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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “NICCOLÒ CUSANO”
TELEMATICA ROMA
ISTITUITA CON D.M 10/05/06 – G.U. n. 140 - SUPPL. ORD n. 151 DEL 19.06.2006
FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA
TESI DI LAUREA IN DIRITTO PRIVATO
“ I modi di acquisto della proprietà ”
Laureanda: Relatore:
Samanta Orsini Ch.mo Prof.
Matr.UGI4008184 Alessandro Martini
ANNO ACCADEMICO 2019-2020
INDICE
Introduzione………………………………………………………..1
CAPITOLO PRIMO
I modi di acquisto dei diritti. Il diritto di proprietà
1.1. I modi di acquisto dei diritti in generale………………..............3
1.2. Il diritto di proprietà: nozione e caratteri……………………….9
CAPITOLO SECONDO
I modi di acquisto della proprietà
2.1 I modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo…………..24
2.2 Compravendita…………………………………………………25
2.3 Donazione……………………………………………………...37
2.4 Legatario ed Erede……………………………………………..44
2.5 I modi di acquisto della proprietà a titolo originario…………..46
2.6 Occupazione…………………………………………………....47
2.7 Invenzione…………………………………………...…………48
2.8 Accessione……………………………………………………..50
CAPITOLO TERZO
L’acquisto della proprietà mediante il possesso
3.1. L’acquisto dei beni mobili mediante il possesso
di buona fede………………………………………………………53
3.3. L’usucapione……………………………………………………..63
Conclusione……………………………………………………………….90
Bibliografia e Sitografia………………………………………………….92
Ringraziamenti…………………………………………………………....94
1
INTRODUZIONE
Il lavoro di tesi ha l’obiettivo di approfondire lo studio sui modi di acquisto
della proprietà.
La moderna concezione della proprietà è il risultato di una secolare
evoluzione, caratterizzata da profondi contrasti susseguiti nel tempo.
Nel diritto romano la proprietà era concepita come un dominio pressoché
illimitato sulla cosa, questo concetto, passato attraverso gli ordinamenti
giuridici derivati da quello romano, è venuta poi gradualmente a decadere.
La prima spinta in tale direzione venne dal cristianesimo, il quale affermò la
funzione strumentale dei beni, creati da dio a vantaggio dell’umanità.
La proprietà venne quindi concepita non come un diritto posto a
salvaguardia di egoistici interessi, ma come facoltà di valersi dei beni per i
propri bisogni e del prossimo, secondo l’insegnamento evangelico.
Da tali contrasti si è formata la moderna concezione della funzione sociale
della proprietà, in base alla quale si ritiene che questa, pur provvedendo
all’interesse individuale del proprietario riveste pure un’ utilità generale, che
costituisce la giustificazione del suo riconoscimento.
Al giorno d’oggi, sulla base dell’art. 832 c.c., si definisce la proprietà il
diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i
limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Cerchiamo quindi di spiegare meglio quale sia il significato di questa
espressione che sarà la parte preponderante del mio elaborato.
Il proprietario ha, in primo luogo, la facoltà di godere della cosa, il che
significa che egli può usarla al fine di soddisfare i propri interessi;
parallelamente vi è anche la facoltà di disporre, la quale si esercita sia
trasferendo ad altri la proprietà della cosa, sia concedendone ad altri il
godimento (a titolo gratuito o a titolo oneroso).
Infine, la parte caratterizzante della proprietà è il modo pieno ed esclusivo
2
con il quale il godimento e la disponibilità della cosa sono assicurati al
proprietario: in modo pieno significa che il proprietario può fare tutto della
sua cosa nei limiti del lecito; in modo esclusivo significa che egli ha diritto
di escludere chiunque altro da ogni azione nell’esercizio del suo diritto e che
non è possibile la coesistenza sulla stessa cosa di più diritti di proprietà.
Date queste premesse introduttive, il mio elaborato è suddiviso in tre
capitoli e andrà a trattare in modo specifico i modi di acquisto della
proprietà nel suo insieme.
Nel primo capitolo sono andata ad analizzare, i modi di acquisto dei diritti
in generale e le nozioni e i caratteri inerenti al diritto di proprietà, mentre nel
secondo capitolo tratterò i modi di acquisto della proprietà suddivisi in due
tipologie: titolo derivativo e titolo originario ed infine il terzo ed ultimo
capitolo, verterà sull’acquisto della proprietà mediante il possesso,
soffermandomi sull’acquisto dei beni mobili mediante il possesso di buona
fede e sull’usucapione.
3
CAPITOLO PRIMO
I modi di acquisto dei diritti. Il diritto di proprietà
1.1. I modi di acquisto dei diritti in generale.
I diritti che si possono acquistare sono i diritti patrimoniali che possiamo
dividere in: diritti reali e diritti di credito. Mentre i diritti della persona sono
intrasmissibili.
I diritti reali hanno per oggetto le cose, che hanno effetto diretto: il titolare
può esercitare il proprio diritto in modo immediato sulla cosa senza
necessità di collaborazione altrui.1
Sono diritti assoluti si vantano erga omnes cioè applicabili nei confronti di
tutte le altre parti. Sono diritti trasmissibili il titolare del diritto reale può
trasferirlo ad altre persone. Sono diritti tipici, quei diritti indicati dalla legge
e non è concesso ai privati crearne nuove tipologie.
Il principale fra i diritti reali è la proprietà. Essi si suddividono indiritti reali
di godimento e in diritti reali di garanzia.
I diritti reali di godimento concedono al titolare il potere di“godere”della res
cioè di utilizzarla ,di trarne un vantaggio economico , di trasferirla
ad altri entro i limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico. A loro volta si
distinguono in diritti reali di godimento su cosa propria (la proprietà) e
1
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2017,p.80.
4
diritti reali di godimento su cosa altrui (usufrutto, uso, abitazione, superficie
enfiteusi, servitù prediali).
I diritti reali di garanzia sono accessori ai diritti di credito, in ipotesi d’
inadempimento dell’obbligazione da parte del debitore, permettono al
creditore di poter usufruire dei beni concessi in garanzia; essi sono il pegno
per quanto riguarda i beni mobili e l’ipoteca sui beni mobili registrati e sui
beni immobili.
Questi diritti hanno una caratteristica importante cioè quella di seguire la
cosa anche se il proprietario della stessa cambia.
La riforma del diritto internazionale privato del 1995
(l.31maggio1995,n.218) ha ritenuto per i diritti reali il criterio della legge
del luogo, ove la proprietà e gli altri diritti su beni mobili e immobili sono
regolati dalla legge dello stato in cui i beni si trovano.
Alla legge del luogo è poi rimessa la disciplina della pubblicità degli atti di
disposizione dei diritti reali. La legge che viene applicata è quella del luogo
dove il bene si trova al momento dell’atto.
Per i modi di acquisto dei diritti reali troviamo i diritti di obbligazione (i
diritti di credito).2
I diritti di credito sono diritti a prestazione personale ossia determinati da un
dato comportamento del soggetto. Consistono in un vincolo giuridico, in
base al quale il debitore è obbligato ad effettuare una prestazione favorevole
nei confronti del creditore.
Gli elementi costitutivi dei diritti di obbligazione sono: le parti, la
prestazione ed il vincolo giuridico. Le parti si distinguono in una parte
attiva, il creditore, e in una parte passiva, il debitore. Tali parti possono
essere formate da un soggetto o da più soggetti.
La prestazione dovuta, ossia il comportamento che il debitore deve tenere
nei confronti del creditore, può consistere in un fare e non un fare e avere;
essa deve essere patrimoniale cioè suscettibile di valutazione economica.
2
F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2017,p.120.
5
Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della
correttezza e della buona fede.
3
Le parti del rapporto obbligatorio, debitore e creditore, possono comporsi
di una sola persona o più persone.
Quando la parte debitrice è composta da più persone abbiamo obbligazioni
solidali fra loro, ciò significa che il creditore può ottenere l’intera
prestazione dall’uno o dall’altro.
Quando è invece la parte creditrice a essere composta da più persone vige
la regola della parziarietà: ciascun concreditore può ottenere solo il
pagamento della parte spettante.
L’art.810 del c.c. definisce i beni come oggetto dei diritti patrimoniali, cioè
le cose che possono formare oggetto di diritti. Per cose si intendono non
solo tutte le cose materiali ma anche le energie naturali es. l’energia
elettrica.
La disciplina del bene si occupa dei diritti e ne segna la natura e il
contenuto.
Affinché una cosa possa essere oggetto di diritto è indispensabile che abbia
un valore d’uso idoneo per essere utilizzato da una persona per soddisfare il
suo bisogno, sia questo materiale o non; che esista in natura in quantità
limitata, in modo da essere esclusivo per la singola persona.
La definizione di beni però è una definizione incompleta: sono oggetto di
diritti anche entità che non sono cose materiali, sono beni anche le creazioni
dell’intelligenza umana come es. le opere artistiche, i brevetti per invenzioni
industriali. Questi beni sono chiamati immateriali.
Nell’ambito dei beni giuridici vanno inoltrati i diritti patrimoniali ossia i
diritti soggettivi che tutelano un interesse economicamente valutabile.
Per il nostro codice, i diritti patrimoniali sono beni. La norma sancisce la
responsabilità patrimoniale del debitore. Questa responsabilità comprende le
cose in proprietà e tutti i diritti patrimoniali suscettibili di espropriazione.
3
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit., p.130.
6
Ogni bene ha una propria identità economico-sociale. L’identificazione è
l’atto giuridico di accertamento dell’identità del bene mentre la
determinazione specifica il bene che spetta al creditore4
.
Possiamo distinguere i beni materiali in beni immobili e beni mobili.
Sono beni immobili quelli che sono intrasportabili perché incorporati al
suolo (un edificio) , sono mobili tutti gli altri beni.
Immobili devono considerarsi i laghi e i grandi bacini naturali o artificiali.
Cosa mobile è invece l’acqua che ha cessato di scorrere o l’acqua raccolta in
serbatoi.
Come tutti i prodotti del suolo, gli alberi diventano cose mobili nel
momento in cui per qualsiasi motivo si staccano dal terreno.
L’incorporazione è l’unione di una cosa mobile a una cosa immobili. Non
sono immobili le cose posate nel terreno ad es. il tesoro. Beni mobili sono
poi i diritti patrimoniali non immobiliari, quali diritti di credito ecc.
Tra i beni mobili e immobili vi è un'altra categoria di beni, i beni mobili
registrati: sono gli autoveicoli e i motoveicoli, i natanti e gli aeromobili.
Devono essere iscritti in appositi registri pubblici. Sono beni fisicamente
mobili ma soggetti ad una disciplina di legge in gran parte simile a quella
dei beni immobili.
I beni mobili si distinguono anche in generici e specifici, fungibili e
infungibili, consumabili e inconsumabili, produttivi e improduttivi.
I beni generici appartengono ad un determinato genere e hanno rilevanza per
il loro peso, numero e misura; mentre i beni specifici sono presi in
considerazione per la loro individualità.
Di fungibilità si discorre quando il bene può essere sostituito da un altro
identico per quantità e qualità; l’infungibilità caratterizza i prodotti unici,
non sostituibili con un identico altro bene.
I beni consumabili con l’uso sono destinati a trasformarsi si da non
adempiere la funzione originaria invece inconsumabili sono i beni che non
4
F.GAZZONI, op.cit., p.130.
7
sono destinati a trasformarsi e l’uso dei quali è ripetibile ad es. (un vestito),
pur potendosi deteriorare.
I beni produttivi si fa riferimento esclusivamente a una nozione
naturalistica. Il bene produttivo è un bene fruttifero: i frutti possono essere
naturali o civili e soltanto quelli naturali conseguono ai beni produttivi.
I frutti naturali derivano direttamente da un altro bene mentre i frutti civili
sono le utilità che conseguono alla particolare utilizzazione economica del
bene.
I beni possono anche essere divisibili e indivisibili: la divisibilità accade
quando il bene può essere scomposto in parti uguali senza il loro
deterioramento e senza costi eccessivi, sono beni indivisibili quando
risultano infrazionabili materialmente, economicamente o funzionalmente.
Altra classificazione dei beni è quella che distingue tra beni semplici, beni
composti e universalità.
I beni semplici sono quei beni che costituiscono una unità, essi non sono
uniti ad altri beni ad es. un cane, un dipinto. Nell’ individuare se un bene è
semplice bisogna tener conto del suo carattere unitario e non della sua
composizione chimica. Quindi anche un bene formato da più elementi
chimici giuridicamente può essere un bene semplice.
I beni composti sono formati da più beni semplici cioè sono composti da
una combinazione di beni. Nel momento in cui il bene entra a far parte di
una composizione di cose perde la sua individualità economico-giuridica.
Diverse dai beni composti ci sono le universalità che possono essere di due
tipi: universalità di fatto e universalità di diritto.5
Le universalità di fatto sono le sole previste dal codice civile. L’art. 816 c.c.
le disciplina e prevede che “è considerata universalità di mobili la pluralità
di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione
5
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP. CIT. , P.140.
8
unitaria. Le singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto
di separati atti e rapporti giuridici".6
Le caratteristiche che ci permettono di individuare le universalità di fatto
sono: l’oggetto che rappresenta i beni mobili, l’appartenenza di tali beni alla
stessa persona e una destinazione unitaria di tali beni.
Caratteristica fondamentale dell'universalità di fatto è che i beni semplici
che la formano vanno a costituire una cosa unica, ma al tempo stesso ogni
bene che entra a far parte dell'universalità mantiene la sua individualità e
può formare oggetto di un rapporto giuridico separato.
Accanto alle universalità di fatto vi sono le universalità di diritto. Esse non
sono previste chiaramente nel codice. Le universalità di diritto si
differenziano da quelle di fatto perché non hanno per oggetto beni mobili,
bensì rapporti giuridici patrimoniali.
Quindi possiamo considerare l'universalità di diritto una unità ideale ed
astratta di un insieme di rapporti giuridici patrimoniali che sono considerati
in modo unitario.
Le universalità di fatto si differenziano dai beni composti perché i beni che
ne fanno parte non perdono la loro individualità economico-giuridica come
avviene per l’insieme di beni.
Le universalità di fatto si differenziano dalle pertinenze perché, nelle prime,
non vi sono beni principali e beni accessori, come accade nelle seconde.
6
M. FRANZONI, R. ROLLI, Codice civile commentato con dottrina e giurisprudenza,2018
p.130.
9
1.2. Il diritto di proprietà: nozione e caratteri.
La proprietà è il diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e
disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con
l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (art 832 c.c.).
7
La facoltà di godimento del proprietario comprende tutte le possibili forme
di utilizzazione delle cose. Il proprietario può inoltre disporre a suo arbitrio
delle cose in senso giuridico (es. dandole in pegno) e in senso materiale (es.
modificandole).
In passato si sottolineava che al proprietario è riservata la massima forma di
utilizzazione e di disposizione della cosa, ossia la facoltà di non usarla
distruggerla: ciò vale ancora oggi, ma occorre tener presente che la legge
limita tali facoltà al fine di assicurare la funzione sociale della proprietà (art
42 Cost).
Caratteri della proprietà sono la realità. La proprietà è un diritto reale, anzi è
il massimo dei diritti reali, il modello perfetto rispetto al quale tutti gli altri
diritti si qualificano come limitati.
La realità del diritto comporta: l’immediatezza, in quanto si esercita senza
la mediazione della prestazione altrui, l’assolutezza in quanto implica
l’altrui dovere di non ingerenza , l’inerenza in quanto opponibile nei
confronti di chiunque possieda o vanti un acquisto sul bene, la materialità e
corporeità dell’oggetto, la pienezza del diritto, ossia la generalità del potere
di godimento e disposizione del bene, è ciò che essenzialmente distingue la
proprietà dagli altri diritti reali, il cui contenuto è infatti delimitato con
riferimento a determinati poteri: la proprietà non conferisce specifiche
facoltà ma un potere che comprende la generalità delle forme di godimento
e di disposizione della cosa.
7
A. GAMBARO, La proprietà. Beni, proprietà, possesso Seconda edizione completamente
rifatta, Milano, 2017,p.60.
10
L’art 832 c.c. riconosce infatti al proprietario il diritto di godere e disporre
delle sue cose “in modo pieno ed esclusivo”.
La pienezza del diritto non è contraddetta dalla presenza di limiti
pubblicistici e privatistici poiché questi comprimono la sfera del diritto, che
è però determinata pur sempre in via generale.
Il proprietario può fare del suo bene tutto ciò che non è vietato.
Al carattere della pienezza si connette quello della elasticità, intesa come
idoneità del diritto a riprendersi automaticamente nel suo normale contenuto
a seguito del venir meno dei limiti che lo comprimevano (es. a seguito
dell’estinzione del diritto di usufrutto la nuda proprietà diventa proprietà
piena).
Significa innanzitutto che il proprietario può escludere altri dal godimento
della cosa, o, in più ampi termini, che gli altri non devono invadere la sua
sfera di godimento.
Un potere di esclusione è ravvisabile anche in capo ai titolari di altri diritti
ma limitatamente al particolare fine che essi tutelano, mentre il potere del
proprietario non è delimitato in relazione ad un determinato scopo.
Il diritto di proprietà non presuppone altri diritti sulla cosa: in ciò si
differenzia dagli altri diritti, detti anche “su cosa altrui” in quanto incidono
sull’altrui diritto di proprietà, che ne costituisce quindi il presupposto.
Carattere che risulta dalla imprescrittibilità dell’azione di rivendicazione
(9483c.c.): se il proprietario può rivendicare in ogni tempo le sue cose, ciò
vuol dire che il suo diritto di proprietà non si estingue per il mancato
esercizio.8
La facoltà del proprietario di godere e disporre della cosa in modo pieno e
assoluto comprende infatti anche il non uso.
In dottrina si è giunti ad ammettere la prescrittibilità traendo argomento
dalla norma costituzionale che riconosce la funzione sociale della proprietà,
ma va osservato che la Costituzione rimette alla legge il compito di fissare i
8
M. FRANZONI, R. ROLLI, op.cit., p.200.
11
limiti della proprietà, e la legge non impone in genere al proprietario
l’obbligo o l’onere di attivarsi per usare le cose in modo proficuo.
Sul proprietario possono gravare doveri specifici di intervento, cura o
conservazione dei beni, ma l’inosservanza di tali doveri comporta
determinate sanzioni senza prospettare la prescrizione del diritto per non
uso.
Il diritto di proprietà è perpetuo: non ha limiti di tempo e non si estingue per
prescrizione.
La legge può certamente prevedere ipotesi di proprietà temporanea, in
quanto il limite temporale non verrebbe ad esautorare totalmente il
contenuto del diritto: ipotesi di proprietà temporanea sono il
fedecommesso(consente testatore di far obbligo all’erede o legatario di
conservare e restituire i beni ereditari alla sua morte: fino a quel momento
ne è proprietario per se il suo diritto sia gravemente limitato), la proprietà
superficiaria a termine, il legato a termine, e il contratto traslativo della
proprietà sottoposto a termine inziale.
Queste particolari ipotesi confermano che la proprietà può astrattamente
tollerare un limite di durata: vale tuttavia il divieto della creazione di
proprietà temporanea per volontà delle parti, divieto che è diretta
espressione del principio del numero chiuso dei diritti reali, che preclude ai
privati di crearne di nuovi e di alterare il contenuto di quelli tipici.
Il divieto non è smentito dalla possibilità di trasferire la proprietà sotto
condizione risolutiva, la quale rende precario il titolo dell’acquisto, ma non
rende temporalmente limitato il diritto. 9
In ogni caso, solo i contratti di durata tollerano un termine finale, che
inciderà quindi non sulla durata del contratto ma sulla durata del diritto
attribuito: i contratti di alienazione non hanno una durata perché l’effetto
traslativo si realizza interamente e istantaneamente.
9
C.M. BIANCA, Diritto civile, 6 La proprietà, Giuffrè, Milano, 2017,p.100.
12
L’apposizione di un termine finale alla vendita o alla donazione di un bene è
infatti nulla per impossibilità giuridica: il proprietario piò avere interesse a
riottenere la proprietà del bene, ma la costituzione di un vincolo reale
destinato a tal fine è ammissibile solo mediante un atto di riscatto ed entro i
limiti inderogabili fissai dal codice, il quale comporta la risoluzione della
vendita con effetto retroattivo.
Nell’ambito del diritto di proprietà rilevano alcune distinzioni riferite alla
natura dei beni. Si fa infatti distinzione tra: proprietà pubblica e privata,
proprietà immobiliare/fondiaria e mobiliare, secondo che il diritto abbia ad
oggetto beni immobili o mobili.10
La proprietà fondiaria si distingue a sua volta in proprietà terriera ed
edilizia, secondo che l’oggetto consista in terreni o edifici.
La diversa natura dei beni o la loro particolare destinazione comportano
l’applicazione di norme differenti, incidenti sulla disciplina della proprietà:
in considerazione di queste differenti regole una parte della dottrina è giunta
ad affermare l’avvenuta “frantumazione” dell’istituto della proprietà, la cui
unità sarebbe venuta meno dando luogo a figure diverse di proprietà.
Tuttavia, la nozione unitaria di proprietà ha un suo riscontro normativo e
quella del diritto di proprietà unico ed esclusivo è un’idea profondamente
radicata nella realtà socio-economica.
L’istituto della proprietà va specificato in relazione al diverso regime dei
beni, ma non può dirsi che le differenti regole cancellino l’identità del
diritto: esse adattano solo all’oggetto il medesimo rapporto giuridico di
appartenenza.
La frantumazione della proprietà è stata argomentata anche con riferimento
al piano soggettivo, e in particolare alla proprietà “collettiva”, che dal
passato rifiorirebbe oggi nella comunione e nella società: tuttavia, la
comunione è del tutto estranea agli antichi modelli collettivistici e la società
10
C.M.Bianca, op.cit., p.230.
13
non rappresenta una forma di proprietà “collettiva”, ma una forma di
proprietà individuale che fa capo ad un soggetto di diritto (la società).11
Le distinzioni normative non danno luogo ad autonome figure giuridiche e
neppure a più nozioni di proprietà: si tratta piuttosto di specificazioni
dell’unico istituto della proprietà.
La proprietà non è un diritto fondamentale dell’uomo: una simile idea era
stata prospettata nell’Inghilterra del 17° secolo e recepita dal pensiero
illuministico e dalla Rivoluzione francese.
Anche lo Statuto Albertino proclamò l’inviolabilità della proprietà, ma
ridimensionata, affermando l’espropriabilità del diritto per pubblico
interesse: la “inviolabilità” si traduceva quindi concretamente nel principio
di salvaguardia contro le espropriazioni abusive.
Tale idea riaffiora talvolta anche nella recente dottrina: il diritto di proprietà
diviene allora diritto fondamentale dell’uomo in quanto condizione
essenziale per l’esplicazione della sua libertà.
La Costituzione non include la proprietà tra i diritti “inviolabili” dell’uomo,
ma enuncia due basilari principi, quello della garanzia costituzionale e
quello della funzione sociale: la costituzione sancisce infatti che la legge
determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti della proprietà “allo
scopo di assicurarne la funzione sociale e renderla accessibile a tutti”
(art.422 c.c.).12
La nozione di funzione sociale appare più ampia della nozione di interesse
pubblico: interessi pubblici sono i bisogni della collettività fatti propri dallo
Stato e dagli enti pubblici, mentre la funzione sociale va ravvisata nella sua
utilità collettiva.
La proprietà può essere limitata al fine di rendere il bene più vantaggioso
per la comunità.
11
C.M.Bianca, op.cit., p.130.
12
F. GAZZONI, op.ci.t , p.145.
14
Si pone allora il problema se la previsione della funzione sociale abbia
inciso sulla struttura del diritto di proprietà. Al riguardo la dottrina si è
mossa in direzioni opposte: la tesi secondo cui la Costituzione avrebbe
trasformato in senso sociale il contenuto della proprietà non appare
rispondente al significato del dettato costituzionale, il quale impone il
raccordo tra interesse individuale e interesse collettivi, ma demanda al
legislatore ordinario il compito di operarlo.
Non può dirsi che la Costituzione ha “funzionalizzato” la proprietà privata
in sé. D’altro canto, non può neppure condividersi la tesi riduttiva che nega
in radice l’idoneità del diritto di proprietà ad essere determinato nel suo
contenuto in relazione ad un interesse esterno.
Il diritto di proprietà è certamente riconosciuto al titolare in ragione e a
tutela del suo interesse, ma esso è suscettibile di essere “limitato”, e la
limitazione incide sul suo contenuto. 13
Le limitazioni pubblicistiche, poi, non sono di per sé incompatibili con il
diritto del proprietario: l’imposizione di un vincolo per assicurare l’utilità
sociale del bene può ben lasciare al proprietario il diritto di godere e
disporre di esso nel proprio interesse (es. Il proprietario può essere tenuto
per legge a mantenerlo in condizioni di decoro, sicurezza o igiene senza che
ciò escluda la posizione di vantaggio in cui si immedesima la sua
proprietà).14
Durante la redazione del c.c. era stato proposto da parte della Commissione
reale di sancire la funzione sociale della proprietà, proposta che non ebbe
però seguito.
Pur non includendo la proprietà tra i diritti fondamentali della persona, la
Costituzione ne afferma espressamente la garanzia: “la proprietà privata è
riconosciuta e garantita dalla legge” (art.422c.c.).
La garanzia costituzionale della proprietà ha un duplice significato: in primo
luogo, è garanzia dell’istituto della proprietà privata: qui si è espressa la
13
A.Gambaro, op.cit., p.145.
14
C.M.Bianca, op.cit., p.130.
15
scelta del costituente verso un sistema politico e sociale che rifiutava
l’ideologia comunista e il principio della proprietà pubblica di tutti i beni
immobili e dei mezzi produttivi.15
Sarebbe incostituzionale una norma che abolisse la proprietà privata è poi
garanzia del diritto di proprietà, cioè garanzia del proprietario: qui è recepito
il principio di salvaguardia del diritto contro le espropriazioni abusive, già
proclamato dallo Statuto Albertino.
La legge può limitare la proprietà per assicurarne la funzione sociale, ma
deve pur sempre trattarsi di limitazioni a carattere generale e compatibili col
contenuto essenziale della proprietà. 16
La Costituzione prevede la limitabilità del diritto di proprietà per
assicurarne la funzione sociale ma al tempo stesso sancisce il principio di
garanzia del diritto contro le limitazioni legali abusive.
Tale garanzia attiene: al rispetto della riserva di legge: le limitazioni
possono essere previste solo in via legislativa all’indicazione del fine
dell’utilità sociale che le limitazioni devono perseguire: sono illegittime le
imposizioni non giustificate da tal fine.
Al rispetto del principio di eguaglianza: sono illegittime le limitazioni che, a
parità di condizioni obiettive, gravino su taluni proprietari e non su altri.
Alla tutela di un contenuto minimo della proprietà: sono illegittime le
imposizioni normative di vincoli della proprietà privata senza indennizzo e
senza termine.
Il diritto della proprietà non si estingue pur se compresso al massimo. Le
limitazioni non possono però spingersi fino al punto di sacrificare
sostanzialmente la posizione del proprietario: vi è cioè una soglia che non è
dato al legislatore ordinario superare, soglia che è rappresentata dal normale
godimento della cosa.17
15
F.Gazzoni, op.cit, p. 131.
16
A. GAMBARO, op.cit., p.170.
16
La Costituzione non definisce la proprietà e la dottrina si chiede se accanto
alla proprietà civilistica sussista una proprietà costituzionale.
La dottrina americana è giunta senz’altro a parlare di una “new property”
come oggetto di tutela costituzionale, ma questa ipotesi non si concilia con
la nostra Costituzione, in quanto termini e istituti giuridici hanno di
massima nella Carta costituzionale il significato tecnico ad essi attribuito
nell’ambito dell’ordinamento positivo.
La proprietà tutelata dalla Costituzione è la proprietà definita dal codice
civile.
La legge determina i modi di acquisto, godimento e i limiti della proprietà al
fine di assicurarne la funzione sociale “e di renderla accessibile a tutti”
(art.422 c.c.).
La dottrina non ha attribuito molta importanza a questa indicazione
dell’accessibilità della proprietà quale scopo del legislatore ordinario,
sostenendo che la promozione dell’acquisto della proprietà rientra nel più
generale impegno dello Stato di realizzare l’eguaglianza sostanziale dei
cittadini: certo è, però, che questo impegno si specifica in relazione
all’acquisto di beni di particolare valore sociale (es. casa e terra) e
l’impegno può essere realizzato mediante interventi agevolati (es.
finanziamenti, agevolazioni fiscali, ecc) e mediane “limiti” legali della
proprietà (es. limiti quantitativi della proprietà terriera e prelazioni legali di
fondi affittati ad uso non abitativo). 18
Proprietà e imprese sono nozioni non omogenee: l’una esprime un diritto sui
beni, l’altra l’esercizio di un’attività.
L’esercizio dell’impresa non presuppone la proprietà dei beni produttivi,
bastando il possesso dell’azienda. Proprietà e impresa si prestano entrambe
a realizzare fini di interesse generale: la proprietà dev’essere disciplinata
dalla legge in modo da assicurarne la funzione sociale, mentre l’iniziativa
economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
18
C.M.Bianca, op. cit., p. 160.
17
L’impresa incontra quindi limiti generali che sono previsti direttamente
dalla Costituzione ma hanno contenuto negativo, ed in parte coincidono con
i doveri di rispetto altrui sanciti nella vita di relazione.19
L’indirizzo dell’impresa verso fini sociali può essere promosso mediante
programmi e controlli che incentivino l’attivazione o la conversione di
determinate attività produttive, ma non mediante divieti ed obblighi legali
(es. obbligo di incrementare la produzione).
A fini di utilità generali le imprese possono poi essere espropriate dalla
legge sempreché si tratti di imprese monopolistiche o afferenti a determinati
settori, comunque di preminente interesse nazionale.
Numerosi sono i limiti e gli obblighi che afferiscono al diritto di proprietà. I
limiti legali sono di diritto pubblico o di diritto privato secondo che siano
posti a diretta tutela di interessi generali (es. vincoli sui beni artistici) o di
interessi particolari (es. servitù coattiva di passaggio). 20
In un caso e nell’altro limiti e obblighi concorrono a determinare il
contenuto del diritto e non assumono carattere eccezionale: si tratta pur
sempre di limiti che restringono un potere generale di godimento e di
disposizione, suscettibile pertanto di riespandersi al venir meno di essi.
Le norme sui limiti ed obblighi della proprietà sono inderogabili quando
risultano posta a tutela di un interesse generale. Esempi. Obblighi volti a dar
ordine ai rapporti di vicinato, obblighi di manutenzione, di bonifica, di
conservazione del patrimonio culturale della nazione, ecc.
La proprietà è pubblica o privata (art 42 Cost.): pubblica è la proprietà dei
beni appartenenti allo Stato e agli altri enti pubblici non economici, privata è
la proprietà dei beni appartenenti ai privati.
La proprietà pubblica si distingue in demanio, patrimonio indisponibile e
disponibile.
I beni del demanio e del patrimonio indisponibile hanno in comune la
destinazione a finalità di interesse pubblico: i regimi di queste due categorie
19
A.Gambaro., op. cit., p.146.
20
C.M.Bianca, op. cit., p.168.
18
sono differenti, ma essi impongono comunque vincoli che limitano
pesantemente l’utilizzazione e la disponibilità dei beni per assicurarne la
particolare destinazione, sottraendoli in larga parte al diritto comune.
I beni del patrimonio disponibile sono invece assoggettati alla normativa
comune. La destinazione a finalità pubbliche limita la discrezionalità
dell’Amministrazione ma, seppur in un ambito ristretto, è pur sempre
all’Amministrazione che spetta decidere come utilizzare e disporre dei suoi
beni, anche in ordine alla loro destinazione (es. può convertirli in patrimonio
disponibile).21
A tutela dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili
l’Amministrazione può avvalersi dei suoi poteri autoritativi, e questo è un
dato di sicura differenziazione rispetto alla proprietà privata: ciò tuttavia
non esclude l’esperibilità delle normali azioni e dei rimedi posti a tutela
della proprietà privata.
Si conferma anche per questo verso che la proprietà pubblica rientra nella
unitaria nozione della proprietà. Il proprietario non può compiere atti che
non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri (art
833c.c.).
Requisiti della emulatorietà dell’atto sono: l’esercizio del diritto di
proprietà, cioè l’esplicazione della facoltà di godimento o di disposizione
della cosa: anche l’inerzia si considera tale, seppure eccezionalmente.22
La dottrina estende il divieto anche all’esercizio emulatorio di diritti reali
limitati.
La finalità pregiudizievole, intesa quale dolosa intenzione di arrecare ad
altri danno molestie (animus nocendi): in mancanza di specifiche
indicazioni normative, dovrebbe ritenersi necessaria e sufficiente
l’obbiettiva direzione dell’atto verso il risultato del danno o della molestia,
21
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit., p. 220.
22
A. GAMBARO, op. cit., p. 188.
19
senza richiedere ulteriormente che il proprietario sia consapevole della
pregiudizialità dell’atto o della sua antigiuridicità.23
Ma l’opinione corrente ravvisa nell’intenzione dolosa un elemento
costitutivo della fattispecie dell’atto emulativo, e ne pone la prova a carico
del danneggiato, onere se non altro alleggerito dalla giurisprudenza che
considera sufficiente al riguardo la prova che l’atto non risulti giustificato da
un interesse del proprietario obbiettivamente valutabile, che cioè appaia
inutile.
L’inutilità dell’atto, intesa come mancanza di un interesse obbiettivamente
apprezzabile al suo compimento, trovando il divieto fondamento nel
principio dell’abuso del diritto. Altri ritengono l’atto inutile è quando non
apporti alcun vantaggio all’autore o persegua un interesse non proporzionato
a quello del terzo.
Il danno e la molestia altrui, consistente nella lesione di interessi che non
sono già autonomamente tutelati nella vita di relazione, altrimenti, se lede
un interesse già tutelato (es. salute), è un comune atto illecito.
L’atto, piuttosto, è emulativo se diretto a ledere un qualsiasi rilevante
interesse altrui a prescindere dalla lesione di un diritto soggettivo. Al
riguardo possono distinguersi: situazioni di interesse all’ingerenza nella
sfera del proprietario, quando vi sia un apprezzabile interesse dei terzi ad
accedere sul fondo altrui (es. diritto di accesso di riprendere l’animale
sfuggito dalla custodia).24
Situazioni di interesse alla non ingerenza nella sfera del proprietario,
quando vi sia un apprezzabile interesse dei terzi a conservare l’integro e
sereno godimento dei loro beni (es. interesse a non essere privati di una
parte di panorama).
Dall’ambito della tutela del divieto esulano, oltre agli interessi già
specificamente tutelati, anche gli interessi specificamente sacrificati dalla
legge a fronte dell’interesse del proprietario e dell’interesse generale (es. se
23
A.Gambaro, op. cit., p.193.
24
C.M.Bianca, op. cit., p. 198.
20
il vicino non rispetta le norme sulle distanze, il proprietario può invocare i
rimedi concessigli dalla legge a prescindere dalla valutazione dei
confliggenti interessi poiché questa valutazione è già stata fatta dalla
legge).25
L’orientamento dottrinario reputa comunque necessaria la concreta
sussistenza di un interesse del proprietario che faccia valere il suo diritto.
Fondamento del divieto degli atti emulativi è il principio dell’abuso del
diritto: le critiche volte da una parte della dottrina alla figura dell’abuso del
diritto (dà troppa discrezionalità all’interprete a scapito della certezza
giuridica, e non si può parlare di esercizio abusivo del diritto, perché se
l’abuso fosse vietato sarebbe già al di fuori del lecito) non possono essere
condivise.26
A differenza di altri limiti che restringono in via preventiva e astratta il
contenuto dei diritti(es. il proprietario non può costruire entro una certa
altezza), il principio dell’abuso concerne la loro alterazione funzionale, in
quanto colpisce atti che rientrano nell’ambito dei poteri formalmente
spettanti al titolare del diritto, ma che non rispondono ad un suo
apprezzabile interesse e risultano nocivi per gli altri.
Il divieto di atti emulativi non è semplicemente uno dei limiti che
circoscrivono il diritto di proprietà. In quanto esso tutela una fascia di
interessi altrui, la sua violazione comporta la illiceità della lesione di tali
interessi: contro gli atti emulativi è allora esperibile, oltre al generale
rimedio del risarcimento del danno per equivalente e in forma specifica,
anche il rimedio dell’inibitoria.27
I rapporti di vicinato sono i rapporti che regolano il godimento dei fondi in
relazione ai fondi vicini: questi rapporti sono disciplinati dal codice in
funzione di un’ordinata coesistenza della proprietà fondiaria.
La disciplina dei rapporti di vicinato sancisce limiti alla proprietà fondiaria
nell’interesse reciproco dei proprietari, a tutela quindi di interessi privati: le
norme di vicinato possono tuttavia rispondere anche a finalità pubbliche,
25
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op. cit. , p.264.
26
F.Gazzoni, op. cit., p. 256.
27
A.Gambaro, op. cit. , p.210.
21
come le norme sulle distanze nelle costruzioni, acquistando così carattere di
inderogabilità. 28
I limiti sanciti dalle norme di vicinato consistono in divieti, obblighi e
soggezioni: essi però non sono riconducibili né alla nozione
dell’obbligazione, in quanto non sono sanciti a favore di soggetti
determinati ma esprimono particolari contenuti del dovere legale di rispetto
della proprietà altrui o di cooperazione, né alla nozione di servitù (anche se
il codice del 65 inseriva la disciplina dei rapporti di vicinato nel capo sulle
servitù prediali), la quale è un limitazione specifica costituita su un fondo a
vantaggio di un altro fondo determinato che richiede quindi un apposito
titolo costitutivo, mentre i limiti legali di vicinato ineriscono al normale
contenuto della proprietà.
In dottrina si è di recente negato che le norme di vicinato diano luogo
propriamente a limiti del diritto di proprietà: ad ogni imposizione fa infatti
riscontro un vantaggio derivante dalla reciproca imposizione, per cui
globalmente, considerando vantaggi e svantaggi, non potrebbe dirsi che le
norme di vicinato riducono il contenuto del diritto di proprietà.
Tuttavia, in realtà i limiti non si compensano l’uno con l’altro, e il
proprietario è limitato nell’utilizzazione del proprio fondo: il limite, infatti,
non viene meno solo perché il proprietario del fondo vicino subisce a sua
volta il medesimo limite.
Oltre alla generale norma che vieta gli atti emulativi(espressione del più
generale divieto di abuso del diritto), il codice detta una serie di specifiche
norme di vicinato, quali limiti reciproci delle proprietà immobiliari, aventi
ad oggetto, precisamente, le immissioni, le costruzioni, i muri, le opere
pericolose o nocive, le piante, le luci e vedute, lo stillicidio, le acque.
Norma di vicinato è anche quella che impone al proprietario di permettere
l’accesso al vicino che ne abbia particolari necessità.
28
C.M. BIANCA, op.cit,p.195.
22
Le immissioni sono propagazioni di fattori disturbanti causate dall’opera
dell’uomo.
Sono vietate le immissioni sul fondo altrui se superano la normale
tollerabilità (art.844 c.c.). Il vecchio codice non menzionava tale limite, ma
il principio era già riconosciuto da dottrina e giurisprudenza: la sua esplicita
previsione nel codice vigente conferma che esso ha acquistato nuova
importanza fronte del progresso industriale, che ha moltiplicato le fonti di
disturbo, e a fronte della crescente dannosità di queste per persone e cose.29
La norma del codice è intesa fondamentalmente a mediare il conflitto tra gli
interessi della proprietà e quelli dell’industria, anche se oggi si pone
soprattutto il problema del coordinamento della regola proprietaria con i
principi di tutela dell’ambiente e della salute.
La norma sulle immissioni è inserita tra le disposizioni generali sulla
proprietà fondiaria, e ciò potrebbe far pensare che essa sia una
specificazione del potere di esclusione del proprietario: tuttavia, la
disciplina risolve pur sempre conflitti d’uso proprietario, pertanto, pur
avendo acquistato nuova e più ampia portata, è comunque riconducibile
nell’ambito dei rapporti di vicinato.30
Le immissioni hanno per oggetto tutte le entità idonee a recare molestia,
come fumo, calore, gas, odori, rumori, scuotimenti ed altri simili elementi.
Primo requisito dell’immissione vietata è la materialità del suo oggetto,
sicché sono escluse dal divieto le c.d. immissioni ideali, consistenti nella
esposizione alla vista di cose squallide o terrificanti, attività ripugnanti, ecc.
Va però rilevato che le immagini sono pur sempre entità materiali che
possono comportare l’invivibilità di un appartamento se si tratta di
immagini insopportabilmente sgradevoli.
Analoga soluzione dovrebbe ammettersi quando un immobile venga adibito
ad attività contrarie al buon costume esercitate in modo manifesto,
assoggettando in tal modo il fondo altrui a viste invereconde, schiamazzi,
29
C.M.Bianca, op. cit., p. 236.
30
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op. cit., p.280.
23
ecc, e quando su un immobile siano predisposte sofisticate apparecchiature
che proiettano la loro operatività sul fondo altrui per carpire suoni e
immagini.31
Requisito delle immissioni vietate è la loro derivazione dal fondo del vicino.
Tale requisito implica anzitutto che le immissioni devono avere origine da
un fondo o deve trattarsi di immissioni “indirette”, consistenti cioè in
“ripercussioni” dell’attività svolta sul fondo altrui, e che le immissioni
devono provenire dal fondo di un “vicino”, anche se il riferimento alla
vicinanza del fondo imminente ha perso l’antico significato di “prossimità”,
dal momento che gli sviluppi della tecnica industriale hanno esposto i fondi
ad immissioni anche di remota provenienza.32
La previsione normativa deve pertanto interpretarsi come semplice
indicazione della relazione spaziale che rende un fondo assoggettabile alle
immissioni provenienti dall’altro.
31
C.M.Bianca, op. cit., p. 210.
32
F. GAZZONI, op. cit., p. 290.
24
CAPITOLO SECONDO
2.1 I modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo
Nei modi di acquisto a titolo derivativo, il proprietario (avente causa)
diventa titolare di un diritto che gli viene trasferito da un precedente
proprietario (dante causa).
L'acquisto a titolo derivativo si realizza in prevalenza con un contratto
(accordo tra due o più parti, come la compravendita,) o con la successione
(come avviene con il testamento o nella successione legittima).33
Colui che diventa proprietario di un bene a titolo derivativo non acquista un
diritto nuovo, ma lo stesso diritto del precedente proprietario.
All'acquisto a titolo derivativo si applicano due regole: nessuno può
trasferire un diritto diverso o più ampio di quello di cui è titolare e, se il
diritto di proprietà è gravato da limiti o vincoli, gli stessi limiti o vincoli
sono opponibili anche nei confronti del nuovo proprietario; se viene meno
per qualsiasi causa il diritto del proprietario precedente, di regola viene
meno anche il diritto del nuovo proprietario.
La proprietà può anche essere acquistata accettando una donazione ricevuta
(in tal caso, il diritto si trasferisce al momento dell'accettazione).34
Lo Stato può acquistare coattivamente un diritto di proprietà su un bene,
espropriandolo (a condizione che sussista una pubblica utilità e venga
corrisposto al proprietario un equo indennizzo). Infine, la proprietà può
essere acquistata in virtù dell'accettazione di un'eredità o di un legato dal
proprietario che è deceduto.35
33
F. SALARIS, op.cit., p. 350.
25
2.2 Compravendita
La vendita è un contratto di grande rilevanza sociale, quello cui qualsiasi
persona fa continuamente ricorso per procurarsi la disponibilità di tutti i
beni di cui ha bisogno.36
Un’operazione di vendita può essere attuata: dal produttore, che può
collocare sul mercato la propria produzione direttamente presso i
consumatori (difficile in caso di beni di largo consumo) o presso rivenditori
commercianti; da un intermediario nella circolazione dei beni (art.2195c.c.),
che può a sua volta esercitare il commercio direttamente nei confronti del
pubblico (vendita al minuto o al dettaglio) oppure tramite altri rivenditori
(commercio all’ingrosso); da un venditore non professionale che aliena un
determinato cespite (appartamento, automobile, televisore ecc..) non
nell’esercizio di un’attività continuativa, bensì con carattere di occasionalità
e con riguardo a beni già usati.
Anche le connotazioni soggettive delle parti (venditore e compratore)
possono influire su alcuni aspetti del trattamento giuridico dell’operazione
economica.
La compravendita è quel contratto che ha per oggetto il trasferimento della
Proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto (ad es. un diritto
reale ma anche p. es. un diritto di credito art. 1260 c.c.) verso il corrispettivo
di un prezzo (art. 1470 c.c.) che è elemento essenziale della vendita e
consiste in un corrispettivo in denaro.37
Il fatto che il corrispettivo dello scambio sia sempre un prezzo distingue la
vendita dalla permuta (art. 1552 c.c.). Il prezzo deve essere determinato o
determinabile: in difetto il contratto è nullo. Il codice prevede appositi
criteri legali di determinazione del prezzo. E’ un contratto consensuale: per
il suo perfezionamento non occorre la consegna della cosa, che costituisce
35
F. GAZZONI, op.cit.,p.65.
36
A. GAMBARO, op.cit.,p.250.
37
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit.,p.300.
26
invece obbligo per il venditore. La vendita può avere anche ad oggetto realtà
complesse come l’eredità, una quota di ereditò o di un’azienda. 38
Vendita ad effetti reali e vendita obbligatoria. E’ nota la distinzione tra
contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori.
La vendita ad effetti reali, produce in virtù del consenso il trasferimento
della proprietà della cosa (art. 1376 c.c.) o in genere del diritto
compravenduto della vendita, quando il contratto si riferisca ad una cosa
determinata.39
In alcune ipotesi, tuttavia, questo effetto non può immediatamente
realizzarsi (perché la cosa non è determinata o non è di proprietà del
venditore) e il contratto ha quindi efficacia obbligatoria: la proprietà non
passa immediatamente ma sorge dal contratto, a carico del venditore,
l’obbligo di procurarne l’acquisto al compratore, compiendo le attività a ciò
funzionali.40
Le figure più importanti di vendita obbligatoria sono:la vendita di cose
generiche (benzina, stoffa, grano:merce identificata per quantità e genere,
ma non ancora specificata), in cui è necessaria l’individuazione degli
specifici pezzi o masse o unità che si intendono consegnare o trasferire (art.
1378 c.c.); la vendita alternativa, in cui il trasferimento non si verifica se
non quando sia stata effettuata la scelta tra le due o più cose dedotte in
obbligazione (art.1258 c.c.); la vendita di cosa futura, in cui occorre sempre,
ai fini del trasferimento della proprietà, che la cosa sia venuta ad esistenza
(immobili da costruire); infine la vendita di cose altrui e non è né nulla né
annullabile.
Naturalmente, non è possibile l’immediato trasferimento della proprietà,
sicchè il contratto produce a carico del venditore l’obbligo di acquistare la
cosa dal proprietario per trasmetterla al compratore.
38
F. SALARIS,op.cit., p.212.
39
A. GAMBARO ,op.cit., p.290.
40
F. Salaris ,op.cot., p.214.
27
È importante precisare che costui diventa proprietario nel momento stesso
in cui il venditore acquista la proprietà della cosa dal terzo titolare (art. 1478
c.c.).
In tal caso l’effetto acquisitivo in capo all’acquirente di cosa altrui si
produce automaticamente, senza bisogno di un’ulteriore dichiarazione di
volontà (al contrario del contratto preliminare).
La giurisprudenza ammette che il venditore di cosa altrui possa adempiere il
proprio obbligo anche inducendo il proprietario a trasferire direttamente la
proprietà al compratore.
Qualora il venditore non riesca a procurare al compratore l’acquisto della
proprietà, risponde del proprio inadempimento. 41
Occorre peraltro
distinguere il caso in cui il compratore sapesse che la cosa venduta non
apparteneva al compratore (ed abbia inteso stipulare un contratto in forza
del quale il venditore assumeva l’obbligo di procurare l’acquisto della
proprietà), da quello in cui il compratore ignorava l’altruità della cosa.
In quest’ultima ipotesi, il compratore che venga ex post a conoscenza
dell’altruità della res può chiedere la risoluzione del contratto, se nel
frattempo il venditore non gli ha fatto acquistare la proprietà, oltre al
risarcimento del danno, alle restituizioni e ai rimborsi, secondo le regole che
verranno illustrare riguardo la garanzia per evizione. Si attribuisce efficacia
obbligatoria anche alla vendita con riserva di proprietà.
Forma e pubblicità della vendita. Bisogna ricordare che la vendita di beni
immobili deve farsi per atto scritto (art. 1350 c.c.), ed è soggetta a
trascrizione (art. 2643 c.c.). A questa pubblicità soggiace anche la vendita di
mobili registrati (automobili, navi, aeromobili).42
Si rammenterà che la forma scritta è richiesta anche per la promessa di
vendita immobiliare (art. 1351 c.c.), che ora, se stipulata per atto pubblico o
per scrittura privata autenticata, è suscettibile di trascrizione (art. 2645 c.c.).
41
F. Salaris, op. cit. ,p.214.
42
C. M Bianca, op. cit , p.187.
28
Obbligazione del venditore. Le obbligazioni principali del venditore sono,
per l’art. (1476 c.c.): fare acquistare al compratore la proprietà della cosa o
la titolarità del diritto oggetto dello scambio, se l’acquisto non è effetto
automatico del contratto.43
Se la vendita è ad effetti reali, la proprietà o il diritto si trasferiscono
automaticamente al momento della conclusione del contratto (art. 1376 c.c.),
e dunque non sussiste un corrispondente obbligo in capo al venditore;
consegnare la cosa al compratore.
Questa obbligazione riguarda un momento diverso dal trasferimento della
proprietà.
Se come si verifica nella vendita ad effetti reali, il trasferimento della
proprietà è già avvenuto alla conclusione del contratto, la consegna della
cosa costituisce l’atto che pone il compratore nella condizione di disporre
materialmente della cosa diventata sua e di poterla utilizzare.
La consegna deve avvenire nel tempo e nel luogo fissati dal contratto. In
mancanza di pattuizione al riguardo, essa deve essere fatta appena concluso
il trasferimento del diritto.
Riguardo il luogo in base (art. 1182 c.c.)44
, l’obbligazione di consegnare una
cosa certa e determinata, in mancanza di pattuizione deve essere adempiuta
nel luogo in cui la cosa si trovava quando è sorta l’obbligazione, se
entrambe le parti ne erano a conoscenza.
Altrimenti la consegna deve avvenire nel luogo in cui il venditore aveva il
domicilio o la sede dell’impresa. Per le vendite da piazza a piazza il
venditore si libera dell’obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore
o allo spedizioniere.
Garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
La funzione fondamentale della vendita consiste nel fare acquistare al
compratore la titolarità del diritto trasferito e la libera disponibilità del bene
venduto.
43
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP.CIT.,P.246.
44
M. FRANZONI, R. ROLLI, OP.CIT., P.180.
29
La legge attribuisce perciò al compratore una particolare tutela per il caso
in cui sia privato del godimento del bene acquistato o ne subisca una
limitazione, per effetto di diritti che terzi facciano valere sulla res.
Al riguardo vanno distinte varie ipotesi: evizione totale, con tale espressione
si allude alla situazione del compratore che sia rimasto soccombente nel
giudizio instaurato contro di lui da un terzo che abbia rivendicato la
proprietà del bene. Costituiscono evizione per il compratore pure
l’espropriazione forzata del bene o la sua espropriazione per causa di
pubblica utilità, ecc.
Il compratore convenuto in giudizio da un terzo che vanta diritti sul bene ha
l’onere di chiamare in causa il venditore, in quanto quest’ultimo potrebbe
essere in grado di fornire le prove necessarie per dimostrare che l’azione
intentata dal terzo è infondata.
Il compratore che però non chiama in causa il venditore perde la garanzia,
se rimane soccombente di fronte al terzo, qualora il venditore dimostri che,
ove fosse stato chiamato in giudizio, avrebbe potuto addurre ragioni
sufficienti per far respingere la domanda proposta contro il compratore dal
terzo (art. 1485 c.c.).45
Allo stesso tempo il compratore perde il diritto alla garanzia se riconosce
spontaneamente il diritto affermato dal terzo, a meno che sia in grado di
provare che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l’evizione (art.
1485 c.c.), nel qual caso ovviamente ogni resistenza sarebbe stata inutile e
dispendiosa.
Il compratore che abbia ragione di temere che la cosa possa essere
rivendicata da terzi può sospendere il pagamento del prezzo, a meno che il
pericolo gli fosse già noto al momento della vendita (art.1481c.c.)
(intimidazioni o diffide).46
45
F. Gazzoni, op. cit. , p.290.
46
C.M. BIANCA, op. cit., p.200.
30
Se il compratore subisce l’evizione ha diritto di pretendere dal venditore il
risarcimento del danno, la restituzione del prezzo, anche se la cosa è
diminuita di valore o deteriorata ed il rimborso delle spese fatte per il
contratto (imposte).
La garanzia è un effetto naturale del negozio, pertanto non sono necessarie
alcune pattuizioni.
Inoltre siccome la garanzia è predisposta nell’interesse del compratore,
questi può rinunziarvi o contentarsi di una garanzia minore, come può
pattuire che ne derivino effetti più gravi; il venditore ne risponde se
l’evizione dipenda da un fatto suo proprio ed è nullo un patto contrario.
L’esclusione comporta che il compratore può richiedere soltanto la
restituzione del prezzo ma non il risarcimento.
Evasione parziale: se è soltanto parziale il compratore ha diritto alla
risoluzione del contratto qualora debba ritenersi che non avrebbe acquistato
la cosa senza la parte per la quale ha subito l’evizione; altrimenti può
ottenere solo una riduzione del prezzo, salva in ogni caso l’azione per il
risarcimento dei danni qualora ignorasse l’altruità parziale della cosa.
Cosa grava da oneri o diritti di godimento di terzi: in tal caso il compratore
che non ne era a conoscenza può domandare la risoluzione del contratto,
qualora si ritenga che non avrebbe comprato la cosa se ne fosse stato a
conoscenza oppure una riduzione del prezzo oltre al risarcimento dei danni.
La garanzia per i vizi. Vizi di una cosa sono le imperfezioni o alterazioni del
bene, dovute alla sua produzione o alla sua conservazione.47
Se il bene venduto presenta vizi non irrilevanti al compratore spetta ex lege
una speciale tutela, denominata garanzia per i vizi (art.1490 cc). Il
compratore non ha diritto di protestare per qualsiasi difetto della cosa
acquistata. Il venditore è tenuto alla garanzia quando i vizi siano tali da
rendere il bene inidoneo l’uso a cui è destinato o quanto meno da diminuire
in modo apprezzabile il valore.
47
A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP. CIT. ,P.287.
31
La garanzia non è dovuta se, al momento del contratto, il compratore,
trattandosi di vendita di cosa specifica, conosceva i vizi della cosa o si
trattava di vizi facilmente riconoscibili. Anche questa limitazione cade
nell’ipotesi in cui il venditore abbia dichiarato che la cosa è esente da vizi.
Il compratore, peraltro, se intende far valere la garanzia cui il venditore è
tenuto, ha l’onere di denunciare l’esistenza dei vizi entro 8 gg., che
decorrono dalla consegna se si tratta di vizi apparenti o dalla scoperta se si
tratta di vizi occulti.
Il vizio si dice apparente quando, con un esame diretto della cosa condotto
con criteri di diligenza, avrebbe dovuto accorgersene.
Ove ricorrano i requisiti indicati, il compratore ha diritto di chiedere, a sua
scelta, o la risoluzione del contratto, (actioredhibitoria) restituendo il bene e
facendosi restituire il prezzo pagato o liberandosi dall’obbligo di pagarlo,
ovvero la riduzione del prezzo, (actio quanti minorino aestimatoria) salvo in
ogni caso il diritto al risarcimento del danno, a meno che il venditore provi
di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa (art.1494 c.c.).48
La scelta è rimessa al compratore, salvo il caso in cui gli usi escludano, per
determinati vizi, la risoluzione della vendita, e diviene irrevocabile quando è
fatta con la domanda giudiziale.
La giurisprudenza ha precisato che, qualora il venditore si impegni ad
eliminare i vizi della cosa, tale impegno non comporta novazione oggettiva
delle obbligazioni derivanti dal contratto; pertanto, qualora il venditore non
proceda all’eliminazione del vizio, il compratore può esperire le ordinarie
azioni di garanzia.49
La risoluzione della vendita implica la restituzione della cosa. La legge
precisa che, se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il
compratore ha comunque diritto alla risoluzione del contratto; se invece la
cosa è perita per caso fortuito, per colpa del compratore, o è stata da lui
alienata o trasformata, è esperibile saltato l’azione di riduzione del prezzo.
48
M. Franzoni, R. Rolli., op. cit., p.230.
49
C. M. Bianca,op. cit., p.258.
32
L’azione del compratore è soggetta ad un termine di prescrizione di un
anno, che decorre dal momento della consegna. Però con regola identica a
quella già esaminata in tema di azione di annullamento, la legge prevede
l’imprescrittibilità dell’eccezione, sicché il compratore convenuto in
giudizio per l’esecuzione del contratto può sempre opporre il vizio della
cosa purché però abbia denunciato il vizio entro il termine di decadenza.
Identica tutela spetta al compratore qualora la cosa venduta non abbia le
qualità promesse, ossia garantite dal venditore al momento della
conclusione del contratto.
Dalla garanzia per i vizi occulti o per difetto delle qualità promesse o
essenziali va tenuta accuratamente distinta la tutela che spetta all’acquirente
in un caso molto grave: quello della consegna di un bene radicalmente
diverso per le sue caratteristiche socio economiche.
In tal caso il compratore ha diritto di esperire la normale azione di
risoluzione del contratto (art.1453 c.c.), che non applicandosi la norma
speciale di cui (art. 1497 c.c.).non è soggetta né a decadenza per mancata
tempestiva denuncia, né al breve termine di prescrizione annuale.
La garanzia dovuta per legge può essere variamente accresciuta e
disciplinata in via convenzionale, vale a dire mediante specifici patti inseriti
nel contratto, oppure può essere diminuita o esclusa: in quest’ultimo caso,
però il patto non è valido se il venditore ha in mala fede taciuto i vizi della
cosa.50
Un patto particolare, che la legge contempla nell’ambito della vendita
mobiliare, è la garanzia di buon funzionamento, che si ha quando il
venditore abbia garantito per un certo tempo il funzionamento della cosa
venduta.
In tal caso il compratore deve denunciare il difetto di funzionamento entro
trenta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza e la relativa azione si
prescrive in sei mesi dalla scoperta.
50
F. Gazzoni,op. cit.,p.298.
33
La garanzia di funzionamento opera diversamente dalle generali azioni
discendenti dalla garanzia per i vizi, in quanto il giudice può assegnare al
venditore un termine per sostituire o riparare la cosa, salvo il risarcimento
dei danni subiti.
L’obbligazione del compratore. L’obbligazione principale del compratore
consiste nel pagare il prezzo pattuito (art. 1498 c.c.), entro il termine e nel
luogo stabiliti dal contratto o in mancanza al momento e nel luogo della
consegna. Di regola il prezzo è oggetto di libero negoziato tra le parti, che di
solito, concordano per il prezzo di mercato.51
La legge prevede apposite regole per il caso in cui le parti non abbiano
determinato il prezzo o fissato i criteri per la sua determinazione. Se il
contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente si presume
che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal
venditore.
Le parti possono anche affidare la determinazione del prezzo ad un terzo
eletto nel contratto o da eleggere posteriormente. Sarebbe nulla, per
mancanza di un elemento essenziale, la vendita in cui il prezzo non sia stato
né espressamente né implicitamente determinato.
La vendita con patto di riscatto (artt.1500-1509 c.c.)è una vendita sottoposta
a condizione risolutiva potestativa: il venditore si riserva il diritto di riavere
la cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla
legge.52
Vi si ricorre di solito quando il venditore è indotto a vendere per realizzare
denaro liquido, ma spera di poter, entro un certo termine, avere la somma
necessaria per farsi restituire la cosa venduta.
La vendita produce i suoi effetti, ma questi si eliminano se il venditore
dichiara di voler riscattare la cosa venduta. Basta questa dichiarazione a far
rientrare la cosa nel patrimonio del venditore.
51
A. Torrente, P. Schelsinger, op .cit., p.289.
52
A. Gambaro, op .cit., p. 179.
34
L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un breve termine di
decadenza (art.1501 c.c.). La condizione se verifica ha effetto retroattivo,
perciò il riscatto ha effetto rispetto ai subacquirenti, i quali sono tenuti a
rilasciare la cosa (art. 1504 c.c.).53
L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un breve termine di
decadenza, di due anni per i beni mobili e di cinque per gli immobili. Il
termine è inderogabile e improrogabile.
Il patto di riscatto si distingue dal patto di retrovendita, che ha effetti
obbligatori: esso obbliga il compratore alla stipulazione di un nuovo
contratto di vendita.
Diversa è anche la in diem addictio, che è la clausola con la quale si
stabilisce che la vendita fatta resta caudata se entro un certo termine il
venditore trova da vendere la cosa ad un altro acquirente a condizioni
migliori.
Dall’interpretazione della volontà delle parti risulterà se il patto dà luogo ad
una condizione sospensiva o risolutiva.
Vendita di cose mobili. La vendita di merci e di cose mobili costituisce il
caso più frequente di compravendita. La legge specifica quale deve essere il
luogo della consegna, che in assenza di apposito patto, è il luogo in cui la
cosa si trovava all’atto della conclusione del contratto o quello in cui il
venditore aveva il domicilio o la sede dell’impresa.54
Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si libera
consegnando la cosa al vettore: la merce dunque viaggia a rischio e pericolo
del compratore e i costi del trasporto sono a carico del compratore, salvo
patti contrari.
In tema di vendita con trasporto la prassi ha messo a punto apposite clausole
volte a regolare la distribuzione dei rischi e dei costi: la clausola cif, cioè
somma pagata, oltre al prezzo della merce, le spese per il caricamento, per
l’assicurazione e per il trasporto.
53
F. Gazzoni, op .cit.,p.298.
54
F. Salaris , op .cit., p.342.
35
La clausola comporta per il venditore l’obbligo di consegnare la polizza di
assicurazione e di regola l’assunzione del rischio da parte del compratore
dal momento in cui è avvenuto il caricamento sulla nave.
Apposite regole riguardano la tutela contro l’inadempimento delle parti;se il
compratore non si presenta a ricevere la cosa venduta, il venditore può
depositarla in un pubblico deposito, a spese del compratore; se il compratore
non paga il prezzo, il venditore può far vendere la cosa per conto e a spese
del compratore per mezzo di un ufficiale giudiziario o di un commissario
nominato dal tribunale, ed ha diritto alla rifusione del minor prezzo
incassato e al risarcimento del danno (vendita in danno del compratore) (art.
1515 c.c).
È infine previsto un particolare mezzo di risoluzione del contratto: se una
delle parti offre la propria prestazione, e l’altra non l’accetta e non esegue la
propria, il contratto si risolve di diritto; la risoluzione ha luogo, però,
soltanto se la parte non inadempiente dichiara di volersene avvalere entro
otto giorni dalla scadenza del termine; altrimenti si applicano le regole
generali sulla risoluzione del contratto.
Figure particolari di vendite mobiliari55
sono: la vendita con riserva di
gradimento (art.1520 c.c.) che costituisce un’opzione, vincolato è soltanto il
venditore, ed il contratto si perfeziona, obbligando pure il compratore,
soltanto quando costui comunica al venditore che la cosa è di suo
gradimento;la vendita a prova, nella quale la cosa venduta debba avere le
qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui era destinata (art.1521 c.c.); la
vendita su campione; vendita perfetta ma può essere risolta se la merce è
difforme dal campione. Differisce dalla vendita su tipo di campione, perché
in quest’ultima vendita per ottenere la risoluzione, occorre una difformità
notevole dal campione, che ha solo valore di orientamento “art. 1522 c.c.”;
la vendita su documenti che attribuiscono a chi li possiede il diritto ad
ottenere la consegna delle cose stesse dal detentore ed il potere di
55
A. GAMBARO,op. cit, p.230.
36
disposizione su di esse; la vendita a termine di titoli di credito che trova
frequente applicazione nelle contrattazioni.
37
2.3 Donazione
La donazione è il negozio giuridico con il quale una parte, il donante,
intenzionalmente arricchisce l’altra, il donatario, disponendo di un proprio
diritto, oppure obbligandosi a disporne, senza conseguire un corrispettivo.
Ai sensi (art. 769 c.c.), la donazione è un contratto, per il suo
perfezionamento serve l’incontro delle dichiarazioni di entrambe le parti.56
Il codice del 1865 definiva la donazione come atto unilaterale e la accostava
al testamento. C’è da un lato la manifestazione di volontà di una parte di
arricchire l’altra parte senza corrispettivo, dall’altro lato la volontà del
donatario di accettare l’arricchimento.
Qui trova piena applicazione la regola secondo la quale invito beneficium
non datur, in origine posta a presidio di una assoluta intangibilità della sfera
giuridica di ogni individuo e ora ,nell’attuale ordinamento , rilevante solo
nei limiti in cui il beneficio non rechi oneri o obblighi con sé, ad esempio la
donazione di un edificio e ai connessi oneri di manutenzione.
Secondo alcune tesi, pur essendo la donazione un contratto, è inammissibile
un preliminare di donazione, vista la sua spontaneità, infatti sarebbe esclusa
da un contratto volto a creare l’obbligo di concludere una donazione.
A questo si è obiettato che la spontaneità dell’attribuzione verrebbe
anticipata dal contratto preliminare, non per questo elisa, sì che la sequenza
preliminare di donazione/atto definitivo di attribuzione continuerebbe a
soddisfare i requisiti dei quali (art.769 del c.c.).
Uguale contrasto accompagna la sorte della promessa di donazione. Non
rientra invece nella categoria delle “donazioni” il negozio di dotazione delle
fondazioni, costituito per atto inter vivos.57
56
C.M. Bianca, op. cit., p.243.
57
A. Torrente, P. Schelsinger,op. cit., p.154.
38
Il contratto di donazione sorge allo scopo di arricchire un altro soggetto,
elementi della donazione sono lo spirito di liberalità e l’arricchimento.
Lo spirito di liberalità (animus donandi) è, secondo la dottrina
maggioritaria, la causa del contratto, la quale, anche per la donazione, va
distinta dai motivi, i quali per regola generale restano al di fuori della
convenzione.58
Arduo è definire lo spirito di liberalità. La dottrina e la giurisprudenza, pur
condividendo la tesi che in esso risieda la causa del negozio in parola,
offrono di esso molteplici descrizioni. In via generale per spirito di liberalità
può intendersi l’intento altruistico di beneficiare il donatario.
Di questo un’eco negli atti notarili, soprattutto di qualche decennio or sono,
ove il donatario dichiara di accettare “con animo grato”, quale volontà
correlata all’intento altruistico del donante.
Altre tesi, di tipo oggettivistico, ritengono invece che la funzione della
donazione consista unicamente nell’attribuire un proprio bene ad altri senza
conseguire un corrispettivo.
Lo spirito di liberalità, preteso (art. 769 c.c.), non sarebbe relativo alla causa
del negozio, ma servirebbe solo a colorare l’intenzionalità dell’attribuzione
non bilanciata economicamente dal corrispettivo.
È donazione anche l’arricchimento remuneratorio, cioè quello fatto per
riconoscenza, a fronte dei meriti del donatario o per speciale remunerazione
(art. 770 c.c.).59
A differenza di quella ordinaria, la donazione remuneratoria è irrevocabile e
non obbliga il donatario a prestare gli alimenti al donante; comporta invece,
a carico del donatario, la garanzia dei vizi per l’evizione.
Non è donazione la liberalità attuata in considerazione dei servizi resi al
donatario, se non eccede i limiti di una stretta proporzionalità, né la
liberalità di utilizzo.
58
A. Gambaro, op. cit., p. 145.
59
A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p.72.
39
L’arricchimento è l’incremento del patrimonio del donatario e si può
realizzare disponendo a favore di questi di un diritto oppure obbligandosi a
una prestazione di dare (cosiddetta donazione obbligatoria). Si discute se la
nozione debba essere intesa in senso economico, oppure esclusivamente
giuridico, quale attribuzione di un diritto.
Accogliendo la prima tesi, maggioritaria, ne deriva che, in ordine alla
donazione modale, il modus non può, al momento del perfezionamento
dell’atto, essere di valore tale da depauperare per intero il valore della
donazione.
La donazione è un contratto animato da spirito di liberalità, ed è necessario
che il donante si privi di un proprio bene (depauperamento) in favore
dell’arricchimento del donatario (ossia del soggetto a favore del quale è fatta
la donazione).
Si distingue dalla donazione il contratto a titolo gratuito, dove l’assenza di
corrispettivo non equivale a spirito di liberalità. Classico esempio di
contratto a titolo gratuito è quello concluso dal giovane violinista che si
esibisce gratuitamente per uno spettacolo, al fine di farsi pubblicità.60
Il cosiddetto ritorno pubblicitario rappresenta infatti un valido interesse
patrimoniale che giustifica causalmente il contratto a titolo gratuito.
Al contrario, nella donazione non sussiste alcun interesse patrimoniale del
donante. Lo scopo di arricchire una persona si può raggiungere anche
indirettamente, avvalendosi di atti che hanno una causa diversa.
In simili casi si parla spesso di donazione indiretta: il caso più frequente è
quello della vendita di una cosa a un prezzo inferiore al suo valore
(negotiummixtumcumdonatione), questi negozi attuano sia la causa di
scambio, sia quella donativa.
Rientrano tra le donazioni indirette anche il pagamento di un debito altrui (il
genitore che paga un debito del figlio), la remissione del debito (il creditore
cancella un debito al suo debitore), il procurare l’acquisto di un bene a un
terzo o, intervenendo all’atto di acquisto per pagare il relativo prezzo, o
60
F. Salaris, op. cit., p.420.
40
fornendo al terzo il denaro necessario per l’acquisto, o apponendo al
contratto di acquisto una clausola che comporti l’intestazione del bene a
favore del terzo che si intende beneficiare (contratto a favore del terzo).
Oltre alla sproporzione oggettiva fra le due prestazioni, serve che questa
sproporzione sia voluta dalla parte che la subisce, allo scopo di dar vita a
una liberalità. Questo fine è necessario che sia noto alla controparte.
La donazione indiretta non soggiace alle norme in tema di donazione, ma
soltanto ad alcune, soprattutto quelle in tema di riduzione e collazione. Essa
non necessita della forma pubblica.
Per una parte della dottrina, la donazione indiretta rientra fra i negozi
indiretti e va distinta dalla donazione simulata. Nella donazione indiretta il
negozio apparente è quello effettivamente voluto, in quanto non c’è
differenza fra volontà e dichiarazione.
Nella donazione simulata il contratto apparente non corrisponde alla reale
volontà delle parti, che fanno assumere la parvenza di un negozio oneroso
alla loro volontà di stipulare un contratto gratuito.
La “capacità di donare” è regolata dai principi generali: non possono donare
i minori, gli interdetti, gli inabilitati, gli incapaci naturali.
Parziale eccezione è prevista per le donazioni obnuziali (ovvero, quelle
fatte a causa di matrimonio): sono valide se fatte con l’assistenza di chi
esercita la potestà (o la tutela o la curatela) le donazioni fatte nel contratto di
matrimonio dal minore o dall’inabilitato.61
Le persone giuridiche possono donare se così è previsto nello statuto o
nell’atto costitutivo, e nei limiti di queste discipline.
La donazione è un atto personale del donante: perciò, la scelta del donatario
o dell’oggetto della donazione deve essere frutto dell’esclusiva volontà del
donante, quindi non è una decisione che può essere rimessa al
rappresentante. Perciò, è nullo il mandato a donare quando attribuisce ad
altri proprio la facoltà di operare le anzidette scelte (art. 778 c.c.).62
61
F. Gazzoni, op. cit., p. 350.
62
A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p.450.
41
È possibile rimettere al mandatario la scelta tra determinate categorie di
persone o la scelta dell’oggetto della donazione fra più cose comunque
indicate dal donante.
In questi casi, dato che la donazione richiede la forma per atto pubblico,
visto (art. 1392 c.c.) in tema di forma della procura, la stessa forma sarà
richiesta anche per la procura a donare.
Sulla “capacità di ricevere per donazione”, c’è parallelismo con la
normativa a tal riguardo adottata per il testamento. Così, il figlio di una
persona vivente al tempo della donazione, anche se ancora non concepito,
può ricevere; analogamente, possono ricevere le persone giuridiche (al
riguardo non è più richiesta l’autorizzazione amministrativa
all’accettazione, essendo stato abrogato art. 17 del c.c.).
Si può donare anche a favore di un ente non riconosciuto, senza che
l’efficacia della donazione sia più subordinata alla richiesta di
riconoscimento (sono stati abrogati gli art.600 e 786 c.c.).
È ammessa la donazione a favore di figli naturali non riconoscibili e, dopo
l’intervento della Corte Costituzionale che ha giudicato illegittimo (art. 781
c.c.), sono ammissibili anche le donazioni tra coniugi.63
Non è invece
ammessa la donazione a favore del tutore (o del protutore) dell’incapace.
L’oggetto della donazione non può essere un bene futuro(art. 771 c.c.),
mentre può essere costituito da tutti i beni presenti nel patrimonio (infatti,
l’obbligo del donatario di prestare gli alimenti al donante supplisce
adeguatamente lo stato di bisogno in cui quest’ultimo viene a trovarsi).
In quest’ultima ipotesi (donazione universale) si fa riferimento ai singoli
beni che compongono il patrimonio, essendo esclusa l’indeterminatezza
dell’oggetto della donazione.
La donazione dell’azienda è relativa ai fini della determinazione
dell’oggetto della donazione, non esclusivamente il valore dei beni che
compongono l’azienda, ma anche il valore dell’avviamento.
63
F. Salaris, op. cit., p. 486.
42
L’azienda non è infatti concepibile come semplice insieme dei beni
attraverso i quali l’imprenditore esercita l’impresa, questo insieme non
sarebbe “azienda” se non si tenesse conto della sua potenzialità produttiva,
peraltro connessa alle qualità personali dell’imprenditore.
Non è ammissibile, visto il divieto di donare beni futuri, la donazione di
beni altrui. Secondo Andrea Torrente, la donazione di bene altrui, sebbene
sia nulla per mancanza di un elemento essenziale del contratto, costituisce
comunque titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà (di beni
mobili) ai sensi “dell’art. 1153 c.c.”.
Se oggetto della donazione è una universalità patrimoniale, non si applica il
divieto dell’articolo del codice civile ai beni che si aggiungono
all’universalità successivamente al perfezionamento del contratto di
donazione, dal momento che questi beni rientrano nel concetto di unità
funzionale o ideologica che è tipico dell’universalità.
Se un contratto di donazione ha ad oggetto sia beni presenti sia beni futuri,
la donazione è nulla soltanto rispetto a questi ultimi.
La donazione richiede sempre l’atto pubblico a pena di nullità ex (art. 782
c.c.), sia quando ha per oggetto immobili sia mobili, alla presenza di due
testimoni: la ratio è far riflettere il donante sulla gravità della scelta che
compie, questa forma solenne non è richiesta per le donazioni di modico
valore aventi ad oggetto beni immobili o immobili specifici.
La modicità del bene, va valutata anche in base alle condizioni economiche
del donante.
Quando la donazione ha per oggetto beni mobili, l’atto deve contenere la
specificazione del loro valore. Il valore dei beni mobili può risultare anche
da nota a parte, purché sottoscritta dalle parti e dal notaio.
Non è necessaria l’indicazione di eventuali pertinenze incluse nella
donazione. Se oggetto della donazione è una universitas, secondo la dottrina
maggioritaria è sufficiente indicarne il valore complessivo.64
64
A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p. 543.
43
Se oggetto della donazione è l’azienda, posta la rilevanza dell’avviamento,
la specificazione dei beni che la compongono appare superflua: secondo
Andrea Torrente conviene infatti specificare complessivamente il valore
dell’azienda, incluso il valore di avviamento.
Anche gli elementi accidentali devono risultare dall’atto pubblico.
La donazione può avere per oggetto la nuda proprietà con riserva di
usufrutto a vantaggio del donante.
La legge notarile impone la presenza di due testimoni; se l’accettazione
della donazione non avviene contestualmente alla formulazione dell’offerta,
deve pervenire al donante nelle forme della notificazione previste dal codice
di procedura civile.65
Non è prevista la presenza dei testimoni per l’accettazione, se questa non è
contestuale alla formulazione dell’offerta.
La donazione si perfeziona con l’accettazione. Fino al perfezionamento, è
ammessa la revoca dell’offerta, è anche ammessa la revoca tempestiva
dell’accettazione, che costituisce certamente un atto recettizio, ed è
ammessa l’irrevocabilità convenzionale dell’offerta.
65
C. M: Bianca, op. cit., p. 236.
44
2.4 Legatario ed erede
Si definisce erede colui che è istituito successore a titolo universale.
Subentra cioè nel patrimonio del de cuius nella medesima posizione di
diritto in cui si trovava il defunto.
La sua è una successione che riguarda l'intero patrimonio o in una quota di
esso, compresi rapporti attivi e passivi comprendendo la totalità dei suoi
rapporti trasmissibili. Lo status di erede è indipendente dall'espressione
utilizzata nel testamento.
Ciò che rileva ai fini della sua istituzione è la sua successione a titolo
universale che viene stabilita dalla chiara espressione in tal senso della
volontà del de cuius. In linea teorica, e non solo, si potrebbe trovare
l'espressione erede senza che a ciò consegua una reale successione a titolo
universale.66
Se l'erede succede a titolo universale, il legatario è invece colui che succede
a titolo particolare e al quale il testatore attribuisce, tramite una disposizione
testamentaria, un bene o un diritto di carattere patrimoniale.
In poche parole, il legatario non entra in possesso di una quota del
patrimonio. Tale definizione, che si potrebbe definire a carattere residuale,
la si trova espressa (art. 588 c.c.). Il legatario in quanto successore a titolo
particolare, non risponde dei debiti ereditari e succede esclusivamente nei
rapporti attivi del testatore.
Differenze ulteriori sono rintracciabili in elementi di diritto sostanziale. In
primo luogo il possesso. Mentre l'erede subentra nel possesso del defunto
senza alcuna soluzione di continuità, il legatario inizia un nuovo possesso.
Altro aspetto distintivo riguarda l'accettazione che nel caso dell'erede
necessità di una accettazione tacita o espressa mentre per quanto riguarda il
legatario non richiede alcun atto specifico, fatta salva la possibilità del
legatario di compiere atto di rinuncia.
66
F. Salaris, op. cit., p .470.
45
Tuttavia, che siano legatari o eredi, tutti i beneficiari di un patrimonio
devono essere determinati o facilmente determinabili, secondo (art 628 c. c.)
''è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo
da non poter essere determinata''.67
Sia l'eredità che il legato possono essere sottoposti ad oneri, e se questi non
vengono rispettati, la disposizione testamentaria potrebbe essere risolta, in
altre parole, annullata; a condizione sospensiva, ovvero vengono sospesi gli
effetti del testamento fino all'adempimento di una condizione; infine, a
condizione risolutiva, cioè il verificarsi di una data condizione fa venire
meno l'istituzione di erede o di legato.68
67
F. Gazzoni, op. cit., p. 546.
68
A. Gambaro, op. cit., p. 435.
46
2.5 I modi di acquisto della proprietà a titolo originario
Modi di acquisto a titolo originario, dove l’acquisto della proprietà non
dipende dal diritto di un precedente titolare (ad es., il pescatore diventa
proprietario dei pesci caduti nella rete), ma nasce direttamente nel
patrimonio dell’attuale titolare.
L’acquisto a titolo originario non si ha esclusivamente quando il diritto di
proprietà su un bene sorge per la prima volta in capo a un soggetto, ma
ricorre ogni volta che l’acquisto della proprietà non deriva dal diritto del
precedente titolare e prevale anche su questo (ad esempio, usucapione,
acquisto di beni mobili ex art. 1153 c.c.).69
Al contrario, nell’acquisto a titolo originario, si estingue il diritto del
precedente proprietario e si estinguono i diritti reali e le garanzie reali
esistenti sul bene.
Ex (art. 922 c.c.), la proprietà può essere acquistata a titolo originario: per
"occupazione", relativamente ai beni mobili abbandonati o alle res nullius
con la presa di possesso (art. 923 c.c.); per "invenzione", relativamente alle
cose smarrite o dimenticate (art. 927 c.c.); per "accessione", a favore del
proprietario del suolo e fatte salve le eccezioni di legge, ove sopra o sotto lo
stesso sorgano altre opere (artt. 934 c.c.); per "specificazione", a seguito
della trasformazione della materia in cosa nuova che acquista quindi un
valore notevolmente maggiore (art. 940 c.c.), per "unione o commistione",
quando due cose mobili si uniscono per formare una cosa composta che
conserva la propria identità pur rendendoli inseparabili (unione) ovvero la
perda completamente (commistione) (art. 939 c.c.); per "usucapione", a
seguito del possesso continuo e ininterrotto per venti anni della cosa (art.
1158 c.c.);per effetto di contratti (art. 1376 c.c.), per successione a causa di
morte(art. 456 c.c.) e negli altri modi stabiliti dalla legge.70
69
A. Gambaro, op. cit., p. 323.
70
F. SALARIS, op. cit., p. 356.
47
2.6 Occupazione
E’ la presa di possesso di una cosa mobile, con l'intenzione di rendersene
proprietario, che non è di proprietà di alcuno.
Possono essere cose di nessuno solo le cose mobili: i beni immobili che non
appartengono a nessun privato sono di proprietà dello Stato o, se situati nel
territorio delle regioni a statuto speciale, di proprietà di quest'ultima.
È il caso dei terreni rupestri, digli acciai, dei terreni abbandonati dal mare.
Il codice civile considera cose di nessuno due serie di cose:
1. le cose abbandonate: queste diventano cose di nessuno dopo l'abbandono
da parte delle proprietario, il quale si è liberato del possesso della cosa con
l'intenzione di rinunciare alla proprietà.
2. gli animali che formano oggetto di caccia o di pesca: la selvaggina e i
pesci Di acquisto della proprietà per occupazione si può parlare anche in
una terza serie di ipotesi: è l'occupazione delle cose mobili altrui con il
consenso, espresso o tacito, del proprietario. Dalle cose abbandonate si
distinguono le cose smarrite: di queste il proprietario ha perduto il possesso
senza rinunciare alla proprietà. 71
Chi trova una cosa mobile, che le circostanze fanno presumere sia stata
smarrita e non abbandonata, deve restituirla al proprietario o, se non lo
conosce, consegnarla al sindaco del luogo in cui la trovata che dà notizia del
ritrovamento nell'albo pretorio.72
Al trovatore è dovuto dal proprietario un premio pari ad un decimo del
valore della cosa trascorso un anno dalla pubblicazione è senza che lo
smarrito e si presenti, questi perde la proprietà della cosa e ne diventa
proprietario i ladri trovatore: è l'acquisto della proprietà per le invenzione.
Diversa avevo la balle per i relitti di mare: al ritrovatore spetta un premio,
ma se il proprietario non si presenta il delitto è venduto e il era ricavato va
alla previdenza marinara.
71
A. Trabucchi, Occupazione (diritto privato), Giuffrè, Milano, 1979, p. 621.
72
A. Trabucchi , op. cit., p. 432.
48
2.7 Invezione
L’invenzione riguarda le cose smarrite che devono essere restituite al
proprietario o al sindaco. Trascorso uno anno, se la cosa è stata consegnata
al sindaco e non si presenta il proprietario, la proprietà spetta a chi l’ha
trovata. Se invece, il proprietario della cosa si presenta, quest’ultimo deve
al ritrovatore un premio proporzionale al valore della cosa smarrita. Una
particolare forma di invenzione è quella che riguarda il tesoro.
Esso appartiene al proprietario del fondo in cui si trova, ma se è trovato per
caso nel fondo altrui, spetta per metà al proprietario e per metà al
ritrovatore.
Anche la cosa dimenticata, infatti, è fuoriuscita involontariamente dalla
disponibilità del proprietario e può essere considerata smarrita nel caso in
cui questi non si presenti prontamente a reclamarla. (art. 928 c.c.)
pubblicazione del ritrovamento: il sindaco rende nota la consegna per mezzo
di pubblicazione nell’albo pretorio del comune, da farsi per due domeniche
successive e da restare affissa per tre giorni ogni volta.
Così il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo il
prezzo, devono pagare le spese occorse.
Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo
richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Il premio dovuto al ritrovatore di cosa smarrita (art. 930 c.c.) spetta anche
nel caso che si tratti di cosa furtiva, purché sussista la buona fede del
ritrovatore stesso, ossia la sua ignoranza della provenienza delittuosa del
bene, esclusa soltanto dalla dimostrata, piena consapevolezza del suddetto
circa tale provenienza, e non 73
anche da semplici dubbi o sospetti al
riguardo. Il premio dovuto al ritrovatore di cosa mobile deve essere
riconosciuto, ogni volta il bene rinvenuto abbia in sé un valore economico e,
73
Cass., 13 novembre 1982, n. 6060.
49
quindi, un’ovvia utilità per chi il bene stesso abbia smarrito ed, ai sensi del
terzo comma della stessa disposizione normativa, qualora il ritrovamento
abbia comunque una qualche utilità, anche di natura non economica, per il
proprietario o detentore; utilità da determinarsi non in base a valutazioni
soggettive di chi il bene abbia smarrito, ma in base a valutazioni di ordine
oggettivo e generale.
50
2.8 Accessione
L’Accessione é un modo di acquisto della proprietà a titolo originario e,
precisamente, quel fenomeno in base al quale la proprietà di una cosa si
estende a ciò che ad essa si unisce, per il solo fatto dell’incorporazione
materiale, indipendentemente dalla scienza o dalla volontà del proprietario
(animus). L'accessione, inoltre, può definirsi come quel fenomeno per cui
una cosa, unendosi al suolo altrui, passa, per questo solo fatto, in proprietà
del soggetto cui il suolo appartiene.74
Si tratta, in effetti, della più rilevante manifestazione del fenomeno giuridico
noto come "attrazione reale", in base al quale la preminenza di un bene (il
suolo) su un altro (la costruzione o piantagione su di essa insistente)
comporta l'attrazione del secondo nella sfera del diritto di proprietà
dell'altro.
Si ha, insomma, una sorta di congiunzione fisica della costruzione con il
terreno, che nasce dalla realtà ontologica, senza che abbia in proposito alcun
rilievo il titolo di proprietà sul terreno o sulla costruzione.
Secondo un antico e generale principio, la proprietà di una cosa qualificata
come cosa principale fa acquistare la proprietà delle cose qualificabili come
ad essa accessorie. Anche se non possa negarsi che la disciplina minuziosa
tracciata dagli (art.1935 c.c.)75
sia proprio diretta a dirimere i contrasti
derivanti dalla realizzazione dell’opera con materiali altrui, la circostanza
che l’opera sia compiuta dal proprietario del suolo o da terzi é del tutto
ininfluente ai fini dell’operatività dell’acquisto per accessione
Il fondamento dell’istituto si ritrova nella forza espansiva del diritto della
proprietà, in virtù della quale tutto quello che si consolida sul suolo diviene
di proprietà del titolare stesso.
74
Cass., 13 novembre 1982, n. 6060.
75
F. Salaris, op. cit., p.546.
51
Il fondamento della regola è, pertanto, il medesimo espresso dalla massima
accessoriumsequitur principale; tuttavia, a differenza dell'ipotesi della
pertinenza, di cui (art. 817 c.c.), si é sottolineato che quest'ultima fattispecie
comporta sempre l'autonomia e la distinzione della cosa accessoria da quella
principale, cui é legata solo da un rapporto di servizio od ornamento (a
opera del proprietario o della legge).76
La dottrina, inoltre, ha individuato il fondamento dell’acquisto per
accessione nell’esigenza sociale che le piantagioni e le costruzioni non siano
rimosse, con notevole perdita di ricchezza, per il fatto di essere state
eseguite su suolo altrui. L’automaticità dell’acquisto distingue nettamente
l’accessione dall’occupazione e dall’invenzione nelle quali si ritiene, che vi
sia, un elemento volontaristico: nella prima ipotesi (occupazione) è
richiesto, infatti, un atto materiale d’impossessamento con l’intenzione di
divenire proprietario della cosa; nella seconda ipotesi (invenzione)
l’apprensione della cosa ritrovata è fatta con lo scopo di restituirla al
proprietario e, in linea subordinata, di consegnarla all’autorità comunale.
Il principio dell’accessione, sia in base (art. 934c.c.), sia in base (art. 446 del
c.c.) del 1865, opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione
od opera si incorpora al suolo, sicché la pronuncia del giudice al riguardo ha
natura soltanto dichiarativa.77
Diversamente la cosiddetta accessione invertita , in base alla quale a colui
che abbia in buona fede occupato con un proprio edificio una parte del suolo
del vicino può essere attribuita, a determinate condizioni, la proprietà del
terreno occupato (art. 938 del c.c. vigente e art. 452 del c.c. del 1865), non
opera mai automaticamente, ma - salvo l’effetto della volontà delle parti
interessate - é sempre pronunciata dal giudice, il quale, controllato il
concorso delle necessarie condizioni di legge, emette sul punto sentenza di
natura costitutiva .
76
Cass. 26 giugno 1987, n. 5135.
77
F. Salaris, op. cit., p.432.
52
La giurisprudenza é andata oltre, affermando che il diritto di accessione é
così forte da non poter essere impedito neppure dall’accatastamento in
proprio della costruzione da parte del terzo che l’abbia realizzata, né
dall’inserimento della costruzione nella denuncia di successione78
.
La regola dell’accessione di cui all’art 934 c.c. non ha carattere di
assolutezza, ma é limitata alle sole ipotesi in cui non risulti dal titolo o dalla
legge che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto
diverso dal proprietario di questo. Pertanto, ad esempio, nell’ipotesi in cui la
costruzione sia stata oggetto di espressa convenzione tra il proprietario del
suolo e il costruttore, il giudice del merito non può ritenere senz’altro
avverata l’accessione se non abbia prima esaminato il contenuto di tale
convenzione al fine di escludere che tra le parti si fosse inteso costituire,
quanto meno, una concessione ad aedificandum che, essendo un rapporto ad
effetti meramente obbligatori, può trovare la sua fonte e disciplina anche in
un contratto atipico, non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità.
78
Cass. 26 giugno 1987, n. 5135.
53
3.1. L’acquisto dei beni mobili mediante il possesso di buona fede.
L’acquirente di cosa mobile alienata dal non legittimario ne diventa
proprietario mediante il possesso di buona fede, secondo la regola “possesso
vale titolo”.
Tale regola non contraddice il sistema causale, ma introduce un modo di
acquisto a titolo originario, che risponde all’esigenza di certezza e di celerità
della circolazione delle merci e dei beni mobili in generale: nella
valutazione della legge, questa esigenza sociale prevale su quella della tutela
della proprietà. Presupposti della regola vale titolo sono: la non
legittimazione dell’alienante (acquisto a non domino).79
La ragione della norma è l’esigenza di agevolare la circolazione giuridica
dei beni mobili, svincolando l’acquirente dall’onere di compiere non facili
indagini sulla titolarità del diritto dell’alienante: questa ragione giustifica
un’interpretazione non restrittiva, che riconosca l’applicabilità della regola a
tutti i casi in cui l’alienazione sia posta in essere da chi non è legittimato ad
alienare.
Tale ratio impone poi l’applicazione della regola a tutte le ipotesi in cui
l’alienante sia proprietario dei beni ma privo del potere di disporne. La
soluzione contraria è stata però ribadita da parte della dottrina e della
giurisprudenza con particolare riguardo agli atti di alienazione compiuti dal
fallito, dal momento che la legge fallimentare dichiara inefficaci rispetto ai
creditori gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.80
Ma tale inefficacia è conseguenza diretta della perdita di legittimazione del
fallito a disporre dei suoi beni, che è presupposto per l’applicazione della
regola. Si è poi detto che l’esigenza di tutela dei creditori prevarrebbe
rispetto a quella dei terzi di buona fede.
79
F. Salaris, op. cit., p. 532.
80
S. Ruperto, op. cit., p.546.
54
La norma del codice sulla inefficacia degli atti dispositivi dei beni pignorati
fa espressamente salvi gli effetti del possesso di buona fede. La regola
possesso vale titolo opera anche relativamente ai beni alienati dal fallito.
Il possesso è dubbio se ai fini dell’applicazione della regola l’acquirente
debba conseguire il possesso diretto della cosa.
La dizione del “possesso reale” è usata dal codice francese con riguardo
all’ipotesi di alienazioni successive a più acquirenti, per risolverla in favore
di colui che sia stato immesso nel possesso reale del bene, in modo da
mantenere il pieno ambito di operatività della regola possesso vale titolo,
che resterebbe altrimenti limitato.81
Al di fuori di tale ipotesi però non vi è ragione per negare tutela
all’acquirente che abbia conseguito in buona fede il possesso indiretto del
bene: il possessore indiretto sarà esposto al pericolo di perdere la proprietà a
fronte di un acquirente che in buona fede consegua il possesso diretto del
bene, ma questo pericolo risponde alla logica della regola possesso vale
titolo. Insufficiente è invece una consegna meramente simbolica.
La buona fede la regola possesso vale titolo si applica in favore
dell’acquirente di buona fede. La dottrina, traendo spunto dal dettato
letterale della norma, che prevede l’acquisto del bene mobile “da parte di
chi non è proprietario”, sostiene che è in buona fede chi crede che
l’alienante sia il “proprietario” (la regola non gioverebbe a chi acquista in
buona fede dall’apparente rappresentante del proprietario).
Tale interpretazione però non tiene conto della ragione della norma, diretta a
tutelare la certezza e la celerità del commercio dei mobili, la quale porta a
ritenere che è in buona fede chi crede che l’alienante sia legittimato ad
alienare in quanto proprietario, rappresentante, depositario a titolo
estimatorio, ecc.
81
F. Galgano, op. cit., p.324.
Tesi di Laurea - Samanta Orsini
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  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “NICCOLÒ CUSANO” TELEMATICA ROMA ISTITUITA CON D.M 10/05/06 – G.U. n. 140 - SUPPL. ORD n. 151 DEL 19.06.2006 FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA TESI DI LAUREA IN DIRITTO PRIVATO “ I modi di acquisto della proprietà ” Laureanda: Relatore: Samanta Orsini Ch.mo Prof. Matr.UGI4008184 Alessandro Martini ANNO ACCADEMICO 2019-2020
  • 2.
  • 3. INDICE Introduzione………………………………………………………..1 CAPITOLO PRIMO I modi di acquisto dei diritti. Il diritto di proprietà 1.1. I modi di acquisto dei diritti in generale………………..............3 1.2. Il diritto di proprietà: nozione e caratteri……………………….9 CAPITOLO SECONDO I modi di acquisto della proprietà 2.1 I modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo…………..24 2.2 Compravendita…………………………………………………25 2.3 Donazione……………………………………………………...37 2.4 Legatario ed Erede……………………………………………..44 2.5 I modi di acquisto della proprietà a titolo originario…………..46 2.6 Occupazione…………………………………………………....47 2.7 Invenzione…………………………………………...…………48 2.8 Accessione……………………………………………………..50
  • 4. CAPITOLO TERZO L’acquisto della proprietà mediante il possesso 3.1. L’acquisto dei beni mobili mediante il possesso di buona fede………………………………………………………53 3.3. L’usucapione……………………………………………………..63 Conclusione……………………………………………………………….90 Bibliografia e Sitografia………………………………………………….92 Ringraziamenti…………………………………………………………....94
  • 5. 1 INTRODUZIONE Il lavoro di tesi ha l’obiettivo di approfondire lo studio sui modi di acquisto della proprietà. La moderna concezione della proprietà è il risultato di una secolare evoluzione, caratterizzata da profondi contrasti susseguiti nel tempo. Nel diritto romano la proprietà era concepita come un dominio pressoché illimitato sulla cosa, questo concetto, passato attraverso gli ordinamenti giuridici derivati da quello romano, è venuta poi gradualmente a decadere. La prima spinta in tale direzione venne dal cristianesimo, il quale affermò la funzione strumentale dei beni, creati da dio a vantaggio dell’umanità. La proprietà venne quindi concepita non come un diritto posto a salvaguardia di egoistici interessi, ma come facoltà di valersi dei beni per i propri bisogni e del prossimo, secondo l’insegnamento evangelico. Da tali contrasti si è formata la moderna concezione della funzione sociale della proprietà, in base alla quale si ritiene che questa, pur provvedendo all’interesse individuale del proprietario riveste pure un’ utilità generale, che costituisce la giustificazione del suo riconoscimento. Al giorno d’oggi, sulla base dell’art. 832 c.c., si definisce la proprietà il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. Cerchiamo quindi di spiegare meglio quale sia il significato di questa espressione che sarà la parte preponderante del mio elaborato. Il proprietario ha, in primo luogo, la facoltà di godere della cosa, il che significa che egli può usarla al fine di soddisfare i propri interessi; parallelamente vi è anche la facoltà di disporre, la quale si esercita sia trasferendo ad altri la proprietà della cosa, sia concedendone ad altri il godimento (a titolo gratuito o a titolo oneroso). Infine, la parte caratterizzante della proprietà è il modo pieno ed esclusivo
  • 6. 2 con il quale il godimento e la disponibilità della cosa sono assicurati al proprietario: in modo pieno significa che il proprietario può fare tutto della sua cosa nei limiti del lecito; in modo esclusivo significa che egli ha diritto di escludere chiunque altro da ogni azione nell’esercizio del suo diritto e che non è possibile la coesistenza sulla stessa cosa di più diritti di proprietà. Date queste premesse introduttive, il mio elaborato è suddiviso in tre capitoli e andrà a trattare in modo specifico i modi di acquisto della proprietà nel suo insieme. Nel primo capitolo sono andata ad analizzare, i modi di acquisto dei diritti in generale e le nozioni e i caratteri inerenti al diritto di proprietà, mentre nel secondo capitolo tratterò i modi di acquisto della proprietà suddivisi in due tipologie: titolo derivativo e titolo originario ed infine il terzo ed ultimo capitolo, verterà sull’acquisto della proprietà mediante il possesso, soffermandomi sull’acquisto dei beni mobili mediante il possesso di buona fede e sull’usucapione.
  • 7. 3 CAPITOLO PRIMO I modi di acquisto dei diritti. Il diritto di proprietà 1.1. I modi di acquisto dei diritti in generale. I diritti che si possono acquistare sono i diritti patrimoniali che possiamo dividere in: diritti reali e diritti di credito. Mentre i diritti della persona sono intrasmissibili. I diritti reali hanno per oggetto le cose, che hanno effetto diretto: il titolare può esercitare il proprio diritto in modo immediato sulla cosa senza necessità di collaborazione altrui.1 Sono diritti assoluti si vantano erga omnes cioè applicabili nei confronti di tutte le altre parti. Sono diritti trasmissibili il titolare del diritto reale può trasferirlo ad altre persone. Sono diritti tipici, quei diritti indicati dalla legge e non è concesso ai privati crearne nuove tipologie. Il principale fra i diritti reali è la proprietà. Essi si suddividono indiritti reali di godimento e in diritti reali di garanzia. I diritti reali di godimento concedono al titolare il potere di“godere”della res cioè di utilizzarla ,di trarne un vantaggio economico , di trasferirla ad altri entro i limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico. A loro volta si distinguono in diritti reali di godimento su cosa propria (la proprietà) e 1 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2017,p.80.
  • 8. 4 diritti reali di godimento su cosa altrui (usufrutto, uso, abitazione, superficie enfiteusi, servitù prediali). I diritti reali di garanzia sono accessori ai diritti di credito, in ipotesi d’ inadempimento dell’obbligazione da parte del debitore, permettono al creditore di poter usufruire dei beni concessi in garanzia; essi sono il pegno per quanto riguarda i beni mobili e l’ipoteca sui beni mobili registrati e sui beni immobili. Questi diritti hanno una caratteristica importante cioè quella di seguire la cosa anche se il proprietario della stessa cambia. La riforma del diritto internazionale privato del 1995 (l.31maggio1995,n.218) ha ritenuto per i diritti reali il criterio della legge del luogo, ove la proprietà e gli altri diritti su beni mobili e immobili sono regolati dalla legge dello stato in cui i beni si trovano. Alla legge del luogo è poi rimessa la disciplina della pubblicità degli atti di disposizione dei diritti reali. La legge che viene applicata è quella del luogo dove il bene si trova al momento dell’atto. Per i modi di acquisto dei diritti reali troviamo i diritti di obbligazione (i diritti di credito).2 I diritti di credito sono diritti a prestazione personale ossia determinati da un dato comportamento del soggetto. Consistono in un vincolo giuridico, in base al quale il debitore è obbligato ad effettuare una prestazione favorevole nei confronti del creditore. Gli elementi costitutivi dei diritti di obbligazione sono: le parti, la prestazione ed il vincolo giuridico. Le parti si distinguono in una parte attiva, il creditore, e in una parte passiva, il debitore. Tali parti possono essere formate da un soggetto o da più soggetti. La prestazione dovuta, ossia il comportamento che il debitore deve tenere nei confronti del creditore, può consistere in un fare e non un fare e avere; essa deve essere patrimoniale cioè suscettibile di valutazione economica. 2 F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2017,p.120.
  • 9. 5 Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza e della buona fede. 3 Le parti del rapporto obbligatorio, debitore e creditore, possono comporsi di una sola persona o più persone. Quando la parte debitrice è composta da più persone abbiamo obbligazioni solidali fra loro, ciò significa che il creditore può ottenere l’intera prestazione dall’uno o dall’altro. Quando è invece la parte creditrice a essere composta da più persone vige la regola della parziarietà: ciascun concreditore può ottenere solo il pagamento della parte spettante. L’art.810 del c.c. definisce i beni come oggetto dei diritti patrimoniali, cioè le cose che possono formare oggetto di diritti. Per cose si intendono non solo tutte le cose materiali ma anche le energie naturali es. l’energia elettrica. La disciplina del bene si occupa dei diritti e ne segna la natura e il contenuto. Affinché una cosa possa essere oggetto di diritto è indispensabile che abbia un valore d’uso idoneo per essere utilizzato da una persona per soddisfare il suo bisogno, sia questo materiale o non; che esista in natura in quantità limitata, in modo da essere esclusivo per la singola persona. La definizione di beni però è una definizione incompleta: sono oggetto di diritti anche entità che non sono cose materiali, sono beni anche le creazioni dell’intelligenza umana come es. le opere artistiche, i brevetti per invenzioni industriali. Questi beni sono chiamati immateriali. Nell’ambito dei beni giuridici vanno inoltrati i diritti patrimoniali ossia i diritti soggettivi che tutelano un interesse economicamente valutabile. Per il nostro codice, i diritti patrimoniali sono beni. La norma sancisce la responsabilità patrimoniale del debitore. Questa responsabilità comprende le cose in proprietà e tutti i diritti patrimoniali suscettibili di espropriazione. 3 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit., p.130.
  • 10. 6 Ogni bene ha una propria identità economico-sociale. L’identificazione è l’atto giuridico di accertamento dell’identità del bene mentre la determinazione specifica il bene che spetta al creditore4 . Possiamo distinguere i beni materiali in beni immobili e beni mobili. Sono beni immobili quelli che sono intrasportabili perché incorporati al suolo (un edificio) , sono mobili tutti gli altri beni. Immobili devono considerarsi i laghi e i grandi bacini naturali o artificiali. Cosa mobile è invece l’acqua che ha cessato di scorrere o l’acqua raccolta in serbatoi. Come tutti i prodotti del suolo, gli alberi diventano cose mobili nel momento in cui per qualsiasi motivo si staccano dal terreno. L’incorporazione è l’unione di una cosa mobile a una cosa immobili. Non sono immobili le cose posate nel terreno ad es. il tesoro. Beni mobili sono poi i diritti patrimoniali non immobiliari, quali diritti di credito ecc. Tra i beni mobili e immobili vi è un'altra categoria di beni, i beni mobili registrati: sono gli autoveicoli e i motoveicoli, i natanti e gli aeromobili. Devono essere iscritti in appositi registri pubblici. Sono beni fisicamente mobili ma soggetti ad una disciplina di legge in gran parte simile a quella dei beni immobili. I beni mobili si distinguono anche in generici e specifici, fungibili e infungibili, consumabili e inconsumabili, produttivi e improduttivi. I beni generici appartengono ad un determinato genere e hanno rilevanza per il loro peso, numero e misura; mentre i beni specifici sono presi in considerazione per la loro individualità. Di fungibilità si discorre quando il bene può essere sostituito da un altro identico per quantità e qualità; l’infungibilità caratterizza i prodotti unici, non sostituibili con un identico altro bene. I beni consumabili con l’uso sono destinati a trasformarsi si da non adempiere la funzione originaria invece inconsumabili sono i beni che non 4 F.GAZZONI, op.cit., p.130.
  • 11. 7 sono destinati a trasformarsi e l’uso dei quali è ripetibile ad es. (un vestito), pur potendosi deteriorare. I beni produttivi si fa riferimento esclusivamente a una nozione naturalistica. Il bene produttivo è un bene fruttifero: i frutti possono essere naturali o civili e soltanto quelli naturali conseguono ai beni produttivi. I frutti naturali derivano direttamente da un altro bene mentre i frutti civili sono le utilità che conseguono alla particolare utilizzazione economica del bene. I beni possono anche essere divisibili e indivisibili: la divisibilità accade quando il bene può essere scomposto in parti uguali senza il loro deterioramento e senza costi eccessivi, sono beni indivisibili quando risultano infrazionabili materialmente, economicamente o funzionalmente. Altra classificazione dei beni è quella che distingue tra beni semplici, beni composti e universalità. I beni semplici sono quei beni che costituiscono una unità, essi non sono uniti ad altri beni ad es. un cane, un dipinto. Nell’ individuare se un bene è semplice bisogna tener conto del suo carattere unitario e non della sua composizione chimica. Quindi anche un bene formato da più elementi chimici giuridicamente può essere un bene semplice. I beni composti sono formati da più beni semplici cioè sono composti da una combinazione di beni. Nel momento in cui il bene entra a far parte di una composizione di cose perde la sua individualità economico-giuridica. Diverse dai beni composti ci sono le universalità che possono essere di due tipi: universalità di fatto e universalità di diritto.5 Le universalità di fatto sono le sole previste dal codice civile. L’art. 816 c.c. le disciplina e prevede che “è considerata universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione 5 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP. CIT. , P.140.
  • 12. 8 unitaria. Le singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici".6 Le caratteristiche che ci permettono di individuare le universalità di fatto sono: l’oggetto che rappresenta i beni mobili, l’appartenenza di tali beni alla stessa persona e una destinazione unitaria di tali beni. Caratteristica fondamentale dell'universalità di fatto è che i beni semplici che la formano vanno a costituire una cosa unica, ma al tempo stesso ogni bene che entra a far parte dell'universalità mantiene la sua individualità e può formare oggetto di un rapporto giuridico separato. Accanto alle universalità di fatto vi sono le universalità di diritto. Esse non sono previste chiaramente nel codice. Le universalità di diritto si differenziano da quelle di fatto perché non hanno per oggetto beni mobili, bensì rapporti giuridici patrimoniali. Quindi possiamo considerare l'universalità di diritto una unità ideale ed astratta di un insieme di rapporti giuridici patrimoniali che sono considerati in modo unitario. Le universalità di fatto si differenziano dai beni composti perché i beni che ne fanno parte non perdono la loro individualità economico-giuridica come avviene per l’insieme di beni. Le universalità di fatto si differenziano dalle pertinenze perché, nelle prime, non vi sono beni principali e beni accessori, come accade nelle seconde. 6 M. FRANZONI, R. ROLLI, Codice civile commentato con dottrina e giurisprudenza,2018 p.130.
  • 13. 9 1.2. Il diritto di proprietà: nozione e caratteri. La proprietà è il diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (art 832 c.c.). 7 La facoltà di godimento del proprietario comprende tutte le possibili forme di utilizzazione delle cose. Il proprietario può inoltre disporre a suo arbitrio delle cose in senso giuridico (es. dandole in pegno) e in senso materiale (es. modificandole). In passato si sottolineava che al proprietario è riservata la massima forma di utilizzazione e di disposizione della cosa, ossia la facoltà di non usarla distruggerla: ciò vale ancora oggi, ma occorre tener presente che la legge limita tali facoltà al fine di assicurare la funzione sociale della proprietà (art 42 Cost). Caratteri della proprietà sono la realità. La proprietà è un diritto reale, anzi è il massimo dei diritti reali, il modello perfetto rispetto al quale tutti gli altri diritti si qualificano come limitati. La realità del diritto comporta: l’immediatezza, in quanto si esercita senza la mediazione della prestazione altrui, l’assolutezza in quanto implica l’altrui dovere di non ingerenza , l’inerenza in quanto opponibile nei confronti di chiunque possieda o vanti un acquisto sul bene, la materialità e corporeità dell’oggetto, la pienezza del diritto, ossia la generalità del potere di godimento e disposizione del bene, è ciò che essenzialmente distingue la proprietà dagli altri diritti reali, il cui contenuto è infatti delimitato con riferimento a determinati poteri: la proprietà non conferisce specifiche facoltà ma un potere che comprende la generalità delle forme di godimento e di disposizione della cosa. 7 A. GAMBARO, La proprietà. Beni, proprietà, possesso Seconda edizione completamente rifatta, Milano, 2017,p.60.
  • 14. 10 L’art 832 c.c. riconosce infatti al proprietario il diritto di godere e disporre delle sue cose “in modo pieno ed esclusivo”. La pienezza del diritto non è contraddetta dalla presenza di limiti pubblicistici e privatistici poiché questi comprimono la sfera del diritto, che è però determinata pur sempre in via generale. Il proprietario può fare del suo bene tutto ciò che non è vietato. Al carattere della pienezza si connette quello della elasticità, intesa come idoneità del diritto a riprendersi automaticamente nel suo normale contenuto a seguito del venir meno dei limiti che lo comprimevano (es. a seguito dell’estinzione del diritto di usufrutto la nuda proprietà diventa proprietà piena). Significa innanzitutto che il proprietario può escludere altri dal godimento della cosa, o, in più ampi termini, che gli altri non devono invadere la sua sfera di godimento. Un potere di esclusione è ravvisabile anche in capo ai titolari di altri diritti ma limitatamente al particolare fine che essi tutelano, mentre il potere del proprietario non è delimitato in relazione ad un determinato scopo. Il diritto di proprietà non presuppone altri diritti sulla cosa: in ciò si differenzia dagli altri diritti, detti anche “su cosa altrui” in quanto incidono sull’altrui diritto di proprietà, che ne costituisce quindi il presupposto. Carattere che risulta dalla imprescrittibilità dell’azione di rivendicazione (9483c.c.): se il proprietario può rivendicare in ogni tempo le sue cose, ciò vuol dire che il suo diritto di proprietà non si estingue per il mancato esercizio.8 La facoltà del proprietario di godere e disporre della cosa in modo pieno e assoluto comprende infatti anche il non uso. In dottrina si è giunti ad ammettere la prescrittibilità traendo argomento dalla norma costituzionale che riconosce la funzione sociale della proprietà, ma va osservato che la Costituzione rimette alla legge il compito di fissare i 8 M. FRANZONI, R. ROLLI, op.cit., p.200.
  • 15. 11 limiti della proprietà, e la legge non impone in genere al proprietario l’obbligo o l’onere di attivarsi per usare le cose in modo proficuo. Sul proprietario possono gravare doveri specifici di intervento, cura o conservazione dei beni, ma l’inosservanza di tali doveri comporta determinate sanzioni senza prospettare la prescrizione del diritto per non uso. Il diritto di proprietà è perpetuo: non ha limiti di tempo e non si estingue per prescrizione. La legge può certamente prevedere ipotesi di proprietà temporanea, in quanto il limite temporale non verrebbe ad esautorare totalmente il contenuto del diritto: ipotesi di proprietà temporanea sono il fedecommesso(consente testatore di far obbligo all’erede o legatario di conservare e restituire i beni ereditari alla sua morte: fino a quel momento ne è proprietario per se il suo diritto sia gravemente limitato), la proprietà superficiaria a termine, il legato a termine, e il contratto traslativo della proprietà sottoposto a termine inziale. Queste particolari ipotesi confermano che la proprietà può astrattamente tollerare un limite di durata: vale tuttavia il divieto della creazione di proprietà temporanea per volontà delle parti, divieto che è diretta espressione del principio del numero chiuso dei diritti reali, che preclude ai privati di crearne di nuovi e di alterare il contenuto di quelli tipici. Il divieto non è smentito dalla possibilità di trasferire la proprietà sotto condizione risolutiva, la quale rende precario il titolo dell’acquisto, ma non rende temporalmente limitato il diritto. 9 In ogni caso, solo i contratti di durata tollerano un termine finale, che inciderà quindi non sulla durata del contratto ma sulla durata del diritto attribuito: i contratti di alienazione non hanno una durata perché l’effetto traslativo si realizza interamente e istantaneamente. 9 C.M. BIANCA, Diritto civile, 6 La proprietà, Giuffrè, Milano, 2017,p.100.
  • 16. 12 L’apposizione di un termine finale alla vendita o alla donazione di un bene è infatti nulla per impossibilità giuridica: il proprietario piò avere interesse a riottenere la proprietà del bene, ma la costituzione di un vincolo reale destinato a tal fine è ammissibile solo mediante un atto di riscatto ed entro i limiti inderogabili fissai dal codice, il quale comporta la risoluzione della vendita con effetto retroattivo. Nell’ambito del diritto di proprietà rilevano alcune distinzioni riferite alla natura dei beni. Si fa infatti distinzione tra: proprietà pubblica e privata, proprietà immobiliare/fondiaria e mobiliare, secondo che il diritto abbia ad oggetto beni immobili o mobili.10 La proprietà fondiaria si distingue a sua volta in proprietà terriera ed edilizia, secondo che l’oggetto consista in terreni o edifici. La diversa natura dei beni o la loro particolare destinazione comportano l’applicazione di norme differenti, incidenti sulla disciplina della proprietà: in considerazione di queste differenti regole una parte della dottrina è giunta ad affermare l’avvenuta “frantumazione” dell’istituto della proprietà, la cui unità sarebbe venuta meno dando luogo a figure diverse di proprietà. Tuttavia, la nozione unitaria di proprietà ha un suo riscontro normativo e quella del diritto di proprietà unico ed esclusivo è un’idea profondamente radicata nella realtà socio-economica. L’istituto della proprietà va specificato in relazione al diverso regime dei beni, ma non può dirsi che le differenti regole cancellino l’identità del diritto: esse adattano solo all’oggetto il medesimo rapporto giuridico di appartenenza. La frantumazione della proprietà è stata argomentata anche con riferimento al piano soggettivo, e in particolare alla proprietà “collettiva”, che dal passato rifiorirebbe oggi nella comunione e nella società: tuttavia, la comunione è del tutto estranea agli antichi modelli collettivistici e la società 10 C.M.Bianca, op.cit., p.230.
  • 17. 13 non rappresenta una forma di proprietà “collettiva”, ma una forma di proprietà individuale che fa capo ad un soggetto di diritto (la società).11 Le distinzioni normative non danno luogo ad autonome figure giuridiche e neppure a più nozioni di proprietà: si tratta piuttosto di specificazioni dell’unico istituto della proprietà. La proprietà non è un diritto fondamentale dell’uomo: una simile idea era stata prospettata nell’Inghilterra del 17° secolo e recepita dal pensiero illuministico e dalla Rivoluzione francese. Anche lo Statuto Albertino proclamò l’inviolabilità della proprietà, ma ridimensionata, affermando l’espropriabilità del diritto per pubblico interesse: la “inviolabilità” si traduceva quindi concretamente nel principio di salvaguardia contro le espropriazioni abusive. Tale idea riaffiora talvolta anche nella recente dottrina: il diritto di proprietà diviene allora diritto fondamentale dell’uomo in quanto condizione essenziale per l’esplicazione della sua libertà. La Costituzione non include la proprietà tra i diritti “inviolabili” dell’uomo, ma enuncia due basilari principi, quello della garanzia costituzionale e quello della funzione sociale: la costituzione sancisce infatti che la legge determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti della proprietà “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e renderla accessibile a tutti” (art.422 c.c.).12 La nozione di funzione sociale appare più ampia della nozione di interesse pubblico: interessi pubblici sono i bisogni della collettività fatti propri dallo Stato e dagli enti pubblici, mentre la funzione sociale va ravvisata nella sua utilità collettiva. La proprietà può essere limitata al fine di rendere il bene più vantaggioso per la comunità. 11 C.M.Bianca, op.cit., p.130. 12 F. GAZZONI, op.ci.t , p.145.
  • 18. 14 Si pone allora il problema se la previsione della funzione sociale abbia inciso sulla struttura del diritto di proprietà. Al riguardo la dottrina si è mossa in direzioni opposte: la tesi secondo cui la Costituzione avrebbe trasformato in senso sociale il contenuto della proprietà non appare rispondente al significato del dettato costituzionale, il quale impone il raccordo tra interesse individuale e interesse collettivi, ma demanda al legislatore ordinario il compito di operarlo. Non può dirsi che la Costituzione ha “funzionalizzato” la proprietà privata in sé. D’altro canto, non può neppure condividersi la tesi riduttiva che nega in radice l’idoneità del diritto di proprietà ad essere determinato nel suo contenuto in relazione ad un interesse esterno. Il diritto di proprietà è certamente riconosciuto al titolare in ragione e a tutela del suo interesse, ma esso è suscettibile di essere “limitato”, e la limitazione incide sul suo contenuto. 13 Le limitazioni pubblicistiche, poi, non sono di per sé incompatibili con il diritto del proprietario: l’imposizione di un vincolo per assicurare l’utilità sociale del bene può ben lasciare al proprietario il diritto di godere e disporre di esso nel proprio interesse (es. Il proprietario può essere tenuto per legge a mantenerlo in condizioni di decoro, sicurezza o igiene senza che ciò escluda la posizione di vantaggio in cui si immedesima la sua proprietà).14 Durante la redazione del c.c. era stato proposto da parte della Commissione reale di sancire la funzione sociale della proprietà, proposta che non ebbe però seguito. Pur non includendo la proprietà tra i diritti fondamentali della persona, la Costituzione ne afferma espressamente la garanzia: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge” (art.422c.c.). La garanzia costituzionale della proprietà ha un duplice significato: in primo luogo, è garanzia dell’istituto della proprietà privata: qui si è espressa la 13 A.Gambaro, op.cit., p.145. 14 C.M.Bianca, op.cit., p.130.
  • 19. 15 scelta del costituente verso un sistema politico e sociale che rifiutava l’ideologia comunista e il principio della proprietà pubblica di tutti i beni immobili e dei mezzi produttivi.15 Sarebbe incostituzionale una norma che abolisse la proprietà privata è poi garanzia del diritto di proprietà, cioè garanzia del proprietario: qui è recepito il principio di salvaguardia del diritto contro le espropriazioni abusive, già proclamato dallo Statuto Albertino. La legge può limitare la proprietà per assicurarne la funzione sociale, ma deve pur sempre trattarsi di limitazioni a carattere generale e compatibili col contenuto essenziale della proprietà. 16 La Costituzione prevede la limitabilità del diritto di proprietà per assicurarne la funzione sociale ma al tempo stesso sancisce il principio di garanzia del diritto contro le limitazioni legali abusive. Tale garanzia attiene: al rispetto della riserva di legge: le limitazioni possono essere previste solo in via legislativa all’indicazione del fine dell’utilità sociale che le limitazioni devono perseguire: sono illegittime le imposizioni non giustificate da tal fine. Al rispetto del principio di eguaglianza: sono illegittime le limitazioni che, a parità di condizioni obiettive, gravino su taluni proprietari e non su altri. Alla tutela di un contenuto minimo della proprietà: sono illegittime le imposizioni normative di vincoli della proprietà privata senza indennizzo e senza termine. Il diritto della proprietà non si estingue pur se compresso al massimo. Le limitazioni non possono però spingersi fino al punto di sacrificare sostanzialmente la posizione del proprietario: vi è cioè una soglia che non è dato al legislatore ordinario superare, soglia che è rappresentata dal normale godimento della cosa.17 15 F.Gazzoni, op.cit, p. 131. 16 A. GAMBARO, op.cit., p.170.
  • 20. 16 La Costituzione non definisce la proprietà e la dottrina si chiede se accanto alla proprietà civilistica sussista una proprietà costituzionale. La dottrina americana è giunta senz’altro a parlare di una “new property” come oggetto di tutela costituzionale, ma questa ipotesi non si concilia con la nostra Costituzione, in quanto termini e istituti giuridici hanno di massima nella Carta costituzionale il significato tecnico ad essi attribuito nell’ambito dell’ordinamento positivo. La proprietà tutelata dalla Costituzione è la proprietà definita dal codice civile. La legge determina i modi di acquisto, godimento e i limiti della proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale “e di renderla accessibile a tutti” (art.422 c.c.). La dottrina non ha attribuito molta importanza a questa indicazione dell’accessibilità della proprietà quale scopo del legislatore ordinario, sostenendo che la promozione dell’acquisto della proprietà rientra nel più generale impegno dello Stato di realizzare l’eguaglianza sostanziale dei cittadini: certo è, però, che questo impegno si specifica in relazione all’acquisto di beni di particolare valore sociale (es. casa e terra) e l’impegno può essere realizzato mediante interventi agevolati (es. finanziamenti, agevolazioni fiscali, ecc) e mediane “limiti” legali della proprietà (es. limiti quantitativi della proprietà terriera e prelazioni legali di fondi affittati ad uso non abitativo). 18 Proprietà e imprese sono nozioni non omogenee: l’una esprime un diritto sui beni, l’altra l’esercizio di un’attività. L’esercizio dell’impresa non presuppone la proprietà dei beni produttivi, bastando il possesso dell’azienda. Proprietà e impresa si prestano entrambe a realizzare fini di interesse generale: la proprietà dev’essere disciplinata dalla legge in modo da assicurarne la funzione sociale, mentre l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. 18 C.M.Bianca, op. cit., p. 160.
  • 21. 17 L’impresa incontra quindi limiti generali che sono previsti direttamente dalla Costituzione ma hanno contenuto negativo, ed in parte coincidono con i doveri di rispetto altrui sanciti nella vita di relazione.19 L’indirizzo dell’impresa verso fini sociali può essere promosso mediante programmi e controlli che incentivino l’attivazione o la conversione di determinate attività produttive, ma non mediante divieti ed obblighi legali (es. obbligo di incrementare la produzione). A fini di utilità generali le imprese possono poi essere espropriate dalla legge sempreché si tratti di imprese monopolistiche o afferenti a determinati settori, comunque di preminente interesse nazionale. Numerosi sono i limiti e gli obblighi che afferiscono al diritto di proprietà. I limiti legali sono di diritto pubblico o di diritto privato secondo che siano posti a diretta tutela di interessi generali (es. vincoli sui beni artistici) o di interessi particolari (es. servitù coattiva di passaggio). 20 In un caso e nell’altro limiti e obblighi concorrono a determinare il contenuto del diritto e non assumono carattere eccezionale: si tratta pur sempre di limiti che restringono un potere generale di godimento e di disposizione, suscettibile pertanto di riespandersi al venir meno di essi. Le norme sui limiti ed obblighi della proprietà sono inderogabili quando risultano posta a tutela di un interesse generale. Esempi. Obblighi volti a dar ordine ai rapporti di vicinato, obblighi di manutenzione, di bonifica, di conservazione del patrimonio culturale della nazione, ecc. La proprietà è pubblica o privata (art 42 Cost.): pubblica è la proprietà dei beni appartenenti allo Stato e agli altri enti pubblici non economici, privata è la proprietà dei beni appartenenti ai privati. La proprietà pubblica si distingue in demanio, patrimonio indisponibile e disponibile. I beni del demanio e del patrimonio indisponibile hanno in comune la destinazione a finalità di interesse pubblico: i regimi di queste due categorie 19 A.Gambaro., op. cit., p.146. 20 C.M.Bianca, op. cit., p.168.
  • 22. 18 sono differenti, ma essi impongono comunque vincoli che limitano pesantemente l’utilizzazione e la disponibilità dei beni per assicurarne la particolare destinazione, sottraendoli in larga parte al diritto comune. I beni del patrimonio disponibile sono invece assoggettati alla normativa comune. La destinazione a finalità pubbliche limita la discrezionalità dell’Amministrazione ma, seppur in un ambito ristretto, è pur sempre all’Amministrazione che spetta decidere come utilizzare e disporre dei suoi beni, anche in ordine alla loro destinazione (es. può convertirli in patrimonio disponibile).21 A tutela dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili l’Amministrazione può avvalersi dei suoi poteri autoritativi, e questo è un dato di sicura differenziazione rispetto alla proprietà privata: ciò tuttavia non esclude l’esperibilità delle normali azioni e dei rimedi posti a tutela della proprietà privata. Si conferma anche per questo verso che la proprietà pubblica rientra nella unitaria nozione della proprietà. Il proprietario non può compiere atti che non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri (art 833c.c.). Requisiti della emulatorietà dell’atto sono: l’esercizio del diritto di proprietà, cioè l’esplicazione della facoltà di godimento o di disposizione della cosa: anche l’inerzia si considera tale, seppure eccezionalmente.22 La dottrina estende il divieto anche all’esercizio emulatorio di diritti reali limitati. La finalità pregiudizievole, intesa quale dolosa intenzione di arrecare ad altri danno molestie (animus nocendi): in mancanza di specifiche indicazioni normative, dovrebbe ritenersi necessaria e sufficiente l’obbiettiva direzione dell’atto verso il risultato del danno o della molestia, 21 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit., p. 220. 22 A. GAMBARO, op. cit., p. 188.
  • 23. 19 senza richiedere ulteriormente che il proprietario sia consapevole della pregiudizialità dell’atto o della sua antigiuridicità.23 Ma l’opinione corrente ravvisa nell’intenzione dolosa un elemento costitutivo della fattispecie dell’atto emulativo, e ne pone la prova a carico del danneggiato, onere se non altro alleggerito dalla giurisprudenza che considera sufficiente al riguardo la prova che l’atto non risulti giustificato da un interesse del proprietario obbiettivamente valutabile, che cioè appaia inutile. L’inutilità dell’atto, intesa come mancanza di un interesse obbiettivamente apprezzabile al suo compimento, trovando il divieto fondamento nel principio dell’abuso del diritto. Altri ritengono l’atto inutile è quando non apporti alcun vantaggio all’autore o persegua un interesse non proporzionato a quello del terzo. Il danno e la molestia altrui, consistente nella lesione di interessi che non sono già autonomamente tutelati nella vita di relazione, altrimenti, se lede un interesse già tutelato (es. salute), è un comune atto illecito. L’atto, piuttosto, è emulativo se diretto a ledere un qualsiasi rilevante interesse altrui a prescindere dalla lesione di un diritto soggettivo. Al riguardo possono distinguersi: situazioni di interesse all’ingerenza nella sfera del proprietario, quando vi sia un apprezzabile interesse dei terzi ad accedere sul fondo altrui (es. diritto di accesso di riprendere l’animale sfuggito dalla custodia).24 Situazioni di interesse alla non ingerenza nella sfera del proprietario, quando vi sia un apprezzabile interesse dei terzi a conservare l’integro e sereno godimento dei loro beni (es. interesse a non essere privati di una parte di panorama). Dall’ambito della tutela del divieto esulano, oltre agli interessi già specificamente tutelati, anche gli interessi specificamente sacrificati dalla legge a fronte dell’interesse del proprietario e dell’interesse generale (es. se 23 A.Gambaro, op. cit., p.193. 24 C.M.Bianca, op. cit., p. 198.
  • 24. 20 il vicino non rispetta le norme sulle distanze, il proprietario può invocare i rimedi concessigli dalla legge a prescindere dalla valutazione dei confliggenti interessi poiché questa valutazione è già stata fatta dalla legge).25 L’orientamento dottrinario reputa comunque necessaria la concreta sussistenza di un interesse del proprietario che faccia valere il suo diritto. Fondamento del divieto degli atti emulativi è il principio dell’abuso del diritto: le critiche volte da una parte della dottrina alla figura dell’abuso del diritto (dà troppa discrezionalità all’interprete a scapito della certezza giuridica, e non si può parlare di esercizio abusivo del diritto, perché se l’abuso fosse vietato sarebbe già al di fuori del lecito) non possono essere condivise.26 A differenza di altri limiti che restringono in via preventiva e astratta il contenuto dei diritti(es. il proprietario non può costruire entro una certa altezza), il principio dell’abuso concerne la loro alterazione funzionale, in quanto colpisce atti che rientrano nell’ambito dei poteri formalmente spettanti al titolare del diritto, ma che non rispondono ad un suo apprezzabile interesse e risultano nocivi per gli altri. Il divieto di atti emulativi non è semplicemente uno dei limiti che circoscrivono il diritto di proprietà. In quanto esso tutela una fascia di interessi altrui, la sua violazione comporta la illiceità della lesione di tali interessi: contro gli atti emulativi è allora esperibile, oltre al generale rimedio del risarcimento del danno per equivalente e in forma specifica, anche il rimedio dell’inibitoria.27 I rapporti di vicinato sono i rapporti che regolano il godimento dei fondi in relazione ai fondi vicini: questi rapporti sono disciplinati dal codice in funzione di un’ordinata coesistenza della proprietà fondiaria. La disciplina dei rapporti di vicinato sancisce limiti alla proprietà fondiaria nell’interesse reciproco dei proprietari, a tutela quindi di interessi privati: le norme di vicinato possono tuttavia rispondere anche a finalità pubbliche, 25 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op. cit. , p.264. 26 F.Gazzoni, op. cit., p. 256. 27 A.Gambaro, op. cit. , p.210.
  • 25. 21 come le norme sulle distanze nelle costruzioni, acquistando così carattere di inderogabilità. 28 I limiti sanciti dalle norme di vicinato consistono in divieti, obblighi e soggezioni: essi però non sono riconducibili né alla nozione dell’obbligazione, in quanto non sono sanciti a favore di soggetti determinati ma esprimono particolari contenuti del dovere legale di rispetto della proprietà altrui o di cooperazione, né alla nozione di servitù (anche se il codice del 65 inseriva la disciplina dei rapporti di vicinato nel capo sulle servitù prediali), la quale è un limitazione specifica costituita su un fondo a vantaggio di un altro fondo determinato che richiede quindi un apposito titolo costitutivo, mentre i limiti legali di vicinato ineriscono al normale contenuto della proprietà. In dottrina si è di recente negato che le norme di vicinato diano luogo propriamente a limiti del diritto di proprietà: ad ogni imposizione fa infatti riscontro un vantaggio derivante dalla reciproca imposizione, per cui globalmente, considerando vantaggi e svantaggi, non potrebbe dirsi che le norme di vicinato riducono il contenuto del diritto di proprietà. Tuttavia, in realtà i limiti non si compensano l’uno con l’altro, e il proprietario è limitato nell’utilizzazione del proprio fondo: il limite, infatti, non viene meno solo perché il proprietario del fondo vicino subisce a sua volta il medesimo limite. Oltre alla generale norma che vieta gli atti emulativi(espressione del più generale divieto di abuso del diritto), il codice detta una serie di specifiche norme di vicinato, quali limiti reciproci delle proprietà immobiliari, aventi ad oggetto, precisamente, le immissioni, le costruzioni, i muri, le opere pericolose o nocive, le piante, le luci e vedute, lo stillicidio, le acque. Norma di vicinato è anche quella che impone al proprietario di permettere l’accesso al vicino che ne abbia particolari necessità. 28 C.M. BIANCA, op.cit,p.195.
  • 26. 22 Le immissioni sono propagazioni di fattori disturbanti causate dall’opera dell’uomo. Sono vietate le immissioni sul fondo altrui se superano la normale tollerabilità (art.844 c.c.). Il vecchio codice non menzionava tale limite, ma il principio era già riconosciuto da dottrina e giurisprudenza: la sua esplicita previsione nel codice vigente conferma che esso ha acquistato nuova importanza fronte del progresso industriale, che ha moltiplicato le fonti di disturbo, e a fronte della crescente dannosità di queste per persone e cose.29 La norma del codice è intesa fondamentalmente a mediare il conflitto tra gli interessi della proprietà e quelli dell’industria, anche se oggi si pone soprattutto il problema del coordinamento della regola proprietaria con i principi di tutela dell’ambiente e della salute. La norma sulle immissioni è inserita tra le disposizioni generali sulla proprietà fondiaria, e ciò potrebbe far pensare che essa sia una specificazione del potere di esclusione del proprietario: tuttavia, la disciplina risolve pur sempre conflitti d’uso proprietario, pertanto, pur avendo acquistato nuova e più ampia portata, è comunque riconducibile nell’ambito dei rapporti di vicinato.30 Le immissioni hanno per oggetto tutte le entità idonee a recare molestia, come fumo, calore, gas, odori, rumori, scuotimenti ed altri simili elementi. Primo requisito dell’immissione vietata è la materialità del suo oggetto, sicché sono escluse dal divieto le c.d. immissioni ideali, consistenti nella esposizione alla vista di cose squallide o terrificanti, attività ripugnanti, ecc. Va però rilevato che le immagini sono pur sempre entità materiali che possono comportare l’invivibilità di un appartamento se si tratta di immagini insopportabilmente sgradevoli. Analoga soluzione dovrebbe ammettersi quando un immobile venga adibito ad attività contrarie al buon costume esercitate in modo manifesto, assoggettando in tal modo il fondo altrui a viste invereconde, schiamazzi, 29 C.M.Bianca, op. cit., p. 236. 30 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op. cit., p.280.
  • 27. 23 ecc, e quando su un immobile siano predisposte sofisticate apparecchiature che proiettano la loro operatività sul fondo altrui per carpire suoni e immagini.31 Requisito delle immissioni vietate è la loro derivazione dal fondo del vicino. Tale requisito implica anzitutto che le immissioni devono avere origine da un fondo o deve trattarsi di immissioni “indirette”, consistenti cioè in “ripercussioni” dell’attività svolta sul fondo altrui, e che le immissioni devono provenire dal fondo di un “vicino”, anche se il riferimento alla vicinanza del fondo imminente ha perso l’antico significato di “prossimità”, dal momento che gli sviluppi della tecnica industriale hanno esposto i fondi ad immissioni anche di remota provenienza.32 La previsione normativa deve pertanto interpretarsi come semplice indicazione della relazione spaziale che rende un fondo assoggettabile alle immissioni provenienti dall’altro. 31 C.M.Bianca, op. cit., p. 210. 32 F. GAZZONI, op. cit., p. 290.
  • 28. 24 CAPITOLO SECONDO 2.1 I modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo Nei modi di acquisto a titolo derivativo, il proprietario (avente causa) diventa titolare di un diritto che gli viene trasferito da un precedente proprietario (dante causa). L'acquisto a titolo derivativo si realizza in prevalenza con un contratto (accordo tra due o più parti, come la compravendita,) o con la successione (come avviene con il testamento o nella successione legittima).33 Colui che diventa proprietario di un bene a titolo derivativo non acquista un diritto nuovo, ma lo stesso diritto del precedente proprietario. All'acquisto a titolo derivativo si applicano due regole: nessuno può trasferire un diritto diverso o più ampio di quello di cui è titolare e, se il diritto di proprietà è gravato da limiti o vincoli, gli stessi limiti o vincoli sono opponibili anche nei confronti del nuovo proprietario; se viene meno per qualsiasi causa il diritto del proprietario precedente, di regola viene meno anche il diritto del nuovo proprietario. La proprietà può anche essere acquistata accettando una donazione ricevuta (in tal caso, il diritto si trasferisce al momento dell'accettazione).34 Lo Stato può acquistare coattivamente un diritto di proprietà su un bene, espropriandolo (a condizione che sussista una pubblica utilità e venga corrisposto al proprietario un equo indennizzo). Infine, la proprietà può essere acquistata in virtù dell'accettazione di un'eredità o di un legato dal proprietario che è deceduto.35 33 F. SALARIS, op.cit., p. 350.
  • 29. 25 2.2 Compravendita La vendita è un contratto di grande rilevanza sociale, quello cui qualsiasi persona fa continuamente ricorso per procurarsi la disponibilità di tutti i beni di cui ha bisogno.36 Un’operazione di vendita può essere attuata: dal produttore, che può collocare sul mercato la propria produzione direttamente presso i consumatori (difficile in caso di beni di largo consumo) o presso rivenditori commercianti; da un intermediario nella circolazione dei beni (art.2195c.c.), che può a sua volta esercitare il commercio direttamente nei confronti del pubblico (vendita al minuto o al dettaglio) oppure tramite altri rivenditori (commercio all’ingrosso); da un venditore non professionale che aliena un determinato cespite (appartamento, automobile, televisore ecc..) non nell’esercizio di un’attività continuativa, bensì con carattere di occasionalità e con riguardo a beni già usati. Anche le connotazioni soggettive delle parti (venditore e compratore) possono influire su alcuni aspetti del trattamento giuridico dell’operazione economica. La compravendita è quel contratto che ha per oggetto il trasferimento della Proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto (ad es. un diritto reale ma anche p. es. un diritto di credito art. 1260 c.c.) verso il corrispettivo di un prezzo (art. 1470 c.c.) che è elemento essenziale della vendita e consiste in un corrispettivo in denaro.37 Il fatto che il corrispettivo dello scambio sia sempre un prezzo distingue la vendita dalla permuta (art. 1552 c.c.). Il prezzo deve essere determinato o determinabile: in difetto il contratto è nullo. Il codice prevede appositi criteri legali di determinazione del prezzo. E’ un contratto consensuale: per il suo perfezionamento non occorre la consegna della cosa, che costituisce 35 F. GAZZONI, op.cit.,p.65. 36 A. GAMBARO, op.cit.,p.250. 37 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, op.cit.,p.300.
  • 30. 26 invece obbligo per il venditore. La vendita può avere anche ad oggetto realtà complesse come l’eredità, una quota di ereditò o di un’azienda. 38 Vendita ad effetti reali e vendita obbligatoria. E’ nota la distinzione tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori. La vendita ad effetti reali, produce in virtù del consenso il trasferimento della proprietà della cosa (art. 1376 c.c.) o in genere del diritto compravenduto della vendita, quando il contratto si riferisca ad una cosa determinata.39 In alcune ipotesi, tuttavia, questo effetto non può immediatamente realizzarsi (perché la cosa non è determinata o non è di proprietà del venditore) e il contratto ha quindi efficacia obbligatoria: la proprietà non passa immediatamente ma sorge dal contratto, a carico del venditore, l’obbligo di procurarne l’acquisto al compratore, compiendo le attività a ciò funzionali.40 Le figure più importanti di vendita obbligatoria sono:la vendita di cose generiche (benzina, stoffa, grano:merce identificata per quantità e genere, ma non ancora specificata), in cui è necessaria l’individuazione degli specifici pezzi o masse o unità che si intendono consegnare o trasferire (art. 1378 c.c.); la vendita alternativa, in cui il trasferimento non si verifica se non quando sia stata effettuata la scelta tra le due o più cose dedotte in obbligazione (art.1258 c.c.); la vendita di cosa futura, in cui occorre sempre, ai fini del trasferimento della proprietà, che la cosa sia venuta ad esistenza (immobili da costruire); infine la vendita di cose altrui e non è né nulla né annullabile. Naturalmente, non è possibile l’immediato trasferimento della proprietà, sicchè il contratto produce a carico del venditore l’obbligo di acquistare la cosa dal proprietario per trasmetterla al compratore. 38 F. SALARIS,op.cit., p.212. 39 A. GAMBARO ,op.cit., p.290. 40 F. Salaris ,op.cot., p.214.
  • 31. 27 È importante precisare che costui diventa proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista la proprietà della cosa dal terzo titolare (art. 1478 c.c.). In tal caso l’effetto acquisitivo in capo all’acquirente di cosa altrui si produce automaticamente, senza bisogno di un’ulteriore dichiarazione di volontà (al contrario del contratto preliminare). La giurisprudenza ammette che il venditore di cosa altrui possa adempiere il proprio obbligo anche inducendo il proprietario a trasferire direttamente la proprietà al compratore. Qualora il venditore non riesca a procurare al compratore l’acquisto della proprietà, risponde del proprio inadempimento. 41 Occorre peraltro distinguere il caso in cui il compratore sapesse che la cosa venduta non apparteneva al compratore (ed abbia inteso stipulare un contratto in forza del quale il venditore assumeva l’obbligo di procurare l’acquisto della proprietà), da quello in cui il compratore ignorava l’altruità della cosa. In quest’ultima ipotesi, il compratore che venga ex post a conoscenza dell’altruità della res può chiedere la risoluzione del contratto, se nel frattempo il venditore non gli ha fatto acquistare la proprietà, oltre al risarcimento del danno, alle restituizioni e ai rimborsi, secondo le regole che verranno illustrare riguardo la garanzia per evizione. Si attribuisce efficacia obbligatoria anche alla vendita con riserva di proprietà. Forma e pubblicità della vendita. Bisogna ricordare che la vendita di beni immobili deve farsi per atto scritto (art. 1350 c.c.), ed è soggetta a trascrizione (art. 2643 c.c.). A questa pubblicità soggiace anche la vendita di mobili registrati (automobili, navi, aeromobili).42 Si rammenterà che la forma scritta è richiesta anche per la promessa di vendita immobiliare (art. 1351 c.c.), che ora, se stipulata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, è suscettibile di trascrizione (art. 2645 c.c.). 41 F. Salaris, op. cit. ,p.214. 42 C. M Bianca, op. cit , p.187.
  • 32. 28 Obbligazione del venditore. Le obbligazioni principali del venditore sono, per l’art. (1476 c.c.): fare acquistare al compratore la proprietà della cosa o la titolarità del diritto oggetto dello scambio, se l’acquisto non è effetto automatico del contratto.43 Se la vendita è ad effetti reali, la proprietà o il diritto si trasferiscono automaticamente al momento della conclusione del contratto (art. 1376 c.c.), e dunque non sussiste un corrispondente obbligo in capo al venditore; consegnare la cosa al compratore. Questa obbligazione riguarda un momento diverso dal trasferimento della proprietà. Se come si verifica nella vendita ad effetti reali, il trasferimento della proprietà è già avvenuto alla conclusione del contratto, la consegna della cosa costituisce l’atto che pone il compratore nella condizione di disporre materialmente della cosa diventata sua e di poterla utilizzare. La consegna deve avvenire nel tempo e nel luogo fissati dal contratto. In mancanza di pattuizione al riguardo, essa deve essere fatta appena concluso il trasferimento del diritto. Riguardo il luogo in base (art. 1182 c.c.)44 , l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata, in mancanza di pattuizione deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava quando è sorta l’obbligazione, se entrambe le parti ne erano a conoscenza. Altrimenti la consegna deve avvenire nel luogo in cui il venditore aveva il domicilio o la sede dell’impresa. Per le vendite da piazza a piazza il venditore si libera dell’obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere. Garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa. La funzione fondamentale della vendita consiste nel fare acquistare al compratore la titolarità del diritto trasferito e la libera disponibilità del bene venduto. 43 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP.CIT.,P.246. 44 M. FRANZONI, R. ROLLI, OP.CIT., P.180.
  • 33. 29 La legge attribuisce perciò al compratore una particolare tutela per il caso in cui sia privato del godimento del bene acquistato o ne subisca una limitazione, per effetto di diritti che terzi facciano valere sulla res. Al riguardo vanno distinte varie ipotesi: evizione totale, con tale espressione si allude alla situazione del compratore che sia rimasto soccombente nel giudizio instaurato contro di lui da un terzo che abbia rivendicato la proprietà del bene. Costituiscono evizione per il compratore pure l’espropriazione forzata del bene o la sua espropriazione per causa di pubblica utilità, ecc. Il compratore convenuto in giudizio da un terzo che vanta diritti sul bene ha l’onere di chiamare in causa il venditore, in quanto quest’ultimo potrebbe essere in grado di fornire le prove necessarie per dimostrare che l’azione intentata dal terzo è infondata. Il compratore che però non chiama in causa il venditore perde la garanzia, se rimane soccombente di fronte al terzo, qualora il venditore dimostri che, ove fosse stato chiamato in giudizio, avrebbe potuto addurre ragioni sufficienti per far respingere la domanda proposta contro il compratore dal terzo (art. 1485 c.c.).45 Allo stesso tempo il compratore perde il diritto alla garanzia se riconosce spontaneamente il diritto affermato dal terzo, a meno che sia in grado di provare che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l’evizione (art. 1485 c.c.), nel qual caso ovviamente ogni resistenza sarebbe stata inutile e dispendiosa. Il compratore che abbia ragione di temere che la cosa possa essere rivendicata da terzi può sospendere il pagamento del prezzo, a meno che il pericolo gli fosse già noto al momento della vendita (art.1481c.c.) (intimidazioni o diffide).46 45 F. Gazzoni, op. cit. , p.290. 46 C.M. BIANCA, op. cit., p.200.
  • 34. 30 Se il compratore subisce l’evizione ha diritto di pretendere dal venditore il risarcimento del danno, la restituzione del prezzo, anche se la cosa è diminuita di valore o deteriorata ed il rimborso delle spese fatte per il contratto (imposte). La garanzia è un effetto naturale del negozio, pertanto non sono necessarie alcune pattuizioni. Inoltre siccome la garanzia è predisposta nell’interesse del compratore, questi può rinunziarvi o contentarsi di una garanzia minore, come può pattuire che ne derivino effetti più gravi; il venditore ne risponde se l’evizione dipenda da un fatto suo proprio ed è nullo un patto contrario. L’esclusione comporta che il compratore può richiedere soltanto la restituzione del prezzo ma non il risarcimento. Evasione parziale: se è soltanto parziale il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto qualora debba ritenersi che non avrebbe acquistato la cosa senza la parte per la quale ha subito l’evizione; altrimenti può ottenere solo una riduzione del prezzo, salva in ogni caso l’azione per il risarcimento dei danni qualora ignorasse l’altruità parziale della cosa. Cosa grava da oneri o diritti di godimento di terzi: in tal caso il compratore che non ne era a conoscenza può domandare la risoluzione del contratto, qualora si ritenga che non avrebbe comprato la cosa se ne fosse stato a conoscenza oppure una riduzione del prezzo oltre al risarcimento dei danni. La garanzia per i vizi. Vizi di una cosa sono le imperfezioni o alterazioni del bene, dovute alla sua produzione o alla sua conservazione.47 Se il bene venduto presenta vizi non irrilevanti al compratore spetta ex lege una speciale tutela, denominata garanzia per i vizi (art.1490 cc). Il compratore non ha diritto di protestare per qualsiasi difetto della cosa acquistata. Il venditore è tenuto alla garanzia quando i vizi siano tali da rendere il bene inidoneo l’uso a cui è destinato o quanto meno da diminuire in modo apprezzabile il valore. 47 A. TORRENTE, P. SCHELSINGER, OP. CIT. ,P.287.
  • 35. 31 La garanzia non è dovuta se, al momento del contratto, il compratore, trattandosi di vendita di cosa specifica, conosceva i vizi della cosa o si trattava di vizi facilmente riconoscibili. Anche questa limitazione cade nell’ipotesi in cui il venditore abbia dichiarato che la cosa è esente da vizi. Il compratore, peraltro, se intende far valere la garanzia cui il venditore è tenuto, ha l’onere di denunciare l’esistenza dei vizi entro 8 gg., che decorrono dalla consegna se si tratta di vizi apparenti o dalla scoperta se si tratta di vizi occulti. Il vizio si dice apparente quando, con un esame diretto della cosa condotto con criteri di diligenza, avrebbe dovuto accorgersene. Ove ricorrano i requisiti indicati, il compratore ha diritto di chiedere, a sua scelta, o la risoluzione del contratto, (actioredhibitoria) restituendo il bene e facendosi restituire il prezzo pagato o liberandosi dall’obbligo di pagarlo, ovvero la riduzione del prezzo, (actio quanti minorino aestimatoria) salvo in ogni caso il diritto al risarcimento del danno, a meno che il venditore provi di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa (art.1494 c.c.).48 La scelta è rimessa al compratore, salvo il caso in cui gli usi escludano, per determinati vizi, la risoluzione della vendita, e diviene irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale. La giurisprudenza ha precisato che, qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi della cosa, tale impegno non comporta novazione oggettiva delle obbligazioni derivanti dal contratto; pertanto, qualora il venditore non proceda all’eliminazione del vizio, il compratore può esperire le ordinarie azioni di garanzia.49 La risoluzione della vendita implica la restituzione della cosa. La legge precisa che, se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha comunque diritto alla risoluzione del contratto; se invece la cosa è perita per caso fortuito, per colpa del compratore, o è stata da lui alienata o trasformata, è esperibile saltato l’azione di riduzione del prezzo. 48 M. Franzoni, R. Rolli., op. cit., p.230. 49 C. M. Bianca,op. cit., p.258.
  • 36. 32 L’azione del compratore è soggetta ad un termine di prescrizione di un anno, che decorre dal momento della consegna. Però con regola identica a quella già esaminata in tema di azione di annullamento, la legge prevede l’imprescrittibilità dell’eccezione, sicché il compratore convenuto in giudizio per l’esecuzione del contratto può sempre opporre il vizio della cosa purché però abbia denunciato il vizio entro il termine di decadenza. Identica tutela spetta al compratore qualora la cosa venduta non abbia le qualità promesse, ossia garantite dal venditore al momento della conclusione del contratto. Dalla garanzia per i vizi occulti o per difetto delle qualità promesse o essenziali va tenuta accuratamente distinta la tutela che spetta all’acquirente in un caso molto grave: quello della consegna di un bene radicalmente diverso per le sue caratteristiche socio economiche. In tal caso il compratore ha diritto di esperire la normale azione di risoluzione del contratto (art.1453 c.c.), che non applicandosi la norma speciale di cui (art. 1497 c.c.).non è soggetta né a decadenza per mancata tempestiva denuncia, né al breve termine di prescrizione annuale. La garanzia dovuta per legge può essere variamente accresciuta e disciplinata in via convenzionale, vale a dire mediante specifici patti inseriti nel contratto, oppure può essere diminuita o esclusa: in quest’ultimo caso, però il patto non è valido se il venditore ha in mala fede taciuto i vizi della cosa.50 Un patto particolare, che la legge contempla nell’ambito della vendita mobiliare, è la garanzia di buon funzionamento, che si ha quando il venditore abbia garantito per un certo tempo il funzionamento della cosa venduta. In tal caso il compratore deve denunciare il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza e la relativa azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta. 50 F. Gazzoni,op. cit.,p.298.
  • 37. 33 La garanzia di funzionamento opera diversamente dalle generali azioni discendenti dalla garanzia per i vizi, in quanto il giudice può assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa, salvo il risarcimento dei danni subiti. L’obbligazione del compratore. L’obbligazione principale del compratore consiste nel pagare il prezzo pattuito (art. 1498 c.c.), entro il termine e nel luogo stabiliti dal contratto o in mancanza al momento e nel luogo della consegna. Di regola il prezzo è oggetto di libero negoziato tra le parti, che di solito, concordano per il prezzo di mercato.51 La legge prevede apposite regole per il caso in cui le parti non abbiano determinato il prezzo o fissato i criteri per la sua determinazione. Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore. Le parti possono anche affidare la determinazione del prezzo ad un terzo eletto nel contratto o da eleggere posteriormente. Sarebbe nulla, per mancanza di un elemento essenziale, la vendita in cui il prezzo non sia stato né espressamente né implicitamente determinato. La vendita con patto di riscatto (artt.1500-1509 c.c.)è una vendita sottoposta a condizione risolutiva potestativa: il venditore si riserva il diritto di riavere la cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge.52 Vi si ricorre di solito quando il venditore è indotto a vendere per realizzare denaro liquido, ma spera di poter, entro un certo termine, avere la somma necessaria per farsi restituire la cosa venduta. La vendita produce i suoi effetti, ma questi si eliminano se il venditore dichiara di voler riscattare la cosa venduta. Basta questa dichiarazione a far rientrare la cosa nel patrimonio del venditore. 51 A. Torrente, P. Schelsinger, op .cit., p.289. 52 A. Gambaro, op .cit., p. 179.
  • 38. 34 L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un breve termine di decadenza (art.1501 c.c.). La condizione se verifica ha effetto retroattivo, perciò il riscatto ha effetto rispetto ai subacquirenti, i quali sono tenuti a rilasciare la cosa (art. 1504 c.c.).53 L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un breve termine di decadenza, di due anni per i beni mobili e di cinque per gli immobili. Il termine è inderogabile e improrogabile. Il patto di riscatto si distingue dal patto di retrovendita, che ha effetti obbligatori: esso obbliga il compratore alla stipulazione di un nuovo contratto di vendita. Diversa è anche la in diem addictio, che è la clausola con la quale si stabilisce che la vendita fatta resta caudata se entro un certo termine il venditore trova da vendere la cosa ad un altro acquirente a condizioni migliori. Dall’interpretazione della volontà delle parti risulterà se il patto dà luogo ad una condizione sospensiva o risolutiva. Vendita di cose mobili. La vendita di merci e di cose mobili costituisce il caso più frequente di compravendita. La legge specifica quale deve essere il luogo della consegna, che in assenza di apposito patto, è il luogo in cui la cosa si trovava all’atto della conclusione del contratto o quello in cui il venditore aveva il domicilio o la sede dell’impresa.54 Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si libera consegnando la cosa al vettore: la merce dunque viaggia a rischio e pericolo del compratore e i costi del trasporto sono a carico del compratore, salvo patti contrari. In tema di vendita con trasporto la prassi ha messo a punto apposite clausole volte a regolare la distribuzione dei rischi e dei costi: la clausola cif, cioè somma pagata, oltre al prezzo della merce, le spese per il caricamento, per l’assicurazione e per il trasporto. 53 F. Gazzoni, op .cit.,p.298. 54 F. Salaris , op .cit., p.342.
  • 39. 35 La clausola comporta per il venditore l’obbligo di consegnare la polizza di assicurazione e di regola l’assunzione del rischio da parte del compratore dal momento in cui è avvenuto il caricamento sulla nave. Apposite regole riguardano la tutela contro l’inadempimento delle parti;se il compratore non si presenta a ricevere la cosa venduta, il venditore può depositarla in un pubblico deposito, a spese del compratore; se il compratore non paga il prezzo, il venditore può far vendere la cosa per conto e a spese del compratore per mezzo di un ufficiale giudiziario o di un commissario nominato dal tribunale, ed ha diritto alla rifusione del minor prezzo incassato e al risarcimento del danno (vendita in danno del compratore) (art. 1515 c.c). È infine previsto un particolare mezzo di risoluzione del contratto: se una delle parti offre la propria prestazione, e l’altra non l’accetta e non esegue la propria, il contratto si risolve di diritto; la risoluzione ha luogo, però, soltanto se la parte non inadempiente dichiara di volersene avvalere entro otto giorni dalla scadenza del termine; altrimenti si applicano le regole generali sulla risoluzione del contratto. Figure particolari di vendite mobiliari55 sono: la vendita con riserva di gradimento (art.1520 c.c.) che costituisce un’opzione, vincolato è soltanto il venditore, ed il contratto si perfeziona, obbligando pure il compratore, soltanto quando costui comunica al venditore che la cosa è di suo gradimento;la vendita a prova, nella quale la cosa venduta debba avere le qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui era destinata (art.1521 c.c.); la vendita su campione; vendita perfetta ma può essere risolta se la merce è difforme dal campione. Differisce dalla vendita su tipo di campione, perché in quest’ultima vendita per ottenere la risoluzione, occorre una difformità notevole dal campione, che ha solo valore di orientamento “art. 1522 c.c.”; la vendita su documenti che attribuiscono a chi li possiede il diritto ad ottenere la consegna delle cose stesse dal detentore ed il potere di 55 A. GAMBARO,op. cit, p.230.
  • 40. 36 disposizione su di esse; la vendita a termine di titoli di credito che trova frequente applicazione nelle contrattazioni.
  • 41. 37 2.3 Donazione La donazione è il negozio giuridico con il quale una parte, il donante, intenzionalmente arricchisce l’altra, il donatario, disponendo di un proprio diritto, oppure obbligandosi a disporne, senza conseguire un corrispettivo. Ai sensi (art. 769 c.c.), la donazione è un contratto, per il suo perfezionamento serve l’incontro delle dichiarazioni di entrambe le parti.56 Il codice del 1865 definiva la donazione come atto unilaterale e la accostava al testamento. C’è da un lato la manifestazione di volontà di una parte di arricchire l’altra parte senza corrispettivo, dall’altro lato la volontà del donatario di accettare l’arricchimento. Qui trova piena applicazione la regola secondo la quale invito beneficium non datur, in origine posta a presidio di una assoluta intangibilità della sfera giuridica di ogni individuo e ora ,nell’attuale ordinamento , rilevante solo nei limiti in cui il beneficio non rechi oneri o obblighi con sé, ad esempio la donazione di un edificio e ai connessi oneri di manutenzione. Secondo alcune tesi, pur essendo la donazione un contratto, è inammissibile un preliminare di donazione, vista la sua spontaneità, infatti sarebbe esclusa da un contratto volto a creare l’obbligo di concludere una donazione. A questo si è obiettato che la spontaneità dell’attribuzione verrebbe anticipata dal contratto preliminare, non per questo elisa, sì che la sequenza preliminare di donazione/atto definitivo di attribuzione continuerebbe a soddisfare i requisiti dei quali (art.769 del c.c.). Uguale contrasto accompagna la sorte della promessa di donazione. Non rientra invece nella categoria delle “donazioni” il negozio di dotazione delle fondazioni, costituito per atto inter vivos.57 56 C.M. Bianca, op. cit., p.243. 57 A. Torrente, P. Schelsinger,op. cit., p.154.
  • 42. 38 Il contratto di donazione sorge allo scopo di arricchire un altro soggetto, elementi della donazione sono lo spirito di liberalità e l’arricchimento. Lo spirito di liberalità (animus donandi) è, secondo la dottrina maggioritaria, la causa del contratto, la quale, anche per la donazione, va distinta dai motivi, i quali per regola generale restano al di fuori della convenzione.58 Arduo è definire lo spirito di liberalità. La dottrina e la giurisprudenza, pur condividendo la tesi che in esso risieda la causa del negozio in parola, offrono di esso molteplici descrizioni. In via generale per spirito di liberalità può intendersi l’intento altruistico di beneficiare il donatario. Di questo un’eco negli atti notarili, soprattutto di qualche decennio or sono, ove il donatario dichiara di accettare “con animo grato”, quale volontà correlata all’intento altruistico del donante. Altre tesi, di tipo oggettivistico, ritengono invece che la funzione della donazione consista unicamente nell’attribuire un proprio bene ad altri senza conseguire un corrispettivo. Lo spirito di liberalità, preteso (art. 769 c.c.), non sarebbe relativo alla causa del negozio, ma servirebbe solo a colorare l’intenzionalità dell’attribuzione non bilanciata economicamente dal corrispettivo. È donazione anche l’arricchimento remuneratorio, cioè quello fatto per riconoscenza, a fronte dei meriti del donatario o per speciale remunerazione (art. 770 c.c.).59 A differenza di quella ordinaria, la donazione remuneratoria è irrevocabile e non obbliga il donatario a prestare gli alimenti al donante; comporta invece, a carico del donatario, la garanzia dei vizi per l’evizione. Non è donazione la liberalità attuata in considerazione dei servizi resi al donatario, se non eccede i limiti di una stretta proporzionalità, né la liberalità di utilizzo. 58 A. Gambaro, op. cit., p. 145. 59 A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p.72.
  • 43. 39 L’arricchimento è l’incremento del patrimonio del donatario e si può realizzare disponendo a favore di questi di un diritto oppure obbligandosi a una prestazione di dare (cosiddetta donazione obbligatoria). Si discute se la nozione debba essere intesa in senso economico, oppure esclusivamente giuridico, quale attribuzione di un diritto. Accogliendo la prima tesi, maggioritaria, ne deriva che, in ordine alla donazione modale, il modus non può, al momento del perfezionamento dell’atto, essere di valore tale da depauperare per intero il valore della donazione. La donazione è un contratto animato da spirito di liberalità, ed è necessario che il donante si privi di un proprio bene (depauperamento) in favore dell’arricchimento del donatario (ossia del soggetto a favore del quale è fatta la donazione). Si distingue dalla donazione il contratto a titolo gratuito, dove l’assenza di corrispettivo non equivale a spirito di liberalità. Classico esempio di contratto a titolo gratuito è quello concluso dal giovane violinista che si esibisce gratuitamente per uno spettacolo, al fine di farsi pubblicità.60 Il cosiddetto ritorno pubblicitario rappresenta infatti un valido interesse patrimoniale che giustifica causalmente il contratto a titolo gratuito. Al contrario, nella donazione non sussiste alcun interesse patrimoniale del donante. Lo scopo di arricchire una persona si può raggiungere anche indirettamente, avvalendosi di atti che hanno una causa diversa. In simili casi si parla spesso di donazione indiretta: il caso più frequente è quello della vendita di una cosa a un prezzo inferiore al suo valore (negotiummixtumcumdonatione), questi negozi attuano sia la causa di scambio, sia quella donativa. Rientrano tra le donazioni indirette anche il pagamento di un debito altrui (il genitore che paga un debito del figlio), la remissione del debito (il creditore cancella un debito al suo debitore), il procurare l’acquisto di un bene a un terzo o, intervenendo all’atto di acquisto per pagare il relativo prezzo, o 60 F. Salaris, op. cit., p.420.
  • 44. 40 fornendo al terzo il denaro necessario per l’acquisto, o apponendo al contratto di acquisto una clausola che comporti l’intestazione del bene a favore del terzo che si intende beneficiare (contratto a favore del terzo). Oltre alla sproporzione oggettiva fra le due prestazioni, serve che questa sproporzione sia voluta dalla parte che la subisce, allo scopo di dar vita a una liberalità. Questo fine è necessario che sia noto alla controparte. La donazione indiretta non soggiace alle norme in tema di donazione, ma soltanto ad alcune, soprattutto quelle in tema di riduzione e collazione. Essa non necessita della forma pubblica. Per una parte della dottrina, la donazione indiretta rientra fra i negozi indiretti e va distinta dalla donazione simulata. Nella donazione indiretta il negozio apparente è quello effettivamente voluto, in quanto non c’è differenza fra volontà e dichiarazione. Nella donazione simulata il contratto apparente non corrisponde alla reale volontà delle parti, che fanno assumere la parvenza di un negozio oneroso alla loro volontà di stipulare un contratto gratuito. La “capacità di donare” è regolata dai principi generali: non possono donare i minori, gli interdetti, gli inabilitati, gli incapaci naturali. Parziale eccezione è prevista per le donazioni obnuziali (ovvero, quelle fatte a causa di matrimonio): sono valide se fatte con l’assistenza di chi esercita la potestà (o la tutela o la curatela) le donazioni fatte nel contratto di matrimonio dal minore o dall’inabilitato.61 Le persone giuridiche possono donare se così è previsto nello statuto o nell’atto costitutivo, e nei limiti di queste discipline. La donazione è un atto personale del donante: perciò, la scelta del donatario o dell’oggetto della donazione deve essere frutto dell’esclusiva volontà del donante, quindi non è una decisione che può essere rimessa al rappresentante. Perciò, è nullo il mandato a donare quando attribuisce ad altri proprio la facoltà di operare le anzidette scelte (art. 778 c.c.).62 61 F. Gazzoni, op. cit., p. 350. 62 A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p.450.
  • 45. 41 È possibile rimettere al mandatario la scelta tra determinate categorie di persone o la scelta dell’oggetto della donazione fra più cose comunque indicate dal donante. In questi casi, dato che la donazione richiede la forma per atto pubblico, visto (art. 1392 c.c.) in tema di forma della procura, la stessa forma sarà richiesta anche per la procura a donare. Sulla “capacità di ricevere per donazione”, c’è parallelismo con la normativa a tal riguardo adottata per il testamento. Così, il figlio di una persona vivente al tempo della donazione, anche se ancora non concepito, può ricevere; analogamente, possono ricevere le persone giuridiche (al riguardo non è più richiesta l’autorizzazione amministrativa all’accettazione, essendo stato abrogato art. 17 del c.c.). Si può donare anche a favore di un ente non riconosciuto, senza che l’efficacia della donazione sia più subordinata alla richiesta di riconoscimento (sono stati abrogati gli art.600 e 786 c.c.). È ammessa la donazione a favore di figli naturali non riconoscibili e, dopo l’intervento della Corte Costituzionale che ha giudicato illegittimo (art. 781 c.c.), sono ammissibili anche le donazioni tra coniugi.63 Non è invece ammessa la donazione a favore del tutore (o del protutore) dell’incapace. L’oggetto della donazione non può essere un bene futuro(art. 771 c.c.), mentre può essere costituito da tutti i beni presenti nel patrimonio (infatti, l’obbligo del donatario di prestare gli alimenti al donante supplisce adeguatamente lo stato di bisogno in cui quest’ultimo viene a trovarsi). In quest’ultima ipotesi (donazione universale) si fa riferimento ai singoli beni che compongono il patrimonio, essendo esclusa l’indeterminatezza dell’oggetto della donazione. La donazione dell’azienda è relativa ai fini della determinazione dell’oggetto della donazione, non esclusivamente il valore dei beni che compongono l’azienda, ma anche il valore dell’avviamento. 63 F. Salaris, op. cit., p. 486.
  • 46. 42 L’azienda non è infatti concepibile come semplice insieme dei beni attraverso i quali l’imprenditore esercita l’impresa, questo insieme non sarebbe “azienda” se non si tenesse conto della sua potenzialità produttiva, peraltro connessa alle qualità personali dell’imprenditore. Non è ammissibile, visto il divieto di donare beni futuri, la donazione di beni altrui. Secondo Andrea Torrente, la donazione di bene altrui, sebbene sia nulla per mancanza di un elemento essenziale del contratto, costituisce comunque titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà (di beni mobili) ai sensi “dell’art. 1153 c.c.”. Se oggetto della donazione è una universalità patrimoniale, non si applica il divieto dell’articolo del codice civile ai beni che si aggiungono all’universalità successivamente al perfezionamento del contratto di donazione, dal momento che questi beni rientrano nel concetto di unità funzionale o ideologica che è tipico dell’universalità. Se un contratto di donazione ha ad oggetto sia beni presenti sia beni futuri, la donazione è nulla soltanto rispetto a questi ultimi. La donazione richiede sempre l’atto pubblico a pena di nullità ex (art. 782 c.c.), sia quando ha per oggetto immobili sia mobili, alla presenza di due testimoni: la ratio è far riflettere il donante sulla gravità della scelta che compie, questa forma solenne non è richiesta per le donazioni di modico valore aventi ad oggetto beni immobili o immobili specifici. La modicità del bene, va valutata anche in base alle condizioni economiche del donante. Quando la donazione ha per oggetto beni mobili, l’atto deve contenere la specificazione del loro valore. Il valore dei beni mobili può risultare anche da nota a parte, purché sottoscritta dalle parti e dal notaio. Non è necessaria l’indicazione di eventuali pertinenze incluse nella donazione. Se oggetto della donazione è una universitas, secondo la dottrina maggioritaria è sufficiente indicarne il valore complessivo.64 64 A. Torrente, P. Schelsinger, op. cit., p. 543.
  • 47. 43 Se oggetto della donazione è l’azienda, posta la rilevanza dell’avviamento, la specificazione dei beni che la compongono appare superflua: secondo Andrea Torrente conviene infatti specificare complessivamente il valore dell’azienda, incluso il valore di avviamento. Anche gli elementi accidentali devono risultare dall’atto pubblico. La donazione può avere per oggetto la nuda proprietà con riserva di usufrutto a vantaggio del donante. La legge notarile impone la presenza di due testimoni; se l’accettazione della donazione non avviene contestualmente alla formulazione dell’offerta, deve pervenire al donante nelle forme della notificazione previste dal codice di procedura civile.65 Non è prevista la presenza dei testimoni per l’accettazione, se questa non è contestuale alla formulazione dell’offerta. La donazione si perfeziona con l’accettazione. Fino al perfezionamento, è ammessa la revoca dell’offerta, è anche ammessa la revoca tempestiva dell’accettazione, che costituisce certamente un atto recettizio, ed è ammessa l’irrevocabilità convenzionale dell’offerta. 65 C. M: Bianca, op. cit., p. 236.
  • 48. 44 2.4 Legatario ed erede Si definisce erede colui che è istituito successore a titolo universale. Subentra cioè nel patrimonio del de cuius nella medesima posizione di diritto in cui si trovava il defunto. La sua è una successione che riguarda l'intero patrimonio o in una quota di esso, compresi rapporti attivi e passivi comprendendo la totalità dei suoi rapporti trasmissibili. Lo status di erede è indipendente dall'espressione utilizzata nel testamento. Ciò che rileva ai fini della sua istituzione è la sua successione a titolo universale che viene stabilita dalla chiara espressione in tal senso della volontà del de cuius. In linea teorica, e non solo, si potrebbe trovare l'espressione erede senza che a ciò consegua una reale successione a titolo universale.66 Se l'erede succede a titolo universale, il legatario è invece colui che succede a titolo particolare e al quale il testatore attribuisce, tramite una disposizione testamentaria, un bene o un diritto di carattere patrimoniale. In poche parole, il legatario non entra in possesso di una quota del patrimonio. Tale definizione, che si potrebbe definire a carattere residuale, la si trova espressa (art. 588 c.c.). Il legatario in quanto successore a titolo particolare, non risponde dei debiti ereditari e succede esclusivamente nei rapporti attivi del testatore. Differenze ulteriori sono rintracciabili in elementi di diritto sostanziale. In primo luogo il possesso. Mentre l'erede subentra nel possesso del defunto senza alcuna soluzione di continuità, il legatario inizia un nuovo possesso. Altro aspetto distintivo riguarda l'accettazione che nel caso dell'erede necessità di una accettazione tacita o espressa mentre per quanto riguarda il legatario non richiede alcun atto specifico, fatta salva la possibilità del legatario di compiere atto di rinuncia. 66 F. Salaris, op. cit., p .470.
  • 49. 45 Tuttavia, che siano legatari o eredi, tutti i beneficiari di un patrimonio devono essere determinati o facilmente determinabili, secondo (art 628 c. c.) ''è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata''.67 Sia l'eredità che il legato possono essere sottoposti ad oneri, e se questi non vengono rispettati, la disposizione testamentaria potrebbe essere risolta, in altre parole, annullata; a condizione sospensiva, ovvero vengono sospesi gli effetti del testamento fino all'adempimento di una condizione; infine, a condizione risolutiva, cioè il verificarsi di una data condizione fa venire meno l'istituzione di erede o di legato.68 67 F. Gazzoni, op. cit., p. 546. 68 A. Gambaro, op. cit., p. 435.
  • 50. 46 2.5 I modi di acquisto della proprietà a titolo originario Modi di acquisto a titolo originario, dove l’acquisto della proprietà non dipende dal diritto di un precedente titolare (ad es., il pescatore diventa proprietario dei pesci caduti nella rete), ma nasce direttamente nel patrimonio dell’attuale titolare. L’acquisto a titolo originario non si ha esclusivamente quando il diritto di proprietà su un bene sorge per la prima volta in capo a un soggetto, ma ricorre ogni volta che l’acquisto della proprietà non deriva dal diritto del precedente titolare e prevale anche su questo (ad esempio, usucapione, acquisto di beni mobili ex art. 1153 c.c.).69 Al contrario, nell’acquisto a titolo originario, si estingue il diritto del precedente proprietario e si estinguono i diritti reali e le garanzie reali esistenti sul bene. Ex (art. 922 c.c.), la proprietà può essere acquistata a titolo originario: per "occupazione", relativamente ai beni mobili abbandonati o alle res nullius con la presa di possesso (art. 923 c.c.); per "invenzione", relativamente alle cose smarrite o dimenticate (art. 927 c.c.); per "accessione", a favore del proprietario del suolo e fatte salve le eccezioni di legge, ove sopra o sotto lo stesso sorgano altre opere (artt. 934 c.c.); per "specificazione", a seguito della trasformazione della materia in cosa nuova che acquista quindi un valore notevolmente maggiore (art. 940 c.c.), per "unione o commistione", quando due cose mobili si uniscono per formare una cosa composta che conserva la propria identità pur rendendoli inseparabili (unione) ovvero la perda completamente (commistione) (art. 939 c.c.); per "usucapione", a seguito del possesso continuo e ininterrotto per venti anni della cosa (art. 1158 c.c.);per effetto di contratti (art. 1376 c.c.), per successione a causa di morte(art. 456 c.c.) e negli altri modi stabiliti dalla legge.70 69 A. Gambaro, op. cit., p. 323. 70 F. SALARIS, op. cit., p. 356.
  • 51. 47 2.6 Occupazione E’ la presa di possesso di una cosa mobile, con l'intenzione di rendersene proprietario, che non è di proprietà di alcuno. Possono essere cose di nessuno solo le cose mobili: i beni immobili che non appartengono a nessun privato sono di proprietà dello Stato o, se situati nel territorio delle regioni a statuto speciale, di proprietà di quest'ultima. È il caso dei terreni rupestri, digli acciai, dei terreni abbandonati dal mare. Il codice civile considera cose di nessuno due serie di cose: 1. le cose abbandonate: queste diventano cose di nessuno dopo l'abbandono da parte delle proprietario, il quale si è liberato del possesso della cosa con l'intenzione di rinunciare alla proprietà. 2. gli animali che formano oggetto di caccia o di pesca: la selvaggina e i pesci Di acquisto della proprietà per occupazione si può parlare anche in una terza serie di ipotesi: è l'occupazione delle cose mobili altrui con il consenso, espresso o tacito, del proprietario. Dalle cose abbandonate si distinguono le cose smarrite: di queste il proprietario ha perduto il possesso senza rinunciare alla proprietà. 71 Chi trova una cosa mobile, che le circostanze fanno presumere sia stata smarrita e non abbandonata, deve restituirla al proprietario o, se non lo conosce, consegnarla al sindaco del luogo in cui la trovata che dà notizia del ritrovamento nell'albo pretorio.72 Al trovatore è dovuto dal proprietario un premio pari ad un decimo del valore della cosa trascorso un anno dalla pubblicazione è senza che lo smarrito e si presenti, questi perde la proprietà della cosa e ne diventa proprietario i ladri trovatore: è l'acquisto della proprietà per le invenzione. Diversa avevo la balle per i relitti di mare: al ritrovatore spetta un premio, ma se il proprietario non si presenta il delitto è venduto e il era ricavato va alla previdenza marinara. 71 A. Trabucchi, Occupazione (diritto privato), Giuffrè, Milano, 1979, p. 621. 72 A. Trabucchi , op. cit., p. 432.
  • 52. 48 2.7 Invezione L’invenzione riguarda le cose smarrite che devono essere restituite al proprietario o al sindaco. Trascorso uno anno, se la cosa è stata consegnata al sindaco e non si presenta il proprietario, la proprietà spetta a chi l’ha trovata. Se invece, il proprietario della cosa si presenta, quest’ultimo deve al ritrovatore un premio proporzionale al valore della cosa smarrita. Una particolare forma di invenzione è quella che riguarda il tesoro. Esso appartiene al proprietario del fondo in cui si trova, ma se è trovato per caso nel fondo altrui, spetta per metà al proprietario e per metà al ritrovatore. Anche la cosa dimenticata, infatti, è fuoriuscita involontariamente dalla disponibilità del proprietario e può essere considerata smarrita nel caso in cui questi non si presenti prontamente a reclamarla. (art. 928 c.c.) pubblicazione del ritrovamento: il sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell’albo pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare affissa per tre giorni ogni volta. Così il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo il prezzo, devono pagare le spese occorse. Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata. Il premio dovuto al ritrovatore di cosa smarrita (art. 930 c.c.) spetta anche nel caso che si tratti di cosa furtiva, purché sussista la buona fede del ritrovatore stesso, ossia la sua ignoranza della provenienza delittuosa del bene, esclusa soltanto dalla dimostrata, piena consapevolezza del suddetto circa tale provenienza, e non 73 anche da semplici dubbi o sospetti al riguardo. Il premio dovuto al ritrovatore di cosa mobile deve essere riconosciuto, ogni volta il bene rinvenuto abbia in sé un valore economico e, 73 Cass., 13 novembre 1982, n. 6060.
  • 53. 49 quindi, un’ovvia utilità per chi il bene stesso abbia smarrito ed, ai sensi del terzo comma della stessa disposizione normativa, qualora il ritrovamento abbia comunque una qualche utilità, anche di natura non economica, per il proprietario o detentore; utilità da determinarsi non in base a valutazioni soggettive di chi il bene abbia smarrito, ma in base a valutazioni di ordine oggettivo e generale.
  • 54. 50 2.8 Accessione L’Accessione é un modo di acquisto della proprietà a titolo originario e, precisamente, quel fenomeno in base al quale la proprietà di una cosa si estende a ciò che ad essa si unisce, per il solo fatto dell’incorporazione materiale, indipendentemente dalla scienza o dalla volontà del proprietario (animus). L'accessione, inoltre, può definirsi come quel fenomeno per cui una cosa, unendosi al suolo altrui, passa, per questo solo fatto, in proprietà del soggetto cui il suolo appartiene.74 Si tratta, in effetti, della più rilevante manifestazione del fenomeno giuridico noto come "attrazione reale", in base al quale la preminenza di un bene (il suolo) su un altro (la costruzione o piantagione su di essa insistente) comporta l'attrazione del secondo nella sfera del diritto di proprietà dell'altro. Si ha, insomma, una sorta di congiunzione fisica della costruzione con il terreno, che nasce dalla realtà ontologica, senza che abbia in proposito alcun rilievo il titolo di proprietà sul terreno o sulla costruzione. Secondo un antico e generale principio, la proprietà di una cosa qualificata come cosa principale fa acquistare la proprietà delle cose qualificabili come ad essa accessorie. Anche se non possa negarsi che la disciplina minuziosa tracciata dagli (art.1935 c.c.)75 sia proprio diretta a dirimere i contrasti derivanti dalla realizzazione dell’opera con materiali altrui, la circostanza che l’opera sia compiuta dal proprietario del suolo o da terzi é del tutto ininfluente ai fini dell’operatività dell’acquisto per accessione Il fondamento dell’istituto si ritrova nella forza espansiva del diritto della proprietà, in virtù della quale tutto quello che si consolida sul suolo diviene di proprietà del titolare stesso. 74 Cass., 13 novembre 1982, n. 6060. 75 F. Salaris, op. cit., p.546.
  • 55. 51 Il fondamento della regola è, pertanto, il medesimo espresso dalla massima accessoriumsequitur principale; tuttavia, a differenza dell'ipotesi della pertinenza, di cui (art. 817 c.c.), si é sottolineato che quest'ultima fattispecie comporta sempre l'autonomia e la distinzione della cosa accessoria da quella principale, cui é legata solo da un rapporto di servizio od ornamento (a opera del proprietario o della legge).76 La dottrina, inoltre, ha individuato il fondamento dell’acquisto per accessione nell’esigenza sociale che le piantagioni e le costruzioni non siano rimosse, con notevole perdita di ricchezza, per il fatto di essere state eseguite su suolo altrui. L’automaticità dell’acquisto distingue nettamente l’accessione dall’occupazione e dall’invenzione nelle quali si ritiene, che vi sia, un elemento volontaristico: nella prima ipotesi (occupazione) è richiesto, infatti, un atto materiale d’impossessamento con l’intenzione di divenire proprietario della cosa; nella seconda ipotesi (invenzione) l’apprensione della cosa ritrovata è fatta con lo scopo di restituirla al proprietario e, in linea subordinata, di consegnarla all’autorità comunale. Il principio dell’accessione, sia in base (art. 934c.c.), sia in base (art. 446 del c.c.) del 1865, opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione od opera si incorpora al suolo, sicché la pronuncia del giudice al riguardo ha natura soltanto dichiarativa.77 Diversamente la cosiddetta accessione invertita , in base alla quale a colui che abbia in buona fede occupato con un proprio edificio una parte del suolo del vicino può essere attribuita, a determinate condizioni, la proprietà del terreno occupato (art. 938 del c.c. vigente e art. 452 del c.c. del 1865), non opera mai automaticamente, ma - salvo l’effetto della volontà delle parti interessate - é sempre pronunciata dal giudice, il quale, controllato il concorso delle necessarie condizioni di legge, emette sul punto sentenza di natura costitutiva . 76 Cass. 26 giugno 1987, n. 5135. 77 F. Salaris, op. cit., p.432.
  • 56. 52 La giurisprudenza é andata oltre, affermando che il diritto di accessione é così forte da non poter essere impedito neppure dall’accatastamento in proprio della costruzione da parte del terzo che l’abbia realizzata, né dall’inserimento della costruzione nella denuncia di successione78 . La regola dell’accessione di cui all’art 934 c.c. non ha carattere di assolutezza, ma é limitata alle sole ipotesi in cui non risulti dal titolo o dalla legge che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto diverso dal proprietario di questo. Pertanto, ad esempio, nell’ipotesi in cui la costruzione sia stata oggetto di espressa convenzione tra il proprietario del suolo e il costruttore, il giudice del merito non può ritenere senz’altro avverata l’accessione se non abbia prima esaminato il contenuto di tale convenzione al fine di escludere che tra le parti si fosse inteso costituire, quanto meno, una concessione ad aedificandum che, essendo un rapporto ad effetti meramente obbligatori, può trovare la sua fonte e disciplina anche in un contratto atipico, non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità. 78 Cass. 26 giugno 1987, n. 5135.
  • 57. 53 3.1. L’acquisto dei beni mobili mediante il possesso di buona fede. L’acquirente di cosa mobile alienata dal non legittimario ne diventa proprietario mediante il possesso di buona fede, secondo la regola “possesso vale titolo”. Tale regola non contraddice il sistema causale, ma introduce un modo di acquisto a titolo originario, che risponde all’esigenza di certezza e di celerità della circolazione delle merci e dei beni mobili in generale: nella valutazione della legge, questa esigenza sociale prevale su quella della tutela della proprietà. Presupposti della regola vale titolo sono: la non legittimazione dell’alienante (acquisto a non domino).79 La ragione della norma è l’esigenza di agevolare la circolazione giuridica dei beni mobili, svincolando l’acquirente dall’onere di compiere non facili indagini sulla titolarità del diritto dell’alienante: questa ragione giustifica un’interpretazione non restrittiva, che riconosca l’applicabilità della regola a tutti i casi in cui l’alienazione sia posta in essere da chi non è legittimato ad alienare. Tale ratio impone poi l’applicazione della regola a tutte le ipotesi in cui l’alienante sia proprietario dei beni ma privo del potere di disporne. La soluzione contraria è stata però ribadita da parte della dottrina e della giurisprudenza con particolare riguardo agli atti di alienazione compiuti dal fallito, dal momento che la legge fallimentare dichiara inefficaci rispetto ai creditori gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.80 Ma tale inefficacia è conseguenza diretta della perdita di legittimazione del fallito a disporre dei suoi beni, che è presupposto per l’applicazione della regola. Si è poi detto che l’esigenza di tutela dei creditori prevarrebbe rispetto a quella dei terzi di buona fede. 79 F. Salaris, op. cit., p. 532. 80 S. Ruperto, op. cit., p.546.
  • 58. 54 La norma del codice sulla inefficacia degli atti dispositivi dei beni pignorati fa espressamente salvi gli effetti del possesso di buona fede. La regola possesso vale titolo opera anche relativamente ai beni alienati dal fallito. Il possesso è dubbio se ai fini dell’applicazione della regola l’acquirente debba conseguire il possesso diretto della cosa. La dizione del “possesso reale” è usata dal codice francese con riguardo all’ipotesi di alienazioni successive a più acquirenti, per risolverla in favore di colui che sia stato immesso nel possesso reale del bene, in modo da mantenere il pieno ambito di operatività della regola possesso vale titolo, che resterebbe altrimenti limitato.81 Al di fuori di tale ipotesi però non vi è ragione per negare tutela all’acquirente che abbia conseguito in buona fede il possesso indiretto del bene: il possessore indiretto sarà esposto al pericolo di perdere la proprietà a fronte di un acquirente che in buona fede consegua il possesso diretto del bene, ma questo pericolo risponde alla logica della regola possesso vale titolo. Insufficiente è invece una consegna meramente simbolica. La buona fede la regola possesso vale titolo si applica in favore dell’acquirente di buona fede. La dottrina, traendo spunto dal dettato letterale della norma, che prevede l’acquisto del bene mobile “da parte di chi non è proprietario”, sostiene che è in buona fede chi crede che l’alienante sia il “proprietario” (la regola non gioverebbe a chi acquista in buona fede dall’apparente rappresentante del proprietario). Tale interpretazione però non tiene conto della ragione della norma, diretta a tutelare la certezza e la celerità del commercio dei mobili, la quale porta a ritenere che è in buona fede chi crede che l’alienante sia legittimato ad alienare in quanto proprietario, rappresentante, depositario a titolo estimatorio, ecc. 81 F. Galgano, op. cit., p.324.