2. Jean Piaget
(Neuchâtel 1896 – Ginevra 1980)
2
uno dei tre grandi della psicologia con Freud e Skinner
studi di filosofia, matematica, sociologia, logica
studi sui molluschi > direzione del museo locale
laurea in biologia (1918)
analisi personale e studi di psichiatria e psicoanalisi
(Parigi)
collaborazione con Simon per taratura di un test (1919)
direttore all’Istituto Rousseau di Ginevra
sviluppo cognitivo come ponte tra biologia e conoscenza
epistemologia genetica
confronto empirico tra nozioni ingenue e scientifiche
3. Piaget epistemologo
genetico…
3
Due proprietà distinguono gli organismi viventi e sono
sempre presenti ed uguali (invarianti funzionali):
• Organizzazione: ogni organismo è costituito da parti
diverse ma interconnesse nel funzionamento
• Adattamento (non evoluzionistico): ogni organismo è
in relazione con l’ambiente
Sta per
assimilar
e
ma
dev
e
accomodarsi (aggiustarsi)
Se assimilazione e accomodamento sono in equilibrio
si realizza l’adattamento
L’intelligenza umana amplia e prolunga l’adattamento
biologico ma non è diversa da esso (1936)
4. … ma prima, Piaget psicologo
4
(anni ‘20) studi sui discorsi spontanei e colloqui “clinici”
sul egocentrismo e irreversibilità del pensiero
(1925-1931) osservazione di comportamenti dei figli
piccoli – azioni spontanee o provocate (“trilogia”)
(1932 oltre) dal colloquio al metodo critico; studi su
sviluppo di operazioni logiche, ragionamento, nozioni
di spazio, tempo, causalità, numero, quantità, caso
(da 4/5 anni all’adolescenza)
sfasamento tra sviluppo del bambino e cronologia degli
studi discontinuità nella trattazione delle
caratteristiche dell’età prescolare e scolare prima e
dopo il 1932
5. Da cosa nasce la
conoscenza?
5
Come siete venuti a sapere che c’è stata una
manifestazione in centro città?
Sento una notizia alla TV… Leggo un giornale…
Vedo il corteo…
Attività mentale di registrazione della realtà
(percezione acustica e/o visiva) + attività mentale di
comprensione (linguistica, ragionamento)
Ma com’è la conoscenza alle origini? Come fa un
bambino di 8 mesi a conoscere ciò che ha intorno?
Guarda (attività di registrazione) ma anche
prende, tocca, rigira, succhia, morde, lancia via…
7. Secondo Piaget
Il bambino nasce con un patrimonio
genetico che costituisce la base dello sviluppo
sia biologico che mentale.
La crescita avviene nell’incontro tra strategie
innate e rapporto con la realtà -le strategie
iniziali diventano sempre più complesse
esiste una stretta correlazione tra sviluppo
somatico e mentale, sviluppo che si basa su due
processi continuamente interagenti tra loro:
l’adattamento e l’organizzazione.
7
8. Il bambino esploratore
8
Il bambino fin dalla nascita, è fondamentalmente un
“esploratore”, un soggetto attivo di ricerca che si rapporta
con l’ambiente sulla base di due processi: l’assimilazione e
l’accomodamento.
L’assimilazione è il processo mediante il quale le nuove
esperienze e le nuove informazioni vengono assorbite e poi
elaborate in modo da adattarsi alle strutture già esistenti.
L’accomodamento è il processo fondamentale che
comporta la modificazione delle idee o delle strategie, a
seguito delle nuove esperienze.
Il bambino mentre si adatta al mondo, costruisce i
propri schemi mentali, rendendoli sempre più
complessi.
9. La conoscenza come azione
azioni manifeste
manipolare oggetti
esplorare visivamente
azioni interiorizzate
esperienze mentali,
operazioni
fare previsioni o progetti
eseguire calcoli
interagire con persone
ragionare, risolvere problemi
le azioni interiorizzate possono anche
concludersi con azioni manifeste
(dare una risposta verbale, spostare un oggetto)
guidare lo svolgimento di azioni manifeste
(giocare a scacchi, disegnare o scrivere, seguire
un percorso)
9
10. Dalle azioni manifeste
10
alle azioni interiorizzate: passo 1
azioni esperienze mentali
Nascita - 18 mesi
Infanzia
intelligenza SENSO MOTORIA
solo azioni manifeste
2 - 7 anni
Prima
intelligenza PRE-OPERATORIA
fanciullezza
anche esperienze mentali
riprodurre ciò che si è visto con una
sequenza di immagini,
immaginare un'azione invece che
eseguirla effettivamente
pensiero INTUITIVO
11. alle azioni interiorizzate: passo
2
11
esperienze mentali operazioni mentali
7 – 11 anni
Media
intelligenza OPERATORIA
fanciullezza CONCRETA
anche operazioni mentali
classificare, identificare relazioni logiche
Adolescenz e spazio-temporali, eseguire calcoli
11 anni in poi
a
intelligenza OPERATORIA
FORMALE
anche operazioni mentali su altre
operazioni
pianificare combinazioni, creare relazioni
12. Il primo passo (0-2 anni):
Lo stadio senso-motorio
12
Il neonato ha pochissime conoscenze innate :
schemi senso-motori, come succhiare
Si trova in uno stato di egocentrismo assoluto
(ossia indifferenziazione tra sé e mondo)
Entro 2 anni, attraverso 6 sotto-stadi, acquisirà
schemi sempre più numerosi e complessi, piani di
azione che collegano percezioni e movimenti e
comprenderà
la realtà come distinta da sé (nozione di oggetto)
le relazioni tra oggetti (spazio, tempo e causalità)
e acquisirà la funzione simbolica = distinzione tra
• significante / un nome
• significato / la cosa denominata
13. Indistinzione tra soggettività e
oggettività
13
Il bambino alla nascita non è in grado di
riconoscere il mondo esterno da quello interno,
l’”io” bambino è al centro della realtà, in quanto
incosapevole di se stesso è incapace di compiere
una separazione tra soggettività e oggettività della
realtà esterna.
Durante i primi mesi di vita, egli, non concepisce
nè percepisce le cose immerse nell’universo
esterno come oggetti permanenti, non conosce lo
spazio e la causalità, non ha in altre parole la
nozione di oggetto.
14. I processi di cambiamento
Il bambino non apprende, costruisce
I processi sono quelli ipotizzati da Baldwin:
REAZIONE CIRCOLARE = ripetizione di azioni
innescate da uno stimolo
che conservano o riattivano lo stimolo
che a sua volta ri-innesca le azioni
SCHEMA = azione divenuta abituali con reazioni
circolari
accordo tra schema e nuovo stimolo
> ASSIMILAZIONE
discrepanza tra schema e nuovo stimolo
> ACCOMODAMENTO (aggiustamento)
Equilibrio tra Assimilazione + Accomodamento =
Adattamento
14
15. Reazione circolare primaria
età
caratteristiche e
funzioni
15
esempi
2-4 mesi azioni riguardante il schioccare la lingua
corpo del bambino e guardarsi le mani
non oggetti o eventi
acquisizione di
schemi nuovi e loro
coordinazione
16. Reazione circolare
secondaria
età
caratteristiche e funzioni
16
esempi
4-8 mesi azione rivolta a effetti sul scuotere un
mondo esterno
sonaglio per
esplorazione della realtà sentire il suono
circostante (asistematica)
agitare braccia e
gambe in attesa
che forse il
sonaglio suoni
17. Reazione circolare terziaria
età
caratteristiche e
funzioni
12-18 mesi azioni sugli oggetti
... ripetute e
variate ...
sistematicamente
… individuare nuovi
… mezzi per agire
… sulla realtà
17
esempi
manipolare in tanti
modi un cucchiaio;
provare se suona
tirare la coperta
per avvicinare a sé
un orsetto
19. Sviluppo della permanenza
dell’oggetto 1
19
Inizialmente lontane dal proprio campo percettivo le cose
non esistono
3-6 mesi segue gli oggetti prima con lo sguardo e poi con la
testa. Quando perde l’oggetto l’unico tentativo che compie
nella speranza di ritrovarlo è prolungare i movimenti già
compiuti, quindi conosciuti e nel ritornare al punto in cui
l’oggetto è sparito. Egli attribuisce permanenza agli oggetti
fin tanto che riesce a seguirli e a ritrovarli con movimenti
semplici.
a questa età il bambino non concepisce il movimento degli
oggetti come indipendente dalla propria attività, continua a
cercare nel punto in cui ha visto sparire l’oggetto, convinto
che resti a sua “disposizione”, dipendente dalle sue azioni.
20. Sviluppo della permanenza
dell’oggetto2
20
4-6 mesi ->inizia ad esplorare il luogo in cui l’oggetto è sparito anche
se lontano dal proprio campo visivo. Ricerca con le mani il mobile
che non raggiunge con lo sguardo. Il bambino si limita a tendere il
braccio, a riprodurre il gesto di afferrare, perché l’oggetto è per lui
ancora a “disposizione” (no ricerca attiva -> ripete movimenti
conosciuti e interessanti. Crede nella materialità dell’oggetto che
continua ad esistere anche quando è visibile solo in parte, ma
quando non è visibile sparisce.
5-7 mesi ->capace di allontanare un ostacolo che nasconde l’oggetto.
In realtà non fa altro che scartare uno ostacolo che si presenta al
soggetto e non all’oggetto, cerca, in altre parole di liberare la sua
percezione. L’universo rimane ancora un insieme di immagini che
appaiono e scompaiono, ma permangono più a lungo,
semplicemente perchè egli prolunga nel tempo le sue azioni. Il
bambino scopre dunque il senso di efficacia che accompagna la
propria attività.
21. Sviluppo della permanenza
dell’oggetto 3
21
Con la conquista della prensione prima e della manipolazione poi, il
fanciullo si rende conto che il desiderio precede l’effetto atteso. Fino a
questo momento causa ed effetto erano su di uno stesso piano,
l’universo esterno e quello interno erano indissociabili. Ora il bambino
diventa consapevole dell’intenzione, la causa diventa dunque interna,
l’effetto esterno.
6-7 mesi -> il bambino impara ad imitare, ed utilizza questa nuova
conquista per far ripetere agli altri i gesti interessanti. Egli dunque imita
un movimento esterno e per farlo deve osservare ed incorporare il
gesto.
8-10 mesi -> comincia a cercare l’oggetto scomparso dal proprio
campo percettivo, studia gli spostamenti dei corpi, e inizia a coordinare
l’attività visiva con quella tattile. Se uno oggetto viene spostato
visibilmente, e poi nascosto, il bambino dopo una breve e superficiale
ricerca ritorna nel luogo in cui lo ha cercato precedentemente e
ritrovato. L’oggetto resta dunque “a disposizione” in un certo contesto
relativo ad una certa azione.
22. Sviluppo della permanenza
dell’oggetto 4
22
9-11mesi ->gli oggetti cominciano ad acquisire causalità,
anche se non vengono ritenuti ancora indipendenti dall’io.
E’ una “causalità che tende a spazializzarsi” ossia “a
esteriorizzarsi senza tuttavia distaccarsi dall’io, senza
tuttavia dissociarsi ancora dall’efficacia del gesto”. La
causalità non è più dipendente interamente dalla propria
attività, il soggetto comincia ora ad attribuire capacità
particolari anche agli altri.
Alla fine del primo anno di vita il tempo diventa
progressivamente indipendente dall’io, è ancora un
momento di transizione tra soggettività e obiettività. Per la
prima volta il fanciullo ricorda gli spostamenti dell’oggetto in
cui non è intervenuto, egli ricorda dunque gli spostamenti
come tali e non la propria attività.
23. Sviluppo della permanenza
dell’oggetto 5
23
fine del primo anno di vita - la metà del secondo -> il bambino impara a
tener conto degli spostamenti visibili successivi, non cerca più l’oggetto
in posizioni privilegiate. Con la conquista progressiva delle relazioni
spaziali, egli lo cerca nel luogo esatto in cui l’oggetto è stato spostato.
Il bambino scopre inoltre il tempo non legato alla sua attività ma proprio
di tutti gli elementi che compongono l’universo esterno. Per la prima
volta si rivela capace di ordinare nel tempo gli avvenimenti esterni
percepiti direttamente.
Verso la fine del secondo anno di età diventa capace di dirigere le sue
ricerche grazie alla rappresentazione degli spostamenti invisibili, egli è
ora in grado di dedurli e di percepirli. Riesce ad immaginare l’itinerario
dell’oggetto anche quando esso è invisibile. La sua permanenza non
obbedisce più all’azione del soggetto ma a leggi indipendenti dall’io. La
ricerca dell’oggetto diventa dunque cosciente.
24. Il riconoscimento di se’ (Zazzo 1983)
24
Esperimento : coppia di gemelli, uno specchio e un vetro
Fino a 12 mesi le reazioni del bambino di fronte allo specchio o ad un
vetro dietro il quale si trova il gemello sono simili. Il bambino cerca, di
toccare o raggiungere sia la propria immagine che quella dell’altro. E’
evidente che il fanciullo non è in grado di distinguere la propria
immagine dalla percezione dell’altro: il che implica un non
riconoscimento di sè, e soprattutto l’impossibilità a concettualizzare lo
spazio virtuale.
A 12 mesi il bambino, davanti allo specchio, mostra un comportamento
singolare: comincia ad osservare sia le parti del proprio corpo visibili
(in genere le mani), sia l’immagine di queste nello specchio, c’è un
primo abbozzo di riconoscimento, anche se parziale.
20-22 mesi ->Il bambino guardandosi mostra una reazione di
evitamento. Questa reazione è dovuta ad una elevata consapevolezza
cinestesica: il bambino è perplesso di fronte ad un altro che compie
esattamente i suoi movimenti.
25. Il riconoscimento di sè
25
24 mesi ->il bambino raggiunge una consapevolezza di sè tale da
permettergli il riconoscimento di se stesso allo specchio: a questa
età ricompare lo stesso giubilo che era apparso a 6 mesi di fronte
all’immagine dell’altro.
Prova della macchia ->Se al bambino viene fatta una macchia
sul viso, inizialmente egli cerca di toglierla sull’immagine allo
specchio. Verso i 24 mesi, al contrario, vedendo la stessa macchia
sul viso, passa la mano su di essa.
Questo comportamento non indica la formazione di un concetto di
spazio virtuale come diverso da quello reale: se il bambino viene
messo davanti allo specchio e alle spalle sopraggiunge un
familiare, egli tende a muoversi verso l’immagine riflessa. Solo
all’età di 30 mesi, tenderà a girarsi per guardare alle sue spalle.
A questa età, dunque, il bambino ha la piena
consapevolezza di sè e riesce a vedersi con gli occhi
26. Il secondo passo (dai 2 anni circa):
il pensiero “in erba”
Superato lo stadio senso-motorio, con l’avvento
della funzione simbolica , vi sono
manifestazioni osservabili direttamente
•
•
•
•
uso del linguaggio
imitazione differita
gioco di finzione
disegno, scrittura
e cambiamenti mentali, ricostruiti con studi empirici
• rappresentazione del mondo in forma preconcettuale (esprimibile in parole) o come
immagine mentale
• elaborazione delle rappresentazioni tramite
esperienze mentali
26
27. Limiti del pensiero preoperatorio
27
I residui dell’egocentrismo assoluto si manifestano
sotto forma di egocentrismo intellettuale =
difficoltà di distinguere tra il proprio punto di vista e
quello altrui
La capacità di annullare o compensare una azione
materiale (mettere e togliere; aggirare un ostacolo)
non si traduce subito nella stessa capacità con azioni
mentali irreversibilità
28. egocentrismo
28
E’ la tendenza ad essere “incentrato sull’io”. Il
bambino guarda le cose unicamente dalla sua
prospettiva non rendendosi conto che esistono
molteplici punti di vista.
Questo dato è evidente soprattutto nel linguaggio o
comunque nella conversazione ove il bambino non
tiene conto dell’interlocutore, come se l’altro
conoscesse il suo stesso pensiero.
29. Concentrazione
29
Il bambino tende a concentrarsi su di un unico aspetto
evidente di un evento tralasciando gli altri altrettanto
importanti e deformando in questo modo il suo pensiero. Egli
finisce cioè per considerare una parte come il tutto.
Solo alla fine del periodo pre-operatorio inizia la fase di
decentramento: il bambino comincia a tener conto
contemporaneamente dei diversi aspetti di una stessa situazione.
L’io dunque non sarà più per il bambino l’unico punto di
riferimento.
30. Il ragionamento
nascosto negli errori
Eva è + chiara di
Susy e + scura di
Lilli. Chi è la +
scura delle tre?
Non si può
sapere perché
Eva è + chiara
e + scura.
Susy è = a Eva
perché loro
sono le 2 scure.
Senti Aldo, mi hai No, sono solo io
detto che hai un che ho un
fratello di nome fratello
Paolo. E Paolo
ha un fratello?
30
trasformano dei
giudizi di relazione
in attribuzioni di
caratteri al singolo
(giudizi di inerenza)
non sanno fare
collegamenti
non riesce a
mettersi nei panni
di Paolo
31. Ragionamenti “transduttivi”
Come si fa a sapere se una cosa è viva? E’ viva se si
muove
Mi fai capire meglio? Per esempio un animale è vivo
finché se muove, se non si muove più è morto.
Le piante sono vive o no? No, perché non possono
mica andare in giro!
Un sasso è vivo? No. Come mai? Perché se lo rompi
non esce sangue.
Le cose con il sangue sono vive? Se hanno il sangue
sono vive.
Il sangue chi ce l’ha? L’uomo, gli animali … e le piante.
Mi spieghi? Sì, perché una pianta, se spezzi un ramo
esce … un liquido bianco che è come sangue della
pianta.
Allora le piante sono vive o no? Sì, sono vive finché
31
Criterio 1:
movimento
I domanda
critica:
mantiene Crit.1
Criterio
2:sangue
esitazione!
mantiene il
criterio 2
II domanda
32. Il giudizio morale
Metodo clinico: porre delle
domande sulle questioni
morali ai bambini (6-12 anni),
sia riferendosi a fatti comuni
nell’esperienza del bambino
(il raccontare bugie, i castighi,
i criteri di distribuzione di
cose desiderate dai bambini)
sia usando storie
appositamente inventate
nelle quali il bambino doveva
valutare il comportamento dei
personaggi
32
Piaget cercava di
ricostruire i processi
mentali che avevano
portato alle risposte;
egli usò anche
l’osservazione diretta
di alcuni giochi dei
bambini, che
coinvolgevano l’uso di
norme sociali, come
quelle relative al
rispetto delle regole.
33. Il giudizio morale 1
Studi basati su una variante del colloquio, in cui ai
bambini sono presentate storielle da giudicare
33
• E’ più grave dire a mamma che hai preso 6 mentre hai
preso 5 o che hai visto un cane grosso come una
mucca?
• Come si dovrebbe punire un bambino che non ha
obbedito e ha fatto restare la famiglia senza pane?
• Le risorse ottenute da un gruppo di bambini con dei
lavoretti andrebbero distribuite in base al merito o
all’uguaglianza?
Passaggio
• da realismo morale a giudizio su intenzioni
• da punizioni espiatorie (eteronome) a reciproche
• da uguaglianza a equità nella giustizia distributiva
34. Il giudizio morale 2
REALISMO MORALE:
prevalente fino agli 8 anni,
collegata con una prospettiva
egocentrica del mondo e con il
predominare di un modo di
pensare “realistico”: la validità dei
principi, rigidi e immutabili, è
determinata dall’autorità di chi li ha
emanati( es. i genitori), e dalla
capacità di questi ultimi di far
rispettare tali principi con adeguate
sanzioni in caso si trasgressione.
In questa prospettiva i
comportamenti vengono giudicati o
giusti o sbagliati, e i bambini
ritengono che tutti debbano
giudicarli in questo modo.
34
RELATIVISMO MORALE:
descritta anche come morale
dell’autonomia, l’intenzione e il
contesto assumono un ruolo
importante nella valutazione
dell’atto. Questa forma di
moralità tende a prevalere dopo
gli otto anni, anche se può
coesistere con manifestazioni
della morale eteronoma. I
principi non sono più considerati
immutabili, ma fondati e
mantenuti dal consenso
reciproco, e quindi modificabili in
rapporto a situazioni e contesti
diversi.
35. Il giudizio morale 3
35
Nei bambini in cui prevale il realismo morale la bugia è cattiva perché può
comportare una punizione, diversamente potrebbe essere permessa.
Successivamente , la bugia è qualcosa di cattivo di per sé, anche se le
punizioni venissero soppresse; infine, è negativa perché danneggia la
fiducia reciproca. Inoltre, la gravità di una bugia viene valutata non in base
all’intenzione di ingannare, ma in base al grado di discrepanza della realtà e
in base alla possibilità che la bugia sia creduta; insomma, è più colpevole
chi la racconta più grossa.
Secondo Piaget, lo scarso peso attribuito alle intenzioni in rapporto alle
conseguenze è anche legato all’esempio dato dagli adulti, che spesso
puniscono proprio in base alle conseguenze dei comportamenti.
Piaget sottolinea inoltre, che se il bambino vive con i fratelli o compagni una
vita sociale che favorisce i suoi bisogni di simpatia e cooperazione, questo
promuoverà una morale fondata sulla reciprocità e non sull’obbedienza.
Secondo Piaget, lo sviluppo del senso di giustizia rappresenta un
aspetto primario del passaggio da una morale eteronoma ad una morale
autonoma, ed è strettamente legato all’esperienza col gruppo dei pari.
36. Giustizia retributiva e distributiva
36
La prima è più primitiva e prende in considerazione l’esigenza di una
proporzionalità fra meriti e vantaggi assegnati, e fra entità delle trasgressioni
e entità delle punizioni.
La seconda appare dominata dall’esigenza di uguaglianza.
Nozione di sanzione espiatoria che domina nella fase di realismo morale:
legata all’idea che ad ogni trasgressione debba seguire una punizione
severa, che appare conseguenza naturale e necessaria dell’atto punito e
che in ogni caso verrà da qualche parte, magari non dalle persone ma dai
fatti naturali ( giustizia immanente); essa ha le sue origini nell’uso che gli
adulti fanno della punizione .
In seguito alla cooperazione e al rispetto reciproco, viene eliminato il
carattere espiatorio della sanzione e prevale l’aspetto della riparazione o
dell’osservanza dell’obbligo reciproco. Questa reciprocità ha inizialmente un
carattere semplicistico e gradualmente assume un carattere più
universalistico.
37. La cooperazione
37
Le relazioni sociali
con l’adulto sono basate su autorità e dipendenza
tra pari sono basate su collaborazione e autonomia
Il confronto tra coetanei è
indispensabile per mantenere le relazioni (regole)
più agevole del confronto con l’adulto
(fino 1932) motore dello sviluppo cognitivo: pensiero
autistico egocentrico socializzato
(dopo 1932) espressione dello sviluppo cognitivo:
schemi senso-motori pensiero preoperatorio
operazioni mentali (concrete e formali)
38. Interviste sul mondo
La rappresentazione del mondo nel bambino, 1926
visione a-dualistica della realtà, confonde
38
• tra sogno e realtà : quando dormo il sogno e nella
stanza e la mamma lo può vedere Realismo
• tra cause e fini: quando cammino, la luna mi segue
per farmi luce
Finalismo
• tra inanimato e vivente : il sole è vivo perché si
muove Animismo
• tra naturale e fabbricato : i laghi sono stati riempiti
dagli uomini; le nuvole sono il fumo dei caminetti
Artificialismo
Inizialmente, Piaget pensava che questo modo
egocentrico di pensare durasse fino a 10-11 anni
39. Realismo
39
Il bambino attribuisce al contenuto dei propri pensieri una
diversa localizzazione, ossia “situa nell’universo o negli altri
ciò che noi situiamo in noi stessi, e situa in se stesso ciò
che noi situiamo in altri”.
E’ sensibile al mondo che lo circonda, ma essendo
inconsapevole dei suoi processi mentali, finisce per
considerare i suoi pensieri e i suoi sentimenti, obiettivi,
come se ognuno di noi provasse le sue stesse emozioni e
formulasse i suoi stessi pensieri.
In altre parole le sue rappresentazioni e i suoi strumenti del
pensiero sono da lui percepiti come assoluti, egli si pone al
centro dell’universo, ignorando “l’esistenza della propria
soggettività”.
40. Finalismo
40
Visione "provvidenziale" della natura,
per cui tutto tende ad avvenire secondo
un certo ordine, in modo armonico,
grazie anche all'influenza delle stesse
leggi morali che regolano la vita
umana.
41. Animismo
41
I bambini inizialmente attribuiscono “vita” sia ad
oggetti animati che inanimati.
Fino all’età di 6-7 anni, tutti i corpi per il bambino
sono “coscienti e vivi, anche quelli immobili. La
coscienza è legata ad una attività qualsivoglia, sia
che questa attività emani dagli oggetti stessi, sia
che questi la subiscono dall’esterno”.
Il fanciullo “ignora che possano esserci azioni non
accompagnati da coscienza. L’attività è per lui,
necessariamente intenzionale e cosciente”.
42. Animismo 2
42
Secondo Freud, l’animismo, è un fenomeno dovuto alla “proiezione di
percezioni interiori all’esterno”.
Piaget critica questa interpretazione, sostenendo che all’origine
dell’animismo vi siano due fattori: individuali o biologici e sociali.
Tra i fattori sociali, assume una certa importanza il rapporto del bambino
con i propri genitori, in particolare quello con la madre che intervenendo
“in tutti i suoi atti e in tutti i suoi affetti “impedisce al fanciullo di distinguere
la sua attività da quella degli altri. In altre parole i genitori concorrono nel
creare l’indifferenziazione tra l’io e il mondo esterno .
I fattori di ordine individuale sono due:
l’indissociazione -> Il bambino, non distingue, inizialmente, gli atti
intenzionali da quelli non intenzionali, il mondo psichico da quello fisico, il
soggettivo dall’oggettivo, e attribuisce alle cose vita, coscienza ed
emozioni.
L’introiezione -> è la tendenza ad attribuire agli astri ed alle cose i
medesimi sentimenti che si provano di fronte ad essi.
43. Artificialismo
43
è la tendenza del bambino a pensare che tutte le
cose esistenti in natura, anche le materie prime,
abbiano origine dall'attività fabbricatrice dell'uomo
44. In conclusione…
44
Il pensiero pre-operatorio è dunque un pensiero irreversibile, lento,
contraddittorio, il bambino non è capace di mantenere inalterata la sua
premessa nel corso di una sequenza di ragionamento.
E’ inoltre incapace di separare i diversi aspetti del suo ragionamento, in
quanto egli concentra la sua attenzione su di un unico aspetto evidente,
trascurando gli altri altrettanto importanti e deformando in questo modo il
suo pensiero.
Non è in grado di collegare adeguatamente le trasformazioni successive di
un evento che lo rendono logico e coerente.
Il bambino piccolo afferma sempre, ma non dimostra mai.
I primi concetti o pre-concetti sono dunque estremamente concreti, non
astratti, il bambino piccolo concentra tutta la sua attenzione su di un aspetto
saliente di un evento, traendo da esso una conclusione, che si impone alla
sua percezione.
Egli si limita a “giustapporre” un elemento di pensiero ad un altro, senza un
rapporto causale e logico. Non è capace di stabilire delle vere relazioni di
causalità fra elementi successivi di una catena di ragionamenti.
45. Il gioco1 Schemi presimbolici: livello
uno.
45
Gli oggetti vengono utilizzati in modo appropriato ma al di
fuori del contesto normale
Il primo passo nella transizione dall’attività sensomotoria a quella
simbolica é l’uso significativo di azioni sensomotorie separate dai loro
obiettivi usuali. La conoscenza delle funzioni di oggetti reali in situazioni
reali costituisce la base dell’attività simulatoria più avanzata. Quando il
bambino compie un gesto convenzionale in risposta a un oggetto, egli
dimostra comprensione dell’oggetto. Per esempio, lo schema di bere é
in origine applicato a una tazza colma di bevanda ma alla fine anche
una tazza vuota susciterà il medesimo schema. Questi primi gesti
presimbolici hanno una qualità designante azione, per cui un gesto
semplice é usato in maniera seria, implicando il riconoscimento
attraverso l’azione. Azione e significato sono uniti a questo livello.
46. Il gioco2
Schemi autosimbolici: livello due.
46
Appare la consapevolezza della differenziazione tra
ciò che è letterale e ciò che è per far finta
Al livello precedente il bambino attribuiva significati
sensomotori a oggetti. Ora il bambino mostra consapevolezza
della natura di finzione delle attività di gioco. Il "significato"
dello schema di bere ora é più generale, così che la sua
varietà realistica e di finzione può essere attivata a piacere.
Questa considerazione simultanea dell’azione reale e della
situazione di finzione che essa rappresenta fornisce la
primissima relazione referente - simbolo.
47. Il gioco2 continua
47
Come Piaget (1972) ha osservato, il simbolo é l’azione del
bambino, ma ciò che é simbolizzato rappresenta anch’esso
l’azione del bambino. Perciò, benché simbolo e referente
possano essere concettualizzati come separati, nell’azione
essi sono uniti. Piaget ha definito questa forma limitata di
finzione schema simbolico e ha indicato che il suo inizio
dovrebbe corrispondere all’ingresso nel sesto stadio
sensomotorio. Il limite di questo livello é che questi schemi
sono ancora legati alle azioni sensomotorie del bambino
(Fein, 1981). I comportamenti di finzione sono limitati alle
attività quotidiane (mangiare, dormire, fare toeletta) e sono
compiute con il bambino come il solo partecipante esibendo
il nucleo estremo della prima simbolizzazione. La maggior
parte dei bambini mostra questo tipo di comportamento a
partire dai 13 mesi.
48. Giochi simbolici decentrati: livello tre.
48
Compaiono due nuove modalità di azione simbolica: nella
forma più primitiva, le altre persone sono destinatarie
passive dell’azione del bambino, mentre nella forma più
avanzata sono attori, protagonisti insieme al bambino.
Le prime azioni decentrate sono ancora fortemente guidate
dalle sollecitazioni materne
Mentre nel livello precedente il bambino é un agente attivo
e "l’altro" (per es., un pupazzo) é un recipiente passivo o un
oggetto dell’azione del bambino, ora il bambino sembra
uscire dalla situazione e manipolare "l’altro" come se fosse
un agente attivo. Lo stesso processo di decentrazione
permette al bambino di estendere il repertorio degli schemi
di gioco disponibili con l’imitare azioni di altri, come
telefonare, leggere, o pulire.
49. Giochi simbolici combinatoriali: livello
quattro.
Implica da parte del bambino il riconoscimento
delle diverse componenti che costituiscono una
sequenza di azioni. A questo livello opera il
principio di integrazione, che può riguardare le
diverse azioni o i soggetti che prendono parte al
gioco
Implica da parte del bambino il riconoscimento
delle diverse componenti che costituiscono una
sequenza di azioni. A questo livello opera il
principio di integrazione, che può riguardare le
diverse azioni o i soggetti che prendono parte al
gioco
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50. Giochi simbolici diretti
internamente:livello cinque.
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Le azioni simboliche appaiono organizzate in
sequenze coerenti dal punto di vista tematico e
temporalmente contigue le une alle altre
Nel secondo anno, un cambiamento fondamentale
nell’approccio del bambino al gioco simbolico fa sì
che i giochi siano prodotti mentalmente, prima di
eseguirli, piuttosto che essere suscitati da
particolari oggetti. Le sequenze di gioco simbolico
precedente erano essenzialmente lineari, i
comportamenti di gioco erano legati insieme in
sequenze temporali basate sul contesto presente.
51. Livello cinque continua
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In contrasto, la struttura di gioco a questo livello é gerarchica, in quanto richiede
la coordinazione di almeno due strutture di rappresentazione, di una
trasformazione mentale o un’intenzione la quale guida un comportamento di
finzione distinto ma collegato.
Diversi tipi di gioco simbolico presentano questa struttura gerarchica. Per
esempio, quando un oggetto é sostituito con un altro, come l’uso di un bastone
come se fosse un cavallo, é implicata una definizione interna (bastone =
cavallo), la quale può o può non essere verbalizzata. Questa definizione
essenzialmente guida il trattamento successivo del bastone (per es., dare da
mangiare al bastone ora equivale a "dare da mangiare al cavallo"). Inoltre, il
progettare un comportamento di finzione prima di eseguirlo dimostra questa
struttura gerarchica. C’è dapprima una intenzione ad agire, espressa
verbalmente. Questa intenzione guida il successivo atto di finzione. Infine
anche il comportamento di gioco nel quale una bambola o altro oggetto é
trattato come un agente capace di eseguire azioni in modo indipendente implica
questa gerarchia. Un piano interno o una trasformazione identifica l’oggetto
come agente, ed é solo attraverso questa trasformazione che il comportamento
del bambino assume il suo pieno significato.
52. Giochi di regole (7 - 11 anni):
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dapprima sono imitazioni del gioco dei bambini più
grandi, mentre poi si vanno organizzando
spontaneamente caratterizzando la
socializzazione del bambino. Mentre i giochi
precedenti tendono a diminuire con l'età, i giochi di
regole, all'opposto, diventano più frequenti ,
dimostrando l'importanza delle relazioni e del
codice sociale.
53. Giochi di regole continua..
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i giochi con regole sono convenzionali e prestabiliti, le regole
rappresentano l'essenza del gioco, sono esplicite, devono essere
comunicate, accettate e condivise da tutti i partecipanti prima che il
gioco abbia inizio. I ruoli sono definiti a priori così come le possibili
mosse di ciascuno; ogni eventuale modifica della regola deve essere
stabilita prima di iniziare a giocare. La gamma dei possibili
comportamenti è più ristretta e formalizzata: inoltre, mentre il gioco di
fantasia è del tutto fine a se stesso, nei giochi con regole i giocatori
competono tra loro per vincere e vi è pertanto un obiettivo da
raggiungere. I giochi con regole possono essere insegnati e appresi,
hanno dei nomi che li rendono riconoscibili, fanno parte delle tradizioni
di particolari comunità e momenti storici, cambiano nel tempo e
comportano un sistema di sanzioni per coloro che violano le regole del
gioco.
Una funzione importante dei giochi con regole è quella di mettere alla
prova le proprie capacità e di verificare fino a che punto si è in grado di
arrivare rispetto a un determinato obiettivo.
54. Riflessioni sul gioco
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Il gioco riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo intellettivo: esso,
infatti, stimola la memoria, l'attenzione, la concentrazione ,
favorisce lo sviluppo di schemi percettivi , capacità di confronto,
relazioni ecc. Una carenza di attività ludica denuncia, nel bambino,
gravi carenze a livello cognitivo.
Attraverso il gioco il bambino incomincia a comprendere come
funzionano le cose : che cosa si può o non si può fare con
determinati oggetti, si rende conto dell'esistenza di leggi del caso e
della probabilità e di regole di comportamento che vanno
rispettate.
L'esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e
ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il
quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di
quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di
queste sue due realtà.