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Comunicato stampa Coordinamento Migrante Varese
Profughi: la provincia di Varese non necessita di nessuno STOP
Una recente presa di posizione di un partito politico della provincia di Varese chiede lo
Stop all'accoglienza di nuovi profughi in provincia, perché il loro numero sul territorio
sarebbe già eccessivo e dichiara che i sindaci e i candidati sindaci di questo partito alle
prossime elezioni amministrative si impegnano a non mettere a disposizione strutture
comunali, né a stanziare fondi per pagare l'ospitalità in alloggi o alberghi privati. Aggiunge
inoltre che le cause di questa “invasione” sarebbero da individuarsi nell'operazione “Mare
Nostrum” del governo italiano e nella recente abolizione del reato di clandestinità; che la
presenza di profughi in provincia pone problemi di sicurezza, legati alle fughe dai centri di
accoglienza e ai possibili problemi igienico-sanitari; che, infine, servirebbe un'azione
coordinata europea nei confronti dei paesi di provenienza, con accordi bilaterali e
programmi di aiuti, per arrestare all'origine il movimento di queste persone.
Prima di fare considerazioni sotto il profilo politico e morale, comunque profondamente
negative sia per la credibilità internazionale del nostro paese, sia per motivi strettamente
umani, riteniamo doveroso dare i termini reali del problema, per evitare confusione e
strumentalizzazioni.
Attualmente in provincia sono presenti non più di 80 profughi legati all'emergenza in corso.
Tutti sono ospitati in strutture private o del privato-sociale e sostenuti da fondi governativi
erogati dalla prefettura. Per capirci, durante il biennio 2011-2012 la nostra provincia è stata
in grado di accogliere, senza nessun problema legato alla sicurezza, più di due volte e
mezzo questo numero di profughi e per un periodo prolungato. Ci sono state iniziative di
integrazione tramite le quali una parte di loro ha trovato lavoro e si è stabilizzata nel nostro
paese, ci sono stati successivamente spostamenti in altre province e in altri paesi
dell'Unione Europea, o ritorni assistiti al paese di origine, finché l'emergenza è stata
definitivamente superata all'inizio dello scorso anno, senza che larga parte della
popolazione della nostra provincia si sia nemmeno resa conto della loro presenza. Non c'è
quindi nessuna ragione di allarmismo, se non quella, in carenza di altri argomenti, di
propaganda elettorale.
Inoltre nel 2011, c'era un altro governo, il cui ministro degli interni apparteneva al partito in
questione, non era in corso nessuna operazione Mare Nostrum, anzi c'erano i cosiddetti
respingimenti in mare, condannati da tutta la comunità internazionale, era già in vigore il
reato di clandestinità, eppure i profughi che arrivarono nel nostro paese furono molti di più
di quelli che stanno arrivando in queste settimane. Tutti ci ricordiamo ancora, sia le
tragedie in mare, sia lo spettacolo vergognoso offerto al mondo dai bivacchi di profughi sul
molo di Lampedusa con un governo inerte e parolaio, incapace di affrontare un'emergenza
più che annunciata.
Né è il caso di pensare ad accordi bilaterali con i paesi di provenienza quando si ha a che
fare con profughi. Che accordi di cooperazione è pensabile fare con paesi come la Siria o
la Libia in cui è in atto una guerra civile? Come è possibile salvaguardare la vita o la libertà
di persone perseguitate dal proprio stato con un accordo bilaterale con quello stesso
stato?
Non è un caso che per queste situazioni esistono delle convenzioni internazionali per la
protezione dei profughi, firmate anche dal nostro paese, che ci impegnano giustamente
alla loro accoglienza.
Sta poi ad ogni paese organizzarne le forme. Quella che è stata trovata nel 2011, ossia la
distribuzione dei profughi su tutto il territorio nazionale, ci sembra la più razionale ed
anche la più efficace, perché consente di evitare la creazione di grandi “campi profughi”, di
favorire un più rapido inserimento sociale nel territorio, di diminuire l'impatto dei nuovi arrivi
sulle comunità locali con garanzie maggiori anche sotto il profilo della sicurezza.
Quanto a questa non hanno rilievo dall'esperienza degli ultimi anni le cosiddette “fughe”. Si
tratta nella quasi totalità dei casi di ricongiunzione di fatto con parenti o amici già presenti
sul territorio italiano, più frequentemente in altri paesi europei. Non c'è quindi nessun
allarme da sollevare anche in questo caso. Piuttosto sarebbe da cambiare la convenzione
di Dublino, che costringe il richiedente asilo a permanere nel paese di accoglienza, anche
quando ci sono migliori condizioni per il suo inserimento sociale in un altro paese
dell'Unione Europea.
Sempre in riferimento al capitolo “sicurezza” riteniamo invece corretto il richiamo alla
tempestiva verifica delle condizioni sanitarie dei profughi, sulla base dell'esperienza
maturata negli anni scorsi, a cui ha contribuito anche la fattiva collaborazione del
Coordinamento Migrante. Ci risulta, infatti, che ad oggi vi è un approccio meno attento da
parte dell'Asl, forse legato alla poca collaborazione che la regione Lombardia ha finora
concesso alle prefetture per la gestione di questa emergenza.
f.to Il Coordinamento Migrante Varese

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  • 2. stato? Non è un caso che per queste situazioni esistono delle convenzioni internazionali per la protezione dei profughi, firmate anche dal nostro paese, che ci impegnano giustamente alla loro accoglienza. Sta poi ad ogni paese organizzarne le forme. Quella che è stata trovata nel 2011, ossia la distribuzione dei profughi su tutto il territorio nazionale, ci sembra la più razionale ed anche la più efficace, perché consente di evitare la creazione di grandi “campi profughi”, di favorire un più rapido inserimento sociale nel territorio, di diminuire l'impatto dei nuovi arrivi sulle comunità locali con garanzie maggiori anche sotto il profilo della sicurezza. Quanto a questa non hanno rilievo dall'esperienza degli ultimi anni le cosiddette “fughe”. Si tratta nella quasi totalità dei casi di ricongiunzione di fatto con parenti o amici già presenti sul territorio italiano, più frequentemente in altri paesi europei. Non c'è quindi nessun allarme da sollevare anche in questo caso. Piuttosto sarebbe da cambiare la convenzione di Dublino, che costringe il richiedente asilo a permanere nel paese di accoglienza, anche quando ci sono migliori condizioni per il suo inserimento sociale in un altro paese dell'Unione Europea. Sempre in riferimento al capitolo “sicurezza” riteniamo invece corretto il richiamo alla tempestiva verifica delle condizioni sanitarie dei profughi, sulla base dell'esperienza maturata negli anni scorsi, a cui ha contribuito anche la fattiva collaborazione del Coordinamento Migrante. Ci risulta, infatti, che ad oggi vi è un approccio meno attento da parte dell'Asl, forse legato alla poca collaborazione che la regione Lombardia ha finora concesso alle prefetture per la gestione di questa emergenza. f.to Il Coordinamento Migrante Varese