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La displasia dell'anca nel cane
Introduzione
La displasia dell'anca rappresenta la principale patologia dell'articolazione coxo-femorale nel cane ed è la
causa più frequente di osteoartrite a carico di tale articolazione. Si riscontra con incidenza variabile in
differenti razze, prevalentemente in soggetti di taglia grande e gigante1.
Nonostante anni di ricerca, studio ed informazione verso veterinari, allevatori e proprietari, sono ancora
inadeguati i progressi compiuti nella prevenzione di questa malattia potenzialmente invalidante per i
nostri pazienti. Grazie agli sforzi di ricercatori, veterinari e allevatori coscienziosi, è auspicabile una
sensibile riduzione dell'incidenza di tale patologia. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo con un
impegno collettivo di queste differenti figure professionali. Attualmente nuovi farmaci e tecniche
chirurgiche innovative permettono al cane displasico di condurre una vita relativamente normale e, in
molti casi, priva di dolore, ma non dobbiamo considerare ciò un traguardo. L'obiettivo finale deve essere
rappresentato da uno screening sempre più accurato della popolazione canina in modo da escludere dalla
riproduzione i soggetti affetti dalla patologia e prevenire così la trasmissione della malattia alle
generazioni future2.
Patogenesi
La displasia dell'anca del cane è una malattia ad eziologia multifattoriale, nella quale fattori genetici
predisponesti associati a fattori ambientali determinano l'insorgenza di un processo di rimodellamento e
di successiva degenerazione articolare3
. I geni agiscono prevalentemente sulla cartilagine, sul tessuto
connettivale e sulla muscolatura della regione dell'anca. I soggetti affetti presentano uno squilibrio tra lo
sviluppo delle masse muscolari, insufficiente, e lo sviluppo scheletrico.
L'incompetenza della muscolatura nel mantenere congruente l'articolazione favorisce una condizione di
lassità articolare, caratterizzata da un progressivo allontanamento della testa del femore rispetto alla
cavità acetabolare e a una progressiva riduzione dell'area di contatto tra le due superfici articolari.
Questa lassità articolare provoca una alterata distribuzione dei carichi ponderali articolari che si
concentrano in uno spazio più limitato, in particolare a livello del margine acetabolare cranio-dorsale,
causando alterazioni cartilaginee, microfratture ossee e conseguente alterazione del profilo acetabolare.
Modificazioni simili a quelle osservate a livello acetabolare vengono riscontrate anche a carico della testa
del femore; queste sono proporzionali all'area di contatto tra la testa del femore e la cavità acetabolare:
maggiore è il grado di sublussazione, minore sarà il rimodellamento osseo della testa femorale. La
capsula articolare, ripetutamente stirata e lacerata in corrispondenza della sua porzione dorsale, si
ispessisce. Il legamento rotondo, a causa dei reiterati tentativi di sublussazione della testa femorale, si
presenta ipertrofico e/o lacerato1 (fig. 1)
Fig. 1: modellino anatomico dell'articolazione coxo-femorale canina
La patologia evolve parallelamente all'età del soggetto, manifestando espressioni differenti di malattia
articolare degenerativa, che variano da lievi modificazioni della struttura ossea e cartilaginea fino a grave
alterazione articolare caratterizzata da erosione cartilagine ed esposizione dell'osso subcondrale (fig. 2 e
3).
Fig. 2: preparato anatomico della testa femorale normale
Fig. 3: preparato anatomico della testa femorale artrosica di un cane affetto dalla displasia dell'anca
Il ruolo della nutrizione
La somministrazione di diete ipercaloriche, iperproteiche, eccessi di integrazione con vitamine e sali
minerali, possono influenzare negativamente lo sviluppo scheletrico. Numerosi studi4,5 indicano una
maggiore incidenza di displasia dell'anca nei cani di taglia grande e gigante a rapido accrescimento. In
questi lavori veniva dimostrato come cani che presentano un incremento ponderale più rapido rispetto
allo standard di razza, manifestano una maggiore incidenza di displasia dell'anca con una sintomatologia
clinica più evidente. Spesso i proprietari dei cani di taglia grande o gigante somministrano una quantità di
cibo superiore al fabbisogno giornaliero, con l'obiettivo di ottenere una crescita più rapida e soggetti di
mole imponente. Le diete industriali, sviluppate per cuccioli in accrescimento, sono caratterizzate da un
elevato contenuto calorico; pertanto una somministrazione in eccesso della razione giornaliera può
innescare meccanismi di squilibrio metabolico che si ripercuotono negativamente sull'apparato
scheletrico.
Segni clinici
I soggetti displasici vengono suddivisi in due categorie:
• soggetti giovani, di età compresa tra 4 e 12 mesi
• soggetti adulti/anziani, di età superiore ai 12 mesi
Nei soggetti giovani i segni clinici sono estremamente variabili: un aspetto comune è la riluttanza del
cane a muoversi associata a rigidità ed iperestensione dell'arto in stazione, atteggiamento posturale
adottato per proteggere l'articolazione dolente. Il dolore è dovuto alla sinovite infiammatoria, alla
tensione della capsula articolare e del periostio che determinano stimolazione dei nocicettori locali. Il
paziente cerca di ridurre la condizione dolorosa utilizzando atteggiamenti e andature antalgiche. Quando
il cane è in stazione, si osserva uno spostamento del peso sul bipede anteriore spesso associato ad una
variazione della base di appoggio del bipede posteriore, caratterizzata da un'alternanza tra base
d'appoggio con arti avvicinati e poi allontanati.
Durante la deambulazione si osservano sensibili variazioni perché il cane cerca di sostituire alla normale
locomozione nuovi movimenti che richiedono una minore escursione articolare dell'anca. In particolare,
diminuendo l'escursione dell'articolazione coxo-femorale ed aumentando quella a livello dell'articolazione
lombo-sacrale, il soggetto è in grado di deambulare riducendo sensibilmente la sensazione algica. Questo
spiega perché molti pazienti affetti da displasia assumono la tipica andatura saltellante "a coniglio",
caratterizzata dal movimento contemporaneo del bipede posteriore e da un' iperestensione della colonna
vertebrale
Il grado di zoppia è estremamente variabile: da lieve, che si manifesta solo dopo un intenso esercizio
fisico, a grave, quando il cane avverte un dolore così intenso da non essere in grado di reggersi sul treno
posteriore. Il quadro clinico in genere tende a migliorare quando il soggetto raggiunge gli 8-10 mesi di
età. Le microfratture a carico del bordo acetabolare dorsale guariscono, il tessuto muscolare e scheletrico
matura rendendo l'articolazione più stabile e meno sensibile agli insulti dolorosi1.
Anche nei soggetti adulti/anziani il quadro clinico è variabile, in relazione alla gravità delle alterazioni
artrosiche. Solitamente l'insorgenza è subacuta o tende a esacerbarsi dopo intensa attività fisica. I
soggetti affetti presentano rigidità articolare al mattino, zoppia e riduzione della normale attività fisica.
Spesso i pazienti tendono a sedersi e, se invitati ad alzarsi, eseguono la manovra con estrema lentezza e
difficoltà. In stazione tendono a scaricare il peso sul bipede anteriore: in questo modo, con il passare del
tempo, si osserverà ipotrofia muscolare della coscia e contemporaneamente ipertrofia della muscolatura
della spalla. La rigidità, il dolore articolare e la debolezza del treno posteriore determinano evidenti
disturbi funzionali a carico degli arti pelvici
Autore: Bruno Peirone, Med Vet, PhD
Fulvio Cappellari, Med Vet
Dipartimento di Patologia Animale, Torino
http://www.veter.unito.it/
Bibliografia
1. Peirone B, Valazza A, Olivieri M, Ciliberto E: Displasia dell'anca. Summa vol: 19-23, 2003.
2. Alexander JW: Displasia dell'anca nel cane. In Clinica Veterinaria del Nord America
3. Riseer WH: Displasia d'anca nel cane. In Bojrab MJ: Le basi patogenetiche delle malattie chirurgiche nei piccoli animali. 1° ed.
italiana Girali, 2001, pp1062-1071.

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  • 1. La displasia dell'anca nel cane Introduzione La displasia dell'anca rappresenta la principale patologia dell'articolazione coxo-femorale nel cane ed è la causa più frequente di osteoartrite a carico di tale articolazione. Si riscontra con incidenza variabile in differenti razze, prevalentemente in soggetti di taglia grande e gigante1. Nonostante anni di ricerca, studio ed informazione verso veterinari, allevatori e proprietari, sono ancora inadeguati i progressi compiuti nella prevenzione di questa malattia potenzialmente invalidante per i nostri pazienti. Grazie agli sforzi di ricercatori, veterinari e allevatori coscienziosi, è auspicabile una sensibile riduzione dell'incidenza di tale patologia. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo con un impegno collettivo di queste differenti figure professionali. Attualmente nuovi farmaci e tecniche chirurgiche innovative permettono al cane displasico di condurre una vita relativamente normale e, in molti casi, priva di dolore, ma non dobbiamo considerare ciò un traguardo. L'obiettivo finale deve essere rappresentato da uno screening sempre più accurato della popolazione canina in modo da escludere dalla riproduzione i soggetti affetti dalla patologia e prevenire così la trasmissione della malattia alle generazioni future2. Patogenesi La displasia dell'anca del cane è una malattia ad eziologia multifattoriale, nella quale fattori genetici predisponesti associati a fattori ambientali determinano l'insorgenza di un processo di rimodellamento e di successiva degenerazione articolare3 . I geni agiscono prevalentemente sulla cartilagine, sul tessuto connettivale e sulla muscolatura della regione dell'anca. I soggetti affetti presentano uno squilibrio tra lo sviluppo delle masse muscolari, insufficiente, e lo sviluppo scheletrico. L'incompetenza della muscolatura nel mantenere congruente l'articolazione favorisce una condizione di lassità articolare, caratterizzata da un progressivo allontanamento della testa del femore rispetto alla cavità acetabolare e a una progressiva riduzione dell'area di contatto tra le due superfici articolari. Questa lassità articolare provoca una alterata distribuzione dei carichi ponderali articolari che si concentrano in uno spazio più limitato, in particolare a livello del margine acetabolare cranio-dorsale, causando alterazioni cartilaginee, microfratture ossee e conseguente alterazione del profilo acetabolare. Modificazioni simili a quelle osservate a livello acetabolare vengono riscontrate anche a carico della testa del femore; queste sono proporzionali all'area di contatto tra la testa del femore e la cavità acetabolare: maggiore è il grado di sublussazione, minore sarà il rimodellamento osseo della testa femorale. La capsula articolare, ripetutamente stirata e lacerata in corrispondenza della sua porzione dorsale, si ispessisce. Il legamento rotondo, a causa dei reiterati tentativi di sublussazione della testa femorale, si presenta ipertrofico e/o lacerato1 (fig. 1) Fig. 1: modellino anatomico dell'articolazione coxo-femorale canina
  • 2. La patologia evolve parallelamente all'età del soggetto, manifestando espressioni differenti di malattia articolare degenerativa, che variano da lievi modificazioni della struttura ossea e cartilaginea fino a grave alterazione articolare caratterizzata da erosione cartilagine ed esposizione dell'osso subcondrale (fig. 2 e 3). Fig. 2: preparato anatomico della testa femorale normale Fig. 3: preparato anatomico della testa femorale artrosica di un cane affetto dalla displasia dell'anca Il ruolo della nutrizione La somministrazione di diete ipercaloriche, iperproteiche, eccessi di integrazione con vitamine e sali minerali, possono influenzare negativamente lo sviluppo scheletrico. Numerosi studi4,5 indicano una maggiore incidenza di displasia dell'anca nei cani di taglia grande e gigante a rapido accrescimento. In questi lavori veniva dimostrato come cani che presentano un incremento ponderale più rapido rispetto allo standard di razza, manifestano una maggiore incidenza di displasia dell'anca con una sintomatologia clinica più evidente. Spesso i proprietari dei cani di taglia grande o gigante somministrano una quantità di cibo superiore al fabbisogno giornaliero, con l'obiettivo di ottenere una crescita più rapida e soggetti di mole imponente. Le diete industriali, sviluppate per cuccioli in accrescimento, sono caratterizzate da un elevato contenuto calorico; pertanto una somministrazione in eccesso della razione giornaliera può innescare meccanismi di squilibrio metabolico che si ripercuotono negativamente sull'apparato scheletrico.
  • 3. Segni clinici I soggetti displasici vengono suddivisi in due categorie: • soggetti giovani, di età compresa tra 4 e 12 mesi • soggetti adulti/anziani, di età superiore ai 12 mesi Nei soggetti giovani i segni clinici sono estremamente variabili: un aspetto comune è la riluttanza del cane a muoversi associata a rigidità ed iperestensione dell'arto in stazione, atteggiamento posturale adottato per proteggere l'articolazione dolente. Il dolore è dovuto alla sinovite infiammatoria, alla tensione della capsula articolare e del periostio che determinano stimolazione dei nocicettori locali. Il paziente cerca di ridurre la condizione dolorosa utilizzando atteggiamenti e andature antalgiche. Quando il cane è in stazione, si osserva uno spostamento del peso sul bipede anteriore spesso associato ad una variazione della base di appoggio del bipede posteriore, caratterizzata da un'alternanza tra base d'appoggio con arti avvicinati e poi allontanati. Durante la deambulazione si osservano sensibili variazioni perché il cane cerca di sostituire alla normale locomozione nuovi movimenti che richiedono una minore escursione articolare dell'anca. In particolare, diminuendo l'escursione dell'articolazione coxo-femorale ed aumentando quella a livello dell'articolazione lombo-sacrale, il soggetto è in grado di deambulare riducendo sensibilmente la sensazione algica. Questo spiega perché molti pazienti affetti da displasia assumono la tipica andatura saltellante "a coniglio", caratterizzata dal movimento contemporaneo del bipede posteriore e da un' iperestensione della colonna vertebrale Il grado di zoppia è estremamente variabile: da lieve, che si manifesta solo dopo un intenso esercizio fisico, a grave, quando il cane avverte un dolore così intenso da non essere in grado di reggersi sul treno posteriore. Il quadro clinico in genere tende a migliorare quando il soggetto raggiunge gli 8-10 mesi di età. Le microfratture a carico del bordo acetabolare dorsale guariscono, il tessuto muscolare e scheletrico matura rendendo l'articolazione più stabile e meno sensibile agli insulti dolorosi1. Anche nei soggetti adulti/anziani il quadro clinico è variabile, in relazione alla gravità delle alterazioni artrosiche. Solitamente l'insorgenza è subacuta o tende a esacerbarsi dopo intensa attività fisica. I soggetti affetti presentano rigidità articolare al mattino, zoppia e riduzione della normale attività fisica. Spesso i pazienti tendono a sedersi e, se invitati ad alzarsi, eseguono la manovra con estrema lentezza e difficoltà. In stazione tendono a scaricare il peso sul bipede anteriore: in questo modo, con il passare del tempo, si osserverà ipotrofia muscolare della coscia e contemporaneamente ipertrofia della muscolatura della spalla. La rigidità, il dolore articolare e la debolezza del treno posteriore determinano evidenti disturbi funzionali a carico degli arti pelvici Autore: Bruno Peirone, Med Vet, PhD Fulvio Cappellari, Med Vet Dipartimento di Patologia Animale, Torino http://www.veter.unito.it/ Bibliografia 1. Peirone B, Valazza A, Olivieri M, Ciliberto E: Displasia dell'anca. Summa vol: 19-23, 2003. 2. Alexander JW: Displasia dell'anca nel cane. In Clinica Veterinaria del Nord America 3. Riseer WH: Displasia d'anca nel cane. In Bojrab MJ: Le basi patogenetiche delle malattie chirurgiche nei piccoli animali. 1° ed. italiana Girali, 2001, pp1062-1071.