16.07.10 Modena In Conquista La Bastiglia Rassegna Stampa
Prima Volta In Barca A Vela Modena In
1. La prima volta in barca
è come il primo amore:
non si scorda mai!
Per far sì che il ricordo sia piacevole e
non un incubo ricorrente, gli
accorgimenti sono pochi e semplici, ma
importanti. Per iniziare analizziamo
velocemente l’abbigliamento.
Non è necessario essere griffati dalla
testa ai piedi, però qualche attenzione
evita fastidiosi inconvenienti.
Consideriamo che in barca ci si muove,
continuamente, quindi portiamo
qualche cosa di comodo e resistente.
Se è estate ovviamente ci sono meno
possibilità di trovarsi in situazioni
spiacevoli, comunque qualche indumento che ci permetta di rimanere asciutti
in caso di pioggia o mare grosso è sempre un buon compagno di viaggio. I
marinai sono soliti consigliare l’abbigliamento a cipolla, cioè a strati: isolano di
più ed è più facile regolare il giusto spessore. Poco gradita ai più tecnici, è la
lana, che assorbe facilmente umidità e la rilascia con molta più fatica.
Le scarpe devono essere comode e sportive ma non con la suola di gomma
nera che scivola e lascia “sgommate” su tutta la tuga. Ovviamente fiduciosi
nel bel tempo, è essenziale ricordarsi dei buoni occhiali da sole. Il riflesso
sull’acqua può diventare intollerabile e creare danni anche gravi se non
affrontato con la giusta cautela.
Suggerimento: un cordino per legare gli occhiali al collo! È davvero seccante
perdere in mare proprio quel paio che ci era comodo, che magari era un
regalo e soprattutto era l’unico che avevamo portato. Quando il sole diventa
insistente è importante aver portato anche un cappellino, di qualunque tipo:
da marinaio, da baseball, da pittore o da cosacco, non ha importanza,
l’essenziale è che protegga la testa dai raggi diretti e quindi dalla possibilità di
un colpo di sole, assai poco piacevole.
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Modena, via Gobetti 84, tel 059 395921, fax 059 3980840 modena@lungarotta.it
Bologna, via Sabotino 8, tel 051 0952654, fax 051 0952655 bologna@lungarotta.it
Sassuolo, via Radici in Monte 237, tel 0536 403222 fax 0536 403297sassuolo@lungarotta.it
3. Per tutti i neofiti, introduciamo velocemente le parti principali che
compongono una barca a vela, in modo da non trovarci completamente
spaesati quando qualcuno ci dirà “ingalloccia quella cima!” oppure “cazzami il
wang”…
Per comodità, anche se qualche ammiraglio vecchio stile probabilmente
rabbrividirebbe, paragoniamo la barca a una macchina, dividendola in due
parti: lo scafo (l’abitacolo della macchina) e la velatura (il motore).
Lo scafo è diviso a sua
volta in due parti, l’opera
viva, cioè la parte
immersa, e l’opera morta,
cioè la parte fuori
dall’acqua, idealmente
divise dalla linea di
galleggiamento.
La parte davanti si chiama prua, mentre quella dietro si chiama poppa, la
destra dritta mentre la sinistra rimane sinistra.
Sotto allo scafo ci sono le cosiddette appendici, deriva e timone, che servono
(ammiraglio non ascolti, per piacere) principalmente per dare la direzione allo
scafo.
La deriva si trova grossomodo a centro barca e, almeno negli scafi tradizionali,
è fissa. Il timone si trova a poppa e, tramite la ruota o la barra (il nostro
volante) si muove indirizzando la nostra barca.
Il “motore” è composto dalle vele e tutte le strutture che servono per farle
stare nella posizione
che ci serve.
Innanzitutto l’albero,
quel “palo” che sta
circa nel centro della
barca e a cui si
attaccano un sacco
di cose, è essenziale
perché permette alle
nostra vele di stare
su e quindi di
prendere il vento.
Tutti quei cavi
d’acciaio che vanno
dallo scafo a varie
altezze dell’albero, si
chiamano sartie e
hanno la funzione
non trascurabile di
tenerlo in piedi
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4. lateralmente, davanti e dietro invece assolvono la stessa funzione lo strallo di
prua e lo strallo di poppa (a seconda della sua configurazione può anche
essere chiamato paterazzo oppure essere sostituito da sartie volanti).
L’altro “palo” attaccato all’albero verso poppa si chiama boma e serve per
tenere stesa la nostra vela principale.
Le vele appunto, quella appena citata è la randa. Quattro sono le “corde” che,
principalmente, si usano per “farla funzionare”: la drizza che serve per tirare
su la vela, la base che serve per tesare, cioè per renderla più piatta (magra), la
scotta della randa che serve per darle la giusta posizione a seconda della
direzione del vento e il wang che serve per completare il lavoro della scotta.
Oltre alla randa però, la nostra barca ha anche delle vele di prua. Queste sono
tantissime per poter scegliere quella gusta a seconda dell’intensità e della
direzione del vento. La più comune è il genoa, vela montata (inferita) sullo
strallo di prua. Appena più piccolo, ma molto simile, è il fiocco. Per i venti più
intensi c’è la tormentina, mentre per i venti leggeri, ma solo con alcune
andature, lo spinnaker e il gennaker. Non ci soffermiamo adesso
sull’analizzare tutte le parti che compongono una vela o sulle caratteristiche
specifiche, mentre è più importante capire come farle “lavorare” come
vogliamo. Le vele di prua, almeno le principali, hanno due scotte e non una
come la randa, ossia una sopravento e una sottovento, cioè una dalla parte
della barca esposta all’arrivo del vento e una dall’altra. Si usa sempre (tranne
in manovre particolari ) quella di sottovento, che ovviamente al cambiare
della direzione della barca diventerà sopravento e viceversa.
Per regolare le scotte si usano dei verricelli
appositi: i winch.
Quando una barca sta andando in una certa
direzione, si dice che sta tenendo un bordo,
spesso per arrivare a destinazione dovremo
tenere diversi bordi e magari cambiare
andatura, cioè modificare la nostra
direzione rispetto al vento e di conseguenza
regolare le vele.
Quando cambiamo andatura possiamo
compiere quattro manovre diverse: orzare,
cioè portare la prua della barca verso la
direzione da cui proviene il vento; poggiare,
Gassa d’amante allontanare la prua dal vento; virare, cioè
cambiare la murata della barca investita dal vento facendo passare il punto di
provenienza del vento a prua della nostra barca; strambare, cioè cambiare
bordo facendo passare il vento da poppa.
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5.
Per fare tutto ciò si agisce ovviamente sul timone ma di conseguenza anche
sulle vele cazzando(tirando) oppure lascando (mollando) le scotte.
Abbiamo visto, seppur sommariamente
e facendo rabbrividire l’ammiraglio,
quali sono le parti che fanno andare
avanti una barca, ma non conosciamo
ancora quelle in cui ci muoveremo noi.
Anzitutto il pozzetto, dove si “vive”
l’esterno della barca, dove si compiono
le manovre e dove c’è il la ruota del Nodo parlato
timone. Attraverso il tambuccio, poi, si
accede all’interno, alla zona comune
che chiamiamo dinette, su cui si aprono le porte dei bagni e delle cabine.
Forse più importante di tutto ciò però è la voglia di provare e di imparare
qualche cosa di nuovo., senza preoccuparsi tanto di abbigliamento e
accessori, quanto di godersi uno dei pochi luoghi in cui è ancora la natura a
farla da padrona: il mare.
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