1. LA VARESE CHE ACCOGLIE
Il giorno 16 luglio 2015 è calendarizzata nel consiglio comunale di Varese una discussione
allo scopo di “definire la posizione che il Comune deve tenere verso le decisioni assunte
dal Governo Centrale” in materia di accoglienza dei profughi.
In merito la discussione e le polemiche sono state fino ad oggi materia ricorrente di
scontro politico a livello nazionale e anche nel nostro territorio.
È un approccio che lascia le cose così come sono, con lo scopo di trarci altri vantaggi, che
non sono certamente quelli per i cittadini e men che meno per i profughi che ci troviamo a
ospitare. Riteniamo invece importante offrire un contributo costruttivo a questo dibattito,
nella speranza che sia considerato dalle forze politiche locali presenti nel consiglio
comunale.
È vero che siamo in presenza di una forte emergenza umanitaria, determinata da un alto
afflusso di profughi nel nostro paese, che comporta uno sforzo organizzativo non
indifferente per farvi fronte.
È vero che una parte di questi profughi non sono nella condizione di richiedere asilo
politico o assistenza umanitaria e quindi non sono nella condizione di fruire delle protezioni
previste dalle convenzioni internazionali a cui il nostro paese aderisce.
È vero infine che molti profughi vorrebbero essere accolti da altri paesi dell'Unione
europea e approdano in Italia solo come paese di passaggio, ma questo viene impedito da
una convenzione europea, la convenzione di Dublino, che costringe il profugo a fare
domanda di protezione e a permanere nel paese di approdo.
Tutto questo è vero, ma ci sono anche altre circostanze che vanno considerate.
Le situazioni di guerra del Nord Africa e del Medio Oriente spingono alla fuga migliaia di
persone in oggettivo pericolo di vita e al tempo stesso impediscono alle istituzioni
internazionali di trovare soluzioni per l'ospitalità e la protezione in loco (il cosiddetto
“aiutiamoli a casa loro”) ed è quindi inevitabile l'afflusso di un numero maggiore di profughi
anche in Europa.
L'incremento degli arrivi in Europa nel 2015, rispetto al 2014, è stato superiore all'80%.
Anche in Italia è stato alto fino ad oggi, ma in linea con quello del 2014. Altri paesi europei
si trovano in situazioni analoghe o anche più difficili.
In Europa l'Italia è al terzo posto per accoglienza dei profughi in cifra assoluta, a pari
merito con la Francia. Davanti ci sono la Germania e la Svezia. Ma se guardiamo il
rapporto tra profughi accolti e popolazione scendiamo al 4° posto, dopo Svezia, Ungheria
e Germania e al 6° posto se consideriamo i rifugiati stabilmente ospitati. Eppure l'Italia è il
paese che ottiene gli stanziamenti più generosi in Europa a questo scopo dal “Fondo Asilo,
migrazione e integrazione”.
In Lombardia i rifugiati ospitati sono in media la metà di quelli ospitati in Italia. Per restare
dalle nostre parti, a Varese ci sono meno della metà dei profughi di quanti sono a Busto
Arsizio.
2. Su iniziativa del governo italiano, l'Unione europea ha recentemente riconosciuto il
principio della redistribuzione negli altri paesi europei di una quota di richiedenti asilo a
prescindere dal paese di approdo. È solo un primo passo, ma va nella direzione giusta,
ossia quella del superamento della convezione di Dublino, verso un'applicazione più
coerente del principio di solidarietà tra paesi dell'Unione. È chiaro che, con la sigla di
questo nuovo patto, il nostro paese si impegna ad accogliere la sua quota di profughi,
anche qualora i flussi dovessero cambiare il paese di accesso.
Infine la distinzione tra profughi in condizione di ottenere lo status di rifugiato e migranti
per motivi economici si può fare solo dopo aver esaminato la situazione di ciascuno e
pertanto è comunque necessaria una prima accoglienza prima di prendere le
determinazioni necessarie circa l'accoglienza con protezione o il respingimento.
Considerato tutto questo confidiamo che il dibattito tra le forze politiche in consiglio
comunale non prenda la via breve della semplificazione e delle posizioni ideologiche, ma
cerchi le migliori soluzioni a questo problema per quanto è nelle nostre competenze.
Pensiamo in proposito che il problema per Varese non siano i numeri, ma le modalità
dell'accoglienza.
Nel 2012, al tempo della prima grande ondata di profughi dalla Libia, sembrava che a
Varese ci fosse l'invasione perché erano arrivati 45 richiedenti asilo. Sembravano tanti
perché erano quasi tutti concentrati all'Hotel Plaza. Oggi ce ne sono 50 e nessuno se ne
accorge, perché non se ne accorge la stampa. Quasi tutti sono ospitati in singoli
appartamenti, sparsi per la città, “invisibili”. Del resto vivere in appartamento a gruppi di tre
o quattro, significa badare a se stessi, dopo un primo periodo di accompagnamento da
parte di un tutor. Significa farsi da mangiare, fare la spesa, essere costretti a relazioni con i
locali... insomma una soluzione che aiuta una veloce integrazione ed evita il ghetto. E
quando ci si integra, si è anche disponibili a dare il proprio contributo alla comunità,
qualora venga richiesto. Ci risulta che a Busto Arsizio, pur in condizioni più problematiche,
si vada in questa direzione.
Con questo metodo Varese è senz'altro disponibile ad accogliere un numero di profughi
superiore a quanti ne ospita oggi. Se l'amministrazione raccogliesse questo messaggio e
se ne facesse interprete, ci sarebbero senz'altro altri cittadini disposti a concedere in affitto
abitazioni disponibili per questo scopo, con la garanzia di una loro gestione attenta e
corretta da parte delle associazioni che si stanno facendo carico dell'accoglienza. E
aumenterebbe anche il lavoro per i nostri giovani, come già sta avvenendo, perché
accoglienza è anche questo.
Varese, 13 luglio 2015