1. Le armi da fuoco
Bernard van Orley (1508-1541), La Battaglia di Pavia. L’Avanzata di Carlo V, arazzo di
scuola fiamminga.
Particolare con gli archibugieri che tirano dalla spalla e non dal fianco.
2. La polvere nera
In Cina venne inizialmente usata per
scopi ricreativi, ma dal XII fu
riutilizzata per la costruzione di
rudimentali armi esplosive (Marco
Polo, tuttavia, non ne parlò).
In seguito a scambi commerciali, le
prime armi da fuoco passarono agli
Arabi e, nel XIV secolo, agli Europei.
Si possono infatti ricordare le
illustrazioni del 1327 dell'inglese
Milimete, che raffigurò in un trattato
un pot de fer, purtroppo senza
descriverlo nel testo. Da ricordare
anche la decisione di acquisto, in un
testo fiorentino coevo, di “pilas seu
palloctas ferreas et canones de
mettallo”.
La polvere nera è costituita da un
composto di salnitro (74%), carbonella
3. Le bombarde
La metallurgia europea dell'epoca non
consentiva la fusione di un unico pezzo
di metallo, perciò si univano insieme
(calettavano) diverse barre metalliche,
limitando la precisione, ma anche la
sicurezza dell'arma.
Si potevano avere bombarde delle più
svariate dimensioni, sia a retrocarica
che ad avancarica.
L'uso di questi strumenti bellici cambiò
non di poco anche le strutture
difensive, che si fecero meno alte, più
tozze e più inclinate
7. Le armi manesche
Sono state le prime a trovare impiego
in Europa (circa nel XIII secolo).
Inizialmente erano sgraziate, poco
funzionali e utilizzate solo come
strumenti difensivi durante gli assedi.
Già alla fine del '400 c'erano, però,
abili compagnie di schioppettieri. Cavaliere armato con bombardella manesca, da un
manoscritto del 1460.
Bombarda manualis (peso Kg. 2.712)
Corrispondente ad una delle cinquecento fatte costruire dal
Comune di Perugia nel 1364, bombarde “una spanna lunghe, che
le portavano su in mano, bellissime, e passavano ogni armatura”.
Disegni dai Trattati di Francesco di Giorgio:
“Spingarda” (da muro)
“Arco buso”
“Scoppietto”
8. Termeno, affresco, Chiesa di San Valentino, circa 1390-1420.
A = Bombardella manesca
in bronzo, dal castello di
Tannenberg (Assia), prima
del 1399.
B = Bombardella manesca
in bronzo del XIV s.
C = Bombardella manesca
in ferro, dal castello di
Vedelspang, Schleswig
meridionale, prima del
1426.
D = Bombardella manesca
in ferro, Svizzera, ancora
fissata al suo teniere
originale con cerchi in ferro,
tra XIV e XV secolo.
E = Schioppetto con canna e
teniere in ferro, Tirolo,
seconda metà del XV s.
9.
10. La reazione dei letterati alle nuove armi
Francesco Petrarca, De Remediis,
post 1350:
“Questi strumenti che scaricano palle
di metallo con atrocissimo rumore e
lampi di fuoco […] alcuni anni or sono
erano rarissimi e venivano riguardati
con grande stupore e ammirazione, ma
ora sono diventati comuni e familiari
come ogni altro tipo di arma.
Nell'imparare le arti più perniciose,
così pronte e geniali sono le menti
degli uomini!”
Ludovico Ariosto, Orlando furioso,
1532, canto XI, 23-26:
La machina infernal, di più di cento
passi d'acqua ove stè ascosa molt'anni,
al sommo tratta per incantamento,
prima portata fu tra gli Alamanni;
li quali uno et un altro esperimento
facendone, e il demonio a' nostri danni
assuttigliando lor via più la mente,
ne ritrovaro l'uso finalmente.
Italia e Francia e tutte l'altre bande
del mondo han poi la crudele arte appresa.
Alcuno il bronzo in cave forme spande,
che liquefatto ha la fornace accesa;
bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
il vaso forma, che più e meno pesa:
e qual bombarda e qual nomina scoppio,
qual semplice cannon, qual cannon doppio;
qual sagra, qual falcon, qual colubrina
sento nomar, come al suo autor più agrada;
che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,
e ovunque passa si fa dar la strada.
Rendi, miser soldato, alla fucina
Pur tutte l'arme c'hai, fin alla spada;
e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;
che senza, io so, non toccherai stipendi.
Come trovasti, o scelerata e brutta
invenzion, mai loco in uman core?
Per te la militar gloria è distrutta,
per te il mestier de l'arme è senza onore;
per te è il valore e la virtù ridutta,
che spesso par del buono il rio migliore:
non più la gagliardìa, non più l'ardire
11. La discesa in Italia dei lanzichenecchi, 1527, è ricostruita ne Il mestiere delle
armi di Ermanno Olmi (2001); il film racconta di un nuovo modo di intendere la
guerra. Nello spezzone si può notare l'utilizzo dei falconetti, armi mobili e letali,
e degli archibugi.
12. Gli archibugi
Il termine “archibugio” (hacquebuche in
francese), intrusione delle parole “arco” e
“buco”, deriverebbe dal vocabolo olandese
hake-bus (“scatola con uncino”). Esso può
essere considerata la prima vera arma da fuoco
portatile capace di garantire una certa
precisione nel tiro.
Arma da fuoco ad avancarica derivato dallo
schioppetto, comparve nella prima metà del
XIV secolo. Venne usato nella battaglia di
Azincourt (1415), anche se fu
significativamente impiegato solo a partire
dalle guerre d’Italia alla fine del Quattrocento;
l’archibugio decretò de facto la fine della
cavalleria corazzata in battaglia.
Il processo di carica durava molto.
16. Lo sviluppo successivo è rivolto proprio a migliorare il sistema di accensione
della polvere. Dal sistema a miccia, che richiedeva agli archibugieri di portare
con sé delle micce sempre accese o di procedere alla loro accensione prima di
sparare, si passa, nei primi anni del XVI secolo, all'invenzione di un vero e
proprio “accendino” automatico mediante il cosiddetto meccanismo a ruota.
Trattasi di un meccanismo abbastanza sofisticato per l'epoca, costituito da una
piastra su cui sono montati una ruota zigrinata collegata ad una molla caricabile
con un'apposita chiave, una specie di pinza (il cane) che tratteneva un pezzo di
pirite (poi sostituita dalla pietra focaia), uno scodellino con un coperchietto a
contatto col focone e riempito di polvere da sparo finissima. Azionando il
grilletto, il cane si abbassava a contatto con la zigrinatura della ruota, il
copriscodellino si apriva, la ruota iniziava a girare sprigionando scintille dalla
pietra e la polvere si infiammava provocando lo sparo.
17. Cambia il modo di combattere:
los tercios españoles
Tercio era un termine utilizzato
dall'esercito spagnolo per descrivere un
tipo misto di fanteria, composto da
circa 3000 picchieri e moschettieri.
Questo tipo di formazioni militari e le
loro tecniche belliche furono
formalizzate e sviluppate soprattutto
dal generale Gonzalo Fernandez de
Cordoba, durante le guerre d'Italia del
XVI secolo.
Rappresentò la trasformazione e il
passaggio dalle istituzioni militari
medievali a quelle moderne.
Gli spagnoli, usando queste
formazioni, ottennero svariati successi
durante le guerre europee, fino a
quando nuove tecnologie e nuove
tecniche si imposero sui campi di
18. I Tercios erano composti principalmente da soldati di professione,
disciplinatissimi e molto combattivi, che furono conosciuti per la loro
invincibilità in combattimento fino al XVII secolo. E proprio per la loro
determinazione ed esperienza (i tercios viejos) in battaglia furono sempre molto
temuti dai loro nemici, tanto che la loro apparizione in battaglia o il semplice
sapere che sarebbero scesi in combattimento provocò spesso diserzioni tra i
nemici.
Combinando la rigidità della linea dei picchieri e la potenza di fuoco a lunga
gittata dei moschettieri, il tercio si rivelò ideale sia per la difesa che per l'offesa.
Tra le testimonianze belliche d'epoca post-rinascimentale si ricorda lo scontro
che li vide restare sul campo insieme al loro comandante nella battaglia di
Rocroi (1643). Solamente con la quarta carica di cavalleria francese, supportata
dal fuoco dell'artiglieria nemica, furono costretti pure loro a rompere i ranghi.
Fu proprio con la battaglia di Rocroi che ebbe fine il predominio del tercio e
così, nel tardo XVII, secolo gli spagnoli abbandonarono questa ormai obsoleta
struttura militare, per adottare quella più flessibile di battaglioni e reggimenti,
sul modello francese.
21. Alatriste – Il destino di un guerriero (2006) racconta le vicende di uno
spadaccino e avventuriero spagnolo del XVII secolo che militò nei temibili
tercios viejos. In questo spezzone possiamo vedere ricostruita la fase finale della
battaglia di Rocroi (1643).
22. I giannizzeri turchi
Erano la guardia personale dei beni e
della persona del sultano.
Con il deviscirme venivano raccolti i
bambini cristiani dai 6 ai 9 anni e
venivano formati all'uso delle armi da
fuoco. Erano una forza di fanteria,
contrapposta alla cavalleria tribale
ottomana. Divennero spesso e
volentieri i fautori della politica turca.
23. Il moschetto
Evoluzione dell'archibugio, venne
utilizzato fino alle guerre
napoleoniche.
Poteva sparare con miccia, a ruota, a
pietra focaia.
Si cominciarono ad utilizzare le prime
cartucce (contenevano palla e polvere
in un involucro di carta).
I moschettieri più esperti potevano
sparare anche 3-4 colpi al minuto,
mentre la media era di 2 colpi.
Successivamente, al moschetto verrà
applicata la baionetta, che permetterà
al moschettiere di combattere corpo a
corpo e renderà inutile la presenza dei
picchieri.