1. [Salone del libro 2016]
MAGAZINE LETTERARIO | READERSBENCH.COM
Primavera
2016
2. Colophon
/kɒləˌfɒn,-fən/
sostantivo
Direttore editoriale: Clara Raimondi
Vicedirettore: Diego Rosato
Progetto Grafico e Impaginazione: Valeria Mosca
Ufficio Stampa: Martina Nasato
ufficiostampa@readers-bench.com
Cover Artist: Emiliano Mammucari
Redazione//
Martina Rosella
Nicoletta Tul
Simone Di Biasio
Lucia Piemontesi
Francesca Cerutti
Daniele Campanari
Jessica Marchionne
Claudio Turetta
Si ringraziano:
Claudio Volpe
Dacia Maraini
Luciano Funetta
Emiliano Mammucari
Note Legali//
Reader’s Bench è una rivista culturale senza scopo
dilucro, pertanto non rappresenta una testa
giornalistica in quanto i contenuti vengono aggiornati
senza alcuna periodicità. Non può pertanto
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge
n.62 del 07/03/2001.Reader’s Bench is licensed under
a Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale
- Non opere derivate. 3.0 Unported License
3. 05]Editoriale
Salone Internazionale
del Libro - 2016
16]Reader’s Kitchen
12]Leggere Film
18]Recensione
Zero Calcare
Quei viaggi che fai perché…
(a cura di Diego Rosato)
30]Speciale di Diego Rosato
Neutrini, materia oscura e altre cose strane.
24]Intervista a Luciano Funetta
(a cura di Lucia Piemontesi)
26]Recensione Franco Fontana
(a cura di Claudio Turetta)
14]Intervista
Volpe/Dacia Maraini
22]Young writersIntervista a Michela Bennici
32]L’Articolo A day With Immaginarium
34]L’Articolo Isis, ragazzi in cerca d’amore
37]Attualità Cerchiamo fondi, troviamo un Festival
41]Poesia “At-tensione” alla poesia (di Pacioni),
è un passaggio no-look.
44]Little Readers recensioni per i più piccoli
28]Fumetteria Seraph to the end
Sommario
/som·mà·rio/
sostantivo
In copertina:
10]Novità in LIBRERIA
06]Cover
Artist
di Maggio
20]Reader’s on tour
Salone Internazionale Del Libro di Torino 2016
4. STAY PULP WEIRD ZINE: il blog delle “cose” strane.
Bizzarro, kitsch, weird, creepy, vintage,
street-art, design, natura,
musica, POP kulture e molto altro!
5. 5
Editoriale
[e-di-to-rià-le]
sost., s.
Un’altra edizione del Salone del
Libro di Torino si è conclusa ed
è tempo di bilanci. Un’edizione
che, in base ai dati che sono stati
raccolti, ha registrato un crescita
significativa almeno a giudicare il
numero dei biglietti venduti. Un
altro successo o una scommessa
già vinta?
Il fatto è che, mentre il numero
degli ingressi è aumentato, lo
spazio espositivo si è ridotto
drasticamente.
Il numero degli editori si è
assottigliato e questo ha lasciato
spazio ad installazioni (il coniglio
rosa docet) e spazi per i lettori
improvvisati alla meglio.
La crisi, si sa, ha mostrato il suo
lato peggiore proprio nei confronti
delle case editrici, sono tante le
realtà che anno dopo anno hanno
chiuso e hanno lasciato un posto
vuoto nell’allestimento del Salone.
Una grave, gravissima perdita
soprattutto se si pensa a quel
numero di editori presenti che
senza distribuzione, senza ISBN
per i loro volumi e con un catalogo
alquanto discutibile, presiedono
senza sosta all’evento editoriale
più importante del panorama
italiano.
E pensare alle tante piccole realtà
di qualità che hanno ceduto il
passo rimane, tuttora, un grande,
grandissimo mistero sul quale
continueremo ad indagare.
Resta il fatto inoltre che lo spazio
vuoto ha dato vita agli spazi che
per tanto, troppo tempo noi
Readers abbiamo desiderato.
Sono nati così spazi per il relax
rubati e non realmente previsti
dall’organizzazione e che sono
stati riempiti alla meno peggio.
Ma quanto dovremmo aspettare
affinché il Salone diventi,
finalmente, a misura di Reader?
Un Salone senza biglietto di
ingresso in cui solo noi lettori e
libri siano i veri protagonisti?
Nell’attesa di un piccolo,
grande miracolo da parte degli
organizzatori va fatto però un
plauso agli eventi, allo stand de Il
libraio.it.
Il sito di informazione online,
cine le sue #lettureindimenticabili
ha dato vita ad una spazio vivo,
pensato veramente a misura di
Reader!
Aspettando l’edizione 2017, vi
do appuntamento al prossimo
numero di Reader’s Bench
Magazine.
E voi come vorreste il Salone del
libro di Torino?
Salone
INTERNAZIONALE
del
libro2016
Io sono Clara Raimondi,
Direttore editoriale
di Reader’s Bench Magazine.
Facebook, Twitter, Linkedin
www.rb-media.it
clararaimondi@readers-bench.com
6. 6
Maggio
Dopo il numero (ottobre)
dedicato interamente a Lucca
Comics, e dopo l’ultima edizione
de Il Salone del Libro torna
un nuovo numero di Reader’s
Bench Magazine e, a ben vedere,
il filo rosso che unisce questi due
numeri non si è mai, veramente
interrotto.
A dimostrazione di ciò abbiamo
la fortuna di vedere accomodato
sulla nostra panchina Emiliano
Mammucari: illustratore,
disegnatore e sceneggiatore che,
insieme a Roberto Recchioni, ha
completamente rivoluzionato il
fumetto italiano.
In questa intervista vogliamo
conoscere meglio Emiliano,
il suo lavoro e soprattutto
proporre una delle firme più
illustri, in questo momento, nel
panorama italiano.
D i m e n t i c a v a m o :
Emiliano Mammucari
è anche il cover artist di
questo numero!
Autoproduzioni, produzioni
indipendenti, ed oggi tanti
progetti importanti tra i quali
spiccano sicuramente Orfani
e John Doe, qual è stato il
tuo percorso dagli esordi
fino ad oggi? Ti senti uno
degli innovatori del fumetto
italiano?
Non saprei dirti se sono un
innovatore o meno. Sicuramente
è il fumetto che si sta rinnovando
e io ho la fortuna di contribuire a
questo fermento con le mie idee.
Il mio è un percorso bizzarro:
[ Intervista
a Emiliano
Mammucari]
Il fumetto italiano h
7. 7
non mi sono mai sentito
disegnatore nel senso più stretto
del termine, ma un “fumettaro”
(per usare un termine caro a
Hugo Pratt). Se questo vuol
dire sconfinare In ambiti poco
usuali, tanto meglio.
Tu e Roberto state
portando Bonelli a dei livelli
inimmaginabili fino a poco
tempo fa. Ti sei mai preso
del tempo per pensare a
quello che in brevissimo
tempo siete riusciti a creare
o la frenesia degli impegni
e dei progetti in cui siete
impegnati, ti ha tolto questa
possibilità?
Il tempo che passa mi mette
angoscia.Difficilmente riguardo
i vecchi lavori, li trovo sempre
imperfetti. E poi sono molto
concentrato sul presente: penso
di aver realizzato un decimo di
quello che ho in testa e vorrei
concretizzare il resto il prima
possibile.
Di cosa ha bisogno secondo
te oggi il fumetto italiano?
Secondo te i progetti
innovativi che hai seguito
hanno colmato quel gap e
restituito al fumetto italiano
il posto che meritava?
Il fumetto italiano ha bisogno
di consapevolezza. Abbiamo da
sempre un vizio di forma che ci
fa sentire inferiori, di secondo
piano.
Siamo uno dei più importanti
mercati del mondo, per fatturato
e per creatività. In termini di
numeri siamo una superpotenza
ma continuiamo a sentirci i figli
venuti male. Del cinema, della
letteratura, dell’arte, delle altre
scuole straniere.
Le cose stanno cambiando, a
dire il vero, negli ultimi anni. Gli
altri media hanno tutta un’altra
considerazione del fumetto
da quando si sono resi conto
di… quanti soldi circolano nel
settore.
È una questione di mentalità,
per anni ci siamo vergognati,
stupidamente, anche di
pronunciare la parola
“industria”.
Fumetto italiano/ fumetto
americano chi sono i tuoi
punti di riferimento, da chi
ti sei fatto ispirare e cosa,
in generale, del fare fumetto
non ti piace?
Ultimamente studio tanto il
manga: è una forma di racconto
agile ed energica. Mi sento parte
integrante della tradizione, tutta
italiana, del fumetto d’avventura.
Quella, per intenderci, che va da
D’Antonio a Tacconi a Micheluzzi
a Battaglia. Ma mi sforzo sempre
di considerare il fumetto un
linguaggio, non una forma di
racconto codificata. Puoi, anzi,
devi, raccontarci quello che vuoi,
nei modi che vuoi.
Orfani, che cosa non ti hanno
ancora chiesto e che cosa
vorresti dire e che non hai
mai avuto modo di rivelare su
questo capolavoro?
Uno degli aspetti che forse sono
venuti meno in luce riguarda il
concetto stesso di Orfano. Il
sentirsi senza quartiere, senza
famiglia, senza le spalle coperte
da qualcuno. È come ci sentivamo
noi quando abbiamo pensato a
questa storia, ed è, penso, il sentire
comune di chi vive un presente
così incerto come il nostro.
Arriva, inevitabile, anche la
domanda sui progetti che stai
seguendo in questo momento
ma ci piacerebbe sapere
anche dei progetti del futuro.
Su che cosa sarò impegnato
Mammucari nei prossimi mesi?
Sto scrivendo una nuova serie, si
chiamerà Nero, ed è la storia di
un guerriero arabo nel periodo
delle crociate, che si trova a vivere
ha bisogno di consapevolezza
8. 8
l’invasione della propria terra. Poi
sto scrivendo una run di Orfani, e,
come disegnatore, sto illustrando
una storia, in formato francese,
scritta da Tiziano Sclavi.
Insomma sono piuttosto sotto
pressione ma è un momento
entusiasmante della mia vita
professionale.
Illustratore, disegnatore e
adesso sceneggiatore, come
ti senti in questa nuova veste
e come è lavorare fianco a
fianco con uno scrittore come
Recchioni?
Abbiamo un background simile
ma punti di vista completamente
differenti. Probabilmente è questa
la nostra forza.
Da Reader a Reader: che cosa
stai leggendo e, soprattutto,
che cosa ci consiglieresti di
leggere in questo periodo?
Sono in una fase di estrema
fascinazione per il mondo del
vicino oriente, per cui non posso
che consigliare qualche romanzo
di Orhan Pamuk. “Il mio nome è
rosso”, ad esempio. Il protagonista
si chiama Nero, come l’eroe della
mia serie.
EMILIANO MAMMUCCARI
Nato a Velletri (in provincia di
Roma) il 21 aprile 1975, inizia a
fare fumetti nel 1998, esordendo con un graphic novel dal titolo
“Povero Pinocchio”, edito da Montego. In seguito, tra le altre cose,
ha realizzato il primo numero di “John Doe” (Eura editoriale),
per poi passare alla scuderia di Napoleone e, successivamente,
a quella di Jan Dix. Realizza tutte le copertine della mini-serie
Caravan (2009), di cui disegna anche un intero albo, pubblicato
nel 2010. Nell’ottobre del 2013, porta in edicola, per Sergio Bonelli
Editore, la prima serie mensile a colori della Casa editrice, Orfani
(creata con lo sceneggiatore Roberto Recchioni). (Dal sito di
Bonelli Editore)
[zulapazu.blogspot.com ]
(servizio a cura di Clara Raimondi)
9.
10. 10
Novità
[il nuovo che avanza]
v.
In libreria alla scoperta delle
proposte più interessanti
degli autori italiani. Tanti
suggerimenti per i vostri acquisti
in libreria, prendere nota!
L’amore a due passi di
Catena Fiorello, Giunti,
304 pagg, 13 euro
Da anni Orlando Giglio, il temuto
“Gendarme” del condominio di
via Mancini numero 8, studia le
abitudinidellasuadolceossessione,
Marilena Moretti, nota in gioventù
come “la Brigantessa”. La segue
nell’esiguo tragitto tra l’ascensore
e il portone del palazzo, la osserva
mentre sale le scale e chiacchiera
con i vicini di casa, aspettando
che arrivi il suo momento. Sono
entrambi vedovi, entrambi sulla
soglia dei settant’anni, entrambi
abbandonati dai propri figli
durante una delle estati più torride
di tutti i tempi... Dovranno
scattare due allarmi in piena notte
e sbiadire i fantasmi del passato
e del presente, perché Marilena
accetti l’invito di Orlando a partire
per un’avventurosa vacanza alla
conquista del Salento. Ma cosa
potrà offrire la punta estrema della
Puglia a “due vecchie carampane”
come loro? Riusciranno a superare
incolumi la notte della Taranta,
punti dall’entusiasmo di una
giovinezza ritrovata?
Le mele di Kafka di
Andrea Vitali, Garzanti,
213 pagg, 14 euro
Abramo Ferrascini, quello
del ferramenta di Bellano, è
un giocatore di bocce. Come
individuale non va bene, ma
boccia come dio comanda e in
coppia con un buon accostatore
diventa imbattibile. È stato tirato
su a puntino dal gestore del
Circolo dei Lavoratori, Mario
Stimolo, allenatore per passione
e perché tre anni fa, nel 1955, ha
perso il braccio destro sotto una
pressa e perciò di giocare non se
n’è più parlato. Ora il Ferrascini ha
tutte le carte in regola per vincere
le semifinali del Campionato
provinciale in programma a
Cermenate domenica prossima.
Ma c’è un intoppo. Suo cognato,
l’Eraldo, quello che vive a
Lucerna, sta male. Quarantotto
ore gli hanno dato i medici di
là, svizzeri, precisi. E adesso
la moglie di Abramo, Rosalba,
vuole a tutti i costi raggiungere
la sorella, ma soprattutto dare
all’Eraldo un ultimo saluto, magari
11. 11
un ultimo bacio. Ma ce la faranno
ad andare e a tornare in tempo
per le semifinali? Dipende. Se
l’Eraldo muore entro martedì,
mercoledì al massimo, si può
fare. Bon, via allora. Un’occhiata
al 1100, olio freni gomme; carta
d’identità rinnovata all’ultimo
minuto; prima tappa il passo del
San Bernardino, poi giù dritti fino
a Lucerna: basta seguire i cartelli,
anche se sono in tedesco, perché
il nome di quella città lì si capisce
lo stesso. Ispirato da un aneddoto
legato a un soggiorno a Lucerna
del grande scrittore praghese, Le
mele di Kafka mette in scena il
meglio dei personaggi di Andrea
Vitali. La loro voglia di vita, le loro
piccinerie e le loro grandi passioni
giostrano sulla partitura di una
storia che in fondo ci vuole dire
che la letteratura e i libri, nella
vita, contano molto, a volte più di
quanto vorremmo
Il Cacciatore celeste di
Roberto Calasso, Adelphi,
507 pagg, 23 euro
Ci fu un’epoca in cui, se si
incontravano altri esseri, non si sapeva
con certezza se erano animali o dèi
o signori di una specie o demoni o
antenati. O semplicemente uomini.
Un giorno, che durò molte migliaia di
anni, Homo fece qualcosa che nessun
altro ancora aveva tentato. Cominciò
a imitare quegli stessi animali che
lo perseguitavano: i predatori. E
diventò cacciatore. Fu un processo
lungo, sconvolgente e rapinoso, che
lasciò tracce e cicatrici nei riti e nei
miti, oltre che nei comportamenti,
mescolandosi con qualcosa che nella
Grecia antica fu chiamato “il divino”,
tò theîon, diverso ma presupposto
dal sacro e dal santo e precedente
perfino agli dèi. Numerose culture,
distanti nello spazio e nel tempo,
associarono alcune di queste vicende,
drammatiche ed erotiche, a una certa
zona del cielo, fra Sirio e Orione: il
luogo del Cacciatore Celeste. Le sue
storie sono intrecciate in questo libro
e si diramano in molteplici direzioni,
dal Paleolitico alla macchina di Turing,
passando attraverso la Grecia antica e
l’Egitto ed esplorando le connessioni
latenti all’interno di uno stesso, non
circoscrivibile territorio: la mente.
La vacanza dei superstiti (e
la chiamano vecchiaia) di
Franca Valeri, Einaudi, 118
pagg, 14 euro
“La vacanza dei superstiti” è un testo
vivo, cangiante, capace di gettare
luce dentro ognuno di noi, perché è
scritto da chi - dopo aver vissuto con
furia, allegria e coerenza un secolo,
accumulando esperienze e idee - si è
guadagnato un privilegio raro: una
libertà radicale, di pensiero e di parola.
“A distanza, vediamo ogni cosa risolta.
Siamo in una comoda poltrona a
chiacchierare. Non so se essere grata
al destino di avermi riservato una fin
de partie così”. Seduta idealmente (ma
solo idealmente) su quella poltrona,
lo sguardo pronto a spostarsi in un
istante dal passato al futuro, Franca
Valeri dà avvio al suo racconto. Una
divagazione sulla vecchiaia (la sua
e quella di tutti) infarcita di storie,
aneddoti, sentenze spiazzanti, pensieri
bellissimi. Poco più di cento pagine in
cui si condensano tutta l’intelligenza
e l’ironia sedimentate negli anni e
visibili a occhio nudo come i cerchi
degli alberi. Pescando qua e là: “Il
fatto è che per rimpiangere la felicità
ce ne vorrebbe dell’altra”. “L’ansia è
una malattia incurabile. Può sfociare
nel mostruoso (credo che Hitler
ne soffrisse) o limitarsi a riempire
di rughe una signora”. “Io vorrei
ricordare l’ultima volta che ho fatto
l’amore. La prima sì, la ricordo, ma non
ha importanza”. O ancora: “Come
dirglielo, a quel ragazzo ventenne,
che ci è bastato essere molto sicuri
delle nostre idee per entrare in quelle
degli altri?” A poco a poco, veniamo
catturati e scossi...
12. 12
Per le uscite al cinema di questa
primavera, i libri c’hanno di nuovo
messo lo zampino. Il mese è iniziato
con Robinson Crusoe, film di
animazione ispirato al grande classico di
Daniel Defoe.
La storia è raccontata da Venerdì che
‘stavolta però sarà un pappagallo. Il
12 maggio, con La sposa bambina,
una storia delicata e contemporanea
ridà luce alla verità del romanzo I am
Nujood, age 10 and divorced di Nojoud
Ali e Delphine Minoui .
Dal 25 torna invece Alice, con Alice
attraverso lo specchio, sequel di Alice in
Wonderland: nuovo capitolo ispirato al
romando Attraverso lo specchio e quel
che Alice vi trovò di Lewis Carroll.
Il 26 maggio con Julieta, Almodovar
riprende a parlare di donne ricalcando
alcuni capitoli di In Fuga, la raccolta
di racconti del premio Nobel Alice
Munro.
[ Leggere
Film]
Il Libro:
Le avventure di Robinson Crusoe
Daniel Defoe
Einaudi 1998
ET Classici
pp. 707
€ 13,50
Il Film:
Robinson Crusoe
regia di Vincent Kesteloot, Ben
Stassen
genere: animazione
13. 13
Il Libro:
I am Nujood, Age 10 and Divorced
Nojoud Ali e Delphine Minoui
Crown Archetype (Three Rivers
Press, 2009)
lingua inglese
$7.31
Il Film:
La sposa bambina
titolo originale: I am Nujood, Age
10 and Divorced
regia di Khadija Al-Salami. Con
Reham Mohammed
genere: Drammatico
Il Libro:
Alice attraverso lo specchio
Lewis Carroll
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (col-
lana Ragazzi)
€ 7,90
Il Film:
Alice attraverso lo specchio
titolo originale: Alice Through the
Looking Glass
regia di James Bobin
con Mia Wasikowska, Johnny
Depp, Helena Bonham Carter,
Anne Hathaway, Michael Sheen,
Alan Rickman, Sacha Baron Cohen
genere: avventura fantasy
produzione: Walt Disney Pictures
Il Libro:
In fuga
Alice Munro
Einaudi 2004 - Supercoralli
pp. 316
€ 18,00
Il Film:
Julieta
titolo originale: Silencio
regia di Pedro Almodovar
genere: drammatico
14. 14
Intervista
[in-ter-vì-sta]
s.f.
Che si tratti dei profughi in fuga dall’Africa o di uomini, donne e bambini
scappati dal Medio Oriente, ciò che resta a chi fugge e a chi accoglie è
un profondo senso di smarrimento e di dolore.
Al di là di ogni ipocrisia, accogliere lo straniero, colui che è altro da noi e
dalla nostra cultura, non è mai facile; anzi è difficilissimo. Ma allo stesso
modo, terribilmente difficile è fuggire dalla propria terra abbandonando
tutto, beni, madri, padri, figli, compagni per gettarsi nella disperata
salvezza da guerra e disperazione. In questo libro, piccolo ma prezioso,
alcuni dei più rappresentativi narratori italiani hanno deciso di schierarsi
apertamente a favore di una società aperta all’accoglienza e al rispetto
e hanno deciso di farlo con lo strumento che gli è proprio: la scrittura.
Ne è venuta fuori una raccolta di racconti che ha la pretesa di restituire
allo scrittore il suo compito primigenio: dare voce a chi voce non può
avere e costruire, mediante lo
strumento salvifico che solo le
parole possono rappresentare, un
percorso di riflessione, dialogo e
speranza. Un mondo in cui ogni
storia, anche la più tragica, possa
poi trovare un lieto fine.
È forse questa la prima volta
che in modo sistematico alcuni
narratori italiani decidono di
avviare un progetto letterario
collettivo con l’obiettivo preciso
di dichiarare guerra a tutti coloro
che ad ogni livello si adoperano
quotidianamente per rendere
l’Italia un paese impaurito e non
ospitale.
Un libro, dunque, che è solo lo
spunto per sollevare un dibattito a
livello nazionale grazie all’impegno
di scrittori che vogliono tornare a
essereoperaidellascritturaallaluce
della consapevolezza che è solo la
nostra capacità di solidarizzare col
prossimo a renderci umani.
VOLPE:Ilprocessodimutamento
degli equilibri internazionali e
il flusso migratorio sono ormai
inevitabili e tentare di evitarli e
respingerli è
palesemente inutile. Come
pensa che si possa guidare tale
cambiamento per giungere a una
vera integrazione?
MARAINI: Alzaremuriestendere
rotoli di fili spinati è una strategia
stupida. I grandi movimenti di
popoli non si possono fermare. E
noi dovremmo saperlo meglio di
altri, noi che siamo un popolo di
emigranti: basti pensare a quei 20
milioni che sono espatriati solo nel
900. UN intero paese che è andato
all’estero e perché scappava dalla
fame e dalla disoccupazione. La
storia ce lo racconta in tutti i modi.
15. 15
Sotto un altro cielo
La sola cosa da fare è creare
strategia intelligenti, in accordo
con altri paesi, fare progetti
comuni,
pensarealfuturoeaunaintelligente
politica a lungo termine.
VOLPE: La tendenza odierna
nei confronti dell’immigrazione
è mostruosa e si manifesta
attraverso la volontà di respingere
mediante la costruzione di muri
(si veda il caso austriaco), tutta
quell’umanità disperata che cerca
salvezza e accoglienza in Europa.
Un muro.
Dovevo ancora nascere quando
a Berlino veniva abbattuto il
muro della vergogna, grazie alla
consapevolezza che dividere gli
esseri umani è azione inumana
e meschina. Ora ho venticinque
anni e quel muro che ho avuto
la fortuna di vedere solo sotto
forma di resti di un passato da
dimenticare, torna ad essere eretto.
Ancora una volta domina l’idea
che gli uomini non siano tutti
uguali, che essere profughi e
immigrati voglia dire appartenere a
una sottospecie del genere umano
che va temuta, respinta, aborrita. I
muri che oggi tornano a separare
carne umana da carne umana
hanno il sapore di dieci, cento,
mille ferite infette e brucianti,
profonde come solchi in una terra
arida, spaccature nella dignità del
nostro tempo.
Io, da parte mia, non conosco
muri atti a dividere. Io non
li riconosco; per me sono
illegittimi, immateriali, inesistenti.
Io rivendico il mio diritto alla
disobbedienza verso qualunque
misura di matrice razzista o
xenofoba. Gli unici muri che
riconosco sono quelli che segnano
i confini del mondo. Peccato solo
che il mondo di confini non ne
ha. Questo fenomeno migratorio
e di cambiamento politico sociale
dell’Europa non potrà essere
fermato ma solo guidato. E qui
si giocherà la sopravvivenza
dell’Europa stessa e l’umanità di
noi europei.
Che contributo può dare
la letteratura alla causa
dell’accoglienzaedell’integrazione?
MARAINI: La letteratura aiuta
a creare consapevolezza. I libri
non possono cambiare il mondo,
ma possono aiutare a cambiare le
persone.
VOLPE: Le storie ci educano
ai sentimenti, all’amore, alla
comprensione, alla sensibilità. La
letteraturapuò aiutarci a sviluppare
in noi stessi l’empatia verso il
prossimo, quell’arma immensa
contro ogni forma di razzismo.
Come arginare i pregiudizi e la
paura che molte persone nutrono
nei confronti degli immigrati?
MARAINI: La paura dei diversi
è profonda e istintiva. E’ la paura
di perdere la propria identità.
Sopratutto ne soffrono coloro che
sono insicuri della propria identità.
Ma la storia del mondo è fatta di
continui contatti e mescolamenti
con altri popoli. Certo, l’aspetto
di invasione inesauribile che
ha preso questo esodo dà
qualche preoccupazione anche
ai più accoglienti: come nutrirli,
proteggerli, dare loro una casa? E’
qui che ci vuole intelligenza, fare
rete e mettere insieme le proprie
capacità creative.
Progettare e guidare, mai farsi
schiacciare dalle novità che fanno
paura. Non vedo altre alternative.
VOLPE: Imparando a conoscere
l’altro nella sua vera identità senza
volerlo ridurre a noi stessi. Non
posso accogliere l’altro solo se si
comporta come me, se è uguale
a me o si piega ai miei costumi.
Devo accogliere l’altro per quello
che l’altro è, per quello che nella
sua diversità può offrire alla mia
crescita umana. I pregiudizi sono
letteralmente “giudici dati prima”.
Prima di cosa? Prima di conoscere.
Allora usiamo cervello e cuore per
conoscere il mondo e impariamo
ad amare.
16. 16
KITCHEN
[cu-ci-nà-re]
v.
I libri in cucina sono tornati!
L’appuntamento per noi Readers
è in libreria e poi, subito, in
cucina per realizzare le ricette
migliori e portare in tavola la
nostra passione. Soddisfare la
nostra voglia di letture golose e di
ricette in cucina, non è mai stato
così facile!
Sono sempre cinque i titoli che in
ogni numero di Reader’s Kitchen
vi proponiamo, cinque scelte per
soddisfare ogni esigenza.
Ricettari, manuali dei cuochi più
famosi della tv ma anche libri
di approfondimento su salute e
alimentazione e un outsider che,
siamo sicuri, non vi deluderà.
Iniziamo la nostra carrellata
con Il piatto forte è l’emozione:
50 ricette dal al nord al sud di
Antonino Cannavacciuolo,
Einaudi, 220 pagg, 16 euro.
Il cuoco più famoso della
tv italiana ha sbaragliato la
concorrenza, è lui il nostro
Ramsey, è lui il portabandiera
della buona cucina italiana
nel mondo e per ricordarcelo
arriva in libreria niente di
meno che con Einaudi dopo
la presentazione, abbastanza
chiacchierata, al Salone del
Libro di Torino. Cinquanta
ricette per riscoprire la
passione per la cucina, i buoni
ingredienti e rispolverare la
vecchia e cara tradizione.
Sonia Peronaci dopo aver
abbandonato Giallo Zafferano,
ha aperto un blog seguitissimo
(https://www.soniaperonaci.it/)
che è un racconto quotidiano delle
ricette che personalmente realizza
e sperimenta nella sua cucina.
Trucchi e consigli di una vera
esperta in cucina che ritroviamo
identici ne “La mia cucina”, la
sua ultima fatica, in libreria per
Rizzoli (18,70 euro). Una raccolta
di ricette che raccontano il suo
nuovo percorso professionale che
mette in risalto le sue capacità.
così come accade tutte le mattine
nel programma televisivo la vede
protagonista su Rete4.
17. 17
Non c’è stagione che non venga
inaugurata da un nuovo libro
di Marco Bianchi, adesso in
libreria con Noi ci vogliamo
bene. Gravidanza, allattamento,
svezzamento: emozioni, scienza
ericettepermamma,papàebebè
(Mondadori, 198 pagg, 15 euro).
Il ricercatore/cuoco/divulgatore
è diventato papà e la salute
in cucina è diventata formato
famiglia. Con questo nuovo libro
scopriremo come prenderci cura
della nostra salute con il cibo in
un momento delicatissimo nella
vita di tutta famiglia: la nascita
di un bambino.
Smartfood (Rizzoli, 359 pagg, 14
euro) di Eliana Liotta non è un
libro come gli altri nasce, infatti,
da un progetto in collaborazione
dell’Istituto Europeo di
Oncologia e ha l’obiettivo di farci
scoprire i 30 cibi che non devono
mai mancare sulla nostra tavola:
veri e propri super alimenti
che ci aiutino nel combattere e
prevenire le malattie.
Caffè amaro (Feltrinelli, 320 pagg,
15 euro) è l’ultimo, grande romanzo
di Simonetta Agnello Hornby che in
cucina trova terreno fertile per le sue
storie. La scrittrice anglo siciliana
ci porterà alla scoperta della storia
di Anna Marra, tra le pieghe della
sua storia personale e familiare.
Una storia tutta da gustare come
si farebbe davanti a un buon caffè.
Attenzione, però al retrogusto!
18. 18
Ogni tanto sui media si sente
parlare di ISIS, ma alla fin fine si
ha sempre l’impressione che sia
qualcosa di lontano, di intangibile.
Certo, ci mettiamo tutti davanti
alla TV, quando sentiamo di
un attentato in Europa, siamo
tutti “Charlie” o “Paris”, alle
volte perfino per una settimana
intera, ma poi torniamo alle
nostre vite. Sembra quella
scena del vecchio film “Meo
Patacca” (tratto dall’omonima
opera di Giuseppe Berneri) in
cui il protagonista, parlando
dei Turchi che assedianoVienna
dice “E quando ci arrivano a
Roma? Quelli so’ Ottomani, mica
Ottopiedi!”E invece no. Perché
se “villaggio globale” vuol dire
solo vedere come sta Megane
Gale in Australiaa quarant’anni
o cosa fanno i gattini sparsi per il
mondo, grazie tante, ma mi tengo
i miei libri.Certo, quelli come
me che si lamentano in poltrona
sono appena una spanna sopra e
non salveranno certo il mondo.
Per fortuna ci sono alcuni che,
magari non salveranno il mondo
comunque, ma almeno fanno
qualcosa, come i ragazzi della
staffetta romana per Kobane e
per le altre zone diguerra contro
Daesh.Potrei raccontarvi di cosa
fanno questi ragazzi e perché,
ma c’è chi può farlo meglio di
me,innanzitutto perché si
è alzato dalla poltrona ed
è andato e poi perché è
Zerocalcare ed è sicuramente
moltopiùbravodimearaccontare
Quei viaggi che fai perché…
Recensione
[re·cen·sió·ne/]
a cura di Diego Rosato
19. 19
storie,dallitigioperunparcheggio
a una guerra,come nel volume
recentemente edito dalla Bao
Publishing, Kobane Calling.Se
siete abituati a leggere le opere del
fumettista di Rebibbia, potreste
fare fatica a immaginarvelo come
un corrispondente di guerra o
chiedervi se questo suo nuovo
libro abbia una taglio diverso da
ciò a cui ci ha abituato. Beh, voglio
rassicurarvi: in questo volume
Zerocalcare riesce a raccontare a
storia dei suoi viaggi in quelle terre
di guerra e speranza senza perdere
la sua ironia e la sua abituale
paranoia.Certo, non mancano
passi...pardon,tavoleincuil’autore
lascia meno spazio alla leggerezza,
ma crescere significa anche saper
gestiremomenticomequestie,per
quanto probabilmente odierebbe
sentirselo dire, Zerocalcare è
cresciuto non poco, ormai.Nel
momento in cui scrivo questo
articolo, sono ancora disponibili
alcune delle 5000 copie
numerate con copertina variant
in vendita in esclusiva nelle librerie
“La Feltrinelli”, in cui ilMammut
di Rebibbia reclama il suo autore,
qualora vi piacessero le chicche
da collezione, ma anche qualora
preferiste un’edizione standard,
sappiate che l’autore devolverà
parte dei suoi guadagni a varie
iniziative di solidarietà verso il
popolo curdo.
20. 20
Reader’s on Tour
Ci sono un lettore, una carta di
credito e qualche migliaio di libri…
Ebbene sì, in passato sono stato
abbastanza critico sul Salone del Libro di
Torino e non sento il bisogno di ritrattare
nulla di ciò che ho detto. Ciò nondimeno,
devo ammettere che su un lettore incallito,
compratore compulsivo e maniaco dei libri,
lo spettacolo di quei miliardi di pagine
tutte insieme causa una sorta di scompenso
ormonale, una sorta di mutazione. Avete
presente “The Walking Dead”? Beh, io
invece di altri esseri umani vado a caccia
di libri e invece di mordere,striscio la carta
di credito.
Quest’anno non sono andato a Torino,
con gran sollievo del mio conto in banca,
ma così, tanto per parlare, proviamo a
immaginare cosa sarebbe accaduto, se mi
fossi aggirato tra gli stand con un carrello
della spesa... no, scusate, Clara mi stava
dicendo che l’articolo deve entrare in un
paio di pagine, quindi cercherò di non
andare oltre la decina di titoli. E, dato
che dovrò limitarmi, punterò su ciò che di
meno scontato mi passa davanti agli occhi.
Per cominciare, avrei dato una
bella occhiata a “Il taccuino
perduto.
Un’inchiesta di Monsieur
Proust”, di Pierre-Yves Leprince:
immaginate che un famoso
scrittoresmarriscailsuoprezioso
taccuino e che un ragazzino lo
aiuti a recuperarlo. Se l’autore
se l’è giocata bene, può essere
uscita fuori una gran bella storia.
Pagine 372 - Prezzo€ 22,00 -
Uscita03/05/2016.
Come secondo volume, avrei
puntato il fresco di stampa
“Anime di seconda mano”, di
Christopher Moore. Ricordate
quando qualche tempo fa
vi ho parlato di “Un lavoro
sporco”? Beh, il buon vecchio
Chris ha scritto un seguito e
finalmente è sbarcato in Italia!
Pagine 313 Prezzo€ 17,50 -
Uscita28/04/2016.
Avrei potuto resistere un po’,
ma sappiamo bene tutti che alla
fine avrei avvertito il tremito
nellaForza e sarei finito allo
stand della Multiplayer edizioni
e avrei acquistato l’ultimo titolo
della saga di Star Wars, “Star
Wars: Lost Stars”, di Claudia
Gray, una sorta di Romeo e
Giulietta dellaGalassia lontana
lontana, con Alleanza Ribelle e
Impero al posto di Montecchi e
Capuleti. Pagine 348 Prezzo
€ 19,90 -Uscita 28/04/2016.
Allo stand della Bao Publishing
avrei dovuto fare la prima
dolorosa scelta. Da una parte
mi sarei buttato volentieri sulla
raccolta “John Doe - Volume
1”, ma poi penso che avrei
optato per qualcosa di un po’
più particolare, “Ei8ht - Volume
1” di Rafael Albuquerque, una
storia complicata che si muove
su tre diversi piani temporali
e cui farà seguito l’anno
prossimo un nuovo volume
indipendente.
Pagine 128 Prezzo€ 14,00
Uscita 05/05/2016.
Non avrei risparmiato una
visita allo stand della Newton-
Compton, per vedere se era
uscito l’ultimo capitolo della
saga del “Codice Millenarius”,
“L’abbazia dei cento inganni” di
MarcelloSimoni,perscoprireche
sarebbe uscito solo il 23 Giugno
(e già l’autore ha annunciato un
nuovo progetto con protagonista
un inquisitore), allora avrei dato
uno sguardo in giro e avrei
scelto “C’era una volta la mafia”
21. 21
di Mike Dash, la storia del
boss mafioso italo-americano
Giuseppe “Artiglio”Morello.
Pagine 336 Prezzo €9,90 -
Uscita05/05/2016.
Passando davanti allo stand
della Marcos y Marcos, sarei
stato attratto dalla copertina di
“È ricca,la sposo e l’ammazzo”
di Jack Ritchie. Una raccolta
di grottesche storie noir.
Pagine 320 Prezzo€ 10,00-
Uscita28/04/2016.
A questo punto probabilmente
qualcuno di voi starà sperando
di averla scampata questa
volta:niente libri da secchione,
niente noiosi volumi di scienza.
E va bene, niente libri noiosi,
ma un bel libro di fisica ci sta
tutto. Non a caso una visitina
allo stand di Raffaello Cortina
Editore è d’obbligo e un titolo
come “I dadi di Einstein e il
gatto di Schrödinger” non può
non catturare la mia attenzione.
Immaginate che il mondo
come lo avete sempre
conosciuto sia riscritto da una
dirompente teoria scientifica,
nota come fisica quantistica.
Immaginate poi che due delle
menti più geniali dell’epoca non
sianodeltuttoconvintidiunodei
capisaldi di quella teoria. Questo
libro racconta la storia della più
affascinante diatriba scientifica
dellastoria.Pagine342Prezzo€
27,00 - Uscita02/05/2016.
Per la sezione fotografia, avrei
fatto un salto alla Contrasto
editore e scelto un’antologia di
fotografie dell’Italia scattata dai
grandi fotografi, “Henri Cartier-
Bresson e gli altri”, volume a
cura di Giovanna Calvenzi.
Pagine 288 Prezzo € 39,00 -
Uscita02/05/2016.
Per concludere la rassegna dei
libri, avrei pensato a “Lo strano
viaggio di un oggetto smarrito”
diSalvatore Basile, la storia un
bambino abbandonato dalla
madre e del suo perduto diario
d’infanzia,di un ritrovamento
e di una ricerca, di viaggi e di
attese. Pagine 250 Prezzo€
16,40- Uscita29/04/2016
Beh, ho detto che concludevo la
rassegna dei libri, ma dato che
al Salone del Libro ci sono tante
altre cose, come gli audiolibri,
posso aggiungere un altro paio
di titoli. No, io non sono un fan
del genere, però ho visto che
una casa editrice specializzata,
la “Emons Audiolibri”, di cui vi
avevamo già parlato, ha inserito
recentemente nel suo catalogo
un paio di romanzi che ho letto
ed apprezzato,“La vera storia
del pirata Long John Silver” di
Björn Larsson e “Limonov” di
Emmanuel Carrère.
La mia lista è già piena, anzi, a
dire il vero ho anche sforato, ma,
sapete com’è, mi piace esagerare.
Devo proprio smettere prima
che mi capitino davanti agli
occhi gli ultimi libri di Matteo
Salvini e Barbara D’Urso e il
sogno diventi incubo. Non mi
resta che augurarvi buona lettura
o... buon ascolto!
22. 22
Young Writers
[giovani - scrittori]
Quando il mercato editoriale si è
equiparato ad ogni altra tipologia
di mercato ed il prodotto libro
doveva essere venduto è diventato
necessario introdurre una nuova
figura professionale nel rapporto
tra autore ed editore.
Il rapporto di stima e di fiducia,
spesso di vera e propria adorazione
che legava l’uno con l’altro, si è
piegato alle esigenze di mercato ma
anche e soprattutto alla necessità
di tutelare il lavoro degli scrittori.
È nato così l’agente letterario che
ha il compito di trovare l’editore
interessato alla pubblicazione e,
una volta stabiliti i termini della
collaborazione, assicurarsi che
adempia a tutti i suoi doveri.
Una figura necessaria soprattutto
per chi, come voi, si affaccia sul
mondo editoriale e che, negli ultimi
anni, si occupa anche di editing,
ufficio stampa e promozione.
L’agenzia letteraria è diventata un
mondo di servizi per lo scrittore in
grado di sopperire alle mancanze
delle case editrici, ridimensionate
nelle possibilità dalla crisi che ha
colpito il settore.
Perfornirviunaiutoconcretocome
è sempre stato su Young Writers,
ospitiamo su questo numero di
Reader’s Bench Magazine, Michela
Bennici dell’agenzia letteraria
Bennici&Sirianni.
Uno scambio di chiacchiere
per capire meglio il lavoro di
un’agenzia letteraria e le possibilità
che concretamente vengono
offerte agli scrittori.
Michela, grazie per esserti
accomodata sulla panchina, per
prima cosa vorremo chiedere
chi è l’agente letterario oggi? E
perché un autore, soprattutto
uno alle prime armi, avrebbe
bisogno del suo aiuto?
Grazie per averci dato questo
spazio.! L’agente letterario è
una figura professionale che
accompagna l’autore in tutte
le fasi del ciclo editoriale, dalla
valutazione del manoscritto, alla
scelta della casa editrice adeguata,
passando per la gestione e la cura
del contratto. Un supporto che è
utile a tutti gli autori, più o meno
esperti: a un autore alle prime
armi l’agente letterario consiglia
l’iter più adeguato per arrivare
a pubblicazione, l’autore più
esperto avrà invece probabilmente
più necessità di supporto da un
punto di vista contrattuale. Inoltre
l’agente lavora per l’autore non
solo in Italia, ma anche all’estero,
proponendo la traduzione
dell’opera a case editrici straniere.
Quanto costa un agente
letterario? Trattiene parte delle
royalty?
L’agente letterario non chiede
compenso all’autore in una prima
fase, ma guadagna solo una
volta che l’opera viene portata a
pubblicazione trattenendo parte
delle royalties dell’autore. Come
dire, l’agente ha tutto l’interesse di
arrivare al risultato, dal momento
che guadagna tanto più guadagna
l’autore. Ed è questo un motivo
B come Agenzia Letteraria: Intervista a Mi
23. 23
per cui la collaborazione tra i due
è virtuosa.
L’agente letterario è molto più
di un consulente che si occupa
delle questioni pratiche,
tant’è che con il tempo sono
tanti e diversi i servizi che
vengono offerti: valutazione di
dattiloscritti inediti, editing,
ufficio stampa e molto altro,
come mai? Dove son finite le
case editrici?
Può essere vero, ma non credo
che sia la regola. La maggior
parte delle case editrici lavora
bene e offre i servizi che ci si
aspetta, dalla correzione bozze
all’impaginazione sino alla
promozione.
Realtà più piccole, che non si
possono permettere per motivi
economici di avere al loro interno
più figure professionali, si affidano
ad agenzie di servizi editoriali. Noi
offriamo entrambe le cose ma si
tratta di ambiti di lavoro distinti.
L’agente letterario diviene un
confidente, un consulente ma
soprattutto l’àncora di salvezza per
chi non si accontenta di una lettura
superficiale e di un semplice no da
parte di una casa editrice, Può un
agente letterario trovare la casa
editrice perfetta per ogni scrittore?
Certamente. Se l’opera è valida,
ogni autore può sperare di trovare
un editore adeguato che creda e
investa nel progetto. E come dici
giustamente tu, a ogni testo, la sua
casa editrice.
Facciamo un esempio: una
casa editrice che pubblica
quasi esclusivamente thriller,
verosimilmente, non può
essere interessata a un saggio di
inchiesta. Proprio per questo la
figura dell’agente è preziosa, per
indirizzare e consigliare al meglio
l’autore, che non sempre ha ben in
mente la complessità e la varietà
del mercato editoriale.
Come nasce l’agenzia Bennici
& Sirianni e dopo questi
primi mesi di attività quali
sono i capisaldi sui quali si
basa il vostro lavoro e quali
sono i pronostici per il futuro?
Insomma: perché un autore
dovrebbe e scegliervi?
L’agenzia nasce da una
collaborazione virtuosa tra me e la
collega Lidia Sirianni.
Lavoravamo già insieme prima di
decidere di imbarcarci in questa
nuova impresa e ci siamo trovate
così d’accordo su modalità di
impostazione del lavoro e obiettivi
tanto che abbiamo deciso di
fondare una nostra attività. Credo
che un autore dovrebbe sceglierci
per questo (non è semplice
trovare un ambiente di lavoro così
sereno e collaborativo, dal mio
punto di vista), ma anche perché
entrambe siamo molto motivate a
raggiungere traguardi sempre più
alti. Insieme con i nostri autori,
ovviamente.
Come riuscire ad entrare in
contatto con il mondo della
vostra agenzia? (vogliamo
conoscere i contatti, la
newsletter, insomma che parli
del mondo in cui un autore può
trovarvi)
Siamo online con il nostro sito
www.agenzia-letteraria.it.
Un autore può entrare in
contatto con noi iscrivendosi
alla newsletter (basta compilare
il format sul sito), oppure
può seguire la nostra pagina
Facebook e il nostro account
Twitter @BeS_AgLet.
ichela Bennici
24. 24
Intervista
[in-ter-vì-sta]
s.f.
A cura di Lucia Piemontesi
Luciano Funetta, classe 1986, è
l’autore di Dalle rovine, candidato
al Premio Strega 2016. Lo abbiamo
intervistato per capire meglio la
genesi di un romanzo realistico
e visionario al tempo stesso, che
suscita a tratti paura e suspense.
Ma forse nella letteratura c’è da
temere più di quanto si possa
pensare…
Fin dall’inizio del testo,
ci accorgiamo che c’è un
“noi” collettivo che segue il
protagonista Rivera nelle sue
peregrinazioni e allucinazioni:
sono delle voci di dentro,
della coscienza, dei narratori
onniscienti?
L’onniscienza non è un dono che
è toccato al mio narratore, così
come non è toccato a me. Tutta
la storia di Dalle rovine, che è
in realtà una specie di tableau
vivant costruito sulle vite di molti
personaggi cucite insieme dalla
presenza di Rivera, è una selva
di omissioni. Non sono stato io
a omettere, non sempre. Sono i
personaggi a mentire, a depistare,
e per questo il “noi” non può fare
altro che riportare le loro versioni,
alimentando lo spaesamento che
Rivera si trova a fronteggiare.
L’unica totalità a cui i narratori
(questi fantasmi, questi piccoli
demoni, queste anime perdute
sulla frontiera) possono aspirare è
quella di Rivera stesso, e infatti per
buona parte del romanzo riescono
a “vedere” nella sua mente e a
consegnarci il suo sguardo.
Ben presto però anche loro
dovranno arrendersi al fatto che
persino Rivera si rivela per certi
aspetti indecifrabili. Così perdono
il controllo che credevano di avere
su di lui e iniziano a guardarlo da
una distanza più ampia, anche loro
scoprono l’incomprensione, o
meglio, sperimentano la difficoltà
dolorosa della vera comprensione.
L’erotismo e la pornografia
ricoprono un ruolo molto
importante nel romanzo: una
scelta controcorrente, nell’era
del digitale. Perché questo
focus? Quali sono le fonti di
ispirazione?
La pornografia, soprattutto in
questi tempi, è un linguaggio che
porta un assalto da ogni direzione.
Maquellochedavveroconosciamo
del porno è la superficie. La storia
della pornografia è millenaria
e sconosciuta, per questo mi
sono sentito libero di esplorare
l’abisso ignoto e ricavare da questa
esplorazione un’elaborazione
letteraria, l’invenzione di un
mondo del cinema porno degli
ultimi quarant’anni in modo
che diventasse la quinta teatrale
della mia storia. Volevo partire
da una forma estetica che riposa
comodamente nella cultura non
solo occidentale da secoli e che
ancora, in un certo modo, è
origine di vergogna per raccontare
di uomini che si vergognano di
tutto, fuorché di aver scelto la
pornografia come culla della loro
idea.
Altra sfera toccata dal testo
è quella del cinema: è una
scelta che mira ad amplificare
la finzionalità del romanzo o
vuole creare strade narrative
parallele?
In tutto il romanzo il ruolo dello
sguardo come strumento di
coraggio o di viltà è fondamentale.
Per questo ho scelto il cinema.
Si tratta di una forma che mi ha
sempre affascinato molto per la
sua natura sofisticata e allo stesso
tempoelementare.Quandoguardo
25. 25
un film, assisto all’allucinazione di
qualcun altro, e visto che Dalle
rovine trova nell’allucinazione la
sua natura intima mi sono rivolto
al cinema. Poi trovo sempre
molto emozionante che nella
manifestazione di un’allucinazione
gli occhi abbiano solo un ruolo
accessorio, mentre tutto si svolge
nella mente di chi ne è colpito e
tenta disperatamente di resistere
all’assedio di qualcosa che è già
dentro di lui.
Il romanzo è una tensione
e una suspense continua
verso la realizzazione del
film Dalle rovine -da cui il
titolo-, ma il finale è lasciato
all’immaginazione del lettore.
Perché questa scelta?
Ho voluto che il lettore scegliesse
cosa fare del se stesso-Rivera
che entra nella selva. Penso che
sia naturale che questa soluzione
non sia stata apprezzata da tutti.
Mi ricordo però che una volta,
da adolescente, leggendo Tom
Sawyer mi sono imbattuto a metà
del romanzo in un momento in
cui Tom si addormenta sotto le
stelle, in riva al fiume.
Di come andrà a finire la sua
avventura non sappiamo ancora
nulla,mailgiovaneme,tantiannifa,
avrebbe dato tutto per ritrovarsi al
posto di Tom, nella notte, sdraiato
a pochi metri dal Mississippi che
scorre, senza la più pallida idea di
cosa ne sarebbe stato di lui. Lo
stesso impulso ho provato alcuni
anni dopo, a metà di La notte di
Aix di Rodolfo Wilcock. Sono
istanti-strapiombo, in cui il lettore
è l’ultimo uomo sulla terra, o per
lo meno l’unico che porti avanti
una veglia ostinata. Il mio amore
per le storie che si interrompono
proprio nel momento in cui il
lettore è convinto di essere al
sicuro, ovvero di potersi lasciare
condurre verso la fine (anche verso
una fine atroce, non importa. I
finali sono sempre rassicuranti),
nasce da queste due esperienze.
Inoltre, come ho già detto altrove,
tutto il romanzo si svolge in
quella che mi piace chiamare
“regione dell’ultimo respiro”, in
cui i personaggi hanno smesso di
essere vivi ma non sono ancora
morti. Era questo scenario
che volevo raccontare. Volevo
raccontare come l’animo umano si
predispone ad affrontare il delitto.
Il delitto in sé è un’esperienza
talmente fondamentale per la
natura umana che ho scelto di
raccontarla lasciandola nell’aria,
come un odore.
La città in cui si svolge la storia
è Fortezza, ma i connotati
sembrano discostarsi dalla
realtà. Quanto si avvicina alla
realtà e quanto si allontana?
Fortezza è una città totalmente
immaginaria. Ho scoperto solo
dopo che esiste un comune in
provincia di Bolzano con questo
nome.
Quindi posso dire solo che
Fortezza si allontana dall’idea
della città come luogo che richiede
la presenza di abitanti per potersi
definire. È un crocevia a cui si
danno appuntamento gli esuli
dell’umanità; un luogo che sembra
architettato perché si lasciasse
infestare.
Dalle rovine: un titolo che
sembra necessitare di una
continuazione. Quanta
speranza può sorgere dalle
rovine? Quanto dolore?
Le vite dei
personaggi
di Dalle
Rovine.
Intervista a
Luciano Funetta.
Adifferenzadellemacerie,lerovine
sono il prodotto del lavoro del
tempo. Lo stesso succede ai miei
personaggi. Sono loro le rovine
del titolo. Dal loro sgretolarsi
nasce il loro diventare simboli,
così come nel loro disfarsi, nel
dolore del loro disfarsi, brilla una
piccola luce di speranza che è un
occasione perduta. La malinconia
è il sentimento più fecondo e
inspiegabile, e nella palude della
malinconia i personaggi di Dalle
rovine stanno, divorati dalle
zanzare, gonfiati dall’umidità, e
disertati dal resto dell’umanità.
26. 26
Franco Fontana, un
nome a cui i più dice
poco, ad alcuni può
far pensare ad un
altro Fontana celebre
per i tagli nelle tele,
ma per i VERI
(si differenziamo)
appassionati di
fotografia è uno dei totem
sacri della fotografia
italiana e mondiale.
Celebre soprattutto per i suoi
paesaggi, o meglio per il suo stile
che applica al paesaggio, che a
prima vista sembrano delle tele
di pittori astratti, sono, invece,
i soleggiati sfondi della pianura
pugliese o francese, scorci urbani
delle metropoli americane. Foto
cheglisonovalse,premi,copertine
ericonoscimentiintuttoilmondo.
Fontana, come molti altri
fotografi, quando può si dedica
all’insegnamento ed i suoi
workshop, sono seguitissimi e
apprezzati da molti amatori di
fotografia.
Per chi, non può permettersi di
seguirne uno (costano diverse
centinaia di euro) però c’è una
splendida notizia.
Il fotografo modenese ha
pubblicatodapocoquestolibro,di
fotografia creativa, per risvegliare
l’artista che c’è in noi.
Curioso lo acquisto per poterlo
leggere e carpire qualche segreto.
Avevo già visto su Sky un
documentario su Fontana e mi
aveva colpito scoprire il suo alla
fotografia di paesaggio.
Usa il teleobiettivo invece del
grandangolo, come logica
vorrebbe, fortuna che l’arte è
anche questione di emozioni e
non di matematica.
Nellibroinfattisisviluppaintorno
ai seminari che Fontana che ha
tenuto intorno al mondo, prima
dando una sorta di “infarinata”
teorica, sulla base delle sue
esperienze.
Uno dei concetti predominanti
non è quello di seguire la tecnica
per eseguire delle buone foto,
ma di liberarsi di tutti i concetti
tecnici e allenare i tre muscoli più
importanti per diventare fotografi
creativi, gli occhi ed il cuore. Il
libro è diviso in due parti:
All’inizio, Fontana, sprona a
liberarsi da tutti i preconcetti
imparati ai corsi di circoli di
fotografia, sui blog o forum di
fotografi improvvisati.
La fotografia infatti non è una
questione di regole da seguire
ed applicare ad ogni situazione.
La mente deve essere vuota per
poter imparare un nuovo modo
di vedere (Devi disamparare, ciò
che hai imparato, cit.).
Nella seconda parte, invece
ci sono una serie di dieci
Recensione
[re·cen·sió·ne/]
a cura di Claudio Turetta
27. 27
esercizi dieci, ripresi dai suoi
seminari. Dall’esercizio del rosso
(fotografare scene in cui quel
colore è predominante) a quello
del rifiuto (applicarsi ad un genere
che non piace), per concludere con
la realizzazione di un progetto
personale.
Le pagine volano sotto le mie dita
e la voglia d provare gli esercizi si
fa sempre più forte, fortuna che
ho sempre dietro con me la mia
mirrorless per provare a fare per
esempio “L’esercizio del rosso”.
Sempre più contento e soddisfatto
del mio acquisto.
Consiglio di acquistare questo
libro, per chi voglia sperimentare
ed evolvere fotograficamente
parlando, per chi voglia uscire dai
clichè della fotografia amatoriale e
voglia cimentarsi con sfide nuove,
arrichire le proprie esperienze ed il
modo di fare fotografia.
Fotografia creativa. Corso con
esercizi per svegliare l’artista che
dorme dentro di te.
Di Franco Fontana. Mondadori,
Euro 24
28. 28
‘Owari no Seraph’ o
anche conosciuto come
‘Seraph of the End’,
il serafino della fine, è
un manga/anime che
ha riscosso un enorme
successo a partire
dall’anno scorso, ottenendo
non solo la pubblicazione
del manga in Italia ma
anche la trasposizione
in anime e l’uscita di un
OAV questo maggio
2016.
‘Owari no Seraph’ è una manga
shonen, attualmente in corso,
ideato da Takaya Kagami e
illustrato da Yamato Yamamoto
a partire dall’anno 2012 dove vide
la luce sulla rivista Jump Square
edita da Shueisha.
Lo scorso anno, nel 2015, è stato
rilasciato l’anime diviso in due
serie, entrambe di dodici episodi
uscite a pochi mesi di distanza
l’una dall’altra.
La prima serie infatti, che prende
semplicemente il nome del manga
stesso, è uscita nella primavera del
2015 mentre la seconda serie dal
titolo ‘Owari no Seraph: Battle
in Nagoya’ durante la stagione
autunnale.
In Italia l’anime ebbe un grande
successo tanto che, durante lo
scorso Lucca Comics & Games,
Panini Comics ha annunciato
di aver acquistato i diritti del
manga facendo uscire il primo
FUMETTERIA
[Speciale/]
di Jessica Marchionne
numero proprio in concomitanza
della fiera. Questo anime/
manga è ambientato in un futuro
non precisato in cui un virus
contagioso stermina qualunque
umano avente più di tredici anni
di età.
A seguito di questa epidemia
entreranno in scena un gruppo
di vampiri che si ergeranno come
capi del pianeta con l’intenzione di
utilizzare gli umani sopravvissuti
come mera fonta di nutrimento.
I protagonisti della storia sono
due bambini cresciuti nello stesso
orfanotrofio, Yuichiro e Mikaela,
anche loro catturati dai vampiri
e costretti a fornir loro il proprio
sangue.
Quando decidono infine di
provare a scappare vengono però
subito scoperti e Mikaela, nella
speranza di dare a Yuichiro una
possibilità di fuga, si sacrifica
permettendogli di scappare.
29. 29
Yuichirosiritrovaquindidinuovo
nel mondo esterno, all’apparenza
completamente distrutto e
privo di vita. Non è così: viene
infatti trovato dai membri della
Compagnia demoniaca della luna,
un’organizzazione fondata da altri
esseri umani sopravvissuti con
l’obiettivo di abbattere i vampiri.
Animato da una grande sete
di vendetta si unisce a loro,
cominciandoadallenarsiperpoter
diventare, da adulto, un effettivo
membro della compagnia. La
crescita di Yuichiro è ben evidente
nel corso della storia: da ragazzo
completamente isolato con il
puntino della vendetta riuscirà,
grazie a un gruppo di amici
che troverà nella compagnia, a
maturare e a combattere non
più individualmente ma facendo
forza sul gioco di squadra.
Nonostante questo, in una guerra
che vede contrapposti umani
e vampiri, Yuichiro scoprirà
che non tutti gli umani rimasti
sembrano veramente intenzionati
a proteggere la popolazione.
Il personaggio di Mikaela è quello
più particolare: sopravvissuto
all’attacco dei vampiri dopo la
tentata fuga è stato trasformato
eglistessoinunvampiro.Siritrova
quindi alleato in battaglia del
nemico che odia ma vede questa
come una possibilità per riuscire
a ritrovare l’amico Yuichiro.
In questo mese di maggio 2016
uscirà l’OAV ‘Owari no Seraph:
Kyuuketsuki Shahar’.
Ambientato prima delle vicenda
della seconda serie, vede la
compagnia impegnata a salvare
una ragazza di nome Riko da un
vampiro misterioso, Shahar, di
cui non si conosce il motivo che
lo ha spinto a questo rapimento
considerando che si rifiuta di bere
il sangue della ragazza.
Ancora non sono stati forniti
ulteriori dettagli ma se Owari no
Seraph vi è piaciuto, non potete
fare a meno di guardare il nuovo
OAV in uscita questo mese!
30. 30
Speciale
[spe·cià·le/]
a cura di Diego Rosato
Nel momento in cui scrivo
questo articolo, ancora non se
ne conosce l’esito, ma, quando
voi lo leggerete, la decima
edizione del Premio Galileo
per la divulgazione scientifica
sarà concluso. Ricordate?
Ne avevo già parlato l’anno
scorso. Quest’anno i cinque
finalisti erano:
• Umberto Bottazzini con
“Numeri. Raccontare la
matematica” - Il Mulino
• Dario Bressanini e Beatrice
Mautino con “Contro
Natura. Dagli OGM
al “bio”, falsi allarmi e
verità nascoste del cibo che
portiamointavola”-Rizzoli
Editore
• Paolo Gallina con
“L’anima delle macchine.
Tecnodestino, dipendenza
tecnologica e uomo
virtuale” - Edizioni Dedalo
• Till Roenneberg con “Che
ora fai? Vita quotidiana,
cronotipi e jet lag sociale” -
EdizioniDedalo
• Lucia Votano con “Il
fantasma dell’Universo. Che
cos’è il neutrino” - Carrocci
Editore-Città della scienza.
31. 31
Non ho ancora letto questi
volumi, ma sono abbastanza
curioso di leggere l’ultimo,
sarà perché inStar Trek
prima o poi i neutrini
saltano fuori o perché pochi
anni fa per un breve periodo
si sospettava che fossero
proprio loro i fantomatici
tachioni, ammessi dalla
Teoria della Relatività,
seppure mai osservati, e
in grado di viaggiare più
velocemente della luce
Neutrini, materia
oscura e altre
cose strane.
(e quindi all’indietro nel
tempo). O forse è solo che
mi piace la fisica. Del resto
ne sono successe di cose
negli ultimi tempi, eppure
molte ancora ne abbiamo
da scoprire. Così, se da un
lato c’è chi immagina Albert
Einstein fare surf sulle onde
gravitazionali, dall’altro non
sappiamo ancora nulla della
materia oscura e di molti
altri fenomeni. Non so se
anche per voi è così, ma io
sono fermamente convinto
che sia la curiosità a tenermi
invita e, non avendo tempo
ed energia per dedicarmi a
uno studio serio di tutto ciò
che mi affascina,non posso
che essere contento che ci
sianodeibraviscienziatiche,
per amore della cultura (e un
ritorno personale in denaro
e fama), spendono del
tempo per raccontarci come
funziona questo strano
universo che ci ospita.
32. 32
Nota: Questo articolo è stato scritto
nei giorni precedenti alla scoperta
della scomparsa di Nicholas Javed,
che ho avuto l’opportunità di
conoscere. Questo articolo per me,
non vuole essere un epitaffio, ma
la testimonianza che la fotografia,
comunque, porta anche a conoscere
persone straordinarie, che in qualche
modo, segnano il nostro cammino.
Da qualche tempo a questa parte mi
sentivo in crisi fotografica, ovvero
non riuscivo a capire cosa volessi fare
effettivamente a livello fotografico
se rimanere un semplice fotografo
della domenica, oppure impegnarmi
un pò di più in qualche cosa di più
creativo.
Navigando sui vari social trovavo
proposte noiose e ripetitive, ad un
certo punto mi imbatto in una serie
di fotografi cui inizio ad apprezzare
lo stile e la creatività.
Scopro che molti di questi autori
pubblicano per una rivista online,
chiamata “Imaginarium”.
Imaginarium è un web-magazine
che si occupa di fotografia, in cui la
componente sognante è l’ingrediente
principale. Ma non solo.
Contatto Barbara Marin, uno
dei due amministratori assieme a
Daniele Fusco, per poter concordare
un’intervista e parlare della pagina
qui sulla nostra panchina. Barbara di
contro mi propone di venire ad uno
dei vari workshop, quello di Nicholas
Javed, che organizzano e poter fare
un reportage della giornata.
Accetto entusiasta con la speranza
di confrontarmi con quella mi
aspettavo fosse una realtà differente
dal solito
La giornata si svolge in una
splendida Location, Villa Rosa, che
si trova sull’Appia Antica, usata per
cerimonie (in genere matrimoni).
Dopo un debriefing veloce in cui ci
si presenta tra i partecipanti, dove ci
sono persone che vengono dal nord,
dal centro e dal sud e persino dalla
Danimarca.
L’organizzazione prevede a turno,
sessioni singole da 5 minuti circa,
in cui l’allievo si trova a scattare con
la modella, sotto la supervisione di
Nicholas.
La modella in questione, è la modella
internazionale Valentina Feula,
molto nota nell’ambiente e che ha
Nel frattempo, per chi non deve
scattare, c’è la possibilità di fare due
chiacchere per conoscersi, oppure
scattare con un’altra modella, portata
per l’evento Tiffany.
Il tempo scorre via in maniera molto
piacevole, durante la quale, oltre alla
possibilità di scattare belle foto, c’è
anche modo di conoscere nuove
persone, parlare di fotografia in
maniera costruttiva e sperimentare
liberamente (quando non è
impegnato con gli shooting).
Il tempo passa, ed una malinconia
mi avvolge, capendo che presto
la giornata sarebbe finita ed avrei
salutato le persone cui ho avuto di
passare la giornata.
Il giorno successivo, si sarebbe
approcciato con la post-produzione
delle foto sotto la supervisione di
Nicholas. Io non ho partecipato ma
sicuramente è stata un’altra piacevole
giornata.
Cosa mi rimane della giornata? Una
splendida esperienza passata con
persone fantastiche e diverse sono
ancora in contatto perché è sempre
un piacere parlare di fotografia con
altre persone, competenti e preparate
ed anche molto appasionate.
Inoltre è come se invece di
accontentarsi di andare in bigiotteria
e si cerca di fare bella figura con
un pensiero vistoso, si entra in una
gioielleria e si ottiene la massima
qualità, cosa che manca al giorno
d’oggi.
Ringrazio vivamente Barbara Marin
e Daniele Fusco per l’opportunità
che mi hanno concesso e spero di
rivederli presto.
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Sito web
L’ARTICOLO
[lettere]
a cura di Claudio Turetta
34. 34
“[..] l’Isis è, in primo luogo, un
fenomeno culturale, e i fenomeni
culturali non si distruggono con le
bombe”. Questa è la fotografia della
battaglia:daunapartecisonoicattivi,
dall’altra i buoni. Se chiedessimo a
un bambino in quale squadra vuole
giocare, direbbe la più forte. Se
glielo chiedessimo di nuovo, stavolta
avvertendolo che la squadra più
forte è quella dei cattivi, direbbe che
vuole giocare con loro. L’Isis è così:
accoglie chi vuole vincere facendogli
credere che vincerà. Alessandro
Orsini,autoredi“Isis–Iterroristipiù
fortunati del mondo e tutto ciò che è
stato fatto per favorirli”, si espone già
a partire dal titolo che non ammette
equivoci, ma domande. La prima:
perché i terroristi sono i più fortunati
del mondo? La seconda: perché
qualcosa è stato fatto per favorirli?
Per rispondere bisogna sfogliare
la margherita saltando il giochino
del “questo sì, questo no”; quindi
sfogliarla e basta. Orsini, allora, ha
presoinmanoquestamargherita,l’ha
vista in tutti i suoi lati, l’ha portata in
battaglia, ha fatto sfidare con dati e
storie il gruppo più oscuro e temuto
e il resto del mondo. A partire dalla
famosa disgrazia delle Torri gemelle,
quando nel 2001 morirono 2974
persone in seguito al dirottamento di
due aerei che si schiantarono proprio
sui due grattacieli. Successivamente
gliStatiUniti,guidatiallaCasaBianca
da George Bush, organizzarono
l’attacco contro il capo della banda
nemica Bin Laden. Da qui comincia
la caccia al tiranno che ha esposto
a favore del pubblico più teste che
cuori. Da qui odio e distruzione
diventeranno pane quotidiano.
Da qui, allora, una questione
interessante, così sintetizzata, che
dice che i terroristi attaccano solo
se attaccati. È il caso dell’America,
protagonista dei bombardamenti già
prima dell’11 settembre. Ora, senza
parlare di casi e statistiche (presenti
nel libro), spieghiamo che l’Italia non
ha (ancora) subìto nessun attacco, ma
solo intimidazioni, perché di fatto
non ha mai attaccato i terroristi. Poi
si arriva in trincea, dove c’è l’amore.
Che c’entra, si direbbe, l’amore?
L’amore non è una roba per cuori
deboli. I cuori deboli, se messi
davanti all’amore, muiono ogni
giorno. E Orsini dice: i terroristi
sono diventati terroristi perché non
avevano amore. Dove? Nelle case,
prima di tutto. I terroristi sono figli
di genitori divorziati, sono figli di
genitori adottivi, fratelli di un fratello
ucciso dall’Occidente e, quindi,
vendicativi. Ma non per nascita,
L’ARTICOLO
[Campanari]
A cura di Daniele Campanari
35. 35
unareligionechedàtantavitaquantanetoglie.Perché,ancheinquestoOrsini
è chiaro, l’Isis è accogliente, vive in un posto meraviglioso paragonabile al
Paese dei giocattoli e attraverso la pubblicità riesce a ottenere un numero
sempre crescente di adepti. Così il giovane senza amore viene convinto a
esplodere vicino al nemico. Ossia l’Occidente, l’infedele: un uomo libero .
ALESSANDRO ORSINI: Alessandro Orsini è Direttore del Centro per lo Studio
del Terrorismo dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Research Affiliate al MIT di
Boston, docente di Sociologia del terrorismo alla LUISS, editorialista del quotidiano “il
Messaggero”, docente di Sociology alla Loyola University Chicago (Rome Center). I suoi
studi sul terrorismo, tradotti nelle principali lingue europee e in persiano, sono apparsi sulle
maggiori riviste scientifiche internazionali specializzate in studi sul terrorismo classificate
in Fascia A dall’Anvur. I suoi studi sono stati riportati sul sito del Governo Italiano e sul
sito del MIT. Raymond Boudon ha definito “importanti” i suoi studi, di cui ha chiesto
la traduzione al direttore della rivista francese “Commentaire”, Jean-Claude Casanova.
Ha partecipato a oltre ottanta dirette televisive su Rai Uno, Rai Tre, LA7, Mediaset
TgCom24 e Sky News.
ISIS, RAGAZZI
IN CERCA DI AMORE
terroristi non si nasce perché “Se ciò
è vero, dobbiamo accettare il fatto
drammatico e impressionante che
anche i nostri figli potrebbero essere
terroristi”. Lo accettiamo e Orsini
racconta le storie dei kamikaze
esplosi tra la gente in nome di Allah:
“Se i fratelli Kouachi fossero vissuti
in uno dei quartieri più ricchi di
Roma, circondati dall’amore dei
genitori, avrebbero avuto una vita
completamente diversa e, magari,
starebbero scrivendo queste pagine
almioposto”.Storiedigiovanirubati
alla vita, convinti che la squadra
del terrorismo fosse imbattibile.
Storie che i telegiornali non ci
hanno raccontato, storie che non ci
avevano detto così drammatiche.
Storie, quindi, di “terroristi fatti in
casa”. Questo lo sappiamo. Infatti
gli attentatori di Charlie Hebdo, gli
attentatori del Bataclan di Parigi
erano ragazzi cresciuti proprio in
Europa. Da qui nasceva un percorso
fatto di cambiamenti, a partire dal
nome, rivolti all’aggregazione con
37. 37
A guardarlo attraverso lo schermo del computer Piero Balzoni sembra un tipo
bizzarro. Non dico esteticamente, perché così è proprio una persona normale, ma
per effetto di questa proiezione che porta dritti alle aragoste. Si chiama Come
uccidere le aragoste il romanzo d’esordio dello scrittore romano. Un romanzo che
mi dice che Roma non è carina. Bizzarro, sembra.
Attualità
[in-ter-vì-sta]
a cura di Francesca Cerutti
38. 38
Fundraising/crowdfunding,
raccolta fondi: se una delle tre
parole ti perseguita almeno una
volta al giorno o una alla settimana,
se non hai ancora capito che cosa
indichino realmente queste parole:
sei nel posto giusto e tra poche
righe scoprirai il perché, o almeno
ti darò qualche indizio!
Facciamo qualche passo indietro.
In questi ultimi anni sono sempre
di più le organizzazioni non profit,
le associazioni e le fondazioni che
hanno bisogno di raccogliere fondi
per sostenere le proprie attività.
Vuoi i tagli che arrivano dal
servizio pubblico, vuoi la
maggiore richiesta di aiuto che si
sta rivolgendo verso quella parte
di terzo settore che si occupa di
sociale, ecco che molte di loro
si rivolgono a dei fundraiser per
pianificare e strutturare la propria
raccolta fondi.
Fundraiser, cioè persone che fanno
raccolta fondi, donne e uomini
che fanno un lavoro di strategia,
analisi, marketing, comunicazione.
Un lavoro che non ti permette di
stare fermo a guardare, ma che
richiede conoscenza, preparazione
e un grande senso etico.
Vista l’ampia richiesta di fundraiser
o di persone specializzate nel
settore, sono nati in questi anni
molti corsi di formazione che vi
insegnano come approcciarvi a
questa nobile e affascinante arte
e soprattutto formarvi su questi
argomenti. Sono per tutti i gusti e
per tutti i livelli, si intrecciano con
il marketing, la comunicazione,
l’economia e sono tenuti in molti
casi da professionisti che lavorano
nel settore e che ogni giorno si
ritrovano a dover studiare strategie
per raccogliere fondi per le più
disparate organizzazioni. Si passa
dai livello accademico del Master
in Fundraising dell’Università di
Bologna (che si tiene nella sede
di Forlì), della durata di un anno,
fino ai corsi in formato settimana
o weekend.
E infine c’è lui: il Festival del
Fundraising che è il punto di
riferimento che tutti i fundraiser
italiani hanno, quel momento
dell’anno durante il quale ci si
incontra,cisiraccontaesipartecipa
a delle sessioni formative, una full
immersion dove ci sono relatori
da tutto il mondo che raccontano
le loro strategie di fundraising:
successi e soprattutto insuccessi,
perché si impara davvero tanto
anche da quelli.
Quest’anno il Festival del
Fundraising è tornato ancora
una volta nella splendida location
dell’Hotel Parchi del Garda, dall’11
al 13 maggio.
Scegliere quali sessioni seguire
è stato difficilissimo, avrei tanto
voluto essere come Hermione
Granger e avere a disposizione
una giratempo.
Quest’anno è iniziato un po’
sottotono, con una plenaria
iniziale di grandi nomi, ma poco
emozionante rispetto allo scorso
anno, ma fortunatamente la prima
sessione che ho scelto mi ha dato
la spinta giusta per vivere il festival
alla grande. Ho seguito “Avrei
voluto pensarci io”, capitanata
da Francesco Ambrogetti, una
sessione non formativa, ma
colma di idee, fundraiser che
raccontavano idee fantastiche che
gli avevano fatto cambiare il modo
di fare fundraising, di approcciarsi
a questo mondo.
Poi ci sono state numerose
sessioni sul digital, perché la
raccolta fondi da qualche anno
guarda a questo mondo dal quale
ancora si raccoglie poco, ma che
inizia a dare buoni frutti, anche se
molti fundraiser sostengono che
la carta, e quindi le lettere inviate
tramite posta, non morirà mai.
Tra una sessione e l’alta non
sono poi mancate le chiacchiere
tra fundraiser, perché al festival
la formazione continua, anche
quando la sera rientri in camera e
parli con i tuoi compagni di stanza
e dici quante belle idee ti sono
venute, cerchi di capire cosa hanno
carpito loro dalle sessioni dove
tu non sei riuscito ad andare e in
pochi istanti sono le 3 del mattino
e di lì a quattro ore la tua sveglia
39. 39
rinfrescarti le idee e confrontarti
con i colleghi di tutta Italia.
Perché fare fundrasing ti permette
di migliorare il mondo in cui vivi,
ma restando sempre fortemente
radicato a terra: prima di tutto
concretezza e pian piano i sogni
si realizzano. Piano piano si
ottengono i cambiamenti, bisogna
crederci e applicare le giuste
strategieconumiltàeperseveranza.
E se a questo punto vi state
chiedendo se tutto questo si può
fare anche con la cultura, beh, la
risposta è sì, si può fare!
per saperne di più: vai al sito
suonerà. Una cosa che non manca
mai al Festival è il divertimento!
Una sera è sempre dedicata infatti
a una festa a tema, quest’anno
siamo andati nel Far West e l’hotel
si è riempito di fundraiser in jeans,
stivaliecamiciaquadrettata.Perché
i fundraiser possono sembrare dei
freddi amministrativi, ma in realtà
sono persone molto creative che
adorano passare il tempo insieme!
L’ultimo giorno poi è stato quello
delle lacrime, grazie alla plenaria
finale con Alberto Cairo e Kumi
Naidoo, che hanno regalato delle
emozioni uniche a tutta la platea.
Kumi Naidoo, International
Executive Director di Greenpeace,
un uomo che ci ha ricordato
l’importanza della disobbedienza
nel momento in cui si persegue un
bene comune, un uomo cresciuto
sulle orme di Nelson Mandela, un
uomo che ha fatto suo il motto
“I have a dream” di Martin Luter
King.
Se gli occhi iniziavano a diventare
lucidi, le lacrime hanno iniziato a
scendere nel momento in cui ha
preso la parola Alberto Cairo che,
con estrema umiltà e semplicità,
ha raccontato quello che fa ogni
giorno da più di 20 anni a Kabul. In
mezzo alla guerra lavora con chi ha
perso gli arti, li riabilita, ridona loro
la dignità di esseri umani. Perché
non sono disabili, ma persone che
hanno voglia di riscattarsi. Alberto
Cairo ha creduto in loro, in quelle
persone che hanno perso anche
entrambe le gambe a causa delle
mine antiuomo, ha creduto in loro
e loro hanno creduto in lui.
Sono riusciti a spronarlo, lui,
un uomo poco favorevole al
cambiamento, grazie alla loro
voglia di vivere, di riscatto ha
accettato di creare insieme una
squadra di basket in carrozzina
che è volata fino in Giappone
per scontrarsi con le squadre di
Cina, Australia, Corea del Sud
e Giappone. Perché la voglia di
vivere è più forte di qualsiasi
dolore. “Le hanno perse tutte” ha
detto Alberto, ma volete mettere
cosa significa essere lì a giocare?
Il Festival in questi anni è cresciuto,
cosìcomeècresciutoilFundraising
in Italia, e, anno dopo anno, grazie
ai feedback dei partecipanti e
allo staff che lo organizza, che
posso assicurare è sempre sul
pezzo, viene dato spazio ai nuovi
strumenti di raccolta fondi.
Partecipare al Festival del
Fundraising è un investimento
importante se vuoi iniziare a
lavorare in questo mondo e se
già ci lavori è fondamentale per
40.
41. 41
“At-tensione”
alla poesia (di
Pacioni),
è un passaggio
no-look
“Il bollettino dei mari alla radio”, dove
il Mediterraneo è nome con più terra che
mare
«Spero le mie risposte siano adeguate
alledomande.Vadofuoritemaspesso».
Banalmente rispondo: «Bello
andare fuori tema!».
«Bello anche rientrare (in tema)».
«O fuoriuscire rientrando»,
aggiungo ancora più scontato.
Eppure lui mi segue:
«For forcludere».
Ops, ignoranza: forclusione, «in
psicanalisi, termine introdotto da
J. Lacan (1901-1981) per indicare
la cancellazione definitiva di un
evento dalla memoria psichica,
fino al punto da divenire causa di
malattie psicotiche».
Capite come discutere di poesia
con Marco Pacioni, autore de “Il
bollettino dei mari alla radio”
(Aguaplano, 2015) ma anche di
“Neuroviventi” (Mimesis, 2016),
sia affare assai piacevole.
Il primo è un libro di poesia e
ce ne occupiamo, il secondo un
saggio cui non possiamo non far
cenno nel quale a suo modo il
verso, l’arte di comporre un verso,
di generarlo è intimamente legata.
«In economia, in biologia (biopolitica)
e in tante altre cose, l’io è il primo
fattore dell’accumulazione che vorrebbe
sbarrare l’impulso o l’emozione
pensante degli umani (in certa misura
anche degli animali) che è quella
indicata da Aristotele come politica.
Per Aristotele prima che individuo
e famiglia, l’umano è abitante di
una comunità. Per molti aspetti, le
neuroscienze vogliono contenere dentro
l’individuo – nel suo cervello – la
propensione politica che fa umani gli
umani».
O ancora: le neuroscienze
vorrebbero pensare l’uomo senza
ilsuocontestosociale.Cosac’entra
la neuroscienza con la poesia? Per
l’io, per l’eco di quell’io che non
finisce mai, per l’ego smisurato
dell’io che rimbomba.
«Non credo molto autorialmente all’io.
Credo che “animale politico” significhi
prima di tutto noi e tu. Ho delle parole
percosìdire“proibite”inpoesia:“io”e
“come” comparativo».
Nei versi si legge chiaramente che
“nell’ amnesia dello sgolo
piomba il suicida
a rimproverare il pericolo
che poesia è fatta per andare
non per restare
disperata allucinazione
paradiso artificiale”
(sogno di Baudelaire/in sogno).
Tanto che il libro di Pacioni non
è soltanto suo, è una specie di
animale poetico, quasi un sogno:
le fotografie sono di Alessandro
Celani (anche alcune poesie), certi
Poesia
[po·e·sì·a/]
a cura di Simone di Biasio
42. 42
testi appartengono ad altri autori
ancora.
E poi un poeta che rinuncia al
“come” è come un animale assai
raro. Pardon, è un animale assai
raro. La similitudine si fa analogia,
riduzione, immedesimazione, è
già dentro. O dietro.
«Ti girerai sempre
andando avanti
Orfeo e angelo della storia».
Che cos’è, allora, questa poesia?
Spiega Pacioni: «Lo stare tra due
movimenti.Orfeomiinteressa soprattutto
per il gesto di voltarsi e non tanto per
dove quel gesto approda e cosa ciò
possa significare. Mi interessa il doppio
movimento del corpo che va verso una
direzione, ma ne guarda anche un’altra.
Vedo questo stesso movimento in stasi,
questa “at-tensione” di Orfeo nell’angelo
della storia di Benjamin». Chissà se
il peta ammiri o reputi poesia l’ultimo
passaggio no-look di Ronaldo, se il calcio
possa dirsi gesto politico (guardando)
sempre altrove. Di certo guarda fisso
quando c’è da fissare (questo libro è un
piano sequenza nutrito «molto di prosa
filosofica e musica (soprattutto barocca e
noise), fotografia, cinema, arte»):
“anziano
camicia a righe maniche al gomito
moschettone al passante
rifà i tavoli del bar
quasi invisibile vorrebbe esserlo davvero
finge la pensione
d’ammazzare il tempo
che sia lì per caso
anche tu ti neghi ai suoi occhi
per evitarvi/
che gli sguardi
balenino di vergogna”
Questo camminare in avanti
con la coda dell’occhio pronta a
voltarsi somiglia proprio a una
migrazione.
“Un magrebino s’è assorto mesto
ma non pensa al bambinello
guarda i trucioli di legno sparsi
che mimano il suo deserto
e i muri ocra dal sole arsi
sta un attimo
riprende lo zaino
lo ringhiotte il mattino
e per le vie del centro
riconfuso agli altri
non è più che un gest”
ringhiotte pare un ringhio, un
verso animalesco. Il libro diventa
naturalmente una riflessione
sull’attualità. Fuori dai versi
Pacioni mi confida qualcosa di
tremendamente vero: «Mi ha
colpitomoltoilrecentefilmdiRosi,
“Fuoco ammare”. I miei “a capo”
sono a metà tra le suggestioni del
ritmo del bollettino ai naviganti
e una “poétique du blanc” che
recepisce la lezione ondeggiante e
frangente del “Medi-terraneo”.
Mi viene sempre da riflettere
sul fatto che anche nel nome di
questo mare è ancora troppo
protagonista la terra». Il mare,
i ricordi: chi non ne conserva?
Pacioni non si sottrae: «Ricordo
me seduto in una cucina con
mio nonno mentre preparava il
caffè di mattino presto e lo strano
ritmo della voce che dà le notizie
dei mari ai naviganti (sentiamo lo
scarto in versi:
«di mattino presto
in una cucina
una cuccuma di fortuna traboccante sul
fornello
il bollettino dei mari alla radio
che riporta al sopore
la vertigine del corpo».
Una voce che sembrava uscisse
da un congegno meccanico e che
però ha la strana capacità – così
a me pare – di rendere umana
proprio la macchina. Il mare è
poi, secondo me, una dimensione
eminentemente politica in un
paese che, come l’Italia, ha
paradossalmente sviluppato con
il mare un rapporto conflittuale,
non pacificato».
Voglio svelare un segreto: a Roma
c’è il mare.
“La tastiera sdentata
dei sampietrini roventi
durissima Roma
ogni tua città d’infanzia
slogata di giunture
discinta di crepe
eterna cava cantiere
(…) il boato sfuma
tra le statue algide e penitenti
oltre i ponti
il colosso e il vuoto massimo
scema inanellandosi al raccordo
e oltre dove la città sciama”.
Non sentite le orde infrangersi
sui sampietrini? Il verbo sciamare
torna spesso, come tornano gli
43. sciami.
Quello dell’avviso ai naviganti, il
brusìo bianco, lo sciame di gente,
lo sciame di voci, dove
«intanto
ti consumi
d’opportunità
sogni i sogni
vai a oltranza
e imprendi te stesso
nella giungla del mercato
ti imbarchi
e navighi a vista».
Non è una semplice critica, badate
bene: dall’uomo animale politico,
poetante qui siamo all’uomo
delle risorse umane: già, ma quali
risorse?
Le risorse finiscono, e la fame?
«Siate più affamati
di quello che già siete
finora è stata solo una lunga rincorsa
gli esperti di risorse umane
danno il meglio
con parole a strascico sui corpi»
e
«a fine già terminata a riinizio sempre
in forse
all’intanto
all’incanto
tu muori
ma fa curriculum».
Mettetevi comodi, siamo per
giungere a destinazione: «l’alba
ha spento i neon». Anche questo
verso sarebbe stato uno splendido
titolo: qui lo rubo a conclusione.
45. 45
Little Readers
[Piccole letture/ori]
Little Readers è la rubrica dedicata ai nostri
piccoli lettori ma, a bene vedere, non solo a loro!
Scopriamo le novità più interessanti del momento
per leggere insieme a mamma e papà.
Consigli di lettura pronti all’uso e per soddisfare
tutti i gusti e tutte le età!
46. 46
Così per Sport di Andrea Valente e
Ignazio Fulghesu, Lapis Edizioni,
208 pagg, 10 euro
Com’è nato il gioco del calcio?
E il rugby? Perché le Olimpiadi
si chiamano così? Una carrellata
di 24 racconti tra cronaca,
leggenda e fantasia arricchiti da
interessanti pillole di curiosità.
Con il suo stile fresco e leggero,
Andrea Valente racconta ai
ragazzilestoriediatletinotissimi
e di altri quasi sconosciuti,
passa in rassegna gli aneddoti
e le vicende che hanno fatto la
storia degli sport: da quelli più
popolari a quelli più insoliti,
dagli sport di squadra a quelli
individuali, dall’Antica Grecia ai
giorni nostri. Con l’avvicinarsi
delle Olimpiadi 2016, Lapis
Edizioni, arriva in libreria con
un libro da leggere tutti insieme!
Per tutta la famiglia
Palla Rossa e Palla Blu, Maicol e
Mirco, BaBAO, Bao Publishing,
240 pagg, 18 euro
PallaRossaePalaBlusonoamici
per la pelle. Fareste meglio a
non dire a Palla Rossa che Palla
Blu non è proprio tondo come
lui, perché si arrabbierebbe
moltissimo. In fondo, si sa,
l’amicizia arrotonda tutto.
Il sorprendente libro per
l’infanzia di Maicol e Mirco
è un oggetto delizioso e
coloratissimo, che parlerà
dritto al cuore dei bambini che
lo leggeranno, anche di quelli
grandi!
BaBAO è la collana dedicata ai
più piccoli di Bao Publishing,
Palla Rossa e Palla Blu è una
delleprimeuscite.Apropositola
casa editrice è in cerca di autori,
Young Writers, siete avvertiti!
Età di lettura: 1-4 anni
L’isola dei conigli di Zita Dazzi,
Coccole Books, 128 pagg, 10 euro
Una piccola isola, una banda
di bambini senza paura che
vive un’estate all’insegna di
fantastiche avventure, una casa
disabitata... o forse no!
L’isola dei conigli è un luogo
immaginario, ma tanto simile
a quelli dove si incrociano le
rotte dei profughi di questi
anni, lo scoglio in mezzo al
Mediterraneo dove si svolge
questa storia, dove tra fantasia e
realtà si incrociano le avventure
di un gruppo di bambini, la loro
scuola, la vecchia maestra che
parte e il destino di un popolo
senza patria, che fugge dalla
guerra. Età di lettura: 9 anni
47. 47
NinodiIsol,Logosedizioni,60pagg,
16,50 euro
Un giorno come tanti, in un
quartiere come tanti, accade
qualcosa che interrompe
l’ordinario susseguirsi delle
giornate: un neonato cade
letteralmente dal cielo.
“Prendetelo, prima che cada!”
grida la madre. “Ce l’ho! Ce
l’ho!” si agita il padre.
Questo nuovo volume illustrato
firmato da Isol racconta
dell’arrivodiunnuovobambino
e di come questo evento
trasformi la vita quotidiana di
tutti quelli che lo circondano.
Si tratta di un essere alieno, in
viaggio da un posto lontano e
sconosciuto; sarà necessario un
lungo processo di adattamento
del bambino al mondo… e del
mondo al bambino. Per tutta la
famiglia
Che figura! di Cecilia Campironi,
Quodibet, 64 pagg, 12 euro
Metafora, metonimia,
palindromo... sono solo alcune
delle figure retoriche che
arricchiscono la nostra lingua
e che servono a capire e a
raccontare la realtà. Tutti noi
le usiamo, in modo naturale e
spesso senza rendercene conto.
“Che figura!” le trasforma in
personaggi strambi e divertenti:
dal Signor Litote che ormai ha
il torcicollo a forza di fare no
con la testa, a Miss Enfasi che
sembra vivere a teatro, fino a
magoOssimoro,chesirinfresca
colfuocoesiscaldacolghiaccio.