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A cura di Fabio Peloso, infermiere psichiatrico
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 2
Sommario:
I MESI DEL DEBUTTO--------------------------------------------------------------------------------4
SOLITARIO O SOCIEVOLE?------------------------------------------------------------------------------4
NASCE PROGRAMMATO PER PARTECIPARE ALLA "DANZA SOCIALE" ------------------------4
PERIODO SENSO-MOTORIO (JEAN PIAGET 1896-1980).-----------------------------5
PRIMO STADIO ---------------------------------------------------------------------------------------------5
SECONDO STADIO-----------------------------------------------------------------------------------------5
TERZO STADIO----------------------------------------------------------------------------------------------5
QUARTO STADIO-------------------------------------------------------------------------------------------6
QUINTO STADIO--------------------------------------------------------------------------------------------7
SESTO STADIO ---------------------------------------------------------------------------------------------7
IL FASCINO DEGLI OCCHI-------------------------------------------------------------------------8
ALLA CONQUISTA DEL MONDO -------------------------------------------------------------------------9
ASPETTO PSICOMOTORIO------------------------------------------------------------------------9
APPENA NATO----------------------------------------------------------------------------------------------9
A UN MESE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
A DUE MESI------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
A TRE MESI------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
A QUATTRO MESI ---------------------------------------------------------------------------------------- 11
A CINQUE - SEI MESI ------------------------------------------------------------------------------------ 11
LA VISTA: UNA GRADUALE MESSA A FUOCO----------------------------------------- 11
PRIMO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 11
SECONDO MESE------------------------------------------------------------------------------------------ 12
TERZO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 12
QUARTO MESE-------------------------------------------------------------------------------------------- 12
QUINTO MESE--------------------------------------------------------------------------------------------- 12
SESTO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 12
PROFUMO DI MAMMA----------------------------------------------------------------------------------- 13
PREGO, UN SORRISO!----------------------------------------------------------------------------- 13
FATTORI ETIO-PATOGENETICI PSICOLOGICI E SOCIALI-------------------------- 14
La prima infanzia
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FATTORI FAMILIARI ------------------------------------------------------------------------------------- 14
CARENZE QUANTITATIVE------------------------------------------------------------------------------- 14
DEPRESSIONE ANACLITICA --------------------------------------------------------------- 14
ISTITUZIONALISMO / OSPEDALISMO ------------------------------------------------------- 15
CARENZE QUALITATIVE--------------------------------------------------------------------------------- 15
FATTORI INDIVIDUALI ----------------------------------------------------------------------------------- 15
BIBLIOGRAFIA ----------------------------------------------------------------------------- 17
La prima infanzia
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I mesi del debutto
Appena nato sembra indifferente a tutto ciò che lo circonda. Tranne che al cibo,
beninteso. Ma da subito fa una conquista dopo l'altra. Sotto tutti i punti di vista. E,
sorridendo, scopre il mondo.
Per nove mesi ha occupato la mente dei genitori e la pancia della mamma. È stato
tanto fantasticato, e forse anche un po' temuto. E finalmente è nato. È diventato
qualcosa di concreto. Ma è come se fosse ancora circondato da un alone di mistero.
È lì sdraiato nella culla, che dorme beato quasi come appartenesse a un altro
pianeta, oppure strilla a pieni polmoni rivendicando la soddisfazione dei suoi bisogni
fondamentali. Ma che cosa coglie del mondo e delle persone che lo circondano? E
che cosa "sa fare" in realtà?
Solitario o socievole?
Una volta si riteneva che il neonato fosse una lavagna vuota, un libro bianco su cui la
vita avrebbe scritto tutto il sapere umano. Oggi i diversi studi neurologici
sembrerebbero sfatare questo pregiudizio. Ma restano aperti alcuni interrogativi e
convivono due diverse teorie sulla crescita, sul modo in cui il piccolo acquista il
senso di sé e diventa un essere sociale. Una vede il neonato come un individuo che
dovrà essere "modellato" dagli adulti che si occupano di lui. L'altra lo ritiene un
essere "sociale" sin dalla nascita, capace quindi di avere da subito un rapporto
interattivo con i genitori. Di fatto, il neonato è "competente" in funzione degli adulti.
"Un bambino" osserva lo psicologo D. W. Winnicott, "non può esistere da solo, ma è
essenzialmente parte di una relazione." Sta ai genitori, insomma, capire i suoi
bisogni e le sue necessità. E lui fa di tutto per farsi intendere.
"Dal punto di vista percettivo" osserva Susanna Mantovani, docente di pedagogia
sperimentale all'Università degli Studi di Milano, "il piccolo è molto più articolato e
coerente di quanto si pensasse un tempo, proprio come lo è nel segnalare il suo
stato: per esempio, piange in modo diverso per indicare se ha fame o freddo, se è
stanco o si sente solo. E il risultato positivo che ottiene con i suoi diversi messaggi
regolarizza progressivamente le sue segnalazioni e le rende sempre più intenzionali
e più facili da riconoscere."
Nasce programmato per partecipare alla "danza sociale"
Dal punto di vista psicologico, il piccolo appena nato dà l'impressione di essere
come "isolato", in certo senso ignaro del mondo che lo circonda. Anche le
manifestazioni di affetto lo lasciano apparentemente indifferente. Sembra abbia
bisogno solo di essere alimentato, pulito e lasciato in pace. Tutto questo però non
vuol dire che il bambino ami la solitudine. Come spiega la psicologa Helen Bee nel Il
bambino e il suo sviluppo (Zanichelli), per la sua sopravvivenza sono necessarie la
presenza e la cura continue di alcune persone, innanzitutto dei genitori: "Di
conseguenza, assume un ruolo determinante l'abilità del neonato di fare in modo che
gli altri si prendano cura di lui". Ed è proprio qui che entrano in gioco le capacità
"sociali" del piccolo. "Sia l'adulto che il bambino infatti sembrerebbero pronti fin
dall'inizio per partecipare insieme a una specie di "danza sociale", che sta alla base
della nascente relazione tra genitori e figlio. "Ecco allora che il neonato, come
dimostrano varie ricerche etologiche, mette in atto tutta una serie di comportamenti
che servono ad "avvicinare" sempre più le persone: dal pianto allo sguardo, dal
sorriso ai vocalizzi.
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 5
È come se la natura lo avesse "programmato", dotandolo degli strumenti necessari
a socializzare. In particolare, il bambino nasce con la predisposizione a riconoscere
i volti umani: a una settimana (uno studio dice addirittura nelle prime 72 ore di vita)
sarebbe già in grado di mimare i movimenti facciali di un adulto.
Sin dai primissimi istanti di vita, il piccolo mostra di avere buone capacità uditive e
olfattive. Ed è anche in grado di riconoscere le minime differenze di gusto, mentre
per quel che si riferisce al tatto la sua sensibilità è notevole soprattutto per quanto
riguarda la bocca, il viso, le mani, la pianta dei piedi e l'addome.
Periodo senso-motorio (Jean Piaget 1896-1980).
Sei sottostadi di sviluppo
Secondo Jean Piaget, lo studioso svizzero che con le sue teorie sull'infanzia ha
influenzato il pensiero di un'intera generazione di psicologi, dalla nascita fino al
primo mese di vita il bambino attraversa il primo dei sei sottostadi in cui è suddiviso
il periodo di sviluppo "sensomotorio", che si concluderà a 18 mesi
Durante il periodo senso-motorio, l'infante parte da un livello neonatale, di puro
riflesso, caratterizzato dalla completa assenza di differenziazione sé-mondo (l'infante
non distingue se stesso dal resto del mondo), per giungere ad una organizzazione
relativamente coerente che lo rende capace di azioni senso-motorie entro i suoi
ristretti limiti ambientali. Questa organizzazione è esclusivamente pratica e comporta
semplici aggiustamenti percettivi e motori ai fenomeni circostanti, piuttosto che la
loro manipolazione simbolica. Piaget descrive sei sottostadi principali di questo
periodo. Essi riflettono, evolvendosi impercettibilmente, le transizioni organizzative
per quei semplici aggiustamenti percettivi e motori, fino a che alla fine del periodo
senso-motorio, è raggiunta una rudimentale capacità di simbolizzare azioni o eventi.
Primo stadio
Il primo stadio, quello dei riflessi (dalla nascita a un mese), comporta una crescente
efficienza nel funzionamento dei riflessi innati. È importante notare come una delle
principali considerazioni di Piaget sul comportamento dei riflessi in questo stadio
sia che, perfino queste forme basilari di adattamento, non sono meramente
provocate da una stimolazione esterna diretta. Ma è piuttosto l'infante (come
creatura attiva più che passiva) che dà spesso inizio a questa attività.
Secondo stadio
Durante il secondo stadio dello sviluppo senso-motorio (da due a quattro mesi),
avvengono le reazioni circolari primarie. Esse sono azioni non intenzionali e
spontanee centrate sul corpo del bambino (perciò sono state chiamate primarie) che
vengono ripetute più e più volte (perciò sono state chiamate circolari) fino a che si
rafforza e si stabilisce l'adattamento. Il comportamento nel secondo stadio, quindi, è
caratterizzato dalla comparsa della ripetizione di atti semplici. Tali atti sono
inintenzionali e fine a se stessi. Esempi di reazione circolare primaria possono
essere la ripetitiva suzione del pollice o l'azione ripetuta di tastare una coperta. Gli
altri quattro stadi del periodo sensomotorio sono caratterizzati da una crescente
intenzionalità da parte dell'infante.
Terzo stadio
Nel terzo stadio (dai quattro agli otto mesi) è di estrema importanza lo sviluppo delle
reazioni circolari secondarie. Durante questo stadio si estende la consapevolezza
La prima infanzia
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dell'ambiente esterno da parte del bambino. Le sue reazioni più che incentrarsi
primariamente su azioni corporali, implicano ora la manipolazione di eventi o di
oggetti dell'ambiente esterno. Reazioni di questo tipo sono state perciò chiamate
secondarie. L'attività, durante tale stadio, è caratterizzata ancora una volta dalla
circolarità (le azioni sono ripetute più e più volte). Tuttavia, le reazioni non sono
ripetute solo come fine a se stesse, ma per un interessante effetto di stimolo creato
da qualche attività particolare. Dalla ripetizione di queste azioni (scoperte per caso)
vengono appunto ottenuti risultati interessanti, tali da spingere alla produzione di
nuove alterazioni dell'oggetto o dell'evento esterno. Un esempio di reazione circolare
secondaria potrebbe essere costituito da un infante che agita ripetutamente le
braccia allo scopo di imprimere movimento ad un giocattolo sospeso sopra la sua
culla.
Quarto stadio
Il quarto stadio senso-motorio (dagli otto ai dodici mesi) implica la coordinazione
delle reazioni secondarie. I mezzi e i fini sono chiaramente differenziati; per la prima
volta il comportamento dell'infante è di natura veramente intenzionale e il bambino
comincia a risolvere problemi semplici. Schemi non preventivamente associati di
azione (uno schema è una risposta generale usata per risolvere un problema
particolare), sono associati in modo nuovo. L'infante applica uno schema come
mezzo per raggiungere uno scopo; un altro schema familiare è impiegato per in-
staurare un comportamento nei confronti dello scopo, una volta che questo è stato
raggiunto. Questa nuova coordinazione di reazioni secondarie è resa possibile
grazie alla capacità dell'infante di generalizzare o di trasferire uno schema usato
come mezzo oltre la situazione nella quale era stato originariamente utilizzato.
Durante il quarto stadio avviene la progressiva differenziazione tra sé e il mondo.
Viene stabilita la permanenza dell'oggetto. Se l'infante osserva un oggetto che
successivamente viene sottratto alla sua vista, arriva a capire che questo oggetto ha
ancora una esistenza obiettiva anche al di fuori della sua azione. L'esempio
seguente può chiarire la marcata intenzionalità delle azioni e il concetto di
permanenza dell'oggetto che caratterizza il quarto stadio senso-motorio.
Immaginiamo un infante che guarda il suo giocattolo preferito e che questo,
lentamente, venga ricoperto con un panno. Piaget afferma che un infante nel terzo
stadio dello sviluppo senso-motorio, quando l'oggetto è completamente nascosto,
non riconosce più la oggettiva esistenza dell'oggetto; per esso l'oggetto è allora fuori
dalla vista, fuori dalla mente. Data la stessa semplice situazione, un infante nel
quarto stadio è sufficientemente capace di comprendere l'esistenza indipendente
del giocattolo. Entrambi gli infanti possono arrivare a tirare via il panno dall'oggetto:
l'infante del terzo stadio lo fa probabilmente solo per osservare il movimento del
panno (essendo il movimento uno stimolo già in sé interessante); dopo che il panno
è stato tirato via dal giocattolo, l'infante del terzo stadio può magari scoprire
accidentalmente la nuova esistenza dell'oggetto e mettere in atto una reazione
secondaria cercando di raggiungerlo. Al contrario, l'infante nel quarto stadio del
periodo senso-motorio ha chiaramente in mente il giocattolo dall'inizio e non vi
incappa per caso. Il panno che copre l'oggetto è percepito come un ostacolo che
non permette il diretto raggiungimento della meta. Il tirare il panno è usato come
mezzo per raggiungere la meta desiderata; diversamente dall'attività del terzo
stadio, il movimento del panno non è fine a se stesso. L'azione di tirare il panno
La prima infanzia
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serve come mezzo per raggiungere un fine. Esso è posto in relazione e coordinato
con l'azione finale di raggiungere l'oggetto. Questa capacità di combinare
unicamente schemi di azione precedentemente non connessi (usando uno schema
come mezzo per raggiungere lo scopo ed il secondo schema per entrare in
relazione con lo scopo stesso) in una relazione mezzo-fine, costituisce da parte
dell'infante, la base di una semplice attività di soluzione del problema. Il concetto di
permanenza dell'oggetto non è, nel quarto stadio, pienamente articolato. L'infante del
quarto stadio incontra considerevoli difficoltà se i movimenti di un oggetto sono
complessi o se l'oggetto viene spostato nello spazio dall'area nella quale era stato
inizialmente nascosto. Se un giocattolo viene ad esempio ripetutamente nascosto
sotto un cuscino, l'infante del quarto stadio lo cercherà. Ma se l'oggetto viene poi
nascosto sotto un secondo cuscino, l'infante lo continuerà a cercare sotto il primo,
anche se ha visto chiaramente che il giocattolo veniva nascosto sotto il secondo. È
come se il posto o la posizione che erano associati con i precedenti felici tentativi di
scoprire l'oggetto celato alla vista, fossero un attributo dell'oggetto stesso.
Quinto stadio
Durante il quinto stadio del periodo senso-motorio (dai dodici ai diciotto mesi),
l'infante diviene consapevole che un oggetto può essere spostato nello spazio
conservando l'idea della permanenza di esso. La costanza di un oggetto è quindi più
saldamente stabilita; la permanenza è ora qualcosa di distinto dal passato successo
dell'infante nel trovare un oggetto in un posto particolare. Un altro aspetto del quinto
stadio è lo sviluppo delle reazioni circolari terziarie. Queste reazioni sono definite in
termini di metodi più concreti e avanzati di esplorazione di oggetti nuovi o di eventi
ambientali, per mezzo di nuove sperimentazioni. L'interesse per la novità in se
stessa è l'attributo primario di una reazione circolare terziaria.
Attraverso attive sperimentazioni per prove ed errori, l'infante scopre nuovi mezzi per
raggiungere uno scopo. Laddove nel quarto stadio il comportamento che conduceva
ad uno scopo era piuttosto stereotipo, l'infante del quinto stadio cerca attivamente e
sperimenta mezzi nuovi per raggiungere un particolare fine. Non solo egli si fida
delle attività che precedentemente si sono dimostrate capaci di successo, ma si
accosta al problema per nuove vie: non si limita a muovere con le mani un cuscino
per raggiungere un giocattolo nascosto, ma tenta nuove strade. Può tentare di
spingere via il cuscino con un piede o può cercare di farlo per mezzo di un bastone. Il
bambino del quinto stadio non inizia una azione al solo scopo di ottenere il risultato
desiderato: l'azione viene iniziata in modo che possano essere completamente
esplorate le relazioni mezzi-fine. L'infante è interessato a nuove varianti ed a come
queste varianti agiscono sull'oggetto o sulla sua abilità ad ottenere l'oggetto.
Sesto stadio
Il sesto stadio (dai diciotto ai ventiquattro mesi) è caratterizzato dalla transizione da
un'azione evidente ad una rappresentazione mentale nascosta. Il bambino è in grado
di utilizzare simboli mentali per riferirsi ad oggetti assenti dall'ambiente
immediatamente circostante. Diminuisce la coazione dell'esperienza immediata
come requisito per una attività intenzionale. Durante questo stadio il bambino è
capace di imitazione differita, di riprodurre a memoria cioè il comportamento di un
modello assente: di rappresentare il modello assente per mezzo di alcune forme
simboliche. L'infante, in questo stadio finale dello sviluppo senso-motorio, è capace
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di sperimentazione interiore, una esplorazione mentale interiorizzata delle relazioni
tra modi e mezzi. In altre parole, con l'avvento della rappresentazione mentale e della
invenzione il bambino è in grado di simbolizzare azioni o eventi prima che questi
producano realmente qualche comportamento particolare. Le soluzioni ai problemi
sono considerate in termini di dimensione mentale piuttosto che fisica. Durante
questo ultimo stadio del periodo senso-motorio il concetto di permanenza
dell'oggetto è stabilito in modo più chiaro. Il bambino ora cercherà un oggetto
spostato nello spazio dove questo è scomparso l'ultima volta piuttosto che dove era
stato nascosto l'ultima volta. Ciò indica che il bambino riconosce il fatto che un
oggetto può essere spostato e continuare a mantenere la sua oggettività.
TABELLA RIASSUNTIVA (Periodo sensomotorio):
Primo stadio (dalla nascita a un mese) comporta una crescente efficienza nel
funzionamento dei riflessi innati
Secondo stadio (da due a quattro mesi) avvengono le reazioni circolari primarie
Terzo stadio (dai quattro agli otto mesi) è di estrema importanza lo sviluppo delle
reazioni circolari secondarie, intese come ripetitive
Quarto stadio (dagli otto ai dodici mesi) implica la coordinazione delle reazioni
secondarie
Quinto stadio (dai dodici ai diciotto mesi) l'infante diviene consapevole che un
oggetto può essere spostato nello spazio conservando l'idea della
permanenza di esso
Sesto stadio (dai diciotto ai ventiquattro mesi) è caratterizzato dalla transizione da
un'azione evidente ad una rappresentazione mentale nascosta
Il fascino degli occhi
Già a due mesi il suo "sorriso sociale", molto più evidente, sembra allargarsi al
mondo intero. E compaiono i primi vocalizzi: una voce che parla o canta attrae
moltissimo il bambino, che protende le labbra in avanti e cerca di fare i suoi
"discorsi" con l'interlocutore. Non solo. Il piccolo impara anche a controllare lo
sguardo: in quale direzione rivolgerlo, su che cosa e per quanto tempo. È quindi in
grado di dare inizio o di porre fine a un faccia a faccia.
Il suo rapporto con la mamma adesso è un "duetto" di visi. E, nel viso, sono
soprattutto gli occhi ad attrarlo irresistibilmente: un modo diretto e profondo, per
conoscersi.
A tre mesi, poi, il bambino conclude un primo importantissimo ciclo di sviluppo.
Anche quel neonato su cinque che ha sofferto di coliche gassose ora non ha quasi
più il mal di pancia e piange molto meno. L'adattabilità che il piccolo mostra, il fatto
che esprima molte meno esigenze rende il lavoro della mamma sicuramente più
leggero di prima. Una ragione che rende il bambino ancora più "godibile".
A questo punto il piccolo è in grado di vedere sino a circa tre metri di distanza e
incomincia ad "aprirsi" definitivamente al mondo. Sorride spesso e gira la testa
interessato verso chi gli parla o verso un rumore che lo incuriosisce. La voce della
mamma lo calma, a meno che non stia piangendo furiosamente. E quando sente i
preparativi della pappa si agita e si succhia la lingua e le labbra. Le esperienze
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 9
fisiche piacevoli, come la poppata o il bagnetto, lo fanno vocalizzare felice mentre il
solletico lo fa sorridere e divertire. Inizia, insomma, a comunicare e a mostrare la sua
vitalità: in una parola, a farsi "grande".
Alla conquista del mondo
Con il quarto mese, i progressi si fanno più evidenti e importanti. Si apre quello che
secondo Piaget costituisce il terzo sottostadio del periodo sensomotorio. Il bambino
incomincia a capire che le sue azioni possono portare a certi risultati e che è in
grado di far accadere eventi esterni a lui che lo interessano: è capace, per esempio,
di far muovere un giochino colpendolo intenzionalmente. Possiede già, inoltre, i primi
rudimenti della memoria di "richiamo", quella che permette di "vedere" un oggetto
anche quando non lo si ha più sotto gli occhi. E, sorpresa, incomincia a ridere: il
primo segnale di quella caratteristica tipicamente umana che è l'umorismo.
Intanto, i progressi nello sviluppo delle capacità fisiche continuano: entro i sei mesi, il
piccolo raggiunge una maggiore concentrazione visiva e mostra di saper apprezzare
determinate melodie. E fa notevoli conquiste anche nella comunicazione. Ora non
solo reagisce immediatamente e con gioia alla voce della mamma, ma, oltre a saper
usare i vocalizzi per esprimere approvazione, allegria o protesta, incomincia anche a
"canticchiare", ripete cioè con soddisfazione e solo per il gusto di sentirli suoni a due
sillabe: "gu-u" "a-da" "a-a". Certo, la prima parola è ancora lontana, ma il piccolo dà
l'impressione di poterla dire da un momento all'altro.
Gli piace giocare: se mamma e papà si avvicinano con l'intenzione di prenderlo in
braccio esprime tutta la sua gioia con sorrisi e risatine. E gli piace partecipare a
quello che succede intorno a lui, come acchiappare un oggetto che gli viene posto
accanto e tenerlo ben stretto.
In particolare, verso i sei mesi si verificano due notevoli cambiamenti. Innanzitutto,
come dimostrano gli studi in merito, il bambino finalizza i suoi comportamenti
soprattutto all'attaccamento verso una sola persona. Per la prima volta possiamo
dire che è veramente "attaccato" a qualcuno. In secondo luogo, ora è in grado di
muoversi più liberamente e di spostarsi verso chi si prende cura di lui o di
richiamarlo verso di sé.
In più, a questa età il bambino usa la persona per lui più importante come base di
partenza per esplorare l'ambiente che gli sta attorno. Insomma, il piccolo è ormai
pronto a tutti gli effetti per partire alla conquista del mondo... con la sua mamma!
Aspetto psicomotorio
Appena nato
• Il neonato sta sempre raggomitolato su se stesso: le braccia e le gambe sono
piegate rigidamente, i pugni chiusi.
• Sdraiato a pancia in giù, può girare la testa da un lato all'altro per non soffocare,
ma i suoi muscoli hanno poca forza e in posizione seduta, non riesce a sostenere
il capo.
• Le sue azioni sono quasi sempre riflessi automatici, ossia risposte istintive agli
stimoli provenienti dall'ambiente, destinati a scomparire entro i primi tre mesi.
• Se la mamma avvicina il capezzolo alla sua guancia, il neonato si gira verso di
esso, apre la bocca e incomincia a succhiare: sono i riflessi del "rooting" e della
"suzione".
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 10
• Se gli tocchiamo il palmo della manina, la chiude subito afferrando il nostro dito:
è il riflesso della "prensione".
• Se facciamo un forte rumore il piccolo lancia le manine in aria, come per
aggrapparsi a un sostegno immaginario: questa reazione primitiva di difesa si
chiama "riflesso di Moro".
• Se infine, tenendolo diritto, gli facciamo toccare un piano con la pianta dei piedi,
incomincia a muovere le gambe alternativamente: è il riflesso di "marcia
automatica".
A un mese
• La rigida contrazione delle braccia e delle manine si rilassa notevolmente e il
corpo del piccolo rimane molto più disteso durante il riposo. In posizione supina,
a pancia in su, tiene sempre la testa girata di lato, con un braccino disteso e
l'altro piegato, ma non riesce a sollevare braccia e mani al di sopra del corpo.
• La forza e il suo controllo muscolare sono decisamente migliorati e il bambino
riesce a sostenere il capo per un po'. Se lo teniamo sospeso in aria a pancia in
giù, solleva la testa e riesce ad allinearla per pochi momenti con il corpo.
• Il suono di una voce vicina quieta e amichevole lo spinge a soffermarsi ad
ascoltare: se è ben sveglio e non è distratto da altri stimoli, rivolge verso il suono
testa e occhi e può persino sospendere temporaneamente un lamento di
richiesta.
• È capace di volgere con interesse la testa e gli occhi verso una fonte di luce.
Anche righe e simboli di quadri e figure attraggono la sua attenzione. Ma è in
grado di seguire solo brevemente con lo sguardo un oggetto che viene mosso
davanti ai suoi occhi, soprattutto se viene spostato in fretta.
A due mesi
• La capacità motoria del bambino continua a progredire. Il corpo è sempre più
rilassato e, in posizione supina, le gambe non sono più costantemente piegate. Il
piccolo ha la capacità di volgere il viso non solo a destra e a sinistra, ma anche
verso l'alto.
• Incomincia a sollevare dal corpo le braccia e le manine, anche se non sa ancora
tenere volontariamente un oggetto e non è neppure in grado di controllare i
movimenti in modo da dirigere le braccia verso qualcosa a portata di mano che
attrae la sua attenzione.
• Messo a pancia in giù nel lettino è in grado di alzare nettamente la testa dal
piano e di spostarla per seguire una persona o un oggetto in movimento.
• Se lo teniamo sospeso in aria, sempre a pancia in giù, riesce a sostenere a
lungo la testa allineata al corpo, ma resta ancora con le gambe ciondoloni.
A tre mesi
• Quando è seduto, ha abbastanza forza per tenere la testa dritta, pur con qualche
traballamento, e possiede già un uso preciso delle mani e delle braccia.
• Non fa più solo movimenti automatici, ma può reggere volontariamente un
oggetto, anche se per poco tempo, e riesce a mettere le due mani a contatto fra
di loro.
• Sdraiato a pancia in su, tiene il viso rivolto sempre verso l'alto, scalcia con le
gambe e muove le braccia a mulinello.
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 11
• Se è messo a pancia in giù nel lettino, si solleva appoggiandosi sulle mani e sulle
braccia e tiene la testa eretta.
• Sospeso per aria a pancia in giù, riesce a sollevare bene il capo al di sopra del
resto del corpo e ad alzare anche braccia e gambe.
A quattro mesi
• Messo a pancia in giù, il bambino è in grado ormai di puntare bene le braccia e
di sollevare il capo e il torace per guardarsi intorno, ma anche di rovesciare
indietro la testa per cercare di vedere quello che succede dietro di lui.
• In posizione supina, è capace di allungare la mano verso un oggetto e di
afferrarlo con una certa facilità per poi portarlo alla bocca. Inizia così
l'esplorazione orale (dal latino os-oris, cioè bocca): un modo per "conoscere" le
cose che metterà a frutto per diversi mesi.
• Il busto, sorretto abbastanza bene dai muscoli della schiena, gli consente di stare
seduto, se è aiutato dal braccio della mamma che lo sorregge sotto le ascelle.
Tiene anche la testa ben dritta, senza più oscillazioni.
• Impara inoltre a girarsi da solo dalla posizione a pancia sotto a quella a pancia in
su. Spesso poi, quando lo si tiene in braccio, mostra di voler puntare i piedi e
stare dritto sulle gambe.
A cinque - sei mesi
• Sdraiato a pancia in su, protende tutte e due le braccia alla vista di un oggetto
interessante. Quando poi afferra qualcosa saldamente, passa l'oggetto da una
mano all'altra e lo "assaggia" ripetutamente con la bocca.
• Sempre stando sdraiato, solleva la testa in avanti e si guarda i piedi, tendendo le
gambe in aria e scalciando. Sembrano quasi tentativi di mettersi seduto,
posizione che il piccolo mostra di preferire perché gli consente di ammirare il
"panorama" intorno a lui.
• Può rimanere seduto ma solo se viene sostenuta all'altezza delle anche: la
schiena non è ancora perfettamente dritta e se lo si lascia senza sostegno cade
in avanti o di fianco.
• Se lo si tiene in piedi su un piano o sulle ginocchia, "saltella" instancabilmente.
• È in grado di girarsi da solo dalla posizione a pancia in su a quella a pancia in
giù, il che richiede molta più forza e coordinazione del movimento contrario.
Proprio per questa sua capacità di muovere bene il tronco e di rigirarsi
continuamente, il bambino è perfettamente in grado di spostarsi su un piano
anche per diversi metri.
• L'interesse per l'esplorazione con la bocca prevale ancora sull'esame visivo,
anche se la palpazione e la manipolazione hanno fatto progressi enormi.
• La mimica varia molto, secondo le situazioni e le persone che lo avvicinano. E i
giochi che riesce a fare con il suo corpo sono più vari.
La vista: una graduale messa a fuoco
Mese dopo mese, si spalanca al bambino un orizzonte sempre più ampio, con
contorni sempre più precisi. Il processo, che sintetizziamo in queste righe, è stato
dettagliatamente descritto da Irene Lezine, Interazione educativa nella prima età.
Modelli osservativi dello sviluppo infantile in famiglia e al nido (Franco Angeli).
Primo mese
La prima infanzia
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Il piccolo ha uno sguardo vago, che sembra animarsi davanti a un volto vicino o a un
oggetto brillante: è attratto infatti dalle sorgenti luminose. Dopo la poppata lo
sguardo è appesantito e il bambino segue con gli occhi gli oggetti in modo
discontinuo. Nei primi giorni incrocia facilmente gli occhi perché la muscolatura dei
globi oculari è ancora debole: si parla infatti di strabismo intermittente. Quando volta
la testa a destra i suoi occhi si orientano a sinistra e viceversa.
Non ha ancora coordinazione tra il vedere e il prendere.
Secondo mese
Lo sguardo è più diretto e mobile. Compare il bisogno di guardare "per guardare". Il
bambino cerca più attivamente le sorgenti luminose. E, quando un oggetto si sposta
davanti a lui, può fissarlo e riafferrarlo con lo sguardo se l'ha perso. Segue con gli
occhi una persona che si sposta, guarda a lungo un viso noto. A volte, quando si
porta la mano al volto, le rivolge un breve sguardo.
Terzo mese
Ora lo sguardo è continuo e concentrato, diretto più nettamente davanti a sé. Lo
strabismo intermittente tende a scomparire. La capacità di distinguere i colori
diventa evidente: il bambino distingue il bianco dal rosso, colore che fissa
intensamente. Il piccolo volta la testa in ogni senso per seguire un oggetto che lo
interessa e, quando questo passa nel suo campo visivo, lo "riafferra" con lo sguardo.
Se gli vengono presentati due oggetti a 20 cm di distanza l'uno dall'altro, all'inizio li
guarda in modo alternato, quindi fissa a lungo quello collocato dal lato preferito.
Segue con gli occhi persone diverse, ma ha uno sguardo più intenso per le persone
di famiglia. Guarda le proprie mani, le passa e ripassa nel campo visivo, e inizia a
stabilire una relazione tra vedere e prendere.
Quarto mese
Lo sguardo si fissa rapidamente sull'oggetto proposto e il bambino sa esaminarlo
rapidamente. Si accorge di oggetti piccoli sia in movimento sia immobili. Da seduto,
gira la testa per guardare una persone che passa. Osserva alternativamente le
proprie mani e se un adulto gli trattiene una mano fuori dal suo campo visivo, lui la
cerca con lo sguardo. Incomincia a effettuare ispezioni più sistematiche.
Quinto mese
Lo sguardo è ora molto intenso. Il bambino guarda immediatamente e con
attenzione gli oggetti presentati e riconosce quelli familiari. Incomincia a osservare
ciò che porta alla bocca. Guarda l'oggetto e poi chi glielo presenta. Cerca con gli
occhi una persona che si affaccia e poi sparisce dal suo campo visivo. Sviluppa la
coordinazione tra vedere e prendere. Ed estende l'interesse visivo alle parti del
corpo più lontane, come i piedi. Anche vedere la propria immagine allo specchio
suscita in lui reazioni di interesse.
Sesto mese
Il bambino incomincia a guardare gli oggetti da vicino e a occuparsi dei dettagli.
Segue con facilità l'oggetto nelle quattro direzioni. Se tiene in mano due oggetti, li
guarda entrambi e può interessarsi anche a un terzo. Incomincia a prestare
attenzione alle relazioni fra gli oggetti e a mostrare sorpresa per i cambiamenti che
avvengono ai volti familiari.
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 13
Allo specchio, guarda la persona che lo tiene in braccio e si sporge per osservare
quello che succede dietro a lui.
Profumo di mamma
Olfatto è forse il senso più trascurato da noi adulti. Ma, fin dalla nascita, il bambino
possiede una notevole memoria olfattiva, che si affina rapidamente nelle prime 72
ore di vita e diventa uno strumento fondamentale di conoscenza. Uno strumento che
gli permette di orientarsi con sicurezza verso la fonte del cibo e che lo aiuta a
costruire il suo primo, più importante legame di attaccamento: quello con la mamma.
Studi recenti, infatti, hanno mostrato che i neonati, già a soli sei giorni, fra un
tampone impregnato dell'odore del seno matero e uno impregnato dell'odore di
un'altra donna, preferiscono il primo.
Non solo: l'odore emanato da parti diverse del corpo materno eserciterebbe
addirittura su di loro un potere calmante.
Ma come fa il piccolo a distinguere il "profumo" del seno materno? Semplicemente
perché si tratta di qualcosa di unico, che è il risultato della mescolanza delle
secrezioni delle ghiandole sebacee, sudorifere e lattifere della mamma con l'odore
del latte, differente a seconda del regime alimentare. A cui si aggiunge po l'odore
della stessa saliva del piccolo. Già da subito, insomma, il neonato "sente" che di
mamma ce n'è una sola...
Prego, un sorriso!
"Hai visto? Mi ha sorriso... Ma allora vuol dire che mi riconosce?" La questione del
sorriso ha sempre costituito qualcosa di misterioso per gli adulti, che tendono ad
attribuire al piccolo i loro sentimenti e i loro comportamenti.
Ma perché i bambini sorridono? E' una delle domande alle quali l'etologo e
antropologo inglese Desmond Morris dà una risposta nel sul ultimo libro, Il bambino.
Tutti i perché (edizioni Mondadori). Per Morris infatti ci sono tre tipi di sorriso
infantile.
Il sorriso di riflesso incomincia tre giorni dopo la nascita e dura per tutto il primo
mese di vita del piccolo: "Fuggevole e incerto, è a stento riconoscibile come un vero
sorriso... E' quasi sempre la reazione al suono di una voce acuta (di solito quella
della madre), a un leggero solletico o alla sensazione dello stomaco pieno. In
quest'ultimo caso il sorriso può essere una risposta accidentale..."
All'incirca nella quarta settimana fa la sua comparsa il secondo tipo di sorriso, quello
generico: "Dura più a lungo, è più aperto ed è accompagnato da una espressiva
luce nello sguardo... E' ancora la voce (della mamma) a far scattare questo sorriso
più pieno, che, tuttavia, viene stimolato genericamente dall'apparire del viso di un
adulto. I genitori spesso pensano che... sia rivolto specificamente a loro, ma è
probabile che qualsiasi adulto si accosti al bambino abbia la stessa risposta.
Questa è, infatti, la fase indiretta del sorriso."
Il terzo tipo di sorriso, quello consapevole, può comparire fra il quarto e il settimo
mese, ma più probabilmente fra il quinto e il sesto: "E' pienamente formato e il
bambino lo rivolge, con un'espressione allegra, a chi gli sta accanto... Chiunque può
ricevere un sorriso generico, ma solo chi ha un contatto stretto con il bambino può
aspirare all'onore del sorriso consapevole... Il bambino ha, finalmente, imparato a
riconoscere le facce dei suoi genitori e a distinguerle da quelle degli altri. Il sorriso è
diventato un saluto strettamente personale...".
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 14
Fattori etio-patogenetici psicologici e sociali
In chiave didattica si dividono i fattori psicologici in familiari ed individuali.
Fattori familiari
Per carenze affettive si intendono vari tipi di sindromi che diversi autori descrivono
sotto varie denominazioni:
• carenza materna od affettiva
• ospedalismo/istituzionalismo
• sindrome di abbandono
• sindrome di frustrazione
• sindrome di depressione analitica
Si possono schematicamente distinguere quadri clinici connessi ad una privazione
di cure materne dove emerge la mancanza sin dalla nascita di uno stabile rapporto
del figlio con la madre o con un suo sostituto fisso e quadri clinici relativi ad una
deprivazione quando il distacco avviene dal terzo al sesto mese in poi, dopo cioè,
che un rapporto affettivo era stato più o meno validamente creato.
Nello studio patogenico di questi quadri clinici vanno pertanto analizzati i seguenti
elementi:
• aspetti quantitativi del quadro di insufficienza affettiva
• aspetti qualitativi
• momento evolutivo del bambino in cui la carenza affettiva agisce
• indice dello sviluppo psico-intellettivo che precede la carenza
• durata di essa
• modalità con cui la carenza si esplica
• ricognizione se esiste un substrato lesionale a carico del SNC
Attraverso tali analisi è possibile raggiungere la prevedibilità del decorso e
giudicare la reversibilità della sindrome. Pertanto noi definiamo come sindrome da
carenza affettiva quelle manifestazioni cliniche in rapporto ad un anomala interazione
genitori-figlio che nel primo anno è praticamente madre-figlio.
Carenze quantitative
Per poter stabilire con una maggiore attendibilità l'effetto patogeno di tali carenze
bisogna sempre verificare se:
1. la separazione è stata totale, senza possibilità di alcuna figura sostitutiva a quella
materna (esperienza in brefotrofio)
2. la separazione è stata transitoria, così pure l'impossibilità di creare rapporti con
figure sostitutive
3. vi sono stati ripetuti cambiamenti di figure materne sostitutive, anche se ognuna
era di per sè valida
4. la separazione è stata accompagnata dalla sostituzione con una figura valida; in
questo caso la carenza è irrilevante.
Depressione anaclitica
Il termine fu coniato da Spitz nel 1945. Il quadro clinico della depressione anaclitica è
il più paradigmatico e si riscontra in ogni altra forma di carenza affettiva.
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 15
Essa presenta:
1. una fase di protesta. Il bambino piange, è fortemente in ansia e cerca in tutti i
modi di riavere la madre;
2. una fase di disperazione. Il bambino passa da crisi di pianto disperato ad un
pianto monotono ed intermittente, rinchiuso in sè stesso, non cerca di riavere la
madre. Vi è perdita di peso ed arresto dello sviluppo;
3. una fase di distacco o detta anche di rifiuto. Il bambino appare inerte, abulico,
piegato su sè stesso nel suo lettino, continua a perdere peso ed ha più facilità a
contrarre malattie. Espressione rigida del viso e comparsa di ritmie motorie;
4. si ha una accentuazione di tutte queste caratteristiche, dopo il terzo mese, fino al
raggiungimento di uno stato di marasma e di arresto irreversibile nello sviluppo
intellettivo.
Istituzionalismo / ospedalismo
Con questo termine si indica una prolungata segregazione del bambino in
brefotrofio, con inizio nei primi tre mesi di vita in ospedale (con motivazioni di
carattere medico) o in qualsiasi tipo di istituzione.
Nell'istituzionalismo vi è una mancata o quanto meno una grave deficienza di
stimolazioni nei confronti dell'acquisizioni del bambino. Il ritardo è più evidente nella
psicomotricità, nella marcia, nel linguaggio e nelle relazioni sociali. Gli esiti
dell'istituzionalismo sono sempre piuttosto gravi: ipodotazione intellettiva stabile, con
scarsa organizzazione della personalità, asocialità e caratteropatie.
Carenze qualitative
L'influenza negativa per lo sviluppo della personalità del bambino è praticamente
uguale sia se determinata da una situazione genitoriale realmente negativa sia se
sola fantasticamente vissuta dal bambino come tale.
È necessario ricordare che le forze istintuali del bambino si accompagnano a
fantasie; questo mondo esterno rappresentato, nei primi tempi, dai genitori non è
statico ma si modifica continuamente nel tempo e nello spazio, per esempio nella
dinamica dei rapporti con gli altri figli.
Esiste anche la difficoltà di assumere i ruolo di genitore rispetto al bambino.
Potremmo imbatterci quindi, per esempio, in un tipo di relazione genitore-bambino
che si connota per una difficoltà di adattamento del primo rispetto al secondo; si
tratta di una storia nella quale la madre o il padre sono stati prima figli, bambini ed
adulti, e come tali con maggiori o minori difficoltà ad accettare la persistenza della
loro parte bambina nella parte adulta, o meglio ad integrare le due parti. Le difficoltà
di integrazione e successivamente le difficoltà a riconoscere il bambino come parte
staccata da sè, con una sua propria individualità: incontreremo comportamenti
ossessivi, ansiosi, permissivi, disforici.
Fattori individuali
Considerato che lo sviluppo di una funzione è un continuum biologico o psichico
possiamo comprendere il concetto clinico di crisi evolutiva come un momento in cui i
veri stadi settoriali giungono o ad un massimo di disarmonia o ad un massimo di
sovrapponibilità. È in corrispondenza di questi punti nodali che avvengono più
facilmente le crisi di adattamento, cioè una situazione transitoria di irregolarità di
comportamento che è quasi fisiologica. In generale l'evidenziamento di sintomi
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 16
psichico-patologici avviene con una frequenza statisticamente valida in cinque
periodi che corrispondono a cinque crisi evolutive:
• a otto mesi crisi dello svezzamento o meglio dell'oggettivazione
• a tre - quattro anni crisi d'opposizione
• a sette - nove anni crisi logica-morale
• a undici - tredici anni crisi prepuberale
• a sedici - diciassette anni crisi adolescenziale
La prima crisi, tra gli otto e i dieci mesi, assume la sua configurazione
dall'evoluzione del rapporto oggettuale; in tale epoca il bambino ha individuato e
riconosciuto la madre come qualcosa di completamente separato da sè e la
possibilità di tollerare che essa temporaneamente scompaia è legata a quanto le
esperienze precedenti hanno consolidato l'immagine di un oggetto buono e
persistente nel tempo.
Segni indicatori di una situazione di disagio psicologico sono in questa età periodi
di lunghi pianti, o viso rigido, inespressivo con sguardo vuoto, con rifiuto del cibo,
con movimenti ritmici, come la iactatio capitis nocturna (scuotimento del capo
notturno), il belancement antero-posteriore cioè movimenti monotoni iterativi che
inglobano quasi tutta l'attività del bambino. Tali movimenti devono essere considerati
attività senza oggetto e come tali rappresentano un arresto, un ritardo o
un'impossibilità a sostenere il rapporto oggettuale con persone o cose.
Un passo avanti e si giunge al quadro dell'autismo precoce che si può iniziare sin
dal secondo semestre di vita.
La prima infanzia
Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 17
Bibliografia
Bee Helen - Il bambino ed il suo sviluppo - Zanichelli
Bollea G. - Compendio di psichiatria dell'età evolutiva - Bulzoni Editore
Galimberti U. - Dizionario di Psicologia - UTET
Kitzinger S. - Il bambino, l'attesa e la nascita - Mondadori
Morris D. - Il bambino. Tutti i perchè - Mondadori
Piaget J. - Cos'è la psicologia - Newton Editore
Winnicot D. - Il bambino deprivato - Raffaello Cortina Editore
Riproduzione autorizzata a scopo didattico e non a fini di lucro
a condizione che ne venga citato l’autore.
Testo rielaborato da materiale fornito dai docenti durante le lezioni di psicologia
nel periodo di formazione (1992 – 1995) presso la Scuola Cantonale in Cure
Infermieristiche – Mendrisio – Svizzera.
Fabio Peloso
infermiere psichiatrico
e-mail: fabiopeloso@yahoo.com

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  • 1. PPssiiccoollooggiiaa DDDaaa zzzeeerrrooo aaaiii ddduuueee aaannnnnniii A cura di Fabio Peloso, infermiere psichiatrico
  • 2. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 2 Sommario: I MESI DEL DEBUTTO--------------------------------------------------------------------------------4 SOLITARIO O SOCIEVOLE?------------------------------------------------------------------------------4 NASCE PROGRAMMATO PER PARTECIPARE ALLA "DANZA SOCIALE" ------------------------4 PERIODO SENSO-MOTORIO (JEAN PIAGET 1896-1980).-----------------------------5 PRIMO STADIO ---------------------------------------------------------------------------------------------5 SECONDO STADIO-----------------------------------------------------------------------------------------5 TERZO STADIO----------------------------------------------------------------------------------------------5 QUARTO STADIO-------------------------------------------------------------------------------------------6 QUINTO STADIO--------------------------------------------------------------------------------------------7 SESTO STADIO ---------------------------------------------------------------------------------------------7 IL FASCINO DEGLI OCCHI-------------------------------------------------------------------------8 ALLA CONQUISTA DEL MONDO -------------------------------------------------------------------------9 ASPETTO PSICOMOTORIO------------------------------------------------------------------------9 APPENA NATO----------------------------------------------------------------------------------------------9 A UN MESE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 A DUE MESI------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 A TRE MESI------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 A QUATTRO MESI ---------------------------------------------------------------------------------------- 11 A CINQUE - SEI MESI ------------------------------------------------------------------------------------ 11 LA VISTA: UNA GRADUALE MESSA A FUOCO----------------------------------------- 11 PRIMO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 11 SECONDO MESE------------------------------------------------------------------------------------------ 12 TERZO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 12 QUARTO MESE-------------------------------------------------------------------------------------------- 12 QUINTO MESE--------------------------------------------------------------------------------------------- 12 SESTO MESE---------------------------------------------------------------------------------------------- 12 PROFUMO DI MAMMA----------------------------------------------------------------------------------- 13 PREGO, UN SORRISO!----------------------------------------------------------------------------- 13 FATTORI ETIO-PATOGENETICI PSICOLOGICI E SOCIALI-------------------------- 14
  • 3. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 3 FATTORI FAMILIARI ------------------------------------------------------------------------------------- 14 CARENZE QUANTITATIVE------------------------------------------------------------------------------- 14 DEPRESSIONE ANACLITICA --------------------------------------------------------------- 14 ISTITUZIONALISMO / OSPEDALISMO ------------------------------------------------------- 15 CARENZE QUALITATIVE--------------------------------------------------------------------------------- 15 FATTORI INDIVIDUALI ----------------------------------------------------------------------------------- 15 BIBLIOGRAFIA ----------------------------------------------------------------------------- 17
  • 4. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 4 I mesi del debutto Appena nato sembra indifferente a tutto ciò che lo circonda. Tranne che al cibo, beninteso. Ma da subito fa una conquista dopo l'altra. Sotto tutti i punti di vista. E, sorridendo, scopre il mondo. Per nove mesi ha occupato la mente dei genitori e la pancia della mamma. È stato tanto fantasticato, e forse anche un po' temuto. E finalmente è nato. È diventato qualcosa di concreto. Ma è come se fosse ancora circondato da un alone di mistero. È lì sdraiato nella culla, che dorme beato quasi come appartenesse a un altro pianeta, oppure strilla a pieni polmoni rivendicando la soddisfazione dei suoi bisogni fondamentali. Ma che cosa coglie del mondo e delle persone che lo circondano? E che cosa "sa fare" in realtà? Solitario o socievole? Una volta si riteneva che il neonato fosse una lavagna vuota, un libro bianco su cui la vita avrebbe scritto tutto il sapere umano. Oggi i diversi studi neurologici sembrerebbero sfatare questo pregiudizio. Ma restano aperti alcuni interrogativi e convivono due diverse teorie sulla crescita, sul modo in cui il piccolo acquista il senso di sé e diventa un essere sociale. Una vede il neonato come un individuo che dovrà essere "modellato" dagli adulti che si occupano di lui. L'altra lo ritiene un essere "sociale" sin dalla nascita, capace quindi di avere da subito un rapporto interattivo con i genitori. Di fatto, il neonato è "competente" in funzione degli adulti. "Un bambino" osserva lo psicologo D. W. Winnicott, "non può esistere da solo, ma è essenzialmente parte di una relazione." Sta ai genitori, insomma, capire i suoi bisogni e le sue necessità. E lui fa di tutto per farsi intendere. "Dal punto di vista percettivo" osserva Susanna Mantovani, docente di pedagogia sperimentale all'Università degli Studi di Milano, "il piccolo è molto più articolato e coerente di quanto si pensasse un tempo, proprio come lo è nel segnalare il suo stato: per esempio, piange in modo diverso per indicare se ha fame o freddo, se è stanco o si sente solo. E il risultato positivo che ottiene con i suoi diversi messaggi regolarizza progressivamente le sue segnalazioni e le rende sempre più intenzionali e più facili da riconoscere." Nasce programmato per partecipare alla "danza sociale" Dal punto di vista psicologico, il piccolo appena nato dà l'impressione di essere come "isolato", in certo senso ignaro del mondo che lo circonda. Anche le manifestazioni di affetto lo lasciano apparentemente indifferente. Sembra abbia bisogno solo di essere alimentato, pulito e lasciato in pace. Tutto questo però non vuol dire che il bambino ami la solitudine. Come spiega la psicologa Helen Bee nel Il bambino e il suo sviluppo (Zanichelli), per la sua sopravvivenza sono necessarie la presenza e la cura continue di alcune persone, innanzitutto dei genitori: "Di conseguenza, assume un ruolo determinante l'abilità del neonato di fare in modo che gli altri si prendano cura di lui". Ed è proprio qui che entrano in gioco le capacità "sociali" del piccolo. "Sia l'adulto che il bambino infatti sembrerebbero pronti fin dall'inizio per partecipare insieme a una specie di "danza sociale", che sta alla base della nascente relazione tra genitori e figlio. "Ecco allora che il neonato, come dimostrano varie ricerche etologiche, mette in atto tutta una serie di comportamenti che servono ad "avvicinare" sempre più le persone: dal pianto allo sguardo, dal sorriso ai vocalizzi.
  • 5. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 5 È come se la natura lo avesse "programmato", dotandolo degli strumenti necessari a socializzare. In particolare, il bambino nasce con la predisposizione a riconoscere i volti umani: a una settimana (uno studio dice addirittura nelle prime 72 ore di vita) sarebbe già in grado di mimare i movimenti facciali di un adulto. Sin dai primissimi istanti di vita, il piccolo mostra di avere buone capacità uditive e olfattive. Ed è anche in grado di riconoscere le minime differenze di gusto, mentre per quel che si riferisce al tatto la sua sensibilità è notevole soprattutto per quanto riguarda la bocca, il viso, le mani, la pianta dei piedi e l'addome. Periodo senso-motorio (Jean Piaget 1896-1980). Sei sottostadi di sviluppo Secondo Jean Piaget, lo studioso svizzero che con le sue teorie sull'infanzia ha influenzato il pensiero di un'intera generazione di psicologi, dalla nascita fino al primo mese di vita il bambino attraversa il primo dei sei sottostadi in cui è suddiviso il periodo di sviluppo "sensomotorio", che si concluderà a 18 mesi Durante il periodo senso-motorio, l'infante parte da un livello neonatale, di puro riflesso, caratterizzato dalla completa assenza di differenziazione sé-mondo (l'infante non distingue se stesso dal resto del mondo), per giungere ad una organizzazione relativamente coerente che lo rende capace di azioni senso-motorie entro i suoi ristretti limiti ambientali. Questa organizzazione è esclusivamente pratica e comporta semplici aggiustamenti percettivi e motori ai fenomeni circostanti, piuttosto che la loro manipolazione simbolica. Piaget descrive sei sottostadi principali di questo periodo. Essi riflettono, evolvendosi impercettibilmente, le transizioni organizzative per quei semplici aggiustamenti percettivi e motori, fino a che alla fine del periodo senso-motorio, è raggiunta una rudimentale capacità di simbolizzare azioni o eventi. Primo stadio Il primo stadio, quello dei riflessi (dalla nascita a un mese), comporta una crescente efficienza nel funzionamento dei riflessi innati. È importante notare come una delle principali considerazioni di Piaget sul comportamento dei riflessi in questo stadio sia che, perfino queste forme basilari di adattamento, non sono meramente provocate da una stimolazione esterna diretta. Ma è piuttosto l'infante (come creatura attiva più che passiva) che dà spesso inizio a questa attività. Secondo stadio Durante il secondo stadio dello sviluppo senso-motorio (da due a quattro mesi), avvengono le reazioni circolari primarie. Esse sono azioni non intenzionali e spontanee centrate sul corpo del bambino (perciò sono state chiamate primarie) che vengono ripetute più e più volte (perciò sono state chiamate circolari) fino a che si rafforza e si stabilisce l'adattamento. Il comportamento nel secondo stadio, quindi, è caratterizzato dalla comparsa della ripetizione di atti semplici. Tali atti sono inintenzionali e fine a se stessi. Esempi di reazione circolare primaria possono essere la ripetitiva suzione del pollice o l'azione ripetuta di tastare una coperta. Gli altri quattro stadi del periodo sensomotorio sono caratterizzati da una crescente intenzionalità da parte dell'infante. Terzo stadio Nel terzo stadio (dai quattro agli otto mesi) è di estrema importanza lo sviluppo delle reazioni circolari secondarie. Durante questo stadio si estende la consapevolezza
  • 6. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 6 dell'ambiente esterno da parte del bambino. Le sue reazioni più che incentrarsi primariamente su azioni corporali, implicano ora la manipolazione di eventi o di oggetti dell'ambiente esterno. Reazioni di questo tipo sono state perciò chiamate secondarie. L'attività, durante tale stadio, è caratterizzata ancora una volta dalla circolarità (le azioni sono ripetute più e più volte). Tuttavia, le reazioni non sono ripetute solo come fine a se stesse, ma per un interessante effetto di stimolo creato da qualche attività particolare. Dalla ripetizione di queste azioni (scoperte per caso) vengono appunto ottenuti risultati interessanti, tali da spingere alla produzione di nuove alterazioni dell'oggetto o dell'evento esterno. Un esempio di reazione circolare secondaria potrebbe essere costituito da un infante che agita ripetutamente le braccia allo scopo di imprimere movimento ad un giocattolo sospeso sopra la sua culla. Quarto stadio Il quarto stadio senso-motorio (dagli otto ai dodici mesi) implica la coordinazione delle reazioni secondarie. I mezzi e i fini sono chiaramente differenziati; per la prima volta il comportamento dell'infante è di natura veramente intenzionale e il bambino comincia a risolvere problemi semplici. Schemi non preventivamente associati di azione (uno schema è una risposta generale usata per risolvere un problema particolare), sono associati in modo nuovo. L'infante applica uno schema come mezzo per raggiungere uno scopo; un altro schema familiare è impiegato per in- staurare un comportamento nei confronti dello scopo, una volta che questo è stato raggiunto. Questa nuova coordinazione di reazioni secondarie è resa possibile grazie alla capacità dell'infante di generalizzare o di trasferire uno schema usato come mezzo oltre la situazione nella quale era stato originariamente utilizzato. Durante il quarto stadio avviene la progressiva differenziazione tra sé e il mondo. Viene stabilita la permanenza dell'oggetto. Se l'infante osserva un oggetto che successivamente viene sottratto alla sua vista, arriva a capire che questo oggetto ha ancora una esistenza obiettiva anche al di fuori della sua azione. L'esempio seguente può chiarire la marcata intenzionalità delle azioni e il concetto di permanenza dell'oggetto che caratterizza il quarto stadio senso-motorio. Immaginiamo un infante che guarda il suo giocattolo preferito e che questo, lentamente, venga ricoperto con un panno. Piaget afferma che un infante nel terzo stadio dello sviluppo senso-motorio, quando l'oggetto è completamente nascosto, non riconosce più la oggettiva esistenza dell'oggetto; per esso l'oggetto è allora fuori dalla vista, fuori dalla mente. Data la stessa semplice situazione, un infante nel quarto stadio è sufficientemente capace di comprendere l'esistenza indipendente del giocattolo. Entrambi gli infanti possono arrivare a tirare via il panno dall'oggetto: l'infante del terzo stadio lo fa probabilmente solo per osservare il movimento del panno (essendo il movimento uno stimolo già in sé interessante); dopo che il panno è stato tirato via dal giocattolo, l'infante del terzo stadio può magari scoprire accidentalmente la nuova esistenza dell'oggetto e mettere in atto una reazione secondaria cercando di raggiungerlo. Al contrario, l'infante nel quarto stadio del periodo senso-motorio ha chiaramente in mente il giocattolo dall'inizio e non vi incappa per caso. Il panno che copre l'oggetto è percepito come un ostacolo che non permette il diretto raggiungimento della meta. Il tirare il panno è usato come mezzo per raggiungere la meta desiderata; diversamente dall'attività del terzo stadio, il movimento del panno non è fine a se stesso. L'azione di tirare il panno
  • 7. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 7 serve come mezzo per raggiungere un fine. Esso è posto in relazione e coordinato con l'azione finale di raggiungere l'oggetto. Questa capacità di combinare unicamente schemi di azione precedentemente non connessi (usando uno schema come mezzo per raggiungere lo scopo ed il secondo schema per entrare in relazione con lo scopo stesso) in una relazione mezzo-fine, costituisce da parte dell'infante, la base di una semplice attività di soluzione del problema. Il concetto di permanenza dell'oggetto non è, nel quarto stadio, pienamente articolato. L'infante del quarto stadio incontra considerevoli difficoltà se i movimenti di un oggetto sono complessi o se l'oggetto viene spostato nello spazio dall'area nella quale era stato inizialmente nascosto. Se un giocattolo viene ad esempio ripetutamente nascosto sotto un cuscino, l'infante del quarto stadio lo cercherà. Ma se l'oggetto viene poi nascosto sotto un secondo cuscino, l'infante lo continuerà a cercare sotto il primo, anche se ha visto chiaramente che il giocattolo veniva nascosto sotto il secondo. È come se il posto o la posizione che erano associati con i precedenti felici tentativi di scoprire l'oggetto celato alla vista, fossero un attributo dell'oggetto stesso. Quinto stadio Durante il quinto stadio del periodo senso-motorio (dai dodici ai diciotto mesi), l'infante diviene consapevole che un oggetto può essere spostato nello spazio conservando l'idea della permanenza di esso. La costanza di un oggetto è quindi più saldamente stabilita; la permanenza è ora qualcosa di distinto dal passato successo dell'infante nel trovare un oggetto in un posto particolare. Un altro aspetto del quinto stadio è lo sviluppo delle reazioni circolari terziarie. Queste reazioni sono definite in termini di metodi più concreti e avanzati di esplorazione di oggetti nuovi o di eventi ambientali, per mezzo di nuove sperimentazioni. L'interesse per la novità in se stessa è l'attributo primario di una reazione circolare terziaria. Attraverso attive sperimentazioni per prove ed errori, l'infante scopre nuovi mezzi per raggiungere uno scopo. Laddove nel quarto stadio il comportamento che conduceva ad uno scopo era piuttosto stereotipo, l'infante del quinto stadio cerca attivamente e sperimenta mezzi nuovi per raggiungere un particolare fine. Non solo egli si fida delle attività che precedentemente si sono dimostrate capaci di successo, ma si accosta al problema per nuove vie: non si limita a muovere con le mani un cuscino per raggiungere un giocattolo nascosto, ma tenta nuove strade. Può tentare di spingere via il cuscino con un piede o può cercare di farlo per mezzo di un bastone. Il bambino del quinto stadio non inizia una azione al solo scopo di ottenere il risultato desiderato: l'azione viene iniziata in modo che possano essere completamente esplorate le relazioni mezzi-fine. L'infante è interessato a nuove varianti ed a come queste varianti agiscono sull'oggetto o sulla sua abilità ad ottenere l'oggetto. Sesto stadio Il sesto stadio (dai diciotto ai ventiquattro mesi) è caratterizzato dalla transizione da un'azione evidente ad una rappresentazione mentale nascosta. Il bambino è in grado di utilizzare simboli mentali per riferirsi ad oggetti assenti dall'ambiente immediatamente circostante. Diminuisce la coazione dell'esperienza immediata come requisito per una attività intenzionale. Durante questo stadio il bambino è capace di imitazione differita, di riprodurre a memoria cioè il comportamento di un modello assente: di rappresentare il modello assente per mezzo di alcune forme simboliche. L'infante, in questo stadio finale dello sviluppo senso-motorio, è capace
  • 8. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 8 di sperimentazione interiore, una esplorazione mentale interiorizzata delle relazioni tra modi e mezzi. In altre parole, con l'avvento della rappresentazione mentale e della invenzione il bambino è in grado di simbolizzare azioni o eventi prima che questi producano realmente qualche comportamento particolare. Le soluzioni ai problemi sono considerate in termini di dimensione mentale piuttosto che fisica. Durante questo ultimo stadio del periodo senso-motorio il concetto di permanenza dell'oggetto è stabilito in modo più chiaro. Il bambino ora cercherà un oggetto spostato nello spazio dove questo è scomparso l'ultima volta piuttosto che dove era stato nascosto l'ultima volta. Ciò indica che il bambino riconosce il fatto che un oggetto può essere spostato e continuare a mantenere la sua oggettività. TABELLA RIASSUNTIVA (Periodo sensomotorio): Primo stadio (dalla nascita a un mese) comporta una crescente efficienza nel funzionamento dei riflessi innati Secondo stadio (da due a quattro mesi) avvengono le reazioni circolari primarie Terzo stadio (dai quattro agli otto mesi) è di estrema importanza lo sviluppo delle reazioni circolari secondarie, intese come ripetitive Quarto stadio (dagli otto ai dodici mesi) implica la coordinazione delle reazioni secondarie Quinto stadio (dai dodici ai diciotto mesi) l'infante diviene consapevole che un oggetto può essere spostato nello spazio conservando l'idea della permanenza di esso Sesto stadio (dai diciotto ai ventiquattro mesi) è caratterizzato dalla transizione da un'azione evidente ad una rappresentazione mentale nascosta Il fascino degli occhi Già a due mesi il suo "sorriso sociale", molto più evidente, sembra allargarsi al mondo intero. E compaiono i primi vocalizzi: una voce che parla o canta attrae moltissimo il bambino, che protende le labbra in avanti e cerca di fare i suoi "discorsi" con l'interlocutore. Non solo. Il piccolo impara anche a controllare lo sguardo: in quale direzione rivolgerlo, su che cosa e per quanto tempo. È quindi in grado di dare inizio o di porre fine a un faccia a faccia. Il suo rapporto con la mamma adesso è un "duetto" di visi. E, nel viso, sono soprattutto gli occhi ad attrarlo irresistibilmente: un modo diretto e profondo, per conoscersi. A tre mesi, poi, il bambino conclude un primo importantissimo ciclo di sviluppo. Anche quel neonato su cinque che ha sofferto di coliche gassose ora non ha quasi più il mal di pancia e piange molto meno. L'adattabilità che il piccolo mostra, il fatto che esprima molte meno esigenze rende il lavoro della mamma sicuramente più leggero di prima. Una ragione che rende il bambino ancora più "godibile". A questo punto il piccolo è in grado di vedere sino a circa tre metri di distanza e incomincia ad "aprirsi" definitivamente al mondo. Sorride spesso e gira la testa interessato verso chi gli parla o verso un rumore che lo incuriosisce. La voce della mamma lo calma, a meno che non stia piangendo furiosamente. E quando sente i preparativi della pappa si agita e si succhia la lingua e le labbra. Le esperienze
  • 9. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 9 fisiche piacevoli, come la poppata o il bagnetto, lo fanno vocalizzare felice mentre il solletico lo fa sorridere e divertire. Inizia, insomma, a comunicare e a mostrare la sua vitalità: in una parola, a farsi "grande". Alla conquista del mondo Con il quarto mese, i progressi si fanno più evidenti e importanti. Si apre quello che secondo Piaget costituisce il terzo sottostadio del periodo sensomotorio. Il bambino incomincia a capire che le sue azioni possono portare a certi risultati e che è in grado di far accadere eventi esterni a lui che lo interessano: è capace, per esempio, di far muovere un giochino colpendolo intenzionalmente. Possiede già, inoltre, i primi rudimenti della memoria di "richiamo", quella che permette di "vedere" un oggetto anche quando non lo si ha più sotto gli occhi. E, sorpresa, incomincia a ridere: il primo segnale di quella caratteristica tipicamente umana che è l'umorismo. Intanto, i progressi nello sviluppo delle capacità fisiche continuano: entro i sei mesi, il piccolo raggiunge una maggiore concentrazione visiva e mostra di saper apprezzare determinate melodie. E fa notevoli conquiste anche nella comunicazione. Ora non solo reagisce immediatamente e con gioia alla voce della mamma, ma, oltre a saper usare i vocalizzi per esprimere approvazione, allegria o protesta, incomincia anche a "canticchiare", ripete cioè con soddisfazione e solo per il gusto di sentirli suoni a due sillabe: "gu-u" "a-da" "a-a". Certo, la prima parola è ancora lontana, ma il piccolo dà l'impressione di poterla dire da un momento all'altro. Gli piace giocare: se mamma e papà si avvicinano con l'intenzione di prenderlo in braccio esprime tutta la sua gioia con sorrisi e risatine. E gli piace partecipare a quello che succede intorno a lui, come acchiappare un oggetto che gli viene posto accanto e tenerlo ben stretto. In particolare, verso i sei mesi si verificano due notevoli cambiamenti. Innanzitutto, come dimostrano gli studi in merito, il bambino finalizza i suoi comportamenti soprattutto all'attaccamento verso una sola persona. Per la prima volta possiamo dire che è veramente "attaccato" a qualcuno. In secondo luogo, ora è in grado di muoversi più liberamente e di spostarsi verso chi si prende cura di lui o di richiamarlo verso di sé. In più, a questa età il bambino usa la persona per lui più importante come base di partenza per esplorare l'ambiente che gli sta attorno. Insomma, il piccolo è ormai pronto a tutti gli effetti per partire alla conquista del mondo... con la sua mamma! Aspetto psicomotorio Appena nato • Il neonato sta sempre raggomitolato su se stesso: le braccia e le gambe sono piegate rigidamente, i pugni chiusi. • Sdraiato a pancia in giù, può girare la testa da un lato all'altro per non soffocare, ma i suoi muscoli hanno poca forza e in posizione seduta, non riesce a sostenere il capo. • Le sue azioni sono quasi sempre riflessi automatici, ossia risposte istintive agli stimoli provenienti dall'ambiente, destinati a scomparire entro i primi tre mesi. • Se la mamma avvicina il capezzolo alla sua guancia, il neonato si gira verso di esso, apre la bocca e incomincia a succhiare: sono i riflessi del "rooting" e della "suzione".
  • 10. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 10 • Se gli tocchiamo il palmo della manina, la chiude subito afferrando il nostro dito: è il riflesso della "prensione". • Se facciamo un forte rumore il piccolo lancia le manine in aria, come per aggrapparsi a un sostegno immaginario: questa reazione primitiva di difesa si chiama "riflesso di Moro". • Se infine, tenendolo diritto, gli facciamo toccare un piano con la pianta dei piedi, incomincia a muovere le gambe alternativamente: è il riflesso di "marcia automatica". A un mese • La rigida contrazione delle braccia e delle manine si rilassa notevolmente e il corpo del piccolo rimane molto più disteso durante il riposo. In posizione supina, a pancia in su, tiene sempre la testa girata di lato, con un braccino disteso e l'altro piegato, ma non riesce a sollevare braccia e mani al di sopra del corpo. • La forza e il suo controllo muscolare sono decisamente migliorati e il bambino riesce a sostenere il capo per un po'. Se lo teniamo sospeso in aria a pancia in giù, solleva la testa e riesce ad allinearla per pochi momenti con il corpo. • Il suono di una voce vicina quieta e amichevole lo spinge a soffermarsi ad ascoltare: se è ben sveglio e non è distratto da altri stimoli, rivolge verso il suono testa e occhi e può persino sospendere temporaneamente un lamento di richiesta. • È capace di volgere con interesse la testa e gli occhi verso una fonte di luce. Anche righe e simboli di quadri e figure attraggono la sua attenzione. Ma è in grado di seguire solo brevemente con lo sguardo un oggetto che viene mosso davanti ai suoi occhi, soprattutto se viene spostato in fretta. A due mesi • La capacità motoria del bambino continua a progredire. Il corpo è sempre più rilassato e, in posizione supina, le gambe non sono più costantemente piegate. Il piccolo ha la capacità di volgere il viso non solo a destra e a sinistra, ma anche verso l'alto. • Incomincia a sollevare dal corpo le braccia e le manine, anche se non sa ancora tenere volontariamente un oggetto e non è neppure in grado di controllare i movimenti in modo da dirigere le braccia verso qualcosa a portata di mano che attrae la sua attenzione. • Messo a pancia in giù nel lettino è in grado di alzare nettamente la testa dal piano e di spostarla per seguire una persona o un oggetto in movimento. • Se lo teniamo sospeso in aria, sempre a pancia in giù, riesce a sostenere a lungo la testa allineata al corpo, ma resta ancora con le gambe ciondoloni. A tre mesi • Quando è seduto, ha abbastanza forza per tenere la testa dritta, pur con qualche traballamento, e possiede già un uso preciso delle mani e delle braccia. • Non fa più solo movimenti automatici, ma può reggere volontariamente un oggetto, anche se per poco tempo, e riesce a mettere le due mani a contatto fra di loro. • Sdraiato a pancia in su, tiene il viso rivolto sempre verso l'alto, scalcia con le gambe e muove le braccia a mulinello.
  • 11. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 11 • Se è messo a pancia in giù nel lettino, si solleva appoggiandosi sulle mani e sulle braccia e tiene la testa eretta. • Sospeso per aria a pancia in giù, riesce a sollevare bene il capo al di sopra del resto del corpo e ad alzare anche braccia e gambe. A quattro mesi • Messo a pancia in giù, il bambino è in grado ormai di puntare bene le braccia e di sollevare il capo e il torace per guardarsi intorno, ma anche di rovesciare indietro la testa per cercare di vedere quello che succede dietro di lui. • In posizione supina, è capace di allungare la mano verso un oggetto e di afferrarlo con una certa facilità per poi portarlo alla bocca. Inizia così l'esplorazione orale (dal latino os-oris, cioè bocca): un modo per "conoscere" le cose che metterà a frutto per diversi mesi. • Il busto, sorretto abbastanza bene dai muscoli della schiena, gli consente di stare seduto, se è aiutato dal braccio della mamma che lo sorregge sotto le ascelle. Tiene anche la testa ben dritta, senza più oscillazioni. • Impara inoltre a girarsi da solo dalla posizione a pancia sotto a quella a pancia in su. Spesso poi, quando lo si tiene in braccio, mostra di voler puntare i piedi e stare dritto sulle gambe. A cinque - sei mesi • Sdraiato a pancia in su, protende tutte e due le braccia alla vista di un oggetto interessante. Quando poi afferra qualcosa saldamente, passa l'oggetto da una mano all'altra e lo "assaggia" ripetutamente con la bocca. • Sempre stando sdraiato, solleva la testa in avanti e si guarda i piedi, tendendo le gambe in aria e scalciando. Sembrano quasi tentativi di mettersi seduto, posizione che il piccolo mostra di preferire perché gli consente di ammirare il "panorama" intorno a lui. • Può rimanere seduto ma solo se viene sostenuta all'altezza delle anche: la schiena non è ancora perfettamente dritta e se lo si lascia senza sostegno cade in avanti o di fianco. • Se lo si tiene in piedi su un piano o sulle ginocchia, "saltella" instancabilmente. • È in grado di girarsi da solo dalla posizione a pancia in su a quella a pancia in giù, il che richiede molta più forza e coordinazione del movimento contrario. Proprio per questa sua capacità di muovere bene il tronco e di rigirarsi continuamente, il bambino è perfettamente in grado di spostarsi su un piano anche per diversi metri. • L'interesse per l'esplorazione con la bocca prevale ancora sull'esame visivo, anche se la palpazione e la manipolazione hanno fatto progressi enormi. • La mimica varia molto, secondo le situazioni e le persone che lo avvicinano. E i giochi che riesce a fare con il suo corpo sono più vari. La vista: una graduale messa a fuoco Mese dopo mese, si spalanca al bambino un orizzonte sempre più ampio, con contorni sempre più precisi. Il processo, che sintetizziamo in queste righe, è stato dettagliatamente descritto da Irene Lezine, Interazione educativa nella prima età. Modelli osservativi dello sviluppo infantile in famiglia e al nido (Franco Angeli). Primo mese
  • 12. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 12 Il piccolo ha uno sguardo vago, che sembra animarsi davanti a un volto vicino o a un oggetto brillante: è attratto infatti dalle sorgenti luminose. Dopo la poppata lo sguardo è appesantito e il bambino segue con gli occhi gli oggetti in modo discontinuo. Nei primi giorni incrocia facilmente gli occhi perché la muscolatura dei globi oculari è ancora debole: si parla infatti di strabismo intermittente. Quando volta la testa a destra i suoi occhi si orientano a sinistra e viceversa. Non ha ancora coordinazione tra il vedere e il prendere. Secondo mese Lo sguardo è più diretto e mobile. Compare il bisogno di guardare "per guardare". Il bambino cerca più attivamente le sorgenti luminose. E, quando un oggetto si sposta davanti a lui, può fissarlo e riafferrarlo con lo sguardo se l'ha perso. Segue con gli occhi una persona che si sposta, guarda a lungo un viso noto. A volte, quando si porta la mano al volto, le rivolge un breve sguardo. Terzo mese Ora lo sguardo è continuo e concentrato, diretto più nettamente davanti a sé. Lo strabismo intermittente tende a scomparire. La capacità di distinguere i colori diventa evidente: il bambino distingue il bianco dal rosso, colore che fissa intensamente. Il piccolo volta la testa in ogni senso per seguire un oggetto che lo interessa e, quando questo passa nel suo campo visivo, lo "riafferra" con lo sguardo. Se gli vengono presentati due oggetti a 20 cm di distanza l'uno dall'altro, all'inizio li guarda in modo alternato, quindi fissa a lungo quello collocato dal lato preferito. Segue con gli occhi persone diverse, ma ha uno sguardo più intenso per le persone di famiglia. Guarda le proprie mani, le passa e ripassa nel campo visivo, e inizia a stabilire una relazione tra vedere e prendere. Quarto mese Lo sguardo si fissa rapidamente sull'oggetto proposto e il bambino sa esaminarlo rapidamente. Si accorge di oggetti piccoli sia in movimento sia immobili. Da seduto, gira la testa per guardare una persone che passa. Osserva alternativamente le proprie mani e se un adulto gli trattiene una mano fuori dal suo campo visivo, lui la cerca con lo sguardo. Incomincia a effettuare ispezioni più sistematiche. Quinto mese Lo sguardo è ora molto intenso. Il bambino guarda immediatamente e con attenzione gli oggetti presentati e riconosce quelli familiari. Incomincia a osservare ciò che porta alla bocca. Guarda l'oggetto e poi chi glielo presenta. Cerca con gli occhi una persona che si affaccia e poi sparisce dal suo campo visivo. Sviluppa la coordinazione tra vedere e prendere. Ed estende l'interesse visivo alle parti del corpo più lontane, come i piedi. Anche vedere la propria immagine allo specchio suscita in lui reazioni di interesse. Sesto mese Il bambino incomincia a guardare gli oggetti da vicino e a occuparsi dei dettagli. Segue con facilità l'oggetto nelle quattro direzioni. Se tiene in mano due oggetti, li guarda entrambi e può interessarsi anche a un terzo. Incomincia a prestare attenzione alle relazioni fra gli oggetti e a mostrare sorpresa per i cambiamenti che avvengono ai volti familiari.
  • 13. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 13 Allo specchio, guarda la persona che lo tiene in braccio e si sporge per osservare quello che succede dietro a lui. Profumo di mamma Olfatto è forse il senso più trascurato da noi adulti. Ma, fin dalla nascita, il bambino possiede una notevole memoria olfattiva, che si affina rapidamente nelle prime 72 ore di vita e diventa uno strumento fondamentale di conoscenza. Uno strumento che gli permette di orientarsi con sicurezza verso la fonte del cibo e che lo aiuta a costruire il suo primo, più importante legame di attaccamento: quello con la mamma. Studi recenti, infatti, hanno mostrato che i neonati, già a soli sei giorni, fra un tampone impregnato dell'odore del seno matero e uno impregnato dell'odore di un'altra donna, preferiscono il primo. Non solo: l'odore emanato da parti diverse del corpo materno eserciterebbe addirittura su di loro un potere calmante. Ma come fa il piccolo a distinguere il "profumo" del seno materno? Semplicemente perché si tratta di qualcosa di unico, che è il risultato della mescolanza delle secrezioni delle ghiandole sebacee, sudorifere e lattifere della mamma con l'odore del latte, differente a seconda del regime alimentare. A cui si aggiunge po l'odore della stessa saliva del piccolo. Già da subito, insomma, il neonato "sente" che di mamma ce n'è una sola... Prego, un sorriso! "Hai visto? Mi ha sorriso... Ma allora vuol dire che mi riconosce?" La questione del sorriso ha sempre costituito qualcosa di misterioso per gli adulti, che tendono ad attribuire al piccolo i loro sentimenti e i loro comportamenti. Ma perché i bambini sorridono? E' una delle domande alle quali l'etologo e antropologo inglese Desmond Morris dà una risposta nel sul ultimo libro, Il bambino. Tutti i perché (edizioni Mondadori). Per Morris infatti ci sono tre tipi di sorriso infantile. Il sorriso di riflesso incomincia tre giorni dopo la nascita e dura per tutto il primo mese di vita del piccolo: "Fuggevole e incerto, è a stento riconoscibile come un vero sorriso... E' quasi sempre la reazione al suono di una voce acuta (di solito quella della madre), a un leggero solletico o alla sensazione dello stomaco pieno. In quest'ultimo caso il sorriso può essere una risposta accidentale..." All'incirca nella quarta settimana fa la sua comparsa il secondo tipo di sorriso, quello generico: "Dura più a lungo, è più aperto ed è accompagnato da una espressiva luce nello sguardo... E' ancora la voce (della mamma) a far scattare questo sorriso più pieno, che, tuttavia, viene stimolato genericamente dall'apparire del viso di un adulto. I genitori spesso pensano che... sia rivolto specificamente a loro, ma è probabile che qualsiasi adulto si accosti al bambino abbia la stessa risposta. Questa è, infatti, la fase indiretta del sorriso." Il terzo tipo di sorriso, quello consapevole, può comparire fra il quarto e il settimo mese, ma più probabilmente fra il quinto e il sesto: "E' pienamente formato e il bambino lo rivolge, con un'espressione allegra, a chi gli sta accanto... Chiunque può ricevere un sorriso generico, ma solo chi ha un contatto stretto con il bambino può aspirare all'onore del sorriso consapevole... Il bambino ha, finalmente, imparato a riconoscere le facce dei suoi genitori e a distinguerle da quelle degli altri. Il sorriso è diventato un saluto strettamente personale...".
  • 14. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 14 Fattori etio-patogenetici psicologici e sociali In chiave didattica si dividono i fattori psicologici in familiari ed individuali. Fattori familiari Per carenze affettive si intendono vari tipi di sindromi che diversi autori descrivono sotto varie denominazioni: • carenza materna od affettiva • ospedalismo/istituzionalismo • sindrome di abbandono • sindrome di frustrazione • sindrome di depressione analitica Si possono schematicamente distinguere quadri clinici connessi ad una privazione di cure materne dove emerge la mancanza sin dalla nascita di uno stabile rapporto del figlio con la madre o con un suo sostituto fisso e quadri clinici relativi ad una deprivazione quando il distacco avviene dal terzo al sesto mese in poi, dopo cioè, che un rapporto affettivo era stato più o meno validamente creato. Nello studio patogenico di questi quadri clinici vanno pertanto analizzati i seguenti elementi: • aspetti quantitativi del quadro di insufficienza affettiva • aspetti qualitativi • momento evolutivo del bambino in cui la carenza affettiva agisce • indice dello sviluppo psico-intellettivo che precede la carenza • durata di essa • modalità con cui la carenza si esplica • ricognizione se esiste un substrato lesionale a carico del SNC Attraverso tali analisi è possibile raggiungere la prevedibilità del decorso e giudicare la reversibilità della sindrome. Pertanto noi definiamo come sindrome da carenza affettiva quelle manifestazioni cliniche in rapporto ad un anomala interazione genitori-figlio che nel primo anno è praticamente madre-figlio. Carenze quantitative Per poter stabilire con una maggiore attendibilità l'effetto patogeno di tali carenze bisogna sempre verificare se: 1. la separazione è stata totale, senza possibilità di alcuna figura sostitutiva a quella materna (esperienza in brefotrofio) 2. la separazione è stata transitoria, così pure l'impossibilità di creare rapporti con figure sostitutive 3. vi sono stati ripetuti cambiamenti di figure materne sostitutive, anche se ognuna era di per sè valida 4. la separazione è stata accompagnata dalla sostituzione con una figura valida; in questo caso la carenza è irrilevante. Depressione anaclitica Il termine fu coniato da Spitz nel 1945. Il quadro clinico della depressione anaclitica è il più paradigmatico e si riscontra in ogni altra forma di carenza affettiva.
  • 15. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 15 Essa presenta: 1. una fase di protesta. Il bambino piange, è fortemente in ansia e cerca in tutti i modi di riavere la madre; 2. una fase di disperazione. Il bambino passa da crisi di pianto disperato ad un pianto monotono ed intermittente, rinchiuso in sè stesso, non cerca di riavere la madre. Vi è perdita di peso ed arresto dello sviluppo; 3. una fase di distacco o detta anche di rifiuto. Il bambino appare inerte, abulico, piegato su sè stesso nel suo lettino, continua a perdere peso ed ha più facilità a contrarre malattie. Espressione rigida del viso e comparsa di ritmie motorie; 4. si ha una accentuazione di tutte queste caratteristiche, dopo il terzo mese, fino al raggiungimento di uno stato di marasma e di arresto irreversibile nello sviluppo intellettivo. Istituzionalismo / ospedalismo Con questo termine si indica una prolungata segregazione del bambino in brefotrofio, con inizio nei primi tre mesi di vita in ospedale (con motivazioni di carattere medico) o in qualsiasi tipo di istituzione. Nell'istituzionalismo vi è una mancata o quanto meno una grave deficienza di stimolazioni nei confronti dell'acquisizioni del bambino. Il ritardo è più evidente nella psicomotricità, nella marcia, nel linguaggio e nelle relazioni sociali. Gli esiti dell'istituzionalismo sono sempre piuttosto gravi: ipodotazione intellettiva stabile, con scarsa organizzazione della personalità, asocialità e caratteropatie. Carenze qualitative L'influenza negativa per lo sviluppo della personalità del bambino è praticamente uguale sia se determinata da una situazione genitoriale realmente negativa sia se sola fantasticamente vissuta dal bambino come tale. È necessario ricordare che le forze istintuali del bambino si accompagnano a fantasie; questo mondo esterno rappresentato, nei primi tempi, dai genitori non è statico ma si modifica continuamente nel tempo e nello spazio, per esempio nella dinamica dei rapporti con gli altri figli. Esiste anche la difficoltà di assumere i ruolo di genitore rispetto al bambino. Potremmo imbatterci quindi, per esempio, in un tipo di relazione genitore-bambino che si connota per una difficoltà di adattamento del primo rispetto al secondo; si tratta di una storia nella quale la madre o il padre sono stati prima figli, bambini ed adulti, e come tali con maggiori o minori difficoltà ad accettare la persistenza della loro parte bambina nella parte adulta, o meglio ad integrare le due parti. Le difficoltà di integrazione e successivamente le difficoltà a riconoscere il bambino come parte staccata da sè, con una sua propria individualità: incontreremo comportamenti ossessivi, ansiosi, permissivi, disforici. Fattori individuali Considerato che lo sviluppo di una funzione è un continuum biologico o psichico possiamo comprendere il concetto clinico di crisi evolutiva come un momento in cui i veri stadi settoriali giungono o ad un massimo di disarmonia o ad un massimo di sovrapponibilità. È in corrispondenza di questi punti nodali che avvengono più facilmente le crisi di adattamento, cioè una situazione transitoria di irregolarità di comportamento che è quasi fisiologica. In generale l'evidenziamento di sintomi
  • 16. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 16 psichico-patologici avviene con una frequenza statisticamente valida in cinque periodi che corrispondono a cinque crisi evolutive: • a otto mesi crisi dello svezzamento o meglio dell'oggettivazione • a tre - quattro anni crisi d'opposizione • a sette - nove anni crisi logica-morale • a undici - tredici anni crisi prepuberale • a sedici - diciassette anni crisi adolescenziale La prima crisi, tra gli otto e i dieci mesi, assume la sua configurazione dall'evoluzione del rapporto oggettuale; in tale epoca il bambino ha individuato e riconosciuto la madre come qualcosa di completamente separato da sè e la possibilità di tollerare che essa temporaneamente scompaia è legata a quanto le esperienze precedenti hanno consolidato l'immagine di un oggetto buono e persistente nel tempo. Segni indicatori di una situazione di disagio psicologico sono in questa età periodi di lunghi pianti, o viso rigido, inespressivo con sguardo vuoto, con rifiuto del cibo, con movimenti ritmici, come la iactatio capitis nocturna (scuotimento del capo notturno), il belancement antero-posteriore cioè movimenti monotoni iterativi che inglobano quasi tutta l'attività del bambino. Tali movimenti devono essere considerati attività senza oggetto e come tali rappresentano un arresto, un ritardo o un'impossibilità a sostenere il rapporto oggettuale con persone o cose. Un passo avanti e si giunge al quadro dell'autismo precoce che si può iniziare sin dal secondo semestre di vita.
  • 17. La prima infanzia Fabio Peloso © 1999 – e-mail: fabiopeloso@yahoo.com 17 Bibliografia Bee Helen - Il bambino ed il suo sviluppo - Zanichelli Bollea G. - Compendio di psichiatria dell'età evolutiva - Bulzoni Editore Galimberti U. - Dizionario di Psicologia - UTET Kitzinger S. - Il bambino, l'attesa e la nascita - Mondadori Morris D. - Il bambino. Tutti i perchè - Mondadori Piaget J. - Cos'è la psicologia - Newton Editore Winnicot D. - Il bambino deprivato - Raffaello Cortina Editore Riproduzione autorizzata a scopo didattico e non a fini di lucro a condizione che ne venga citato l’autore. Testo rielaborato da materiale fornito dai docenti durante le lezioni di psicologia nel periodo di formazione (1992 – 1995) presso la Scuola Cantonale in Cure Infermieristiche – Mendrisio – Svizzera. Fabio Peloso infermiere psichiatrico e-mail: fabiopeloso@yahoo.com