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Corso di Arte contemporanea, critica e multimedialità - Prof. Anna Villari
 

Studente: Veronica Nannin
i

Matricola: 690HHHCLCM
P

Il bianco e il nero - le parole di un artista: William Kentridge, a cura di Veronica Nannini presso
White Noise Gallery, via della Seggiola 9, 00186 Roma, 18 gennaio 2022 - 18 marzo 202
2
COMUNICATO STAMP
A

White Noise Gallery
 

Presenta
IL BIANCO E IL NER
O

Le parole di un artista: William Kentridg
e

Dal 18.02.2022 al 18.03.2022 a Rom
a

Un progetto espositivo a cura di Veronica Nannin
i

All’interno della location inaugurata nel 2018 da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti, l’artista contemporaneo di fama
internazionale William Kentridge torna a Roma per essere visto, letto e ascoltato attraverso i suoi colori. La mostra intende
puntare la luce su alcune tematiche caratterizzanti il modus operandi dell’autore e mettere al centro del lavoro proprio il
fl
usso tra
le arti che caratterizza la sua poetica.
 

Un’esposizione multimediale in cui i tratti della contemporaneità, l’innovazione e la mutabilità, emergono dall’operare
transmediale dell’artista.
 

William Kentridge nasce a Johannesburg nel 1955, in pieno regime di apartheid, esperienza politica e sociale che segna nelle
profondità la sua personalità.
 

Disegno,
fi
lm, animazione, teatro e scrittura sono le discipline che ha abbracciato lungo i suoi anni di attività, affermando il suo
eclettismo e portandolo a ricevere premi e riconoscimenti internazionali, tra i più recenti troviamo il Premio Internazionale
Feltrinelli per le Arti plastiche (2018) e il Praemium Imperiale (2019) per la pittura.
 

Dal 1997, anno della sua prima esposizione ha intessuto rapporti con innumerevoli mostre e gallerie in tutto il mondo e
ricordiamo il MOMA di New York (2011), il MACO di Oaxaca (2011), il MAXXI di Roma (2012/13), al MACRO di Roma
(2016) e al Piccolo festival dell’animazione di Udine (2021).
La mostra sarà accessibile nel rispetto e secondo le normative per il contenimento di Covid-19.
 

ORARI DI APERTUR
A

MARTEDÌ – VENERDÌ 15:00 - 19:0
0

SABATO E DOMENICA SU APPUNTAMENT
O

La biglietteria chiude un’ora prima
.

COSTO BIGLIETT
I

Intero: 15,0
0

Ridotto: 10,00 (Under 25 anni e Over 65 anni
)

INFORMAZIONI E PRENOTAZION
I

info@whitenoisegallery.i
t

+39 06 683283
3

Via della Seggiola, 9 - 00186 ROM
A
Sala 1 - L’incertezza: della società contemporane
a

«Non riusciamo a dare alle nostre vite la forma che vorremmo, siamo spaventati perché – mi permetto di suggerire – viviamo una
condizione di costante incertezza. E cos’è l’incertezza? È la sensazione di non poter prevedere come sarà il mondo quando ci
sveglieremo la mattina seguente, è la fragilità e l’instabilità del mondo.» - Zygmut Bauma
n

I l bianco e il nero sono vocaboli di un dizionario di cui William Kentridge si serve con copiosa passionalità gestuale per
narrare il mondo dal suo punto di vista, mai scabro di dettagli
.

L’incertezza è lo stato che meglio descrive la società contemporanea ed è da sempre protagonista delle sue opere, dove diventa
musa e forza motrice del suo guizzo artistico. Sembra nutrire e guidare quei segni sferzanti, fatti talvolta con il carboncino, talora
a matita o con l’inchiostro, esplodendo in forme vacillanti. Niente suggerisce stabilità, nemmeno i grandi alberi appaiono fermi e
statici, ma si animano e si modi
fi
cano nel tempo al mutare degli eventi; così come evocativi di un senso di smarrimento sono i
ritagli, le frasi e le parole che emergono dalle composizioni, i cui temi ruotano attorno alla solitudine, la nostalgia e la speranza.
 

Le opere qui esposte - alcune di esse già esibite in Waiting for the Sibyl - accentuano l’instabilità e la precarietà del quotidiano,
ma invitano, nel contempo, lo spettatore a soffermarsi di fronte la loro grandezza e lasciar andare ogni quesito al divenire del
tempo
.

«Ho realizzato quanto fosse provvisorio e contraddittorio. Ho iniziato a considerare il mondo come uno strano miscuglio di
assurdità e variabilità e non un mondo immobile e razionale.» - William Kentridg
e
SALA 1
Waiting for the Sibyl è un progetto nato dall’invito del Teatro dell’Opera di Roma a completare l’opera del 1968 di Alexander
Calder. William Kentridge ha raccontato di essersi ispirato alla storia della Sibilla Cumana, profetica sacerdotessa cui le persone
si rivolgevano per avere risposte e previsioni e che scriveva i suoi vaticini su foglie di quercia. Le frasi sconnesse e la
temporaneità delle forme dell’albero sono qui riproposte per seguire quel
fi
l rouge che vede nell’incertezza la loro essenza
.

1. William Kentridge, Untitled (It reminds me of something I can’t
remember), 2020, inchiostro di china e matita rossa su pagine
trovate, 153.5x222 cm, Lia Rumma Gallery
2. William Kentridge, 9 trees for
Sibyl, 2019, linoleogra
fi
a con
inchiostro di china colorato a mano,
105x75 cm, Marian Goodman
Gallery
4. William Kentridge, An Argument Mired in Nostalgia,
2021 inchiostro di china e collage di carta fatta a
mano Phumami, montato su fogli grezzi, 316.5x282
cm, Marian Goodman Gallery

3. William Kentridge, Where Shall We
Place our Hope?, 2020, inchiostro di
china, matita rossa e collage su carta
fatta a mano, 120x85, Goodman Gallery
5. William Kentridge, The Unstable
Landing Point of Desire, 2021,
inchiostro di china, acquarello e
collage su carta fatta a mano
Phumami, montato su fogli grezzi,
373x187 cm, collezione privata
6. William Kentridge, Waiting to Forget Something,
2021, carboncino, pastello e stampa digitale su carta,
collezione privata
Sala 2 - Attraverso le art
i

L
a capacità duttile di Kentridge risiede proprio nell’armonia con cui riesce a passare da un mezzo all’altro, in modo quasi
impercettibile, ma facendo propri linguaggi e codici semantici di ogni disciplina.
In Second hand Reading, un’opera video del 2013 musicata dal compositore Neo Muyanga, l’artista inizia a sfogliare
un’enciclopedia e da quel momento lo spettatore resta come ipnotizzato di fronte al susseguirsi di immagini disegnate a mano
sulle pagine:
fi
gure umane, oggetti della vita quotidiana, animali e scritte si susseguono in un tempo che appare circolare, un
perpetuo divenire in cui lo stesso autore compare e si amalgama dentro di esso. La sua silhouette attraversa letteralmente le
pagine ri-mediando, in questo senso, la capacità
fl
uida di spaziare da un’arte e all’altra, così come le
fi
gure, tramutandosi le une
nelle altre, esprimono una realtà variabile e malleabile sotto le mani dell’artista, così come malleabili sono il tratto del carboncino
o l’utilizzo del bronzo per le sculture.
 

In un’ottica interdisciplinare e transmediale, William Kentridge ha fondato nel 2016 a Johannesburg il centro Less Good Idea,
con l’obiettivo di favorire, non solo la collaborazione tra diversi artisti, ma anche una creatività latente frutto proprio di quell’idea
meno buona. Come si legge dal sito personale dell’artista: “È proprio seguendo le idee secondarie […], sei in grado di
riconoscere quelle cose che non pensavi in anticipo ma in qualche modo erano dentro di te”.
 

Kentridge incarna in questo modo un dialogo tra Arti e Media che vede l’ibridazione di generi e delle tecniche di comunicazione
per portare in scena un
fl
usso artistico non più declinato attraverso un’unica disciplina, ma libero da vincoli e pulsante
d’ispirazioni reciproche. Un dialogo destinato a non estinguersi
.
SALA
2

*Cliccare sull’immagine per vedere il video*
1.Installazione video: William Kentridge Second Hand Reading, 2013
2. William Kentridge, Rebus, 2013, Bronze, set of nine
3. William Kentridge, Rebus, 2013, Bronze, set of nine
5. William Kentridge, Untitled (Holding the Fugitive), 2014, carboncino,
matita colorata stampa digitale su pagine dello Shorter Oxford
dictionary, 135.2x121 cm, collezione privata
4. William Kentridge, Sunlight on a Leaf, 2014, inchiostro di china, stampa
digitale e acquarello su pagine dell’Oxford dictionary, 121x161 cm,
collezione privata
Sala 3 - “Fare arte è un’attività pratic
a

«Tutti i bambini disegnano, ma molti di loro hanno il buon senso di smettere quando arrivano ai 14 anni, ma io ho continuato a
disegnare.» - William Kentridg
e

K
entridge non nasconde di possedere un notevole spirito auto-ironico e ciò gli permette di parlare molto liberamente del
suo lavoro e di scherzarci su.
 

Durante un’intervista del 2014 al Deutsche Staatstheater di Berlino, ha raccontato di aver realizzato che il suo mestiere
fosse quello dell’artista solo intorno ai trent’anni quando, senza alcuna esperienza lavorativa, si è reso conto che non sapesse fare
altro. In un certo senso, l’etichetta di “artista” è qualcosa che ha scelto, ma che allo stesso tempo è semplicemente capitato
.

Le opere scelte per questa stanza si propongono di mostrare i suoi primi lavori, alla luce di un’inestricabile dedizione che lo lega
non solo alle sfaccettature della realtà, ma anche al teatro, la musica e il cinema.
 

La
fl
uidità con cui porta su carta i protagonisti delle Belle Arti è rispecchiata nel gesto artistico, munitosi di carboncino, una
tecnica che gli permette di “cambiare un disegno come si muta il pensiero”. Ecco che gli squarci di realtà qui esposti appaiono
come immagini
fi
sse solo per una manciata di istanti, come se potessero riprendere a scorrere al volgere dello sguardo
.

Versatile e sperimentatore, tutta la sua poetica è un inno alla creatività libera e contaminata, in cui vi sia spazio per ogni tecnica e
mezzo in grado di comunicare la provvisorietà del mondo, un mondo in grado di essere rappresentato e abbracciato solo da
un’arte totale.
 

«L'uomo artistico può essere pienamente soddisfatto solo mediante l'uni
fi
cazione di tutte le forme d'arte al servizio del comune
sforzo creativo.» - Richard Wagne
r
SALA 3
1. William Kentridge, Untitled (Ingrid
Bergmam and Humphrey Bogart), 1985,
carboncino e pastello su carta, collezione
privata
2. William Kentridge, Untitled (Marlene
Dietrich, James Dean & Groucho Marx), 1985,
carboncino e pastello su carta, collezione
privata
3. William Kentridge, Untitled (I am still learning),
1985, carboncino e pastello su carta, collezione
privata
4. William Kentridge, Untitled (Sound Stage
and Fred Astaire), 1985, carboncino e pastello
su carta, collezione privata
Sala 4 - Il cinema come trucco magic
o

«Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.» - William Shakespeare


L
a luna. Eterna guardiana della notte, immobile ancella del sonno di ogni essere vivente. Custode di segreti, narratrice di
storie, incantatrice di passioni. La luna è
fi
n dall’antichità una guida ancestrale, un punto
fi
sso in cui riporre preghiere e
desideri. Un pallido bagliore da cui sentirsi accolti e protetti
.

L’ultima stanza si apre così su un onirico confronto tra l’opera Journey to the moon (2003) di Kentridge e Le voyage dans le Lune
(1902) di Georges Méliès
.

Immerso nell’oscurità, il visitatore è invitato a muovere i passi come un astronauta sul suolo lunare e a lasciarsi andare alle
immagini di due grandi sperimentatori
.

Méliès (Parigi 1861- Parigi 1938), prestigiatore e illusionista, direttore di un piccolo teatro parigino, conosceva bene l’arte del
trasformismo e apportò al suo cinema i trucchi del mestiere, spettacolarizzando immagini del reale per rendere magica e
fantastica l’ordinarietà.
 

Kentridge, nel suo remake, omaggia Méliès come si farebbe col proprio maestro, ricreando non solo la tecnica dell’arresto della
ripresa attraverso lo stop motion, ma anche le atmosfere favolose.
 

«Le immagini in movimento erano la prima attrazione; il montaggio fu la seconda. Il primo tipo di montaggio, inventato da
Méliès in Francia, non era usato per raccontare storie, ma piuttosto per mostrare delle metamorfosi: un oggetto si trasformava in
 

un altro, una persona che spariva, e così via.» - Sandro Bernard
i
SALA
4

*Cliccare sulle immagini per vedere il video*
La stanza è totalmente oscurata, le pareti sono ricoperte da carta da parati nera trapuntata di piccoli punti luce in modo da ricreare un cielo stellato. Sul
pavimento sono installati degli schermi che mostrano il suolo lunare, così da fornire la sensazione di passeggiare sulla luna. Sulla parete centrale si
trova l’installazione di altri due schermi - con relative cuf
fi
e in modo da sentire la musica - che mostrano in contemporanea i video dei due autori, di
fronte ci sono delle sedute per godersi appieno lo spettacolo
.

Approdati sulla luna, si conclude la narrazione attraverso le parole di un acclamato artista contemporaneo, il quale ci insegna che
non esiste mezzo capace di non far emozionare. L’importante è avere qualcosa da sognare
.

2. William Kentridge, Journey to the moon (2003)

1. Georges Méliès, Le voyage dans le Lune
(1902)
Commento
 

Mi sono trovata di fronte ad un artista gigante, caotico, dif
fi
cile da inquadrare dentro un con
fi
ne delineato. All’inizio mi sono
spaventata, ma poi ho pensato che avrei potuto portare alla luce ciò che ho imparato da questa facoltà, le competenze che ho
acquisito e giocare con lo sguardo trasversale che questo artista mi offriva. Avrei potuto fare un discorso che abbracciasse più
ambiti comunicativi e che toccasse anche il cinema, la mia più grande passione dopo la scrittura. Così, ho reperito quanto più
materiale possibile, ho spulciato il suo sito
fi
no a tarda notte e ascoltato le sue interviste in modo da instaurare una sorta di
dialogo, caposaldo della mostra. Ho voluto raccontare William Kentridge a tutto tondo per quanto possibile, senza soffermarmi
sulla parte politica dell’artista, ma sottolineando la vena
fi
loso
fi
ca della sua arte. Ho inserito anche citazioni di Bauman, di
Wagner, di Shakespeare e di Bernardi per descrivere appieno la natura transmediale delle opere e in modo da formare una rete di
connessioni attraverso un approccio interdisciplinare.
 

Non conoscevo l’artista prima di oggi e
fi
n da subito mi ha colpito la sua
fi
gura molto semplice e ordinaria, caratterizzata da un
vestiario classico e spesso simile: pantalone nero e camicia bianca, un uomo che anche nell’aspetto sembra rappresentare la sua
arte
.

Ho preso quest’esercizio molto seriamente, cercando di affrontarlo proprio come un lavoro - seppur con alcune dif
fi
coltà iniziali,
- e ho cercato di dare un taglio personale alla mostra in modo da non presentare qualcosa di “già visto”.
 

È stato bello lavorare con un artista dall’innata capacità di guardare attraverso le cose di tutti i giorni, verso un altrove
immaginario, e rappresentarle in modo extra-ordinario.
 

Veronic
a
Fonti:
 

https://www.kentridge.studio

https://www.artribune.com (Documentario dedicato all’artista)

https://www.
fi
nestresullarte.info

https://www.liarumma.it (Sezione dedicata all’artista)

https://www.raicultura.it/ (Documentario dedicato all’artista)

https://artatatimelikethis.com/william-kentridge

https://www.artnews.com/art-in-america/interviews/the-pages-of-a-mind-interview-with-william-kentridge-56316/

https://whitenoisegallery.it

https://www.treccani.it

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  • 1. Corso di Arte contemporanea, critica e multimedialità - Prof. Anna Villari Studente: Veronica Nannin i Matricola: 690HHHCLCM P Il bianco e il nero - le parole di un artista: William Kentridge, a cura di Veronica Nannini presso White Noise Gallery, via della Seggiola 9, 00186 Roma, 18 gennaio 2022 - 18 marzo 202 2
  • 2. COMUNICATO STAMP A White Noise Gallery Presenta IL BIANCO E IL NER O Le parole di un artista: William Kentridg e Dal 18.02.2022 al 18.03.2022 a Rom a Un progetto espositivo a cura di Veronica Nannin i All’interno della location inaugurata nel 2018 da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti, l’artista contemporaneo di fama internazionale William Kentridge torna a Roma per essere visto, letto e ascoltato attraverso i suoi colori. La mostra intende puntare la luce su alcune tematiche caratterizzanti il modus operandi dell’autore e mettere al centro del lavoro proprio il fl usso tra le arti che caratterizza la sua poetica. Un’esposizione multimediale in cui i tratti della contemporaneità, l’innovazione e la mutabilità, emergono dall’operare transmediale dell’artista. William Kentridge nasce a Johannesburg nel 1955, in pieno regime di apartheid, esperienza politica e sociale che segna nelle profondità la sua personalità. Disegno, fi lm, animazione, teatro e scrittura sono le discipline che ha abbracciato lungo i suoi anni di attività, affermando il suo eclettismo e portandolo a ricevere premi e riconoscimenti internazionali, tra i più recenti troviamo il Premio Internazionale Feltrinelli per le Arti plastiche (2018) e il Praemium Imperiale (2019) per la pittura. Dal 1997, anno della sua prima esposizione ha intessuto rapporti con innumerevoli mostre e gallerie in tutto il mondo e ricordiamo il MOMA di New York (2011), il MACO di Oaxaca (2011), il MAXXI di Roma (2012/13), al MACRO di Roma (2016) e al Piccolo festival dell’animazione di Udine (2021).
  • 3. La mostra sarà accessibile nel rispetto e secondo le normative per il contenimento di Covid-19. ORARI DI APERTUR A MARTEDÌ – VENERDÌ 15:00 - 19:0 0 SABATO E DOMENICA SU APPUNTAMENT O La biglietteria chiude un’ora prima . COSTO BIGLIETT I Intero: 15,0 0 Ridotto: 10,00 (Under 25 anni e Over 65 anni ) INFORMAZIONI E PRENOTAZION I info@whitenoisegallery.i t +39 06 683283 3 Via della Seggiola, 9 - 00186 ROM A
  • 4. Sala 1 - L’incertezza: della società contemporane a «Non riusciamo a dare alle nostre vite la forma che vorremmo, siamo spaventati perché – mi permetto di suggerire – viviamo una condizione di costante incertezza. E cos’è l’incertezza? È la sensazione di non poter prevedere come sarà il mondo quando ci sveglieremo la mattina seguente, è la fragilità e l’instabilità del mondo.» - Zygmut Bauma n I l bianco e il nero sono vocaboli di un dizionario di cui William Kentridge si serve con copiosa passionalità gestuale per narrare il mondo dal suo punto di vista, mai scabro di dettagli . L’incertezza è lo stato che meglio descrive la società contemporanea ed è da sempre protagonista delle sue opere, dove diventa musa e forza motrice del suo guizzo artistico. Sembra nutrire e guidare quei segni sferzanti, fatti talvolta con il carboncino, talora a matita o con l’inchiostro, esplodendo in forme vacillanti. Niente suggerisce stabilità, nemmeno i grandi alberi appaiono fermi e statici, ma si animano e si modi fi cano nel tempo al mutare degli eventi; così come evocativi di un senso di smarrimento sono i ritagli, le frasi e le parole che emergono dalle composizioni, i cui temi ruotano attorno alla solitudine, la nostalgia e la speranza. Le opere qui esposte - alcune di esse già esibite in Waiting for the Sibyl - accentuano l’instabilità e la precarietà del quotidiano, ma invitano, nel contempo, lo spettatore a soffermarsi di fronte la loro grandezza e lasciar andare ogni quesito al divenire del tempo . «Ho realizzato quanto fosse provvisorio e contraddittorio. Ho iniziato a considerare il mondo come uno strano miscuglio di assurdità e variabilità e non un mondo immobile e razionale.» - William Kentridg e
  • 5. SALA 1 Waiting for the Sibyl è un progetto nato dall’invito del Teatro dell’Opera di Roma a completare l’opera del 1968 di Alexander Calder. William Kentridge ha raccontato di essersi ispirato alla storia della Sibilla Cumana, profetica sacerdotessa cui le persone si rivolgevano per avere risposte e previsioni e che scriveva i suoi vaticini su foglie di quercia. Le frasi sconnesse e la temporaneità delle forme dell’albero sono qui riproposte per seguire quel fi l rouge che vede nell’incertezza la loro essenza . 1. William Kentridge, Untitled (It reminds me of something I can’t remember), 2020, inchiostro di china e matita rossa su pagine trovate, 153.5x222 cm, Lia Rumma Gallery 2. William Kentridge, 9 trees for Sibyl, 2019, linoleogra fi a con inchiostro di china colorato a mano, 105x75 cm, Marian Goodman Gallery
  • 6. 4. William Kentridge, An Argument Mired in Nostalgia, 2021 inchiostro di china e collage di carta fatta a mano Phumami, montato su fogli grezzi, 316.5x282 cm, Marian Goodman Gallery 3. William Kentridge, Where Shall We Place our Hope?, 2020, inchiostro di china, matita rossa e collage su carta fatta a mano, 120x85, Goodman Gallery
  • 7. 5. William Kentridge, The Unstable Landing Point of Desire, 2021, inchiostro di china, acquarello e collage su carta fatta a mano Phumami, montato su fogli grezzi, 373x187 cm, collezione privata 6. William Kentridge, Waiting to Forget Something, 2021, carboncino, pastello e stampa digitale su carta, collezione privata
  • 8. Sala 2 - Attraverso le art i L a capacità duttile di Kentridge risiede proprio nell’armonia con cui riesce a passare da un mezzo all’altro, in modo quasi impercettibile, ma facendo propri linguaggi e codici semantici di ogni disciplina. In Second hand Reading, un’opera video del 2013 musicata dal compositore Neo Muyanga, l’artista inizia a sfogliare un’enciclopedia e da quel momento lo spettatore resta come ipnotizzato di fronte al susseguirsi di immagini disegnate a mano sulle pagine: fi gure umane, oggetti della vita quotidiana, animali e scritte si susseguono in un tempo che appare circolare, un perpetuo divenire in cui lo stesso autore compare e si amalgama dentro di esso. La sua silhouette attraversa letteralmente le pagine ri-mediando, in questo senso, la capacità fl uida di spaziare da un’arte e all’altra, così come le fi gure, tramutandosi le une nelle altre, esprimono una realtà variabile e malleabile sotto le mani dell’artista, così come malleabili sono il tratto del carboncino o l’utilizzo del bronzo per le sculture. In un’ottica interdisciplinare e transmediale, William Kentridge ha fondato nel 2016 a Johannesburg il centro Less Good Idea, con l’obiettivo di favorire, non solo la collaborazione tra diversi artisti, ma anche una creatività latente frutto proprio di quell’idea meno buona. Come si legge dal sito personale dell’artista: “È proprio seguendo le idee secondarie […], sei in grado di riconoscere quelle cose che non pensavi in anticipo ma in qualche modo erano dentro di te”. Kentridge incarna in questo modo un dialogo tra Arti e Media che vede l’ibridazione di generi e delle tecniche di comunicazione per portare in scena un fl usso artistico non più declinato attraverso un’unica disciplina, ma libero da vincoli e pulsante d’ispirazioni reciproche. Un dialogo destinato a non estinguersi .
  • 9. SALA 2 *Cliccare sull’immagine per vedere il video* 1.Installazione video: William Kentridge Second Hand Reading, 2013
  • 10. 2. William Kentridge, Rebus, 2013, Bronze, set of nine 3. William Kentridge, Rebus, 2013, Bronze, set of nine
  • 11. 5. William Kentridge, Untitled (Holding the Fugitive), 2014, carboncino, matita colorata stampa digitale su pagine dello Shorter Oxford dictionary, 135.2x121 cm, collezione privata 4. William Kentridge, Sunlight on a Leaf, 2014, inchiostro di china, stampa digitale e acquarello su pagine dell’Oxford dictionary, 121x161 cm, collezione privata
  • 12. Sala 3 - “Fare arte è un’attività pratic a «Tutti i bambini disegnano, ma molti di loro hanno il buon senso di smettere quando arrivano ai 14 anni, ma io ho continuato a disegnare.» - William Kentridg e K entridge non nasconde di possedere un notevole spirito auto-ironico e ciò gli permette di parlare molto liberamente del suo lavoro e di scherzarci su. Durante un’intervista del 2014 al Deutsche Staatstheater di Berlino, ha raccontato di aver realizzato che il suo mestiere fosse quello dell’artista solo intorno ai trent’anni quando, senza alcuna esperienza lavorativa, si è reso conto che non sapesse fare altro. In un certo senso, l’etichetta di “artista” è qualcosa che ha scelto, ma che allo stesso tempo è semplicemente capitato . Le opere scelte per questa stanza si propongono di mostrare i suoi primi lavori, alla luce di un’inestricabile dedizione che lo lega non solo alle sfaccettature della realtà, ma anche al teatro, la musica e il cinema. La fl uidità con cui porta su carta i protagonisti delle Belle Arti è rispecchiata nel gesto artistico, munitosi di carboncino, una tecnica che gli permette di “cambiare un disegno come si muta il pensiero”. Ecco che gli squarci di realtà qui esposti appaiono come immagini fi sse solo per una manciata di istanti, come se potessero riprendere a scorrere al volgere dello sguardo . Versatile e sperimentatore, tutta la sua poetica è un inno alla creatività libera e contaminata, in cui vi sia spazio per ogni tecnica e mezzo in grado di comunicare la provvisorietà del mondo, un mondo in grado di essere rappresentato e abbracciato solo da un’arte totale. «L'uomo artistico può essere pienamente soddisfatto solo mediante l'uni fi cazione di tutte le forme d'arte al servizio del comune sforzo creativo.» - Richard Wagne r
  • 13. SALA 3 1. William Kentridge, Untitled (Ingrid Bergmam and Humphrey Bogart), 1985, carboncino e pastello su carta, collezione privata 2. William Kentridge, Untitled (Marlene Dietrich, James Dean & Groucho Marx), 1985, carboncino e pastello su carta, collezione privata
  • 14. 3. William Kentridge, Untitled (I am still learning), 1985, carboncino e pastello su carta, collezione privata 4. William Kentridge, Untitled (Sound Stage and Fred Astaire), 1985, carboncino e pastello su carta, collezione privata
  • 15. Sala 4 - Il cinema come trucco magic o «Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.» - William Shakespeare 
 L a luna. Eterna guardiana della notte, immobile ancella del sonno di ogni essere vivente. Custode di segreti, narratrice di storie, incantatrice di passioni. La luna è fi n dall’antichità una guida ancestrale, un punto fi sso in cui riporre preghiere e desideri. Un pallido bagliore da cui sentirsi accolti e protetti . L’ultima stanza si apre così su un onirico confronto tra l’opera Journey to the moon (2003) di Kentridge e Le voyage dans le Lune (1902) di Georges Méliès . Immerso nell’oscurità, il visitatore è invitato a muovere i passi come un astronauta sul suolo lunare e a lasciarsi andare alle immagini di due grandi sperimentatori . Méliès (Parigi 1861- Parigi 1938), prestigiatore e illusionista, direttore di un piccolo teatro parigino, conosceva bene l’arte del trasformismo e apportò al suo cinema i trucchi del mestiere, spettacolarizzando immagini del reale per rendere magica e fantastica l’ordinarietà. Kentridge, nel suo remake, omaggia Méliès come si farebbe col proprio maestro, ricreando non solo la tecnica dell’arresto della ripresa attraverso lo stop motion, ma anche le atmosfere favolose. «Le immagini in movimento erano la prima attrazione; il montaggio fu la seconda. Il primo tipo di montaggio, inventato da Méliès in Francia, non era usato per raccontare storie, ma piuttosto per mostrare delle metamorfosi: un oggetto si trasformava in un altro, una persona che spariva, e così via.» - Sandro Bernard i
  • 16. SALA 4 *Cliccare sulle immagini per vedere il video* La stanza è totalmente oscurata, le pareti sono ricoperte da carta da parati nera trapuntata di piccoli punti luce in modo da ricreare un cielo stellato. Sul pavimento sono installati degli schermi che mostrano il suolo lunare, così da fornire la sensazione di passeggiare sulla luna. Sulla parete centrale si trova l’installazione di altri due schermi - con relative cuf fi e in modo da sentire la musica - che mostrano in contemporanea i video dei due autori, di fronte ci sono delle sedute per godersi appieno lo spettacolo . Approdati sulla luna, si conclude la narrazione attraverso le parole di un acclamato artista contemporaneo, il quale ci insegna che non esiste mezzo capace di non far emozionare. L’importante è avere qualcosa da sognare . 2. William Kentridge, Journey to the moon (2003) 1. Georges Méliès, Le voyage dans le Lune (1902)
  • 17. Commento Mi sono trovata di fronte ad un artista gigante, caotico, dif fi cile da inquadrare dentro un con fi ne delineato. All’inizio mi sono spaventata, ma poi ho pensato che avrei potuto portare alla luce ciò che ho imparato da questa facoltà, le competenze che ho acquisito e giocare con lo sguardo trasversale che questo artista mi offriva. Avrei potuto fare un discorso che abbracciasse più ambiti comunicativi e che toccasse anche il cinema, la mia più grande passione dopo la scrittura. Così, ho reperito quanto più materiale possibile, ho spulciato il suo sito fi no a tarda notte e ascoltato le sue interviste in modo da instaurare una sorta di dialogo, caposaldo della mostra. Ho voluto raccontare William Kentridge a tutto tondo per quanto possibile, senza soffermarmi sulla parte politica dell’artista, ma sottolineando la vena fi loso fi ca della sua arte. Ho inserito anche citazioni di Bauman, di Wagner, di Shakespeare e di Bernardi per descrivere appieno la natura transmediale delle opere e in modo da formare una rete di connessioni attraverso un approccio interdisciplinare. Non conoscevo l’artista prima di oggi e fi n da subito mi ha colpito la sua fi gura molto semplice e ordinaria, caratterizzata da un vestiario classico e spesso simile: pantalone nero e camicia bianca, un uomo che anche nell’aspetto sembra rappresentare la sua arte . Ho preso quest’esercizio molto seriamente, cercando di affrontarlo proprio come un lavoro - seppur con alcune dif fi coltà iniziali, - e ho cercato di dare un taglio personale alla mostra in modo da non presentare qualcosa di “già visto”. È stato bello lavorare con un artista dall’innata capacità di guardare attraverso le cose di tutti i giorni, verso un altrove immaginario, e rappresentarle in modo extra-ordinario. Veronic a
  • 18. Fonti: https://www.kentridge.studio https://www.artribune.com (Documentario dedicato all’artista) https://www. fi nestresullarte.info https://www.liarumma.it (Sezione dedicata all’artista) https://www.raicultura.it/ (Documentario dedicato all’artista) https://artatatimelikethis.com/william-kentridge https://www.artnews.com/art-in-america/interviews/the-pages-of-a-mind-interview-with-william-kentridge-56316/ https://whitenoisegallery.it https://www.treccani.it