariva già fondato negli articoli 41, secondo e terzo comma, e 42 secondo e terzo comma della Costituzione. Quindi era la stessa Costituzione a parere del senatore che aveva in sé un preciso richiamo alla prevenzione del conflitto d’interesse. L’articolo 1 della sua proposta recitava infatti: “All’art. 93 della Costituzione è aggiunto il seguente comma ‘La legge previene l’insorgere di possibili conflitti di interessi ponendo limiti al diritto di proprietà, di impresa e di esercizio di libere professioni dei membri del Governo’. Per tutta la legislatura si discusse alla Camera di quella proposta e del nuovo progetto di legge sul conflitto d’interessi presentato dall’onorevole Franco Frattini il 22 aprile del 1998. La discussione fu aspra e non mancò il giudizio del giurista Leopoldo Elia del PPI che valutò troppo severe alcune norme. Come accadde nella precedente legislatura il testo decadde senza ulteriori approfondimenti.
  • 52. 45 Capitolo 3 – Il caso italiano, provvedimenti e normative in merito 3.1) Premessa Sono trascorsi 10 anni dall’introduzione nel nostro Paese della legge n.215/2004 che disciplina il conflitto d’interessi e nota come legge Frattini, dal nome del suo proponente. Oggi, il conflitto d’interessi è scomparso dall’agenda politica del governo a guida PD, la sinistra che ne aveva fatto un cavallo di battaglia, anche nelle ultime elezioni, l’ha messo in soffitta, costretta, forse, o per una sua scelta strategica ad una politica di larghe intese con il centro destra. Il conflitto d’interessi non è però scomparso con le dimissioni da senatore di colui che in questi venti anni l’ha incarnato: Silvio Berlusconi, esso è tuttora presente e ancora oggetto di dibattito, non solo tra esperti o addetti ai lavori come le Autority. L’Italia non appare, comunque, ancora in linea con ciò che viene definita nelle democrazie occidentali etica pubblica. La legge sul conflitto d’interessi nel nostro paese sembra fatta per lasciare le cose come stanno e per aggirare il problema più che risolverlo. Ripercorrere il dibattito politico che ha occupato, per alcune legislature, il lavoro delle commissioni parlamentari di Camera e Senato, sulle norme che riguardano le emittenti televisive e il conflitto di interessi, è l’oggetto di questa terza parte. L’analisi dei punti qualificanti delle norme e delle loro insufficienze ci ha permesso di rendere più chiaro il problema oggetto della nostra trattazione. 3.2) La realtà italiana prima dell’elezione di Berlusconi Il “caso italiano”, come viene chiamato dai media stranieri, e dalla stessa OSCE, è figlio dell’Italia tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta. Sono anni caratterizzati da un profondo cambiamento nel costume (diffusione della
  • 53. 46 televisione commerciale), nell’economia (si impone il neoliberismo e le privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale) e negli orientamenti dell’opinione pubblica italiana: “Il trionfo della televisione commerciale segnò davvero una trasformazione profonda dell’Italia: in parte come sintomo di cambiamenti che avevano luogo altrove, in parte come motore in sé di nuove (anche grandi) ricchezze e di nuovi modelli di comportamento. Trasmetteva un’idea di libertà individuale e di abbondanza sia perché era gratis e sia perché prometteva a tutti livelli, un consumo “da ricchi”. Proponeva infatti un mondo fantastico, surreale, a cui però si poteva accedere se si era disposti a spendere seguendo i famosi “consigli per gli acquisti”. Dava l’idea agli spettatori di far parte di un gran carnevale che rovesciava molti dei valori precedenti. Era cresciuto anche, in quegli anni, il senso di sfiducia e di distacco nei confronti delle istituzioni. Si era generalizzata la percezione dei partiti politici come macchine prevalentemente clientelari, una sensazione resa più evidente dall’emergere sempre più frequente di fenomeni di corruzione politica. Era venuto meno, secondo lo storico Pietro Scoppola “il rapporto di fiducia fino ad allora esistito tra i cittadini e i grandi partiti di massa. Già nel 1991 si coglieva appieno la degenerazione interna al sistema che avrebbe portato di lì a poco a tangentopoli. La classe dirigente si era formata nei palazzi della politica e aveva costruito intorno a sé, secondo le dinamiche del potere, una specie di garanzia e di privilegi che l’hanno sempre più isolata dalla mentalità e dai problemi della gente”35 . Le elezioni del 1992 videro il crollo del Pds (ex PCI) e della DC che per la prima volta non superò la soglia del 30%. Un ulteriore aspetto della crisi è la forza raggiunta dalle grandi organizzazioni criminali, la mafia prima fra tutte, che aveva attuato la sistematica eliminazione di chiunque si opponesse, uomini delle forze dell’ordine, magistrati, politici, che si erano impegnati non solo nella lotta alla 35 Baldissara L.,, Battilossi S., La formazione storica. Firenze: il Novecento. Vol.terzo, Sansoni per la scuola, 2002. p. 579.