È tipica dei nostri tempi la convivenza di un tecnicismo sempre più invadente, di una scientificità eletta alla religione, accanto a improvvise folate di razionalità, abbandoni esoterici e suggestioni astrologiche...
1. Nostalgia del genuino o ingenuità?
“È tipica dei nostri tempi la convivenza di un tecnicismo sempre più
invadente, di una scientificità eletta alla religione, accanto a improvvise
folate di razionalità, abbandoni esoterici e suggestioni astrologiche.
Accade ancora oggi che, sotto il peso emotivo della diagnosi infausta
irreversibile, perfino il medico si è tentato di infrangere il sistema di
un’assurda ricerca del guaritore e dei suoi fragili artifizi.
Ma se questi ripensamenti non sono rari neppure nel cuore della cittadella
scientifica, tutto diventa possibile ai suoi margini, come in una terra di
confine. Così esiste una rigorosa fisiologia dell’alimentazione, una
nutrizione clinica che con tecniche di avanguardia consente di alimentare
e quindi di far vivere persone che non potrebbero ingerire nessun cibo ed
esiste purtroppo una dietologia di moda e di rapina.
Il mito del genuino, oltre alle reminiscenze romantiche e al di là di ogni
legittima implicazioni idealistico-filosofica, può fondare le radici
nell’improntitudine e nell’affarismo.
Comunque, non può reggere alla logica di un mondo che deve ospitare e
sfamare troppi miliardi di persone.
In epoche di sicura genuinità l’uomo moriva di denutrizione grave, persino
di fame, e soffriva di una serie di malattie collegate all’igiene quale
carenze alimentari, dal colera al tifo, dalla pellagra al rachitismo. Bere una
genuina tazza di latte appena. Poteva causare una genuina brucellosi e la
tubercolosi.
Colpevolizzare il progresso tecnologico, dimenticando i vantaggi che ne
sono derivati all’umanità, è soltanto frutto di ignoranza e faziosità; l’uomo
non deve riversare sulla scienza le proprie responsabilità.
Non è colpevole il pesticida, ma l’irrazionalità con cui viene fornito al
contadino analfabeta che può fare un uso improprio. Non è colpevole
dell’estrogeno, ma l’avidità di chi somministra bestiame per garantirsi un
aumento di acqua nei tessuti e quindi maggiori guadagni nell’ambito di un
sistema di controllo talvolta insufficiente o consenziente.
2. Del resto i fanatici della natura dovrebbero sapere che, secondo lo studio
affidato dalla competente società oncologica americana al noto specialista
Bruce Ames, i cancerogeni naturali sono molto diffusi e più attivi di quelli
che residuano ad un corretto impiego di sussidi chimici, a livello agricolo e
di trasformazione industriale dei prodotti.
L’inquinamento della catena alimentare è un problema mondiale che non
può essere risolto dal singolo con un ritorno, volenteroso quanto illogico e
insostenibile, al cosiddetto alimento naturale.
La falda acquifera, la pioggia acida, i contenuti dell’atmosfera hanno
ricadute che coinvolgono anche il lontano orticello dell’ingenuo naturista.
Cosa fare dunque? Per prima cosa accettare le regole del gioco,
comparando tranquillamente i prodotti industriali ma dopo averne letto
l’etichetta prevista dalla legge. Solo un consumatore più istruito il
consapevole può costringere l’industria a competere anche sul piano della
qualità tecnologica, ma occorre almeno l’acquirente sappia che a norma di
legge un surgelato non può essere addizionato di conservanti mentre lo
stesso prodotto, in scatola, può o deve esserlo.
Le varie associazioni che intendono rappresentare i consumatori stanno
attivando, anche in Italia, un movimento di responsabilizzazione e di
educazione alimentare che, in assenza o in carenza di iniziative
governative (ormai indispensabili a livello scolastico), resta l’unica strada
realmente percorribile.
Per coerenza scientifica occorre guardare alle tecnologie “pulite” senza
peso pregiudizi; non è detto che gli alimenti del futuro non possano avere
nuovi pregi, oltre a requisito preliminare dell’igiene più completa.”
Eugenio Del Toma