discorso generale sulla fisica e le discipline.pptx
Dalla teoria alle pratiche
1. Dalla teoria alle pratiche
“La promozione di momenti di riflessione e confronto tra mondi diversi
ma intrecciati tra di loro quali la filosofia, il design, le professioni artigiane
mette in moto dinamiche di fertile contaminazione. Teoria (basata sul
vedere) e pratiche (alimentate dal fare) si alimentano vicendevolmente
ed è sempre stato così: la nostra città è caratterizzata dal sigillo del fare
con una visione innovativa. Occorre riprendere e lanciare in avanti questa
tradizione che ci apre una strada per il futuro, per la rigenerazione dei
luoghi e delle professioni, per dare un contesto di senso alle speranze dei
nostri giovani. L’innovazione necessita del pensiero, la competitività si
alimenta nel progetto”.
“L’uomo non «sta» nel mondo come il pesce nell’acqua o la
chiave nella toppa”
L’uomo non è nel mondo come la chiave nella toppa. Si prende
cura di ciò che è intorno a lui, con cui istituisce un interesse (usa
2. gli strumenti, si relaziona con i suoi simili), si protende verso le
cose, pro-getta, si pre-occupa.
“Il tratto fondamentale dell'abitare è l'aver cura. (…) Si tratta di
un soggiornare presso le cose, lasciandole nella loro essenza.”
Il nostro essere-nel-mondo è un prendersi cura, un istituire
relazioni di senso e di sensi con ciò che ci circonda. Il nostro
vivere è una scrittura nella quale, vivendo, narriamo le nostre
stesse vicende, “romanziamo” noi stessi e gli altri.
Narrativamente viviamo o, come dice sempre Hedidegger,
“Poeticamente abita l’uomo”, cioè creando (dal termine greco
poiesis) il proprio luogo di vita, il proprio ethos, abitando ed
arredando la propria esistenza.
“ Il modo in cui tu sei e io sono, il modo in cui noi uomini siamo
sulla terra è l'abitare. Esser uomo significa: essere sulla terra
come mortale; e cioè: abitare” (Heidegger)
“Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire”
E’ solo quando, anche nel linguaggio comune possiamo far
sgorgare dal cuore l’esclamazione “qui mi sento a casa” che
iniziamo a costruire. “Casa dolce casa” non si riferisce alle mura o
al giardino all’inglese ma al luogo di relazioni che ci ospita,
abitiamo le relazioni che ci fanno sentire rispettati per quello che
siamo e – da lì – iniziamo a costruire.
3. Ci sentiamo sollevati (il cuore leggero) quando il mondo che
ognuno di noitrascina con sé si intreccia con il mondo dell’altro,
formando così una terra ospitale, dove poter riposare. Quando si
torna a casa, finalmente si può riposare, perché “la casa non è un
albergo” (cioè non è un luogo funzionale semplicemente a dei
bisogni strumentali) oppure – se le relazioni si sono estraniate –
non si vede l’ora di uscire di casa e “questa casa è una prigione”.
Perché i mondi degli uni e degli altri trovino una fertile
congiunzione occorre anzitutto trovare un linguaggio di pace, non
abitato dalla violenza. Un linguaggio autentico poiché – sempre
Hediegger - “Il linguaggio è la casa dell'essere e nella sua dimora
abita l'uomo.”. L’uomo dimora nel linguaggio. Le parole e il senso
che attribuiamo ad esse determinano il nostro abitare nel
mondo, nella relazione con le cose e con i nostri simili. Non si
agisce bene se non si pensa bene e non si pensa bene se non si
parla bene, dando il giusto peso alle parole, perché esse sono
“gravi”. La povertà e insignificanza lessicali sono immediatamente
povertà di pensiero e degrado dell’umano vivere.
Parlare, pensare, agire, abitare mantengono tra loro un legame
originario, fondativo.
Un cenno vagamente politico. Quante volte i diversi linguaggi
(dell’economia, della scienza, della scuola, dei giovani, ) hanno
alimentato divisioni. Ci sono voluti decenni, ad esempio, per
giungere a condividere alcune parole-chiave e una comune
accezione delle stesse in campi molto attigui quali
scuola/formazione/lavoro. Oggi si inizia a condividere i campi di
senso di termini quali “competenze”, “figure professionali”, “reti
4. territoriali” e altre ancora e le pratiche trovano un terreno più
amichevole per riportar ad unità ciò che è stato artificialmente
separato. Resta forte e coriaceo il limite della centratura su se
stessi che porta a frammentazione e debolezza ma la carenza
sempre maggiore di risorse e la grandezza delle sfide potrebbe
aiutarci a rinsavire.
La realtà non è disciplinare né settoriale. L’oggetto è sempre
debordante nella sua obesità di dimensioni e senso. “Ceci n’st pas
une pipe” intitolava Magritte una sua tela che rappresentava in
effetti una pipa…. Ma potremmo dirlo di qualsiasi oggetto,
materiale o immateriale oppure, con approccio diverso,
potremmo dire come Eraclito che “la via in su e quella in giù sono
la medesima”. Dobbiamo uscire da rigide separazioni che non
rispecchiano la realtà, spesso i contrari vivono l’uno dell’altro: le
politiche di destra le fanno le sinistre e – talvolta – viceversa; i
governi tecnici fanno più politica degli altri; l’azienda è luogo di
cultura e la scuola luogo di lavoro; per salvare la tradizione
occorre progettare il futuro e non essere nostalgici; sanare
l’economia richiede di rilanciare la spesa; investire in ricerca ed
istruzione fa crescere il PIL; un paese urbanisticamente caotico e
poco vivibile può diventare armonico crescendo con uno sviluppo
intelligente e ancora, ancora, ancora…..
La realtà è sinfonica, vive di contrappunti, si alimenta nella
promiscuità e nella contaminazione. Perché parlare di cose, come
l’abitare o l’arredare, che sono essenzialmente delle pratiche?
5. M.Heidegger
La casa che fonda il possesso, non è possesso nello stesso senso
delle cose mobili che può raccogliere e custodire. Essa è
posseduta perché è da sempre luogo di ospitalità per il suo
proprietario. (Lèvinas) Totalità e Infinito. Saggio sull'esteriorità.