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Presentazione su


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         a ia

Prodotta da Federico Celozzi
VITA


         ESCI


OPE RE
(Fabriano, 1370 ca - Roma, 1427)
Soprannome di Gentile di Niccolò, nato a Fabriano, in provincia di
Ancona, nelle Marche, era il figlio di Giovanni Massi, un commerciante di
stoffa. Pittore di ricca cultura, divenne una delle maggiori figure italiane
nello stile “Gotico Internazionale”, largamente diffuso. Anche se molte
tracce suggeriscono che fu istruito a Milano (o comunque in Lombardia) e
a Verona, grandi centri culturali dell’epoca, dove avrebbe cominciato ad
elaborare una pittura elegante e raffinata, caratterizzata da una grande
ricchezza di dettagli, sembra che Gentile abbia avuto la sua prima
formazione artistica in Umbria o nelle Marche; senza dubbio, però, deve
aver incontrato l'arte senese già in giovane età. L'attenzione al particolare
più minuto rivela tra l'altro l'influenza che ebbe su di lui l'arte della
miniatura. Inoltre è decisamente notevole l’influenza della cultura
francese, fiamminga e tedesca nella sua pittura. Gentile fu, probabilmente,
l'artista più ricercato e famoso in Italia nei primi decenni del quindicesimo
secolo.
MENU                         SINTESI VOCALE                               ALTRO
Questo è confermato, oltre che dai suoi viaggi
in grandi città come Venezia, Firenze, Roma,
Orvieto e Perugia, anche dal grande numero di
alunni che egli ha attirato, come Pisanello,
Jacopo Bellini, e Fra Angelico, il suo più
grande erede.

Un tipico esempio tra i primi lavori di Gentile
è il “Polittico di Valle Romita” (1400 circa),
così denominato perché fu dipinto per un
convento di Valle Romita, vicino a Fabriano.
L’opera principale di questo polittico è
“l’Incoronazione della Vergine”. Ora è
conservato nella Galleria di Brera di Milano. La “Vergine con Bambino
tra San Nicola e Santa Caterina”, conservato attualmente al
Gemaldegalerie di Berlino, e la “Madonna col Bambino tra i Santi
Francesco e Chiara”, conservato allo Staatliche Museen di Berlino,
costituiscono altri importanti esempi tra i primi lavori di Gentile e
MENU al periodo tra il 1395-1405.
risalgono                       INDIETRO                              ALTRO
In particolare rivelano influenze Senesi e Lombarde dell’ istruzione e
formazione artistica di Gentile. Queste opere, dipinte a Perugia, presentano
tutte le caratteristiche principali dell’arte tardo-Gotica-Internazionale: un
gusto semplice accompagnato allo stesso tempo da ricchi panneggi (con
prevalenze di motivi dorati), flessuosa linearità dei contorni e fastosità dei
costumi. Tra le altre opere di questo periodo abbiamo due “Madonne con
bambino”, conservate una al Metropolitan Museum di New York, e l’altra
alla Galleria Nazionale di Perugia.

Nel 1408, Gentile fu chiamato a Venezia per dipingere degli affreschi
(sfortunatamente distrutti) nella sala del Maggior Consiglio del Palazzo
Ducale (anche detto Palazzo del Doge). L’opera di spicco di questa sala,
con la quale guadagnò moltissima popolarità, è l'affresco con la “Battaglia
navale tra i veneziani e Ottone III” (oggi perduto), al quale collaborò
anche il Pisanello. Il suo più importante alunno Veneziano fu Jacopo
Bellini che divenne in seguito un famoso pittore (anche se più tardi venne
sorpassato dai suoi figli Giovanni e Gentile).

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Il suo arrivo a Venezia presenta la prima data ufficialmente registrata che
possediamo, attualmente, riguardo Gentile. Egli rimase lì almeno fino al
1414, quando, tra il 1415 e il 1419, soggiornò a Brescia. Qui realizzò
un’altra serie di opere per Pandolfo Malatesta nel Broletto di Brescia.
Sfortunatamente, di Gentile da Fabriano non sopravvive nulla né del
lavoro Veneziano, né delle commissioni che egli eseguì per il Malatesta a
Brescia.
Nel 1419, dopo essere stato a Brescia (e a Fabriano dove ha lavorato per
“L’incoronazione Della Vergine” e la “Stimmate Di San Francesco il
pittore si stabilì in Firenze, dove era molto attiva la generazione di
Donatello, Ghilberti, e Brunelleschi. Il lavoro di Gentile da Fabriano è
elegante ed è caratterizzato da un elevato stile, poiché egli si avvale molto
di sfondi a tema aureo e innumerevoli dettagli molto raffinati. Le sue
grandi abilità tecniche potrebbero essere frutto di un rinnovato interesse
per la scultura classica. Nel 1423 egli produsse, per la cappella di Palla
Strozzi, il suo capolavoro più famoso, la grandiosa “Adorazione dei
Magi”, dipinta originariamente sulla Pala Strozzi (pala d’altare della
chiesa di Santa Trinità) ma ora conservata agli Uffizi di Firenze.
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In questo dipinto, che ci è giunto
integro nella sua cornice intagliata e
dipinta in oro, i personaggi della
scena, che indossano ricchi costumi,
sono immersi in una atmosfera
fiabesca, quasi irreale, unita però ad
un'attenta descrizione veristica di
piante e fiori. L'opera, dominata dal
corteo di figure al seguito dei Magi,
esibisce ricchi dettagli dorati,
intrecciati sui vestiti dei personaggi
e sui finimenti dei cavalli. In questa
celeberrima tavola Gentile compone
quasi un’antologia delle sue diverse
componenti stilistiche, armonizzate
in un’opera di grande suggestione.


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Sempre a Firenze, “L'Adorazione del Magi” fu seguita, nel 1425, dalla
decorazione, per la chiesa di San Niccolò Oltrarno, del “Polittico
Quaratesi” (così chiamato perché licenziato dalla famiglia Quaratesi), ora
diviso in più pitture che sono conservate in vari musei (Collezione Reale di
Londra; Uffizi di Firenze; Pinacoteca Vaticana di Roma e National Gallery
di Washington). Tra le opere più importanti di questo polittico vi sono “Un
Miracolo di San Nicola” e “San Nicola e le Tre Palle d’Oro”, che fanno
entrambi parte della predella del polittico. Dopo che ebbe soggiornato a
Siena e ad Orvieto (dove lui dipinse l'affresco della “Madonna con
Bambino” nel Duomo di Orvieto), nel gennaio del 1427 si trasferì a Roma.
Qui, anche se distrutta in una ristrutturazione della chiesa, avviò, sotto il
consenso di papà Martino V, l’ambiziosa decorazione di un ciclo di
affreschi (comprendenti “La Vita Di San Giovanni Battista”) sulla navata
centrale della Basilica di San Giovanni in Laterano, che rimase incompleta
quando morì nell’agosto del 1427, ma portata a termine da Pisanello.




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Primo Periodo (1395-1405 ca)



Secondo Periodo (1415-1424)



Terzo Periodo (1425-1427)


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Polittico di Valle Romita (1400)
                                   • Incoronazione della Vergine
Primo Periodo (1395-1405 ca)
                                   e dei Santi
                               Altre opere
                                   • Madonna con Bambino tra San
                                   Francesco e Santa Chiara (1395)
                                   • Madonna con Bambino tra San
Secondo Periodo (1415-1424)
                                   Nicola e Santa Caterina (1400 ca)
                                   • Madonna con Bambino (Galleria
                                   nazionale dell’Umbria, 1405 ca)

Terzo Periodo (1425-1427)


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Pala Strozzi (1423)
                                   • Adorazione dei Magi
Primo Periodo (1395-1405 ca)       • Presentazione di Cristo al
                                   Tempio
                                   • Riposo Durante la Fuga in
                                   Egitto
                                   • Iconografia sulla Natività
Secondo Periodo (1415-1424)    Altre Opere
                                   • Madonna con Bambino (Museo
                                   Nazionale di San Matteo 1415-16)
                                   • Incoronazione della Vergine (1420)
                                   • Le Stimmate di San Francesco
Terzo Periodo (1425-1427)          • Madonna con Bambino (Museo
                                   Nazionale di Washington 1422)
                                   • Madonna con Bambino tra San
                                   Lorenzo e San Giuliano (1423-24)
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Polittico Quaratesi
                                   • Nascita di San Nicola da Bari
Primo Periodo (1395-1405 ca)       • San Nicola da Bari Placa il
                                   Fortunale in Mare
                                   • San Nicola da Bari Dona Tre
                                   Palle D’oro a Tre Fanciulle
                                   Povere
Secondo Periodo (1415-1424)        • San Nicola da Bari
                                   Resuscita Tre Fanciulle
                                   • Un Miracolo di San Nicola
                                   • I Quattro Santi del Polittico
Terzo Periodo (1425-1427)      Madonna con Bambino del
                               Duomo di Orvieto


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IN C O R O N AZIO N E
D E LLA VE R G IN E E
S AN TI
1 400 ca – Te m p e ra s u
p anne llo – 1 1 7 x 40 cm
P inacote ca d i Bre ra, M ilano




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MAD O N N A C O N BAMBIN O
TR A S AN F R AN C E S C O E
S AN TA C H IAR A

1 395 ca - Te m p e ra s u tavola - 56,5
x 42 cm - S taatlich e M u s e e n, Be rlino




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MAD O N N A C O N
BAMBIN O TR A S AN
N IC O LA E S AN TA
C ATE R IN A
1 400 ca - O lio s u te la -1 31 x
1 1 3 G e m äld e gale rie , Be rlino




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MAD O N N A C O N BAMBIN O


  1 405 ca – G alle ria N azionale
  d e ll’U m b ria, P e ru gia



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P ALA S TR O ZZI


1 423 - Te m p e ra s u tavola -
300 x 282 cm



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AD O R AZIO -
NE D EI
MAG I

1 73 x 220 cm
G alle ria d e gli
U ffizi, F ire nze




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I
n
d
i
e
tr
o
25 x 88 cm – G alle ria d e gli U ffizi, F ire nze




                        Ind ie tro
25 x 62 cm – M u s e è d u Lou vre , P arigi




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MAD O N N A C O N
  BAMBIN O

1 41 5-1 41 6 - M u s e o
N azionale d i S an
M atte o, P is a


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IN C O R O N AZIO N E
   D E LLA VE R G IN E

1 420 - te m p e ra s u tavola - 85 x
62 cm - J. P au l G e tty M u s e u m ,
Los Ange le s



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S TIMM ATE D I S AN
   F R AN C E S C O

1 420 - te m p e ra s u tavola - 87 x
62 cm - F ond azione M agnani
R occa, Trave rs e rolo (P arm a)




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MAD O N N A C O N BAMBIN O


1 422 - Te m p e ra s u tavola -
N ational G alle ry of Art,
Was h ington


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MAD O N N A C O N BAMBIN O
  TR A S AN LO R E N ZO E S AN
  G IU LIAN O

1 423/ 424 - te m p e ra s u tavola
       1                              91 x 47 cm
– F rick C olle ction, N e w York




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N AS C ITA D I
S AN N IC O LA


1 425 – O lio s u
p anne llo
P inacote ca
Vaticana, R om a


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S AN N IC O LA
P LAC A IL
F O R TU N ALE
IN M AR E

1 425 – O lio s u
p anne llo
P inacote ca
Vaticana, R om a


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S AN N IC O LA D O N A
TR E P ALLE D ’O R O
A TR E P O VE R E
F AN C IU LLE


1 425 – O lio s u
p anne llo P inacote ca
Vaticana, R om a


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S AN N IC O LA
R E S U S C ITA TR E
F AN C IU LLE

1 425 – O lio s u
p anne llo
P inacote ca
Vaticana, R om a

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U N MIR AC O LO D I
S AN N IC O LA

1 425 – O lio s u
p anne llo
P inacote ca
Vaticana, R om a

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I Q U ATTR O
S AN TI
D E LLA
P ALA
D ’ALTAR E
1 425 - Te m p e ra s u
p anne llo 803 x 57
cm G alle ria d e gli
U ffizi, F ire nze




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Ind ie tro
M AR IA M AD D ALE N A   1 97 x 57 cm




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S AN N IC O LA   1 97 x 57 cm




  Ind ie tro
S AN G IO VAN N I
BATTIS TA


                    1 97 x 57 cm



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S AN G IO R G IO   1 97 x 57 cm




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MAD O N N A C O N BAMBIN O


  1 425 – Affre s co – D u om o d i
  O rvie to, O rvie to (S ie na)




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Nei pannelli laterali: San Geronimo, San Francesco, San
Domenico e Maria Maddalena. Nei pannelli superiori (la cui
sequenza non è stata ancora ricostruita definitivamente):
San Giovanni Battista nel Deserto, L'esecuzione di San
Pietro Martire, San Tommaso d'Aquino e San Francesco
mentre riceve la Stimmate.

Questo polittico fu eseguito per il convento di Valle Romita a
Fabriano nel 1400 ca. Indubbiamente, la familiarità con le
miniature e il lavoro grafico lombardi del tardo ‘400 furono
un elemento importante in quest’opera di Gentile da
Fabriano, come è indicato dalle chiare affinità tra il suo
lavoro e quello di Michelino da Besozzo. Egli fu anche
influenzato da maestri di varie correnti, come Barnaba da
Modena e Taddeo di Bartolo, e più incisivamente dall' arte
toscana e veneziana.
Nel pannello centrale viene mostrata la Vergine mentre è
incoronata da Cristo, in presenza di Dio ed del Spirito Santo.
La raffinata e delicata composizione è completata da tre
figure caratterizzate dall’assenza di peso (che sembrano
essere senza-corpo nei loro drappeggi) e da elementi
inconsistenti, come la raggiante e fiammeggiante aureola che
sostiene l'apparizione della Trinità. Forme curve (inclusa la
banda di musicisti angeli, i contorni delle figure di Cristo e la
Vergine, e la folla di serafini attorno a Dio) richiamano la
forma arcuata del pannello.
Nei pannelli laterali i corpi dei santi sembrano scomparire
nelle loro vesti. Vi è un gioco estremamente raffinato di
variazioni di colore tra le quattro figure. La veste rossa-
bianca-aurea di San Geronimo e il costume color rosa-viola
di Maria Maddalena si contrappongono con il marrone più
sobrio dell'abito di San Francesco ed il nero del manto di
San Domenico. I piedi nudi di San Francesco, una
caratteristica della sua iconografia, sono pressoché
sconnessi dal resto dell’opera. Infatti, i piedi delle altre figure
rimangono invisibili, nascosti dalle loro vesti e dallo spesso
tappeto di fiori.
L'indifferenza all'interpretazione dello spazio e alle relative
grandezze delle figure può anche essere visto nei piccoli
pannelli superiori della pala di altare. San Giovanni Battista
e San Francesco, mostrati inginocchiati di profilo, sono
schiacciati fra vette rocciose, che mostrano nessun
riguardo, da parte di Gentile, a proporzioni realistiche.
Similmente, San Tommaso è posto in uno stretto giardino,
circondato da un muro e da una porta, che accentuano
l'atmosfera meditazione solitaria. Il martirio di San Pietro,
che non è eccessivamente sanguinario nonostante la
presenza di un flusso di sangue, crea un forte impatto
sull’osservatore, essendo presentato verso di esso.
Francesco d’Assisi


Madonna con Bambino


Chiara
FRANCESCO D’ASSISI
Nato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni,
Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro
Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione
sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa
paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli
altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla
Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo
cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della
Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne
approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si
dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la
Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che
però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di
numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel
1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata
nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.
Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla
vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale
probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del
Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della
Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e
venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono
d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto.
La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive,
comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi
con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli
agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno
o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo
dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un
uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure
senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel
costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di
purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua
rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre
prega.
FRANCESCO D’ASSISI
Nato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni,
Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro
Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione
sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa
paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli
altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla
Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo
cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della
Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne
approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si
dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la
Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che
però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di
numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel
1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata
nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.
Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla
vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale
probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del
Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della
Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e
venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono
d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto.
La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive,
comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi
con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli
agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno
o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo
dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un
uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure
senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel
costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di
purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua
rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre
prega.
MADONNA CON BAMBINO
L’immagine della Madonna col Bambino cominciò a diffondersi
soprattutto dal 431, dopo che il concilio di Efeso, esprimendosi
contro l’eresia nestoriana, aveva ribadito la posizione di Maria
come madre di Dio, e non solo di Gesù. Questa raffigurazione
intendeva proprio incarnare la versione ufficiale della dottrina. La
sua iconografia giunge in Occidente attraverso l’arte bizantina. Ma
ben presto la rigida frontalità orientale, con il Bambino vestito,
eretto e benedicente, lascia il posto a una raffigurazione più intima,
dove la madre e il Bambino si abbracciano e si guardano. Questa
immagine presenta numerose tipologie e varianti: i due possono
essere rappresentati in trono (Maestà), seduti a terra (Madonna
dell’umiltà), accompagnati da santi (Sacra conversazione), mentre
leggono un libro (Madonna del libro), mentre la madre allatta il
figlio (Madonna del latte), con la madre in preghiera davanti al
Bambino, in un giardino, con san Giuseppe (Sacra Famiglia).
CHIARA
Conosciuta anche come Clara (1194 circa-1253), vergine,
fondatrice dell'ordine delle Clarisse. Nata ad Assisi in una famiglia
nobile, all'età di diciotto anni venne accolta nell'ordine
francescano contro la volontà dei suoi genitori. Si ritirò presso la
Porziuncola, rinunciò a ogni suo avere e si fece monaca. In seguito
Francesco concesse a lei e alle sue compagne un piccolo
convento vicino alla chiesa di San Damiano ad Assisi, che lui stesso
aveva restaurato. Nel 1215 Clara divenne badessa di una comunità
di donne che scelsero di vivere secondo la regola e lo spirito di
Francesco: tra queste ci furono anche la madre e due sorelle di
Clara e altre donne di facoltose famiglie. Chiara si distinse come
una delle grandi personalità mistiche del Medioevo, dedita con
entusiasmo al servizio della sua comunità, rigorosa osservante degli
ideali francescani, tra i quali primeggiava l'amore per la natura.
Venne canonizzata dopo appena due anni dalla morte, nel 1255.
E’ raffigurata con l'abito grigio del suo ordine, legato con il cordone
annodato monacale, e una cuffia bianca con sopra un velo nero. È
spesso rappresentata con una pisside o con un ostensorio in mano,
a ricordo di un episodio narrato nella Legenda aurea, nel quale la
santa scaccia i saraceni invasori presentandosi al loro cospetto con
in mano il Santissimo.
Maestà


Caterina d’Alessandria


Nicola da Bari
MAESTA’
Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio
seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la
corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a
entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a
partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare
le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in
grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato
probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina
del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale
contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si
identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della
Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine
di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto
per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
MAESTA’
Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio
seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la
corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a
entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a
partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare
le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in
grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato
probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina
del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale
contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si
identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della
Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine
di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto
per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
MAESTA’
Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio
seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la
corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a
entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a
partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare
le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in
grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato
probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina
del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale
contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si
identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della
Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine
di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto
per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
CATERINA D’ALESSANDRIA
Di questa santa non conosciamo alcun dato storico sicuro. La
tradizione leggendaria che la colloca nel IV secolo ha inizio nell’alto
Medioevo. Caterina, donna molto bella, erudita in tutte le arti e le
scienze, era figlia di un re, Costo. Fu convertita da un eremita al
cristianesimo e in una visione ricevette da Cristo l’anello del
matrimonio mistico con lui. Rifiutò quindi qualsiasi altro pretendente.
A diciotto anni cercò di convertire con argomentazioni filosofiche
l’imperatore Massenzio (o Massimiano), che voleva sedurla. Non
riuscendo a ribattere nulla, l’imperatore fece venire ad Alessandria
quindici (o cinquanta) filosofi. Caterina però convinse tutti della
verità del cristianesimo. Massenzio uccise i filosofi e la gettò in
prigione condannandola a essere martirizzata con quattro ruote
provviste di punte. Ma la santa si salvò grazie all’intervento di un
angelo che spezzò lo strumento di supplizio. L’imperatore allora la
fece decapitare.
Gli angeli trasportarono il suo corpo sul monte Sinai. Suoi tipici
attributi sono la ruota chiodata, la spada, la corona in riferimento al
suo sangue reale, la palma del martirio, l’anello e il libro, emblema
di sapienza. Come patrona degli eruditi e degli studenti è
raffigurata circondata dai simboli della cultura, libri aperti, strumenti
matematici, globi terrestri. È frequente la raffigurazione del suo
matrimonio mistico con Cristo.
NICOLA DA BARI
La vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli,
ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al
digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce.
Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia
Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri
taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel
1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani,
le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo
una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San
Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il
protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della
sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla
cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo
si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla
(o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle
di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.
Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti
caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel
miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la
quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai
imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una
terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini
condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in
tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle
imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo
invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci
attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da
sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la
cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta
mettendo in salvo un intero equipaggio.
NICOLA DA BARI
La vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli,
ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al
digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce.
Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia
Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri
taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel
1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani,
le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo
una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San
Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il
protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della
sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla
cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo
si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla
(o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle
di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.
Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti
caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel
miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la
quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai
imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una
terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini
condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in
tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle
imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo
invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci
attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da
sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la
cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta
mettendo in salvo un intero equipaggio.
Natività

Presentazione al Tempio

Magi

Fuga in Egitto
NATIVITA’
Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a
causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con
i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto
aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì
dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di
cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù
che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non
avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del
Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte
all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi
raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra
anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a
Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente
in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni
fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito
in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta
di Cristo.
La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello
Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato,
mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo
le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve
accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i
capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione
del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto
avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla
miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria,
raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento
divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di
persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio.
Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata
e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo
soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con
Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne
soppresso dal Concilio di Trento.
Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò
durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque
tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna
pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte
della capanna.
NATIVITA’
Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a
causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con
i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto
aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì
dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di
cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù
che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non
avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del
Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte
all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi
raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra
anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a
Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente
in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni
fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito
in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta
di Cristo.
La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello
Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato,
mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo
le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve
accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i
capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione
del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto
avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla
miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria,
raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento
divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di
persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio.
Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata
e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo
soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con
Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne
soppresso dal Concilio di Trento.
Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò
durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque
tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna
pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte
della capanna.
PRESENTAZIONE AL TEMPIO
L’episodio della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è
narrato sia nel Vangelo di Luca, sia nei Vangeli apocrifi. Secondo la
religione ebraica i primogeniti, dopo essere stati circoncisi, devono
essere portati al tempio per ricevere la benedizione del sommo
sacerdote. Il rito prevede il pagamento di una somma di denaro
con la quale si riscatta simbolicamente la morte del nuovo nato,
altrimenti destinato a essere sacrificato. L’usanza affonda le sue
radici nell’episodio biblico della decima piaga d’Egitto, durante la
quale erano stati miracolosamente risparmiati i neonati ebrei,
mentre erano morti tutti i figli degli egiziani. San Giuseppe è per
questo a volte ritratto nell’atto di consegnare cinque sicli d’argento
al sacerdote. Ma lo stesso padre putativo di Gesù, o più di rado la
Madonna o una sua ancella, offre invece due colombe o tortore,
che venivano sacrificate in occasione della rituale purificazione
della puerpera quaranta giorni dopo il parto.
L’evento prevedeva una processione nella quale si portavano ceri
e pani benedetti. La festa, accolta dalla Chiesa cattolica tra le
ricorrenze mariane, venne per questo detta Candelora.
Nell’iconografia i due momenti sono fusi in un’unica scena che si
svolge intorno all’altare all’interno di un luogo sacro spesso
ricostruito di fantasia sotto forma del presbiterio di una chiesa. Tra i
personaggi principali costante è la figura del vecchio Simeone, il
sommo sacerdote cui la Vergine affida il Bambino. Tra gli astanti
compare sempre anche un’anziana donna in abiti monacali: si
tratta della profetessa Anna, la vedova inserviente del tempio che
riconobbe in Cristo il Salvatore.
MAGI
Le figure dei re magi compaiono esclusivamente nel Vangelo di
Matteo. Il testo sacro racconta come alcuni uomini provenienti
dall’Oriente avevano seguito fino a Betlemme una stella che
annunciava la nascita del «re dei giudei». «Si inginocchiarono e
adorarono il Bambino. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono i regali:
oro, incenso e mirra»: l’oro rappresenta un omaggio alla regalità di
Cristo, l’incenso alla sua divinità, la mirra, impiegata
nell’imbalsamazione, prefigura la sua morte. Tertulliano nel II-III
secolo fu il primo a definirli re. Di probabile origine persiana, la
parola magi significa uomini sapienti. Si trattava probabilmente di
babilonesi, esperti nell’osservazione degli astri e sacerdoti di Mitra,
un culto che si era largamente diffuso nell’impero romano. Nella
cultura figurativa delle origini - nelle catacombe, nei bassorilievi dei
sarcofagi e in alcuni mosaici bizantini - i magi indossano proprio le
vesti dei sacerdoti di Mitra e il berretto frigio a forma conica con la
punta ripiegata.
A partire dal primo Rinascimento sono invece effigiati soprattutto
con abiti di corte. Nel loro seguito sono spesso presenti elementi che
denotano la loro origine orientale, come cammelli e leopardi. Oltre
all’adorazione, può essere rappresentato il loro incontro prima della
partenza o il viaggio stesso. I loro nomi derivano forse da un
pontificale (libro contenente le preghiere e il rituale per le funzioni)
ravennate del IX secolo: il più anziano, Gaspare, è inginocchiato
davanti al Bambino seduto in grembo alla Vergine; in piedi dietro di
lui Baldassarre e Melchiorre, il più giovane. Nel tardo Medioevo i
magi potevano rappresentare la personificazione delle tre parti del
mondo; in questa accezione Baldassarre, incarnando l’Africa, può
essere moro. Il più delle volte il tema rappresenta la sottomissione
del potere temporale all’autorità della Chiesa.
FUGA IN EGITTO
L’episodio è raccontato in modo succinto nel Vangelo di Matteo e
ampliato nei Vangeli apocrifi. Dopo la partenza dei magi, un
angelo apparve in sogno a Giuseppe esortandolo a fuggire poiché
Erode cercava il Bambino per ucciderlo. Durante la notte Giuseppe
si alzò e insieme a Maria e Gesù raggiunse l’Egitto, rimanendovi fino
alla morte di Erode. In un altro sogno l’angelo gli disse di tornare
nella terra di Israele e, in una nuova visione, gli consigliò di
raggiungere Nazaret, nella Galilea. In questo modo si compirono le
parole dei profeti secondo le quali il Signore chiamò suo figlio
dall’Egitto e venne poi nominato Nazareno. Secondo la
rappresentazione più comune la Vergine con il Bambino monta un
asinello, condotto da Giuseppe; la scena si svolge di notte secondo
le indicazioni evangeliche. Possono essere raffigurati anche i tre figli
precedenti di Giuseppe e la levatrice Salomè. Sul fondo può esserci
un campo di grano che, secondo la leggenda, maturò in una sola
notte dopo il passaggio della Sacra Famiglia.
A volte è raffigurato il momento della partenza, mentre Maria si
accomiata dai suoi, o è in attesa sotto un albero mentre Giuseppe
sella l’asino. Nella pittura italiana e francese del XVII e XVIII secolo è
raffigurata la scena dell’imbarco per l’Egitto; il traghettatore può
essere Caronte, colui che trasportava le anime dei morti,
prefigurando così la Passione. Con lo stesso significato possono
invece comparire in cielo degli angeli che reggono la croce.
Raramente è trattato il tema del ritorno dall’Egitto. Secondo un
commento ai Vangeli di Giovanni de’ Cauli, sulla via del ritorno la
Sacra Famiglia sostò presso la cugina di Maria, Elisabetta, dove il
figlio Giovanni, nonostante fosse ancora piccolo, riconobbe Gesù
come Figlio di Dio e lo adorò. Un tema molto popolare nella
Controriforma è il Riposo durante la fuga in Egitto: la Vergine e il
Bambino siedono generalmente ai piedi di una palma, che piega le
sue fronde colme di datteri. Accanto a loro è Giuseppe che a volte
coglie i frutti della palma e li offre al piccolo; possono essere
presenti anche l’asinello o la levatrice; gli angeli recano cibo dal
cielo o piegano i rami con i datteri.
INCORONAZIONE DELLA VERGINE
Scena culminante delle storie della vita della Vergine, dopo la
morte e l’assunzione, dall’arte gotica del XIII secolo l’Incoronazione
si trasforma in un tema devozionale autonomo, e la Madonna
diventa personificazione della Chiesa. Generalmente Maria siede (o
è inginocchiata) accanto a Cristo che le pone una corona in capo.
In altre versioni, soprattutto nel Quattrocento italiano, è invece
incoronata da Dio Padre o dalla Trinità. Cristo può reggere in mano
un libro sul quale si legge «Vieni, o mia eletta, e ti porrò sul mio
trono». La Vergine è riccamente vestita conformemente al suo ruolo
di Regina del cielo. Attorno al gruppo cori angelici, anche
musicanti, rappresentano il paradiso; possono essere presenti anche
santi, patriarchi, martiri.
Maestà


Lorenzo


Giuliano
LORENZO
La storia di san Lorenzo si basa sulle scarne notizie della Depositio
Martyrum, in seguito arricchita di particolari narrativi accolti nella
Legenda Aurea. Protomartire della Chiesa romana, ma originario
della Spagna, egli fu il primo di sette diaconi ordinati nel 257 da
papa Sisto II. I cristiani erano a quel tempo perseguitati
dall’imperatore Valeriano (253-260) e quando lo stesso pontefice fu
arrestato e rinchiuso in prigione chiamò a sé Lorenzo per affidargli in
custodia i beni della Chiesa. L’imperatore pagano, desideroso di
possedere tale leggendario tesoro, ordinò al giovane diacono di
consegnargli ogni cosa. Lorenzo acconsentì, ma chiese tre giorni di
tempo durante i quali donò tutto ai bisognosi. Quindi tornò a
palazzo seguito da un corteo di poveri e derelitti mostrandoli come
l’unico vero “tesoro” della Chiesa. Valeriano, ingannato e offeso, lo
punì condannandolo a torture sempre più feroci che culminarono in
quella della graticola arroventata.
Il santo, tuttavia, non sembrava soffrirne e fino all’ultimo, forte della
fede, sfidava il suo persecutore invitandolo a “cuocerlo” bene da
entrambi i lati. La graticola, venerata a Roma come una reliquia, è il
suo immancabile attributo. La sua effigie lo ritrae giovane, tonsurato
e vestito con la dalmatica. Primo diacono e martire della Chiesa
romana, Lorenzo è raffigurato spesso in coppia con santo Stefano,
primo diacono della comunità cristiana di Gerusalemme al tempo
degli apostoli.
GIULIANO
Conosciuto come "l'ospitaliere". Personaggio di un romanzo
medievale, Giuliano apparteneva a una nobile famiglia ed era
amante della caccia: gli era stato predetto che avrebbe ucciso per
errore i propri genitori. Una notte, rientrando a casa
inaspettatamente, trovò il proprio talamo occupato da una coppia
che, al buio, immaginò trattarsi di sua moglie e di un amante, così li
uccise. In realtà, si trattava proprio dei suoi genitori, ai quali la
moglie aveva ceduto il loro letto. Per espiare la sua colpa aprì un
ospizio presso il guado di un fiume allo scopo di offrire riparo ai
viandanti. Un giorno traghettò un lebbroso che stava morendo di
freddo e gli cedette il proprio letto; il giorno successivo il lebbroso si
rivelò essere un angelo e gli annunciò che la sua penitenza era
sufficiente a farsi perdonare il suo peccato. Giuliano è diventato il
patrono dei viaggiatori e dei locandieri e a lui vengono dedicati gli
ospedali e le locande. La storia di Giuliano è illustrata entro cicli
pittorici affrescati in alcune cattedrali gotiche francesi.
Nella pittura italiana e francese del primo Rinascimento sono
raffigurati, come scene indipendenti, gli episodi dell'uccisione dei
genitori e del trasporto del lebbroso (a volte portato sulle spalle,
come san Cristoforo). Gli attributi di Giuliano sono il falcone, la
spada e, più raramente, il remo. Talvolta è raffigurato a cavallo;
altre volte ha al suo fianco un cervo.
Maddalena

Nicola da Bari

Giovanni Battista

Giorgio
MADDALENA
La tradizione iconografica occidentale ha riunito nella figura di
Maria Maddalena tre personaggi distinti: Maria Maddalena, sorella
di Marta e di Lazzaro di Betania; la peccatrice pentita che lavò i
piedi a Gesù in casa di Simone il fariseo; Maria di Magdala, la
donna liberata dai sette spiriti maligni e che assistette disperata alla
crocifissione. Secondo una tradizione agiografica provenzale,
narrata anche nella Legenda Aurea, Maddalena partì insieme ai
fratelli per evangelizzare il sud della Francia. Trascorse poi gli ultimi
trent’anni di vita da eremita, digiunando e compiendo atti di
espiazione. Sin dal Medioevo e soprattutto dopo la Controriforma,
ella è il prototipo della penitente. Per la sua doppia natura di
peccatrice e di donna redenta, Maddalena è, per la sua umanità,
una delle sante più venerate della cristianità. Suo immancabile
attributo è il vaso di unguento, in mano o ai suoi piedi; normalmente
ha lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle. È raffigurata principalmente
in due modi.
Prima della conversione appare come una donna riccamente
vestita e acconciata con gioielli; spesso ai suoi piedi si trova un
cofanetto di gioie rovesciato. Dopo il ravvedimento è dipinta
all’imbocco di una caverna, con addosso abiti stracciati, un
mantello ai suoi piedi, e/o avvolta nei suoi stessi capelli. Altri attributi
specifici di questa seconda versione sono il teschio, il crocifisso, una
frusta, la corona di spine, gli occhi pieni di lacrime. Può essere
rappresentata anche in meditazione con un libro, o in estasi, mentre
ha la visione della beatitudine del paradiso, o durante la sua
elevazione al cielo. Un’altra particolare raffigurazione della
Maddalena è il cosiddetto “Noli me tangere” (Non mi toccare):
dopo essere risorto, Cristo sarebbe apparso a Maddalena
piangente presso il suo sepolcro; quando lo riconobbe, la donna
cercò di toccarlo, ma Cristo glielo proibì e la invitò a recarsi dagli
apostoli ad annunciare la sua resurrezione. In questo soggetto la
Maddalena è di solito in ginocchio mentre Cristo la respinge
allungando un braccio. Ai piedi o in mano a Gesù si possono
trovare una zappa o una vanga, poiché la donna lo scambiò
inizialmente per un giardiniere.
GIOVANNI BATTISTA
Giovanni costituisce la figura di connessione tra il Vecchio e il Nuovo
Testamento, essendo l’ultimo profeta, il primo santo e il precursore di
Gesù Cristo. Le informazioni sulla sua vita ci vengono soprattutto dai
Vangeli e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Figlio di
Zaccaria, sacerdote del tempio, e di Elisabetta, cugina di Maria,
nacque quando questa era molto avanti negli anni e la coppia
aveva ormai perso la speranza di avere figli. L’annuncio della sua
nascita e la scelta del nome furono fatte dall’arcangelo Gabriele.
Giovanni prese presto congedo dai genitori per andare nel deserto
a condurre una vita di penitenza nutrendosi di locuste e miele.
Cominciò quindi a predicare attirando grandi folle; sulle rive del
Giordano istituì il sacramento purificatore del battesimo: per questo
è detto il Battista. Battezzò anche Cristo e lo riconobbe come
Messia quando vide scendere sul suo capo lo Spirito Santo.
Poiché Giovanni nelle sue prediche aveva attaccato duramente il
comportamento amorale e incestuoso del re Erode Antipa che
viveva con la moglie del fratello, Erodiade, il sovrano lo fece gettare
in carcere. Durante un banchetto Salomè, figlia di Erodiade,
accettò di ballare per il re in cambio della possibilità di soddisfare
qualunque desiderio. Su istigazione di Erodiade, chiese e ottenne la
testa del Battista: Giovanni venne così decapitato. Tipici attributi di
Giovanni Battista sono l’agnello (Agnus Dei), simbolo del sacrificio di
Cristo che il santo indica, una croce di verghe e canne molto lunga
ed esile, il vestito di pelli con una cintola di cuoio. Può anche
reggere la ciotola per l’acqua del battesimo o un favo di miele. Da
adulto è raffigurato quasi sempre emaciato e sofferente. Molto
comune è la rappresentazione della sua testa mozzata portata su
un vassoio, da un’ancella o da Salomè. Una vita autonoma ebbe
l’iconografia del Battista infante, detto san Giovannino, raffigurato
con la Vergine e Gesù Bambino soprattutto a partire dal XVI secolo.
GIORGIO
Leggendario ufficiale romano proveniente da una nobile famiglia
della Cappadocia, sarebbe vissuto nel III secolo al tempo delle
persecuzioni di Diocleziano (284-305). Venne martirizzato in
Palestina. Il culto in suo onore partì da Bisanzio e si diffuse
particolarmente nella Chiesa greca ortodossa. Dal XIII secolo
divenne molto popolare anche in Occidente dove, nella società
feudale del Medioevo, costituiva un esempio di comportamento. È
santo patrono dell’Inghilterra e protettore di Venezia. La sua
iconografia è legata soprattutto alla sua lotta contro un terribile
drago che terrorizzava un intero paese a cui gli abitanti dovevano
sacrificare animali e persone. La sorte designò in sacrificio la figlia
del re, ma mentre questa stava per essere sbranata il cavaliere
Giorgio ferì il drago e liberò la fanciulla. Tornò poi in città con la
ragazza e la bestia legata, e promise al popolo che avrebbe
ammazzato il drago se tutti si fossero fatti battezzare.
Nell’iconografia medievale questo tema rappresentava infatti la
lotta contro il male e in particolare contro il paganesimo: la
conversione di una nazione al cristianesimo veniva così
simboleggiata dall’uccisione del mostro da parte del guerriero
armato di lancia; la regione salvata dal paganesimo era
impersonata dalla fanciulla. Il tema della ragazza risparmiata dal
mostro deriva dal mito greco di Perseo. La Legenda Aurea dice che
la città era Silene in Libia, ma altre fonti indicano Beirut. Le
raffigurazioni dei supplizi del suo martirio - veleno, ruota, olio bollente
e infine decapitazione - sono piuttosto rare. Il santo è raffigurato in
armatura e su un cavallo generalmente bianco in allusione alla
purezza, con la spada in mano, mentre giunge sul luogo del
sacrificio, a cui possono assistere gli abitanti della città; il drago è un
mostro alato ricoperto di squame. Nelle immagini devozionali,
impugna lo stendardo con la croce rossa o lo scudo crociato, e
calpesta il drago.
Maestà




Angelo
ANGELO
Il nome angelo deriva dal greco e significa messaggero. Il ruolo di
messaggero della volontà divina era presente nelle antiche religioni
orientali, tanto che il personaggio alato di Mercurio è il prototipo
della analoga figura del cristianesimo. L'Antico Testamento
abbonda di citazioni relative a esseri la cui funzione è quella di
trasmettere la volontà di Dio agli uomini e di proteggere i giusti
(angeli custodi). Tra questi ultimi, emergono le figure di Raffaele
(Libro di Tobia) e Michele (Libro di Daniele). Nel Nuovo Testamento
troviamo invece (Vangelo di Luca) la figura dell'arcangelo
Gabriele, che ha il compito di annunciare alla Vergine la nascita di
Cristo. Nel V secolo si diffonde un testo, il De coelesti hierarchia,
secondo il quale le schiere angeliche si dividerebbero in tre
gerarchie principali e nove categorie: serafini, cherubini e troni;
dominazioni, virtù e potenze; principati, arcangeli e angeli.
I serafini e i cherubini sono creature raffigurate solamente con il
capo provvisto di uno, due o tre paia di ali, e sono di colore rosso
(serafini) o blu (cherubini), mentre per le altre categorie non esiste
una distinzione netta, salvo alcuni specifici attributi. Una generica
raffigurazione di angelo sembra rispondere al tipo iconografico di
adolescente, più raramente a quello di un fanciullo, dall'aspetto
femmineo, vestito di una tunica, con ali e lunghi capelli biondi,
quasi sempre aureolato. Quest'ultimo attributo identificatore può a
volte supplire all'assenza delle ali.
Questa tavola fu realizzata da Gentile da Fabriano per Palla
Strozzi, uno dei personaggi più ricchi della Firenze del
tempo. Al centro della tavola, probabilmente, Gentile
inserisce anche il ritratto del committente: è il personaggio
con il falcone in mano alle spalle del Re in piedi. Alla sua
destra è invece il ritratto del figlio Lorenzo.
Questa tavola è un’autentica festa per gli occhi: essa deve
trasmettere una sensazione di preziosa e ricca eleganza. È
ovvio l’intento autocelebrativo dello Strozzi, che attraverso la
ricercatezza di questa opera manifesta la sua potente
ricchezza. Nell’immagine, infatti, il tema sacro è quasi un
pretesto per inscenare una ricca parata di caccia: momento
mondano sicuramente prediletto dai ricchi e dai nobili del
tempo. Nel quadro compare un cane, in basso a destra, e
molti cavalli immediatamente dietro;
ma vi sono anche due scimmie, in alto quasi al centro,
sedute su dei dromedari, degli uccelli, in cielo, e moltissimi
altri cavalli nelle lunghe parate rappresentate nelle tre
lunette superiori. Vi è ovviamente anche il bue e l’asinello
nella grotta, e vi sono poi alberi e fiori, che Gentile inserisce
anche nella cornici modanate che racchiudono la tavola
centrale. Questa ricchezza di elementi botanici e animali è
tipica del gusto artistico che si avverte nel tardo gotico.
Elementi che vengono sempre rappresentati con una
precisione illustrativa da manuali scientifici.
I personaggi sono tanti, ed hanno caratterizzazioni
fisionomiche differenziate, particolare questo che dimostra
l’influenza subita dalla pittura nordica, che di certo Gentile
ebbe modo di conoscere nel suo soggiorno veneziano. Ma di
gusto tardo gotico è sicuramente la ricchezza delle vesti, dei
turbanti e delle bardature dei cavalli.
In questi particolari, trattati in maniera molto minuta e
particolareggiata con il tipico tratto calligrafico del tempo, si
ritrovano gli effetti più preziosi di questa tavola. In realtà
l’immagine, ad un colpo d’occhio complessivo, mostra diverse
incongruenze che la rendono implausibile, soprattutto sul
piano spaziale. Le figure si accalcano senza trovare un reale
spazio di profondità dove collocarsi. Si osservi il particolare
della grotta con il bue e l’asino. A parte l’innaturale forma
della grotta, che sembra più un guscio d’uovo che una
fenditura in una roccia, non si riesce a capire dove sia lo
spazio nel quale si colloca l’asino. Anche lo spazio del cielo,
nel quale compare la stella cometa posta proprio sulla testa
di San Giuseppe, appare troppo schiacciato in basso e sul
piano anteriore di rappresentazione, anche perché i cortei
che si snodano in lontananza danno l’illusione di un
orizzonte alto, che contrasta in maniera totale con la
presenza della stella così in basso.
In sostanza alla scena manca la sintesi dell’unico punto di
vista, grande conquista della pittura rinascimentale che in
quegli anni nasceva. Ma non è un difetto solo di Gentile:
tutta la pittura tardo gotica, compresa quella fiamminga,
non ha ancora compreso l’importanza di riferire la scena ad
un solo punto di vista, così che le loro opere, in realtà,
andrebbero letti come tanti frammenti autonomi, anche
quando apparentemente appartengono alla stessa scena.
Ma Gentile non era del tutto estraneo allo stile fiorentino che
derivava da Giotto. Si osservi la scenetta di destra nella
predella, raffigurante la «Presentazione al tempio»: qui la
costruzione dello spazio è molto più razionale e sembra
quasi dialogare direttamente con gli affreschi che Masaccio
avrebbe realizzato in quegli anni nella Cappella Brancacci.
Segno quindi che Gentile aveva gli strumenti giusti per
potere essere uno dei primi pittori rinascimentali, ma, non
solo per i limiti della sua formazione giovanile, la sua pittura
fu calibrata soprattutto al gusto della committenza che, in
queste opere, cercava soprattutto l’evocazione di un clima
favoloso e fantastico, visto attraverso la lente della ricchezza
di linee sinuose e colori smaglianti e luminosi.

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Gentile da Fabriano

  • 1. E
  • 2. E E E E
  • 4. Y ° ™ NO SI
  • 5. E E
  • 6. Presentazione su G il ent e Da F br no a ia Prodotta da Federico Celozzi
  • 7. VITA ESCI OPE RE
  • 8. (Fabriano, 1370 ca - Roma, 1427) Soprannome di Gentile di Niccolò, nato a Fabriano, in provincia di Ancona, nelle Marche, era il figlio di Giovanni Massi, un commerciante di stoffa. Pittore di ricca cultura, divenne una delle maggiori figure italiane nello stile “Gotico Internazionale”, largamente diffuso. Anche se molte tracce suggeriscono che fu istruito a Milano (o comunque in Lombardia) e a Verona, grandi centri culturali dell’epoca, dove avrebbe cominciato ad elaborare una pittura elegante e raffinata, caratterizzata da una grande ricchezza di dettagli, sembra che Gentile abbia avuto la sua prima formazione artistica in Umbria o nelle Marche; senza dubbio, però, deve aver incontrato l'arte senese già in giovane età. L'attenzione al particolare più minuto rivela tra l'altro l'influenza che ebbe su di lui l'arte della miniatura. Inoltre è decisamente notevole l’influenza della cultura francese, fiamminga e tedesca nella sua pittura. Gentile fu, probabilmente, l'artista più ricercato e famoso in Italia nei primi decenni del quindicesimo secolo. MENU SINTESI VOCALE ALTRO
  • 9. Questo è confermato, oltre che dai suoi viaggi in grandi città come Venezia, Firenze, Roma, Orvieto e Perugia, anche dal grande numero di alunni che egli ha attirato, come Pisanello, Jacopo Bellini, e Fra Angelico, il suo più grande erede. Un tipico esempio tra i primi lavori di Gentile è il “Polittico di Valle Romita” (1400 circa), così denominato perché fu dipinto per un convento di Valle Romita, vicino a Fabriano. L’opera principale di questo polittico è “l’Incoronazione della Vergine”. Ora è conservato nella Galleria di Brera di Milano. La “Vergine con Bambino tra San Nicola e Santa Caterina”, conservato attualmente al Gemaldegalerie di Berlino, e la “Madonna col Bambino tra i Santi Francesco e Chiara”, conservato allo Staatliche Museen di Berlino, costituiscono altri importanti esempi tra i primi lavori di Gentile e MENU al periodo tra il 1395-1405. risalgono INDIETRO ALTRO
  • 10. In particolare rivelano influenze Senesi e Lombarde dell’ istruzione e formazione artistica di Gentile. Queste opere, dipinte a Perugia, presentano tutte le caratteristiche principali dell’arte tardo-Gotica-Internazionale: un gusto semplice accompagnato allo stesso tempo da ricchi panneggi (con prevalenze di motivi dorati), flessuosa linearità dei contorni e fastosità dei costumi. Tra le altre opere di questo periodo abbiamo due “Madonne con bambino”, conservate una al Metropolitan Museum di New York, e l’altra alla Galleria Nazionale di Perugia. Nel 1408, Gentile fu chiamato a Venezia per dipingere degli affreschi (sfortunatamente distrutti) nella sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale (anche detto Palazzo del Doge). L’opera di spicco di questa sala, con la quale guadagnò moltissima popolarità, è l'affresco con la “Battaglia navale tra i veneziani e Ottone III” (oggi perduto), al quale collaborò anche il Pisanello. Il suo più importante alunno Veneziano fu Jacopo Bellini che divenne in seguito un famoso pittore (anche se più tardi venne sorpassato dai suoi figli Giovanni e Gentile). MENU INDIETRO ALTRO
  • 11. Il suo arrivo a Venezia presenta la prima data ufficialmente registrata che possediamo, attualmente, riguardo Gentile. Egli rimase lì almeno fino al 1414, quando, tra il 1415 e il 1419, soggiornò a Brescia. Qui realizzò un’altra serie di opere per Pandolfo Malatesta nel Broletto di Brescia. Sfortunatamente, di Gentile da Fabriano non sopravvive nulla né del lavoro Veneziano, né delle commissioni che egli eseguì per il Malatesta a Brescia. Nel 1419, dopo essere stato a Brescia (e a Fabriano dove ha lavorato per “L’incoronazione Della Vergine” e la “Stimmate Di San Francesco il pittore si stabilì in Firenze, dove era molto attiva la generazione di Donatello, Ghilberti, e Brunelleschi. Il lavoro di Gentile da Fabriano è elegante ed è caratterizzato da un elevato stile, poiché egli si avvale molto di sfondi a tema aureo e innumerevoli dettagli molto raffinati. Le sue grandi abilità tecniche potrebbero essere frutto di un rinnovato interesse per la scultura classica. Nel 1423 egli produsse, per la cappella di Palla Strozzi, il suo capolavoro più famoso, la grandiosa “Adorazione dei Magi”, dipinta originariamente sulla Pala Strozzi (pala d’altare della chiesa di Santa Trinità) ma ora conservata agli Uffizi di Firenze. MENU INDIETRO ALTRO
  • 12. In questo dipinto, che ci è giunto integro nella sua cornice intagliata e dipinta in oro, i personaggi della scena, che indossano ricchi costumi, sono immersi in una atmosfera fiabesca, quasi irreale, unita però ad un'attenta descrizione veristica di piante e fiori. L'opera, dominata dal corteo di figure al seguito dei Magi, esibisce ricchi dettagli dorati, intrecciati sui vestiti dei personaggi e sui finimenti dei cavalli. In questa celeberrima tavola Gentile compone quasi un’antologia delle sue diverse componenti stilistiche, armonizzate in un’opera di grande suggestione. MENU INDIETRO ALTRO
  • 13. Sempre a Firenze, “L'Adorazione del Magi” fu seguita, nel 1425, dalla decorazione, per la chiesa di San Niccolò Oltrarno, del “Polittico Quaratesi” (così chiamato perché licenziato dalla famiglia Quaratesi), ora diviso in più pitture che sono conservate in vari musei (Collezione Reale di Londra; Uffizi di Firenze; Pinacoteca Vaticana di Roma e National Gallery di Washington). Tra le opere più importanti di questo polittico vi sono “Un Miracolo di San Nicola” e “San Nicola e le Tre Palle d’Oro”, che fanno entrambi parte della predella del polittico. Dopo che ebbe soggiornato a Siena e ad Orvieto (dove lui dipinse l'affresco della “Madonna con Bambino” nel Duomo di Orvieto), nel gennaio del 1427 si trasferì a Roma. Qui, anche se distrutta in una ristrutturazione della chiesa, avviò, sotto il consenso di papà Martino V, l’ambiziosa decorazione di un ciclo di affreschi (comprendenti “La Vita Di San Giovanni Battista”) sulla navata centrale della Basilica di San Giovanni in Laterano, che rimase incompleta quando morì nell’agosto del 1427, ma portata a termine da Pisanello. MENU INDIETRO
  • 14. Primo Periodo (1395-1405 ca) Secondo Periodo (1415-1424) Terzo Periodo (1425-1427) MENU
  • 15. Polittico di Valle Romita (1400) • Incoronazione della Vergine Primo Periodo (1395-1405 ca) e dei Santi Altre opere • Madonna con Bambino tra San Francesco e Santa Chiara (1395) • Madonna con Bambino tra San Secondo Periodo (1415-1424) Nicola e Santa Caterina (1400 ca) • Madonna con Bambino (Galleria nazionale dell’Umbria, 1405 ca) Terzo Periodo (1425-1427) MENU
  • 16. Pala Strozzi (1423) • Adorazione dei Magi Primo Periodo (1395-1405 ca) • Presentazione di Cristo al Tempio • Riposo Durante la Fuga in Egitto • Iconografia sulla Natività Secondo Periodo (1415-1424) Altre Opere • Madonna con Bambino (Museo Nazionale di San Matteo 1415-16) • Incoronazione della Vergine (1420) • Le Stimmate di San Francesco Terzo Periodo (1425-1427) • Madonna con Bambino (Museo Nazionale di Washington 1422) • Madonna con Bambino tra San Lorenzo e San Giuliano (1423-24) MENU
  • 17. Polittico Quaratesi • Nascita di San Nicola da Bari Primo Periodo (1395-1405 ca) • San Nicola da Bari Placa il Fortunale in Mare • San Nicola da Bari Dona Tre Palle D’oro a Tre Fanciulle Povere Secondo Periodo (1415-1424) • San Nicola da Bari Resuscita Tre Fanciulle • Un Miracolo di San Nicola • I Quattro Santi del Polittico Terzo Periodo (1425-1427) Madonna con Bambino del Duomo di Orvieto MENU
  • 18. IN C O R O N AZIO N E D E LLA VE R G IN E E S AN TI 1 400 ca – Te m p e ra s u p anne llo – 1 1 7 x 40 cm P inacote ca d i Bre ra, M ilano Ind ie tro
  • 20. MAD O N N A C O N BAMBIN O TR A S AN F R AN C E S C O E S AN TA C H IAR A 1 395 ca - Te m p e ra s u tavola - 56,5 x 42 cm - S taatlich e M u s e e n, Be rlino Ind ie tro
  • 21. MAD O N N A C O N BAMBIN O TR A S AN N IC O LA E S AN TA C ATE R IN A 1 400 ca - O lio s u te la -1 31 x 1 1 3 G e m äld e gale rie , Be rlino Ind ie tro
  • 22. MAD O N N A C O N BAMBIN O 1 405 ca – G alle ria N azionale d e ll’U m b ria, P e ru gia Ind ie tro
  • 23. P ALA S TR O ZZI 1 423 - Te m p e ra s u tavola - 300 x 282 cm Ind ie tro
  • 25. AD O R AZIO - NE D EI MAG I 1 73 x 220 cm G alle ria d e gli U ffizi, F ire nze Ind ie tro
  • 27. 25 x 88 cm – G alle ria d e gli U ffizi, F ire nze Ind ie tro
  • 28. 25 x 62 cm – M u s e è d u Lou vre , P arigi Ind ie tro
  • 29. MAD O N N A C O N BAMBIN O 1 41 5-1 41 6 - M u s e o N azionale d i S an M atte o, P is a Ind ie tro
  • 30. IN C O R O N AZIO N E D E LLA VE R G IN E 1 420 - te m p e ra s u tavola - 85 x 62 cm - J. P au l G e tty M u s e u m , Los Ange le s Ind ie tro
  • 31. S TIMM ATE D I S AN F R AN C E S C O 1 420 - te m p e ra s u tavola - 87 x 62 cm - F ond azione M agnani R occa, Trave rs e rolo (P arm a) Ind ie tro
  • 32. MAD O N N A C O N BAMBIN O 1 422 - Te m p e ra s u tavola - N ational G alle ry of Art, Was h ington Ind ie tro
  • 33. MAD O N N A C O N BAMBIN O TR A S AN LO R E N ZO E S AN G IU LIAN O 1 423/ 424 - te m p e ra s u tavola 1 91 x 47 cm – F rick C olle ction, N e w York Ind ie tro
  • 34. N AS C ITA D I S AN N IC O LA 1 425 – O lio s u p anne llo P inacote ca Vaticana, R om a Ind ie tro
  • 35. S AN N IC O LA P LAC A IL F O R TU N ALE IN M AR E 1 425 – O lio s u p anne llo P inacote ca Vaticana, R om a Ind ie tro
  • 36. S AN N IC O LA D O N A TR E P ALLE D ’O R O A TR E P O VE R E F AN C IU LLE 1 425 – O lio s u p anne llo P inacote ca Vaticana, R om a Ind ie tro
  • 37. S AN N IC O LA R E S U S C ITA TR E F AN C IU LLE 1 425 – O lio s u p anne llo P inacote ca Vaticana, R om a Ind ie tro
  • 38. U N MIR AC O LO D I S AN N IC O LA 1 425 – O lio s u p anne llo P inacote ca Vaticana, R om a Ind ie tro
  • 39. I Q U ATTR O S AN TI D E LLA P ALA D ’ALTAR E 1 425 - Te m p e ra s u p anne llo 803 x 57 cm G alle ria d e gli U ffizi, F ire nze Ind ie tro
  • 41. M AR IA M AD D ALE N A 1 97 x 57 cm Ind ie tro
  • 42. S AN N IC O LA 1 97 x 57 cm Ind ie tro
  • 43. S AN G IO VAN N I BATTIS TA 1 97 x 57 cm Ind ie tro
  • 44. S AN G IO R G IO 1 97 x 57 cm Ind ie tro
  • 45. MAD O N N A C O N BAMBIN O 1 425 – Affre s co – D u om o d i O rvie to, O rvie to (S ie na) Ind ie tro
  • 46. Nei pannelli laterali: San Geronimo, San Francesco, San Domenico e Maria Maddalena. Nei pannelli superiori (la cui sequenza non è stata ancora ricostruita definitivamente): San Giovanni Battista nel Deserto, L'esecuzione di San Pietro Martire, San Tommaso d'Aquino e San Francesco mentre riceve la Stimmate. Questo polittico fu eseguito per il convento di Valle Romita a Fabriano nel 1400 ca. Indubbiamente, la familiarità con le miniature e il lavoro grafico lombardi del tardo ‘400 furono un elemento importante in quest’opera di Gentile da Fabriano, come è indicato dalle chiare affinità tra il suo lavoro e quello di Michelino da Besozzo. Egli fu anche influenzato da maestri di varie correnti, come Barnaba da Modena e Taddeo di Bartolo, e più incisivamente dall' arte toscana e veneziana.
  • 47. Nel pannello centrale viene mostrata la Vergine mentre è incoronata da Cristo, in presenza di Dio ed del Spirito Santo. La raffinata e delicata composizione è completata da tre figure caratterizzate dall’assenza di peso (che sembrano essere senza-corpo nei loro drappeggi) e da elementi inconsistenti, come la raggiante e fiammeggiante aureola che sostiene l'apparizione della Trinità. Forme curve (inclusa la banda di musicisti angeli, i contorni delle figure di Cristo e la Vergine, e la folla di serafini attorno a Dio) richiamano la forma arcuata del pannello.
  • 48. Nei pannelli laterali i corpi dei santi sembrano scomparire nelle loro vesti. Vi è un gioco estremamente raffinato di variazioni di colore tra le quattro figure. La veste rossa- bianca-aurea di San Geronimo e il costume color rosa-viola di Maria Maddalena si contrappongono con il marrone più sobrio dell'abito di San Francesco ed il nero del manto di San Domenico. I piedi nudi di San Francesco, una caratteristica della sua iconografia, sono pressoché sconnessi dal resto dell’opera. Infatti, i piedi delle altre figure rimangono invisibili, nascosti dalle loro vesti e dallo spesso tappeto di fiori.
  • 49. L'indifferenza all'interpretazione dello spazio e alle relative grandezze delle figure può anche essere visto nei piccoli pannelli superiori della pala di altare. San Giovanni Battista e San Francesco, mostrati inginocchiati di profilo, sono schiacciati fra vette rocciose, che mostrano nessun riguardo, da parte di Gentile, a proporzioni realistiche. Similmente, San Tommaso è posto in uno stretto giardino, circondato da un muro e da una porta, che accentuano l'atmosfera meditazione solitaria. Il martirio di San Pietro, che non è eccessivamente sanguinario nonostante la presenza di un flusso di sangue, crea un forte impatto sull’osservatore, essendo presentato verso di esso.
  • 51. FRANCESCO D’ASSISI Nato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni, Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel 1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.
  • 52. Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto. La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive, comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre prega.
  • 53. FRANCESCO D’ASSISI Nato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni, Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel 1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.
  • 54. Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto. La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive, comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre prega.
  • 55. MADONNA CON BAMBINO L’immagine della Madonna col Bambino cominciò a diffondersi soprattutto dal 431, dopo che il concilio di Efeso, esprimendosi contro l’eresia nestoriana, aveva ribadito la posizione di Maria come madre di Dio, e non solo di Gesù. Questa raffigurazione intendeva proprio incarnare la versione ufficiale della dottrina. La sua iconografia giunge in Occidente attraverso l’arte bizantina. Ma ben presto la rigida frontalità orientale, con il Bambino vestito, eretto e benedicente, lascia il posto a una raffigurazione più intima, dove la madre e il Bambino si abbracciano e si guardano. Questa immagine presenta numerose tipologie e varianti: i due possono essere rappresentati in trono (Maestà), seduti a terra (Madonna dell’umiltà), accompagnati da santi (Sacra conversazione), mentre leggono un libro (Madonna del libro), mentre la madre allatta il figlio (Madonna del latte), con la madre in preghiera davanti al Bambino, in un giardino, con san Giuseppe (Sacra Famiglia).
  • 56. CHIARA Conosciuta anche come Clara (1194 circa-1253), vergine, fondatrice dell'ordine delle Clarisse. Nata ad Assisi in una famiglia nobile, all'età di diciotto anni venne accolta nell'ordine francescano contro la volontà dei suoi genitori. Si ritirò presso la Porziuncola, rinunciò a ogni suo avere e si fece monaca. In seguito Francesco concesse a lei e alle sue compagne un piccolo convento vicino alla chiesa di San Damiano ad Assisi, che lui stesso aveva restaurato. Nel 1215 Clara divenne badessa di una comunità di donne che scelsero di vivere secondo la regola e lo spirito di Francesco: tra queste ci furono anche la madre e due sorelle di Clara e altre donne di facoltose famiglie. Chiara si distinse come una delle grandi personalità mistiche del Medioevo, dedita con entusiasmo al servizio della sua comunità, rigorosa osservante degli ideali francescani, tra i quali primeggiava l'amore per la natura. Venne canonizzata dopo appena due anni dalla morte, nel 1255.
  • 57. E’ raffigurata con l'abito grigio del suo ordine, legato con il cordone annodato monacale, e una cuffia bianca con sopra un velo nero. È spesso rappresentata con una pisside o con un ostensorio in mano, a ricordo di un episodio narrato nella Legenda aurea, nel quale la santa scaccia i saraceni invasori presentandosi al loro cospetto con in mano il Santissimo.
  • 59. MAESTA’ Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
  • 60. MAESTA’ Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
  • 61. MAESTA’ Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.
  • 62. CATERINA D’ALESSANDRIA Di questa santa non conosciamo alcun dato storico sicuro. La tradizione leggendaria che la colloca nel IV secolo ha inizio nell’alto Medioevo. Caterina, donna molto bella, erudita in tutte le arti e le scienze, era figlia di un re, Costo. Fu convertita da un eremita al cristianesimo e in una visione ricevette da Cristo l’anello del matrimonio mistico con lui. Rifiutò quindi qualsiasi altro pretendente. A diciotto anni cercò di convertire con argomentazioni filosofiche l’imperatore Massenzio (o Massimiano), che voleva sedurla. Non riuscendo a ribattere nulla, l’imperatore fece venire ad Alessandria quindici (o cinquanta) filosofi. Caterina però convinse tutti della verità del cristianesimo. Massenzio uccise i filosofi e la gettò in prigione condannandola a essere martirizzata con quattro ruote provviste di punte. Ma la santa si salvò grazie all’intervento di un angelo che spezzò lo strumento di supplizio. L’imperatore allora la fece decapitare.
  • 63. Gli angeli trasportarono il suo corpo sul monte Sinai. Suoi tipici attributi sono la ruota chiodata, la spada, la corona in riferimento al suo sangue reale, la palma del martirio, l’anello e il libro, emblema di sapienza. Come patrona degli eruditi e degli studenti è raffigurata circondata dai simboli della cultura, libri aperti, strumenti matematici, globi terrestri. È frequente la raffigurazione del suo matrimonio mistico con Cristo.
  • 64. NICOLA DA BARI La vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli, ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce. Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel 1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani, le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla (o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.
  • 65. Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta mettendo in salvo un intero equipaggio.
  • 66. NICOLA DA BARI La vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli, ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce. Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel 1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani, le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla (o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.
  • 67. Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta mettendo in salvo un intero equipaggio.
  • 69. NATIVITA’ Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta di Cristo.
  • 70. La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato, mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria, raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio. Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne soppresso dal Concilio di Trento.
  • 71. Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte della capanna.
  • 72. NATIVITA’ Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta di Cristo.
  • 73. La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato, mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria, raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio. Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne soppresso dal Concilio di Trento.
  • 74. Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte della capanna.
  • 75. PRESENTAZIONE AL TEMPIO L’episodio della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è narrato sia nel Vangelo di Luca, sia nei Vangeli apocrifi. Secondo la religione ebraica i primogeniti, dopo essere stati circoncisi, devono essere portati al tempio per ricevere la benedizione del sommo sacerdote. Il rito prevede il pagamento di una somma di denaro con la quale si riscatta simbolicamente la morte del nuovo nato, altrimenti destinato a essere sacrificato. L’usanza affonda le sue radici nell’episodio biblico della decima piaga d’Egitto, durante la quale erano stati miracolosamente risparmiati i neonati ebrei, mentre erano morti tutti i figli degli egiziani. San Giuseppe è per questo a volte ritratto nell’atto di consegnare cinque sicli d’argento al sacerdote. Ma lo stesso padre putativo di Gesù, o più di rado la Madonna o una sua ancella, offre invece due colombe o tortore, che venivano sacrificate in occasione della rituale purificazione della puerpera quaranta giorni dopo il parto.
  • 76. L’evento prevedeva una processione nella quale si portavano ceri e pani benedetti. La festa, accolta dalla Chiesa cattolica tra le ricorrenze mariane, venne per questo detta Candelora. Nell’iconografia i due momenti sono fusi in un’unica scena che si svolge intorno all’altare all’interno di un luogo sacro spesso ricostruito di fantasia sotto forma del presbiterio di una chiesa. Tra i personaggi principali costante è la figura del vecchio Simeone, il sommo sacerdote cui la Vergine affida il Bambino. Tra gli astanti compare sempre anche un’anziana donna in abiti monacali: si tratta della profetessa Anna, la vedova inserviente del tempio che riconobbe in Cristo il Salvatore.
  • 77. MAGI Le figure dei re magi compaiono esclusivamente nel Vangelo di Matteo. Il testo sacro racconta come alcuni uomini provenienti dall’Oriente avevano seguito fino a Betlemme una stella che annunciava la nascita del «re dei giudei». «Si inginocchiarono e adorarono il Bambino. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono i regali: oro, incenso e mirra»: l’oro rappresenta un omaggio alla regalità di Cristo, l’incenso alla sua divinità, la mirra, impiegata nell’imbalsamazione, prefigura la sua morte. Tertulliano nel II-III secolo fu il primo a definirli re. Di probabile origine persiana, la parola magi significa uomini sapienti. Si trattava probabilmente di babilonesi, esperti nell’osservazione degli astri e sacerdoti di Mitra, un culto che si era largamente diffuso nell’impero romano. Nella cultura figurativa delle origini - nelle catacombe, nei bassorilievi dei sarcofagi e in alcuni mosaici bizantini - i magi indossano proprio le vesti dei sacerdoti di Mitra e il berretto frigio a forma conica con la punta ripiegata.
  • 78. A partire dal primo Rinascimento sono invece effigiati soprattutto con abiti di corte. Nel loro seguito sono spesso presenti elementi che denotano la loro origine orientale, come cammelli e leopardi. Oltre all’adorazione, può essere rappresentato il loro incontro prima della partenza o il viaggio stesso. I loro nomi derivano forse da un pontificale (libro contenente le preghiere e il rituale per le funzioni) ravennate del IX secolo: il più anziano, Gaspare, è inginocchiato davanti al Bambino seduto in grembo alla Vergine; in piedi dietro di lui Baldassarre e Melchiorre, il più giovane. Nel tardo Medioevo i magi potevano rappresentare la personificazione delle tre parti del mondo; in questa accezione Baldassarre, incarnando l’Africa, può essere moro. Il più delle volte il tema rappresenta la sottomissione del potere temporale all’autorità della Chiesa.
  • 79. FUGA IN EGITTO L’episodio è raccontato in modo succinto nel Vangelo di Matteo e ampliato nei Vangeli apocrifi. Dopo la partenza dei magi, un angelo apparve in sogno a Giuseppe esortandolo a fuggire poiché Erode cercava il Bambino per ucciderlo. Durante la notte Giuseppe si alzò e insieme a Maria e Gesù raggiunse l’Egitto, rimanendovi fino alla morte di Erode. In un altro sogno l’angelo gli disse di tornare nella terra di Israele e, in una nuova visione, gli consigliò di raggiungere Nazaret, nella Galilea. In questo modo si compirono le parole dei profeti secondo le quali il Signore chiamò suo figlio dall’Egitto e venne poi nominato Nazareno. Secondo la rappresentazione più comune la Vergine con il Bambino monta un asinello, condotto da Giuseppe; la scena si svolge di notte secondo le indicazioni evangeliche. Possono essere raffigurati anche i tre figli precedenti di Giuseppe e la levatrice Salomè. Sul fondo può esserci un campo di grano che, secondo la leggenda, maturò in una sola notte dopo il passaggio della Sacra Famiglia.
  • 80. A volte è raffigurato il momento della partenza, mentre Maria si accomiata dai suoi, o è in attesa sotto un albero mentre Giuseppe sella l’asino. Nella pittura italiana e francese del XVII e XVIII secolo è raffigurata la scena dell’imbarco per l’Egitto; il traghettatore può essere Caronte, colui che trasportava le anime dei morti, prefigurando così la Passione. Con lo stesso significato possono invece comparire in cielo degli angeli che reggono la croce. Raramente è trattato il tema del ritorno dall’Egitto. Secondo un commento ai Vangeli di Giovanni de’ Cauli, sulla via del ritorno la Sacra Famiglia sostò presso la cugina di Maria, Elisabetta, dove il figlio Giovanni, nonostante fosse ancora piccolo, riconobbe Gesù come Figlio di Dio e lo adorò. Un tema molto popolare nella Controriforma è il Riposo durante la fuga in Egitto: la Vergine e il Bambino siedono generalmente ai piedi di una palma, che piega le sue fronde colme di datteri. Accanto a loro è Giuseppe che a volte coglie i frutti della palma e li offre al piccolo; possono essere presenti anche l’asinello o la levatrice; gli angeli recano cibo dal cielo o piegano i rami con i datteri.
  • 81. INCORONAZIONE DELLA VERGINE Scena culminante delle storie della vita della Vergine, dopo la morte e l’assunzione, dall’arte gotica del XIII secolo l’Incoronazione si trasforma in un tema devozionale autonomo, e la Madonna diventa personificazione della Chiesa. Generalmente Maria siede (o è inginocchiata) accanto a Cristo che le pone una corona in capo. In altre versioni, soprattutto nel Quattrocento italiano, è invece incoronata da Dio Padre o dalla Trinità. Cristo può reggere in mano un libro sul quale si legge «Vieni, o mia eletta, e ti porrò sul mio trono». La Vergine è riccamente vestita conformemente al suo ruolo di Regina del cielo. Attorno al gruppo cori angelici, anche musicanti, rappresentano il paradiso; possono essere presenti anche santi, patriarchi, martiri.
  • 83. LORENZO La storia di san Lorenzo si basa sulle scarne notizie della Depositio Martyrum, in seguito arricchita di particolari narrativi accolti nella Legenda Aurea. Protomartire della Chiesa romana, ma originario della Spagna, egli fu il primo di sette diaconi ordinati nel 257 da papa Sisto II. I cristiani erano a quel tempo perseguitati dall’imperatore Valeriano (253-260) e quando lo stesso pontefice fu arrestato e rinchiuso in prigione chiamò a sé Lorenzo per affidargli in custodia i beni della Chiesa. L’imperatore pagano, desideroso di possedere tale leggendario tesoro, ordinò al giovane diacono di consegnargli ogni cosa. Lorenzo acconsentì, ma chiese tre giorni di tempo durante i quali donò tutto ai bisognosi. Quindi tornò a palazzo seguito da un corteo di poveri e derelitti mostrandoli come l’unico vero “tesoro” della Chiesa. Valeriano, ingannato e offeso, lo punì condannandolo a torture sempre più feroci che culminarono in quella della graticola arroventata.
  • 84. Il santo, tuttavia, non sembrava soffrirne e fino all’ultimo, forte della fede, sfidava il suo persecutore invitandolo a “cuocerlo” bene da entrambi i lati. La graticola, venerata a Roma come una reliquia, è il suo immancabile attributo. La sua effigie lo ritrae giovane, tonsurato e vestito con la dalmatica. Primo diacono e martire della Chiesa romana, Lorenzo è raffigurato spesso in coppia con santo Stefano, primo diacono della comunità cristiana di Gerusalemme al tempo degli apostoli.
  • 85. GIULIANO Conosciuto come "l'ospitaliere". Personaggio di un romanzo medievale, Giuliano apparteneva a una nobile famiglia ed era amante della caccia: gli era stato predetto che avrebbe ucciso per errore i propri genitori. Una notte, rientrando a casa inaspettatamente, trovò il proprio talamo occupato da una coppia che, al buio, immaginò trattarsi di sua moglie e di un amante, così li uccise. In realtà, si trattava proprio dei suoi genitori, ai quali la moglie aveva ceduto il loro letto. Per espiare la sua colpa aprì un ospizio presso il guado di un fiume allo scopo di offrire riparo ai viandanti. Un giorno traghettò un lebbroso che stava morendo di freddo e gli cedette il proprio letto; il giorno successivo il lebbroso si rivelò essere un angelo e gli annunciò che la sua penitenza era sufficiente a farsi perdonare il suo peccato. Giuliano è diventato il patrono dei viaggiatori e dei locandieri e a lui vengono dedicati gli ospedali e le locande. La storia di Giuliano è illustrata entro cicli pittorici affrescati in alcune cattedrali gotiche francesi.
  • 86. Nella pittura italiana e francese del primo Rinascimento sono raffigurati, come scene indipendenti, gli episodi dell'uccisione dei genitori e del trasporto del lebbroso (a volte portato sulle spalle, come san Cristoforo). Gli attributi di Giuliano sono il falcone, la spada e, più raramente, il remo. Talvolta è raffigurato a cavallo; altre volte ha al suo fianco un cervo.
  • 88. MADDALENA La tradizione iconografica occidentale ha riunito nella figura di Maria Maddalena tre personaggi distinti: Maria Maddalena, sorella di Marta e di Lazzaro di Betania; la peccatrice pentita che lavò i piedi a Gesù in casa di Simone il fariseo; Maria di Magdala, la donna liberata dai sette spiriti maligni e che assistette disperata alla crocifissione. Secondo una tradizione agiografica provenzale, narrata anche nella Legenda Aurea, Maddalena partì insieme ai fratelli per evangelizzare il sud della Francia. Trascorse poi gli ultimi trent’anni di vita da eremita, digiunando e compiendo atti di espiazione. Sin dal Medioevo e soprattutto dopo la Controriforma, ella è il prototipo della penitente. Per la sua doppia natura di peccatrice e di donna redenta, Maddalena è, per la sua umanità, una delle sante più venerate della cristianità. Suo immancabile attributo è il vaso di unguento, in mano o ai suoi piedi; normalmente ha lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle. È raffigurata principalmente in due modi.
  • 89. Prima della conversione appare come una donna riccamente vestita e acconciata con gioielli; spesso ai suoi piedi si trova un cofanetto di gioie rovesciato. Dopo il ravvedimento è dipinta all’imbocco di una caverna, con addosso abiti stracciati, un mantello ai suoi piedi, e/o avvolta nei suoi stessi capelli. Altri attributi specifici di questa seconda versione sono il teschio, il crocifisso, una frusta, la corona di spine, gli occhi pieni di lacrime. Può essere rappresentata anche in meditazione con un libro, o in estasi, mentre ha la visione della beatitudine del paradiso, o durante la sua elevazione al cielo. Un’altra particolare raffigurazione della Maddalena è il cosiddetto “Noli me tangere” (Non mi toccare): dopo essere risorto, Cristo sarebbe apparso a Maddalena piangente presso il suo sepolcro; quando lo riconobbe, la donna cercò di toccarlo, ma Cristo glielo proibì e la invitò a recarsi dagli apostoli ad annunciare la sua resurrezione. In questo soggetto la Maddalena è di solito in ginocchio mentre Cristo la respinge allungando un braccio. Ai piedi o in mano a Gesù si possono trovare una zappa o una vanga, poiché la donna lo scambiò inizialmente per un giardiniere.
  • 90. GIOVANNI BATTISTA Giovanni costituisce la figura di connessione tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, essendo l’ultimo profeta, il primo santo e il precursore di Gesù Cristo. Le informazioni sulla sua vita ci vengono soprattutto dai Vangeli e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Figlio di Zaccaria, sacerdote del tempio, e di Elisabetta, cugina di Maria, nacque quando questa era molto avanti negli anni e la coppia aveva ormai perso la speranza di avere figli. L’annuncio della sua nascita e la scelta del nome furono fatte dall’arcangelo Gabriele. Giovanni prese presto congedo dai genitori per andare nel deserto a condurre una vita di penitenza nutrendosi di locuste e miele. Cominciò quindi a predicare attirando grandi folle; sulle rive del Giordano istituì il sacramento purificatore del battesimo: per questo è detto il Battista. Battezzò anche Cristo e lo riconobbe come Messia quando vide scendere sul suo capo lo Spirito Santo.
  • 91. Poiché Giovanni nelle sue prediche aveva attaccato duramente il comportamento amorale e incestuoso del re Erode Antipa che viveva con la moglie del fratello, Erodiade, il sovrano lo fece gettare in carcere. Durante un banchetto Salomè, figlia di Erodiade, accettò di ballare per il re in cambio della possibilità di soddisfare qualunque desiderio. Su istigazione di Erodiade, chiese e ottenne la testa del Battista: Giovanni venne così decapitato. Tipici attributi di Giovanni Battista sono l’agnello (Agnus Dei), simbolo del sacrificio di Cristo che il santo indica, una croce di verghe e canne molto lunga ed esile, il vestito di pelli con una cintola di cuoio. Può anche reggere la ciotola per l’acqua del battesimo o un favo di miele. Da adulto è raffigurato quasi sempre emaciato e sofferente. Molto comune è la rappresentazione della sua testa mozzata portata su un vassoio, da un’ancella o da Salomè. Una vita autonoma ebbe l’iconografia del Battista infante, detto san Giovannino, raffigurato con la Vergine e Gesù Bambino soprattutto a partire dal XVI secolo.
  • 92. GIORGIO Leggendario ufficiale romano proveniente da una nobile famiglia della Cappadocia, sarebbe vissuto nel III secolo al tempo delle persecuzioni di Diocleziano (284-305). Venne martirizzato in Palestina. Il culto in suo onore partì da Bisanzio e si diffuse particolarmente nella Chiesa greca ortodossa. Dal XIII secolo divenne molto popolare anche in Occidente dove, nella società feudale del Medioevo, costituiva un esempio di comportamento. È santo patrono dell’Inghilterra e protettore di Venezia. La sua iconografia è legata soprattutto alla sua lotta contro un terribile drago che terrorizzava un intero paese a cui gli abitanti dovevano sacrificare animali e persone. La sorte designò in sacrificio la figlia del re, ma mentre questa stava per essere sbranata il cavaliere Giorgio ferì il drago e liberò la fanciulla. Tornò poi in città con la ragazza e la bestia legata, e promise al popolo che avrebbe ammazzato il drago se tutti si fossero fatti battezzare.
  • 93. Nell’iconografia medievale questo tema rappresentava infatti la lotta contro il male e in particolare contro il paganesimo: la conversione di una nazione al cristianesimo veniva così simboleggiata dall’uccisione del mostro da parte del guerriero armato di lancia; la regione salvata dal paganesimo era impersonata dalla fanciulla. Il tema della ragazza risparmiata dal mostro deriva dal mito greco di Perseo. La Legenda Aurea dice che la città era Silene in Libia, ma altre fonti indicano Beirut. Le raffigurazioni dei supplizi del suo martirio - veleno, ruota, olio bollente e infine decapitazione - sono piuttosto rare. Il santo è raffigurato in armatura e su un cavallo generalmente bianco in allusione alla purezza, con la spada in mano, mentre giunge sul luogo del sacrificio, a cui possono assistere gli abitanti della città; il drago è un mostro alato ricoperto di squame. Nelle immagini devozionali, impugna lo stendardo con la croce rossa o lo scudo crociato, e calpesta il drago.
  • 95. ANGELO Il nome angelo deriva dal greco e significa messaggero. Il ruolo di messaggero della volontà divina era presente nelle antiche religioni orientali, tanto che il personaggio alato di Mercurio è il prototipo della analoga figura del cristianesimo. L'Antico Testamento abbonda di citazioni relative a esseri la cui funzione è quella di trasmettere la volontà di Dio agli uomini e di proteggere i giusti (angeli custodi). Tra questi ultimi, emergono le figure di Raffaele (Libro di Tobia) e Michele (Libro di Daniele). Nel Nuovo Testamento troviamo invece (Vangelo di Luca) la figura dell'arcangelo Gabriele, che ha il compito di annunciare alla Vergine la nascita di Cristo. Nel V secolo si diffonde un testo, il De coelesti hierarchia, secondo il quale le schiere angeliche si dividerebbero in tre gerarchie principali e nove categorie: serafini, cherubini e troni; dominazioni, virtù e potenze; principati, arcangeli e angeli.
  • 96. I serafini e i cherubini sono creature raffigurate solamente con il capo provvisto di uno, due o tre paia di ali, e sono di colore rosso (serafini) o blu (cherubini), mentre per le altre categorie non esiste una distinzione netta, salvo alcuni specifici attributi. Una generica raffigurazione di angelo sembra rispondere al tipo iconografico di adolescente, più raramente a quello di un fanciullo, dall'aspetto femmineo, vestito di una tunica, con ali e lunghi capelli biondi, quasi sempre aureolato. Quest'ultimo attributo identificatore può a volte supplire all'assenza delle ali.
  • 97. Questa tavola fu realizzata da Gentile da Fabriano per Palla Strozzi, uno dei personaggi più ricchi della Firenze del tempo. Al centro della tavola, probabilmente, Gentile inserisce anche il ritratto del committente: è il personaggio con il falcone in mano alle spalle del Re in piedi. Alla sua destra è invece il ritratto del figlio Lorenzo. Questa tavola è un’autentica festa per gli occhi: essa deve trasmettere una sensazione di preziosa e ricca eleganza. È ovvio l’intento autocelebrativo dello Strozzi, che attraverso la ricercatezza di questa opera manifesta la sua potente ricchezza. Nell’immagine, infatti, il tema sacro è quasi un pretesto per inscenare una ricca parata di caccia: momento mondano sicuramente prediletto dai ricchi e dai nobili del tempo. Nel quadro compare un cane, in basso a destra, e molti cavalli immediatamente dietro;
  • 98. ma vi sono anche due scimmie, in alto quasi al centro, sedute su dei dromedari, degli uccelli, in cielo, e moltissimi altri cavalli nelle lunghe parate rappresentate nelle tre lunette superiori. Vi è ovviamente anche il bue e l’asinello nella grotta, e vi sono poi alberi e fiori, che Gentile inserisce anche nella cornici modanate che racchiudono la tavola centrale. Questa ricchezza di elementi botanici e animali è tipica del gusto artistico che si avverte nel tardo gotico. Elementi che vengono sempre rappresentati con una precisione illustrativa da manuali scientifici. I personaggi sono tanti, ed hanno caratterizzazioni fisionomiche differenziate, particolare questo che dimostra l’influenza subita dalla pittura nordica, che di certo Gentile ebbe modo di conoscere nel suo soggiorno veneziano. Ma di gusto tardo gotico è sicuramente la ricchezza delle vesti, dei turbanti e delle bardature dei cavalli.
  • 99. In questi particolari, trattati in maniera molto minuta e particolareggiata con il tipico tratto calligrafico del tempo, si ritrovano gli effetti più preziosi di questa tavola. In realtà l’immagine, ad un colpo d’occhio complessivo, mostra diverse incongruenze che la rendono implausibile, soprattutto sul piano spaziale. Le figure si accalcano senza trovare un reale spazio di profondità dove collocarsi. Si osservi il particolare della grotta con il bue e l’asino. A parte l’innaturale forma della grotta, che sembra più un guscio d’uovo che una fenditura in una roccia, non si riesce a capire dove sia lo spazio nel quale si colloca l’asino. Anche lo spazio del cielo, nel quale compare la stella cometa posta proprio sulla testa di San Giuseppe, appare troppo schiacciato in basso e sul piano anteriore di rappresentazione, anche perché i cortei che si snodano in lontananza danno l’illusione di un orizzonte alto, che contrasta in maniera totale con la presenza della stella così in basso.
  • 100. In sostanza alla scena manca la sintesi dell’unico punto di vista, grande conquista della pittura rinascimentale che in quegli anni nasceva. Ma non è un difetto solo di Gentile: tutta la pittura tardo gotica, compresa quella fiamminga, non ha ancora compreso l’importanza di riferire la scena ad un solo punto di vista, così che le loro opere, in realtà, andrebbero letti come tanti frammenti autonomi, anche quando apparentemente appartengono alla stessa scena. Ma Gentile non era del tutto estraneo allo stile fiorentino che derivava da Giotto. Si osservi la scenetta di destra nella predella, raffigurante la «Presentazione al tempio»: qui la costruzione dello spazio è molto più razionale e sembra quasi dialogare direttamente con gli affreschi che Masaccio avrebbe realizzato in quegli anni nella Cappella Brancacci.
  • 101. Segno quindi che Gentile aveva gli strumenti giusti per potere essere uno dei primi pittori rinascimentali, ma, non solo per i limiti della sua formazione giovanile, la sua pittura fu calibrata soprattutto al gusto della committenza che, in queste opere, cercava soprattutto l’evocazione di un clima favoloso e fantastico, visto attraverso la lente della ricchezza di linee sinuose e colori smaglianti e luminosi.