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Pierpaolo Mudu
GLI ESQUILINI: CONTRIBUTI AL DIBATTITO SULLE
TRASFORMAZIONI NEL RIONE ESQUILINO DAGLI ANNI
SETTANTAAL DUEMILA
Punti di discussione
Questa raccolta ed elaborazione di informazioni che riguardano l’Esquili-
no è organizzata intorno a tre punti fondamentali:
1) le trasformazioni sociali contemporanee dell’Esquilino1
;
2) il concetto di degrado e la sua applicazione all’attuale situazione del-
l’Esquilino;
3) il significato che ha assunto lo spazio dell’Esquilino.
La nascita e lo sviluppo dell’Esquilino
Sviluppo urbanistico
Osservando la carta di Roma si nota come l’Esquilino si trovi al confine
est del Centro storico, nella I circoscrizione (cfr. figura 1). Secondo la suddi-
visione toponomastica il rione Esquilino si estende per circa 158 ettari, con-
tiene tutta la stazione Termini e piazza dei Cinquecento, aree di “confine” in-
sieme a via Gioberti con il rione Castro Pretorio; la via Merulana lo separa
dal rione Monti e le Mura Aureliane lo dividono poi dai quartieri di sudest
della città (figura 2b). I suoi confini sono così segnati da grandi strutture ur-
bane, sia moderne, come la stazione Termini, che religiose come le basiliche
1
La prospettiva storica di questo intervento, nonostante una breve digressione, è limitata
agli ultimi trent’anni e rimando per considerazioni sull’evoluzione storica del rione allo
scritto di M.R. PROTASI contenuto nel presente volume. L’analisi svolta è parzialmente basata
sui risultati pubblicati nella tesi di dottorato (P. MUDU, Gli immigrati stranieri a Roma: aspet-
ti distributivi e relazionali, tesi di dottorato in Geografia economica / XII ciclo. Roma, Uni-
versità “La Sapienza” – Facoltà di Economia/Dipartimento di Studi geoeconomici, statistici,
storici per l’analisi regionale, 2000). Per il lavoro sono stati utilizzati come fonte di informa-
zione ed indagine 700 articoli, riguardanti l’Esquilino, che coprono per lo più gli ultimi 20
anni, il cui nucleo è costituito dallo spoglio completo di «Il Messaggero», «Il Tempo», «Cor-
riere della Sera» e «Repubblica» nel triennio 1997-99 (in tutto 573 articoli). Infine si è svolto
un lavoro sul campo, in particolare nei mesi di settembre e ottobre 2001, preceduto da nume-
rosi sopralluoghi.
di San Giovanni, Santa Maria Maggiore e Santa Croce in Gerusalemme che
archeologiche, come le Terme di Diocleziano, le Mura Aureliane e Porta
Maggiore.
L’Esquilino, nell’attuale suddivisione in zone urbanistiche, rientra nella
zona “1e”, denominata proprio “Esquilino”, che contiene però anche il rione
Monti (figura 2a).
L’attuale suddivisione toponomastica è, in genere, quella cui ci si riferi-
sce; nelle cronache comunque l’Esquilino è di fatto considerata la zona gra-
vitante su piazza Vittorio Emanuele II 2
cui rimandano sia gli abitanti di Ro-
ma che la stampa e le autorità.
642 Pierpaolo Mudu
2
Nel testo, d’ora in avanti, sarà definita semplicemente come piazza Vittorio.
Figura 1. Posizione dell’Esquilino entro il territorio del Comune di Roma.
Figura 2. L’Esquilino nella suddivisione per zone urbanistiche (a) e toponoma-
stica (b) del Centro storico.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 643
Dopo l’unità d’Italia si cercò di orientare lo sviluppo di Roma in direzione
est3
e l’attuale rione Esquilino nacque nell’ultimo quarto del secolo dicianno-
vesimo, come conseguenza dell’intensa speculazione edilizia favorita altresì
dalla costruzione della stazione Termini. In una zona di vigne e ville, di cui
ora resta solo villa Wolkonski, con importanti resti archeologici romani 4
, si
decise quindi dopo l’unità d’Italia di costruire un quartiere per la nuova buro-
crazia, in gran parte proveniente da Torino, che avrebbe lavorato lungo l’asse
di via XX Settembre. Il quartiere fu definito, come altri contemporanei proget-
ti, “piemontese”, poiché riproduceva dei tipi edilizi in una trama regolare tipi-
ci di una parte di Torino5
. La costruzione di nuovi palazzi all’Esquilino saldò
il rione Monti con il confine est delle Mura Aureliane. Il centro nodale del
quartiere veniva assunto da piazza Vittorio, toccata da 13 strade, che fu inau-
gurata nel 18846
e conteneva gli appartamenti più lussuosi del rione7
. Impor-
tante è stato poi l’intervento dell’ICP (Istituto Case Popolari) che ha definito
una zona ben particolare, tra viale Manzoni e Santa Croce in Gerusalemme.
La costruzione del quartiere nel 1921 era terminata, ma è da tenere presente
che una gran parte delle case era già stata costruita prima del 18868
.
Oltre alla nascita di una zona alberghiera, per la presenza della più impor-
tante stazione ferroviaria, e la costruzione di edifici residenziali, il quartiere
fu dotato di diversi servizi e strutture a partire dai primi del Novecento. Furo-
no, per esempio, costruiti un acquario, la centrale del latte, caserme, teatri, il
giardino di piazza Dante ed edifici scolastici. Negli anni Trenta si cominciò a
consolidare il mercato di piazza Vittorio, che si affermò nel dopoguerra come
il più grande della città. Dopo la seconda guerra mondiale, con tutte le costru-
zioni ultimate e con lo sviluppo del mercato di piazza Vittorio, l’Esquilino si
presentava con un tessuto urbanistico abbastanza articolato, vi erano infatti: la
zecca del Ministero delle Finanze (tra via Turati, via Ricasoli, via Lamarmora
e via Principe Amedeo), la centrale del latte (numero 12 di figura 8), le poste
centrali a piazza Dante, due strutture militari, ovvero le caserme Sani e Pepe
(numeri 14 e 15 di figura 8), i teatri dell’Ambra Jovinelli (numero 13 di figura
8) e del Brancaccio, l’ufficio del catasto a largo Leopardi e la filiale della Fiat
a viale Manzoni. Oltre ai giardini di piazza Vittorio ve ne erano altri due mi-
nori a piazza Dante e a piazza Fanti. È poi da non dimenticare che successiva-
644 Pierpaolo Mudu
3
I. INSOLERA, Roma moderna, Torino, Einaudi, 1993.
4
A questo proposito si veda S. VASCO ROCCA, Guide rionali di Roma. Rione XV. Esquilino, Ro-
ma, Palombi, 1978 e F. COARELLI, Roma. Guide archeologiche, Milano, Mondadori, 2000.
5
I. INSOLERA, cit.
6
C. SABATINI, I cent’anni di piazza Vittorio, «Rugantino», V, 1984, 20; ID., I cent’anni di piazza
Vittorio, «Rugantino», V, 1984, 21.
7
D. PERTICA, Esquilino: intorno a piazza Vittorio, «Roma, ieri, oggi, domani», 1989, 17.
8
A. SERONDE BABONAUX, Roma. Dalla città alla metropoli, Roma, Editori Riuniti, 1983.
mente nella zona di viale Manzoni si insediò il provveditorato. Particolarmen-
te sviluppate, infine, le attività commerciali sia al dettaglio, specialmente nel-
la zona pregiata di piazza Vittorio, che all’ingrosso, poiché moltissimi grossi-
sti operavano proprio all’Esquilino. In tempi diversi molte delle strutture che
caratterizzavano l’Esquilino furono abbandonate senza che ci fosse alcun pro-
getto per la loro utilizzazione (figura 8). Resta il fatto che nella geografia cit-
tadina quello che adesso appare come un pezzo del Centro storico ha occupa-
to fino a pochi decenni fa una posizione semiperiferica.
Negli ultimi venti anni sono poi da annotare alcuni fatti di notevole inte-
resse urbanistico: nel 1980 fu inaugurata la linea A della metropolitana che
ha una fermata in piazza Vittorio, nel 1986 vi fu il crollo di una parte di un
palazzo, nel 1990 fu abbattuta l’ex centrale del latte e si ebbe una concentra-
zione di migliaia di immigrati alla ex Pantanella, infine nel 2001 vi è stato lo
spostamento del mercato di piazza Vittorio.
Popolazione tra 1951 e 1991
Nel 1951, quando il Centro storico di Roma si presentava con alti indici
di affollamento, mantenuti del resto per altri venti anni (cfr. anche figura 6),
all’Esquilino erano residenti circa 62mila persone (cfr. tabella 1). Nel 1951,
la più alta concentrazione demografica compariva intorno a piazza Vittorio,
specialmente dal lato di piazza Dante, nella parte intorno piazza Manfredo
Fanti (compresa tra via Cavour, via Napoleone III, via Mamiani e via Giolitti)
e lungo l’asse di Santa Croce in Gerusalemme (cfr. figura 9). Successiva-
mente i rioni del Centro storico hanno subito fortissime dinamiche di espul-
sione degli abitanti, tanto da riuscire a conservare nel 1991, complessiva-
mente, solo il 33 per cento della popolazione censita nel 1951, mentre invece
per l’Esquilino si registra un valore del 40 per cento.
Tabella 1. 1951-1991, Esquilino: popolazione residente.
Fonte: censimenti ISTAT.
In termini percentuali le perdite di popolazione maggiori si sono verifica-
te proprio nella zona di piazza Vittorio, dove nel 1991 sono numericamente
presenti tra il 25 per cento e il 50 per cento della popolazione residente nel
1951 (cfr. figura 10); si deve però riconoscere una leggera tenuta in varie
parti del quartiere, specialmente nella parte tra viale Manzoni e via Statilia.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 645
1951 1961 1971 1981 1991
62.184 42.103 33.411 27.619 24.654
Mentre il resto del Centro storico ha perso un tessuto demografico varie-
gato che assicurava una società al territorio, invece il ricambio e l’attenuazio-
ne del vuoto residenziale hanno portato l’Esquilino a conservare una presenza
sociale articolata di cui l’immigrazione straniera è l’ultima importante novità.
Immigrazione dall’estero
Alla fine degli anni Settanta l’Esquilino costituiva per gli immigrati stra-
nieri più una zona di presenza che non di residenza, se si eccettuano le pen-
sioni, e la presenza più consistente era quella degli immigrati nordafricani.
Inoltre, per la facile accessibilità, la zona dell’Esquilino è stata subito eletta
come luogo di incontro dalle varie comunità immigrate. La popolazione diur-
na caratterizza non solo piazze, pensioni e hotel, ma anche il viavai intorno a
diverse attività commerciali e assistenziali. Quattro strutture di assistenza,
sviluppatesi intorno agli anni Ottanta, hanno costituito un punto di riferimento
per molti immigrati. Due di queste strutture, tuttora funzionanti, sono gestite
dalla CARITAS: l’ostello e il centro medico a via Marsala, aperti nella seconda
metà degli anni Ottanta, e la mensa a via delle Sette Sale, nel rione Monti,
aperta nel 1984, mentre proprio vicino a piazza Vittorio, in via Ferruccio, ha
operato una mensa 9
gestita dal circolo San Pietro e un dormitorio solo ma-
schile, gestito dalle suore missionarie della carità, si trova in via Rattazzi.
Un’altra struttura di accoglienza per il pernottamento, che non ricade propria-
mente all’Esquilino, ma facilmente raggiungibile a piedi, era l’albergo del po-
polo gestito dall’Esercito della Salvezza a San Lorenzo. L’ultima struttura che
ha cominciato ad operare dal 2000 si trova, fuori dall’Esquilino, in via Sannio
ed è un centro diurno e notturno gestito dalla Casa dei Diritti Sociali.
Diverso il discorso per l’altra componente della popolazione dell’Esquilino,
vale a dire quella residente. Dal 1986, circa, cominciò un rapido flusso di im-
migrati dall’Asia, in particolare dal Bangladesh10
. Questi immigrati costituisco-
no una popolazione prevalentemente maschile, di religione musulmana, con
una educazione alta, poliglotta e di origine sia urbana che rurale11
. I bengalesi si
resero visibili con l’occupazione della ex Pantanella. L’ex pastificio della Pan-
646 Pierpaolo Mudu
9
La mensa di via delle Sette Sale offre oltre mille pasti giornalieri e controlla tramite un
tesserino l’accesso di chi vi entra. La mensa a via Ferruccio offriva un numero minore di pa-
sti, circa 300 ma non faceva nessun controllo all’ingresso (D. ROCCA, La mensa degli arabi, in
Ghetti etnici e tensioni di vita, a cura di R. De Angelis, Roma, La Meridiana editori, 1991).
10
Si veda M. KNIGHTS, Bangladeshis in Rome: the political, economic and social structure
of a recent migrant group, in Questioni di geografia della popolazione, a cura di M.L. Genti-
leschi-R. King, Bologna, Pàtron editore, 1996 e «l’Unità» del 9 giugno 1998.
11
M. KNIGHTS-R. KING, The geography of Bangladeshi migration to Rome, «International
Journal of Population geography», 1998, 4, pp. 299-321.
tanella è situato all’inizio della Casilina vecchia, a circa mezzo chilometro da
Porta Maggiore. In stato di abbandono per decenni, fu rapidamente occupato,
durante il 1990, da più di un migliaio di immigrati. L’occupazione si era svilup-
pata con il supporto della “Casa dei diritti sociali”12
, dopo una serie di sgomberi
effettuati nel Centro storico, in occasione dei mondiali di calcio, di senza fissa
dimora, in gran parte pakistani, bengalesi ed indiani13
. Nel gennaio del 1991, al
momento dello sgombero, la comunità più numerosa era quella dal Bangladesh
con 1370 persone, la maggior parte in regola con il permesso di soggiorno14
.
Dopo lo sgombero della ex Pantanella, il centro residenziale e lavorativo
di molti immigrati del Bangladesh si spostò non solo in VI circoscrizione ma
anche all’Esquilino.
Dalla seconda metà degli anni Ottanta l’altro grande gruppo in forte e ra-
pido aumento è stato quello dei cinesi. Politiche restrittive attuate da altri
paesi europei avevano spostato verso l’Italia una quota crescente di immigra-
zione dalla Cina 15
, composta inizialmente da immigrati in prevalenza ma-
schi, di non alta istruzione, provenienti dall’altipiano e dalla pianura dello
Zhejiang16
. Fino al 1987 era in teoria molto difficile per un cinese intrapren-
dere un’attività imprenditoriale, poi con la legge n. 109/1987 fu ratificato un
accordo bilaterale tra il governo italiano e quello cinese per la promozione e
reciproca protezione degli investimenti imprenditoriali.
Le trasformazioni dei percorsi migratori hanno invece provocato, negli
anni Novanta, per gli immigrati dal Nordafrica un orientamento più verso il
nord dell’Italia che verso Roma. Nel 1998, secondo i dati del registro ana-
grafico, nella zona urbanistica dell’Esquilino (che comprende come visto an-
che il rione Monti) erano residenti circa 5.000 immigrati. I tre gruppi nazio-
nali più consistenti erano quelli da Bangladesh, Cina e Filippine, con nume-
rosità quasi uguali di 1.500 persone.
I dati del censimento del 1991 possono mettere in luce quale fosse la con-
dizione di una decina di anni fa (cfr. figura 2). Se si considerano tutti gli im-
migrati, senza differenze di origine, è da notare che all’Esquilino non esiste-
vano che pochissimi isolati con concentrazioni maggiori del 20 per cento, di
fatto strutture particolari come chiese o ambasciate (cfr. figura 3). In partico-
lare poi, in termini di isolati, non esisteva una concentrazione di immigrati da
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 647
12
CARITAS DI ROMA, Immigrazione. Dossier statistico ’96, Roma, Edizioni Anterem, 1995.
13
R. CURCIO, Shish Mahal, Roma, Sensibili alle foglie, 1991.
14
R. CURCIO, cit.
15
F. CARCHEDI, I cinesi, in G. MOTTURA, L’arcipelago immigrazione, Roma, Ediesse, 1992;
G. GUALTIERI, L’immigrazione straniera a Roma: il caso dei lavoratori cinesi, tesi di laurea in
Scienze politiche, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1991.
16
Lo Zhejiang è una zona della Cina in cui prevalgono le attività agricole e l’industria tes-
sile (F. CARCHEDI, cit.).
una particolare regione che all’Esquilino fosse sopra il 20 per cento rispetto a
tutti i residenti. Allargando l’analisi anche alla parte sudovest del rione Castro
Pretorio è da appuntare una distinzione tra la parte settentrionale dove grossa
è la presenza di alberghi e pensioni e quella meridionale. Nella parte gravitan-
te su piazza Esedra, piazza dei Cinquecento e via Cavour si trovano africani e
immigrati dall’America Latina, nella parte intorno a piazza Vittorio si trovano
invece i provenienti dall’Asia. Tutto ciò è espressione di una forte distinzione,
nella zona, nell’offerta dei posti letto e segno di una differente vulnerabilità
per i gruppi di immigrati. L’esito per gli immigrati è stato l’inserimento in un
patrimonio abitativo svalutato da parecchi anni, in cui molti palazzi mostrava-
no non solo incuria ma addirittura lesioni (si veda avanti).
Eppure un aspetto particolare e importante che lega gli immigrati all’Es-
quilino va riconosciuto nella presenza di opportunità di lavoro e nella concen-
trazione di attività economiche17
gestite direttamente dagli stessi immigrati.
Figura 3. 1991, Esquilino – Gli immigrati residenti.
Fonte: elaborazione su dati del Censimento 1991.
648 Pierpaolo Mudu
17
«Il Messaggero», 3 marzo 2000: “Con gli anni le organizzazioni che sovrintendono al
lavoro si sono moltiplicate. Ci sono una decina di centri autogestiti di consulenza sindacale,
Figura 4. 1991, Esquilino – Percentuale di immigrati su totale della popolazione
per isolato.
Fonte: elaborazione su dati del Censimento 1991.
Il mercato di piazza Vittorio ha costituito, negli anni Ottanta, forse il primo
contatto ed inserimento nel mondo del lavoro per diversi immigrati. L’inseri-
mento nel mercato è stato quello di una sostituzione non concorrenziale degli
italiani che eseguivano i lavori più umili. Le opportunità di lavoro offerte dal
mercato erano numericamente rilevanti, dato che negli anni Ottanta, al censi-
mento dei vigili, i banchi presenti nella piazza risultavano 478, di cui 420 sul
marciapiede intorno al giardino, e gli altri sotto i portici e sul marciapiede del-
la caserma18
. Nel 1989 il numero di immigrati stranieri, per lo più polacchi e
nordafricani, che svolgeva piccoli lavori di carico e scarico nel mercato era,
secondo il presidente degli operatori commerciali del mercato, una cinquanti-
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 649
avviamento, prima accoglienza. Attorno alla stazione e all’Esquilino da anni funzionano due
banche filippine e altre cinque filiali che provvedono ad inviare il denaro delle colf e almeno
quattro agenzie che si occupano di spedire pacchi o organizzare viaggi”.
18
SEZIONE ESQUILINO DELLA IV UNITÀ OPERATIVA, Progetti per l’area di piazza Vittorio in
«Romacentro», Assessorato per gli interventi sul Centro Storico del Comune di Roma, Roma,
Palombi, 1986.
na 19
. L’inserimento di immigrati nel mercato di piazza Vittorio è avvenuto
lentamente nel corso degli anni Ottanta e con una precisa geografia: arabi e
africani nelle bancarelle sotto i portici, polacchi nel mercato attorno al giardi-
no centrale20
. Ma una delle risposte alternative alla collocazione lavorativa nei
segmenti più umili e sottopagati è l’avvio di un’attività in proprio. All’Esqui-
lino, dal punto di vista economico, l’aspetto più importante è dato proprio
dalla presenza di un elevato numero di attività commerciali21
, aperte negli ul-
timi dieci anni, che comprendono sia commercio al minuto che all’ingrosso,
la ristorazione o altri servizi (cfr. figura 11). Molte attività commerciali, per
esempio quella di import-export22
o stoccaggio merci, sono subentrate nei lo-
cali una volta occupati dai grossisti romani che a partire dagli anni Settanta si
sono spostati in prossimità del GRA, per la disponibilità di locali più spaziosi e
soprattutto la maggiore vicinanza alla rete autostradale. Molte attività di com-
mercio al minuto hanno rilevato attività in declino come negozi di abiti per
matrimoni e comunioni23
. La ristorazione non ha avuto alcuna difficoltà ad in-
serirsi sia per la richiesta crescente della popolazione diurna del Centro stori-
co, sia per le necessità proprie degli immigrati, che vivono spesso in alloggi
senza la possibilità di cucinare o potersi incontrare 24
. Ma fattori sostanziali
sono i bassi capitali necessari per l’implementazione dell’attività di ristorazio-
ne che favoriscono una piccola imprenditoria, di solito basata sul network fa-
miliare ed etnico, e l’agevolazione che gli attori coinvolti nella ristorazione
650 Pierpaolo Mudu
19
D. DE VINCENZA, L’analisi del pregiudizio in un’area di forte presenza di immigrati pro-
venienti dal terzo mondo, tesi in Lettere, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1989-90.
20
D. DE VINCENZA, cit.
21
Economia etnica la cui struttura e relazioni non è stata per ora indagata approfondita-
mente. Non sono mancati, invero, gli articoli della stampa che cogliessero il valore e la com-
plessità dell’economia etnica dell’Esquilino: «la Repubblica» del 6 dicembre 1998 descriveva
con queste parole la crescita delle attività dei cinesi: “Da sessanta esercizi censiti nel ’97 si è
passati agli attuali centodieci. I magazzini sono spuntati come funghi in via Turati, ogni due
metri se ne trova uno. I cinesi non stanno rilevando solo gli esercizi e le licenze degli italiani
ma anche degli altri commercianti stranieri. I prezzi delle licenze variano dai 60 ai cento mi-
lioni mentre l’affitto per un negozio di 200 metri quadrati costa dai 4 ai 6 milioni al mese”. Si
veda anche «la Repubblica» dell’8 agosto 1997.
22
“Per quanto riguarda l’import-export, nei primi anni Novanta sono sorte numerose so-
cietà miste (cinesi-italiani), che rendono più semplici gli scambi fra chi compra e chi vende e
comportano notevoli sgravi fiscali” (S. GALLI, Le comunità cinesi in Italia: caratteristiche or-
ganizzative e culturali, in G. CAMPANI-F. CARCHEDI-A. TASSINARI, L’immigrazione silenziosa. Le
comunità cinesi in Italia, Torino, Edizioni della Fondazione Agnelli, 1994, p. 84).
23
Su piazza Vittorio si affacciano 69 attività commerciali, 21 sono gestite da immigrati,
ovvero 3 su 10. Le attività che sono state aperte da immigrati, dal 1995, sono subentrate in
maggioranza ad ex negozi di abbigliamento. I locali in cui sono subentrati erano: negozi di
borse, articoli da regalo, orologeria, calzature e abiti da sposa (cfr. rilievo a vista in V. NADDEO,
Il colore della strada. Piazza Vittorio Emanuele II, in «Roma, ieri, oggi, domani», 1996, 85).
24
P. CAPUTO, Il ghetto diffuso: l’immigrazione straniera a Milano, Milano, Angeli, 1983.
etnica ricevono nell’impatto con il paese ospitante. Infatti il ristorante offre una
possibilità di interazione con il mondo esterno costruita in un ambiente stabili-
to e controllato dall’emigrante 25
. In una decina di anni, in breve, si è formata
un’economia etnica, transnazionale e locale 26
, composta dall’insediamento di
centinaia di attività27
. Una rilevazione diretta effettuata nell’ottobre del 200128
fornisce altro materiale di riflessione. La maggioranza delle attività gestite da
cinesi29
, organizzate in forma di srl. o sas, riguarda la vendita al dettaglio e al-
l’ingrosso di abbigliamento, segue il settore della ristorazione e dei prodotti
alimentari e casi di attività di servizio come supporto legale o farmacie (cfr. fi-
gura 4, si veda anche figura 11 in appendice). Gli immigrati dal Bangladesh30
gestiscono per la maggioranza il commercio di bigiotteria e oggettistica, segui-
te per numero da negozi alimentari (cfr. figura 5, si veda anche figura 11 in ap-
pendice); non mancano però i phone center, le gioiellerie e i video club. Le at-
tività di vendita di abbigliamento dei cinesi sono diffuse in modo continuo sul
territorio, la struttura urbanistica suggerisce tuttavia due cluster (uno tra via
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 651
25
J.L. WATSON, Restaurants and remittances, in Anthropologists in cities, a cura di G.M.
Foster-R.V. Kemper, Boston, Little, Brown and Company, 1974.26
Esiste sicuramente una relazione sottovalutata tra gli imprenditori immigrati e quelli ita-
liani, romani in particolare. È impossibile ipotizzare un isolamento dei commercianti cinesi,
poiché sono molti i negozianti e gli ambulanti romani che si riforniscono dagli esercenti cinesi
(cfr. «il manifesto» dell’11 marzo 2001, Il mistero fantastico della busta rossa. Viaggio al-
l’Esquilino, il rione più multietnico di Roma. Terza tappa e anche l’attività tessile illegale tro-
va la sua distribuzione nel commercio romano («Corriere della Sera», 19 settembre 1999,
Schiavi da mille lire).
27
“All’Esquilino sono 400 gli esercizi commerciali gestiti dai cinesi, 123 quelli condotti
da cittadini del Bangladesh”, «la Repubblica», 3 settembre 2000, La Barbera ai residenti: più
polizia all’Esquilino. “L’ultimo censimento delle attività commerciali, realizzato dai vigili
dell’Esquilino alla fine del 2000, elenca 636 esercizi italiani e 375 attività extracomunitarie.
Di queste, 250, tra ristoranti, negozi di generi alimentari e soprattutto d’abbigliamento all’in-
grosso sono gestite da cittadini cinesi”, «il manifesto», 9 marzo 2001, I colori della “Torino
romana” (Viaggio all’Esquilino, il rione più multietnico di Roma. Prima tappa).
28
Il rilievo a vista ha riguardato la zona compresa tra via Gioberti, via Giolitti, via Manzo-
ni e via Merulana. Circa 2000 civici sono stati controllati per classificare l’affaccio sulla stra-
da (sono state escluse le attività all’interno del Nuovo mercato Esquilino).
29
Sono presentate le prime elaborazioni che indicano la presenza nella zona considerata di
più di 900 attività, gestite per il 55,2 per cento da italiani, il 29,2 per cento da cinesi, il 7,7 per
cento da bengalesi, l’1,5 per cento da nigeriani e per il 6,4 per cento restante da persone di al-
tre 17 nazionalità, per lo più di Asia e Africa.
30
Sono state rappresentate le tre più importanti attività svolte, seguite dalla voce altro che
raccoglie quelle rimanenti. I cinesi rappresentano il caso di massima concentrazione di attività
nel settore dell’abbigliamento che da solo copre l’81 per cento di tutte le attività svolte, la ri-
storazione raggiunge il 4 per cento e la bigiotteria il 3 per cento, le altre attività il 12 per cen-
to. Di fatto dopo il settore dell’abbigliamento c’è una polverizzazione nelle altre attività. Nel
caso degli immigrati dal Bangladesh le prime tre attività svolte costituiscono il 76 per cento di
tutte le attività e sono: negozi di bigiotteria per il 44 per cento, alimentari per il 17 per cento,
phone point e trasferimento denaro per il 15 per cento.
Carlo Alberto e via Turati, l’altro nella parte meridionale di piazza Vittorio e le
vie Principe Eugenio e Conte Verde con una propaggine su via Emanuele Fili-
berto) uniti da un tratto che è il lato orientale di piazza Vittorio. Le attività di
servizio sono invece collocate intorno a via Buonarroti e via Machiavelli. Le
attività dei bengalesi sono collocate lungo via Principe Amedeo, a nord di via
Mamiani si trovano i negozi di bigiotteria, mentre nel tratto davanti alle ex ca-
serme vi sono le attività alimentari e quelle di servizio. È questo il tratto in cui
operano anche gli immigrati dall’India, dallo Sri Lanka e dal Pakistan.
Lungo via Giolitti, nel tratto tra via Rattazzi e via Cappellini, e lungo la
stessa via Cappellini è lo spazio più ristretto in cui prevalgono le attività di
nigeriani e senegalesi.
Figura 5. 2001, Esquilino – Attività commerciali gestite da immigrati dalla Cina.
Fonte: elaborazione basata su un rilevamento a vista effettuato nell’ottobre 200131
.
652 Pierpaolo Mudu
31
N.B. Sono state escluse dalla rilevazione le attività all’interno del Nuovo mercato
Esquilino.
Figura 6. 2001, Esquilino – Attività commerciali gestite da immigrati dal
Bangladesh.
Fonte: elaborazione basata su un rilevamento a vista effettuato nell’ottobre 2001.
Il “degrado”
Con la deliberazione 2445, la giunta della regione Lazio all’unanimità ap-
provava il 5-12-2000 un progetto avente come oggetto un “programma inte-
grato di sorveglianza sanitaria per la definizione della circolazione di micror-
ganismi patogeni nella popolazione extracomunitaria residente nel rione Es-
quilino ed applicazione di misure di controllo”. Il progetto di screening32
era
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 653
32
Il progetto di screening presentato mostrava una certa approssimazione e confusione dal
punto di vista epidemiologico, al punto che prevedeva addirittura l’accertamento della presen-
za di patologie batteriche e virali, come l’ebola, che hanno incidenza pressoché nulla.
generato dalle “pressanti istanze e sollecitazioni pervenute dai cittadini del
quartiere Esquilino che da anni lamentano il degrado della zona e chiedono
di ristabilire una normale vivibilità nel quartiere” (dalla deliberazione 2445
approvata il 5-12-2000 dalla giunta regionale). Popolazione obiettivo del
progetto: “immigrati irregolari, immigrati extracomunitari, con permesso di
soggiorno indigenti e non, soggetti senza fissa dimora, nomadi e profughi”
(dalla deliberazione 2445 approvata il 5-12-2000 dalla giunta regionale).
La costruzione sociale del significato di un luogo geografico, in cui si
generano varie identità, avviene tramite un uso reiterato di immagini asso-
ciate allo spazio e alla sua popolazione. Il concetto di degrado è uno dei
punti fondamentali usati dalle forze sociali e politiche per definire la condi-
zione dell’Esquilino. È necessario cercare di chiarire cosa si intenda per de-
grado di una zona. L’etimologia della parola degrado indica la diminuzione
di grado, quindi lo scendere da un livello a uno più basso. La diminuzione
di grado può essere riferita principalmente alla popolazione e alle strutture
fisiche. Riferita alla popolazione, l’uso della parola degrado denota l’idea
che una sostituzione degli abitanti di un luogo con abitanti di una classe in-
feriore è negativa. Invece della precedente definizione si può alternativa-
mente definire il degrado come un processo estremo di esclusione generato
dal “[…] venire meno dell’idea e della pratica di ‘pubblico’ e la sua ‘priva-
tizzazione’, ossia la riduzione a cosa privata, di difficile e ristretto accesso,
di beni e possibilità in astratto aperti a tutti. In questo senso, la degradazio-
ne urbana riposa su meccanismi di discriminazione e di esclusione, vale a
dire di emarginazione sociale”33
.
La presenza del mercato34
e dei giardini di piazza Vittorio 35
, della stazio-
654 Pierpaolo Mudu
33
F. FERRAROTTI, Roma da capitale a periferia, Bari, Laterza, 1979, p. V.
34
Nell’ultimo decennio le polemiche sullo spostamento del mercato sono state costanti; nel
primo quadrimestre del 1990 sembrava imminente il trasferimento chiesto dai responsabili della
USL 1, ma l’opposizione dei commercianti e le polemiche hanno ritardato l’evento sino al 2001.
Bisogna tenere presente che sin dal dopoguerra si sono susseguite le proposte di allontanamento
e smantellamento del mercato nella piazza (si veda per esempio «Momento Sera», 5 febbraio
1947, Esquilino, in I rioni dicono). Le motivazioni della richiesta dell’allontanamento: “Il mer-
cato di piazza Vittorio rappresenta uno dei più grossi problemi del rione, soprattutto per il disor-
dine che regna sovrano. Si rileva che ci sono decine e decine di bancarelle non autorizzate, che
vengono cucinati cibi senza che sia osservata la più piccola norma igienica e che, in tanto caos, è
ben difficile incontrare un agente della forza pubblica. Si osserva altresì che i negozi sono asse-
diati letteralmente dai carrettini e che il mercato è un solo grande centro di borsari neri, di ladri,
di falsari e di truffatori. Insomma bisogna riportare l’ordine nella piazza” («Momento Sera», 4
dicembre 1946, Esquilino, in I rioni dicono). «Il Tempo», 1 aprile 1990a, intervista l’ingegnere
Enzo Ingrao dell’Ufficio tecnico della I circoscrizione che afferma: “[…] tutto è cominciato con
il mercato di piazza Vittorio, iniziato a costruire nel 1930. All’epoca quello che era il rione alto-
locato caratterizzato da negozi eleganti e palazzi signorili di ispirazione torinese, abitato da gen-
te appartenente all’alta borghesia, diventò ben presto un ‘enorme deposito’ di supporto al merca-
to. In zona infatti iniziarono a stazionare carretti, banchi, con molti negozi che diventarono ma-
ne Termini e dei centri di assistenza 36
furono interpretate da molti come le
principali fonti di degrado del quartiere.
Il degrado che nell’ultimo decennio è stato maggiormente richiamato è
quello che riguarda la popolazione. Martinelli, analizzando i dati del censi-
mento del 1951, aveva classificato la popolazione del rione come apparte-
nente al “[…] centro funzionale borghese con attività amministrativo com-
merciale”37
. Agli inizi degli anni Cinquanta l’Esquilino era un quartiere bor-
ghese, insomma, come il Ludovisi o il Sallustiano e contrapposto ai popolari
rioni di Ponte, Parione, Testaccio eccetera. È interessante poi richiamare i ri-
sultati pubblicati da Clementi e De Grassi, che dopo un’accurata analisi dei
dati del censimento del 1971 individuavano le aree di malessere e degrado
abitativo del Centro storico in quelle zone che avevano resistito alle spinte di
espulsione e terziarizzazione38
. I rioni degradati comprendevano l’Esquilino,
Ponte, Parione, Regola, Trastevere e Testaccio (cfr. figura 6).
Da impiegatizio il quartiere si era trasformato e si accentuava, per la vici-
nanza con la stazione Termini, l’offerta ricettiva alberghiera più scadente:
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 655
gazzini per la merce”. L’articolista del «Tempo» aggiunge: “Il degrado dell’Esquilino nasce dun-
que lontano nel tempo, molto prima che nel quartiere affluissero gli immigrati stranieri”. Affer-
mazione originale quasi mai discussa, in seguito, sui quotidiani (un’eccezione all’interno di un
articolo del «Messaggero» del 29 settembre 1991 “[…] Ma la colpa non è degli immigrati. La
responsabilità del degrado va cercata semmai nell’incuria in cui viene lasciata la zona dai servizi
comunali”.
35
“Anche per l’interno del giardino, con l’impianto del cantiere della metropolitana, agli ini-
zi degli anni Settanta, incomincia un fenomeno irreversibile di decadimento. Cinto da un sipario
di lamiere presenta uno spettacolo deprimente: accanto ai resti della villa, intorno a ciò che è ri-
masto della fontana, sparso per terra, si può trovare di tutto”, «Momento Sera», 31 marzo 1972;
in generale piazza Vittorio è “un regno, un grande affresco di vita che cambia scena quattro volte
al giorno: mattina (mercato), pomeriggio (giardino, bimbi, pensionati e fiori), sera (appuntamen-
ti), notte (malavita)”, «Il Giornale d’Italia», 16 marzo 1969; entrambi citati da A. RESTA, Rasse-
gna stampa ’60-’85. Il dibattito e le forze in campo, in «Romacentro», Assessorato per gli inter-
venti sul Centro storico del Comune di Roma, Roma, Palombi, 1986.
36
Anche la presenza di strutture di assistenza è stata associata al degrado dell’Esquilino. Di-
verse forze sociali e politiche si sono espresse a favore di una loro chiusura o trasferimento. Tal-
volta la lettura della presenza ha presentato diverse sfaccettature; per esempio nel «Tempo» del
2 febbraio 1992 si trova una dichiarazione del presidente del comitato di quartiere: “Segnalate
alla polizia le persone sospette che si aggirano per il nostro quartiere”. All’interno del rione E-
squilino sono concentrati diversi centri di assistenza e di sostegno per gli immigrati – la mensa
Caritas a Colle Oppio, l’ostello a via Marsala, il dormitorio delle suore di Calcutta a piazza
Manfredo Fanti, gli ambulatori della Caritas a via Marsala, la mensa del circolo di San Pietro, la
struttura di accoglienza per gli extracomunitari del Sacro Cuore di Gesù – che in qualche misura
influenzano la vita del rione. “Una presenza così concentrata rischia di diventare eccessiva” con-
tinua il presidente del Comitato Esquilino “però va anche detto che questi centri svolgono un’as-
sistenza indispensabile e un argine alla caduta nella microcriminalità di alcuni extracomunitari”.
37
F. MARTINELLI, Ricerche sulla struttura sociale della popolazione di Roma (1871-1961), Pi-
sa, Libreria Goliardica, 1964, p. 192.
38
A. CLEMENTI-M. DE GRASSI, Il fabbisogno di recupero, Roma, Esa, 1981.
“Gli appartamenti da affittare o da acquistare sono ancora più difficili a tro-
varsi in queste strade rispetto a quanto avviene in altre parti della città: i po-
chi disponibili sono infatti immediatamente rilevati, anche a prezzi molto
elevati, per essere adibiti a pensioni, spesso sprovviste di licenza, che affitta-
no non stanze ma letti” 39
. Contemporaneamente, la stessa sorte toccava an-
che agli esercizi commerciali e di ristorazione: “Le strade che si snodano
proprio tra la stazione e piazza Vittorio (vie Turati, Cattaneo, Rattazzi, Prin-
cipe Amedeo, Ricasoli, Lamarmora, Napoleone III, Carlo Alberto) stanno
cambiando la loro fisionomia tradizionale. Ad uno ad uno chiudono i vecchi
negozi di souvenirs […] e i ristoranti di tipo familiare; al loro posto si apro-
no invece modeste tavole calde, adibite soprattutto alla vendita economica di
pizza napoletana da acquistare a taglio e da mangiare in piedi, e negozi sem-
pre più simili a magazzini, dove, stivati in maniera disordinata, si trovano ar-
ticoli di abbigliamento di qualità scadente, a prezzi relativamente bassi”40
.
Figura 7. 1971, Esquilino – Aree di malessere abitativo41
.
Fonte: riproduzione da Clementi-De Grassi, 1981, p. 111.
656 Pierpaolo Mudu
39
G. ARENA, Lavoratori stranieri in Italia e a Roma, «Bollettino della Società geografica
Italiana», XI, 1982, p. 92.
40
Ibidem.41
“Rappresentano il verificarsi di condizioni abitative sfavorevoli per il cumularsi delle
caratteristiche di reddito dei residenti, per i livelli del degrado edilizio, e per i livelli dell’af-
La stazione Termini ha sempre costituito un polo di attrazione per la popo-
lazione più marginalizzata italiana occupata in lavori saltuari e malpagati, in
attività illegali o addirittura senza tetto 42
. Nella seconda metà degli anni Set-
tanta l’ambulantato 43
costituiva una delle attività più diffuse nella zona della
stazione (cfr. figura 7), potendo contare su più di cento punti vendita, in cui
erano presenti pochissimi immigrati stranieri44
. Alla fine degli anni Settanta la
zona della stazione oltre che il punto di spaccio più noto della città era anche
uno dei più importanti luoghi dove si esercitava la prostituzione sia femminile
che maschile (cfr. figura 7). L’area di visibilità dell’esercizio della prostituzio-
ne interessava anche la zona di via Giolitti, via Turati, via Principe Amedeo45
.
Intanto i primi gruppetti di immigrati cominciavano ad incontrarsi nella sta-
zione o a piazza dei Cinquecento46
, cioè il luogo più facilmente raggiungibile
della città. Qualcuno cominciava a prendere una stanza dagli affittacamere
della zona e si cominciava a notare la presenza degli immigrati stranieri verso
piazza Vittorio 47
. Crescevano gli arrivi degli immigrati, molti profughi dal-
l’Est48
. Negli anni Ottanta aumentò anche la concentrazione della popolazione
immigrata più emarginata, in particolare nella zona di piazza Vittorio49
, e co-
minciarono a funzionare le strutture di assistenza cattoliche.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 657
follamento. Operativamente sono definite in funzioni di valori di soglia della percentuale di
abitazioni degradate e in condizioni di affollamento critico delle famiglie con capofamiglia
operaio o non professionale residente al 1971 per sezione di censimento” (A. CLEMENTI-M. DE
GRASSI, cit., p. 101).
42
M. CEVOLI ET AL., Stazione Termini, Milano, Angeli, 1979.
43
Molti venditori ambulanti italiani erano ex pregiudicati che non avevano altre possibilità
di lavoro. Oltre all’ambulantato esercitavano il contrabbando, in particolare di sigarette: “Dal-
la polizia ci è stato solo detto che i ‘pattuglioni’ passano per controlli alla stazione Termini va-
rie volte alla settimana e che spesso vengono effettuati sequestri o fermi per accertamenti.
Uno degli interlocutori è convinto che la situazione non può essere risolta con metodi repres-
sivi e che spetta al potere politico preposto l’obbligo di trovare soluzioni adeguate. […] Gene-
ralmente, però, c’è una certa tolleranza tra polizia e contrabbandieri, a livello dei piccoli detta-
glianti, che devono pur guadagnarsi da vivere. Costoro, infatti, hanno solo la prospettiva di
continuare nel contrabbando, oppure passare alla droga o al furto. E per la ‘Legge’ è preferibi-
le la prima delle tre prospettive” (M. CEVOLI ET AL., cit., p. 69).44
M. CEVOLI ET AL., cit.
45
M. CEVOLI ET AL., cit.
46
“Chiunque è passato per la stazione Termini il giovedì o la domenica pomeriggio ha po-
tuto vedere un gran numero di ragazze e ragazzi di colore che si riuniscono in gruppi naziona-
li e linguistici evitando i contatti con gli italiani. […] La maggioranza dei ragazzi e tutte le ra-
gazze sono impiegati in Italia come collaboratori domestici con uno stipendio che si aggira
sulle 100.000 lire mensili” (M. CEVOLI ET AL., cit., pp. 24-25).
47
M. COLAFATO, Il Terzo mondo di Roma, in Continuità e mutamento. Classi, economie e
culture a Roma e nel Lazio (1930-1980), a cura di C. Brezzi-C.F. Casula-A. Parisella, Milano,
Teti editore, 1981.
48
I russi si incontravano nelle vie adiacenti a piazza Vittorio (G. ARENA, cit.).
49
Secondo la testimonianza del funzionario di polizia: “È vero che nel rione si verificano
quasi quotidianamente episodi di violenza legati alla microcriminalità, ma è pur vero che non
La possibilità di reperire letti, camere, appartamenti per gli immigrati è
legata al crescente degrado che comprometteva da tempo il patrimonio edili-
zio. Una data importante da appuntare è il 28 aprile del 1986, quando crolla-
va una parte della palazzina50
ad angolo tra via Principe Amedeo e via Rica-
soli (numero 16 di figura 8). Seguirono poi altri crolli: il 9 ottobre del 1991
la rampa di scale di un palazzo in via Rattazzi e il 29 novembre del 1993 due
piani di un palazzo51
a via Carlo Alberto, poco prima di piazza Vittorio. Uno
dei presidenti della Commissione stabili pericolanti nel periodo del crollo del
1986 individuava 52
come cause responsabili del degrado edilizio dell’Esqui-
lino una combinazione di due cause: una povertà di materiali usati nell’edifi-
cazione dei palazzi53
e una mancanza totale di manutenzione54
. Dopo il crol-
lo del maggio 1986, il professor Ventriglia 55
, geologo della facoltà di inge-
658 Pierpaolo Mudu
si tratta di delinquenti abituali; i più rubano per bisogno, sono spinti dalla fame e dalla mise-
ria. Anche i reati di sangue che si verificano, in genere, tra immigrati si sviluppano da risse
che scoppiano per concorrenza o tra ubriachi” (D. DE VINCENZA, cit., p. 216).
50
Dalle cronache giornalistiche risultava che il palazzo era abitato da cittadini italiani ec-
cetto una piccola presenza di ragazze nigeriane.
51
Dalle cronache giornalistiche risultavano coinvolti e sgomberati solo cittadini italiani.
52
P. MUDU, cit.
53
Nel 1885 un palazzo appena terminato crollò poco prima dell’inaugurazione. “Il 6 ago-
sto 1885 i risultati concomitanti di una frettolosa ed economica costruzione provocano il cedi-
mento dei due spallettoni (piedritti) del portone d’ingresso, aperto nel muro di fondo del porti-
co dell’isolato XIII in costruzione in piazza Vittorio Emanuele. Contemporaneamente nei fab-
bricati contermini si verificano varie lesioni. [...] L’approfondita ispezione ai fabbricati esclu-
de che i cedimenti siano dovuti ad insospettate cavità sotterranee e rivela invece gravi e diffu-
si difetti di costruzione” (F. GIOVANETTI, Piazza Vittorio Emanuele II, «Romacentro», Assesso-
rato per gli interventi sul Centro storico del Comune di Roma, Roma, Palombi, 1986, p. 77).
Oltre alla povertà dei materiali e delle tecniche di costruzione anche la situazione nei cantieri
non era ottimale: “L’Esquilino venne fabbricato dopo il 1870 con galeotti al posto degli operai
– racconta il prof. Lugli – c’era poco tempo a disposizione per tirar su i palazzi e i costruttori
romani ottennero una speciale autorizzazione per utilizzare a cottimo i detenuti. Le cronache
raccontano che costoro rubavano a man bassa i materiali con la complicità delle guardie” («Il
Tempo», 10 ottobre 1991b, Nel quartiere è a rischio la metà delle abitazioni).
54
Dopo il crollo della rampa di scale in via Rattazzi, «Il Tempo» riferiva che: “Da anni
l’immobile aveva bisogno di urgenti lavori di consolidamento, ma gli inquilini non erano ri-
usciti ad accordarsi. […] Per il comandante dei vigili del fuoco, Chiucini, il crollo è stato pro-
vocato dall’assoluta mancanza di manutenzione” («Il Tempo», 10 ottobre 1991a, Crolla una
rampa di scale, sfiorata la tragedia). Dopo il crollo in via Carlo Alberto «Il Messaggero»
scriveva: “Le conseguenze di una assenza di manutenzione quasi totale, dovuta alle resistenze
dei condomini, composti per lo più di pensionati, famiglie poco abbienti, proprietari che risie-
dono altrove e affittano, senza investirci una lira, i propri appartamenti come dormitori per
immigrati” («Il Messaggero», 30 novembre 1993, Un boato, il crollo, quindici feriti).
55
“Nell’87 l’allora assessore al Piano regolatore Pala commissionò un progetto di studio sul-
le condizioni statiche dei fabbricati e di individuare le soluzioni alla viabilità. Della commissio-
ne facevano parte l’architetto Portoghesi, il professor Barbera, l’ingegnere Passarelli, il profes-
sor Venuti e l’architetto Colasante per il Comune” («Il Tempo», 10 ottobre 1991b, Nel quartiere
è a rischio la metà delle abitazioni). I risultati della perizia Ventriglia, relativi alla condizione
esterna dei palazzi, sottostimavano la qualità delle condizioni dei palazzi. Infatti i palazzi le cui
gneria della Sapienza eseguì, per il Comune di Roma, una perizia sulla situa-
zione esterna delle palazzine dell’Esquilino.
Figura 8. 1977, Esquilino – I venditori ambulanti (a) e la prostituzione (b).
Fonte: riproduzione ed elaborazione da Cevoli et al. (1979; p. 27 e p. 30).
La definizione di degrado prevalente è costruita intorno ad un processo di
rimozione di parti consistenti dello sviluppo storico dell’Esquilino. Quindi il
degrado viene associato a un salto storico inatteso provocato dall’arrivo del-
l’immigrazione straniera. In sintesi, il bel rione umbertino borghese viene
improvvisamente occupato dagli emarginati stranieri. Esplicita e concorde
quasi tutta la stampa sin dai primi arrivi di immigrati stranieri56
.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 659
facciate erano state riverniciate più recentemente risultavano in uno stato migliore di conserva-
zione, senza che poi questo significasse una buona condizione. A questo proposito è interessante
l’inizio del documentario televisivo di Santori sull’Esquilino, in cui vi è una sequenza che mo-
stra un palazzo in cui si sono verificati dei crolli ma dall’apparente buono stato esterno poiché
riverniciato da poco (P. SANTORI, Vite all’Esquilino, Roma, Eta Beta produzioni, 1992).
56
Cfr. «L’Umanità», 11 aprile 1986, Il degrado di una delle zone più belle e “umbertine”
di Roma; «Il Tempo», 1° aprile 1990a, Era il salotto della Roma umbertina; «Il Messaggero»,
29 settembre 1991, L’Esquilino torna in piazza.
Al degrado inteso come un salto sociale improvviso nella storia del rione va
opposta una lettura che tenga realmente conto della storia e della costruzione
sociale dello spazio verificatesi. Per comprendere quale sia stato lo sfondo in
cui avvenivano i precedenti processi è più utile forse riprendere la seconda de-
finizione di degrado introdotta in precedenza. Lo sfondo delle trasformazioni è
stato infatti quello di una chiusura degli accessi a diverse parti del quartiere
(cfr. figura 8) ovvero la rinuncia alla pratica dello spazio pubblico che sono a
fondamento della qualità dello sviluppo urbano. Il degrado si palesa effettiva-
mente come un processo di esclusione dei cittadini dallo spazio, ma è un pro-
cesso guidato dalle ben note leggi della rendita. I processi di concentrazione
etnica si sono inseriti nelle dinamiche innestate dalla speculazione.
In sintesi si può considerare che la concentrazione degli immigrati è seguita
ad un forte processo di abbandono urbanistico, pubblico e privato, di parti im-
portanti dell’Esquilino associato all’incuria del patrimonio abitativo (cfr. figura
8); la presenza poi dei più importanti nodi di scambio della città, stazione fer-
roviaria e capolinea degli autobus, l’apertura della metropolitana, l’aumento
della ricettività di bassa qualità 57
, la convenienza dei proprietari 58
ad affittare
immobili con rinnovato profitto59
per una zona che non sembrava offrire pro-
spettive, hanno determinato verosimilmente una concentrazione di immigrati
all’Esquilino. La conseguenza è che in controtendenza rispetto a qualunque ri-
one del Centro storico, questo rione si presenta come luogo di residenza e la-
voro della popolazione invece che in termini di terziarizzazione e turismo.
660 Pierpaolo Mudu
57
A commento dei dati rilevati dalla USL RM1 che, nel 1982, censiva all’Esquilino 15 alber-
ghi, 56 pensioni, 139 affittacamere, l’Ufficio speciale interventi Centro storico annotava: “Il
quartiere Esquilino presenta una notevole espansione della struttura ricettiva (affittacamere) di
categoria inferiore legata soprattutto da un lato agli sfrattati, e dall’altro agli immigrati” (UFFI-
CIO SPECIALE INTERVENTI CENTRO STORICO, Studio di fattibilità per l’applicazione della metodo-
logia delle mappe di rischio al Centro storico di Roma, Roma, Relazione finale, 1983, p. 91).
58
La proprietà frazionata era la forma prevalente della struttura della proprietà negli anni
Settanta (UFFICIO SPECIALE INTERVENTI CENTRO STORICO, cit.). L’assessore al Commercio del Co-
mune di Roma, Enrico Gasbarra, dichiarava al «Corriere della Sera» che: “Un punto dolente
resta la speculazione di palazzinari e nobili famiglie che hanno permesso la trasformazione del-
l’Esquilino in dormitori infernali” («Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle
mille illegalità). Per la precisione il costo di un posto letto mensile all’Esquilino è di circa 200-
250mila al mese («la Repubblica», 14 settembre 2000b, I dormitori di cinesi senza nome), per-
mettendo così il guadagno da un appartamento anche di più di tre milioni al mese (si veda an-
che il recente film di Piccioni, Luce dei miei occhi).
59
In un’intervista al «Messaggero», Antonio Dong, portavoce della comunità cinese, di-
chiarava: “[…] Dietro l’apertura dei nostri negozi ci sono solo i risparmi di intere famiglie che
il governo incoraggia ad emigrare. C’è la convenienza dei canoni d’affitto più bassi che in altre
zone”. “E quella dei vecchi titolari – aggiunge Giulio Russo, che guida i volontari della Casa
dei diritti sociali – che hanno preferito spostarsi in altre zone. O erano ormai fuori mercato: pic-
coli alimentari messi alle corde dai supermercati, negozi di abiti da sposa il cui boom si è esau-
rito venti anni fa” («Il Messaggero», 13 dicembre 1999, Esquilino, la corsa ai regalini per tro-
vare tolleranza e dialogo).
Figura 9. 1990, Esquilino – La condizione di alcuni punti di riferimento urbanistici.
Fonte: riproduzione dal «Messaggero» del 7 luglio 1990.
Il significato dello spazio dell’Esquilino
La costruzione sociale dominante del significato dell’Esquilino passa, co-
me visto, tramite un uso ripetuto di immagini di degrado associate allo spa-
zio e alla sua popolazione. Ma il significato di un luogo deriva anche dalla
sua storia e dalle dinamiche sociali e politiche che vi sono all’interno e all’e-
sterno. Il risultato in ambito urbano, per lo meno in una sua ricomposizione,
è di una estrema complessità. Diversi quartieri si portano nella pratica politi-
ca dei cittadini delle immagini e delle valenze particolari, mentre altri, al
contrario, non guadagnano l’attenzione o la percezione cittadina. Le trasfor-
mazioni sociali si accompagnano a un’attenzione, da parte dei gruppi sociali,
maggiore o minore verso i molteplici luoghi della città, in parte legata alle
dinamiche dei conflitti che investono e si propagano a diversa scala da un
luogo all’altro. La presenza degli immigrati è un fattore forte nel definire il
significato che viene attribuito all’Esquilino. Attualmente lo spazio dell’Es-
quilino, dopo una lunga fase di degrado, in qualunque modo sia definito, ha
portato un risultato imprevisto per molti, ovvero la nascita di un’enclave et-
nica. Una chiave di lettura della recente costruzione sociale e rappresentazio-
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 661
ne cittadina dello spazio del rione Esquilino la si può ricavare attraverso uno
spoglio dei più importanti quotidiani. L’associazione di immigrati e territorio
e il significato della presenza degli immigrati all’Esquilino è stato oggetto di
una copertura dei quotidiani che non ha confronti rispetto ad altre zone della
città. Non vi è dubbio che i quotidiani in Italia rappresentano gli interessi
economici e politici delle forze dominanti, non è una sorpresa quindi che una
forte carica ideologica e politica costituisca lo sfondo con cui sono offerte le
notizie sugli immigrati.
L’Esquilino, che è diventato in breve tempo un luogo di conflitto60
socia-
le e politico, è presente, rispetto ad altre zone di Roma, nel maggior numero
di articoli in cui sono richiamati gli immigrati pubblicati dalla stampa nel
triennio 1997-9961
. Un’analisi degli articoli del triennio esaminato, con l’ag-
giunta di alcune definizioni precedenti, ha permesso di identificare più di
trenta definizioni del rione (tabella 2). L’insieme di definizioni sintetizza e
proietta l’identità dell’Esquilino non solo a scala cittadina ma anche a livel-
lo nazionale e oltre. Il significato, che nasce dall’affermazione dell’identità
egemone, è costruito con l’associazione presenza di immigrati/degrado, una
linea che si è ormai affermata da tempo. Ma il degrado è poi congiunto al-
l’uso di termini che hanno un’origine geografica differente dal contesto spa-
ziale in cui vengono successivamente usati: Chinatown, Bronx, casbah e
suk (definizioni 2, 4, 5, 6, 7, 8 e 25 della tabella 2). Questo sottolinea il fat-
to che gli immigrati sono stranieri che costruiscono uno spazio non integra-
to, ma “alieno”.
Tabella 2. Alcune definizioni riportate dai quotidiani sulla zona dell’Esquilino.
662 Pierpaolo Mudu
60
Poche le voci opposte: “Gli stranieri [dell’Esquilino] sono quasi tutti perfettamente inse-
riti. Basta guardarsi intorno, dentro i negozi o al mercato, oppure vedere gli anziani portati a
spasso, accuditi e coccolati dagli immigrati” («L’Osservatore Romano», 22 maggio 1999, Tre
giorni di festa a piazza Vittorio all’insegna della mondialità). È anche vero che 5 mesi più tar-
di «L’Osservatore Romano» però scriveva che ci si trova di fronte a una “invasione di stranie-
ri in particolare cinesi” («L’Osservatore Romano» del 5 ottobre 1999, Corteo di protesta dei
residenti).
61
P. MUDU, cit.
Crocevia di drammi umani. Il “quadrilatero dell’emarginazione” delimitato da piazza
dei Cinquecento, piazza Santa Maria Maggiore, piazza San Giovanni e Porta Maggiore
(«L’Osservatore Romano», 28 gennaio 1990).
Un sobborgo di Rabat. Bronx? “casbah” romana […] Chi passeggia tra i palazzi della
zona compresa tra la stazione Termini e piazza Vittorio, via Principe Amedeo, via Cattaneo,
piazza Manfredo Fanti e strade adiacenti, l’impressione è di trovarsi non più a Roma. Il quar-
1
2
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 663
tiere costituisce ormai un gigantesco bazar fatto di magazzini, botteghe, negozi gestiti quasi
tutti da immigrati, tutti provenienti da paesi del Terzo Mondo, con tanto di scritte in arabo o
addirittura in cinese. Un bazar che costituisce il grande “supermercato” di rifornimento per le
migliaia di “vu cumprà” che affollano le vie della città” («Il Tempo», 1° aprile 1990).
Esquilino, una città insicura. Mezzo milione di abitanti con tanti problemi e moltissimi
disagi. Questa è la fotografia dell’Esquilino, un quartiere che ogni giorno deve fare i conti
con una realtà multiforme e multicolore: immigrati, sbandati, barboni, bancarellari abusivi e
tutta la popolazione che gravita intorno alla stazione Termini e “sbarca” a piazza Vittorio e
al Colle Oppio perché lì trova da mangiare grazie alla Caritas e agli altri enti di assistenza.
[…] La ex Centrale del latte abbattuta perché era diventata un punto di riferimento per lo
spaccio di droga nella zona («Il Messaggero», 2 ottobre 1991).
Aria di New York («Corriere della Sera», 6 giugno 1998).
Chinatown [ripetuto anche da una consigliera circoscrizionale dei Ds] («la Repubbli-
ca», 6 dicembre 1998).
Suk («Il Messaggero», 7 settembre 1999a).
Chinatown, bomba straniera, ostaggio di africani e asiatici. La più alta densità cinese
(«la Repubblica», 7 novembre 1999a).
Casbah [secondo i residenti dell’Esquilino] («Il Messaggero», 26 settembre 1999).
La zona della città più penalizzata dall’invasione incontrollata degli extracomunitari,
vede ogni giorno una miccia a lenta combustione bruciare verso la deflagrazione finale. Zo-
na ad altissimo rischio. Da due anni a questa parte il degrado di pari passo con esponenziale
invasione di stranieri da tutti i paesi e da tutte le etnie. Commercianti e residenti italiani rap-
presentano una “minoranza etnica”. Microcriminalità diffusa nella piazza [Vittorio] e nel
quartiere («Il Tempo», 13 gennaio 1999).
Tra le zone più frequentate dagli extracomunitari clandestini [è una delle zone setaccia-
te dalla polizia in una notte di controlli] («la Repubblica», 29 agosto 1997).
Dormitori infernali, schiavi cinesi e misteriosi Tir da tutta Europa («Corriere della Se-
ra», 14 gennaio 1999).
Degrado del rione («Corriere della Sera», 17 gennaio 1999).
Zona più affollata di stranieri («Il Tempo», 20 maggio 1999).
Quartiere che ospita il maggior numero di immigrati («il Giornale», 20 maggio 1999).
È notoriamente il quartiere della Capitale più popolato da stranieri, il primo nella gra-
duatoria nella mappa sull’immigrazione romana elaborata e diffusa dalla Caritas diocesana.
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664 Pierpaolo Mudu
Rione simbolo della Capitale. Stranieri quasi tutti inseriti. All’Esquilino si concentrano an-
che le preoccupazioni maggiori della città («L’Osservatore Romano», 22 maggio 1999).
“Il degrado ha fatto perdere valore alle case e alle attività commerciali: qui la gente ha paura
a circolare, soprattutto la sera, e anche di giorno, se deve fare shopping, va altrove. Chi può, l’Es-
quilino lo lascia, si trasferisce...”. “Ci sono scippi, rapine, droga, barboni, diseredati, ubriachi. E
poi, non è una questione di razzismo, ma qui ormai sembra di stare in Cina o in Bangladesh, a se-
conda della strada. Siamo letteralmente invasi dagli extracomunitari, che sono molto più numero-
si degli italiani. In più l’Esquilino ha i problemi tipici di tutti i quartieri con una stazione. Servi-
rebbe una maggiore presenza di poliziotti, ma anche più attenzione da parte del Comune, che non
si impegna abbastanza nell’assistenza agli emarginati” [dichiarazioni di Giovanni Mazzetti, pro-
prietario di un ristorante in via Giolitti] («Il Messaggero», 24 luglio 1999).
Questa zona è in mano agli stranieri, colombiani, arabi e marocchini, ognuno ha la propria
attività illegale, i marocchini rubano, i colombiani hanno a che fare con la droga [dichiarazioni di
un tabaccaio della zona] («Il Messaggero», 7 settembre 1999a).
I commercianti stanno abbandonando la zona e sempre più negozi vengono affittati o venduti
ai cinesi. Tra via PrincipeAmedeo, via Filippo Turati e via Ricasoli, tra novembre e dicembre del-
l’anno scorso, hanno ceduto l’attività una decina di negozianti, anche la storica erboristeria “Bor-
ri” («Il Messaggero», 7 settembre 1999b).
Quartiere a rischio, si concentra maggiormente la presenza di extracomunitari, spesso senza
regolare permesso di soggiorno e dunque impossibili da controllare («Il Messaggero», 15 settem-
bre 1999).
Simbolo del degrado conseguente all’immigrazione selvaggia e clandestina che trova terreno
fertile in Italia grazie alle leggi in vigore. [Il Movimento sociale] («Il Messaggero», 20 settembre
1999).
La presenza degli stranieri sta diventando non gestibile, perché esiste un controllo del territo-
rio da parte di organizzazioni illegali [Rutelli] («Il Messaggero», 23 settembre 1999).
Invasione di stranieri in particolare cinesi («L’Osservatore Romano», 5 ottobre 1999).
In questi ultimissimi anni è diventato un unico immenso magazzino di stoccaggio e distribu-
zione di merci provenienti dai paesi asiatici: in ogni scantinato, magazzino, negozio viene stipato,
senza alcun controllo di idoneità, materiale che temiamo sia infiammabile: nessuno inoltre verifi-
ca che non vengano effettuati lavori abusivi per allargare la superficie degli scantinati [Comitato
Porta Magica]. In poco tempo, per l’invasione dei cinesi, hanno chiuso macellerie, panifici salu-
merie. Al loro posto sono nati dei magazzini di abbigliamento all’ingrosso, così per andare a fare
la spesa bisogna prendere l’autobus; mangiare italiano è diventata un’impresa [signora intervista-
ta]. Chiusa l’antica pasticceria Sinestrari (al suo posto un multimarket), sparita la mitica norcine-
ria Frigeri, svanite nel nulla le preziose essenze dell’erboristeria Borri. L’Esquilino muore, insie-
me alla sua tradizione. Ponteggi che stanno lì da 15 anni, il mercato di piazza Vittorio sporco e
pieno di abusivi, i giardini ridotti a latrina a cielo aperto (dove sono i bagni?), la paura di malattie
tropicali, la microcriminalità diffusa, scippi e borseggi, coprifuoco la sera, xenofobia in aumento,
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Il concetto di Chinatown
L’insediamento degli immigrati stranieri all’Esquilino ha generato un pro-
cesso di rielaborazione della propria esperienza culturale nello spazio. Quel-
la che viene spesso definita come “etnicità” non è però solo un bagaglio cul-
turale che gli immigrati si portano con sé ma anche il risultato dell’azione
dei gruppi dominanti nella società ospite. I gruppi etnici vengono precisati in
base alle forze di inclusione ed esclusione che si muovono intorno a quelli
che sono percepiti come tratti comuni della società ospite e il territorio di-
venta un altro elemento attorno al quale i confini etnici sono rinegoziati62
. La
loro etnicità viene definita dalle classi dominanti e trasmessa al resto della
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 665
africani e asiatici ormai in maggioranza, si racconta che vivano anche in 40 in un appartamento
facendo i turni la notte per dormire, interi piani di palazzi sono sovraccarichi di merce arrivata
dalla Cina, il terrore dei crolli («la Repubblica», 28 novembre 1999).
“L’Esquilino non sta morendo. Anzi è diventato da qualche anno il quartiere più vitale e affa-
scinante in una città piuttosto plumbea e noiosa, l’unico dove si respira quell’atmosfera multietni-
ca che è normale trovare a Londra e Parigi” [Scritto dallo scrittore Nanni Balestrini] («la Repub-
blica», 2 dicembre 1999).
Il lato destro, verso la stazione, è una Chinatown in gestazione. Invasione che sta uccidendo
il tessuto culturale e commerciale («Il Messaggero», 13 dicembre 1999).
Battaglia quotidiana contro l’immigrazione clandestina, sporcizia microcriminalità e illegali-
tà nelle forme più disparate. Un terzo dei 28.000 residenti è costituito da stranieri. Un rapporto
non armonico, che non ha eguali nel resto della capitale («Il Tempo», 14 dicembre 1999).
Quartiere multietnico. Quartiere simbolo dell’immigrazione capitolina e teatro di polemiche
fra residenti ed extracomunitari. Cuore nero di Roma dove la repressione è più cattiva [Osserva-
torio rifugiati e migranti] («la Repubblica», 20 dicembre 1999).
Quartiere con alta concentrazione di cinesi e bengalesi («Il Messaggero», 11 dicembre 1999).
Sbandati o rifugiati politici, non sapendo dove andare, spesso si accampano nei giardini di
Colle Oppio, i poveri che aspettano il turno alla mensa della Caritas di via Marsala passeggiano per
le strade del quartiere. Questi sarebbero i “mali peggiori” della zona («la Repubblica», 3 settembre
2000).
Esquilino: anche 30 in casa, mix di regolari e clandestini («la Repubblica», 14 settembre
2000).
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62
K. ANDERSON, The Idea of Chinatown: The Power of Place and Institutional Practice in
the making of a racial category, «Annals of the Association of American Geographers», 1987,
77(4), pp. 580-598.
popolazione. Secondo una nota analisi svolta da Gramsci, più che la coerci-
zione e l’indottrinamento è il fatto che le persone, contro i propri interessi,
introiettino i discorsi della classe dominante ad assicurare a quest’ultima l’e-
gemonia nella società. L’egemonia non è solo un insieme di valori ma un
complesso di idee, pratiche e relazioni sociali che riflettono gli interessi dei
settori dominanti. I settori dominanti hanno un potere nel definire categorie
per i gruppi sociali, come quello degli immigrati. Si consideri uno dei casi
più noti di aggregazione nello spazio di una comunità di immigrati, quella
dei cinesi. I cinesi vengono descritti e percepiti come un differente gruppo e
le credenze e le pratiche istituzionali delle classi dominanti confezionano
una manifestazione fisica di quell’astrazione: Chinatown. Chinatown quindi
non è Chinatown solo e perché i cinesi, per scelta o costrizione, si raccolgo-
no in enclave ma perché è in parte una creazione dei gruppi dominanti 63
.
Nonostante Chinatown sia rappresentata come una colonia dell’oriente nel-
l’occidente, in realtà l’idea di Chinatown risiede nell’immaginario occidenta-
le e nelle pratiche ideologiche e istituzionali 64
. La Chinatown diventa parte
di una costruzione persistente di categorie razziali, assunte, ed è questo il fat-
to più rilevante, nelle pratiche governative e istituzionali che ne salvaguarda-
no il contesto per la riproduzione65
. Per esempio, nella costruzione della Chi-
natown di Vancouver si sono succeduti diversi processi: uno di condanna
della concentrazione dei cinesi 66
, uno di discriminazione, uno di descrizione
di una Chinatown regno dell’esotismo (idea basata su una divisione razzia-
le), ed infine un’ultima fase di turisticizzazione dell’area.
La prima fase è quella più forte da parecchi anni a Roma67
, anche se non
mancano richieste di discriminazione, descrizioni di culture esotiche e se-
gnali di una possibile conversione turistica dell’area68
. In ogni caso lo spazio
ha avuto funzione di concentrazione e catalizzazione di ideologie ben precise
sulla presenza degli immigrati nel territorio.
La consigliera dei Ds e presidente della Commissione commercio, Cicco-
666 Pierpaolo Mudu
63
K. ANDERSON, Vancouver’s Chinatown: Racist Discourse in Canada 1875-1980, Mon-
treal, McGill-Queens University Press, 1995.
64
K. ANDERSON, cit.
65
K. ANDERSON, The Idea of Chinatown, cit.
66
In questa fase Chinatown veniva descritta come tutto quello che la società europea non
presentava: decine di persone che dormono in una stanza, diverse abitudini alimentari, oppio,
azzardo, e altre strane pratiche (ANDERSON, cit., p. 104). Ai punti della descrizione precedente,
presenti nell’immaginario italiano, è da aggiungere l’idea che i cinesi non celebrino funerali
perché fanno sparire i cadaveri per riciclare i documenti.
67
Già l’8 marzo 1988 «Il Tempo» faceva il seguente titolo: Chinatown del gioco d’azzar-
do in un appartamento alla Stazione.
68
Per esempio «la Repubblica» del 24 giugno 1998, 14 settembre 2000a, «Il Messaggero»
del 7 settembre 1999.
ne, affermava in un’intervista: “Noi siamo favorevoli al concetto di quartiere
multietnico ma non vogliamo che l’Esquilino diventi una Chinatown e la
presenza così massiccia di negozi cinesi rischia invece di creare un appiatti-
mento culturale…”69
. Un sentimento di paura e mistero per la concentrazione
all’Esquilino di immigrati, specialmente cinesi, viene spesso esternato: “Un
terzo dei 28.000 residenti è costituito da stranieri. Un rapporto non armoni-
co, che non ha eguali nel resto della capitale. I cinesi sono quasi tremila: ci
sono poi gli indiani (4000) e inoltre africani e immigrati dall’Europa del-
l’Est. E sono proprio i cinesi ad aver occupato la maggior parte degli esercizi
commerciali della zona, spesso privi delle dovute licenze e sede di commerci
al limite della legalità”70
. Ancora più chiaro un sottotitolo del «Corriere della
Sera»: “Dormitori infernali, schiavi cinesi e misteriosi Tir da tutta Europa”71
.
In precedenza il «Corriere della Sera» aveva analizzato la presenza dei cinesi
a Roma: “Nessuno sa più esattamente a quanto ammonti la presenza effettiva
di cinesi a Roma, che prima del 1985 erano ancora una pattuglia piuttosto
sparuta di un migliaio di persone. Dopo tre ‘sanatorie’ e soprattutto una cre-
scente tratta di clandestini, oggi i cinesi a Roma hanno probabilmente supe-
rato quota 15mila. Sono impegnati in 400 ristoranti, 50 lavanderie, altrettanti
laboratori di sartoria e in svariati laboratori clandestini, ospitati spesso in ap-
partamenti di periferia zeppi di immigrati schiavizzati”72
. In sostanza il risul-
tato sarebbe che all’Esquilino “Commercianti e residenti italiani rappresenta-
no una minoranza etnica”73
, “[…] africani e asiatici [sono] ormai in maggio-
ranza, si racconta che vivano anche in 40 in un appartamento facendo i turni
la notte per dormire […]”74
.
Secondo la stampa l’Esquilino sarebbe caduto nelle mani degli immigrati
stranieri e in particolare della comunità cinese, una comunità di “delinquen-
ti” che con tutti i mezzi a disposizione, per lo più illeciti75
, si sta comprando
il quartiere. In decine di articoli viene enfatizzata la presenza di una miste-
riosa mafia cinese che con minacce e intimidazioni nei confronti dei nego-
zianti italiani li sta costringendo a vendere le attività. Il denaro con cui ven-
gono poi rilevate le attività è denaro “sporco” da riciclare76
. Su questo punto
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 667
69
«La Repubblica», 6 dicembre 1998a, Via le lanterne rosse Chinatown fa paura.
70
«Il Tempo», 14 dicembre 1999, Sull’Esquilino un vertice in prefettura.
71
«Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle mille illegalità.
72
«Corriere della Sera», 16 settembre 1998, Nuovo business: gli alberghi.
73
«Il Tempo», 13 gennaio 1999, Piazza Vittorio esplode contro gli immigrati.
74
«La Repubblica», 28 novembre 1999, Esquilino, appello a Ciampi.
75
Si veda, tra i tanti, «Il Messaggero» del 26 settembre 1999, Un anno vissuto pericolosa-
mente. Ronde di ubriachi per gli “espropri”.
76
“‘È un concentramento ormai insopportabile’ spiega Stefano Marozza, uno dei leader
della rivolta. ‘Troppi centri di prima accoglienza. Troppe mense per i poveri. Se città multiet-
nica deve essere, spostiamone il peso anche in altri quartieri’. È una rabbia che cambia conti-
vale la pena ricordare che uno dei sistemi utilizzati per intraprendere o soste-
nere delle attività economiche dagli immigrati cinesi o coreani negli Stati
Uniti è quello di formare delle associazioni di raccolta e distribuzione di de-
naro 77
. Queste piccole casse di mutuo soccorso distribuiscono delle somme
che consentono di intraprendere una piccola attività imprenditoriale a immi-
grati che non avrebbero altri canali di accesso al credito. L’esistenza di asso-
ciazioni di credito a rotazione anche a Roma è confermata da alcuni articoli
giornalistici 78
. “[...] Come apriamo i negozi? Io posso chiedere un milione a
cento cinesi e sono sicuro che avrò cento milioni – spiega Kin Kwok Wong,
manager dello stesso giornale [La Nuova Cina] e proprietario di un ristorante
– un giorno ne chiederanno dieci a me. Funziona così. Si chiama organizza-
zione, non mafia” 79
. Una smentita al fatto che i cinesi si siano imposti nel-
l’Esquilino solo tramite una diffusa attività illegale la si ricava da numerosi
articoli 80
e la offrono anche le dichiarazioni di responsabili delle forze del-
l’ordine: il comandante provinciale dei carabinieri, Favara, così dichiarava:
“Dagli accertamenti 81
effettuati in collaborazione con la polizia e la guardia
di finanza, risulta che la presenza dei cinesi in quella zona così come le ac-
quisizioni delle attività commerciali sono in regola”82
. “E i magazzini cinesi?
668 Pierpaolo Mudu
nuamente bersaglio. Prima era indirizzata contro i bengalesi, che in alcune strade facevano
muro, organizzavano mense all’aperto, moltiplicando la sporcizia e il disagio degli spazzini
che non passano mai. Ora contro i cinesi, che stanno rilevando in massa negozi e magazzini
dismessi. Forse riciclando soldi mafiosi, hanno urlato in molti, seminando un sospetto che ha
trovato sponde anche in un intervento del sindaco Rutelli” («Il Messaggero», 13 dicembre
1999, Esquilino, la corsa ai regalini per trovare tolleranza e dialogo).
77
V.H. KWON, Entrepreneurship and religion, New York, London, Garland publishing,
1997; I. LIGHT, Immigrant and ethnic enterprise in North America, «Ethnic and Racial Stu-
dies», 7, 2, aprile 1984.
78
Per esempio «la Repubblica», 7 novembre 1999a, Esquilino, Sos Chinatown miliardi e
ravioli al vapore…; «il manifesto», 11 marzo 2001, Il mistero fantastico della busta rossa,
Viaggio all’Esquilino, il rione più multietnico di Roma (Terza tappa). In diversi colloqui con-
dotti con esponenti della comunità bengalese è emersa la pratica di prestiti di mutuo soccorso,
percorso senza alternative per un immigrato data l’impossibilità di accedere al sistema banca-
rio ufficiale.
79
«La Repubblica», 7 novembre 1999a, Esquilino, Sos Chinatown miliardi e ravioli al
vapore…
80
Per esempio «la Repubblica», 3 settembre 2000, La Barbera ai residenti: più polizia al-
l’Esquilino; «la Repubblica», 14 settembre 2000b, I dormitori di cinesi senza nome.
81
“La zona è sottoposta da anni a uno stretto controllo da parte delle forze dell’ordine:
[Riguardo l’Esquilino] la polizia ha elencato alcuni dati: nel ’98 sono state arrestate 283 per-
sone, di cui 199 stranieri e 84 italiani. I denunciati sono stati 424, di cui la maggior parte, 309,
italiani” («Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle mille illegalità). “Sono
aumentati i servizi di pattuglia (almeno due auto fanno la ronda 24 ore su 24 per le strade del
quartiere mentre le piazze principali sono costantemente vigilate da poliziotti a piedi) così co-
me i controlli nei negozi, nelle abitazioni, negli scantinati” («la Repubblica», 3 settembre
2000, La Barbera ai residenti: più polizia all’Esquilino).
82
«Il Messaggero», 25 settembre 1999, S’indaga su chi appoggia la massiccia emigrazione.
Il novanta per cento degli import-export che fanno affari a d’oro tra via Na-
poleone III e via Rattazzi? La Chinatown da controllare? Risponde un inve-
stigatore: ‘Stiamo lavorando proprio su questo. Stiamo raccogliendo una se-
rie di dati, abbiamo bisogno di un po’ di tempo per raggiungere risultati in
questo campo. Abbiamo appena cominciato…’”83
. Per un altro investigatore:
“La merce arriva dalla Cina. È tutto legale, la merce è pagata, fatturata”84
.
Che siano presenti attività criminali è fuori di dubbio, per esempio lo
sfruttamento dei clandestini in laboratori tessili o altre attività, come è inne-
gabile l’azione di una certa microcriminalità. I risultati di una ricerca sulla
percezione della criminalità, promossa dalla Camera di Commercio, su 200
commercianti romani di due quartieri Esquilino e Marconi aiutano ad inqua-
drare una parte del fenomeno: “[…] Dall’indagine emerge che i commer-
cianti del quartiere Esquilino, pur avendo subito meno reati (24 per cento) ri-
spetto ai colleghi di Marconi (37 per cento), si sentono meno sicuri. Il 55 per
cento dichiara poi che ci sono molti luoghi pericolosi sia perché le strade so-
no male illuminate sia perché si rischia di essere derubati. […] Il maggior
numero di reati secondo il 54 per cento dei commercianti dei due quartieri-
pilota è commesso dai nomadi. Seguono i tossicodipendenti (41,5 per cento)
e gli stranieri (32,5 per cento). Nel quartiere Esquilino è però più forte il so-
spetto verso gli extracomunitari (il 49 per cento li considera autori di reati)
mentre a Marconi è segnalata l’azione di bande organizzate”85
.
Le prese di posizione degli esponenti dei più importanti partiti politici of-
frono un importante tassello riguardo al discorso sulle pratiche e i valori ege-
monici usati per “leggere” l’Esquilino.
La mobilitazione politica presente nel quartiere ripercorre tutti i gradi di
sviluppo dell’associazionismo in Italia: dal livello di assemblea di condomi-
nio o di strada passando per i comitati di quartiere per giungere infine alle
macro organizzazioni dei partiti coinvolte dal livello circoscrizionale a quel-
lo nazionale. Nel rione sono attive decine di associazioni diverse 86
e il con-
flitto politico si manifesta spesso in piazza87
. Dimostrazioni contro la perdita
di identità del quartiere, contro “la nuova Chinatown” o per cacciare gli im-
migrati dal territorio degradato si sono avvicendate negli ultimi anni a mani-
festazioni di solidarietà con gli immigrati. Quando fu convocato un consiglio
comunale straordinario in Campidoglio il 5 ottobre del 2000 si scatenò una
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 669
83
«La Repubblica», 6 settembre 2000, Esquilino, blitz anti-illegali.
84
«Il manifesto», 10 marzo 2001, I cinesi non sono le avanguardie della mafia.
85
«La Repubblica», 18 marzo 1999, Microcriminalità di strada l’autodifesa dei commer-
cianti.
86
Cfr. il sito www.esquilino.it
87
Cfr. «il manifesto», 9 marzo 2001: Un misfatto dagli occhi a mandorla (Viaggio all’E-
squilino, il rione più multietnico di Roma. Prima tappa).
rissa che coinvolse esponenti della maggioranza, dell’opposizione, militanti
di partito, vigili urbani, gruppi di immigrati e persone dei centri sociali (cfr.
tra gli altri «la Repubblica», 6 ottobre 2000 e 7 ottobre 2000). Al Comune la
maggioranza di centrosinistra e l’opposizione di destra svolgono però analisi
simili sulla situazione del rione tanto da presentare mozioni per il suo “risa-
namento” che presentano molti punti di contatto 88
, ma per i primi la respon-
sabilità del degrado è dell’opposizione che ha contribuito a fare svalutare il
rione descrivendolo come il “Bronx” provocando la caduta dei prezzi immo-
biliari e la fuga degli abitanti, mentre per l’opposizione la responsabilità del
degrado ricade tutta delle giunte di Rutelli che avevano lasciato il rione in
mano agli immigrati («la Repubblica», 5 ottobre 2000). Se le mozioni di
maggioranza e opposizione per il “risanamento” dell’Esquilino sono simili,
simile è anche una predisposizione verso una maggiore militarizzazione e
controllo della sicurezza del territorio 89
. Rarissime volte si rintracciano di-
chiarazioni controcorrente90
.
A livello nazionale poi l’uniformità di analisi è stata vistosa. Uno scam-
bio di lettere che ha coinvolto nel 1999 il segretario nazionale dei Democra-
tici di sinistra, il ministro degli Interni e il coordinatore regionale di Alleanza
nazionale è significativo a proposito. Vi è da registrare un sostanziale accor-
do tra gli esponenti politici nell’analisi e descrizione dei processi sociali al-
l’Esquilino. Il segretario nazionale dei Ds Veltroni in una lettera 91
aperta al
ministro degli Interni analizzava la situazione dell’Esquilino in questi termi-
ni: “La situazione venutasi a creare in quel quartiere del centro di Roma ri-
chieda la predisposizione di ulteriori interventi urgenti e straordinari di pre-
venzione, controllo e repressione. La zona attorno a piazza Vittorio, contigua
670 Pierpaolo Mudu
88
«La Repubblica», 8 ottobre 2000, Ecco le ricette per il quartiere.
89
Al di fuori delle proposte dei vari comitati o dei partiti è interessante richiamare due
proposte diverse, una di un sindacato di polizia un’altra dei sindacati confederali. “Intanto, pe-
rò, l’Unione sindacale di polizia parla addirittura di ‘ronde’. Cinquanta ronde composte da re-
sidenti e da forze dell’ordine per un totale di 150 persone sarebbero ‘pronte a scendere in
campo’, assicura il presidente nazionale dell’Usp Giampaolo Tronci. ‘I 30 giorni entro i quali
il questore di Roma si era pubblicamente impegnato a ripulire l’Esquilino dalla criminalità so-
no trascorsi abbondantemente’, si legge in una nota dell’Usp. Per questo il sindacato ‘è pronto
a dare il via alle ronde e a farle entrare in azione tra qualche giorno, in stretta collaborazione
con gli uffici di polizia della giurisdizione’” («la Repubblica», 9 ottobre 2000). “Cgil, Cisl e
Uil Roma e Lazio […] per quanto concerne la vivibilità auspicano l’avvio di una politica atti-
va della sicurezza che sappia coniugare la presenza sul territorio delle forze dell’ordine con la
possibilità di utilizzare pienamente gli spazi pubblici” («la Repubblica», 17 ottobre 2000).
90
L’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Borgna, si diceva convinto “che la cultu-
ra, anche se non è risolutiva, rappresenta comunque un antidoto, un elemento di contrasto al
degrado” («la Repubblica», 25 novembre 2000, E dopo piazza Navona bancarelle anche a
piazza Vittorio).
91
«Il Messaggero», 10 settembre 1999, Cura urgente per l’Esquilino.
alla stazione Termini, ha conosciuto da anni un fortissimo incremento del nu-
mero di presenze di cittadini extracomunitari, certamente superiore rispetto
alle reali possibilità di accoglienza e di integrazione del quartiere. Concen-
trazione in quella realtà di un numero francamente eccessivo di centri di ac-
coglienza, che andrebbero invece decentrati in tutto il territorio metropolita-
no. I fenomeni di illegalità più urgenti: l’intensificarsi di episodi di microcri-
minalità, spaccio, sfruttamento della prostituzione, aggressioni, la penetra-
zione di forme illegali e non controllate di attività commerciali, legate anche
al riciclaggio di denaro”92
. Per trovare una soluzione ai problemi dell’Esqui-
lino per Veltroni erano necessarie “[…] iniziative di ulteriore potenziamento
di mezzi e uomini, di prevenzione, di controllo e repressione. Ciò potrà con-
sentire (assieme agli interventi di altri soggetti come la guardia di finanza, i
carabinieri, la stessa polizia municipale, eccetera) di fornire ai cittadini ri-
sposte ancora più efficaci per la tutela della sicurezza e della vivibilità del-
l’Esquilino, in un rapporto sempre più positivo con tutti i livelli delle istitu-
zioni”. La Jervolino, pur condividendo l’analisi di Veltroni, giudicò le richie-
ste sostanzialmente inutili, dato che il rione in “degrado” era sottoposto a un
presidio e pattugliamento continui 93
. Lo scambio epistolare veniva comun-
que concluso dal coordinatore regionale di Alleanza nazionale che rivendica-
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 671
92
La riproposizione dell’associazione tra concentrazione e pericolosità sociale “[…] è
tra i temi più caratteristici del discorso all’origine delle riforme urbane, e dell’urbanistica
moderna nel secolo XIX. In essa ritroviamo anche quel determinismo ambientale che è stato
il vizio originale delle discipline urbane e base della fiducia da parte di riformatori e classi
dirigenti nella possibilità di ottenere uno sviluppo urbano ‘ordinato’. Se qualcosa si può ri-
cavare dal lungo dibattito su questi temi è proprio l’ammonimento ad evitare questo genere
di determinismo. Non vi sono regole ed uniformità in questo campo, perché non vi è un
ruolo invariante dei fattori spaziali. Gli effetti variano con i diversi fattori sociali in gioco –
la scala, il contesto urbano e sociale, la tipologia insediativa. […] Mentre ciò che occorre è
precisamente questo: far uscire il tema dall’ideologico, a partire dalla critica del determini-
smo spaziale – interrogarsi appunto sulle determinanti sociali delle diverse forme spaziali”
(A. TOSI, Immigrati e senza casa, Milano, Angeli, 1993, p. 40).
93
Un estratto delle dichiarazioni della Jervolino: “[…] i presidi delle forze di polizia
presenti nella zona sono rappresentati dal commissariato di P.S. Esquilino e dalla stazione
dei carabinieri di piazza Dante. Attualmente l’organico del commissariato di P.S. ammonta
a 93 elementi, 24 in più rispetto a quanto previsto dal decreto ministeriale dell’8/11/1998. Il
potenziamento dell’organico dell’ufficio è dettato dalla consapevolezza della particolare si-
tuazione di degrado in cui versa il quartiere, maturata anche nel corso delle ripetute riunioni
con i rappresentanti dello stesso. Viene assicurata quotidianamente la presenza di 2 autora-
dio con turno di ventiquattr’ore per il pronto intervento nel quartiere, mentre altra unità so-
sta in servizio di vigilanza fissa alla sede dell’OLP. Inoltre è assicurata quotidianamente la
presenza di un’unità che opera con camper, dalle 8 alle 20 con postazioni diversificate a se-
conda delle esigenze. La zona è ulteriormente pattugliata da una volante dell’Ufficio Pre-
venzione generale e soccorso pubblico e da elementi operativi della squadra mobile e della
DIGOS che assicurano l’attività investigativa di specifica competenza. In particolare, al fine
di contrastare più efficacemente l’abusivismo, su direttiva del questore sono stati effettuati
interventi congiunti anche con personale delle ASL e dei vigili urbani che dall’inizio dell’an-
va da tempo l’analisi fatta da Veltroni e orgogliosamente ricordava l’impe-
gno contro “l’invasione degli extracomunitari” e “l’inesorabile trasformazio-
ne del rione in quartiere ‘multirazziale’”94
.
Repressione e controllo all’Esquilino sono di routine, senza che poi que-
sto riesca ad assicurare alcun risultato da chi li sostiene. In un arco temporale
limitato, l’Esquilino è stato visitato di persona dal ministro dell’Interno, dal
questore, dal prefetto, dai segretari di Alleanza nazionale e dei Democratici
di sinistra.
Il significato dello spazio geografico degli immigrati all’Esquilino, co-
struito dalla stampa e dalla maggioranza delle forze politiche, si può riassu-
mere con le seguenti parole del «Messaggero»95
: “È come se uno spartiacque
fosse calato a spezzare in due la piazza e il quartiere. Il lato sinistro, verso
via Merulana, è rimasto, con poche consolidate eccezioni, made in Italy. Il
lato destro, verso la stazione, è una Chinatown in gestazione. La frontiera si
è attestata in via dello Statuto […]”. Significati diversi raramente trovano
spazio.
672 Pierpaolo Mudu
no hanno effettuato controlli sistematici e ripetuti a tutti gli esercizi commerciali gestiti sia
da stranieri che da italiani, nell’ambito del quartiere Esquilino. Contemporaneamente, per-
sonale dell’arma dei carabinieri, unitamente a militari del NAS e in stretto collegamento con
i funzionari della polizia di stato, ha operato analoghi controlli” («Il Messaggero», 12 set-
tembre 1999, Esquilino, arriva il ministro).
94
“Siamo felici di annoverare tra le file di Alleanza nazionale un nuovo militante: Wal-
ter Veltroni. È bizzarro, tuttavia, che il segretario diessino si renda conto soltanto adesso –
se si escludono le passeggiate elettorali – del degrado che affligge l’Esquilino. Condividia-
mo le sue ansie tardive e la ‘cura’ consigliata. Ma non possiamo non chiederci cosa nascon-
da questa conversione. Quando abbiamo richiamato la giunta Rutelli, di cui la Quercia è il
pilastro portante, sull’invasione di extracomunitari siamo stati tacciati di xenofobi, proprio
dai buonisti allevati alla corte di Veltroni. Quando abbiamo chiesto controlli sulle licenze ri-
lasciate agli stranieri siamo diventati ‘bottegari’ nemici dei paradisi dell’integrazione. E
quando, infinite volte, siamo scesi in piazza invocando sicurezza siamo stati ‘bollati’ come
reazionari. Ora, che succede? Dismessi i panni di Clinton, Walter vuole indossare quelli di
Fini? Libero di farlo, ma prima dovrebbe sanare le contraddizioni del suo partito, responsa-
bile dell’aumento incontrollato degli immigrati nel suo collegio elettorale, come in tutta Ita-
lia. In verità i Ds vorrebbero continuare a ingannare i cittadini recitando ancora il ruolo di
partito di lotta e di governo: da un lato protestando contro l’invivibilità del quartiere, dal-
l’altro scegliendo l’inesorabile trasformazione del rione in quartiere ‘multirazziale’. Il com-
missariato di zona intanto, a corto di organico e mezzi, non riesce a fronteggiare le guerre
tra bande rivali. E anche questo, caro Veltroni, è imputabile al suo ‘partito di lotta e di go-
verno’ e alle favolette da voi raccontate che finora ha prodotto la ribellione dei cittadini ita-
liani e l’emarginazione degli extracomunitari. Complimenti e... benvenuto tra noi!” [Ram-
pelli, coordinatore regionale di Alleanza nazionale] («Il Messaggero», 12 settembre 1999,
An: Veltroni, benvenuto tra noi).
95
«Il Messaggero», 13 dicembre 1999, Esquilino, la corsa ai regalini per trovare tolle-
ranza e dialogo.
Conclusioni
L’Esquilino per la sua posizione nel centro di Roma al lato della stazione
Termini occupa una posizione importante nel Centro storico. Negli ultimi an-
ni è stato oggetto di una grossa attenzione politica. Il dibattito politico è stato
incentrato sul problema del degrado del rione. Il degrado dell’Esquilino vie-
ne rappresentato ormai quasi unanimemente come il risultato dell’insedia-
mento di immigrati stranieri arrivati improvvisamente a turbare la tranquilli-
tà di un bel rione del Centro storico. Il fatto che una zona del centro non sia
stata abbandonata o terziarizzata, ma anzi occupata da immigrati stranieri co-
stituisce per molti un motivo di degrado. Un’analisi di diverse informazioni
raccolte da varie fonti non supporta l’idea che il processo di degrado dell’Es-
quilino sia legato ai nuovi flussi migratori dall’estero. Le informazioni rac-
colte mettono anzi in discussione il concetto di degrado normalmente utiliz-
zato e suggeriscono la presenza di una forte azione egemonica da parte di
idee razziste nella costruzione del concetto di degrado. L’Esquilino viene de-
scritto come un luogo anomalo, opposto allo spazio occupato normalmente
dagli italiani. La visibilità della diversità diventa una minaccia per lo spazio
normale. Il vecchio razzismo basato su differenze biologiche cede il passo a
più articolate elaborazioni basate sull’impossibilità di integrazione, la crimi-
nalizzazione delle minoranze e il controllo del territorio. Le frasi e gli agget-
tivi utilizzati dai politici e dalla stampa per raccontare lo spazio degli immi-
grati dell’Esquilino rimandano talvolta a luoghi, o meglio luoghi comuni,
acriticamente accettati per rendere il degrado di altri paesi. I numerosi richia-
mi a “Bronx”, “casbah” e Chinatown servono a commentare ed esporre uno
spazio alieno. Nei quotidiani immigrati, crimine e degrado sono diventati si-
nonimi e con molta chiarezza è emerso il conflitto tra la rappresentazione
dello spazio dell’Esquilino da parte degli immigrati e la rappresentazione
che ne fanno i quotidiani e le forze politiche. Queste rappresentazioni mo-
strano il duplice aspetto di essere sia un prodotto che un produttore dell’i-
dentità di un luogo e in modo contraddittorio, all’interno, sono presenti sia
forme di dominio che di resistenza ed integrazione. In sintesi vi è la proposi-
zione di un ordine sociale molto conservatore, il discorso sulla criminalità
contiene e cela tutta una serie di problemi censurati o rimossi come il razzi-
smo e la divisione di classe, in particolare modo. Discutere di crimine è più
facile e praticabile che trattare di ingiustizie sociali o razzismo.
Il degrado dell’Esquilino è nato innanzitutto quando la città ha sospeso la
pratica e la qualità dello spazio pubblico per ampie parti del quartiere e ha
permesso che le leggi della rendita facessero indisturbate il loro corso. Sep-
pure si volesse usare una definizione classista di degrado ci troveremmo in
presenza del fatto che diversi studi fanno risalire questo tipo di degrado a
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 673
ben prima che gli immigrati stranieri cominciassero a concentrarsi nel quar-
tiere. Ma il processo di degrado che ha interessato l’Esquilino ha portato un
risultato non previsto, ovvero la nascita di un’enclave etnica. È pur vero che
la concentrazione degli immigrati all’interno dell’Esquilino, alta relativa-
mente a Roma, è molto bassa se si prendono in considerazione altre città eu-
ropee per non dire nordamericane. L’afflusso di immigrati all’Esquilino,
quindi di persone che vanno a vivere nel centro della città, ha posto un segno
forte rispetto all’abbandono ormai indiscusso del resto del centro della città.
La valenza urbana della città di Roma si è giocata nel corso dei secoli nella
definizione dello spazio pubblico, e proprio il fatto che una società, multiet-
nica, si ricomponesse in un Centro storico privo di società ha coinvolto in
modo conflittuale le forze politiche e sociali nella discussione dell’uso degli
spazi. Discussione che assegna, egemonicamente, turismo e terziario e una
residuale residenza per i più ricchi al centro della città. Ricomporre una so-
cietà ha voluto anche significare il fatto che gli immigrati cinesi e del Ban-
gladesh sono subentrati agli italiani nella gestione di attività commerciali po-
nendo visibilmente il fatto che l’immigrato non è per forza di cose un sog-
getto passivo e inferiore. L’attività economica degli immigrati all’Esquilino
pone in discussione le teorie preminenti sul mercato del lavoro e la supposta
incapacità di integrazione da parte di gruppi lontani dalle tradizioni italiane
come quelli provenienti dall’Asia, a meno che cattolici e ubbidienti domesti-
ci96
. All’Esquilino le attività economiche e le strutture culturali, per mezzo di
reti personali e sociali più o meno intense, mantenute al di là delle divisioni
territoriali, hanno generato flussi transnazionali rilevanti.
La nascita di attività imprenditoriali avviene però in un quadro politico
odierno in cui manca ogni analisi che colga la complessità dello spazio mul-
tietnico; l’indirizzo politico mostra anzi un’esaltazione della separazione so-
ciale con barriere invalicabili per i gruppi marginali, una chiara indisponibi-
lità a considerare la differenza come una risorsa civica, una completa igno-
ranza degli aspetti positivi della concentrazione etnica e l’assunzione di arbi-
trarie, inconsistenti rigide categorie di classificazione culturale e razziale.
Alla fine degli anni Novanta l’Esquilino è stato oggetto di numerosi lavori
di riqualificazione avviati dal Comune e di investimenti per l’aumento della
674 Pierpaolo Mudu
96
A questo proposito va ricordato il fatto che a Roma la maggiore concentrazione di immigra-
ti stranieri si ha, a livello di zona urbanistica, nella zona 1A (Centro storico) seguita dalla zona 1E
(l’Esquilino), ambedue nella I circoscrizione. Queste due zone contengono lo stesso numero di
immigrati, pari a più di 5000 unità ciascuna. Il significato delle presenze è però diverso. Infatti la
presenza degli immigrati nel Centro storico è richiamata con poche associazioni mentre la secon-
da è protagonista, come visto, di diverse decine di articoli e report specifici. La parte di popola-
zione che vive nel Centro storico è quella considerata più “integrata” con la popolazione italiana,
la serve per lavori umili o di assistenza o all’opposto è addirittura più ricca.
struttura ricettiva per il Giubileo. Si stanno rapidamente ritrasformando le pre-
senze sociali del quartiere, lo spostamento del mercato e gli investimenti che si
sono concentrati nell’area stanno aprendo una nuova fase in cui, probabilmen-
te, si stabilizzerà la presenza degli Esquilini più ricchi e ci sarà un allontana-
mento degli Esquilini più poveri, che si troveranno a cercare di vivere in un’a-
rea che sta rapidamente riacquistando valore. A settembre 2001 è stato chiuso
il mercato di piazza Vittorio, trasferito nei locali della ex centrale del latte. La
stampa unanimemente plaude all’evento 97
, sia il Comune che l’opposizione
hanno fatto affiggere, in tutta la città, nell’ottobre 2001 dei manifesti che cele-
brano il trasferimento del mercato e la rinascita del rione. Piazza Vittorio si av-
via a perdere il carattere di spazio pubblico garantito dal mercato che ne costi-
tuiva il sostegno sociale. Il nuovo mercato deve somigliare maggiormente a
uno shopping center da raggiungere in auto, secondo i progetti di una decina di
anni prima98
. È lecito sostenere che il modello che si vuole estendere all’Esqui-
lino è quello che si sta affermando nel Centro storico, cioè privatizzazione del-
lo spazio pubblico, controllo poliziesco (meglio se di tipo etnico), recinzioni
per isolare progressivamente ogni spazio pubblico99
. I portici di piazza Vittorio
sono adesso l’altro spazio minacciato dalla restrizione della città pubblica, con
miopia e perseveranza il governo della città si allinea alle misure adottate nelle
altre città globali, rinunciando alla qualità permessa dalla presenza di spazi
pubblici vissuti e non militarizzati o museificati. Nello spazio delle grandi ca-
pitali globalizzate lo spazio dell’Esquilino rappresenta un’anomalia poiché i
segni commerciali della globalizzazione non sono presenti, il commercio è
polverizzato in centinaia di piccoli imprenditori e sono assenti i grandi marchi
delle città globalizzate. Il paesaggio urbano è poi segnato da una vita continua
nelle strade che rimanda ad un uso dello spazio pubblico che nelle attuali città
globali le forze egemoni avversano profondamente.
Gli “Esquilini” producono una geografia che va criticamente letta non solo
a livello locale, rionale, ma addirittura a scala regionale, nazionale e transnazio-
nale, è per questo motivo che bisogna continuare a indagare trasformazioni so-
ciali che bisogna riconoscere non limitate a un ambito circoscritto di territorio.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 675
97
“Il sindaco e la giunta hanno solennemente ‘ripreso possesso’ dei marciapiedi, delle can-
cellate, del giardino, della Porta Magica, riconsegnandoli alla città […] chiudendo la parentesi
extraterritoriale che tante contestazioni aveva creato. Simbolo del degrado e dell’abbandono
di un intero rione: terra di nessuno, terra di tutti, terra senza legge” («la Repubblica», 23 set-
tembre 2001a). Si veda pure il «Corriere della Sera» del 21 dicembre 2001, La disfida di piaz-
za Vittorio, trent’anni per i nuovi banchi.
98
Si veda «L’Osservatore Romano», 24 febbraio 1990, Si attende per lunedì la decisione
sul mercato di piazza Vittorio.
99
P. MUDU, Rome: urban politics and privatization of public space, paper presentato, a
New York, al convegno annuale dell’Association of American Geographers, 2001.
Appendice
Figura 10. 1951 – Esquilino: popolazione residente per sezione di censimento.
Fonte: elaborazione su dati del Comune di Roma, censimento del 1951.
676 Pierpaolo Mudu
Figura 11. Esquilino: percentuale di popolazione, per sezioni di censimento, nel
1991 rispetto al 1951.
Fonte: elaborazione su dati del Comune di Roma, censimento del 1951.
Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 677
Figura 12. 1997, Esquilino – Le attività economiche degli immigrati.
Fonte: riproduzione dalla «Repubblica» dell’8 agosto 1997.
678 Pierpaolo Mudu
Pierpaolo Mudu : Gli Esquilini
Pierpaolo Mudu : Gli Esquilini

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Pierpaolo Mudu : Gli Esquilini

  • 1. Pierpaolo Mudu GLI ESQUILINI: CONTRIBUTI AL DIBATTITO SULLE TRASFORMAZIONI NEL RIONE ESQUILINO DAGLI ANNI SETTANTAAL DUEMILA Punti di discussione Questa raccolta ed elaborazione di informazioni che riguardano l’Esquili- no è organizzata intorno a tre punti fondamentali: 1) le trasformazioni sociali contemporanee dell’Esquilino1 ; 2) il concetto di degrado e la sua applicazione all’attuale situazione del- l’Esquilino; 3) il significato che ha assunto lo spazio dell’Esquilino. La nascita e lo sviluppo dell’Esquilino Sviluppo urbanistico Osservando la carta di Roma si nota come l’Esquilino si trovi al confine est del Centro storico, nella I circoscrizione (cfr. figura 1). Secondo la suddi- visione toponomastica il rione Esquilino si estende per circa 158 ettari, con- tiene tutta la stazione Termini e piazza dei Cinquecento, aree di “confine” in- sieme a via Gioberti con il rione Castro Pretorio; la via Merulana lo separa dal rione Monti e le Mura Aureliane lo dividono poi dai quartieri di sudest della città (figura 2b). I suoi confini sono così segnati da grandi strutture ur- bane, sia moderne, come la stazione Termini, che religiose come le basiliche 1 La prospettiva storica di questo intervento, nonostante una breve digressione, è limitata agli ultimi trent’anni e rimando per considerazioni sull’evoluzione storica del rione allo scritto di M.R. PROTASI contenuto nel presente volume. L’analisi svolta è parzialmente basata sui risultati pubblicati nella tesi di dottorato (P. MUDU, Gli immigrati stranieri a Roma: aspet- ti distributivi e relazionali, tesi di dottorato in Geografia economica / XII ciclo. Roma, Uni- versità “La Sapienza” – Facoltà di Economia/Dipartimento di Studi geoeconomici, statistici, storici per l’analisi regionale, 2000). Per il lavoro sono stati utilizzati come fonte di informa- zione ed indagine 700 articoli, riguardanti l’Esquilino, che coprono per lo più gli ultimi 20 anni, il cui nucleo è costituito dallo spoglio completo di «Il Messaggero», «Il Tempo», «Cor- riere della Sera» e «Repubblica» nel triennio 1997-99 (in tutto 573 articoli). Infine si è svolto un lavoro sul campo, in particolare nei mesi di settembre e ottobre 2001, preceduto da nume- rosi sopralluoghi.
  • 2. di San Giovanni, Santa Maria Maggiore e Santa Croce in Gerusalemme che archeologiche, come le Terme di Diocleziano, le Mura Aureliane e Porta Maggiore. L’Esquilino, nell’attuale suddivisione in zone urbanistiche, rientra nella zona “1e”, denominata proprio “Esquilino”, che contiene però anche il rione Monti (figura 2a). L’attuale suddivisione toponomastica è, in genere, quella cui ci si riferi- sce; nelle cronache comunque l’Esquilino è di fatto considerata la zona gra- vitante su piazza Vittorio Emanuele II 2 cui rimandano sia gli abitanti di Ro- ma che la stampa e le autorità. 642 Pierpaolo Mudu 2 Nel testo, d’ora in avanti, sarà definita semplicemente come piazza Vittorio. Figura 1. Posizione dell’Esquilino entro il territorio del Comune di Roma.
  • 3. Figura 2. L’Esquilino nella suddivisione per zone urbanistiche (a) e toponoma- stica (b) del Centro storico. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 643
  • 4. Dopo l’unità d’Italia si cercò di orientare lo sviluppo di Roma in direzione est3 e l’attuale rione Esquilino nacque nell’ultimo quarto del secolo dicianno- vesimo, come conseguenza dell’intensa speculazione edilizia favorita altresì dalla costruzione della stazione Termini. In una zona di vigne e ville, di cui ora resta solo villa Wolkonski, con importanti resti archeologici romani 4 , si decise quindi dopo l’unità d’Italia di costruire un quartiere per la nuova buro- crazia, in gran parte proveniente da Torino, che avrebbe lavorato lungo l’asse di via XX Settembre. Il quartiere fu definito, come altri contemporanei proget- ti, “piemontese”, poiché riproduceva dei tipi edilizi in una trama regolare tipi- ci di una parte di Torino5 . La costruzione di nuovi palazzi all’Esquilino saldò il rione Monti con il confine est delle Mura Aureliane. Il centro nodale del quartiere veniva assunto da piazza Vittorio, toccata da 13 strade, che fu inau- gurata nel 18846 e conteneva gli appartamenti più lussuosi del rione7 . Impor- tante è stato poi l’intervento dell’ICP (Istituto Case Popolari) che ha definito una zona ben particolare, tra viale Manzoni e Santa Croce in Gerusalemme. La costruzione del quartiere nel 1921 era terminata, ma è da tenere presente che una gran parte delle case era già stata costruita prima del 18868 . Oltre alla nascita di una zona alberghiera, per la presenza della più impor- tante stazione ferroviaria, e la costruzione di edifici residenziali, il quartiere fu dotato di diversi servizi e strutture a partire dai primi del Novecento. Furo- no, per esempio, costruiti un acquario, la centrale del latte, caserme, teatri, il giardino di piazza Dante ed edifici scolastici. Negli anni Trenta si cominciò a consolidare il mercato di piazza Vittorio, che si affermò nel dopoguerra come il più grande della città. Dopo la seconda guerra mondiale, con tutte le costru- zioni ultimate e con lo sviluppo del mercato di piazza Vittorio, l’Esquilino si presentava con un tessuto urbanistico abbastanza articolato, vi erano infatti: la zecca del Ministero delle Finanze (tra via Turati, via Ricasoli, via Lamarmora e via Principe Amedeo), la centrale del latte (numero 12 di figura 8), le poste centrali a piazza Dante, due strutture militari, ovvero le caserme Sani e Pepe (numeri 14 e 15 di figura 8), i teatri dell’Ambra Jovinelli (numero 13 di figura 8) e del Brancaccio, l’ufficio del catasto a largo Leopardi e la filiale della Fiat a viale Manzoni. Oltre ai giardini di piazza Vittorio ve ne erano altri due mi- nori a piazza Dante e a piazza Fanti. È poi da non dimenticare che successiva- 644 Pierpaolo Mudu 3 I. INSOLERA, Roma moderna, Torino, Einaudi, 1993. 4 A questo proposito si veda S. VASCO ROCCA, Guide rionali di Roma. Rione XV. Esquilino, Ro- ma, Palombi, 1978 e F. COARELLI, Roma. Guide archeologiche, Milano, Mondadori, 2000. 5 I. INSOLERA, cit. 6 C. SABATINI, I cent’anni di piazza Vittorio, «Rugantino», V, 1984, 20; ID., I cent’anni di piazza Vittorio, «Rugantino», V, 1984, 21. 7 D. PERTICA, Esquilino: intorno a piazza Vittorio, «Roma, ieri, oggi, domani», 1989, 17. 8 A. SERONDE BABONAUX, Roma. Dalla città alla metropoli, Roma, Editori Riuniti, 1983.
  • 5. mente nella zona di viale Manzoni si insediò il provveditorato. Particolarmen- te sviluppate, infine, le attività commerciali sia al dettaglio, specialmente nel- la zona pregiata di piazza Vittorio, che all’ingrosso, poiché moltissimi grossi- sti operavano proprio all’Esquilino. In tempi diversi molte delle strutture che caratterizzavano l’Esquilino furono abbandonate senza che ci fosse alcun pro- getto per la loro utilizzazione (figura 8). Resta il fatto che nella geografia cit- tadina quello che adesso appare come un pezzo del Centro storico ha occupa- to fino a pochi decenni fa una posizione semiperiferica. Negli ultimi venti anni sono poi da annotare alcuni fatti di notevole inte- resse urbanistico: nel 1980 fu inaugurata la linea A della metropolitana che ha una fermata in piazza Vittorio, nel 1986 vi fu il crollo di una parte di un palazzo, nel 1990 fu abbattuta l’ex centrale del latte e si ebbe una concentra- zione di migliaia di immigrati alla ex Pantanella, infine nel 2001 vi è stato lo spostamento del mercato di piazza Vittorio. Popolazione tra 1951 e 1991 Nel 1951, quando il Centro storico di Roma si presentava con alti indici di affollamento, mantenuti del resto per altri venti anni (cfr. anche figura 6), all’Esquilino erano residenti circa 62mila persone (cfr. tabella 1). Nel 1951, la più alta concentrazione demografica compariva intorno a piazza Vittorio, specialmente dal lato di piazza Dante, nella parte intorno piazza Manfredo Fanti (compresa tra via Cavour, via Napoleone III, via Mamiani e via Giolitti) e lungo l’asse di Santa Croce in Gerusalemme (cfr. figura 9). Successiva- mente i rioni del Centro storico hanno subito fortissime dinamiche di espul- sione degli abitanti, tanto da riuscire a conservare nel 1991, complessiva- mente, solo il 33 per cento della popolazione censita nel 1951, mentre invece per l’Esquilino si registra un valore del 40 per cento. Tabella 1. 1951-1991, Esquilino: popolazione residente. Fonte: censimenti ISTAT. In termini percentuali le perdite di popolazione maggiori si sono verifica- te proprio nella zona di piazza Vittorio, dove nel 1991 sono numericamente presenti tra il 25 per cento e il 50 per cento della popolazione residente nel 1951 (cfr. figura 10); si deve però riconoscere una leggera tenuta in varie parti del quartiere, specialmente nella parte tra viale Manzoni e via Statilia. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 645 1951 1961 1971 1981 1991 62.184 42.103 33.411 27.619 24.654
  • 6. Mentre il resto del Centro storico ha perso un tessuto demografico varie- gato che assicurava una società al territorio, invece il ricambio e l’attenuazio- ne del vuoto residenziale hanno portato l’Esquilino a conservare una presenza sociale articolata di cui l’immigrazione straniera è l’ultima importante novità. Immigrazione dall’estero Alla fine degli anni Settanta l’Esquilino costituiva per gli immigrati stra- nieri più una zona di presenza che non di residenza, se si eccettuano le pen- sioni, e la presenza più consistente era quella degli immigrati nordafricani. Inoltre, per la facile accessibilità, la zona dell’Esquilino è stata subito eletta come luogo di incontro dalle varie comunità immigrate. La popolazione diur- na caratterizza non solo piazze, pensioni e hotel, ma anche il viavai intorno a diverse attività commerciali e assistenziali. Quattro strutture di assistenza, sviluppatesi intorno agli anni Ottanta, hanno costituito un punto di riferimento per molti immigrati. Due di queste strutture, tuttora funzionanti, sono gestite dalla CARITAS: l’ostello e il centro medico a via Marsala, aperti nella seconda metà degli anni Ottanta, e la mensa a via delle Sette Sale, nel rione Monti, aperta nel 1984, mentre proprio vicino a piazza Vittorio, in via Ferruccio, ha operato una mensa 9 gestita dal circolo San Pietro e un dormitorio solo ma- schile, gestito dalle suore missionarie della carità, si trova in via Rattazzi. Un’altra struttura di accoglienza per il pernottamento, che non ricade propria- mente all’Esquilino, ma facilmente raggiungibile a piedi, era l’albergo del po- polo gestito dall’Esercito della Salvezza a San Lorenzo. L’ultima struttura che ha cominciato ad operare dal 2000 si trova, fuori dall’Esquilino, in via Sannio ed è un centro diurno e notturno gestito dalla Casa dei Diritti Sociali. Diverso il discorso per l’altra componente della popolazione dell’Esquilino, vale a dire quella residente. Dal 1986, circa, cominciò un rapido flusso di im- migrati dall’Asia, in particolare dal Bangladesh10 . Questi immigrati costituisco- no una popolazione prevalentemente maschile, di religione musulmana, con una educazione alta, poliglotta e di origine sia urbana che rurale11 . I bengalesi si resero visibili con l’occupazione della ex Pantanella. L’ex pastificio della Pan- 646 Pierpaolo Mudu 9 La mensa di via delle Sette Sale offre oltre mille pasti giornalieri e controlla tramite un tesserino l’accesso di chi vi entra. La mensa a via Ferruccio offriva un numero minore di pa- sti, circa 300 ma non faceva nessun controllo all’ingresso (D. ROCCA, La mensa degli arabi, in Ghetti etnici e tensioni di vita, a cura di R. De Angelis, Roma, La Meridiana editori, 1991). 10 Si veda M. KNIGHTS, Bangladeshis in Rome: the political, economic and social structure of a recent migrant group, in Questioni di geografia della popolazione, a cura di M.L. Genti- leschi-R. King, Bologna, Pàtron editore, 1996 e «l’Unità» del 9 giugno 1998. 11 M. KNIGHTS-R. KING, The geography of Bangladeshi migration to Rome, «International Journal of Population geography», 1998, 4, pp. 299-321.
  • 7. tanella è situato all’inizio della Casilina vecchia, a circa mezzo chilometro da Porta Maggiore. In stato di abbandono per decenni, fu rapidamente occupato, durante il 1990, da più di un migliaio di immigrati. L’occupazione si era svilup- pata con il supporto della “Casa dei diritti sociali”12 , dopo una serie di sgomberi effettuati nel Centro storico, in occasione dei mondiali di calcio, di senza fissa dimora, in gran parte pakistani, bengalesi ed indiani13 . Nel gennaio del 1991, al momento dello sgombero, la comunità più numerosa era quella dal Bangladesh con 1370 persone, la maggior parte in regola con il permesso di soggiorno14 . Dopo lo sgombero della ex Pantanella, il centro residenziale e lavorativo di molti immigrati del Bangladesh si spostò non solo in VI circoscrizione ma anche all’Esquilino. Dalla seconda metà degli anni Ottanta l’altro grande gruppo in forte e ra- pido aumento è stato quello dei cinesi. Politiche restrittive attuate da altri paesi europei avevano spostato verso l’Italia una quota crescente di immigra- zione dalla Cina 15 , composta inizialmente da immigrati in prevalenza ma- schi, di non alta istruzione, provenienti dall’altipiano e dalla pianura dello Zhejiang16 . Fino al 1987 era in teoria molto difficile per un cinese intrapren- dere un’attività imprenditoriale, poi con la legge n. 109/1987 fu ratificato un accordo bilaterale tra il governo italiano e quello cinese per la promozione e reciproca protezione degli investimenti imprenditoriali. Le trasformazioni dei percorsi migratori hanno invece provocato, negli anni Novanta, per gli immigrati dal Nordafrica un orientamento più verso il nord dell’Italia che verso Roma. Nel 1998, secondo i dati del registro ana- grafico, nella zona urbanistica dell’Esquilino (che comprende come visto an- che il rione Monti) erano residenti circa 5.000 immigrati. I tre gruppi nazio- nali più consistenti erano quelli da Bangladesh, Cina e Filippine, con nume- rosità quasi uguali di 1.500 persone. I dati del censimento del 1991 possono mettere in luce quale fosse la con- dizione di una decina di anni fa (cfr. figura 2). Se si considerano tutti gli im- migrati, senza differenze di origine, è da notare che all’Esquilino non esiste- vano che pochissimi isolati con concentrazioni maggiori del 20 per cento, di fatto strutture particolari come chiese o ambasciate (cfr. figura 3). In partico- lare poi, in termini di isolati, non esisteva una concentrazione di immigrati da Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 647 12 CARITAS DI ROMA, Immigrazione. Dossier statistico ’96, Roma, Edizioni Anterem, 1995. 13 R. CURCIO, Shish Mahal, Roma, Sensibili alle foglie, 1991. 14 R. CURCIO, cit. 15 F. CARCHEDI, I cinesi, in G. MOTTURA, L’arcipelago immigrazione, Roma, Ediesse, 1992; G. GUALTIERI, L’immigrazione straniera a Roma: il caso dei lavoratori cinesi, tesi di laurea in Scienze politiche, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1991. 16 Lo Zhejiang è una zona della Cina in cui prevalgono le attività agricole e l’industria tes- sile (F. CARCHEDI, cit.).
  • 8. una particolare regione che all’Esquilino fosse sopra il 20 per cento rispetto a tutti i residenti. Allargando l’analisi anche alla parte sudovest del rione Castro Pretorio è da appuntare una distinzione tra la parte settentrionale dove grossa è la presenza di alberghi e pensioni e quella meridionale. Nella parte gravitan- te su piazza Esedra, piazza dei Cinquecento e via Cavour si trovano africani e immigrati dall’America Latina, nella parte intorno a piazza Vittorio si trovano invece i provenienti dall’Asia. Tutto ciò è espressione di una forte distinzione, nella zona, nell’offerta dei posti letto e segno di una differente vulnerabilità per i gruppi di immigrati. L’esito per gli immigrati è stato l’inserimento in un patrimonio abitativo svalutato da parecchi anni, in cui molti palazzi mostrava- no non solo incuria ma addirittura lesioni (si veda avanti). Eppure un aspetto particolare e importante che lega gli immigrati all’Es- quilino va riconosciuto nella presenza di opportunità di lavoro e nella concen- trazione di attività economiche17 gestite direttamente dagli stessi immigrati. Figura 3. 1991, Esquilino – Gli immigrati residenti. Fonte: elaborazione su dati del Censimento 1991. 648 Pierpaolo Mudu 17 «Il Messaggero», 3 marzo 2000: “Con gli anni le organizzazioni che sovrintendono al lavoro si sono moltiplicate. Ci sono una decina di centri autogestiti di consulenza sindacale,
  • 9. Figura 4. 1991, Esquilino – Percentuale di immigrati su totale della popolazione per isolato. Fonte: elaborazione su dati del Censimento 1991. Il mercato di piazza Vittorio ha costituito, negli anni Ottanta, forse il primo contatto ed inserimento nel mondo del lavoro per diversi immigrati. L’inseri- mento nel mercato è stato quello di una sostituzione non concorrenziale degli italiani che eseguivano i lavori più umili. Le opportunità di lavoro offerte dal mercato erano numericamente rilevanti, dato che negli anni Ottanta, al censi- mento dei vigili, i banchi presenti nella piazza risultavano 478, di cui 420 sul marciapiede intorno al giardino, e gli altri sotto i portici e sul marciapiede del- la caserma18 . Nel 1989 il numero di immigrati stranieri, per lo più polacchi e nordafricani, che svolgeva piccoli lavori di carico e scarico nel mercato era, secondo il presidente degli operatori commerciali del mercato, una cinquanti- Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 649 avviamento, prima accoglienza. Attorno alla stazione e all’Esquilino da anni funzionano due banche filippine e altre cinque filiali che provvedono ad inviare il denaro delle colf e almeno quattro agenzie che si occupano di spedire pacchi o organizzare viaggi”. 18 SEZIONE ESQUILINO DELLA IV UNITÀ OPERATIVA, Progetti per l’area di piazza Vittorio in «Romacentro», Assessorato per gli interventi sul Centro Storico del Comune di Roma, Roma, Palombi, 1986.
  • 10. na 19 . L’inserimento di immigrati nel mercato di piazza Vittorio è avvenuto lentamente nel corso degli anni Ottanta e con una precisa geografia: arabi e africani nelle bancarelle sotto i portici, polacchi nel mercato attorno al giardi- no centrale20 . Ma una delle risposte alternative alla collocazione lavorativa nei segmenti più umili e sottopagati è l’avvio di un’attività in proprio. All’Esqui- lino, dal punto di vista economico, l’aspetto più importante è dato proprio dalla presenza di un elevato numero di attività commerciali21 , aperte negli ul- timi dieci anni, che comprendono sia commercio al minuto che all’ingrosso, la ristorazione o altri servizi (cfr. figura 11). Molte attività commerciali, per esempio quella di import-export22 o stoccaggio merci, sono subentrate nei lo- cali una volta occupati dai grossisti romani che a partire dagli anni Settanta si sono spostati in prossimità del GRA, per la disponibilità di locali più spaziosi e soprattutto la maggiore vicinanza alla rete autostradale. Molte attività di com- mercio al minuto hanno rilevato attività in declino come negozi di abiti per matrimoni e comunioni23 . La ristorazione non ha avuto alcuna difficoltà ad in- serirsi sia per la richiesta crescente della popolazione diurna del Centro stori- co, sia per le necessità proprie degli immigrati, che vivono spesso in alloggi senza la possibilità di cucinare o potersi incontrare 24 . Ma fattori sostanziali sono i bassi capitali necessari per l’implementazione dell’attività di ristorazio- ne che favoriscono una piccola imprenditoria, di solito basata sul network fa- miliare ed etnico, e l’agevolazione che gli attori coinvolti nella ristorazione 650 Pierpaolo Mudu 19 D. DE VINCENZA, L’analisi del pregiudizio in un’area di forte presenza di immigrati pro- venienti dal terzo mondo, tesi in Lettere, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1989-90. 20 D. DE VINCENZA, cit. 21 Economia etnica la cui struttura e relazioni non è stata per ora indagata approfondita- mente. Non sono mancati, invero, gli articoli della stampa che cogliessero il valore e la com- plessità dell’economia etnica dell’Esquilino: «la Repubblica» del 6 dicembre 1998 descriveva con queste parole la crescita delle attività dei cinesi: “Da sessanta esercizi censiti nel ’97 si è passati agli attuali centodieci. I magazzini sono spuntati come funghi in via Turati, ogni due metri se ne trova uno. I cinesi non stanno rilevando solo gli esercizi e le licenze degli italiani ma anche degli altri commercianti stranieri. I prezzi delle licenze variano dai 60 ai cento mi- lioni mentre l’affitto per un negozio di 200 metri quadrati costa dai 4 ai 6 milioni al mese”. Si veda anche «la Repubblica» dell’8 agosto 1997. 22 “Per quanto riguarda l’import-export, nei primi anni Novanta sono sorte numerose so- cietà miste (cinesi-italiani), che rendono più semplici gli scambi fra chi compra e chi vende e comportano notevoli sgravi fiscali” (S. GALLI, Le comunità cinesi in Italia: caratteristiche or- ganizzative e culturali, in G. CAMPANI-F. CARCHEDI-A. TASSINARI, L’immigrazione silenziosa. Le comunità cinesi in Italia, Torino, Edizioni della Fondazione Agnelli, 1994, p. 84). 23 Su piazza Vittorio si affacciano 69 attività commerciali, 21 sono gestite da immigrati, ovvero 3 su 10. Le attività che sono state aperte da immigrati, dal 1995, sono subentrate in maggioranza ad ex negozi di abbigliamento. I locali in cui sono subentrati erano: negozi di borse, articoli da regalo, orologeria, calzature e abiti da sposa (cfr. rilievo a vista in V. NADDEO, Il colore della strada. Piazza Vittorio Emanuele II, in «Roma, ieri, oggi, domani», 1996, 85). 24 P. CAPUTO, Il ghetto diffuso: l’immigrazione straniera a Milano, Milano, Angeli, 1983.
  • 11. etnica ricevono nell’impatto con il paese ospitante. Infatti il ristorante offre una possibilità di interazione con il mondo esterno costruita in un ambiente stabili- to e controllato dall’emigrante 25 . In una decina di anni, in breve, si è formata un’economia etnica, transnazionale e locale 26 , composta dall’insediamento di centinaia di attività27 . Una rilevazione diretta effettuata nell’ottobre del 200128 fornisce altro materiale di riflessione. La maggioranza delle attività gestite da cinesi29 , organizzate in forma di srl. o sas, riguarda la vendita al dettaglio e al- l’ingrosso di abbigliamento, segue il settore della ristorazione e dei prodotti alimentari e casi di attività di servizio come supporto legale o farmacie (cfr. fi- gura 4, si veda anche figura 11 in appendice). Gli immigrati dal Bangladesh30 gestiscono per la maggioranza il commercio di bigiotteria e oggettistica, segui- te per numero da negozi alimentari (cfr. figura 5, si veda anche figura 11 in ap- pendice); non mancano però i phone center, le gioiellerie e i video club. Le at- tività di vendita di abbigliamento dei cinesi sono diffuse in modo continuo sul territorio, la struttura urbanistica suggerisce tuttavia due cluster (uno tra via Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 651 25 J.L. WATSON, Restaurants and remittances, in Anthropologists in cities, a cura di G.M. Foster-R.V. Kemper, Boston, Little, Brown and Company, 1974.26 Esiste sicuramente una relazione sottovalutata tra gli imprenditori immigrati e quelli ita- liani, romani in particolare. È impossibile ipotizzare un isolamento dei commercianti cinesi, poiché sono molti i negozianti e gli ambulanti romani che si riforniscono dagli esercenti cinesi (cfr. «il manifesto» dell’11 marzo 2001, Il mistero fantastico della busta rossa. Viaggio al- l’Esquilino, il rione più multietnico di Roma. Terza tappa e anche l’attività tessile illegale tro- va la sua distribuzione nel commercio romano («Corriere della Sera», 19 settembre 1999, Schiavi da mille lire). 27 “All’Esquilino sono 400 gli esercizi commerciali gestiti dai cinesi, 123 quelli condotti da cittadini del Bangladesh”, «la Repubblica», 3 settembre 2000, La Barbera ai residenti: più polizia all’Esquilino. “L’ultimo censimento delle attività commerciali, realizzato dai vigili dell’Esquilino alla fine del 2000, elenca 636 esercizi italiani e 375 attività extracomunitarie. Di queste, 250, tra ristoranti, negozi di generi alimentari e soprattutto d’abbigliamento all’in- grosso sono gestite da cittadini cinesi”, «il manifesto», 9 marzo 2001, I colori della “Torino romana” (Viaggio all’Esquilino, il rione più multietnico di Roma. Prima tappa). 28 Il rilievo a vista ha riguardato la zona compresa tra via Gioberti, via Giolitti, via Manzo- ni e via Merulana. Circa 2000 civici sono stati controllati per classificare l’affaccio sulla stra- da (sono state escluse le attività all’interno del Nuovo mercato Esquilino). 29 Sono presentate le prime elaborazioni che indicano la presenza nella zona considerata di più di 900 attività, gestite per il 55,2 per cento da italiani, il 29,2 per cento da cinesi, il 7,7 per cento da bengalesi, l’1,5 per cento da nigeriani e per il 6,4 per cento restante da persone di al- tre 17 nazionalità, per lo più di Asia e Africa. 30 Sono state rappresentate le tre più importanti attività svolte, seguite dalla voce altro che raccoglie quelle rimanenti. I cinesi rappresentano il caso di massima concentrazione di attività nel settore dell’abbigliamento che da solo copre l’81 per cento di tutte le attività svolte, la ri- storazione raggiunge il 4 per cento e la bigiotteria il 3 per cento, le altre attività il 12 per cen- to. Di fatto dopo il settore dell’abbigliamento c’è una polverizzazione nelle altre attività. Nel caso degli immigrati dal Bangladesh le prime tre attività svolte costituiscono il 76 per cento di tutte le attività e sono: negozi di bigiotteria per il 44 per cento, alimentari per il 17 per cento, phone point e trasferimento denaro per il 15 per cento.
  • 12. Carlo Alberto e via Turati, l’altro nella parte meridionale di piazza Vittorio e le vie Principe Eugenio e Conte Verde con una propaggine su via Emanuele Fili- berto) uniti da un tratto che è il lato orientale di piazza Vittorio. Le attività di servizio sono invece collocate intorno a via Buonarroti e via Machiavelli. Le attività dei bengalesi sono collocate lungo via Principe Amedeo, a nord di via Mamiani si trovano i negozi di bigiotteria, mentre nel tratto davanti alle ex ca- serme vi sono le attività alimentari e quelle di servizio. È questo il tratto in cui operano anche gli immigrati dall’India, dallo Sri Lanka e dal Pakistan. Lungo via Giolitti, nel tratto tra via Rattazzi e via Cappellini, e lungo la stessa via Cappellini è lo spazio più ristretto in cui prevalgono le attività di nigeriani e senegalesi. Figura 5. 2001, Esquilino – Attività commerciali gestite da immigrati dalla Cina. Fonte: elaborazione basata su un rilevamento a vista effettuato nell’ottobre 200131 . 652 Pierpaolo Mudu 31 N.B. Sono state escluse dalla rilevazione le attività all’interno del Nuovo mercato Esquilino.
  • 13. Figura 6. 2001, Esquilino – Attività commerciali gestite da immigrati dal Bangladesh. Fonte: elaborazione basata su un rilevamento a vista effettuato nell’ottobre 2001. Il “degrado” Con la deliberazione 2445, la giunta della regione Lazio all’unanimità ap- provava il 5-12-2000 un progetto avente come oggetto un “programma inte- grato di sorveglianza sanitaria per la definizione della circolazione di micror- ganismi patogeni nella popolazione extracomunitaria residente nel rione Es- quilino ed applicazione di misure di controllo”. Il progetto di screening32 era Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 653 32 Il progetto di screening presentato mostrava una certa approssimazione e confusione dal punto di vista epidemiologico, al punto che prevedeva addirittura l’accertamento della presen- za di patologie batteriche e virali, come l’ebola, che hanno incidenza pressoché nulla.
  • 14. generato dalle “pressanti istanze e sollecitazioni pervenute dai cittadini del quartiere Esquilino che da anni lamentano il degrado della zona e chiedono di ristabilire una normale vivibilità nel quartiere” (dalla deliberazione 2445 approvata il 5-12-2000 dalla giunta regionale). Popolazione obiettivo del progetto: “immigrati irregolari, immigrati extracomunitari, con permesso di soggiorno indigenti e non, soggetti senza fissa dimora, nomadi e profughi” (dalla deliberazione 2445 approvata il 5-12-2000 dalla giunta regionale). La costruzione sociale del significato di un luogo geografico, in cui si generano varie identità, avviene tramite un uso reiterato di immagini asso- ciate allo spazio e alla sua popolazione. Il concetto di degrado è uno dei punti fondamentali usati dalle forze sociali e politiche per definire la condi- zione dell’Esquilino. È necessario cercare di chiarire cosa si intenda per de- grado di una zona. L’etimologia della parola degrado indica la diminuzione di grado, quindi lo scendere da un livello a uno più basso. La diminuzione di grado può essere riferita principalmente alla popolazione e alle strutture fisiche. Riferita alla popolazione, l’uso della parola degrado denota l’idea che una sostituzione degli abitanti di un luogo con abitanti di una classe in- feriore è negativa. Invece della precedente definizione si può alternativa- mente definire il degrado come un processo estremo di esclusione generato dal “[…] venire meno dell’idea e della pratica di ‘pubblico’ e la sua ‘priva- tizzazione’, ossia la riduzione a cosa privata, di difficile e ristretto accesso, di beni e possibilità in astratto aperti a tutti. In questo senso, la degradazio- ne urbana riposa su meccanismi di discriminazione e di esclusione, vale a dire di emarginazione sociale”33 . La presenza del mercato34 e dei giardini di piazza Vittorio 35 , della stazio- 654 Pierpaolo Mudu 33 F. FERRAROTTI, Roma da capitale a periferia, Bari, Laterza, 1979, p. V. 34 Nell’ultimo decennio le polemiche sullo spostamento del mercato sono state costanti; nel primo quadrimestre del 1990 sembrava imminente il trasferimento chiesto dai responsabili della USL 1, ma l’opposizione dei commercianti e le polemiche hanno ritardato l’evento sino al 2001. Bisogna tenere presente che sin dal dopoguerra si sono susseguite le proposte di allontanamento e smantellamento del mercato nella piazza (si veda per esempio «Momento Sera», 5 febbraio 1947, Esquilino, in I rioni dicono). Le motivazioni della richiesta dell’allontanamento: “Il mer- cato di piazza Vittorio rappresenta uno dei più grossi problemi del rione, soprattutto per il disor- dine che regna sovrano. Si rileva che ci sono decine e decine di bancarelle non autorizzate, che vengono cucinati cibi senza che sia osservata la più piccola norma igienica e che, in tanto caos, è ben difficile incontrare un agente della forza pubblica. Si osserva altresì che i negozi sono asse- diati letteralmente dai carrettini e che il mercato è un solo grande centro di borsari neri, di ladri, di falsari e di truffatori. Insomma bisogna riportare l’ordine nella piazza” («Momento Sera», 4 dicembre 1946, Esquilino, in I rioni dicono). «Il Tempo», 1 aprile 1990a, intervista l’ingegnere Enzo Ingrao dell’Ufficio tecnico della I circoscrizione che afferma: “[…] tutto è cominciato con il mercato di piazza Vittorio, iniziato a costruire nel 1930. All’epoca quello che era il rione alto- locato caratterizzato da negozi eleganti e palazzi signorili di ispirazione torinese, abitato da gen- te appartenente all’alta borghesia, diventò ben presto un ‘enorme deposito’ di supporto al merca- to. In zona infatti iniziarono a stazionare carretti, banchi, con molti negozi che diventarono ma-
  • 15. ne Termini e dei centri di assistenza 36 furono interpretate da molti come le principali fonti di degrado del quartiere. Il degrado che nell’ultimo decennio è stato maggiormente richiamato è quello che riguarda la popolazione. Martinelli, analizzando i dati del censi- mento del 1951, aveva classificato la popolazione del rione come apparte- nente al “[…] centro funzionale borghese con attività amministrativo com- merciale”37 . Agli inizi degli anni Cinquanta l’Esquilino era un quartiere bor- ghese, insomma, come il Ludovisi o il Sallustiano e contrapposto ai popolari rioni di Ponte, Parione, Testaccio eccetera. È interessante poi richiamare i ri- sultati pubblicati da Clementi e De Grassi, che dopo un’accurata analisi dei dati del censimento del 1971 individuavano le aree di malessere e degrado abitativo del Centro storico in quelle zone che avevano resistito alle spinte di espulsione e terziarizzazione38 . I rioni degradati comprendevano l’Esquilino, Ponte, Parione, Regola, Trastevere e Testaccio (cfr. figura 6). Da impiegatizio il quartiere si era trasformato e si accentuava, per la vici- nanza con la stazione Termini, l’offerta ricettiva alberghiera più scadente: Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 655 gazzini per la merce”. L’articolista del «Tempo» aggiunge: “Il degrado dell’Esquilino nasce dun- que lontano nel tempo, molto prima che nel quartiere affluissero gli immigrati stranieri”. Affer- mazione originale quasi mai discussa, in seguito, sui quotidiani (un’eccezione all’interno di un articolo del «Messaggero» del 29 settembre 1991 “[…] Ma la colpa non è degli immigrati. La responsabilità del degrado va cercata semmai nell’incuria in cui viene lasciata la zona dai servizi comunali”. 35 “Anche per l’interno del giardino, con l’impianto del cantiere della metropolitana, agli ini- zi degli anni Settanta, incomincia un fenomeno irreversibile di decadimento. Cinto da un sipario di lamiere presenta uno spettacolo deprimente: accanto ai resti della villa, intorno a ciò che è ri- masto della fontana, sparso per terra, si può trovare di tutto”, «Momento Sera», 31 marzo 1972; in generale piazza Vittorio è “un regno, un grande affresco di vita che cambia scena quattro volte al giorno: mattina (mercato), pomeriggio (giardino, bimbi, pensionati e fiori), sera (appuntamen- ti), notte (malavita)”, «Il Giornale d’Italia», 16 marzo 1969; entrambi citati da A. RESTA, Rasse- gna stampa ’60-’85. Il dibattito e le forze in campo, in «Romacentro», Assessorato per gli inter- venti sul Centro storico del Comune di Roma, Roma, Palombi, 1986. 36 Anche la presenza di strutture di assistenza è stata associata al degrado dell’Esquilino. Di- verse forze sociali e politiche si sono espresse a favore di una loro chiusura o trasferimento. Tal- volta la lettura della presenza ha presentato diverse sfaccettature; per esempio nel «Tempo» del 2 febbraio 1992 si trova una dichiarazione del presidente del comitato di quartiere: “Segnalate alla polizia le persone sospette che si aggirano per il nostro quartiere”. All’interno del rione E- squilino sono concentrati diversi centri di assistenza e di sostegno per gli immigrati – la mensa Caritas a Colle Oppio, l’ostello a via Marsala, il dormitorio delle suore di Calcutta a piazza Manfredo Fanti, gli ambulatori della Caritas a via Marsala, la mensa del circolo di San Pietro, la struttura di accoglienza per gli extracomunitari del Sacro Cuore di Gesù – che in qualche misura influenzano la vita del rione. “Una presenza così concentrata rischia di diventare eccessiva” con- tinua il presidente del Comitato Esquilino “però va anche detto che questi centri svolgono un’as- sistenza indispensabile e un argine alla caduta nella microcriminalità di alcuni extracomunitari”. 37 F. MARTINELLI, Ricerche sulla struttura sociale della popolazione di Roma (1871-1961), Pi- sa, Libreria Goliardica, 1964, p. 192. 38 A. CLEMENTI-M. DE GRASSI, Il fabbisogno di recupero, Roma, Esa, 1981.
  • 16. “Gli appartamenti da affittare o da acquistare sono ancora più difficili a tro- varsi in queste strade rispetto a quanto avviene in altre parti della città: i po- chi disponibili sono infatti immediatamente rilevati, anche a prezzi molto elevati, per essere adibiti a pensioni, spesso sprovviste di licenza, che affitta- no non stanze ma letti” 39 . Contemporaneamente, la stessa sorte toccava an- che agli esercizi commerciali e di ristorazione: “Le strade che si snodano proprio tra la stazione e piazza Vittorio (vie Turati, Cattaneo, Rattazzi, Prin- cipe Amedeo, Ricasoli, Lamarmora, Napoleone III, Carlo Alberto) stanno cambiando la loro fisionomia tradizionale. Ad uno ad uno chiudono i vecchi negozi di souvenirs […] e i ristoranti di tipo familiare; al loro posto si apro- no invece modeste tavole calde, adibite soprattutto alla vendita economica di pizza napoletana da acquistare a taglio e da mangiare in piedi, e negozi sem- pre più simili a magazzini, dove, stivati in maniera disordinata, si trovano ar- ticoli di abbigliamento di qualità scadente, a prezzi relativamente bassi”40 . Figura 7. 1971, Esquilino – Aree di malessere abitativo41 . Fonte: riproduzione da Clementi-De Grassi, 1981, p. 111. 656 Pierpaolo Mudu 39 G. ARENA, Lavoratori stranieri in Italia e a Roma, «Bollettino della Società geografica Italiana», XI, 1982, p. 92. 40 Ibidem.41 “Rappresentano il verificarsi di condizioni abitative sfavorevoli per il cumularsi delle caratteristiche di reddito dei residenti, per i livelli del degrado edilizio, e per i livelli dell’af-
  • 17. La stazione Termini ha sempre costituito un polo di attrazione per la popo- lazione più marginalizzata italiana occupata in lavori saltuari e malpagati, in attività illegali o addirittura senza tetto 42 . Nella seconda metà degli anni Set- tanta l’ambulantato 43 costituiva una delle attività più diffuse nella zona della stazione (cfr. figura 7), potendo contare su più di cento punti vendita, in cui erano presenti pochissimi immigrati stranieri44 . Alla fine degli anni Settanta la zona della stazione oltre che il punto di spaccio più noto della città era anche uno dei più importanti luoghi dove si esercitava la prostituzione sia femminile che maschile (cfr. figura 7). L’area di visibilità dell’esercizio della prostituzio- ne interessava anche la zona di via Giolitti, via Turati, via Principe Amedeo45 . Intanto i primi gruppetti di immigrati cominciavano ad incontrarsi nella sta- zione o a piazza dei Cinquecento46 , cioè il luogo più facilmente raggiungibile della città. Qualcuno cominciava a prendere una stanza dagli affittacamere della zona e si cominciava a notare la presenza degli immigrati stranieri verso piazza Vittorio 47 . Crescevano gli arrivi degli immigrati, molti profughi dal- l’Est48 . Negli anni Ottanta aumentò anche la concentrazione della popolazione immigrata più emarginata, in particolare nella zona di piazza Vittorio49 , e co- minciarono a funzionare le strutture di assistenza cattoliche. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 657 follamento. Operativamente sono definite in funzioni di valori di soglia della percentuale di abitazioni degradate e in condizioni di affollamento critico delle famiglie con capofamiglia operaio o non professionale residente al 1971 per sezione di censimento” (A. CLEMENTI-M. DE GRASSI, cit., p. 101). 42 M. CEVOLI ET AL., Stazione Termini, Milano, Angeli, 1979. 43 Molti venditori ambulanti italiani erano ex pregiudicati che non avevano altre possibilità di lavoro. Oltre all’ambulantato esercitavano il contrabbando, in particolare di sigarette: “Dal- la polizia ci è stato solo detto che i ‘pattuglioni’ passano per controlli alla stazione Termini va- rie volte alla settimana e che spesso vengono effettuati sequestri o fermi per accertamenti. Uno degli interlocutori è convinto che la situazione non può essere risolta con metodi repres- sivi e che spetta al potere politico preposto l’obbligo di trovare soluzioni adeguate. […] Gene- ralmente, però, c’è una certa tolleranza tra polizia e contrabbandieri, a livello dei piccoli detta- glianti, che devono pur guadagnarsi da vivere. Costoro, infatti, hanno solo la prospettiva di continuare nel contrabbando, oppure passare alla droga o al furto. E per la ‘Legge’ è preferibi- le la prima delle tre prospettive” (M. CEVOLI ET AL., cit., p. 69).44 M. CEVOLI ET AL., cit. 45 M. CEVOLI ET AL., cit. 46 “Chiunque è passato per la stazione Termini il giovedì o la domenica pomeriggio ha po- tuto vedere un gran numero di ragazze e ragazzi di colore che si riuniscono in gruppi naziona- li e linguistici evitando i contatti con gli italiani. […] La maggioranza dei ragazzi e tutte le ra- gazze sono impiegati in Italia come collaboratori domestici con uno stipendio che si aggira sulle 100.000 lire mensili” (M. CEVOLI ET AL., cit., pp. 24-25). 47 M. COLAFATO, Il Terzo mondo di Roma, in Continuità e mutamento. Classi, economie e culture a Roma e nel Lazio (1930-1980), a cura di C. Brezzi-C.F. Casula-A. Parisella, Milano, Teti editore, 1981. 48 I russi si incontravano nelle vie adiacenti a piazza Vittorio (G. ARENA, cit.). 49 Secondo la testimonianza del funzionario di polizia: “È vero che nel rione si verificano quasi quotidianamente episodi di violenza legati alla microcriminalità, ma è pur vero che non
  • 18. La possibilità di reperire letti, camere, appartamenti per gli immigrati è legata al crescente degrado che comprometteva da tempo il patrimonio edili- zio. Una data importante da appuntare è il 28 aprile del 1986, quando crolla- va una parte della palazzina50 ad angolo tra via Principe Amedeo e via Rica- soli (numero 16 di figura 8). Seguirono poi altri crolli: il 9 ottobre del 1991 la rampa di scale di un palazzo in via Rattazzi e il 29 novembre del 1993 due piani di un palazzo51 a via Carlo Alberto, poco prima di piazza Vittorio. Uno dei presidenti della Commissione stabili pericolanti nel periodo del crollo del 1986 individuava 52 come cause responsabili del degrado edilizio dell’Esqui- lino una combinazione di due cause: una povertà di materiali usati nell’edifi- cazione dei palazzi53 e una mancanza totale di manutenzione54 . Dopo il crol- lo del maggio 1986, il professor Ventriglia 55 , geologo della facoltà di inge- 658 Pierpaolo Mudu si tratta di delinquenti abituali; i più rubano per bisogno, sono spinti dalla fame e dalla mise- ria. Anche i reati di sangue che si verificano, in genere, tra immigrati si sviluppano da risse che scoppiano per concorrenza o tra ubriachi” (D. DE VINCENZA, cit., p. 216). 50 Dalle cronache giornalistiche risultava che il palazzo era abitato da cittadini italiani ec- cetto una piccola presenza di ragazze nigeriane. 51 Dalle cronache giornalistiche risultavano coinvolti e sgomberati solo cittadini italiani. 52 P. MUDU, cit. 53 Nel 1885 un palazzo appena terminato crollò poco prima dell’inaugurazione. “Il 6 ago- sto 1885 i risultati concomitanti di una frettolosa ed economica costruzione provocano il cedi- mento dei due spallettoni (piedritti) del portone d’ingresso, aperto nel muro di fondo del porti- co dell’isolato XIII in costruzione in piazza Vittorio Emanuele. Contemporaneamente nei fab- bricati contermini si verificano varie lesioni. [...] L’approfondita ispezione ai fabbricati esclu- de che i cedimenti siano dovuti ad insospettate cavità sotterranee e rivela invece gravi e diffu- si difetti di costruzione” (F. GIOVANETTI, Piazza Vittorio Emanuele II, «Romacentro», Assesso- rato per gli interventi sul Centro storico del Comune di Roma, Roma, Palombi, 1986, p. 77). Oltre alla povertà dei materiali e delle tecniche di costruzione anche la situazione nei cantieri non era ottimale: “L’Esquilino venne fabbricato dopo il 1870 con galeotti al posto degli operai – racconta il prof. Lugli – c’era poco tempo a disposizione per tirar su i palazzi e i costruttori romani ottennero una speciale autorizzazione per utilizzare a cottimo i detenuti. Le cronache raccontano che costoro rubavano a man bassa i materiali con la complicità delle guardie” («Il Tempo», 10 ottobre 1991b, Nel quartiere è a rischio la metà delle abitazioni). 54 Dopo il crollo della rampa di scale in via Rattazzi, «Il Tempo» riferiva che: “Da anni l’immobile aveva bisogno di urgenti lavori di consolidamento, ma gli inquilini non erano ri- usciti ad accordarsi. […] Per il comandante dei vigili del fuoco, Chiucini, il crollo è stato pro- vocato dall’assoluta mancanza di manutenzione” («Il Tempo», 10 ottobre 1991a, Crolla una rampa di scale, sfiorata la tragedia). Dopo il crollo in via Carlo Alberto «Il Messaggero» scriveva: “Le conseguenze di una assenza di manutenzione quasi totale, dovuta alle resistenze dei condomini, composti per lo più di pensionati, famiglie poco abbienti, proprietari che risie- dono altrove e affittano, senza investirci una lira, i propri appartamenti come dormitori per immigrati” («Il Messaggero», 30 novembre 1993, Un boato, il crollo, quindici feriti). 55 “Nell’87 l’allora assessore al Piano regolatore Pala commissionò un progetto di studio sul- le condizioni statiche dei fabbricati e di individuare le soluzioni alla viabilità. Della commissio- ne facevano parte l’architetto Portoghesi, il professor Barbera, l’ingegnere Passarelli, il profes- sor Venuti e l’architetto Colasante per il Comune” («Il Tempo», 10 ottobre 1991b, Nel quartiere è a rischio la metà delle abitazioni). I risultati della perizia Ventriglia, relativi alla condizione esterna dei palazzi, sottostimavano la qualità delle condizioni dei palazzi. Infatti i palazzi le cui
  • 19. gneria della Sapienza eseguì, per il Comune di Roma, una perizia sulla situa- zione esterna delle palazzine dell’Esquilino. Figura 8. 1977, Esquilino – I venditori ambulanti (a) e la prostituzione (b). Fonte: riproduzione ed elaborazione da Cevoli et al. (1979; p. 27 e p. 30). La definizione di degrado prevalente è costruita intorno ad un processo di rimozione di parti consistenti dello sviluppo storico dell’Esquilino. Quindi il degrado viene associato a un salto storico inatteso provocato dall’arrivo del- l’immigrazione straniera. In sintesi, il bel rione umbertino borghese viene improvvisamente occupato dagli emarginati stranieri. Esplicita e concorde quasi tutta la stampa sin dai primi arrivi di immigrati stranieri56 . Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 659 facciate erano state riverniciate più recentemente risultavano in uno stato migliore di conserva- zione, senza che poi questo significasse una buona condizione. A questo proposito è interessante l’inizio del documentario televisivo di Santori sull’Esquilino, in cui vi è una sequenza che mo- stra un palazzo in cui si sono verificati dei crolli ma dall’apparente buono stato esterno poiché riverniciato da poco (P. SANTORI, Vite all’Esquilino, Roma, Eta Beta produzioni, 1992). 56 Cfr. «L’Umanità», 11 aprile 1986, Il degrado di una delle zone più belle e “umbertine” di Roma; «Il Tempo», 1° aprile 1990a, Era il salotto della Roma umbertina; «Il Messaggero», 29 settembre 1991, L’Esquilino torna in piazza.
  • 20. Al degrado inteso come un salto sociale improvviso nella storia del rione va opposta una lettura che tenga realmente conto della storia e della costruzione sociale dello spazio verificatesi. Per comprendere quale sia stato lo sfondo in cui avvenivano i precedenti processi è più utile forse riprendere la seconda de- finizione di degrado introdotta in precedenza. Lo sfondo delle trasformazioni è stato infatti quello di una chiusura degli accessi a diverse parti del quartiere (cfr. figura 8) ovvero la rinuncia alla pratica dello spazio pubblico che sono a fondamento della qualità dello sviluppo urbano. Il degrado si palesa effettiva- mente come un processo di esclusione dei cittadini dallo spazio, ma è un pro- cesso guidato dalle ben note leggi della rendita. I processi di concentrazione etnica si sono inseriti nelle dinamiche innestate dalla speculazione. In sintesi si può considerare che la concentrazione degli immigrati è seguita ad un forte processo di abbandono urbanistico, pubblico e privato, di parti im- portanti dell’Esquilino associato all’incuria del patrimonio abitativo (cfr. figura 8); la presenza poi dei più importanti nodi di scambio della città, stazione fer- roviaria e capolinea degli autobus, l’apertura della metropolitana, l’aumento della ricettività di bassa qualità 57 , la convenienza dei proprietari 58 ad affittare immobili con rinnovato profitto59 per una zona che non sembrava offrire pro- spettive, hanno determinato verosimilmente una concentrazione di immigrati all’Esquilino. La conseguenza è che in controtendenza rispetto a qualunque ri- one del Centro storico, questo rione si presenta come luogo di residenza e la- voro della popolazione invece che in termini di terziarizzazione e turismo. 660 Pierpaolo Mudu 57 A commento dei dati rilevati dalla USL RM1 che, nel 1982, censiva all’Esquilino 15 alber- ghi, 56 pensioni, 139 affittacamere, l’Ufficio speciale interventi Centro storico annotava: “Il quartiere Esquilino presenta una notevole espansione della struttura ricettiva (affittacamere) di categoria inferiore legata soprattutto da un lato agli sfrattati, e dall’altro agli immigrati” (UFFI- CIO SPECIALE INTERVENTI CENTRO STORICO, Studio di fattibilità per l’applicazione della metodo- logia delle mappe di rischio al Centro storico di Roma, Roma, Relazione finale, 1983, p. 91). 58 La proprietà frazionata era la forma prevalente della struttura della proprietà negli anni Settanta (UFFICIO SPECIALE INTERVENTI CENTRO STORICO, cit.). L’assessore al Commercio del Co- mune di Roma, Enrico Gasbarra, dichiarava al «Corriere della Sera» che: “Un punto dolente resta la speculazione di palazzinari e nobili famiglie che hanno permesso la trasformazione del- l’Esquilino in dormitori infernali” («Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle mille illegalità). Per la precisione il costo di un posto letto mensile all’Esquilino è di circa 200- 250mila al mese («la Repubblica», 14 settembre 2000b, I dormitori di cinesi senza nome), per- mettendo così il guadagno da un appartamento anche di più di tre milioni al mese (si veda an- che il recente film di Piccioni, Luce dei miei occhi). 59 In un’intervista al «Messaggero», Antonio Dong, portavoce della comunità cinese, di- chiarava: “[…] Dietro l’apertura dei nostri negozi ci sono solo i risparmi di intere famiglie che il governo incoraggia ad emigrare. C’è la convenienza dei canoni d’affitto più bassi che in altre zone”. “E quella dei vecchi titolari – aggiunge Giulio Russo, che guida i volontari della Casa dei diritti sociali – che hanno preferito spostarsi in altre zone. O erano ormai fuori mercato: pic- coli alimentari messi alle corde dai supermercati, negozi di abiti da sposa il cui boom si è esau- rito venti anni fa” («Il Messaggero», 13 dicembre 1999, Esquilino, la corsa ai regalini per tro- vare tolleranza e dialogo).
  • 21. Figura 9. 1990, Esquilino – La condizione di alcuni punti di riferimento urbanistici. Fonte: riproduzione dal «Messaggero» del 7 luglio 1990. Il significato dello spazio dell’Esquilino La costruzione sociale dominante del significato dell’Esquilino passa, co- me visto, tramite un uso ripetuto di immagini di degrado associate allo spa- zio e alla sua popolazione. Ma il significato di un luogo deriva anche dalla sua storia e dalle dinamiche sociali e politiche che vi sono all’interno e all’e- sterno. Il risultato in ambito urbano, per lo meno in una sua ricomposizione, è di una estrema complessità. Diversi quartieri si portano nella pratica politi- ca dei cittadini delle immagini e delle valenze particolari, mentre altri, al contrario, non guadagnano l’attenzione o la percezione cittadina. Le trasfor- mazioni sociali si accompagnano a un’attenzione, da parte dei gruppi sociali, maggiore o minore verso i molteplici luoghi della città, in parte legata alle dinamiche dei conflitti che investono e si propagano a diversa scala da un luogo all’altro. La presenza degli immigrati è un fattore forte nel definire il significato che viene attribuito all’Esquilino. Attualmente lo spazio dell’Es- quilino, dopo una lunga fase di degrado, in qualunque modo sia definito, ha portato un risultato imprevisto per molti, ovvero la nascita di un’enclave et- nica. Una chiave di lettura della recente costruzione sociale e rappresentazio- Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 661
  • 22. ne cittadina dello spazio del rione Esquilino la si può ricavare attraverso uno spoglio dei più importanti quotidiani. L’associazione di immigrati e territorio e il significato della presenza degli immigrati all’Esquilino è stato oggetto di una copertura dei quotidiani che non ha confronti rispetto ad altre zone della città. Non vi è dubbio che i quotidiani in Italia rappresentano gli interessi economici e politici delle forze dominanti, non è una sorpresa quindi che una forte carica ideologica e politica costituisca lo sfondo con cui sono offerte le notizie sugli immigrati. L’Esquilino, che è diventato in breve tempo un luogo di conflitto60 socia- le e politico, è presente, rispetto ad altre zone di Roma, nel maggior numero di articoli in cui sono richiamati gli immigrati pubblicati dalla stampa nel triennio 1997-9961 . Un’analisi degli articoli del triennio esaminato, con l’ag- giunta di alcune definizioni precedenti, ha permesso di identificare più di trenta definizioni del rione (tabella 2). L’insieme di definizioni sintetizza e proietta l’identità dell’Esquilino non solo a scala cittadina ma anche a livel- lo nazionale e oltre. Il significato, che nasce dall’affermazione dell’identità egemone, è costruito con l’associazione presenza di immigrati/degrado, una linea che si è ormai affermata da tempo. Ma il degrado è poi congiunto al- l’uso di termini che hanno un’origine geografica differente dal contesto spa- ziale in cui vengono successivamente usati: Chinatown, Bronx, casbah e suk (definizioni 2, 4, 5, 6, 7, 8 e 25 della tabella 2). Questo sottolinea il fat- to che gli immigrati sono stranieri che costruiscono uno spazio non integra- to, ma “alieno”. Tabella 2. Alcune definizioni riportate dai quotidiani sulla zona dell’Esquilino. 662 Pierpaolo Mudu 60 Poche le voci opposte: “Gli stranieri [dell’Esquilino] sono quasi tutti perfettamente inse- riti. Basta guardarsi intorno, dentro i negozi o al mercato, oppure vedere gli anziani portati a spasso, accuditi e coccolati dagli immigrati” («L’Osservatore Romano», 22 maggio 1999, Tre giorni di festa a piazza Vittorio all’insegna della mondialità). È anche vero che 5 mesi più tar- di «L’Osservatore Romano» però scriveva che ci si trova di fronte a una “invasione di stranie- ri in particolare cinesi” («L’Osservatore Romano» del 5 ottobre 1999, Corteo di protesta dei residenti). 61 P. MUDU, cit. Crocevia di drammi umani. Il “quadrilatero dell’emarginazione” delimitato da piazza dei Cinquecento, piazza Santa Maria Maggiore, piazza San Giovanni e Porta Maggiore («L’Osservatore Romano», 28 gennaio 1990). Un sobborgo di Rabat. Bronx? “casbah” romana […] Chi passeggia tra i palazzi della zona compresa tra la stazione Termini e piazza Vittorio, via Principe Amedeo, via Cattaneo, piazza Manfredo Fanti e strade adiacenti, l’impressione è di trovarsi non più a Roma. Il quar- 1 2
  • 23. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 663 tiere costituisce ormai un gigantesco bazar fatto di magazzini, botteghe, negozi gestiti quasi tutti da immigrati, tutti provenienti da paesi del Terzo Mondo, con tanto di scritte in arabo o addirittura in cinese. Un bazar che costituisce il grande “supermercato” di rifornimento per le migliaia di “vu cumprà” che affollano le vie della città” («Il Tempo», 1° aprile 1990). Esquilino, una città insicura. Mezzo milione di abitanti con tanti problemi e moltissimi disagi. Questa è la fotografia dell’Esquilino, un quartiere che ogni giorno deve fare i conti con una realtà multiforme e multicolore: immigrati, sbandati, barboni, bancarellari abusivi e tutta la popolazione che gravita intorno alla stazione Termini e “sbarca” a piazza Vittorio e al Colle Oppio perché lì trova da mangiare grazie alla Caritas e agli altri enti di assistenza. […] La ex Centrale del latte abbattuta perché era diventata un punto di riferimento per lo spaccio di droga nella zona («Il Messaggero», 2 ottobre 1991). Aria di New York («Corriere della Sera», 6 giugno 1998). Chinatown [ripetuto anche da una consigliera circoscrizionale dei Ds] («la Repubbli- ca», 6 dicembre 1998). Suk («Il Messaggero», 7 settembre 1999a). Chinatown, bomba straniera, ostaggio di africani e asiatici. La più alta densità cinese («la Repubblica», 7 novembre 1999a). Casbah [secondo i residenti dell’Esquilino] («Il Messaggero», 26 settembre 1999). La zona della città più penalizzata dall’invasione incontrollata degli extracomunitari, vede ogni giorno una miccia a lenta combustione bruciare verso la deflagrazione finale. Zo- na ad altissimo rischio. Da due anni a questa parte il degrado di pari passo con esponenziale invasione di stranieri da tutti i paesi e da tutte le etnie. Commercianti e residenti italiani rap- presentano una “minoranza etnica”. Microcriminalità diffusa nella piazza [Vittorio] e nel quartiere («Il Tempo», 13 gennaio 1999). Tra le zone più frequentate dagli extracomunitari clandestini [è una delle zone setaccia- te dalla polizia in una notte di controlli] («la Repubblica», 29 agosto 1997). Dormitori infernali, schiavi cinesi e misteriosi Tir da tutta Europa («Corriere della Se- ra», 14 gennaio 1999). Degrado del rione («Corriere della Sera», 17 gennaio 1999). Zona più affollata di stranieri («Il Tempo», 20 maggio 1999). Quartiere che ospita il maggior numero di immigrati («il Giornale», 20 maggio 1999). È notoriamente il quartiere della Capitale più popolato da stranieri, il primo nella gra- duatoria nella mappa sull’immigrazione romana elaborata e diffusa dalla Caritas diocesana. 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
  • 24. 664 Pierpaolo Mudu Rione simbolo della Capitale. Stranieri quasi tutti inseriti. All’Esquilino si concentrano an- che le preoccupazioni maggiori della città («L’Osservatore Romano», 22 maggio 1999). “Il degrado ha fatto perdere valore alle case e alle attività commerciali: qui la gente ha paura a circolare, soprattutto la sera, e anche di giorno, se deve fare shopping, va altrove. Chi può, l’Es- quilino lo lascia, si trasferisce...”. “Ci sono scippi, rapine, droga, barboni, diseredati, ubriachi. E poi, non è una questione di razzismo, ma qui ormai sembra di stare in Cina o in Bangladesh, a se- conda della strada. Siamo letteralmente invasi dagli extracomunitari, che sono molto più numero- si degli italiani. In più l’Esquilino ha i problemi tipici di tutti i quartieri con una stazione. Servi- rebbe una maggiore presenza di poliziotti, ma anche più attenzione da parte del Comune, che non si impegna abbastanza nell’assistenza agli emarginati” [dichiarazioni di Giovanni Mazzetti, pro- prietario di un ristorante in via Giolitti] («Il Messaggero», 24 luglio 1999). Questa zona è in mano agli stranieri, colombiani, arabi e marocchini, ognuno ha la propria attività illegale, i marocchini rubano, i colombiani hanno a che fare con la droga [dichiarazioni di un tabaccaio della zona] («Il Messaggero», 7 settembre 1999a). I commercianti stanno abbandonando la zona e sempre più negozi vengono affittati o venduti ai cinesi. Tra via PrincipeAmedeo, via Filippo Turati e via Ricasoli, tra novembre e dicembre del- l’anno scorso, hanno ceduto l’attività una decina di negozianti, anche la storica erboristeria “Bor- ri” («Il Messaggero», 7 settembre 1999b). Quartiere a rischio, si concentra maggiormente la presenza di extracomunitari, spesso senza regolare permesso di soggiorno e dunque impossibili da controllare («Il Messaggero», 15 settem- bre 1999). Simbolo del degrado conseguente all’immigrazione selvaggia e clandestina che trova terreno fertile in Italia grazie alle leggi in vigore. [Il Movimento sociale] («Il Messaggero», 20 settembre 1999). La presenza degli stranieri sta diventando non gestibile, perché esiste un controllo del territo- rio da parte di organizzazioni illegali [Rutelli] («Il Messaggero», 23 settembre 1999). Invasione di stranieri in particolare cinesi («L’Osservatore Romano», 5 ottobre 1999). In questi ultimissimi anni è diventato un unico immenso magazzino di stoccaggio e distribu- zione di merci provenienti dai paesi asiatici: in ogni scantinato, magazzino, negozio viene stipato, senza alcun controllo di idoneità, materiale che temiamo sia infiammabile: nessuno inoltre verifi- ca che non vengano effettuati lavori abusivi per allargare la superficie degli scantinati [Comitato Porta Magica]. In poco tempo, per l’invasione dei cinesi, hanno chiuso macellerie, panifici salu- merie. Al loro posto sono nati dei magazzini di abbigliamento all’ingrosso, così per andare a fare la spesa bisogna prendere l’autobus; mangiare italiano è diventata un’impresa [signora intervista- ta]. Chiusa l’antica pasticceria Sinestrari (al suo posto un multimarket), sparita la mitica norcine- ria Frigeri, svanite nel nulla le preziose essenze dell’erboristeria Borri. L’Esquilino muore, insie- me alla sua tradizione. Ponteggi che stanno lì da 15 anni, il mercato di piazza Vittorio sporco e pieno di abusivi, i giardini ridotti a latrina a cielo aperto (dove sono i bagni?), la paura di malattie tropicali, la microcriminalità diffusa, scippi e borseggi, coprifuoco la sera, xenofobia in aumento, 15 16 17 18 19 20 21 22 23
  • 25. Il concetto di Chinatown L’insediamento degli immigrati stranieri all’Esquilino ha generato un pro- cesso di rielaborazione della propria esperienza culturale nello spazio. Quel- la che viene spesso definita come “etnicità” non è però solo un bagaglio cul- turale che gli immigrati si portano con sé ma anche il risultato dell’azione dei gruppi dominanti nella società ospite. I gruppi etnici vengono precisati in base alle forze di inclusione ed esclusione che si muovono intorno a quelli che sono percepiti come tratti comuni della società ospite e il territorio di- venta un altro elemento attorno al quale i confini etnici sono rinegoziati62 . La loro etnicità viene definita dalle classi dominanti e trasmessa al resto della Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 665 africani e asiatici ormai in maggioranza, si racconta che vivano anche in 40 in un appartamento facendo i turni la notte per dormire, interi piani di palazzi sono sovraccarichi di merce arrivata dalla Cina, il terrore dei crolli («la Repubblica», 28 novembre 1999). “L’Esquilino non sta morendo. Anzi è diventato da qualche anno il quartiere più vitale e affa- scinante in una città piuttosto plumbea e noiosa, l’unico dove si respira quell’atmosfera multietni- ca che è normale trovare a Londra e Parigi” [Scritto dallo scrittore Nanni Balestrini] («la Repub- blica», 2 dicembre 1999). Il lato destro, verso la stazione, è una Chinatown in gestazione. Invasione che sta uccidendo il tessuto culturale e commerciale («Il Messaggero», 13 dicembre 1999). Battaglia quotidiana contro l’immigrazione clandestina, sporcizia microcriminalità e illegali- tà nelle forme più disparate. Un terzo dei 28.000 residenti è costituito da stranieri. Un rapporto non armonico, che non ha eguali nel resto della capitale («Il Tempo», 14 dicembre 1999). Quartiere multietnico. Quartiere simbolo dell’immigrazione capitolina e teatro di polemiche fra residenti ed extracomunitari. Cuore nero di Roma dove la repressione è più cattiva [Osserva- torio rifugiati e migranti] («la Repubblica», 20 dicembre 1999). Quartiere con alta concentrazione di cinesi e bengalesi («Il Messaggero», 11 dicembre 1999). Sbandati o rifugiati politici, non sapendo dove andare, spesso si accampano nei giardini di Colle Oppio, i poveri che aspettano il turno alla mensa della Caritas di via Marsala passeggiano per le strade del quartiere. Questi sarebbero i “mali peggiori” della zona («la Repubblica», 3 settembre 2000). Esquilino: anche 30 in casa, mix di regolari e clandestini («la Repubblica», 14 settembre 2000). 23 24 25 26 27 28 29 30 62 K. ANDERSON, The Idea of Chinatown: The Power of Place and Institutional Practice in the making of a racial category, «Annals of the Association of American Geographers», 1987, 77(4), pp. 580-598.
  • 26. popolazione. Secondo una nota analisi svolta da Gramsci, più che la coerci- zione e l’indottrinamento è il fatto che le persone, contro i propri interessi, introiettino i discorsi della classe dominante ad assicurare a quest’ultima l’e- gemonia nella società. L’egemonia non è solo un insieme di valori ma un complesso di idee, pratiche e relazioni sociali che riflettono gli interessi dei settori dominanti. I settori dominanti hanno un potere nel definire categorie per i gruppi sociali, come quello degli immigrati. Si consideri uno dei casi più noti di aggregazione nello spazio di una comunità di immigrati, quella dei cinesi. I cinesi vengono descritti e percepiti come un differente gruppo e le credenze e le pratiche istituzionali delle classi dominanti confezionano una manifestazione fisica di quell’astrazione: Chinatown. Chinatown quindi non è Chinatown solo e perché i cinesi, per scelta o costrizione, si raccolgo- no in enclave ma perché è in parte una creazione dei gruppi dominanti 63 . Nonostante Chinatown sia rappresentata come una colonia dell’oriente nel- l’occidente, in realtà l’idea di Chinatown risiede nell’immaginario occidenta- le e nelle pratiche ideologiche e istituzionali 64 . La Chinatown diventa parte di una costruzione persistente di categorie razziali, assunte, ed è questo il fat- to più rilevante, nelle pratiche governative e istituzionali che ne salvaguarda- no il contesto per la riproduzione65 . Per esempio, nella costruzione della Chi- natown di Vancouver si sono succeduti diversi processi: uno di condanna della concentrazione dei cinesi 66 , uno di discriminazione, uno di descrizione di una Chinatown regno dell’esotismo (idea basata su una divisione razzia- le), ed infine un’ultima fase di turisticizzazione dell’area. La prima fase è quella più forte da parecchi anni a Roma67 , anche se non mancano richieste di discriminazione, descrizioni di culture esotiche e se- gnali di una possibile conversione turistica dell’area68 . In ogni caso lo spazio ha avuto funzione di concentrazione e catalizzazione di ideologie ben precise sulla presenza degli immigrati nel territorio. La consigliera dei Ds e presidente della Commissione commercio, Cicco- 666 Pierpaolo Mudu 63 K. ANDERSON, Vancouver’s Chinatown: Racist Discourse in Canada 1875-1980, Mon- treal, McGill-Queens University Press, 1995. 64 K. ANDERSON, cit. 65 K. ANDERSON, The Idea of Chinatown, cit. 66 In questa fase Chinatown veniva descritta come tutto quello che la società europea non presentava: decine di persone che dormono in una stanza, diverse abitudini alimentari, oppio, azzardo, e altre strane pratiche (ANDERSON, cit., p. 104). Ai punti della descrizione precedente, presenti nell’immaginario italiano, è da aggiungere l’idea che i cinesi non celebrino funerali perché fanno sparire i cadaveri per riciclare i documenti. 67 Già l’8 marzo 1988 «Il Tempo» faceva il seguente titolo: Chinatown del gioco d’azzar- do in un appartamento alla Stazione. 68 Per esempio «la Repubblica» del 24 giugno 1998, 14 settembre 2000a, «Il Messaggero» del 7 settembre 1999.
  • 27. ne, affermava in un’intervista: “Noi siamo favorevoli al concetto di quartiere multietnico ma non vogliamo che l’Esquilino diventi una Chinatown e la presenza così massiccia di negozi cinesi rischia invece di creare un appiatti- mento culturale…”69 . Un sentimento di paura e mistero per la concentrazione all’Esquilino di immigrati, specialmente cinesi, viene spesso esternato: “Un terzo dei 28.000 residenti è costituito da stranieri. Un rapporto non armoni- co, che non ha eguali nel resto della capitale. I cinesi sono quasi tremila: ci sono poi gli indiani (4000) e inoltre africani e immigrati dall’Europa del- l’Est. E sono proprio i cinesi ad aver occupato la maggior parte degli esercizi commerciali della zona, spesso privi delle dovute licenze e sede di commerci al limite della legalità”70 . Ancora più chiaro un sottotitolo del «Corriere della Sera»: “Dormitori infernali, schiavi cinesi e misteriosi Tir da tutta Europa”71 . In precedenza il «Corriere della Sera» aveva analizzato la presenza dei cinesi a Roma: “Nessuno sa più esattamente a quanto ammonti la presenza effettiva di cinesi a Roma, che prima del 1985 erano ancora una pattuglia piuttosto sparuta di un migliaio di persone. Dopo tre ‘sanatorie’ e soprattutto una cre- scente tratta di clandestini, oggi i cinesi a Roma hanno probabilmente supe- rato quota 15mila. Sono impegnati in 400 ristoranti, 50 lavanderie, altrettanti laboratori di sartoria e in svariati laboratori clandestini, ospitati spesso in ap- partamenti di periferia zeppi di immigrati schiavizzati”72 . In sostanza il risul- tato sarebbe che all’Esquilino “Commercianti e residenti italiani rappresenta- no una minoranza etnica”73 , “[…] africani e asiatici [sono] ormai in maggio- ranza, si racconta che vivano anche in 40 in un appartamento facendo i turni la notte per dormire […]”74 . Secondo la stampa l’Esquilino sarebbe caduto nelle mani degli immigrati stranieri e in particolare della comunità cinese, una comunità di “delinquen- ti” che con tutti i mezzi a disposizione, per lo più illeciti75 , si sta comprando il quartiere. In decine di articoli viene enfatizzata la presenza di una miste- riosa mafia cinese che con minacce e intimidazioni nei confronti dei nego- zianti italiani li sta costringendo a vendere le attività. Il denaro con cui ven- gono poi rilevate le attività è denaro “sporco” da riciclare76 . Su questo punto Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 667 69 «La Repubblica», 6 dicembre 1998a, Via le lanterne rosse Chinatown fa paura. 70 «Il Tempo», 14 dicembre 1999, Sull’Esquilino un vertice in prefettura. 71 «Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle mille illegalità. 72 «Corriere della Sera», 16 settembre 1998, Nuovo business: gli alberghi. 73 «Il Tempo», 13 gennaio 1999, Piazza Vittorio esplode contro gli immigrati. 74 «La Repubblica», 28 novembre 1999, Esquilino, appello a Ciampi. 75 Si veda, tra i tanti, «Il Messaggero» del 26 settembre 1999, Un anno vissuto pericolosa- mente. Ronde di ubriachi per gli “espropri”. 76 “‘È un concentramento ormai insopportabile’ spiega Stefano Marozza, uno dei leader della rivolta. ‘Troppi centri di prima accoglienza. Troppe mense per i poveri. Se città multiet- nica deve essere, spostiamone il peso anche in altri quartieri’. È una rabbia che cambia conti-
  • 28. vale la pena ricordare che uno dei sistemi utilizzati per intraprendere o soste- nere delle attività economiche dagli immigrati cinesi o coreani negli Stati Uniti è quello di formare delle associazioni di raccolta e distribuzione di de- naro 77 . Queste piccole casse di mutuo soccorso distribuiscono delle somme che consentono di intraprendere una piccola attività imprenditoriale a immi- grati che non avrebbero altri canali di accesso al credito. L’esistenza di asso- ciazioni di credito a rotazione anche a Roma è confermata da alcuni articoli giornalistici 78 . “[...] Come apriamo i negozi? Io posso chiedere un milione a cento cinesi e sono sicuro che avrò cento milioni – spiega Kin Kwok Wong, manager dello stesso giornale [La Nuova Cina] e proprietario di un ristorante – un giorno ne chiederanno dieci a me. Funziona così. Si chiama organizza- zione, non mafia” 79 . Una smentita al fatto che i cinesi si siano imposti nel- l’Esquilino solo tramite una diffusa attività illegale la si ricava da numerosi articoli 80 e la offrono anche le dichiarazioni di responsabili delle forze del- l’ordine: il comandante provinciale dei carabinieri, Favara, così dichiarava: “Dagli accertamenti 81 effettuati in collaborazione con la polizia e la guardia di finanza, risulta che la presenza dei cinesi in quella zona così come le ac- quisizioni delle attività commerciali sono in regola”82 . “E i magazzini cinesi? 668 Pierpaolo Mudu nuamente bersaglio. Prima era indirizzata contro i bengalesi, che in alcune strade facevano muro, organizzavano mense all’aperto, moltiplicando la sporcizia e il disagio degli spazzini che non passano mai. Ora contro i cinesi, che stanno rilevando in massa negozi e magazzini dismessi. Forse riciclando soldi mafiosi, hanno urlato in molti, seminando un sospetto che ha trovato sponde anche in un intervento del sindaco Rutelli” («Il Messaggero», 13 dicembre 1999, Esquilino, la corsa ai regalini per trovare tolleranza e dialogo). 77 V.H. KWON, Entrepreneurship and religion, New York, London, Garland publishing, 1997; I. LIGHT, Immigrant and ethnic enterprise in North America, «Ethnic and Racial Stu- dies», 7, 2, aprile 1984. 78 Per esempio «la Repubblica», 7 novembre 1999a, Esquilino, Sos Chinatown miliardi e ravioli al vapore…; «il manifesto», 11 marzo 2001, Il mistero fantastico della busta rossa, Viaggio all’Esquilino, il rione più multietnico di Roma (Terza tappa). In diversi colloqui con- dotti con esponenti della comunità bengalese è emersa la pratica di prestiti di mutuo soccorso, percorso senza alternative per un immigrato data l’impossibilità di accedere al sistema banca- rio ufficiale. 79 «La Repubblica», 7 novembre 1999a, Esquilino, Sos Chinatown miliardi e ravioli al vapore… 80 Per esempio «la Repubblica», 3 settembre 2000, La Barbera ai residenti: più polizia al- l’Esquilino; «la Repubblica», 14 settembre 2000b, I dormitori di cinesi senza nome. 81 “La zona è sottoposta da anni a uno stretto controllo da parte delle forze dell’ordine: [Riguardo l’Esquilino] la polizia ha elencato alcuni dati: nel ’98 sono state arrestate 283 per- sone, di cui 199 stranieri e 84 italiani. I denunciati sono stati 424, di cui la maggior parte, 309, italiani” («Corriere della Sera», 14 gennaio 1999, L’Esquilino delle mille illegalità). “Sono aumentati i servizi di pattuglia (almeno due auto fanno la ronda 24 ore su 24 per le strade del quartiere mentre le piazze principali sono costantemente vigilate da poliziotti a piedi) così co- me i controlli nei negozi, nelle abitazioni, negli scantinati” («la Repubblica», 3 settembre 2000, La Barbera ai residenti: più polizia all’Esquilino). 82 «Il Messaggero», 25 settembre 1999, S’indaga su chi appoggia la massiccia emigrazione.
  • 29. Il novanta per cento degli import-export che fanno affari a d’oro tra via Na- poleone III e via Rattazzi? La Chinatown da controllare? Risponde un inve- stigatore: ‘Stiamo lavorando proprio su questo. Stiamo raccogliendo una se- rie di dati, abbiamo bisogno di un po’ di tempo per raggiungere risultati in questo campo. Abbiamo appena cominciato…’”83 . Per un altro investigatore: “La merce arriva dalla Cina. È tutto legale, la merce è pagata, fatturata”84 . Che siano presenti attività criminali è fuori di dubbio, per esempio lo sfruttamento dei clandestini in laboratori tessili o altre attività, come è inne- gabile l’azione di una certa microcriminalità. I risultati di una ricerca sulla percezione della criminalità, promossa dalla Camera di Commercio, su 200 commercianti romani di due quartieri Esquilino e Marconi aiutano ad inqua- drare una parte del fenomeno: “[…] Dall’indagine emerge che i commer- cianti del quartiere Esquilino, pur avendo subito meno reati (24 per cento) ri- spetto ai colleghi di Marconi (37 per cento), si sentono meno sicuri. Il 55 per cento dichiara poi che ci sono molti luoghi pericolosi sia perché le strade so- no male illuminate sia perché si rischia di essere derubati. […] Il maggior numero di reati secondo il 54 per cento dei commercianti dei due quartieri- pilota è commesso dai nomadi. Seguono i tossicodipendenti (41,5 per cento) e gli stranieri (32,5 per cento). Nel quartiere Esquilino è però più forte il so- spetto verso gli extracomunitari (il 49 per cento li considera autori di reati) mentre a Marconi è segnalata l’azione di bande organizzate”85 . Le prese di posizione degli esponenti dei più importanti partiti politici of- frono un importante tassello riguardo al discorso sulle pratiche e i valori ege- monici usati per “leggere” l’Esquilino. La mobilitazione politica presente nel quartiere ripercorre tutti i gradi di sviluppo dell’associazionismo in Italia: dal livello di assemblea di condomi- nio o di strada passando per i comitati di quartiere per giungere infine alle macro organizzazioni dei partiti coinvolte dal livello circoscrizionale a quel- lo nazionale. Nel rione sono attive decine di associazioni diverse 86 e il con- flitto politico si manifesta spesso in piazza87 . Dimostrazioni contro la perdita di identità del quartiere, contro “la nuova Chinatown” o per cacciare gli im- migrati dal territorio degradato si sono avvicendate negli ultimi anni a mani- festazioni di solidarietà con gli immigrati. Quando fu convocato un consiglio comunale straordinario in Campidoglio il 5 ottobre del 2000 si scatenò una Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 669 83 «La Repubblica», 6 settembre 2000, Esquilino, blitz anti-illegali. 84 «Il manifesto», 10 marzo 2001, I cinesi non sono le avanguardie della mafia. 85 «La Repubblica», 18 marzo 1999, Microcriminalità di strada l’autodifesa dei commer- cianti. 86 Cfr. il sito www.esquilino.it 87 Cfr. «il manifesto», 9 marzo 2001: Un misfatto dagli occhi a mandorla (Viaggio all’E- squilino, il rione più multietnico di Roma. Prima tappa).
  • 30. rissa che coinvolse esponenti della maggioranza, dell’opposizione, militanti di partito, vigili urbani, gruppi di immigrati e persone dei centri sociali (cfr. tra gli altri «la Repubblica», 6 ottobre 2000 e 7 ottobre 2000). Al Comune la maggioranza di centrosinistra e l’opposizione di destra svolgono però analisi simili sulla situazione del rione tanto da presentare mozioni per il suo “risa- namento” che presentano molti punti di contatto 88 , ma per i primi la respon- sabilità del degrado è dell’opposizione che ha contribuito a fare svalutare il rione descrivendolo come il “Bronx” provocando la caduta dei prezzi immo- biliari e la fuga degli abitanti, mentre per l’opposizione la responsabilità del degrado ricade tutta delle giunte di Rutelli che avevano lasciato il rione in mano agli immigrati («la Repubblica», 5 ottobre 2000). Se le mozioni di maggioranza e opposizione per il “risanamento” dell’Esquilino sono simili, simile è anche una predisposizione verso una maggiore militarizzazione e controllo della sicurezza del territorio 89 . Rarissime volte si rintracciano di- chiarazioni controcorrente90 . A livello nazionale poi l’uniformità di analisi è stata vistosa. Uno scam- bio di lettere che ha coinvolto nel 1999 il segretario nazionale dei Democra- tici di sinistra, il ministro degli Interni e il coordinatore regionale di Alleanza nazionale è significativo a proposito. Vi è da registrare un sostanziale accor- do tra gli esponenti politici nell’analisi e descrizione dei processi sociali al- l’Esquilino. Il segretario nazionale dei Ds Veltroni in una lettera 91 aperta al ministro degli Interni analizzava la situazione dell’Esquilino in questi termi- ni: “La situazione venutasi a creare in quel quartiere del centro di Roma ri- chieda la predisposizione di ulteriori interventi urgenti e straordinari di pre- venzione, controllo e repressione. La zona attorno a piazza Vittorio, contigua 670 Pierpaolo Mudu 88 «La Repubblica», 8 ottobre 2000, Ecco le ricette per il quartiere. 89 Al di fuori delle proposte dei vari comitati o dei partiti è interessante richiamare due proposte diverse, una di un sindacato di polizia un’altra dei sindacati confederali. “Intanto, pe- rò, l’Unione sindacale di polizia parla addirittura di ‘ronde’. Cinquanta ronde composte da re- sidenti e da forze dell’ordine per un totale di 150 persone sarebbero ‘pronte a scendere in campo’, assicura il presidente nazionale dell’Usp Giampaolo Tronci. ‘I 30 giorni entro i quali il questore di Roma si era pubblicamente impegnato a ripulire l’Esquilino dalla criminalità so- no trascorsi abbondantemente’, si legge in una nota dell’Usp. Per questo il sindacato ‘è pronto a dare il via alle ronde e a farle entrare in azione tra qualche giorno, in stretta collaborazione con gli uffici di polizia della giurisdizione’” («la Repubblica», 9 ottobre 2000). “Cgil, Cisl e Uil Roma e Lazio […] per quanto concerne la vivibilità auspicano l’avvio di una politica atti- va della sicurezza che sappia coniugare la presenza sul territorio delle forze dell’ordine con la possibilità di utilizzare pienamente gli spazi pubblici” («la Repubblica», 17 ottobre 2000). 90 L’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Borgna, si diceva convinto “che la cultu- ra, anche se non è risolutiva, rappresenta comunque un antidoto, un elemento di contrasto al degrado” («la Repubblica», 25 novembre 2000, E dopo piazza Navona bancarelle anche a piazza Vittorio). 91 «Il Messaggero», 10 settembre 1999, Cura urgente per l’Esquilino.
  • 31. alla stazione Termini, ha conosciuto da anni un fortissimo incremento del nu- mero di presenze di cittadini extracomunitari, certamente superiore rispetto alle reali possibilità di accoglienza e di integrazione del quartiere. Concen- trazione in quella realtà di un numero francamente eccessivo di centri di ac- coglienza, che andrebbero invece decentrati in tutto il territorio metropolita- no. I fenomeni di illegalità più urgenti: l’intensificarsi di episodi di microcri- minalità, spaccio, sfruttamento della prostituzione, aggressioni, la penetra- zione di forme illegali e non controllate di attività commerciali, legate anche al riciclaggio di denaro”92 . Per trovare una soluzione ai problemi dell’Esqui- lino per Veltroni erano necessarie “[…] iniziative di ulteriore potenziamento di mezzi e uomini, di prevenzione, di controllo e repressione. Ciò potrà con- sentire (assieme agli interventi di altri soggetti come la guardia di finanza, i carabinieri, la stessa polizia municipale, eccetera) di fornire ai cittadini ri- sposte ancora più efficaci per la tutela della sicurezza e della vivibilità del- l’Esquilino, in un rapporto sempre più positivo con tutti i livelli delle istitu- zioni”. La Jervolino, pur condividendo l’analisi di Veltroni, giudicò le richie- ste sostanzialmente inutili, dato che il rione in “degrado” era sottoposto a un presidio e pattugliamento continui 93 . Lo scambio epistolare veniva comun- que concluso dal coordinatore regionale di Alleanza nazionale che rivendica- Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 671 92 La riproposizione dell’associazione tra concentrazione e pericolosità sociale “[…] è tra i temi più caratteristici del discorso all’origine delle riforme urbane, e dell’urbanistica moderna nel secolo XIX. In essa ritroviamo anche quel determinismo ambientale che è stato il vizio originale delle discipline urbane e base della fiducia da parte di riformatori e classi dirigenti nella possibilità di ottenere uno sviluppo urbano ‘ordinato’. Se qualcosa si può ri- cavare dal lungo dibattito su questi temi è proprio l’ammonimento ad evitare questo genere di determinismo. Non vi sono regole ed uniformità in questo campo, perché non vi è un ruolo invariante dei fattori spaziali. Gli effetti variano con i diversi fattori sociali in gioco – la scala, il contesto urbano e sociale, la tipologia insediativa. […] Mentre ciò che occorre è precisamente questo: far uscire il tema dall’ideologico, a partire dalla critica del determini- smo spaziale – interrogarsi appunto sulle determinanti sociali delle diverse forme spaziali” (A. TOSI, Immigrati e senza casa, Milano, Angeli, 1993, p. 40). 93 Un estratto delle dichiarazioni della Jervolino: “[…] i presidi delle forze di polizia presenti nella zona sono rappresentati dal commissariato di P.S. Esquilino e dalla stazione dei carabinieri di piazza Dante. Attualmente l’organico del commissariato di P.S. ammonta a 93 elementi, 24 in più rispetto a quanto previsto dal decreto ministeriale dell’8/11/1998. Il potenziamento dell’organico dell’ufficio è dettato dalla consapevolezza della particolare si- tuazione di degrado in cui versa il quartiere, maturata anche nel corso delle ripetute riunioni con i rappresentanti dello stesso. Viene assicurata quotidianamente la presenza di 2 autora- dio con turno di ventiquattr’ore per il pronto intervento nel quartiere, mentre altra unità so- sta in servizio di vigilanza fissa alla sede dell’OLP. Inoltre è assicurata quotidianamente la presenza di un’unità che opera con camper, dalle 8 alle 20 con postazioni diversificate a se- conda delle esigenze. La zona è ulteriormente pattugliata da una volante dell’Ufficio Pre- venzione generale e soccorso pubblico e da elementi operativi della squadra mobile e della DIGOS che assicurano l’attività investigativa di specifica competenza. In particolare, al fine di contrastare più efficacemente l’abusivismo, su direttiva del questore sono stati effettuati interventi congiunti anche con personale delle ASL e dei vigili urbani che dall’inizio dell’an-
  • 32. va da tempo l’analisi fatta da Veltroni e orgogliosamente ricordava l’impe- gno contro “l’invasione degli extracomunitari” e “l’inesorabile trasformazio- ne del rione in quartiere ‘multirazziale’”94 . Repressione e controllo all’Esquilino sono di routine, senza che poi que- sto riesca ad assicurare alcun risultato da chi li sostiene. In un arco temporale limitato, l’Esquilino è stato visitato di persona dal ministro dell’Interno, dal questore, dal prefetto, dai segretari di Alleanza nazionale e dei Democratici di sinistra. Il significato dello spazio geografico degli immigrati all’Esquilino, co- struito dalla stampa e dalla maggioranza delle forze politiche, si può riassu- mere con le seguenti parole del «Messaggero»95 : “È come se uno spartiacque fosse calato a spezzare in due la piazza e il quartiere. Il lato sinistro, verso via Merulana, è rimasto, con poche consolidate eccezioni, made in Italy. Il lato destro, verso la stazione, è una Chinatown in gestazione. La frontiera si è attestata in via dello Statuto […]”. Significati diversi raramente trovano spazio. 672 Pierpaolo Mudu no hanno effettuato controlli sistematici e ripetuti a tutti gli esercizi commerciali gestiti sia da stranieri che da italiani, nell’ambito del quartiere Esquilino. Contemporaneamente, per- sonale dell’arma dei carabinieri, unitamente a militari del NAS e in stretto collegamento con i funzionari della polizia di stato, ha operato analoghi controlli” («Il Messaggero», 12 set- tembre 1999, Esquilino, arriva il ministro). 94 “Siamo felici di annoverare tra le file di Alleanza nazionale un nuovo militante: Wal- ter Veltroni. È bizzarro, tuttavia, che il segretario diessino si renda conto soltanto adesso – se si escludono le passeggiate elettorali – del degrado che affligge l’Esquilino. Condividia- mo le sue ansie tardive e la ‘cura’ consigliata. Ma non possiamo non chiederci cosa nascon- da questa conversione. Quando abbiamo richiamato la giunta Rutelli, di cui la Quercia è il pilastro portante, sull’invasione di extracomunitari siamo stati tacciati di xenofobi, proprio dai buonisti allevati alla corte di Veltroni. Quando abbiamo chiesto controlli sulle licenze ri- lasciate agli stranieri siamo diventati ‘bottegari’ nemici dei paradisi dell’integrazione. E quando, infinite volte, siamo scesi in piazza invocando sicurezza siamo stati ‘bollati’ come reazionari. Ora, che succede? Dismessi i panni di Clinton, Walter vuole indossare quelli di Fini? Libero di farlo, ma prima dovrebbe sanare le contraddizioni del suo partito, responsa- bile dell’aumento incontrollato degli immigrati nel suo collegio elettorale, come in tutta Ita- lia. In verità i Ds vorrebbero continuare a ingannare i cittadini recitando ancora il ruolo di partito di lotta e di governo: da un lato protestando contro l’invivibilità del quartiere, dal- l’altro scegliendo l’inesorabile trasformazione del rione in quartiere ‘multirazziale’. Il com- missariato di zona intanto, a corto di organico e mezzi, non riesce a fronteggiare le guerre tra bande rivali. E anche questo, caro Veltroni, è imputabile al suo ‘partito di lotta e di go- verno’ e alle favolette da voi raccontate che finora ha prodotto la ribellione dei cittadini ita- liani e l’emarginazione degli extracomunitari. Complimenti e... benvenuto tra noi!” [Ram- pelli, coordinatore regionale di Alleanza nazionale] («Il Messaggero», 12 settembre 1999, An: Veltroni, benvenuto tra noi). 95 «Il Messaggero», 13 dicembre 1999, Esquilino, la corsa ai regalini per trovare tolle- ranza e dialogo.
  • 33. Conclusioni L’Esquilino per la sua posizione nel centro di Roma al lato della stazione Termini occupa una posizione importante nel Centro storico. Negli ultimi an- ni è stato oggetto di una grossa attenzione politica. Il dibattito politico è stato incentrato sul problema del degrado del rione. Il degrado dell’Esquilino vie- ne rappresentato ormai quasi unanimemente come il risultato dell’insedia- mento di immigrati stranieri arrivati improvvisamente a turbare la tranquilli- tà di un bel rione del Centro storico. Il fatto che una zona del centro non sia stata abbandonata o terziarizzata, ma anzi occupata da immigrati stranieri co- stituisce per molti un motivo di degrado. Un’analisi di diverse informazioni raccolte da varie fonti non supporta l’idea che il processo di degrado dell’Es- quilino sia legato ai nuovi flussi migratori dall’estero. Le informazioni rac- colte mettono anzi in discussione il concetto di degrado normalmente utiliz- zato e suggeriscono la presenza di una forte azione egemonica da parte di idee razziste nella costruzione del concetto di degrado. L’Esquilino viene de- scritto come un luogo anomalo, opposto allo spazio occupato normalmente dagli italiani. La visibilità della diversità diventa una minaccia per lo spazio normale. Il vecchio razzismo basato su differenze biologiche cede il passo a più articolate elaborazioni basate sull’impossibilità di integrazione, la crimi- nalizzazione delle minoranze e il controllo del territorio. Le frasi e gli agget- tivi utilizzati dai politici e dalla stampa per raccontare lo spazio degli immi- grati dell’Esquilino rimandano talvolta a luoghi, o meglio luoghi comuni, acriticamente accettati per rendere il degrado di altri paesi. I numerosi richia- mi a “Bronx”, “casbah” e Chinatown servono a commentare ed esporre uno spazio alieno. Nei quotidiani immigrati, crimine e degrado sono diventati si- nonimi e con molta chiarezza è emerso il conflitto tra la rappresentazione dello spazio dell’Esquilino da parte degli immigrati e la rappresentazione che ne fanno i quotidiani e le forze politiche. Queste rappresentazioni mo- strano il duplice aspetto di essere sia un prodotto che un produttore dell’i- dentità di un luogo e in modo contraddittorio, all’interno, sono presenti sia forme di dominio che di resistenza ed integrazione. In sintesi vi è la proposi- zione di un ordine sociale molto conservatore, il discorso sulla criminalità contiene e cela tutta una serie di problemi censurati o rimossi come il razzi- smo e la divisione di classe, in particolare modo. Discutere di crimine è più facile e praticabile che trattare di ingiustizie sociali o razzismo. Il degrado dell’Esquilino è nato innanzitutto quando la città ha sospeso la pratica e la qualità dello spazio pubblico per ampie parti del quartiere e ha permesso che le leggi della rendita facessero indisturbate il loro corso. Sep- pure si volesse usare una definizione classista di degrado ci troveremmo in presenza del fatto che diversi studi fanno risalire questo tipo di degrado a Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 673
  • 34. ben prima che gli immigrati stranieri cominciassero a concentrarsi nel quar- tiere. Ma il processo di degrado che ha interessato l’Esquilino ha portato un risultato non previsto, ovvero la nascita di un’enclave etnica. È pur vero che la concentrazione degli immigrati all’interno dell’Esquilino, alta relativa- mente a Roma, è molto bassa se si prendono in considerazione altre città eu- ropee per non dire nordamericane. L’afflusso di immigrati all’Esquilino, quindi di persone che vanno a vivere nel centro della città, ha posto un segno forte rispetto all’abbandono ormai indiscusso del resto del centro della città. La valenza urbana della città di Roma si è giocata nel corso dei secoli nella definizione dello spazio pubblico, e proprio il fatto che una società, multiet- nica, si ricomponesse in un Centro storico privo di società ha coinvolto in modo conflittuale le forze politiche e sociali nella discussione dell’uso degli spazi. Discussione che assegna, egemonicamente, turismo e terziario e una residuale residenza per i più ricchi al centro della città. Ricomporre una so- cietà ha voluto anche significare il fatto che gli immigrati cinesi e del Ban- gladesh sono subentrati agli italiani nella gestione di attività commerciali po- nendo visibilmente il fatto che l’immigrato non è per forza di cose un sog- getto passivo e inferiore. L’attività economica degli immigrati all’Esquilino pone in discussione le teorie preminenti sul mercato del lavoro e la supposta incapacità di integrazione da parte di gruppi lontani dalle tradizioni italiane come quelli provenienti dall’Asia, a meno che cattolici e ubbidienti domesti- ci96 . All’Esquilino le attività economiche e le strutture culturali, per mezzo di reti personali e sociali più o meno intense, mantenute al di là delle divisioni territoriali, hanno generato flussi transnazionali rilevanti. La nascita di attività imprenditoriali avviene però in un quadro politico odierno in cui manca ogni analisi che colga la complessità dello spazio mul- tietnico; l’indirizzo politico mostra anzi un’esaltazione della separazione so- ciale con barriere invalicabili per i gruppi marginali, una chiara indisponibi- lità a considerare la differenza come una risorsa civica, una completa igno- ranza degli aspetti positivi della concentrazione etnica e l’assunzione di arbi- trarie, inconsistenti rigide categorie di classificazione culturale e razziale. Alla fine degli anni Novanta l’Esquilino è stato oggetto di numerosi lavori di riqualificazione avviati dal Comune e di investimenti per l’aumento della 674 Pierpaolo Mudu 96 A questo proposito va ricordato il fatto che a Roma la maggiore concentrazione di immigra- ti stranieri si ha, a livello di zona urbanistica, nella zona 1A (Centro storico) seguita dalla zona 1E (l’Esquilino), ambedue nella I circoscrizione. Queste due zone contengono lo stesso numero di immigrati, pari a più di 5000 unità ciascuna. Il significato delle presenze è però diverso. Infatti la presenza degli immigrati nel Centro storico è richiamata con poche associazioni mentre la secon- da è protagonista, come visto, di diverse decine di articoli e report specifici. La parte di popola- zione che vive nel Centro storico è quella considerata più “integrata” con la popolazione italiana, la serve per lavori umili o di assistenza o all’opposto è addirittura più ricca.
  • 35. struttura ricettiva per il Giubileo. Si stanno rapidamente ritrasformando le pre- senze sociali del quartiere, lo spostamento del mercato e gli investimenti che si sono concentrati nell’area stanno aprendo una nuova fase in cui, probabilmen- te, si stabilizzerà la presenza degli Esquilini più ricchi e ci sarà un allontana- mento degli Esquilini più poveri, che si troveranno a cercare di vivere in un’a- rea che sta rapidamente riacquistando valore. A settembre 2001 è stato chiuso il mercato di piazza Vittorio, trasferito nei locali della ex centrale del latte. La stampa unanimemente plaude all’evento 97 , sia il Comune che l’opposizione hanno fatto affiggere, in tutta la città, nell’ottobre 2001 dei manifesti che cele- brano il trasferimento del mercato e la rinascita del rione. Piazza Vittorio si av- via a perdere il carattere di spazio pubblico garantito dal mercato che ne costi- tuiva il sostegno sociale. Il nuovo mercato deve somigliare maggiormente a uno shopping center da raggiungere in auto, secondo i progetti di una decina di anni prima98 . È lecito sostenere che il modello che si vuole estendere all’Esqui- lino è quello che si sta affermando nel Centro storico, cioè privatizzazione del- lo spazio pubblico, controllo poliziesco (meglio se di tipo etnico), recinzioni per isolare progressivamente ogni spazio pubblico99 . I portici di piazza Vittorio sono adesso l’altro spazio minacciato dalla restrizione della città pubblica, con miopia e perseveranza il governo della città si allinea alle misure adottate nelle altre città globali, rinunciando alla qualità permessa dalla presenza di spazi pubblici vissuti e non militarizzati o museificati. Nello spazio delle grandi ca- pitali globalizzate lo spazio dell’Esquilino rappresenta un’anomalia poiché i segni commerciali della globalizzazione non sono presenti, il commercio è polverizzato in centinaia di piccoli imprenditori e sono assenti i grandi marchi delle città globalizzate. Il paesaggio urbano è poi segnato da una vita continua nelle strade che rimanda ad un uso dello spazio pubblico che nelle attuali città globali le forze egemoni avversano profondamente. Gli “Esquilini” producono una geografia che va criticamente letta non solo a livello locale, rionale, ma addirittura a scala regionale, nazionale e transnazio- nale, è per questo motivo che bisogna continuare a indagare trasformazioni so- ciali che bisogna riconoscere non limitate a un ambito circoscritto di territorio. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 675 97 “Il sindaco e la giunta hanno solennemente ‘ripreso possesso’ dei marciapiedi, delle can- cellate, del giardino, della Porta Magica, riconsegnandoli alla città […] chiudendo la parentesi extraterritoriale che tante contestazioni aveva creato. Simbolo del degrado e dell’abbandono di un intero rione: terra di nessuno, terra di tutti, terra senza legge” («la Repubblica», 23 set- tembre 2001a). Si veda pure il «Corriere della Sera» del 21 dicembre 2001, La disfida di piaz- za Vittorio, trent’anni per i nuovi banchi. 98 Si veda «L’Osservatore Romano», 24 febbraio 1990, Si attende per lunedì la decisione sul mercato di piazza Vittorio. 99 P. MUDU, Rome: urban politics and privatization of public space, paper presentato, a New York, al convegno annuale dell’Association of American Geographers, 2001.
  • 36. Appendice Figura 10. 1951 – Esquilino: popolazione residente per sezione di censimento. Fonte: elaborazione su dati del Comune di Roma, censimento del 1951. 676 Pierpaolo Mudu
  • 37. Figura 11. Esquilino: percentuale di popolazione, per sezioni di censimento, nel 1991 rispetto al 1951. Fonte: elaborazione su dati del Comune di Roma, censimento del 1951. Gli Esquilini: contributi al dibattito sulle trasformazioni nel rione Esquilino 677
  • 38. Figura 12. 1997, Esquilino – Le attività economiche degli immigrati. Fonte: riproduzione dalla «Repubblica» dell’8 agosto 1997. 678 Pierpaolo Mudu