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EROI DIMENTICATI
Sul fondale deve essere proiettato il video allegato con le immagini di repertorio della disgrazia della Truck
Center. (parte inviata in allegato)
https://drive.google.com/file/d/13WkKkqNyKG5dSEVs52FxWOXnwjbL6mdU/view?usp=sharing
Al centro del fondale deve essere posizionato in alto un montacarichi, su cui si devono collocare i vari
personaggi vittime dell’incidente sul lavoro. Il montacarichi deve procedere verso il basso e illuminato da
una luce verde e tutt’intorno è buio. Pertanto chi è vivo è in basso sul palcoscenico e invece chi è morto in
alto. Gli attori vittime inoltre indosseranno delle maschere bianche con cui si copriranno il volto.
Dopo che sarà proiettato il video con le immagini di repertorio, il montacarichi con le 5 vittime si porrà in
basso al centro del palco con alle spalle il fondale su cui precedentemente è stato proiettato il video.
A lato del palco ci sarà un grande cerchio contornato da 5 grandi candele
PERSONAGGI:
 Giudice Storelli (deve vestire una toga con al di sotto pantaloni neri, mocassini lucidi neri, camicia
bianca con cravatta anch’essa rigorosamente nera)
 Mamma Giorgia (con indosso un vestito largo ma che riesca a segnare il punto vita della
gravidanza)
 Chiara la bambina (vestita di rosa, con due codini e una bambola in mano)
 Carlo, il titolare di 64 anni (vestito con abito scuro e cravatta, scarpe classiche)
 Enrico Graziani, Operaio di 37 anni e padre di Chiara (maglietta bianca visibilmente sporca)
 Claudio Riccardi, Operaio di 19 anni (vestito in nero con una salopette blu da lavoro sopra indossata
a metà, scarpe sportive)
 Matteo Rossi, Operaio di 44 anni (un maglione grigio e dei jeans mentre prima di entrare nella
cisterna indossa una tuta di protezione)
 Ettore de Palma, Trasportatore di 24 anni (indossa sempre la solita salopette di jeans rovinata,
piena di macchie. Sempre con la sigaretta tra le dita e sempre con il berretto).
SCENA N1
(Dopo le proiezioni delle immagini del video allegato, entra il giudice Storelli a passo lento con aria seria,
giunge dietro un tavolo dove sono posizionati le documentazioni della sentenza, relativa alla disgrazia
avvenuta presso la Iacotruck. Egli si ferma e rimane in silenzio per 10 secondi, nel mentre una voce esterna
introduce il numero della sentenza.)
VOCE ESTERNA: In piedi. (A voce alta)
(PAUSA)
VOCE ESTERNA :25 marzo 2019, sentenza numero 12876.
GIUDICE STORELLI: A seguito di condanne, assoluzioni, e processi da rifare, siamo qui, 25 marzo 2019 a
porre l’ultima parola sulla tragedia di undici anni fa, dove morirono 5 persone della IacoTruck
un’autorimessa di Molfetta il 3 marzo 2008 per le forti esalazioni di acido solfidrico sprigionatesi da una
cisterna di acido solfidrico che dovevano bonificare. In tale ambiente confinato persero la vita 4 operai,
Matteo Rossi 44 anni, e, nel tentativo di salvarlo, i colleghi: Claudio Riccardi di 19 anni, Enrico Graziani 37
anni, l’autotrasportatore Ettore De palma 24 anni (dipendente di una società di trasporti che lì custodiva i
mezzi), e Carlo Iacobellis di 64 anni, amministratore della stessa IacoTruck; I processi hanno accertato che si
2
trattò di un'intossicazione acuta da acido solfidrico a provocare la morte dei lavoratori che si calarono nella
cisterna l'uno per salvare l'altro.
Nel processo d'Appello avvenuto il 6 ottobre del 2009 per la tragedia avvenuta il 3 marzo 2008 si è parlato
di un Concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravi con violazione delle norme di
prevenzione infortuni (artt. 589 e 590 del codice penale )questi i reati per cui sono stati ritenuti responsabili
e condannati a 4 anni di reclusione e interdetti per 5 anni, i signori : (Giovanni Sallustio 44 anni di Catania ,
e Livio Rubini, 55 anni di Noci i quali erano responsabili della società del gruppo Ferrovie dello Stato e
proprietaria del container di zolfo in rimessaggio alla IacoTruck); la Condanna prevedeva un indennizzo
economico che ammontava a 1 milione e 400mila euro, di cui 400mila ciascuno , parte sarebbe andata alle
famiglie delle vittime .
(Un sospiro, pausa di 5 secondi e il Giudice riprende)
Ad oggi, la Suprema Corte ha definito gli argomenti “illogici e contraddittori” (A VOCE ALTA), di
conseguenza il procuratore ha indetto una richiesta di assoluzione degli imputati con la motivazione di non
avere commesso il fatto o per prescrizione, mentre condannata è la IacoTruck per “VIOLAZIONE DELLE
NORME SUL LAVORO “.
Ricordiamo in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32 e 41) prevede la
tutela della persona umana nella sua integrità psico-fisica come principio assoluto ai fini della
predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubre. (pausa)
(rivolgendosi al pubblico scandendo le parole e gesticolando) Partendo da tali principi costituzionali la
giurisprudenza ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto
all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre.
(Il Giudice esce di scena, spostando il tavolo.)
SCENA N2
(La mamma incinta di 3 mesi con indosso un vestito largo ma che riesca a segnare il punto vita della
gravidanza e la bambina di 6 anni vestita di rosa, con due codini e una bambola modello mydoll, entrano in
scena mano nella mano, dalla corsia centrale in mezzo al pubblico.)
CHIARA: Mamma ma ora papà dove si trova?
MAMMA GIORGIA: Chiara, amore di mamma (si china e accarezza il volto della bambina) papà ora è lassù
(indica il cielo).
CHIARA: E come ha fatto ad arrivare fino lassù?
MAMMA GIORGIA: Ti ricordi che giocavate al principe che salvava la principessa? (mentre salgono sulle
scale del palco)
CHIARA: Si, io ero imprigionata e faceva di tutto per salvarmi.
MAMMA GIORGIA: Ecco, ha voluto salvare anche i suoi amici (cala il tono di voce).
.
CHIARA: Ho capito mamma! Papà è un eroe (tono di voce squillante).
MAMMA GIORGIA: Bravissima, papa è un Eroe.
3
(la madre esce di scena mentre la bambina si allontana da lei, entra nel cerchio delimitato dalle 5 candele e
le accende, ad una ad una e lentamente, posando la bambola per terra. La madre rientra in scena per
riprenderla. La bambina nell’azione dimentica la bambola all’interno del cerchio)
SCENA N3
Racconto Titolare
(il titolare Carlo si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al
centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è
buio)
CARLO: (stordito e affannosamente) Maledizione…Non riesco a trovare un modo per salire da questa
maledettissima cisterna…Maledizione io non…Io non… (si rivolge il pubblico e il suo tono diventa più calmo
e pacato) Scusatemi tutti, scusate non pensavo foste qui, ma sapete com’è ma quando vi trovate in una
cisterna non bonificata…Come? Non vi è mai capitato? Beh… Se non siete a conoscenza della mia… o vorrei
dire della nostra storia, accomodatevi. (spensierato) Mi chiamo Carlo, Carlo Iacobellis e sono il titolare
dell’azienda (con aria baldanzosa). Ho cominciato a lavorare “quando ero pccinun, nu mnin”, (usando dei
termini dialettali), seguivo le orme di mio padre che per me era come il Papa, come il nuovo salvatore della
patria. La scuola…non l’ho proprio cominciata “la scol”… (usando dei termini dialettali). A 15 anni la lasciai
perché non faceva per me, io volevo rimanere con mio padre ad aiutarlo. Ricordo ancora mio padre che,
quando sbagliavo dei lavoretti semplici o non capivo bene dei concetti che per lui erano l’ABC, mi diceva…
no forse è meglio se non lo dico. Purtroppo a 30 anni lo persi per un infarto nel luogo su cui lavorava, ossia
un’azienda dove lavoravano l’acciaio. Si, proprio così. Tinn present la ferriera di Giovinazzo? Un’azienda “ca
mo non ste chiù nudd” ma lì lavoravano l’acciaio. Ero spaesato, non sapevo che pesci prendere. Così mi
sono rimboccato le maniche e ho aperto la mia attività. Assunsi 2 operai: Enrico e Matteo. Diventammo
subito “Cicce cocch’è conzalembare” (usando dei termini dialettali). Arrivò all’in seguito “nu mnin”, Claudio.
Era “nu mnin” veramente, 18,19 anni “tneiv”, ma a lavoro “parev che tnev 40” (usando dei termini
dialettali). Insomma non è stato facile, ma ce l’ho fatta, ho provato a salvare non solo la mia vita e della mia
povera mamma rimasta sola, “quella santa donna”, ma anche quella dei miei compagni operai… (il suo tono
di voce comincia a diventare più cupo) ma solamente in parte… perché quello che ci sarebbe accaduto,
sarebbe stato non proprio felice… E io che sognavo da sempre una vacanza ai Caraibi, alle Bahamas dopo
tanti sacrifici. Il mare mi piaceva tanto, ma non quello di Molfetta… mica parlo del Gavetone o della prima
cala…Io parlo delle coste cristalline, il mio sogno dopo la pensione era di stare lì, almeno 2 mesi l’anno: che
bella vita sarebbe stata…Eh sì, proprio bello, che bel sogno. Come diceva quel poeta che si studiava a
scuola… “Com s chiem…Nemma rcord” (usando dei termini dialettali) …La vita è sogno. Altro che sogno…”Er
nu incub” (usando dei termini dialettali) “nu incub adaveir” (usando dei termini dialettali) Vidi una scena
orrenda davanti ai miei occhi, vedo i miei operai che per anni ho trattato come figli, tentare invano di uscire
da quella maledettissima cisterna infernale e (Simulando una corsa e alzando il tono di voce) Corsi… Corsi
velocemente a prendere il telefono per chiamare il 118 e andai subito a soccorrere i 4 che erano finiti nella
cisterna…”nisciun vnev” (urlando verso il pubblico e usando dei termini dialettali)…(comincia a parlare
affannosamente simulando di cercare di tirare fuori qualcuno)… 4 che diventarono 5 perché anche io mi
sono aggiunto… a quella… festicciola…Maledizione non riesco a trovare nessuno… “non z la facc chiù”
(usando dei termini dialettali)un modo per salire…ma quando arrivano i soccorsi…aiuto…qualcuno ci aiuti…
(finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico.
Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo
piano da una luce verde)
4
SCENA N4
Racconto operaio 37enne
(l’operaio Enrico si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al
centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è
buio)
ENRICO: Quanto vorrei stare vicino alla mia amata donna, colei che mi ha amato da una vita e che sta
aspettando un bambino…che non vedrò mai, insieme alla mia adorata Chiara (nota la bambolina lasciata
sulle scale) …la mia adorata bambina. (si alza) Lei mi vedeva come un eroe che salvavo le principesse.
(Sorridendo) Indimenticabili i pomeriggi trascorsi insieme alla mia amorevole Chiara. Ma il bello doveva
ancora arrivare: Grazie a un colloquio di lavoro con il signor Carlo Iacobellis (si interrompe e parla
sottovoce) … forse questo nome non vi è nuovo, magari sapete benissimo chi sia… (ritorna a parlare
normalmente) dicevo, è proprio grazie a lui che la mia vita è migliorata ulteriormente. Stavo cercando un
lavoro che potesse mantenere la mia famiglia e alla fine, grazie alla buona volontà del titolare l’ho trovato.
Il lavoro non è proprio il sogno della mia vita… non è dei migliori: occuparsi dei vari camion, pulirli e ripararli
non è proprio il massimo ma volete mettere la soddisfazione di un cliente e il ritorno a casa con una madre
e una figlia sempre accoglienti sapendo che loro non mi lascerebbero mai (sorridendo)? E poi, come non
dimenticare la torta di mele di mia moglie…La preparava sempre e dicevo spesso: “Amore non me la fare
tutti giorni”, anche a Chiara piaceva tanto. Le torte pasticciate non le piacciono, ama i gusti semplici e
autentici, proprio come suo padre. E adesso quella torta non la assaggerò mai più e mi manca così tanto.
Dicevo sempre Loro non li lascerò mai… Ecco, eppure sarei stato proprio io il primo a lasciarli soli…proprio
quando ho saputo della gravidanza di Giorgia e che il figlio sarebbe stato un maschio. Avevo già in mente il
nome (prova a ricordarsi il nome) …qual era il nome…qual era, qual era… Ah sì! Leonardo. Leonardo,
proprio un bel nome per il nostro bambino… (il suo tono si fa più cupo). Ma prima di pensare al nome del
mio prossimo regalo più importante della mia vita, dovevo aiutare il mio collega che nel frattempo era
rimasto stordito all’interno della cisterna, di quella cisterna maledetta (indicando tutte le candeline) ho
provato ad aiutarlo, proprio come i principi azzurri delle fiabe di mia figlia, mi sono buttato all’interno della
cisterna insieme al trasportatore e... (si interrompe) lì c’era il diavolo pronto ad accoglierci. Ma il diavolo era
invisibile agli occhi, ti entrava nelle ossa e lo respiravi, lo annusavi e non te ne accorgevi. Eppure era lì,
vicino a te e in silenzio ti allontanava via dal mondo per sempre. Il dopo non posso raccontarlo, era tutto
confuso (fa per avvicinarsi a una candela per spegnerla) … e adesso chi salverà la mia principessa? Chi
salverà la mia Chiara… Chi si occuperà di Leonardo… Io non posso e non potrò più farlo…mai più…mai più…
(finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico.
Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo
piano da una luce verde)
SCENA N5
Racconto operaio 19 anni
(l’operaio Claudio si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al
centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è
buio)
CLAUDIO: (contento) Finalmente abbiamo finito sono proprio stanco non vedo l'ora di tornare a casa che
mia madre oggi fa la lasagna. (nota un altro veicolo parcheggiare nella cisterna) Ma no, un altro camion.
Ma voi vi ricordate la mia prima volta qua, 1 anno fa avevo compiuto da poco i 18 anni, non volevo studiare
né lavorare e mio padre mi ha obbligato a venire a lavorare, non volevo fare mai nulla, dormivo fino a tardi
5
e andavo la sera a ballare fino a tarda notte, dopo 3 mesi già mi ero affezionato, mi svegliavo con la voglia
di lavorare ed essere indipendente e adesso vivo da solo in casa mia, non me lo sarei mai aspettato… da me
poiché io ero un fannullone nato. Invece poter avere disposizione un bel gruzzoletto per le tue spese, le
sigarette e non devi chiedere niente a nessuno.
(squilla il telefono, risponde è la fidanzata, che sarà una voce fuoriscena che parlerà)
Ah e non sapete l'ultima la mia ragazza verrà a convivere con me, si trasferirà stasera
(risponde al telefono)
CLAUDIO: Pronto?
Lei: Pronto amore, dove sei ti stiamo aspettando per mangiare.
CLAUDIO: si amore arrivo, finisco l'ultimo camion e sono a casa. Hai preparato le valigie?
LEI: si, e ne sono felice
CLAUDIO: non vedo l’ora, finalmente avremo una vita insieme e…
(si interrompe, si sente l'urlo degli altri operai che chiedono aiuto, Claudio è di spalle alla cisterna, si svolta
subito, fa il nome degli altri operai e corre verso la cisterna (circonferenza delimitata dalle 5 candele)
facendo cadere il telefono)
Lei: Claudio tutto bene, rispondi…Claudio…CLAUDIO (chiude)
CLAUDIO: Ricordo che ero al telefono con la mia ragazza e sentii le urla di Matteo e del trasportatore
Ettore, feci cadere il telefono istintivamente senza pensarci e corsi come un pazzo, come un forsennato,
non avevo mai corso così veloce in vita mia… la prof di educazione fisica, proprio lei che mi metteva sempre
5, se mi avesse visto…neppure Bolt avrebbe fatto così veloce, mi sentivo volare, non ci pensai due volte
neanche una, corsi (procedendo velocemente nella cisterna entrandoci) subito a salvare quello persone, che
avevano bisogno di me. Che cosa avrei potuto fare nella vita?
Non mi pento di averli aiutati anzi mi sento un eroe, se non avessi provato ad aiutarli vivrei con un
rimpianto. Con Enrico e Matteo mi sono anche divertito, ne abbiamo vissute di grandi esperienze. Mi
ricordo una volta che andammo allo stadio…una partita indimenticabile…vinsero ai rigori e noi in curva con
gli striscioni a urlare a squarciagola…Che storie!
Però poi ricordo che loro non respiravano più, io invece respiravo male, ma respiravo.
Fui portato in un'altra città per essere salvato ma non c'è l'ho fatta, ricordo ancora i medici che riferivano
alla mia famiglia che non mi sarei più svegliato e le urla di mia madre e della mia ragazza mi rimbombano
ancora nelle orecchie. Urla strazianti, non quelle gioiose dello stadio, quelle non le avrei più sentite.
Avrei voluto alzarmi e dire loro di non piangere perché sono morto da eroe nel tentativo di salvare i miei
amici, i miei maestri di vita: la mia seconda famiglia. E che cosa non si fa per un amico…vale la pena perdere
la vita…per gli amici…l’amicizia è importante e io l’ho capito fino in fondo
(finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico.
Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo
piano da una luce verde)
SCENA N6
Racconto operaio 44 anni
6
(il titolare Matteo si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al
centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è
buio)
MATTEO: oh...MALEDIZIONE! MALEDIZIONE! (si mette le mani nei capelli avrei dovuto prestare più
attenzione sospira e si mette la mano sulla fronte per poi restare in silenzio per 5 secondi) avrei dovuto
indossare la tuta della dimensione adatta...non di una taglia più grande (guarda in alto) e soprattutto non
rovinata (rimane in silenzio per altri tre secondi e si guarda le scarpe) avrei anche dovuto indossare le
scarpe adatte...quelle antinfortunistiche... non quelle di gomma.
Come farà adesso Camilla, la mia adorata bambina, l'anno prossimo dovrebbe frequentare il primo anno di
università ma per me…Non ridete… ma per me rimane sempre una bambina...è davvero brava sapete
(sorride al pubblico)....spero che Veronica la riesca a sostenere nonostante le sue difficoltà fisiche (fissa un
punto della stanza con un'aria triste per qualche secondo)...sapete mia moglie, a causa di una sclerosi non
riesce a camminare bene (sorride leggermente) ma ha ancora quell'aria triste in volto mi mancheranno
tantissimo ...tutti i momenti passati con loro: le partite a carte, i pranzi di Natale quanto mangiavo…da non
riuscire più a camminare...mi mancheranno soprattutto i momenti più semplici come le sere passate sul
divano a guardare la TV, a parlar del più e del meno, i giorni in cui provavamo nuove ricette sporcando la
cucina (sorride nostalgicamente).
Mi mancherà anche Ilaria, mia sorella, in questo momento sta passando un periodo abbastanza delicato
(sospira) ora che me ne accorgo la mia famiglia ha qualche problemino. Ma chi non li ha… Certo, molti sono
più fortunati…altri invece ne hanno di grossi, grossissimi…Ma è meglio non pensarci. Tornando a mia
sorella… In questo periodo è in crisi perché lei e il suo ormai ex marito, l’anno scorso hanno divorziato, se
n’è andato con una modella, tipo quelle che vanno a Uomini e Donne… Per carità anche mia sorella non era
male, altro che Madre Natura di Ciao Darwin. Dicevo… ormai da qualche mese sono in conflitto giudiziario,
e hanno bisogno di un avvocato, per la custodia e il mantenimento dei due figli Annamaria e Francesco...
Non voleva pagare e mo gli tocca pagare tutto a quella viziata. Annamaria e Francesco i miei due adorati
nipotini (guarda il pubblico); sono due gemelli molto…attivi (ridacchia) ricordando i bei momenti in cui si è
occupato di loro mi ricordo ancora quella volta in cui il piccolo ruppe accidentalmente un vaso azzurro,
precisamente il preferito della bambina, e lei per vendicarsi gli ruppe una delle sue macchinine preferite (si
copre leggermente la bocca)…Ahh Le donne…già da piccole sono vendicative. Sono davvero due piccole
pesti.
Quanto mi mancherà la mia casetta...quei settanta metri quadrati ricchi di così tanti ricordi felici; il
soggiorno, il divano che ho usato tante volte per riposarmi dopo essere tornato dal lavoro, poiché ero
veramente esausto...soprattutto ultimamente (guarda il pubblico e ridacchia) non sono più giovane come
una volta, poi...oh, sì! La cucina dove tu facevi tanti esperimenti culinari, e ti arrabbiavi per tutte le volte
che la sporcavo, la camera da letto (sorride leggermente) quante volte mi sono dovuto sorbire "C'è posta
per te" perché mia moglie ama quel programma e per ultima…la stanza della mia bambina, anche se è
piccola, ma lei riusciva a fare di tutto là dentro (sorride melanconicamente).
Non vedo l'ora di ricongiungermi con i miei genitori, i miei amati genitori, coloro che mi hanno cresciuto
con tanto amore e affetto fino a vent’anni. Mi mancano davvero tanto (guarda il pubblico) le domeniche in
cui mia madre, aiutata da mia sorella, cucinava il ragù, che era veramente spaziale, e i suoi dolci. Che cosa
non darei per assaggiare un involtino del suo ragù e un pezzo di dolce… mentre io con mio padre vedevo la
televisione, le gite di famiglia, i pranzi di Capodanno e tanti altri momenti che solo a pensarci mi riscaldano
il cuore (si tocca il cuore).
7
Però ora (pausa di 5 secondi)sono morto...non potrò più sentire gli abbracci dei miei cari, le carezze di mia
moglie, le urla dei miei nipotini, l’odore del ragù…non potrò accompagnare mia figlia all'altare, vederla
creare la sua famiglia e finire gli studi (guarda in alto).
Ahimè, per me è tardi. Non lo potrò più fare…Dovevo stare più attento
(finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico.
Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo
piano da una luce verde)
SCENA N7
Racconto Trasportatore di 24 anni, Ettore
(il trasportatore Ettore si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone
al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno
è buio)
ETTORE: Si stava così bene quella mattina, la mia giornata era iniziata come al solito: il caffè amaro preso
appena sveglio perché per me la giornata senza caffè non comincia, doccia gelata. Sono arrivato a lavoro
guidando l’autocisterna, quel giorno era piena di zolfo, ma io non lo sapevo. Una volta sceso, mi soffermai a
guardare la bella giornata, un sole che ti accarezzava la pelle, e un venticello assai piacevole. Decisi di
accendermi la sigaretta e fare due passi; I miei colleghi iniziarono a lavorare senza perdere tempo. Nel loro
lavoro non puoi permettere di perdere tempo, il tempo è oro e te lo pagano. Ma ad un certo punto mi
accorsi che uno di loro, si affacciò troppo sull’oblo del serbatoio e si sentì male e subito dopo cadde dentro.
Il titolare, Carlo vide tutto, e fu lui a dare l’allarme, si sbottonò la camicia e senza pensarci si buttò per
aiutarlo, in quel momento c’era solo panico puro, e prevalse nettamente sul buon senso.
Loro sapevano benissimo che quel dannato serbatoio era pieno di zolfo, e sapevano anche che era un
materiale pericoloso, ma noi no… e ci buttammo lo stesso (pausa di qualche secondo).
Si, perché anch’io, vedendo il terrore negli occhi di quel povero operaio non ho esitato a provare ad
aiutarlo.
Non riuscivo a respirare, il fiato andava sempre più diminuendo. Persi I sensi.
L’ambulanza arrivo ma la nostra situazione era troppo grave, era troppo tardi. Ormai quel troppo materiale
letale era dentro di noi e non ci permetteva di respirare e di restare in vita.
Ho visto quell’ultimo mio fiato trasformarsi in un venticello e solleticare I capelli di Nadia, la mia preziosa
donna, di mia madre e… infine di mio padre.
Certo… avremmo potuto sopravvivere, se solo avessimo avuto l’attrezzatura adatta e se, soprattutto, la
cisterna fosse bonificata, si. Forse noi tutti avremmo potuto continuare le nostre vite. Avrei potuto
riabbracciarli tutti ancora, ancora e ancora.
È stato solo un incidente, proprio così…Nessuno deve avere dubbi, non è colpa di nessuno. Ma cos’è la vita?
Dare un significato alla vita è una pura follia, ma la vita senza senso è la tortura. Non ci si può vendicare di
quell’orco mostruoso che è la vita. Nessuno deve avere dubbi…
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(finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico.
Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo
piano da una luce verde)
SCENA FINALE
(Allo spegnersi delle 5 candele, si oscura la scena e dopo 15 secondi entra la bambina illuminata da un faro,
si dirige verso la bambola al centro della circonferenza, la raccoglie, la fissa).
MAMMA GIORGIA: (fuori scena in fondo dal centro del pubblico) Dai Chiara vieni!
CHIARA: Un attimo! Arrivo mamma! (dopo aver esitato un attimo, si rivolge al pubblico) Sapete?! Il mio
papà è un eroe. Si! come quelli che salvano le principesse, (tono di voce di consapevolezza) ma papà ora è
lassù (indica il cielo) come tante altre persone che vanno al lavoro e non tornano più. (tono di voce più
cupo).
(torna dalla mamma, uscendo di scena dal centro del palco e correndo, si oscura il palco)
(Sul fondale esce la slide dell’articolo della Costituzione, la parte finale del video allegato, una voce esterna
legge).
Voce esterna: La tutela della salute del lavoratore, della sua integrità psicofisica assurge al rango di diritto
fondamentale che non tollera alcun tipo di condizionamento, e si presenta come sovraordinato a tutti gli
altri diritti previsti della costituzione. In memoria di Guglielmo Mangano, Michele Tasca, Luigi Farinola,
Biagio Sciancalepore e Vincenzo Altomare e di tutti gli eroi dimenticati che sono morti sul lavoro e
attendono giustizia.
(buio in scena)
FINE
Opera liberamente tratta dalla tragedia della Truck Center del 3 marzo 2008
L'opera prodotta dagli studenti dell'IISS Ferraris di Molfetta, classi 3BL e 4DL, rappresenta un serio e lucido
ripensamento sul fenomeno delle morti bianche e sulla memoria di questa terribile disgrazia. Purtroppo
ancora molti gli interrogativi irrisolti, ma è fondamentale continuare a coltivare ed educare i giovani al culto
della memoria, affinchè tutti questi eroi non vengano dimenticati. La sceneggiatura comprende un video di
repertorio con immagini di quel terribile orrore, della ricostruzione dei vari processi ed in particolare della
creazione del comitato 3 MARZO. La colonna musicale "Working Bravely" di Officine
Marconi, rappresenta un interessante spunto di riflessione. L'utilizzo del montacarichi e della luce verde
che illumina i personaggi vittime di morte bianca, rappresenta una citazione letteraria della regia dei “Sei
personaggi in cerca di autore”, di Georges Pitoeff, del 1923. Determinante è il rapporto tra le due
dimensioni alto/basso e verticale/orizzontale, che delimitano in modo ineludibile la linea tra la vita e la
morte.
Classi: 3BL e 4DL
Autori:
Ilario Modugno, Claudia Cappelluti, Eliana de Robertis, Asia Rafiki, Marialuna Sanguedolce, Federica Caputo
Autori del video:
Andrea Campo, Corrado Vessio
9
Colonna sonora del video:
"Working Bravely" di Officine Marconi
Scriptwriter: Ilario Modugno
I.I.S.S Ferraris Molfetta
Dirigente scolastico: Luigi Melpignano
Docente Referente: Elisabetta Salvemini

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20 Ferraris Molfetta - Eroi dimenticati

  • 1. 1 EROI DIMENTICATI Sul fondale deve essere proiettato il video allegato con le immagini di repertorio della disgrazia della Truck Center. (parte inviata in allegato) https://drive.google.com/file/d/13WkKkqNyKG5dSEVs52FxWOXnwjbL6mdU/view?usp=sharing Al centro del fondale deve essere posizionato in alto un montacarichi, su cui si devono collocare i vari personaggi vittime dell’incidente sul lavoro. Il montacarichi deve procedere verso il basso e illuminato da una luce verde e tutt’intorno è buio. Pertanto chi è vivo è in basso sul palcoscenico e invece chi è morto in alto. Gli attori vittime inoltre indosseranno delle maschere bianche con cui si copriranno il volto. Dopo che sarà proiettato il video con le immagini di repertorio, il montacarichi con le 5 vittime si porrà in basso al centro del palco con alle spalle il fondale su cui precedentemente è stato proiettato il video. A lato del palco ci sarà un grande cerchio contornato da 5 grandi candele PERSONAGGI:  Giudice Storelli (deve vestire una toga con al di sotto pantaloni neri, mocassini lucidi neri, camicia bianca con cravatta anch’essa rigorosamente nera)  Mamma Giorgia (con indosso un vestito largo ma che riesca a segnare il punto vita della gravidanza)  Chiara la bambina (vestita di rosa, con due codini e una bambola in mano)  Carlo, il titolare di 64 anni (vestito con abito scuro e cravatta, scarpe classiche)  Enrico Graziani, Operaio di 37 anni e padre di Chiara (maglietta bianca visibilmente sporca)  Claudio Riccardi, Operaio di 19 anni (vestito in nero con una salopette blu da lavoro sopra indossata a metà, scarpe sportive)  Matteo Rossi, Operaio di 44 anni (un maglione grigio e dei jeans mentre prima di entrare nella cisterna indossa una tuta di protezione)  Ettore de Palma, Trasportatore di 24 anni (indossa sempre la solita salopette di jeans rovinata, piena di macchie. Sempre con la sigaretta tra le dita e sempre con il berretto). SCENA N1 (Dopo le proiezioni delle immagini del video allegato, entra il giudice Storelli a passo lento con aria seria, giunge dietro un tavolo dove sono posizionati le documentazioni della sentenza, relativa alla disgrazia avvenuta presso la Iacotruck. Egli si ferma e rimane in silenzio per 10 secondi, nel mentre una voce esterna introduce il numero della sentenza.) VOCE ESTERNA: In piedi. (A voce alta) (PAUSA) VOCE ESTERNA :25 marzo 2019, sentenza numero 12876. GIUDICE STORELLI: A seguito di condanne, assoluzioni, e processi da rifare, siamo qui, 25 marzo 2019 a porre l’ultima parola sulla tragedia di undici anni fa, dove morirono 5 persone della IacoTruck un’autorimessa di Molfetta il 3 marzo 2008 per le forti esalazioni di acido solfidrico sprigionatesi da una cisterna di acido solfidrico che dovevano bonificare. In tale ambiente confinato persero la vita 4 operai, Matteo Rossi 44 anni, e, nel tentativo di salvarlo, i colleghi: Claudio Riccardi di 19 anni, Enrico Graziani 37 anni, l’autotrasportatore Ettore De palma 24 anni (dipendente di una società di trasporti che lì custodiva i mezzi), e Carlo Iacobellis di 64 anni, amministratore della stessa IacoTruck; I processi hanno accertato che si
  • 2. 2 trattò di un'intossicazione acuta da acido solfidrico a provocare la morte dei lavoratori che si calarono nella cisterna l'uno per salvare l'altro. Nel processo d'Appello avvenuto il 6 ottobre del 2009 per la tragedia avvenuta il 3 marzo 2008 si è parlato di un Concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravi con violazione delle norme di prevenzione infortuni (artt. 589 e 590 del codice penale )questi i reati per cui sono stati ritenuti responsabili e condannati a 4 anni di reclusione e interdetti per 5 anni, i signori : (Giovanni Sallustio 44 anni di Catania , e Livio Rubini, 55 anni di Noci i quali erano responsabili della società del gruppo Ferrovie dello Stato e proprietaria del container di zolfo in rimessaggio alla IacoTruck); la Condanna prevedeva un indennizzo economico che ammontava a 1 milione e 400mila euro, di cui 400mila ciascuno , parte sarebbe andata alle famiglie delle vittime . (Un sospiro, pausa di 5 secondi e il Giudice riprende) Ad oggi, la Suprema Corte ha definito gli argomenti “illogici e contraddittori” (A VOCE ALTA), di conseguenza il procuratore ha indetto una richiesta di assoluzione degli imputati con la motivazione di non avere commesso il fatto o per prescrizione, mentre condannata è la IacoTruck per “VIOLAZIONE DELLE NORME SUL LAVORO “. Ricordiamo in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32 e 41) prevede la tutela della persona umana nella sua integrità psico-fisica come principio assoluto ai fini della predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubre. (pausa) (rivolgendosi al pubblico scandendo le parole e gesticolando) Partendo da tali principi costituzionali la giurisprudenza ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre. (Il Giudice esce di scena, spostando il tavolo.) SCENA N2 (La mamma incinta di 3 mesi con indosso un vestito largo ma che riesca a segnare il punto vita della gravidanza e la bambina di 6 anni vestita di rosa, con due codini e una bambola modello mydoll, entrano in scena mano nella mano, dalla corsia centrale in mezzo al pubblico.) CHIARA: Mamma ma ora papà dove si trova? MAMMA GIORGIA: Chiara, amore di mamma (si china e accarezza il volto della bambina) papà ora è lassù (indica il cielo). CHIARA: E come ha fatto ad arrivare fino lassù? MAMMA GIORGIA: Ti ricordi che giocavate al principe che salvava la principessa? (mentre salgono sulle scale del palco) CHIARA: Si, io ero imprigionata e faceva di tutto per salvarmi. MAMMA GIORGIA: Ecco, ha voluto salvare anche i suoi amici (cala il tono di voce). . CHIARA: Ho capito mamma! Papà è un eroe (tono di voce squillante). MAMMA GIORGIA: Bravissima, papa è un Eroe.
  • 3. 3 (la madre esce di scena mentre la bambina si allontana da lei, entra nel cerchio delimitato dalle 5 candele e le accende, ad una ad una e lentamente, posando la bambola per terra. La madre rientra in scena per riprenderla. La bambina nell’azione dimentica la bambola all’interno del cerchio) SCENA N3 Racconto Titolare (il titolare Carlo si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è buio) CARLO: (stordito e affannosamente) Maledizione…Non riesco a trovare un modo per salire da questa maledettissima cisterna…Maledizione io non…Io non… (si rivolge il pubblico e il suo tono diventa più calmo e pacato) Scusatemi tutti, scusate non pensavo foste qui, ma sapete com’è ma quando vi trovate in una cisterna non bonificata…Come? Non vi è mai capitato? Beh… Se non siete a conoscenza della mia… o vorrei dire della nostra storia, accomodatevi. (spensierato) Mi chiamo Carlo, Carlo Iacobellis e sono il titolare dell’azienda (con aria baldanzosa). Ho cominciato a lavorare “quando ero pccinun, nu mnin”, (usando dei termini dialettali), seguivo le orme di mio padre che per me era come il Papa, come il nuovo salvatore della patria. La scuola…non l’ho proprio cominciata “la scol”… (usando dei termini dialettali). A 15 anni la lasciai perché non faceva per me, io volevo rimanere con mio padre ad aiutarlo. Ricordo ancora mio padre che, quando sbagliavo dei lavoretti semplici o non capivo bene dei concetti che per lui erano l’ABC, mi diceva… no forse è meglio se non lo dico. Purtroppo a 30 anni lo persi per un infarto nel luogo su cui lavorava, ossia un’azienda dove lavoravano l’acciaio. Si, proprio così. Tinn present la ferriera di Giovinazzo? Un’azienda “ca mo non ste chiù nudd” ma lì lavoravano l’acciaio. Ero spaesato, non sapevo che pesci prendere. Così mi sono rimboccato le maniche e ho aperto la mia attività. Assunsi 2 operai: Enrico e Matteo. Diventammo subito “Cicce cocch’è conzalembare” (usando dei termini dialettali). Arrivò all’in seguito “nu mnin”, Claudio. Era “nu mnin” veramente, 18,19 anni “tneiv”, ma a lavoro “parev che tnev 40” (usando dei termini dialettali). Insomma non è stato facile, ma ce l’ho fatta, ho provato a salvare non solo la mia vita e della mia povera mamma rimasta sola, “quella santa donna”, ma anche quella dei miei compagni operai… (il suo tono di voce comincia a diventare più cupo) ma solamente in parte… perché quello che ci sarebbe accaduto, sarebbe stato non proprio felice… E io che sognavo da sempre una vacanza ai Caraibi, alle Bahamas dopo tanti sacrifici. Il mare mi piaceva tanto, ma non quello di Molfetta… mica parlo del Gavetone o della prima cala…Io parlo delle coste cristalline, il mio sogno dopo la pensione era di stare lì, almeno 2 mesi l’anno: che bella vita sarebbe stata…Eh sì, proprio bello, che bel sogno. Come diceva quel poeta che si studiava a scuola… “Com s chiem…Nemma rcord” (usando dei termini dialettali) …La vita è sogno. Altro che sogno…”Er nu incub” (usando dei termini dialettali) “nu incub adaveir” (usando dei termini dialettali) Vidi una scena orrenda davanti ai miei occhi, vedo i miei operai che per anni ho trattato come figli, tentare invano di uscire da quella maledettissima cisterna infernale e (Simulando una corsa e alzando il tono di voce) Corsi… Corsi velocemente a prendere il telefono per chiamare il 118 e andai subito a soccorrere i 4 che erano finiti nella cisterna…”nisciun vnev” (urlando verso il pubblico e usando dei termini dialettali)…(comincia a parlare affannosamente simulando di cercare di tirare fuori qualcuno)… 4 che diventarono 5 perché anche io mi sono aggiunto… a quella… festicciola…Maledizione non riesco a trovare nessuno… “non z la facc chiù” (usando dei termini dialettali)un modo per salire…ma quando arrivano i soccorsi…aiuto…qualcuno ci aiuti… (finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico. Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo piano da una luce verde)
  • 4. 4 SCENA N4 Racconto operaio 37enne (l’operaio Enrico si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è buio) ENRICO: Quanto vorrei stare vicino alla mia amata donna, colei che mi ha amato da una vita e che sta aspettando un bambino…che non vedrò mai, insieme alla mia adorata Chiara (nota la bambolina lasciata sulle scale) …la mia adorata bambina. (si alza) Lei mi vedeva come un eroe che salvavo le principesse. (Sorridendo) Indimenticabili i pomeriggi trascorsi insieme alla mia amorevole Chiara. Ma il bello doveva ancora arrivare: Grazie a un colloquio di lavoro con il signor Carlo Iacobellis (si interrompe e parla sottovoce) … forse questo nome non vi è nuovo, magari sapete benissimo chi sia… (ritorna a parlare normalmente) dicevo, è proprio grazie a lui che la mia vita è migliorata ulteriormente. Stavo cercando un lavoro che potesse mantenere la mia famiglia e alla fine, grazie alla buona volontà del titolare l’ho trovato. Il lavoro non è proprio il sogno della mia vita… non è dei migliori: occuparsi dei vari camion, pulirli e ripararli non è proprio il massimo ma volete mettere la soddisfazione di un cliente e il ritorno a casa con una madre e una figlia sempre accoglienti sapendo che loro non mi lascerebbero mai (sorridendo)? E poi, come non dimenticare la torta di mele di mia moglie…La preparava sempre e dicevo spesso: “Amore non me la fare tutti giorni”, anche a Chiara piaceva tanto. Le torte pasticciate non le piacciono, ama i gusti semplici e autentici, proprio come suo padre. E adesso quella torta non la assaggerò mai più e mi manca così tanto. Dicevo sempre Loro non li lascerò mai… Ecco, eppure sarei stato proprio io il primo a lasciarli soli…proprio quando ho saputo della gravidanza di Giorgia e che il figlio sarebbe stato un maschio. Avevo già in mente il nome (prova a ricordarsi il nome) …qual era il nome…qual era, qual era… Ah sì! Leonardo. Leonardo, proprio un bel nome per il nostro bambino… (il suo tono si fa più cupo). Ma prima di pensare al nome del mio prossimo regalo più importante della mia vita, dovevo aiutare il mio collega che nel frattempo era rimasto stordito all’interno della cisterna, di quella cisterna maledetta (indicando tutte le candeline) ho provato ad aiutarlo, proprio come i principi azzurri delle fiabe di mia figlia, mi sono buttato all’interno della cisterna insieme al trasportatore e... (si interrompe) lì c’era il diavolo pronto ad accoglierci. Ma il diavolo era invisibile agli occhi, ti entrava nelle ossa e lo respiravi, lo annusavi e non te ne accorgevi. Eppure era lì, vicino a te e in silenzio ti allontanava via dal mondo per sempre. Il dopo non posso raccontarlo, era tutto confuso (fa per avvicinarsi a una candela per spegnerla) … e adesso chi salverà la mia principessa? Chi salverà la mia Chiara… Chi si occuperà di Leonardo… Io non posso e non potrò più farlo…mai più…mai più… (finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico. Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo piano da una luce verde) SCENA N5 Racconto operaio 19 anni (l’operaio Claudio si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è buio) CLAUDIO: (contento) Finalmente abbiamo finito sono proprio stanco non vedo l'ora di tornare a casa che mia madre oggi fa la lasagna. (nota un altro veicolo parcheggiare nella cisterna) Ma no, un altro camion. Ma voi vi ricordate la mia prima volta qua, 1 anno fa avevo compiuto da poco i 18 anni, non volevo studiare né lavorare e mio padre mi ha obbligato a venire a lavorare, non volevo fare mai nulla, dormivo fino a tardi
  • 5. 5 e andavo la sera a ballare fino a tarda notte, dopo 3 mesi già mi ero affezionato, mi svegliavo con la voglia di lavorare ed essere indipendente e adesso vivo da solo in casa mia, non me lo sarei mai aspettato… da me poiché io ero un fannullone nato. Invece poter avere disposizione un bel gruzzoletto per le tue spese, le sigarette e non devi chiedere niente a nessuno. (squilla il telefono, risponde è la fidanzata, che sarà una voce fuoriscena che parlerà) Ah e non sapete l'ultima la mia ragazza verrà a convivere con me, si trasferirà stasera (risponde al telefono) CLAUDIO: Pronto? Lei: Pronto amore, dove sei ti stiamo aspettando per mangiare. CLAUDIO: si amore arrivo, finisco l'ultimo camion e sono a casa. Hai preparato le valigie? LEI: si, e ne sono felice CLAUDIO: non vedo l’ora, finalmente avremo una vita insieme e… (si interrompe, si sente l'urlo degli altri operai che chiedono aiuto, Claudio è di spalle alla cisterna, si svolta subito, fa il nome degli altri operai e corre verso la cisterna (circonferenza delimitata dalle 5 candele) facendo cadere il telefono) Lei: Claudio tutto bene, rispondi…Claudio…CLAUDIO (chiude) CLAUDIO: Ricordo che ero al telefono con la mia ragazza e sentii le urla di Matteo e del trasportatore Ettore, feci cadere il telefono istintivamente senza pensarci e corsi come un pazzo, come un forsennato, non avevo mai corso così veloce in vita mia… la prof di educazione fisica, proprio lei che mi metteva sempre 5, se mi avesse visto…neppure Bolt avrebbe fatto così veloce, mi sentivo volare, non ci pensai due volte neanche una, corsi (procedendo velocemente nella cisterna entrandoci) subito a salvare quello persone, che avevano bisogno di me. Che cosa avrei potuto fare nella vita? Non mi pento di averli aiutati anzi mi sento un eroe, se non avessi provato ad aiutarli vivrei con un rimpianto. Con Enrico e Matteo mi sono anche divertito, ne abbiamo vissute di grandi esperienze. Mi ricordo una volta che andammo allo stadio…una partita indimenticabile…vinsero ai rigori e noi in curva con gli striscioni a urlare a squarciagola…Che storie! Però poi ricordo che loro non respiravano più, io invece respiravo male, ma respiravo. Fui portato in un'altra città per essere salvato ma non c'è l'ho fatta, ricordo ancora i medici che riferivano alla mia famiglia che non mi sarei più svegliato e le urla di mia madre e della mia ragazza mi rimbombano ancora nelle orecchie. Urla strazianti, non quelle gioiose dello stadio, quelle non le avrei più sentite. Avrei voluto alzarmi e dire loro di non piangere perché sono morto da eroe nel tentativo di salvare i miei amici, i miei maestri di vita: la mia seconda famiglia. E che cosa non si fa per un amico…vale la pena perdere la vita…per gli amici…l’amicizia è importante e io l’ho capito fino in fondo (finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico. Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo piano da una luce verde) SCENA N6 Racconto operaio 44 anni
  • 6. 6 (il titolare Matteo si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è buio) MATTEO: oh...MALEDIZIONE! MALEDIZIONE! (si mette le mani nei capelli avrei dovuto prestare più attenzione sospira e si mette la mano sulla fronte per poi restare in silenzio per 5 secondi) avrei dovuto indossare la tuta della dimensione adatta...non di una taglia più grande (guarda in alto) e soprattutto non rovinata (rimane in silenzio per altri tre secondi e si guarda le scarpe) avrei anche dovuto indossare le scarpe adatte...quelle antinfortunistiche... non quelle di gomma. Come farà adesso Camilla, la mia adorata bambina, l'anno prossimo dovrebbe frequentare il primo anno di università ma per me…Non ridete… ma per me rimane sempre una bambina...è davvero brava sapete (sorride al pubblico)....spero che Veronica la riesca a sostenere nonostante le sue difficoltà fisiche (fissa un punto della stanza con un'aria triste per qualche secondo)...sapete mia moglie, a causa di una sclerosi non riesce a camminare bene (sorride leggermente) ma ha ancora quell'aria triste in volto mi mancheranno tantissimo ...tutti i momenti passati con loro: le partite a carte, i pranzi di Natale quanto mangiavo…da non riuscire più a camminare...mi mancheranno soprattutto i momenti più semplici come le sere passate sul divano a guardare la TV, a parlar del più e del meno, i giorni in cui provavamo nuove ricette sporcando la cucina (sorride nostalgicamente). Mi mancherà anche Ilaria, mia sorella, in questo momento sta passando un periodo abbastanza delicato (sospira) ora che me ne accorgo la mia famiglia ha qualche problemino. Ma chi non li ha… Certo, molti sono più fortunati…altri invece ne hanno di grossi, grossissimi…Ma è meglio non pensarci. Tornando a mia sorella… In questo periodo è in crisi perché lei e il suo ormai ex marito, l’anno scorso hanno divorziato, se n’è andato con una modella, tipo quelle che vanno a Uomini e Donne… Per carità anche mia sorella non era male, altro che Madre Natura di Ciao Darwin. Dicevo… ormai da qualche mese sono in conflitto giudiziario, e hanno bisogno di un avvocato, per la custodia e il mantenimento dei due figli Annamaria e Francesco... Non voleva pagare e mo gli tocca pagare tutto a quella viziata. Annamaria e Francesco i miei due adorati nipotini (guarda il pubblico); sono due gemelli molto…attivi (ridacchia) ricordando i bei momenti in cui si è occupato di loro mi ricordo ancora quella volta in cui il piccolo ruppe accidentalmente un vaso azzurro, precisamente il preferito della bambina, e lei per vendicarsi gli ruppe una delle sue macchinine preferite (si copre leggermente la bocca)…Ahh Le donne…già da piccole sono vendicative. Sono davvero due piccole pesti. Quanto mi mancherà la mia casetta...quei settanta metri quadrati ricchi di così tanti ricordi felici; il soggiorno, il divano che ho usato tante volte per riposarmi dopo essere tornato dal lavoro, poiché ero veramente esausto...soprattutto ultimamente (guarda il pubblico e ridacchia) non sono più giovane come una volta, poi...oh, sì! La cucina dove tu facevi tanti esperimenti culinari, e ti arrabbiavi per tutte le volte che la sporcavo, la camera da letto (sorride leggermente) quante volte mi sono dovuto sorbire "C'è posta per te" perché mia moglie ama quel programma e per ultima…la stanza della mia bambina, anche se è piccola, ma lei riusciva a fare di tutto là dentro (sorride melanconicamente). Non vedo l'ora di ricongiungermi con i miei genitori, i miei amati genitori, coloro che mi hanno cresciuto con tanto amore e affetto fino a vent’anni. Mi mancano davvero tanto (guarda il pubblico) le domeniche in cui mia madre, aiutata da mia sorella, cucinava il ragù, che era veramente spaziale, e i suoi dolci. Che cosa non darei per assaggiare un involtino del suo ragù e un pezzo di dolce… mentre io con mio padre vedevo la televisione, le gite di famiglia, i pranzi di Capodanno e tanti altri momenti che solo a pensarci mi riscaldano il cuore (si tocca il cuore).
  • 7. 7 Però ora (pausa di 5 secondi)sono morto...non potrò più sentire gli abbracci dei miei cari, le carezze di mia moglie, le urla dei miei nipotini, l’odore del ragù…non potrò accompagnare mia figlia all'altare, vederla creare la sua famiglia e finire gli studi (guarda in alto). Ahimè, per me è tardi. Non lo potrò più fare…Dovevo stare più attento (finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico. Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo piano da una luce verde) SCENA N7 Racconto Trasportatore di 24 anni, Ettore (il trasportatore Ettore si sposta molto lentamente la maschera dal viso, scende dal montacarichi e si pone al centro dalla circonferenza delimitata dalle candele, illuminato da questa luce verde, mentre tutto intorno è buio) ETTORE: Si stava così bene quella mattina, la mia giornata era iniziata come al solito: il caffè amaro preso appena sveglio perché per me la giornata senza caffè non comincia, doccia gelata. Sono arrivato a lavoro guidando l’autocisterna, quel giorno era piena di zolfo, ma io non lo sapevo. Una volta sceso, mi soffermai a guardare la bella giornata, un sole che ti accarezzava la pelle, e un venticello assai piacevole. Decisi di accendermi la sigaretta e fare due passi; I miei colleghi iniziarono a lavorare senza perdere tempo. Nel loro lavoro non puoi permettere di perdere tempo, il tempo è oro e te lo pagano. Ma ad un certo punto mi accorsi che uno di loro, si affacciò troppo sull’oblo del serbatoio e si sentì male e subito dopo cadde dentro. Il titolare, Carlo vide tutto, e fu lui a dare l’allarme, si sbottonò la camicia e senza pensarci si buttò per aiutarlo, in quel momento c’era solo panico puro, e prevalse nettamente sul buon senso. Loro sapevano benissimo che quel dannato serbatoio era pieno di zolfo, e sapevano anche che era un materiale pericoloso, ma noi no… e ci buttammo lo stesso (pausa di qualche secondo). Si, perché anch’io, vedendo il terrore negli occhi di quel povero operaio non ho esitato a provare ad aiutarlo. Non riuscivo a respirare, il fiato andava sempre più diminuendo. Persi I sensi. L’ambulanza arrivo ma la nostra situazione era troppo grave, era troppo tardi. Ormai quel troppo materiale letale era dentro di noi e non ci permetteva di respirare e di restare in vita. Ho visto quell’ultimo mio fiato trasformarsi in un venticello e solleticare I capelli di Nadia, la mia preziosa donna, di mia madre e… infine di mio padre. Certo… avremmo potuto sopravvivere, se solo avessimo avuto l’attrezzatura adatta e se, soprattutto, la cisterna fosse bonificata, si. Forse noi tutti avremmo potuto continuare le nostre vite. Avrei potuto riabbracciarli tutti ancora, ancora e ancora. È stato solo un incidente, proprio così…Nessuno deve avere dubbi, non è colpa di nessuno. Ma cos’è la vita? Dare un significato alla vita è una pura follia, ma la vita senza senso è la tortura. Non ci si può vendicare di quell’orco mostruoso che è la vita. Nessuno deve avere dubbi…
  • 8. 8 (finisce le ultime parole, spegne anche una delle candele e si dirige sul montacarichi di spalle al pubblico. Quando giunge sul montacarichi si rimette la maschera e si ripone davanti al pubblico, illuminato in primo piano da una luce verde) SCENA FINALE (Allo spegnersi delle 5 candele, si oscura la scena e dopo 15 secondi entra la bambina illuminata da un faro, si dirige verso la bambola al centro della circonferenza, la raccoglie, la fissa). MAMMA GIORGIA: (fuori scena in fondo dal centro del pubblico) Dai Chiara vieni! CHIARA: Un attimo! Arrivo mamma! (dopo aver esitato un attimo, si rivolge al pubblico) Sapete?! Il mio papà è un eroe. Si! come quelli che salvano le principesse, (tono di voce di consapevolezza) ma papà ora è lassù (indica il cielo) come tante altre persone che vanno al lavoro e non tornano più. (tono di voce più cupo). (torna dalla mamma, uscendo di scena dal centro del palco e correndo, si oscura il palco) (Sul fondale esce la slide dell’articolo della Costituzione, la parte finale del video allegato, una voce esterna legge). Voce esterna: La tutela della salute del lavoratore, della sua integrità psicofisica assurge al rango di diritto fondamentale che non tollera alcun tipo di condizionamento, e si presenta come sovraordinato a tutti gli altri diritti previsti della costituzione. In memoria di Guglielmo Mangano, Michele Tasca, Luigi Farinola, Biagio Sciancalepore e Vincenzo Altomare e di tutti gli eroi dimenticati che sono morti sul lavoro e attendono giustizia. (buio in scena) FINE Opera liberamente tratta dalla tragedia della Truck Center del 3 marzo 2008 L'opera prodotta dagli studenti dell'IISS Ferraris di Molfetta, classi 3BL e 4DL, rappresenta un serio e lucido ripensamento sul fenomeno delle morti bianche e sulla memoria di questa terribile disgrazia. Purtroppo ancora molti gli interrogativi irrisolti, ma è fondamentale continuare a coltivare ed educare i giovani al culto della memoria, affinchè tutti questi eroi non vengano dimenticati. La sceneggiatura comprende un video di repertorio con immagini di quel terribile orrore, della ricostruzione dei vari processi ed in particolare della creazione del comitato 3 MARZO. La colonna musicale "Working Bravely" di Officine Marconi, rappresenta un interessante spunto di riflessione. L'utilizzo del montacarichi e della luce verde che illumina i personaggi vittime di morte bianca, rappresenta una citazione letteraria della regia dei “Sei personaggi in cerca di autore”, di Georges Pitoeff, del 1923. Determinante è il rapporto tra le due dimensioni alto/basso e verticale/orizzontale, che delimitano in modo ineludibile la linea tra la vita e la morte. Classi: 3BL e 4DL Autori: Ilario Modugno, Claudia Cappelluti, Eliana de Robertis, Asia Rafiki, Marialuna Sanguedolce, Federica Caputo Autori del video: Andrea Campo, Corrado Vessio
  • 9. 9 Colonna sonora del video: "Working Bravely" di Officine Marconi Scriptwriter: Ilario Modugno I.I.S.S Ferraris Molfetta Dirigente scolastico: Luigi Melpignano Docente Referente: Elisabetta Salvemini