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Battito di ciglia
Le ruvide mani che tremavano incerte a ogni movimento e non gli consentivano più
di esser preciso come un tempo. L’annodata fronte, madida di sudore, sotto quel
sole cocente, tra le impalcature sulle quali non poteva più stare. Ma il vecchio
Emilio, veterano del calcestruzzo, del cemento, dei suoi inseparabili chiodi e delle
massicce travi, non avrebbe mollato. Sarebbe dovuto andare in pensione un anno fa,
di anni ne aveva 63 e di certo a 63 anni non puoi fare l’uomo spavaldo e invincibile
che non ha paura dell’altezza, dell’incertezza di quelle impalcature. In realtà l’uomo
spavaldo, nella vita, non lo si dovrebbe mai fare, figuriamoci alla veneranda età di 63
anni. Un muratore di 63 anni. Ma la pensione sarebbe stata misera ed Emilio non ne
voleva sapere di mollare il suo cantiere.
-Hai una testa più dura del cemento armato- Non faceva altro che ripetergli Berny,
sua moglie.
-Dovresti piantarla. Basta una svista, e chissà. Fà attenzione, ti prego-
Quella mattina Berny era stata più insistente del solito. Emilio si recò a lavoro con
quelle parole che gli rimbombavano nella mente. Davanti ai cancelli del cantiere
ebbe un attimo di esitazione: c’era troppo movimento quella mattina tersa,
qualcosa di nuovo e diverso era nell’aria. Il capo cantiere aveva assunto nuovi
giovani e, diavolo, erano parecchi. Emilio aveva paura di perdere il posto, di esser
sostituito!
-Signor Emilio! Signor Emilio!-
Era Michelangelo, un giovanotto di vent’anni che di solito lavorava al suo fianco nel
settore A3.
-Signor Emilio, le cinture di sicurezza per i lavori in quota le hanno prese tutte! Ce le
hanno i ragazzi nuovi! Vuole la mia?-
Emilio lo guardò stranito.
-Certo che non voglio la tua, giovanotto, ma per quale vecchio rimbecillito mi hai
preso! Quand’ero giovane ho lavorato a più di 9m di altezza e senza cinture, scale
fisse, ancoraggi idonei. Le passerelle erano senza protezioni laterali, esattamente
come qui, e non mi sono mai lamentato! Di certo non lo farò oggi-
-Ma signor Emilio, insomma, ormai ha 63 anni, deve fare attenz..-
-Oh Michelangelo, bando alle ciance! Ho da fare, devo lavorare, sono stanco di
sentirmi dire che non posso. Ora basta. Me ne vado!-
Michelangelo rimase a guardarlo inerte, immobile, senza dir nulla. Quella mattina
Emilio doveva lavorare a ben 8m di altezza. Sezione A3 cantiere. Solita postazione.
Solite impalcature. Solito brivido di vertigine nel salire sulla scala traballante. Solito
guizzo di vita nel guardare dall’alto tutto e sentirsi padrone di quel mondo.
Ma quella mattina Emilio si sentiva un po’ meno padrone della sua vita. Il casco non
gli proteggeva totalmente il capo. Si rese conto solo una volta a 8m distante dal
suolo di non esser sicuro di riuscire a camminare senza un attimo di esitazione. Si
sentiva il bacino libero. Si sentiva vulnerabile al vento senza la sua solita
imbracatura. Si sentiva insicuro, esposto a un rischio eccessivo. Una scarica di
adrenalina. Il timore di farsi male era forte in lui. La paura lo assalì.
-Scendo e vado dal capo cantiere a lamentarmi- Pensò.
Ma aveva timore di far notare la sua anzianità al confronto di quei giovani vigorosi
assunti da poco. Aveva paura di essere licenziato. Quella stupida paura lo
immobilizzava più della paura del vuoto.
Decise di darsi da fare e provò a farsi coraggio. Anche quella mattina i raggi del sole
gli invadevano i lunghi solchi sulla fronte. Una luce forte, abbagliante,
insopportabile. Gli lacrimavano gli occhi. Dovette lasciare i suoi chiodi e il suo
martello più volte. Non riusciva a far nulla. Si voltò di scatto, alla ricerca di
Michelangelo, ma Michelangelo era lontano e lui si sentiva un debole che non
sapeva più resistere. Si rigirò, cercando ancora la forza nelle sue gambe, ma le sue
gambe non rispondevano ai comandi. Le sentiva cedere, le sentiva molli, stanche,
come se si fossero staccate dal suo corpo. Quelle gambe sembravano non
sorreggerlo più.
Stava per svenire. Lo sapeva. Ma no, dai. Non poteva svenire ora, era senza cintura,
sarebbe caduto. Fu un attimo. Un attimo soltanto in cui vide tutto verdastro e poi
nero. Fu solo buio. Poi un tonfo. Sordo. Nero. Sangue caldo che sgorgava dalle
colline della vecchia rugosa fronte. Sapore arido, bocca impastata di terra e polvere
amara. Poi più nulla. Solo voci. Solo urla. Solo paura. Una lontana sirena. La voce del
giovane Michelangelo ovattata. Distante. È finita. Berny non si dà pace per avergli
permesso di andare a lavorare quella mattina. Michelangelo sogna di avergli dato
quella cintura, o meglio, che ci fosse stata una cintura di sicurezza in più, quel
giorno. O una scala fissa e non traballante, o almeno delle protezioni laterali alle
passerelle. O semplicemente che nessuno, vedendolo senza imbracatura, lo facesse
salire a 8m di altezza.
No, non contava la sua età, contava la sua dannata maledetta convinzione di essere
solo un uomo, di sentirsi invincibile di fronte alla morte e anche Berny lo sapeva.
Ma non si dava pace al pensiero che il suo uomo avrebbe potuto salvarsi se solo si
fosse protetto, se solo avesse avuto quelle maledette cinture.
E la morte lo aveva rapito al primo battito di ciglia.

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  • 2. sentiva il bacino libero. Si sentiva vulnerabile al vento senza la sua solita imbracatura. Si sentiva insicuro, esposto a un rischio eccessivo. Una scarica di adrenalina. Il timore di farsi male era forte in lui. La paura lo assalì. -Scendo e vado dal capo cantiere a lamentarmi- Pensò. Ma aveva timore di far notare la sua anzianità al confronto di quei giovani vigorosi assunti da poco. Aveva paura di essere licenziato. Quella stupida paura lo immobilizzava più della paura del vuoto. Decise di darsi da fare e provò a farsi coraggio. Anche quella mattina i raggi del sole gli invadevano i lunghi solchi sulla fronte. Una luce forte, abbagliante, insopportabile. Gli lacrimavano gli occhi. Dovette lasciare i suoi chiodi e il suo martello più volte. Non riusciva a far nulla. Si voltò di scatto, alla ricerca di Michelangelo, ma Michelangelo era lontano e lui si sentiva un debole che non sapeva più resistere. Si rigirò, cercando ancora la forza nelle sue gambe, ma le sue gambe non rispondevano ai comandi. Le sentiva cedere, le sentiva molli, stanche, come se si fossero staccate dal suo corpo. Quelle gambe sembravano non sorreggerlo più. Stava per svenire. Lo sapeva. Ma no, dai. Non poteva svenire ora, era senza cintura, sarebbe caduto. Fu un attimo. Un attimo soltanto in cui vide tutto verdastro e poi nero. Fu solo buio. Poi un tonfo. Sordo. Nero. Sangue caldo che sgorgava dalle colline della vecchia rugosa fronte. Sapore arido, bocca impastata di terra e polvere amara. Poi più nulla. Solo voci. Solo urla. Solo paura. Una lontana sirena. La voce del giovane Michelangelo ovattata. Distante. È finita. Berny non si dà pace per avergli permesso di andare a lavorare quella mattina. Michelangelo sogna di avergli dato quella cintura, o meglio, che ci fosse stata una cintura di sicurezza in più, quel giorno. O una scala fissa e non traballante, o almeno delle protezioni laterali alle passerelle. O semplicemente che nessuno, vedendolo senza imbracatura, lo facesse salire a 8m di altezza. No, non contava la sua età, contava la sua dannata maledetta convinzione di essere solo un uomo, di sentirsi invincibile di fronte alla morte e anche Berny lo sapeva. Ma non si dava pace al pensiero che il suo uomo avrebbe potuto salvarsi se solo si fosse protetto, se solo avesse avuto quelle maledette cinture. E la morte lo aveva rapito al primo battito di ciglia.