1. Pubblicato il 12.02.2007
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Valtellina: perché questa chiusura verso i gay?
La mail di un lettore apre il dibattito su un tema poco trattato.
Nei giorni scorsi ho ricevuto la mail di un lettore che ha sottoposto alla nostra redazione un tema molto
interessante.
Vi propongo qui di seguito il contenuto della missiva, nella speranza che susciti riflessioni e - perché no
- anche un dibattito.
Egregio direttore di Vaol.it,
mi trovo in Valchiavenna davvero spesso, vuoi per lavoro, vuoi per la mia passione dello sci. Non posso
che ritenermi soddisfatto di quanto la montagna è stata sempre in grado di offrirmi, qui attorno come
nella vicina Svizzera.
Il problema comunque resta il fatto che se non capito da queste parti con alcuni miei conoscenti gay
parrebbe davvero difficile trovare dei punti di ritrovo dove poter essere liberamente se stessi.
Eppure mi è capitato spessissimo, a Milano come a Bologna di incontrare gente che veniva dalla
Valtellina, ma pure da Chiavenna e dintorni. Davo dunque per scontato che in zona le cose fossero
differenti.
Siamo nel 2007, in Italia si parla di pax persino tra coppie dello stesso sesso ed in tutta Europa si
consolidano direttive politiche ed iniziative sociali volte ad una ragionevole accettazione di determinate
dinamiche, giocoforza innate e non necessariamente negative o svuotate di significato. E se vogliamo,
aggiungiamo pure che l' OMS ha da tempo cancellato l' omosessualità dalle patologie psichiatriche, ma
altro ancora potremmo elencare.
In Valchiavenna però il tempo sembra essersi cristalizzato a diversi anni or sono, una cosa per certi
versi anche piacevole, ma non per altri invece; non mi aspettavo una tale chiusura e apparente
diffidenza verso il mondo gay, ma soprattutto la concreta difficoltà nel conoscere gente come me, senza
troppe peripezie o quant' altro potesse significare un ridicolo dispendio di energie per ciò che invece
altro non è se non una naturale esigenza per chi sente di essere un cosiddetto "diverso".
Ho 26 anni e quindi posso a questo punto immaginare cosa possa mai significare per un adolescente
essere gay in Valchiavenna. Probabilmente, fare le valigie ed andarsene altrove, in città probabilmente.
Ricordo in particolare due ragazzi gay di Chiavenna che avevo conosciuto a Milano tre anni fà e forse
soltanto ora li posso capire e mi piace davvero molto l' idea di poter dare loro una sorte di aiuto indiretto,
con queste poche righe.
Li avevo considerati dei pazzi allora, perchè magari 3 volte la settimana venivano in città per
frequentare i loro amici. Mai però mi avevano accennato ad una realtà così dura come quella che io
stesso ho riscontrato.
Non mi è difficile provare la solitudine che, fors' anche ridendo per sdrammatizzare, mi avevano
confidato. Ora sento di potervi dire che sono più vicino a voi e a quella velata tristezza che traspariva
dai vostri occhi. Scusatemi se non vi ho creduto e magari sono risultato un poco insensibile.
Non posso ahimè dilungarmi oltre, ma senz' altro mi piacerebbe inoltrarLe 4 richieste:
2. 1) Ai giovani gay della zona, perchè trovino la forza e la sensatezza di creare un proprio gruppo gay o
comunque un riferimento locale, considerando che le amicizie nascono e si coltivano meglio
frequentandosi assiduamente, cosa indubbiamente difficile con una eccessiva lontananza tra i diretti
inetressati.
2) Ai loro coetanei etero in particolar modo, ma anche alla popolazione della valle, perchè sappiano
capire l' importanza di questa esigenza e si convincano che non sarebbe male accantonare una certa
cattiveria. Se poi fossero anche in grado di aiutarli, avremmo allora qualcosa di ancora più grande: non
di rado infatti capita che il nostro amico ci nasconde la sua reale identità sessuale, perchè ha vergona di
confessarsi o di essere emarginano o messo in ridicolo. E' vero che non sempre uno se accorge, ma
anche quando capita si preferisce ignorare o fingere. Dobbiamo sapere essere dei veri amici nel
concreto, capirci ed aiutarci quando occorre. Non ha alcuna utilità operare diversamente e forse
meravigliarsi quando persone a noi vicine ci regalano delle sorprese, magari spiacevoli, perchè non
hanno saputo reggere il dolore ed il peso di una condizione non adeguatamente condivisa e compresa.
3) Alle Istituzioni locali, perchè non continuino a fingere che certe realtà non esistano quando al
contrario si stanno fortemente consolidando pure su di un piano prettamente giuridico, anche grazie alle
recenti iniziative di sui sopra, attuate o prospettate. E' destituito di qualsiasi fondamento il chiamarsi
fuori perchè si è gente di provincia e delegare dunque alla città l' aiuto e le attenzioni che questi ragazzi
meritano, perchè nostri concittadini a tutti gli effetti. Hanno bisogno di manifestare la propria dimensione
affettiva e sociale e l' indifferenza o l' incomprensione trasversale favoriscono situazioni difficili in ambito
soprattutto personale, ma anche famigliare. Certo, sappiamo tutti che all' uopo esistono le canoniche
strutture sanitarie, ma ad esse molto spesso ci si arriva troppo tardi e neppure è scontato che ci si arrivi
purtroppo. Resta comunque il fatto che una sorte di prevenzione avrebbe maggiore senso: difatti si
chiede aiuto perchè già si è consolidato un certo disagio, si è emarginati ed incompresi da chi, seppure
preposto, non ha sensibilizzato nessuno, genitori e popolazione in generale, su tematiche che è lecito
dimandarsi quante volte e se mai siano state dibattute in Valchiavenna.
4) A lei direttore di VAOL, chiedo espressamente e con vigore di pubblicare integralmente la qui
presente, non foss' altro per esercitare al meglio il Suo prezioso ruolo di giornalista, ovvero riportare
situazioni e destare almeno qualche interrogativo ponendo degli argomenti di possibile discussione, per
alcuni anche scomodi, ma che è ingiusto evitare o trattare banalmente. Lo dobbiamo per cominciare a
coloro che sono già in difficoltà e non meritano un ulteriore torto: sono i giovani gay della Valchiavenna,
che esistono, non possiamo arrenderci all' evidenza. Ma che sembrano spesso dei fantasmi, perchè lo
vogliono, ma pure e fondamentalmente perchè sono costretti ad esserlo. Hanno paura di dichiararsi e
mentono a tutti i loro valligiani, giorno dopo giorno, anche soffrendo. Condannati a migrare per sempre
in qualche metropoli, in Italia o all' estero, o comunque a fare il "pendolare" tra Chiavenna e Milano, per
potersi sentire un essere sociale libero con gente ch' è anch' essa gay. Non per ghettizzarsi, ma perchè
diviene comprensibile la forte esigenza di togliersi una maschera portata per tutta un' intera settimana.
Perchè non è affatto ragionevole negarsi il bisogno di appagare un amicizia o dei propri sentimenti che
possono essere avvertiti verso qualcuno dello stesso sesso. Le sono grato per la sua attenzione e
spero di poter regalato un pò di gioia e serenità a tutti i gay della Valchiavenna.
Saluti, Robert