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Il negozio delle mamme
di Alessandro Gilioli
a Emma Sofia
Quando seppi che tu dovevi arrivare fui
molto contento, amore mio, però presto
pensai: non posso fare tutto da solo, pigro
come sono.
E se sbaglio qualcosa, quando ti preparo
la pappa?
E se poi ti annoi, a stare soltanto
con me?
Non sono neppure tanto bravo
a cambiare i pannolini!
Pensa e ripensa, pensa e ripensa, alla fine
mi venne un'idea: quasi quasi ti compro
una mamma.
Già, ma dove si comprano le mamme?
Chiesi in giro, ma non lo sapeva nessuno.
Guardai sui giornali e su Internet,
ma non c'era niente. Telefonai perfino al
Parlamento, ma non mi aiutarono
neppure loro.
Ero molto arrabbiato.
Così mi misi a girare per la città senza meta,
guardando solo i miei piedi avanzare
uno dopo l'altro.
Camminai tantissimo e a un certo punto
ebbi un po' di freddo.

Allora alzai lo sguardo per vedere dov'ero.
Ma non c'erano più case.
Lontano lontano, però, s'intravedeva
un'edificio alto alto con un cuore rosso
illuminato e una scritta al neon.
Così mi avvicinai.
Speravo che ci fosse un bar, un ristorante,
un posto in cui prendere qualcosa di caldo.
Invece, quando arrivai abbastanza vicino
vidi che cosa diceva, quella luce al neon:
“Negozio delle mamme”.

Che fortuna! Nemmeno a farlo apposta,
avevo trovato proprio quello che stavo
cercando!
Entrai subito, tutto contento.
A pian terreno, era un locale molto grande e
luminoso, ma tutto bianco e senza niente
dentro. Era completamente vuoto.
C'era solo un commesso, con le basette
bianche e una livrea blu, accanto a una scala
mobile che portava ai piani di sopra.
Il commesso mi si avvicinò subito e mi chiese,
formale: «Il signore desidera?».
Non sapevo come si comprava una mamma.
Allora gli spiegai un po' intimidito che
stavi arrivando tu: e che io spesso ero
fuori casa per lavoro, e poi più si è più ci si
diverte, no?
Il commesso, gelido, mi rispose: «Non si
preoccupi signore, siamo qui apposta. Le
porto a vedere le nostre mamme».
Lo seguii sulla scala mobile e al piano di
sopra era pieno di mamme.
Ma l'odore in quella stanza era tremendo:
una via di mezzo tra una palestra e
l'ingresso del Coin.
Insomma, erano mamme puzzolenti!
Mi feci subito portare via, sulla scala mobile
che saliva al secondo piano.
Lì c'erano tante altre mamme, mi
spiegò il commesso.
E lì, in effetti, non si sentiva
neppure cattivo odore.
Ma quando toccai il braccio di una mamma,
mi sembrò una grattugia del formaggio!
E la pelle di un'altra era come il muro
scrostato di una vecchia casa al mare.
Accidenti, erano
mamme ruvide!
Scossi la testa, guardando il commesso, e lui
impassibile mi portò al terzo piano.
Lì c'erano altre mamme che chiacchieravano
tra loro, ridacchiando: ma non capivo bene
che cosa dicessero.
Così mi avvicinai e compresi che stavano
parlando di una trasmissione televisiva che
avevano visto la sera prima.
Era quella di Maria De Filippi.
Allora ho capito: erano mamme stupide!
Niente,
bisognava
salire ancora.
Così
arrivammo
al quarto piano.
Lì le mamme
non puzzavano
e non erano
nemmeno ruvide.
Ma avevano tutte
i capelli tinti,
due dita di cerone
sul viso e le labbra
gonfie; si stavano
truccando e
parlavano di smalti
guardandosi allo
specchio.
Non mi piacevano
proprio: erano
mamme finte!
Scossi di nuovo la testa e così il
commesso mi portò al quinto piano.
Ma proprio mentre stavo arrivando io,
lì due mamme iniziarono
a insultarsi tra loro per via di una borsetta
che volevano tutt'e due,
mentre altre mamme stavano urlando per
mangiarsi una torta.
Quattro o cinque facevano a botte senza
che si capisse neppure il perché.
Porca miseria se erano mamme litigiose!
Al settimo piano, invece, c'era un silenzio
assoluto: tutte le mamme avevano vestiti
neri stretti stretti.
Camminavano con la schiena dritta dritta
come una scopa, il mento all'insù e le
sopracciglia inarcate.
Alcune avevano al guinzaglio un
barboncino bianco, altre avevano le dita
piene di brillanti.
Erano davvero mamme altezzose!
Allora il commesso mi portò all'ottavo
piano.
Qui le mamme però erano in tailleur
e stavano preparando presentazioni
in power point, usando parole che non
capivo come “nikkei”.
Aiuto, ero finito tra le mamme manager!
A quel punto il commesso non sapeva più
cosa fare: «Insomma, si può sapere che
mamma vuole lei?, mi disse piuttosto
scocciato.
Io mi fermai un po' a riflettere.
Poi gli dissi:
«Dev'essere una mamma morbida e deve
odorare di mare oppure di prato.
Poi dev'essere autentica, dal cuore puro e
dalla coscienza verticale.
Ah, naturalmente non deve darsi troppe
arie, perché è noioso chi si prende sul
serio».
Poi aggiunsi, sorridendo: «E un'ultima
cosa, se possibile: dovrebbe avere un
sedere che parla. Sa com'è!».
Il commesso allargò le braccia:
«Guardi in giro, magari trova qualcuna
che le piacerà», mi disse. E se ne andò.
Così rimasi solo, lì all'ottavo piano.
Mi guardai in giro, mentre attorno le mamme
manager parlavano di business plan
Guardai verso il soffitto, forse per
disperazione.
E lì vidi una scaletta a pioli che andava
dritta dritta verso una botola buia.
Allora salii, su nel solaio.
C'era solo una mamma, che stava leggendo
un libro seduta per terra, al lume di una
candela.
Aveva gli orecchini d’oro, la faccia buffa e un
collo lungo come non l’avevo mai visto.
Non so che cosa ci facesse lì, ma era
bellissima.
Anzi, perfetta.
La guardai e capii
in un attimo che
l'avevo trovata.

E sì,
era la tua mamma,
amore mio.
Copyright Alessandro Gilioli©2013

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Il Negozio delle Mamme

  • 1. Il negozio delle mamme di Alessandro Gilioli
  • 2.
  • 4. Quando seppi che tu dovevi arrivare fui molto contento, amore mio, però presto pensai: non posso fare tutto da solo, pigro come sono. E se sbaglio qualcosa, quando ti preparo la pappa? E se poi ti annoi, a stare soltanto con me? Non sono neppure tanto bravo a cambiare i pannolini!
  • 5. Pensa e ripensa, pensa e ripensa, alla fine mi venne un'idea: quasi quasi ti compro una mamma. Già, ma dove si comprano le mamme? Chiesi in giro, ma non lo sapeva nessuno. Guardai sui giornali e su Internet, ma non c'era niente. Telefonai perfino al Parlamento, ma non mi aiutarono neppure loro. Ero molto arrabbiato.
  • 6. Così mi misi a girare per la città senza meta, guardando solo i miei piedi avanzare uno dopo l'altro.
  • 7. Camminai tantissimo e a un certo punto ebbi un po' di freddo. Allora alzai lo sguardo per vedere dov'ero. Ma non c'erano più case. Lontano lontano, però, s'intravedeva un'edificio alto alto con un cuore rosso illuminato e una scritta al neon. Così mi avvicinai. Speravo che ci fosse un bar, un ristorante, un posto in cui prendere qualcosa di caldo.
  • 8. Invece, quando arrivai abbastanza vicino vidi che cosa diceva, quella luce al neon: “Negozio delle mamme”. Che fortuna! Nemmeno a farlo apposta, avevo trovato proprio quello che stavo cercando! Entrai subito, tutto contento.
  • 9. A pian terreno, era un locale molto grande e luminoso, ma tutto bianco e senza niente dentro. Era completamente vuoto. C'era solo un commesso, con le basette bianche e una livrea blu, accanto a una scala mobile che portava ai piani di sopra. Il commesso mi si avvicinò subito e mi chiese, formale: «Il signore desidera?». Non sapevo come si comprava una mamma.
  • 10. Allora gli spiegai un po' intimidito che stavi arrivando tu: e che io spesso ero fuori casa per lavoro, e poi più si è più ci si diverte, no? Il commesso, gelido, mi rispose: «Non si preoccupi signore, siamo qui apposta. Le porto a vedere le nostre mamme». Lo seguii sulla scala mobile e al piano di sopra era pieno di mamme.
  • 11. Ma l'odore in quella stanza era tremendo: una via di mezzo tra una palestra e l'ingresso del Coin. Insomma, erano mamme puzzolenti!
  • 12. Mi feci subito portare via, sulla scala mobile che saliva al secondo piano. Lì c'erano tante altre mamme, mi spiegò il commesso. E lì, in effetti, non si sentiva neppure cattivo odore.
  • 13. Ma quando toccai il braccio di una mamma, mi sembrò una grattugia del formaggio! E la pelle di un'altra era come il muro scrostato di una vecchia casa al mare. Accidenti, erano mamme ruvide!
  • 14. Scossi la testa, guardando il commesso, e lui impassibile mi portò al terzo piano. Lì c'erano altre mamme che chiacchieravano tra loro, ridacchiando: ma non capivo bene che cosa dicessero.
  • 15. Così mi avvicinai e compresi che stavano parlando di una trasmissione televisiva che avevano visto la sera prima. Era quella di Maria De Filippi. Allora ho capito: erano mamme stupide!
  • 16. Niente, bisognava salire ancora. Così arrivammo al quarto piano. Lì le mamme non puzzavano e non erano nemmeno ruvide.
  • 17. Ma avevano tutte i capelli tinti, due dita di cerone sul viso e le labbra gonfie; si stavano truccando e parlavano di smalti guardandosi allo specchio. Non mi piacevano proprio: erano mamme finte!
  • 18. Scossi di nuovo la testa e così il commesso mi portò al quinto piano.
  • 19. Ma proprio mentre stavo arrivando io, lì due mamme iniziarono a insultarsi tra loro per via di una borsetta che volevano tutt'e due, mentre altre mamme stavano urlando per mangiarsi una torta. Quattro o cinque facevano a botte senza che si capisse neppure il perché. Porca miseria se erano mamme litigiose!
  • 20. Al settimo piano, invece, c'era un silenzio assoluto: tutte le mamme avevano vestiti neri stretti stretti. Camminavano con la schiena dritta dritta come una scopa, il mento all'insù e le sopracciglia inarcate. Alcune avevano al guinzaglio un barboncino bianco, altre avevano le dita piene di brillanti. Erano davvero mamme altezzose!
  • 21.
  • 22.
  • 23. Allora il commesso mi portò all'ottavo piano. Qui le mamme però erano in tailleur e stavano preparando presentazioni in power point, usando parole che non capivo come “nikkei”. Aiuto, ero finito tra le mamme manager!
  • 24. A quel punto il commesso non sapeva più cosa fare: «Insomma, si può sapere che mamma vuole lei?, mi disse piuttosto scocciato. Io mi fermai un po' a riflettere. Poi gli dissi: «Dev'essere una mamma morbida e deve odorare di mare oppure di prato.
  • 25. Poi dev'essere autentica, dal cuore puro e dalla coscienza verticale. Ah, naturalmente non deve darsi troppe arie, perché è noioso chi si prende sul serio». Poi aggiunsi, sorridendo: «E un'ultima cosa, se possibile: dovrebbe avere un sedere che parla. Sa com'è!». Il commesso allargò le braccia: «Guardi in giro, magari trova qualcuna che le piacerà», mi disse. E se ne andò.
  • 26. Così rimasi solo, lì all'ottavo piano. Mi guardai in giro, mentre attorno le mamme manager parlavano di business plan Guardai verso il soffitto, forse per disperazione. E lì vidi una scaletta a pioli che andava dritta dritta verso una botola buia. Allora salii, su nel solaio.
  • 27.
  • 28. C'era solo una mamma, che stava leggendo un libro seduta per terra, al lume di una candela. Aveva gli orecchini d’oro, la faccia buffa e un collo lungo come non l’avevo mai visto. Non so che cosa ci facesse lì, ma era bellissima. Anzi, perfetta.
  • 29. La guardai e capii in un attimo che l'avevo trovata. E sì, era la tua mamma, amore mio.