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News 25/SSL/2017
Lunedì, 19 giugno 2017
Sicurezza sul lavoro, con delega datore assolto.
In materia di infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia gravante sul datore, ben
può essere trasferita ad un terzo, a patto che i requisiti formali della delega, ex
articolo 16 “TU sicurezza”, siano soddisfatti.
La Corte di Cassazione ha, con sentenza 31 maggio 2017, n.27310, confermato la
costante giurisprudenza secondo la quale gli obblighi di prevenzione, assicurazione
e sorveglianza possono essere delegati, a condizione che l’atto di delega (articolo
16, Dlgs 81/2008) sia espresso, inequivoco, certo, investa persona tecnicamente
capace. Il subentro del delegato nella posizione di garanzia del delegante solleva
quest’ultimo da responsabilità in caso di infortunio occorso ad un lavoratore.
Nel caso concreto, il delegato emiliano (ritenuto legittimo, dal Giudice, nella forma
e nella sostanza) è risultato colpevole di condotta omissiva legata all’obbligo di
formazione ex articolo 37, Dlgs. 81/2008.
In un caso analogo, la Corte di Cassazione (9 giugno 2017, n.28721) si è espressa
condannando il datore di lavoro per un sinistro sul lavoro, proprio perché non
risultava espressa delega ad un terzo. Il datore era amministratore della società di
capitali e in quanto tale destinatario degli obblighi di legge (al pari di tutti i
componenti del consiglio di amministrazione, degli amministratori e dei soci).
(Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
Aggiornamento Reach, in regolamento 12 nuove sostanze che prevedono
autorizzazione.
ROMA – Modifiche all’allegato XIV del Regolamento Reach. Pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale UE del 14 giugno 2017 il Regolamento 2017/999 del 13 giugno
2017 che aggiunge nuove dodici sostanze alla lista di quelle che prevedono
domanda di autorizzazione. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Helpdesk Reach, pubblicato regolamento 12 sostanze autorizzazione
Fonte: quotidianosicurezza.it
Note sui contenuti utili per rendere un modello esimente
Alcuni aspetti che spesso non vengono risolti nei modelli 231 e che potrebbero
rendere non esimenti una o più parti del modello. A cura di A. Mazzeranghi.
Una doverosa premessa
Chi vuole andare al concreto può anche saltare questo paragrafo.
A commento di un mio precedente articolo su queste stesse pagine, ove delinea un
quadro molto negativo in relazione alla capacità esimente dei così detti MOG 231
adottato dalle aziende, in relazione agli aspetti definiti nell’articolo 25 septies del
D.lgs. 231/2001, un lettore, dopo un primo commento molto secco, successivamente
scrive:
Perfetto. Siamo d'accordo. Questo è un articolo tecnico, scritto credo per tecnici
del settore. Fotografa negativamente situazioni a lui note, lamentando carenze.
Non leggo proposte, soluzioni, cambi di passo o mentalità, nulla di nuovo a dieci
anni (parole sue) dal testo unico.
Non leggo esempi in cui il modello funziona.
Credo che chiunque possa andare in una azienda ipotizzare un infortunio
improbabile, e dimostrare che il modello in quella parte non copra... POI ????
Sicurezza è dare soluzioni, non lamentele ed accuse.
Io nell’articolo, partendo dalla considerazione della pochezza esimente di troppi
modelli, accusavo “con atteggiamento livoroso” i soggetti che hanno guidato le
aziende nella implementazione dei modelli tramite linee guida, seminari ecc. che
hanno fatto passare una linea talmente minimalista da trasformare i MOG in materia
di salute e sicurezza come una semplice collezione di pezzi di carta pieni di principi
generici. Evidentemente questi soggetti, primariamente varie associazioni di
categoria imprenditoriali, hanno ritenuto appropriato minimizzare il senso ben
concreto dell’articolo 30 del D.lgs. 81/2008.
Orbene, ognuno fa la sua politica a vantaggio dei propri iscritti come suo dovere,
ancor prima che diritto, ma qui sono assai poco sicuro che il vantaggio ci sia.
Ma voglio rispondere alla considerazione del lettore che dice che nell’articolo non
faccio alcuna proposta, che sono solo distruttivo. Ha ragione! e credo che sia la
prima volta che faccio una cosa del genere, che giustifico in ragione del livore e
della tristezza che mi invadono quando guardo la realtà oggettiva che caratterizza i
MOG delle aziende. Proverò qui di seguito a fornire qualche spunto.
Elementi che certamente sono utili nel modello
Vorrei prima di tutto chiarire che quello che segue è una opinione personale,
discutibile quanto si vuole! Non è presa da linee guida, norme o altri documenti
ufficiali. È solo frutto dell’esperienza mia e dei miei colleghi, che dal settembre 2007
ci occupiamo con passione della implementazione di MOG, sperabilmente
esimenti, in relazione alle previsioni dell’articolo 25 septies del D.lgs. 231/2001, per i
quali MOG a partire da metà 2008 abbiamo utilizzato come “guida minima” ma
utilissima l’articolo 30 del D.lgs. 81/2008.
È quindi il citato articolo 30 che ci dice esplicitamente alcuni requisiti che il modello
deve avere per potere conseguire l’effetto esimente. Il modello deve essere:
• Adottato
• Idoneo
• Efficacemente attuato
E per essere idoneo ed efficacemente attuato il modello deve contenere delle
regole, precisamente rispettate da tutti i soggetti interessati, per garantire tutta una
serie di cose che l’articolo 30 indica, fra cui:
1.Conformità legale
2.Valutazione dei rischi
3.Procedure di emergenza
4.Vigilanza
5.…
Non voglio spiegare per l’ennesima volta i contenuti dell’articolo 30 ma indicare
piuttosto aspetti che spesso trovo non risolti nei modelli, e che potrebbero rendere
non esimenti una o più parti del modello.
LA GERARCHIA
Qui parliamo del comma 3 dell’articolo 30, quello attinente alla articolazione di
funzioni. Non mi stancherò di ripetere che il legislatore italiano, e per conseguenza la
magistratura e i giudici, leggono le organizzazioni in modo gerarchico. È un dato di
fatto, difficilmente i principi di responsabilità personale si applicano alle
organizzazioni matriciali.
Quindi un primo gruppo di domande da porre per verificare l’idoneità del modello
potrebbe essere:
1.Esiste un organigramma, anche specificamente “corretto” per gli aspetti di
sicurezza che dice chi comanda e su chi comanda, per garantire la sicurezza
dei comandati?
2.In tale organigramma non accade mai che in medesimo individuo abbia due
capi direttamente sopra di lui, nello stesso preciso momento?
3.L’organigramma è noto a tutti gli interessati, e in particolare ognuno sa indicare
senza esitazioni che è il suo superiore diretto in materia di sicurezza e salute?
4.Ogni lavoratore ha sopra di sé un preposto (o, alla peggio, un dirigente,
comunque un capo che deve vigilare sul suo operato)?
5.Chi deve vigilare ha la concreta possibilità di farlo, almeno sulle persone
direttamente sottoposte?
LE RESPONSABILITÀ
Ancora per effetto della necessità della articolazione di funzioni di cui al citato
comma, possiamo fare alcune domande, quelle che seguono:
• Ad ogni figura che svolge una funzione di garanzia rispetto alla salute e alla
sicurezza di uno o più colleghi, p altri lavoratori interessati, sono state chiarite
le proprie responsabilità, e tali responsabilità sono state esplicitamente
accettate?
• L’insieme delle responsabilità assegnate, garantisce che per ogni azione
necessaria per rispettare un requisito di legge applicabile (e non indelegabile)
sia stato definito un responsabile (o più responsabili ad ognuno dei quali si
assegna una parte diversa dei compiti da svolgere)?
• La matrice delle responsabilità (appena sottintesa) non presenta sovrapposizioni
(non risolte) o altre situazioni che potrebbero portare ad equivoci?
I PROCESSI E LE PROCEDURE
Una banalità: il funzionamento di qualunque azienda avviene tramite una serie di
processi, più o meno formalizzati e ordinati, che altro non sono che sequenze di
attività fra loro concatenate per raggiungere un certo obiettivo. Il primo comma
dell’articolo 30, talvolta implicitamente, talvolta esplicitamente (alla lettera c) ci
dice che:
• Esistono processi aziendali che, al loro interno, includono importanti aspetti di
sicurezza
• Ce ne sono altri che sono solo ed esclusivamente destinati a gestire correttamente
gli aspetti di sicurezza
Poi cerca di fare una sorta di elenco, che riprenderemo dopo. Ma prima di tutto
ricordiamo che l’azienda, tramite il modello, deve garantire che tali processi siano
“svolti” come l’azienda stessa ha deciso, naturalmente al fine di raggiungere i
risultati desiderati. Le domande che seguono valgono per tutti i processi aziendali, a
qualunque risultato vogliano portare:
• I processi aziendali sono in qualche modo catalogati, partendo dal reale
funzionamento della azienda?
• I processi aziendali sono stati definiti nel loro svolgersi, tramite precise regole che,
se applicate, consentono di raggiungere i risultati desiderati, e permettono di
identificare e correggere eventuali scostamenti?
• Le regole sono esplicitati in documenti scritti, procedure secondo la terminologia
più utilizzata, e tali documenti sono portati a conoscenza di tutte le parti
interessate?
• Nelle procedure sono chiaramente identificati i responsabili delle singole azioni?
• C’è congruenza fra le responsabilità, di ordine più generale, assegnate tramite la
matrice delle responsabilità e quelle previste nelle procedure?
• Le parti interessate destinatarie delle procedure hanno le capacità, le
competenze, le risorse e l’autorità per eseguire senza problemi la parte
assegnata delle procedure?
• ….
Su questo tema potrei andare avanti per pagine, vista la sede di questa
pubblicazione mi fermo per lasciare dello spazio ad alcuni altri tipi di considerazioni.
M voglio concentrare dunque su alcune domande fortemente mirate alle
procedure in materia di prevenzione e protezione della salute e della sicurezza dei
lavoratori e delle altre persone interessate. Anche qui esprimo i concetti tramite
alcuni gruppi di domande:
• Esiste un elenco dei processi che impattano sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori e delle altre persone presenti? Tale elenco è completo?
• Esiste una procedura che specifica chi e come tiene sotto controllo (e anche
aggiorna) i requisiti legali applicabili in materia di salute e sicurezza, e che
indica chi, come e registrando cosa verifica sul campo la precisa
applicazione dei requisiti ritenuti pertinenti al contesto? È definito un modo di
procedere nel caso che dai controlli emergano non conformità rispetto alla
legislazione applicabile?
• Esiste qualche forma di mappatura delle tipologie di pericolo concretamente
presenti o possibili in azienda? Esiste una procedura che attribuisce i compiti
pratici di redazione del documento dove si identificano, stimano e valutano i
rischi? Esiste una regola scritta da applicare al momento di sottoporre il DVR al
datore di lavoro perché lo faccia suo? Esiste un piano di misure di
miglioramento approvato dal datore di lavoro, e l’azienda ha messo a
disposizione risorse adeguate per portare avanti tale piano nei tempi previsti?
È chiaro che si prende concretamente carico di monitorare e stimolare
l’avanzamento del piano, e sono chiari i responsabili della attuazione delle
singole misure previste dal piano?
• Esiste una procedura che regola la manutenzione? Come vengono gestite le
priorità ove si debba decidere fra un intervento di sicurezza e uno, diverso,
volto a riprendere la produzione? E qui mi fermo …
• Esiste un piano di verifiche periodiche e manutenzioni programmate? Come è
stato costruito: si sono privilegiate le verifiche e le manutenzioni volte a
prevenire guasti, malfunzionamenti p deterioramenti che potrebbero
condurre a incidenti con danni alle persone? E anche qui mi fermo …
• Esiste una procedura che gestisca i cambiamenti organizzativi o tecnici rilevanti,
curando anche gli aspetti di salute e sicurezza, se possibile preventivamente e
non solo dopo che il cambiamento è già operativo? Ancora una volta mi
fermo su questo argomento che è assolutamente vastissimo …
• Esiste una procedura di primo soccorso per infortuni e malori? Sono chiare le
modalità di richiesta di intervento dei soccorsi esterni (chi può chiamare, dove
si deve trovare fisicamente, quali mezzi ha a disposizione per contattare la
rete telefonica esterna …)? Esiste una modalità di gestione dei turni che
garantisca la presenza in azienda di almeno uno (o più) addetto al primo
soccorso ogni qualvolta vi è presenza di persone in azienda?
I gruppi di domande sarebbero molteplici, dalle procedure per la gestione della
vigilanza, a quelle che invece riguardano la gestione della sorveglianza sanitaria.
Ricordate che l’elenco al comma 1 lettera c) è dichiaratamente non esaustivo.
Una piccola conclusione che è anche una domanda a tutti noi
Spero di aver chiarito la complessità di un MOG che davvero si propone di creare
delle regole efficaci, o meglio idonee, a controllare al meglio i rischi residui, evitando
alle persone coinvolte di commettere autonomamente errori per i quali la legge
potrebbe anche ritenerle responsabili. Chiaramente non basta il sistema, serve la
efficace attuazione che ci ricorda l’articolo 30, così come servono altri elementi di
alto livello che qui non voglio richiamare.
E poi la domanda: chi se la sentirebbe di affrontare un processo senza sistema di
procedure, senza attribuzione di responsabilità concretamente operative ecc.,
dopo un infortunio avvenuto, poniamo, perché un operatore è rimasto danneggiato
da un organo in moto di una macchina? I fatti rispetto ai quali una azienda si deve
difendere sotto il profili del 25 septies sono fatti semplici che si verificano nella
operatività spicciola: davvero penso che a tutelarmi bastino un codice etico, dei
protocolli generici validi per ogni azienda, un codice disciplinare e un organismo di
vigilanza???
Prometto presto di affrontare il tema: “ma l’ODV vigila?”, naturalmente sempre con
riferimento al 25 septies.
Alessandro Mazzeranghi
Fonte: puntosicuro.it
Bandi Inai Isi 2016 e Isi agricoltura 2016, il 19 giugno l’invio delle domande.
ROMA – 19 giugno. Questa la data scelta da Inail per l’invio online della domande
sia per il bando Isi 2016 che per il bando Isi agricoltura 2016. Per entrambi, dalle ore
16.00 alle 16.30.
Regole tecniche
Il 19 giugno quindi il click-day Isi 2016 e Isi agricoltura. Insieme alla data per l’invio,
Inail ha pubblicato un documento che riassume regole tecniche e modalità di
svolgimento di questa seconda fase dei bandi.
L’utente dovrà ovviamente disporre del proprio codice identificativo di 65 caratteri
con i segni + o – che ne sono parte integrante.
Dal 12 giugno ore 15.00 gli utenti possono autenticarsi sul sito Inail e recarsi alla
pagina Incentivi alle imprese e selezionare la voce Accesso allo sportello attraverso
la quale si accederà alla pagina che avrà il link per lo sportello informatico. “Tale
pagina sarà disponibile 1 ora prima dell’inizio della sessione di invio. Nei 5 minuti
precedenti l’orario stabilito per l’invio sarà visualizzato, in fondo alla pagina, il link
con l’indirizzo della
pagina per l’invio. Si ricorda che per visualizzare detto link è necessario aggiornare
la pagina”.
Quest’ultimo link indirizzerà alla pagina per l’inoltro definitivo della candidatura.
Pagina con un modulo da compilare con il codice identificativo e da inviare.
(Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Inail, Isi 2016 e Isi agricoltura 2016, il 19 giugno inoltro domande
Fonte: quotidianosicurezza.it
Decreto sottoprodotti: primi chiarimenti dal Ministero.
La circolare 7619 del 30 maggio 2017 che fornisce i primi chiarimenti in merito
all'applicazione del D.M. 264/2016 sui requisiti per qualificare un residuo di
produzione come sottoprodotto e non come rifiuto. A cura di Interpret@.
Con una circolare esplicativa sono stati forniti i primi chiarimenti in merito
all'applicazione del D.M. 264/2016, riportante criteri indicativi per la dimostrazione
dei requisiti per qualificare un residuo di produzione come sottoprodotto e non
come rifiuto, in modo da consentire un'uniforme applicazione ed un'univoca lettura
del regolamento.
Nella circolare sono esaminati tutti gli aspetti toccati dal decreto sotto il profilo
interpretativo ed operativo, quali ad esempio l'attuazione delle disposizioni del
regolamento, il rispetto di requisiti e condizioni, la compilazione della scheda
tecnica, la piattaforma telematica di scambio e l'Allegato 1 "biomasse residuali per
uso energetico".
In particolare viene ricordato che il decreto non modifica in alcun modo la
normativa di riferimento.
Segnaliamo inoltre l'attivazione della piattaforma di scambio
www.elencosottoprodotti.it
Indicazioni operative
Con la circolare n.7619/2017, il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente ha
fornito diversi chiarimenti in merito ai contenuti ed all’applicazione del D.M.264/2016.
Innanzitutto viene ribadito e sottolineato che il D.M.:
• non introduce nuovi criteri, ma si tratta di una guida non vincolante per dimostrare
la soddisfazione dei criteri previsti dall’art.184-bis del D.Lgs.152/06. Il soggetto
interessato può quindi scegliere strumenti e metodi diversi per dimostrare il
rispetto dei suddetti criteri. Inoltre gli strumenti proposti dal D.M. sono utilizzabili
anche per residui diversi da quelli elencati. Alla non obbligatorietà
dell’applicazione del D.M. consegue anche il fatto che tale applicazione non
può essere considerata come condizione necessaria per poter svolgere
un’attività di gestione di sottoprodotti, e quindi anche durante eventuali
ispezioni non può esserne richiesta l’applicazione;
• non contiene un elenco di materiali senz’altro qualificabili come sottoprodotti né
un elenco di trattamenti classificabili a prescindere come “normale pratica
industriale”, in quanto occorre sempre effettuare una valutazione del singolo
caso specifico (“caso per caso”);
• i requisiti previsti devono essere soddisfatti in tutte le fasi di gestione dei residui,
dalla loro produzione fino al loro impiego finale come sottoprodotto. Pertanto
se un residuo viene inizialmente qualificato come rifiuto non potrà essere
successivamente poi qualificato come sottoprodotto;
• il produttore iniziale del residuo deve provare che, sin dalla produzione del residuo,
non ha intenzione di disfarsene;
• ogni soggetto che interviene lungo la filiera è tenuto alla dimostrazione dei requisiti
richiesti dalle normative per la qualificazione come sottoprodotto,
limitatamente a quanto è nella propria disponibilità e conoscenza;
• la responsabilità della gestione del residuo come rifiuto ricade sul soggetto che se
ne trova in possesso immediatamente prima che diventi rifiuto.
La circolare riesamina ed approfondisce le modalità di risposta ai quattro requisiti
previsti dall’art.184-bis del D.Lgs.152/06 per la qualificazione di un residuo di
produzione come sottoprodotto e non come rifiuto:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui
costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale
sostanzaod oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso processo
di produzione o nel corso di un successivo processo di produzione o di utilizzazione,
da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore
trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo
specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e
dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute
umana.
In particolare:
a) Lo scopo primario del processo di produzione non è la produzione di tale
sostanza od oggetto: in merito alla definizione di “processo di produzione”, viene
sottolineato che può riguardare non solo beni ma anche servizi e comprende non
solo la fabbricazione dei componenti ed il loro successivo assemblaggio, ma anche
processi di supporto come la manutenzione, il controllo di processo, la
movimentazione dei materiali ecc…
b) Certezza dell’utilizzo: dev’essere dimostrata dal momento della produzione del
residuo fino al suo impiego.
A parte gli accertamenti specifici, caso per caso, la certezza è dimostrata con
l’analisi del ciclo di produzione e delle caratteristiche / documentazione relative alle
attività in cui si originano ed in cui si utilizzeranno, per dimostrare congruità di qualità
e quantità dei residui con l’impiego finale.
L’impianto / attività in cui utilizzare i residui dev’essere individuato, o individuabile, al
momento della loro produzione: ciò è dimostrabile tramite rapporti o impegni
contrattuali oppure utilizzando la scheda tecnica dell’allegato 2. L’individuazione
riguarda la tipologia d’impianti / attività in cui i residui possono essere utilizzati, non
tanto uno specifico utilizzatore: all’origine può quindi esservi incertezza sul soggetto
destinatario del residuo, mentre dev’esservi certezza sulla tipologia di impianto /
attività in cui il residuo può essere e sarà impiegato. In questo caso, nella scheda
tecnica dovranno essere inserite le informazioni relative all’attività o al settore di
destinazione.
Al momento dell’individuazione del destinatario deve comunque essere effettuata
una verifica di congruità, a livello qualitativo e quantitativo, tra i residui e l’impianto /
attività di destinazione che deve avere caratteristiche e dimensioni adeguate per
assicurare l’effettivo impiego del residuo.
La documentazione contrattuale permette di dimostrare solo il rispetto di questo
requisito, mentre la compilazione integrale della scheda tecnica permette la
dimostrazione di tutti i requisiti, compreso quello della certezza dell’utilizzo. Anche
l’esistenza di un guadagno economico legato alla cessione del residuo può indicare
la certezza dell’utilizzo: la pura presenza di un contratto di cessione a titolo oneroso
potrebbe però non essere sufficiente, ed è quindi opportuno che l’operatore
affianchi a questi contratti altri documenti a supporto della prova della certezza
dell’utilizzo come, ad esempio, informazioni riguardanti l’esistenza di un “solido
mercato” del sottoprodotto.
La documentazione contrattuale deve comunque consentire l’identificazione di tutti
i soggetti coinvolti e le specifiche dei residui interessati: è comunque ammesso che
non esista un contratto scritto tra gli operatori, ma che vi sia un semplice accordo. In
questo caso, all’identificazione dei soggetti coinvolti dev’essere allegata la prova
delle caratteristiche del residuo, risultando quindi utile anche in questo caso la
compilazione della scheda tecnica.
c) Utilizzo diretto senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale:
Nella «normale pratica industriale»:
- Non vi rientrano processi / operazioni necessari per rendere il residuo idoneo a
soddisfare i requisiti dei prodotti o per la protezione della salute e dell’ambiente;
- Vi rientrano attività e operazioni costituenti parte integrante del ciclo di produzione
da cui si origina il residuo, anche se con l’obiettivo di rendere idonee le
caratteristiche ambientali del residuo.
Questi requisiti vengono dimostrati compilando adeguatamente il campo
“Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto” della scheda tecnica,
indicandovi quali trattamenti sono eventualmente necessari prima dell’utilizzo e se
tale trattamento è effettuato direttamente, tramite un intermediario o presso
l’utilizzatore.
Nell’allegato 1 al regolamento sono riportati alcuni esempi di “normale pratica
industriale” applicabili a biomasse: tale elenco è comunque solo orientativo e non
esaustivo.
d) Requisiti d’impiego e di qualità ambientale: la scheda tecnica (allegato 2)
contiene anche le informazioni necessarie per la verifica delle caratteristiche del
residuo e la sua conformità alla destinazione ed impiego previsti.
In caso di cessione del sottoprodotto, la conformità alla scheda tecnica è da
dichiarare nella «dichiarazione di conformità». In caso di modifiche sostanziali del
processo di produzione o destinazione comportanti modifiche alle informazioni
riportate, occorre sottoscrivere una nuova dichiarazione.
Nel caso in cui esistano norme regolamentanti l’utilizzo dei sottoprodotti, il non
rispetto comporta la qualificazione del residuo come rifiuto. Un esempio di tali
norme sono le disposizioni contenute nell’allegato X alla Parte V del D.Lgs.152/06 da
applicarsi alle biomasse da utilizzare per la produzione di energia tramite
combustione. Nella scheda tecnica è opportuno riportare la dimostrazione della
rispondenza della destinazione agli standard merceologici ed alle norme tecniche
di settore.
Se, diversamente, non esistono norme di riferimento, occorre comunque dimostrare
che l’impiego non porterà comunque ad impatti negativi sull’ambiente o la salute
umana.
Gestione dei sottoprodotti
Sono riportate specifiche indicazioni per il deposito e la movimentazione dei residui,
per assicurarne il mantenimento delle caratteristiche necessarie a consentirne
l’impiego:
6.Separazione da rifiuti, prodotti o oggetti con caratteristiche diverse e destinati a usi
diversi;
7.Cautele per prevenire problemi ambientali / sanitari, combustioni o esplosioni;
8.Protezione per evitare alterazione delle caratteristiche chimico / fisiche;
9.Congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione con quanto indicato
nella scheda tecnica.
La compilazione della scheda tecnica e della dichiarazione di conformità
permettono il deposito ed il trasporto di sottoprodotti, con le medesime
caratteristiche, provenienti da impianti / attività diversi.
Nella gestione ha particolare importanza il tempo massimo di deposito. Questa
informazione dev’essere riportata nella scheda tecnica: superato tale limite si
presuppone che il residuo perda le caratteristiche che ne permettono l’utilizzo, e
dovrà quindi essere gestito come un rifiuto. Se però tali caratteristiche non dovessero
alterarsi anche dopo il tempo massimo indicato, potrà essere compilata una nuova
scheda, eventualmente riportante anche una destinazione diversa da quella
inizialmente prevista.
Scheda tecnica
La completa compilazione della scheda tecnica permette la dimostrazione del
rispetto di tutti i requisiti, compreso quello relativo alla certezza dell’utilizzo
dimostrabile anche tramite la documentazione contrattuale.
È utilizzata:
6.Per dimostrare la certezza dell’utilizzo, per dimostrare l’esistenza di rapporti o
impegni contrattuali tra produttori, intermediari ed utilizzatori dei residui;
7.Per indicare tempistiche e modalità di deposito e movimentazione dei residui;
8.Per fornire informazioni necessarie alla verifica delle caratteristiche del residuo e la
sua conformità al processo ed all’impiego previsti.
Le schede sono numerate, vidimate dalle CCIAA e gestite con le stesse modalità dei
registri di carico / scarico dei rifiuti.
Struttura della scheda tecnica
La scheda tecnica ha la seguente struttura:
• Anagrafica del produttore;
• Impianto di produzione: indirizzo, descrizione processi e materiali / residui in uscita;
• Informazioni sul sottoprodotto: tipologia e caratteristiche, conformità all’uso
previsto;
• Descrizione del sottoprodotto: attività / impianti idonei all’utilizzo, impianti / attività
di destinazione, eventuali intermediari;
• Tempi e modalità di deposito e movimentazione: modalità, luoghi e tempi massimi
di raccolta e deposito, modalità di trasporto, tempo massimo di deposito;
• Organizzazione e continuità del sistema di gestione: tempi e modi per assicurare
l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto.
È ammesso che alcune parti della scheda non siano immediatamente compilabili,
ma che lo siano solo in tempi successivi alla produzione del residuo. Nella circolare
sono comunque individuati i campi della scheda che occorre obbligatoriamente
compilare per dimostrare il possesso di tutti i requisiti. Inoltre è possibile che, in base a
particolari circostanze, sia possibile dimostrare il possesso dei requisiti solo in
riferimento a specifici lotti di residuo che presentano un’unitarietà per quanto
riguarda il profilo funzionale e la destinazione.
Nell’allegato tecnico – giuridico alla circolare è riportato uno schema di riferimento,
in cui in base ai diversi requisiti da dimostrare sono riportati i diversi campi della
scheda da compilare.
Nella scheda tecnica è inoltre compresa la dichiarazione di conformità, riportante:
• Esatta ed univoca denominazione del sottoprodotto
• Tipologia del sottoprodotto e descrizione
• Tipologia di attività o impianti idonei ad utilizzare il residuo
• Eventuali riferimenti normativi disciplinanti l’impiego del sottoprodotto
• Dichiarazione di conformità del residuo alla scheda tecnica.
La dichiarazione di conformità è da utilizzarsi in caso di cessione a terzi dei
sottoprodotti, allo scopo di dimostrarne il rispetto dei requisiti richiesti dalla legge e
dei contenuti della scheda tecnica.
Piattaforma di scambio: www.elencosottoprodotti.it
Obiettivo è la creazione di una piattaforma volontaria e gratuita di scambio tra
domanda e offerta. L’iscrizione da parte di produttori ed utilizzatori non è
obbligatoria e non costituisce un requisito abilitante, anche per la qualificazione di
un residuo come sottoprodotto.
Per l’iscrizione è necessario effettuare l’accesso tramite smart-card, mentre le
ricerche di iscritti e sottoprodotti sono libere.
Allegato 1: primi esempi
Per specifiche categorie di residui sono riportati:
• Norme sul loro impiego;
• Operazioni ed attività costituenti «normali pratiche industriali»
I primi esempi riguardano biomasse, compresi sfalci e potature e residui agro
-alimentari, per la produzione di energia mediante:
• Produzione di biogas;
• Combustione diretta: in questo caso possono essere utilizzate solo biomase
elencate nella Parte V -allegato X del D.Lgs.152/06.
L’art.184-bis co.2 del D.Lgs.152/06 prevede un possibile ampliamento di questo
elenco.
Le disposizioni del D.M. si possono applicare anche a residui diversi da quelli
dell’allegato 1.
Interpret@
Circolare prot.n. 7619 del 30/05/2017 del Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente (pdf)
Ministero dell'ambiente - Decreto 13 ottobre 2016 n. 264 - Regolamento recante criteri indicativi per
agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione
come sottoprodotti e non come rifiuti.
Fonte: puntosicuro.it

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  • 1. News 25/SSL/2017 Lunedì, 19 giugno 2017 Sicurezza sul lavoro, con delega datore assolto. In materia di infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia gravante sul datore, ben può essere trasferita ad un terzo, a patto che i requisiti formali della delega, ex articolo 16 “TU sicurezza”, siano soddisfatti. La Corte di Cassazione ha, con sentenza 31 maggio 2017, n.27310, confermato la costante giurisprudenza secondo la quale gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza possono essere delegati, a condizione che l’atto di delega (articolo 16, Dlgs 81/2008) sia espresso, inequivoco, certo, investa persona tecnicamente capace. Il subentro del delegato nella posizione di garanzia del delegante solleva quest’ultimo da responsabilità in caso di infortunio occorso ad un lavoratore. Nel caso concreto, il delegato emiliano (ritenuto legittimo, dal Giudice, nella forma e nella sostanza) è risultato colpevole di condotta omissiva legata all’obbligo di formazione ex articolo 37, Dlgs. 81/2008. In un caso analogo, la Corte di Cassazione (9 giugno 2017, n.28721) si è espressa condannando il datore di lavoro per un sinistro sul lavoro, proprio perché non risultava espressa delega ad un terzo. Il datore era amministratore della società di capitali e in quanto tale destinatario degli obblighi di legge (al pari di tutti i componenti del consiglio di amministrazione, degli amministratori e dei soci). (Articolo di Costanza Kenda) Fonte: reteambiente.it Aggiornamento Reach, in regolamento 12 nuove sostanze che prevedono autorizzazione. ROMA – Modifiche all’allegato XIV del Regolamento Reach. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE del 14 giugno 2017 il Regolamento 2017/999 del 13 giugno 2017 che aggiunge nuove dodici sostanze alla lista di quelle che prevedono
  • 2. domanda di autorizzazione. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Helpdesk Reach, pubblicato regolamento 12 sostanze autorizzazione Fonte: quotidianosicurezza.it Note sui contenuti utili per rendere un modello esimente Alcuni aspetti che spesso non vengono risolti nei modelli 231 e che potrebbero rendere non esimenti una o più parti del modello. A cura di A. Mazzeranghi. Una doverosa premessa Chi vuole andare al concreto può anche saltare questo paragrafo. A commento di un mio precedente articolo su queste stesse pagine, ove delinea un quadro molto negativo in relazione alla capacità esimente dei così detti MOG 231 adottato dalle aziende, in relazione agli aspetti definiti nell’articolo 25 septies del D.lgs. 231/2001, un lettore, dopo un primo commento molto secco, successivamente scrive: Perfetto. Siamo d'accordo. Questo è un articolo tecnico, scritto credo per tecnici del settore. Fotografa negativamente situazioni a lui note, lamentando carenze. Non leggo proposte, soluzioni, cambi di passo o mentalità, nulla di nuovo a dieci anni (parole sue) dal testo unico. Non leggo esempi in cui il modello funziona. Credo che chiunque possa andare in una azienda ipotizzare un infortunio improbabile, e dimostrare che il modello in quella parte non copra... POI ???? Sicurezza è dare soluzioni, non lamentele ed accuse. Io nell’articolo, partendo dalla considerazione della pochezza esimente di troppi modelli, accusavo “con atteggiamento livoroso” i soggetti che hanno guidato le aziende nella implementazione dei modelli tramite linee guida, seminari ecc. che hanno fatto passare una linea talmente minimalista da trasformare i MOG in materia di salute e sicurezza come una semplice collezione di pezzi di carta pieni di principi generici. Evidentemente questi soggetti, primariamente varie associazioni di categoria imprenditoriali, hanno ritenuto appropriato minimizzare il senso ben concreto dell’articolo 30 del D.lgs. 81/2008. Orbene, ognuno fa la sua politica a vantaggio dei propri iscritti come suo dovere, ancor prima che diritto, ma qui sono assai poco sicuro che il vantaggio ci sia.
  • 3. Ma voglio rispondere alla considerazione del lettore che dice che nell’articolo non faccio alcuna proposta, che sono solo distruttivo. Ha ragione! e credo che sia la prima volta che faccio una cosa del genere, che giustifico in ragione del livore e della tristezza che mi invadono quando guardo la realtà oggettiva che caratterizza i MOG delle aziende. Proverò qui di seguito a fornire qualche spunto. Elementi che certamente sono utili nel modello Vorrei prima di tutto chiarire che quello che segue è una opinione personale, discutibile quanto si vuole! Non è presa da linee guida, norme o altri documenti ufficiali. È solo frutto dell’esperienza mia e dei miei colleghi, che dal settembre 2007 ci occupiamo con passione della implementazione di MOG, sperabilmente esimenti, in relazione alle previsioni dell’articolo 25 septies del D.lgs. 231/2001, per i quali MOG a partire da metà 2008 abbiamo utilizzato come “guida minima” ma utilissima l’articolo 30 del D.lgs. 81/2008. È quindi il citato articolo 30 che ci dice esplicitamente alcuni requisiti che il modello deve avere per potere conseguire l’effetto esimente. Il modello deve essere: • Adottato • Idoneo • Efficacemente attuato E per essere idoneo ed efficacemente attuato il modello deve contenere delle regole, precisamente rispettate da tutti i soggetti interessati, per garantire tutta una serie di cose che l’articolo 30 indica, fra cui: 1.Conformità legale 2.Valutazione dei rischi 3.Procedure di emergenza 4.Vigilanza 5.… Non voglio spiegare per l’ennesima volta i contenuti dell’articolo 30 ma indicare piuttosto aspetti che spesso trovo non risolti nei modelli, e che potrebbero rendere non esimenti una o più parti del modello. LA GERARCHIA Qui parliamo del comma 3 dell’articolo 30, quello attinente alla articolazione di funzioni. Non mi stancherò di ripetere che il legislatore italiano, e per conseguenza la magistratura e i giudici, leggono le organizzazioni in modo gerarchico. È un dato di
  • 4. fatto, difficilmente i principi di responsabilità personale si applicano alle organizzazioni matriciali. Quindi un primo gruppo di domande da porre per verificare l’idoneità del modello potrebbe essere: 1.Esiste un organigramma, anche specificamente “corretto” per gli aspetti di sicurezza che dice chi comanda e su chi comanda, per garantire la sicurezza dei comandati? 2.In tale organigramma non accade mai che in medesimo individuo abbia due capi direttamente sopra di lui, nello stesso preciso momento? 3.L’organigramma è noto a tutti gli interessati, e in particolare ognuno sa indicare senza esitazioni che è il suo superiore diretto in materia di sicurezza e salute? 4.Ogni lavoratore ha sopra di sé un preposto (o, alla peggio, un dirigente, comunque un capo che deve vigilare sul suo operato)? 5.Chi deve vigilare ha la concreta possibilità di farlo, almeno sulle persone direttamente sottoposte? LE RESPONSABILITÀ Ancora per effetto della necessità della articolazione di funzioni di cui al citato comma, possiamo fare alcune domande, quelle che seguono: • Ad ogni figura che svolge una funzione di garanzia rispetto alla salute e alla sicurezza di uno o più colleghi, p altri lavoratori interessati, sono state chiarite le proprie responsabilità, e tali responsabilità sono state esplicitamente accettate? • L’insieme delle responsabilità assegnate, garantisce che per ogni azione necessaria per rispettare un requisito di legge applicabile (e non indelegabile) sia stato definito un responsabile (o più responsabili ad ognuno dei quali si assegna una parte diversa dei compiti da svolgere)? • La matrice delle responsabilità (appena sottintesa) non presenta sovrapposizioni (non risolte) o altre situazioni che potrebbero portare ad equivoci? I PROCESSI E LE PROCEDURE Una banalità: il funzionamento di qualunque azienda avviene tramite una serie di processi, più o meno formalizzati e ordinati, che altro non sono che sequenze di attività fra loro concatenate per raggiungere un certo obiettivo. Il primo comma dell’articolo 30, talvolta implicitamente, talvolta esplicitamente (alla lettera c) ci dice che: • Esistono processi aziendali che, al loro interno, includono importanti aspetti di
  • 5. sicurezza • Ce ne sono altri che sono solo ed esclusivamente destinati a gestire correttamente gli aspetti di sicurezza Poi cerca di fare una sorta di elenco, che riprenderemo dopo. Ma prima di tutto ricordiamo che l’azienda, tramite il modello, deve garantire che tali processi siano “svolti” come l’azienda stessa ha deciso, naturalmente al fine di raggiungere i risultati desiderati. Le domande che seguono valgono per tutti i processi aziendali, a qualunque risultato vogliano portare: • I processi aziendali sono in qualche modo catalogati, partendo dal reale funzionamento della azienda? • I processi aziendali sono stati definiti nel loro svolgersi, tramite precise regole che, se applicate, consentono di raggiungere i risultati desiderati, e permettono di identificare e correggere eventuali scostamenti? • Le regole sono esplicitati in documenti scritti, procedure secondo la terminologia più utilizzata, e tali documenti sono portati a conoscenza di tutte le parti interessate? • Nelle procedure sono chiaramente identificati i responsabili delle singole azioni? • C’è congruenza fra le responsabilità, di ordine più generale, assegnate tramite la matrice delle responsabilità e quelle previste nelle procedure? • Le parti interessate destinatarie delle procedure hanno le capacità, le competenze, le risorse e l’autorità per eseguire senza problemi la parte assegnata delle procedure? • …. Su questo tema potrei andare avanti per pagine, vista la sede di questa pubblicazione mi fermo per lasciare dello spazio ad alcuni altri tipi di considerazioni. M voglio concentrare dunque su alcune domande fortemente mirate alle procedure in materia di prevenzione e protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle altre persone interessate. Anche qui esprimo i concetti tramite alcuni gruppi di domande: • Esiste un elenco dei processi che impattano sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti? Tale elenco è completo? • Esiste una procedura che specifica chi e come tiene sotto controllo (e anche aggiorna) i requisiti legali applicabili in materia di salute e sicurezza, e che indica chi, come e registrando cosa verifica sul campo la precisa applicazione dei requisiti ritenuti pertinenti al contesto? È definito un modo di procedere nel caso che dai controlli emergano non conformità rispetto alla
  • 6. legislazione applicabile? • Esiste qualche forma di mappatura delle tipologie di pericolo concretamente presenti o possibili in azienda? Esiste una procedura che attribuisce i compiti pratici di redazione del documento dove si identificano, stimano e valutano i rischi? Esiste una regola scritta da applicare al momento di sottoporre il DVR al datore di lavoro perché lo faccia suo? Esiste un piano di misure di miglioramento approvato dal datore di lavoro, e l’azienda ha messo a disposizione risorse adeguate per portare avanti tale piano nei tempi previsti? È chiaro che si prende concretamente carico di monitorare e stimolare l’avanzamento del piano, e sono chiari i responsabili della attuazione delle singole misure previste dal piano? • Esiste una procedura che regola la manutenzione? Come vengono gestite le priorità ove si debba decidere fra un intervento di sicurezza e uno, diverso, volto a riprendere la produzione? E qui mi fermo … • Esiste un piano di verifiche periodiche e manutenzioni programmate? Come è stato costruito: si sono privilegiate le verifiche e le manutenzioni volte a prevenire guasti, malfunzionamenti p deterioramenti che potrebbero condurre a incidenti con danni alle persone? E anche qui mi fermo … • Esiste una procedura che gestisca i cambiamenti organizzativi o tecnici rilevanti, curando anche gli aspetti di salute e sicurezza, se possibile preventivamente e non solo dopo che il cambiamento è già operativo? Ancora una volta mi fermo su questo argomento che è assolutamente vastissimo … • Esiste una procedura di primo soccorso per infortuni e malori? Sono chiare le modalità di richiesta di intervento dei soccorsi esterni (chi può chiamare, dove si deve trovare fisicamente, quali mezzi ha a disposizione per contattare la rete telefonica esterna …)? Esiste una modalità di gestione dei turni che garantisca la presenza in azienda di almeno uno (o più) addetto al primo soccorso ogni qualvolta vi è presenza di persone in azienda? I gruppi di domande sarebbero molteplici, dalle procedure per la gestione della vigilanza, a quelle che invece riguardano la gestione della sorveglianza sanitaria. Ricordate che l’elenco al comma 1 lettera c) è dichiaratamente non esaustivo. Una piccola conclusione che è anche una domanda a tutti noi Spero di aver chiarito la complessità di un MOG che davvero si propone di creare delle regole efficaci, o meglio idonee, a controllare al meglio i rischi residui, evitando alle persone coinvolte di commettere autonomamente errori per i quali la legge
  • 7. potrebbe anche ritenerle responsabili. Chiaramente non basta il sistema, serve la efficace attuazione che ci ricorda l’articolo 30, così come servono altri elementi di alto livello che qui non voglio richiamare. E poi la domanda: chi se la sentirebbe di affrontare un processo senza sistema di procedure, senza attribuzione di responsabilità concretamente operative ecc., dopo un infortunio avvenuto, poniamo, perché un operatore è rimasto danneggiato da un organo in moto di una macchina? I fatti rispetto ai quali una azienda si deve difendere sotto il profili del 25 septies sono fatti semplici che si verificano nella operatività spicciola: davvero penso che a tutelarmi bastino un codice etico, dei protocolli generici validi per ogni azienda, un codice disciplinare e un organismo di vigilanza??? Prometto presto di affrontare il tema: “ma l’ODV vigila?”, naturalmente sempre con riferimento al 25 septies. Alessandro Mazzeranghi Fonte: puntosicuro.it Bandi Inai Isi 2016 e Isi agricoltura 2016, il 19 giugno l’invio delle domande. ROMA – 19 giugno. Questa la data scelta da Inail per l’invio online della domande sia per il bando Isi 2016 che per il bando Isi agricoltura 2016. Per entrambi, dalle ore 16.00 alle 16.30. Regole tecniche Il 19 giugno quindi il click-day Isi 2016 e Isi agricoltura. Insieme alla data per l’invio, Inail ha pubblicato un documento che riassume regole tecniche e modalità di svolgimento di questa seconda fase dei bandi. L’utente dovrà ovviamente disporre del proprio codice identificativo di 65 caratteri con i segni + o – che ne sono parte integrante. Dal 12 giugno ore 15.00 gli utenti possono autenticarsi sul sito Inail e recarsi alla pagina Incentivi alle imprese e selezionare la voce Accesso allo sportello attraverso la quale si accederà alla pagina che avrà il link per lo sportello informatico. “Tale pagina sarà disponibile 1 ora prima dell’inizio della sessione di invio. Nei 5 minuti precedenti l’orario stabilito per l’invio sarà visualizzato, in fondo alla pagina, il link con l’indirizzo della
  • 8. pagina per l’invio. Si ricorda che per visualizzare detto link è necessario aggiornare la pagina”. Quest’ultimo link indirizzerà alla pagina per l’inoltro definitivo della candidatura. Pagina con un modulo da compilare con il codice identificativo e da inviare. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Inail, Isi 2016 e Isi agricoltura 2016, il 19 giugno inoltro domande Fonte: quotidianosicurezza.it Decreto sottoprodotti: primi chiarimenti dal Ministero. La circolare 7619 del 30 maggio 2017 che fornisce i primi chiarimenti in merito all'applicazione del D.M. 264/2016 sui requisiti per qualificare un residuo di produzione come sottoprodotto e non come rifiuto. A cura di Interpret@. Con una circolare esplicativa sono stati forniti i primi chiarimenti in merito all'applicazione del D.M. 264/2016, riportante criteri indicativi per la dimostrazione dei requisiti per qualificare un residuo di produzione come sottoprodotto e non come rifiuto, in modo da consentire un'uniforme applicazione ed un'univoca lettura del regolamento. Nella circolare sono esaminati tutti gli aspetti toccati dal decreto sotto il profilo interpretativo ed operativo, quali ad esempio l'attuazione delle disposizioni del regolamento, il rispetto di requisiti e condizioni, la compilazione della scheda tecnica, la piattaforma telematica di scambio e l'Allegato 1 "biomasse residuali per uso energetico". In particolare viene ricordato che il decreto non modifica in alcun modo la normativa di riferimento. Segnaliamo inoltre l'attivazione della piattaforma di scambio www.elencosottoprodotti.it Indicazioni operative Con la circolare n.7619/2017, il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente ha fornito diversi chiarimenti in merito ai contenuti ed all’applicazione del D.M.264/2016. Innanzitutto viene ribadito e sottolineato che il D.M.: • non introduce nuovi criteri, ma si tratta di una guida non vincolante per dimostrare la soddisfazione dei criteri previsti dall’art.184-bis del D.Lgs.152/06. Il soggetto interessato può quindi scegliere strumenti e metodi diversi per dimostrare il rispetto dei suddetti criteri. Inoltre gli strumenti proposti dal D.M. sono utilizzabili
  • 9. anche per residui diversi da quelli elencati. Alla non obbligatorietà dell’applicazione del D.M. consegue anche il fatto che tale applicazione non può essere considerata come condizione necessaria per poter svolgere un’attività di gestione di sottoprodotti, e quindi anche durante eventuali ispezioni non può esserne richiesta l’applicazione; • non contiene un elenco di materiali senz’altro qualificabili come sottoprodotti né un elenco di trattamenti classificabili a prescindere come “normale pratica industriale”, in quanto occorre sempre effettuare una valutazione del singolo caso specifico (“caso per caso”); • i requisiti previsti devono essere soddisfatti in tutte le fasi di gestione dei residui, dalla loro produzione fino al loro impiego finale come sottoprodotto. Pertanto se un residuo viene inizialmente qualificato come rifiuto non potrà essere successivamente poi qualificato come sottoprodotto; • il produttore iniziale del residuo deve provare che, sin dalla produzione del residuo, non ha intenzione di disfarsene; • ogni soggetto che interviene lungo la filiera è tenuto alla dimostrazione dei requisiti richiesti dalle normative per la qualificazione come sottoprodotto, limitatamente a quanto è nella propria disponibilità e conoscenza; • la responsabilità della gestione del residuo come rifiuto ricade sul soggetto che se ne trova in possesso immediatamente prima che diventi rifiuto. La circolare riesamina ed approfondisce le modalità di risposta ai quattro requisiti previsti dall’art.184-bis del D.Lgs.152/06 per la qualificazione di un residuo di produzione come sottoprodotto e non come rifiuto: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanzaod oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso processo di produzione o nel corso di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. In particolare:
  • 10. a) Lo scopo primario del processo di produzione non è la produzione di tale sostanza od oggetto: in merito alla definizione di “processo di produzione”, viene sottolineato che può riguardare non solo beni ma anche servizi e comprende non solo la fabbricazione dei componenti ed il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto come la manutenzione, il controllo di processo, la movimentazione dei materiali ecc… b) Certezza dell’utilizzo: dev’essere dimostrata dal momento della produzione del residuo fino al suo impiego. A parte gli accertamenti specifici, caso per caso, la certezza è dimostrata con l’analisi del ciclo di produzione e delle caratteristiche / documentazione relative alle attività in cui si originano ed in cui si utilizzeranno, per dimostrare congruità di qualità e quantità dei residui con l’impiego finale. L’impianto / attività in cui utilizzare i residui dev’essere individuato, o individuabile, al momento della loro produzione: ciò è dimostrabile tramite rapporti o impegni contrattuali oppure utilizzando la scheda tecnica dell’allegato 2. L’individuazione riguarda la tipologia d’impianti / attività in cui i residui possono essere utilizzati, non tanto uno specifico utilizzatore: all’origine può quindi esservi incertezza sul soggetto destinatario del residuo, mentre dev’esservi certezza sulla tipologia di impianto / attività in cui il residuo può essere e sarà impiegato. In questo caso, nella scheda tecnica dovranno essere inserite le informazioni relative all’attività o al settore di destinazione. Al momento dell’individuazione del destinatario deve comunque essere effettuata una verifica di congruità, a livello qualitativo e quantitativo, tra i residui e l’impianto / attività di destinazione che deve avere caratteristiche e dimensioni adeguate per assicurare l’effettivo impiego del residuo. La documentazione contrattuale permette di dimostrare solo il rispetto di questo requisito, mentre la compilazione integrale della scheda tecnica permette la dimostrazione di tutti i requisiti, compreso quello della certezza dell’utilizzo. Anche l’esistenza di un guadagno economico legato alla cessione del residuo può indicare la certezza dell’utilizzo: la pura presenza di un contratto di cessione a titolo oneroso potrebbe però non essere sufficiente, ed è quindi opportuno che l’operatore affianchi a questi contratti altri documenti a supporto della prova della certezza dell’utilizzo come, ad esempio, informazioni riguardanti l’esistenza di un “solido mercato” del sottoprodotto.
  • 11. La documentazione contrattuale deve comunque consentire l’identificazione di tutti i soggetti coinvolti e le specifiche dei residui interessati: è comunque ammesso che non esista un contratto scritto tra gli operatori, ma che vi sia un semplice accordo. In questo caso, all’identificazione dei soggetti coinvolti dev’essere allegata la prova delle caratteristiche del residuo, risultando quindi utile anche in questo caso la compilazione della scheda tecnica. c) Utilizzo diretto senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale: Nella «normale pratica industriale»: - Non vi rientrano processi / operazioni necessari per rendere il residuo idoneo a soddisfare i requisiti dei prodotti o per la protezione della salute e dell’ambiente; - Vi rientrano attività e operazioni costituenti parte integrante del ciclo di produzione da cui si origina il residuo, anche se con l’obiettivo di rendere idonee le caratteristiche ambientali del residuo. Questi requisiti vengono dimostrati compilando adeguatamente il campo “Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto” della scheda tecnica, indicandovi quali trattamenti sono eventualmente necessari prima dell’utilizzo e se tale trattamento è effettuato direttamente, tramite un intermediario o presso l’utilizzatore. Nell’allegato 1 al regolamento sono riportati alcuni esempi di “normale pratica industriale” applicabili a biomasse: tale elenco è comunque solo orientativo e non esaustivo. d) Requisiti d’impiego e di qualità ambientale: la scheda tecnica (allegato 2) contiene anche le informazioni necessarie per la verifica delle caratteristiche del residuo e la sua conformità alla destinazione ed impiego previsti. In caso di cessione del sottoprodotto, la conformità alla scheda tecnica è da dichiarare nella «dichiarazione di conformità». In caso di modifiche sostanziali del processo di produzione o destinazione comportanti modifiche alle informazioni riportate, occorre sottoscrivere una nuova dichiarazione. Nel caso in cui esistano norme regolamentanti l’utilizzo dei sottoprodotti, il non rispetto comporta la qualificazione del residuo come rifiuto. Un esempio di tali norme sono le disposizioni contenute nell’allegato X alla Parte V del D.Lgs.152/06 da applicarsi alle biomasse da utilizzare per la produzione di energia tramite combustione. Nella scheda tecnica è opportuno riportare la dimostrazione della rispondenza della destinazione agli standard merceologici ed alle norme tecniche di settore. Se, diversamente, non esistono norme di riferimento, occorre comunque dimostrare
  • 12. che l’impiego non porterà comunque ad impatti negativi sull’ambiente o la salute umana. Gestione dei sottoprodotti Sono riportate specifiche indicazioni per il deposito e la movimentazione dei residui, per assicurarne il mantenimento delle caratteristiche necessarie a consentirne l’impiego: 6.Separazione da rifiuti, prodotti o oggetti con caratteristiche diverse e destinati a usi diversi; 7.Cautele per prevenire problemi ambientali / sanitari, combustioni o esplosioni; 8.Protezione per evitare alterazione delle caratteristiche chimico / fisiche; 9.Congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione con quanto indicato nella scheda tecnica. La compilazione della scheda tecnica e della dichiarazione di conformità permettono il deposito ed il trasporto di sottoprodotti, con le medesime caratteristiche, provenienti da impianti / attività diversi. Nella gestione ha particolare importanza il tempo massimo di deposito. Questa informazione dev’essere riportata nella scheda tecnica: superato tale limite si presuppone che il residuo perda le caratteristiche che ne permettono l’utilizzo, e dovrà quindi essere gestito come un rifiuto. Se però tali caratteristiche non dovessero alterarsi anche dopo il tempo massimo indicato, potrà essere compilata una nuova scheda, eventualmente riportante anche una destinazione diversa da quella inizialmente prevista. Scheda tecnica La completa compilazione della scheda tecnica permette la dimostrazione del rispetto di tutti i requisiti, compreso quello relativo alla certezza dell’utilizzo dimostrabile anche tramite la documentazione contrattuale. È utilizzata: 6.Per dimostrare la certezza dell’utilizzo, per dimostrare l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra produttori, intermediari ed utilizzatori dei residui; 7.Per indicare tempistiche e modalità di deposito e movimentazione dei residui; 8.Per fornire informazioni necessarie alla verifica delle caratteristiche del residuo e la sua conformità al processo ed all’impiego previsti. Le schede sono numerate, vidimate dalle CCIAA e gestite con le stesse modalità dei registri di carico / scarico dei rifiuti.
  • 13. Struttura della scheda tecnica La scheda tecnica ha la seguente struttura: • Anagrafica del produttore; • Impianto di produzione: indirizzo, descrizione processi e materiali / residui in uscita; • Informazioni sul sottoprodotto: tipologia e caratteristiche, conformità all’uso previsto; • Descrizione del sottoprodotto: attività / impianti idonei all’utilizzo, impianti / attività di destinazione, eventuali intermediari; • Tempi e modalità di deposito e movimentazione: modalità, luoghi e tempi massimi di raccolta e deposito, modalità di trasporto, tempo massimo di deposito; • Organizzazione e continuità del sistema di gestione: tempi e modi per assicurare l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto. È ammesso che alcune parti della scheda non siano immediatamente compilabili, ma che lo siano solo in tempi successivi alla produzione del residuo. Nella circolare sono comunque individuati i campi della scheda che occorre obbligatoriamente compilare per dimostrare il possesso di tutti i requisiti. Inoltre è possibile che, in base a particolari circostanze, sia possibile dimostrare il possesso dei requisiti solo in riferimento a specifici lotti di residuo che presentano un’unitarietà per quanto riguarda il profilo funzionale e la destinazione. Nell’allegato tecnico – giuridico alla circolare è riportato uno schema di riferimento, in cui in base ai diversi requisiti da dimostrare sono riportati i diversi campi della scheda da compilare. Nella scheda tecnica è inoltre compresa la dichiarazione di conformità, riportante: • Esatta ed univoca denominazione del sottoprodotto • Tipologia del sottoprodotto e descrizione • Tipologia di attività o impianti idonei ad utilizzare il residuo • Eventuali riferimenti normativi disciplinanti l’impiego del sottoprodotto • Dichiarazione di conformità del residuo alla scheda tecnica. La dichiarazione di conformità è da utilizzarsi in caso di cessione a terzi dei sottoprodotti, allo scopo di dimostrarne il rispetto dei requisiti richiesti dalla legge e dei contenuti della scheda tecnica. Piattaforma di scambio: www.elencosottoprodotti.it Obiettivo è la creazione di una piattaforma volontaria e gratuita di scambio tra domanda e offerta. L’iscrizione da parte di produttori ed utilizzatori non è obbligatoria e non costituisce un requisito abilitante, anche per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto.
  • 14. Per l’iscrizione è necessario effettuare l’accesso tramite smart-card, mentre le ricerche di iscritti e sottoprodotti sono libere. Allegato 1: primi esempi Per specifiche categorie di residui sono riportati: • Norme sul loro impiego; • Operazioni ed attività costituenti «normali pratiche industriali» I primi esempi riguardano biomasse, compresi sfalci e potature e residui agro -alimentari, per la produzione di energia mediante: • Produzione di biogas; • Combustione diretta: in questo caso possono essere utilizzate solo biomase elencate nella Parte V -allegato X del D.Lgs.152/06. L’art.184-bis co.2 del D.Lgs.152/06 prevede un possibile ampliamento di questo elenco. Le disposizioni del D.M. si possono applicare anche a residui diversi da quelli dell’allegato 1. Interpret@ Circolare prot.n. 7619 del 30/05/2017 del Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente (pdf) Ministero dell'ambiente - Decreto 13 ottobre 2016 n. 264 - Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti. Fonte: puntosicuro.it