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MALATTIE
RARE
Editoriale
“Farmaci orfani”:
un corretto uso
del termine e una
riflessione sulle
risorse economiche
News
La Carta Europea del
paziente con fibrosi
polmonare idiopatica
Orizzonti
Ipercolesterolemia
familiare: cause,
nuovi trattamenti e
testimonianze
Scenari
Citomegalovirus
e ruolo delle
Associazioni
Focus
Malattie genetiche
rare: sequenziamento
del genoma e
riposizionamento dei
farmaci
News
Una banca dati
in continuo
aggiornamento per la
classificazione delle
malattie rare
Marzo 2016
a cura di
malattie rare editoriale2
Un inserto realizzato da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Project director: Ginevra De Fassi Negrelli
• Redazione: O.Ma.R, redazione@fonemacomunicazione.com • Contatti: www.fonemacomunicazione.com
info@fonemacomunicazione.com - Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720 - Fonema Comunicazione @FonemaC
Impaginazione e grafica: Fabio Salamida • Stampa: Ciscra spa • Distribuzione: Ok Salute e Benessere • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq
“H
o una malattia rara, ma
non c’è una cura: alle
aziende farmaceutiche
non conviene investire per pochi pa-
zienti”. Lettere così arrivano spesso
all’ Osservatorio Malattie Rare. Lo
sconforto di chi è malato è giustifica-
to, ma questa lettura non è corretta.
A portar fuori strada è l’uso del ter-
mine ‘farmaci orfani’. Una delle de-
finizioni diffuse è questa: “i farmaci
‘orfani’ sono destinati alla cura di
malattie rare. Le aziende farmaceu-
tiche sono solitamente restie a svi-
luppare questi farmaci secondo le
normali condizioni di mercato, poi-
ché i capitali investiti per la ricerca e
lo sviluppo dei prodotti non vengo-
no recuperati attraverso le vendite
a causa della scarsa domanda”. Di
vero c’è che i farmaci orfani vengo-
no usati per condizioni rare. Ad oggi
ne sono note nel mondo tra le 7.000
e le 8.000: moltissime non hanno un
farmaco che può curarle. In questi
casi sono le specifiche malattie ad
essere ‘orfane di una terapia’, più
semplicemente ‘malattie orfane’.
Il termine ‘farmaco orfano’ compare
con il Regolamento CE n. 141/2000,
più o meno l’equivalente europeo
dell’Orphan Drug Act approvato ne-
gli Usa nel 1983. Tradurre ‘Orphan
Drug’ con ‘Farmaco orfano’ è molto
immediato, eppure per rendere me-
glio l’idea si dovrebbe dire ‘farmaco
per malattia orfana’. Il termine ‘far-
maco orfano’, estratto da questo con-
testo, può portare a domandarsi ‘di
cosa sono orfani i farmaci?’. Da qui
alcune risposte poco corrette: c’è chi
ritiene che siano orfani di interesse
da parte delle aziende e chi ritiene
siano orfani di ricerca e di investi-
menti, ma è una lettura scorretta.
È l’esistenza stessa di un numero
sempre maggiore di terapie per ma-
lattie che prima non avevano alcuna
cura a dimostrare che non mancano
OSSERVATORIO malattie rare O.Ma.R.
O.Ma.R. è la prima agenzia giornalistica nazionale, dedicata al mondo delle malattie
e dei tumori rari, accreditata tra le maggiori fonti di informazione su ricerca
scientifica, assistenza, sperimentazioni ed iniziative delle associazioni. Questo
risultato è dovuto ad una attenta verifica delle fonti d’informazione e alla chiarezza
di linguaggio che rende i contenuti scientifici comprensibiliaunampiotarget.Il
portalewww.osservatoriomalattierare.itha la certificazione Hon Code per l’affidabilità
dell’informazione medica.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Laureata in scienze politiche e specializzata in relazioni pubbliche
dal 2010 decide di concentrarsi sulle malattie rare. Da qui la nascita del
quotidiano on line Osservatorio Malattie Rare.
Ilaria Vacca
Laureata in Filosofia e specializzata in bioetica, ha scelto la strada del
giornalismo scientifico e sociale. Coordinatore editoriale di O.Ma.R., è
appassionata di medical drama e social media. La trovate su twitter:
@vivosunamela.
Francesco Fuggetta,
laureato in Scienze della Comunicazione alla Nottingham
Trent University, ha scritto su Libero e L’Unione Sarda. Per due anni addetto
stampa dell’Azienda Sanitaria di Carbonia, collabora con O.Ma.R. dal 2014.
Margherita De Nadai
Laureata in Strategie di Comunicazione, si dedica a due delle sue più grandi
passioni: la scrittura e la medicina. È la web editor dell’O.Ma.R. dal 2015 e
scrive su diverse testate di area sanitaria.
La vita pone domande. Noi cerchiamo le risposte.
L’innovazione è la nostra risposta alle continue sfide della salute.
Lavoriamo ogni giorno per salvare le vite dei pazienti
e per aiutare milioni di persone in tutto il mondo.
Doing now what patients need next
Farmaci orfani, non facciamoci ingannare dalle parole
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Direttore O.Ma.R. – Osservatorio
Malattie Rare
né ricerca né interesse. Dal 2000 a
oggi oltre 1160 molecole hanno ri-
cevuto la designazione di ‘farmaco
orfano’. Questo vuol dire che team
di esperti, nel 90% circa dei casi fi-
nanziati da aziende private – e con
molte eccellenze italiane di cui vi
raccontiamo nelle prossime pagine
- si sono messi all’opera per trovare
soluzioni a delle malattie rare. Tut-
tavia, nonostante il grande numero
di molecole candidate a diventare
farmaci, poco meno di un centinaio
hannosuperatotuttelefasidellaspe-
rimentazione e sono arrivate ai pa-
zienti: meno del 9% del totale. Tutte
le altre molecole non si sono dimo-
strate valide, sono ancora in fase di
sperimentazioni oppure attendono
ancora di completare gli iter buro-
cratici per poter entrare sul merca-
to. Perché i tempi della scienza sono
lunghi e le basi di molte malattie
rare sono state chiarite solo da poco.
Ma se i pazienti sono pochissimi,
se i tempi per lo sviluppo di un far-
maco orfano sono tanto lunghi e il
rischio di fallimento tanto alto, che
cosa ha reso possibile alle aziende
farmaceutiche investire in questo
settore? Se questi risultati in ter-
mini di terapie si sono potuti rag-
giungere, parte del merito va certa-
mente all’Orphan Drug Act prima, e
ai regolamenti comunitari poi, che
hanno previsto delle facilitazioni
per le aziende che sviluppano far-
maci orfani. Alcuni paesi, tra cui
anche l’Italia, hanno poi previsto
ulteriori agevolazioni. Tutto questo
ha permesso alle aziende di inve-
stire e arrivare al risultato. Senza
questi aiuti probabilmente molte
malattie non avrebbero una cura.
Il vero ostacolo oggi sono le difficol-
tà economiche in cui versano molti
paesi. Perché questi farmaci, frutto
delle più avanzate biotecnologie,
hanno un costo, e le risorse sono
sempre meno. In Italia la spesa per
farmaci orfani è circa il 5% della spe-
sa farmaceutica complessiva e meno
dell’1% della spesa sanitaria comples-
siva,uncostolimitatomainunperiodo
ditaglinessunsettorevienerisparmia-
to. Il rischio è che i pazienti si vedano
negate delle terapie in base a dinami-
che di spesa e di budget da rispettare.
Questoèquellochenondeveaccadere.
	 Ilaria Ciancaleoni Bartoli
malattie rareindice 3
INDICE
NEWS
Fibrosi Cistica, i nuovi
trattamenti possono cambiare
la vita dei pazienti
Voce ai pazienti: la Carta
Europea per la fibrosi
polmonare idiopatica
Pagina 4
NEWS
Telethon Italia: la lotta alle
malattie genetiche rare
Pagina 5
ORIZZONTI
Malattierareendocrinologhe:
sonopiùdi300enecessitano
dicompetenzaspecifica
Ipoparatiroidismo:orasonodispo-
nibililelineeguidainternazionali
Pagina 6
ORIZZONTI
Tommasa: “la mia lotta contro
il colesterolo”
Ipercolesterolemia familiare
omozigote: anche in Italia
il nuovo trattamento
Pagina 7
SCENARI
Citomegalovirus in gravidanza:
subdolo e pericoloso
Acromegalia, i farmaci arrivano
dove la chirurgia non ce la fa
Mieloma multiplo: il secondo
tumore del sangue più diffuso
Pagina 8
NEWS
La distrofia di Duchenne:
stato dell’arte e innovazioni
terapeutiche
Pagina 9
FOCUS
Riposizionamento dei farmaci:
uno sguardo al futuro
Lucia è veneta, ha 5 anni
e due malattie rare
Pagina 10
NEWS
Recordati Rare Diseases
Foundation: formazione e infor-
mazione sulle malattie rare
Orphanet: il database dedicato a
malattie rare e farmaci orfani
Pagina 11
IL 2015 IN CIFRE
Europa
93 nuovi farmaci autorizzati
dall' EMA (Agenzia
Europea per i Medicinali)
39 (42%) sono nuove
sostanze attive
18 (19%) sono destinati
al trattamento delle
malattie rare
5 (5%) hanno una procedura
di approvazione accelerata
Fonte: European Medicine Agency
USA
45 farmaci innovativi approvati
dalla Food and Drug
Administration (FDA)
16 (36%) sono First in Class
hanno dei meccanismi
d'azione diversi da quelli delle
terapie esistenti
21 (47%) sono destinati
al trattamento delle
malattie rare
27 (60%) hanno una procedura
di approvazione accelerata
Fonte: Rapporto annuale del Centro
per la Valutazione dei Farmaci
e della Ricerca (CDER)
malattie rare news44
L
a fibrosi cistica è una malattia
rara a trasmissione geneti-
ca che colpisce 1 neonato su
2.500 – 2.700. A causare la malattia
è un difetto della proteina CFTR la
cui funzione è di regolare gli scambi
idroelettrolitici. L’alterazione della
proteina comporta un’anomalia del
trasporto di sali e determina princi-
palmente la produzione di secrezioni
“disidratate”: il sudore è molto ricco
in sodio e cloro, il muco è denso e vi-
schioso e tende a ostruire i dotti nei
quali viene a trovarsi. A essere col-
piti dagli effetti della malattia sono
principalmente l’apparato respirato-
rio, le vie aeree, il pancreas, il fegato,
l’intestino e l’apparato riprodutti-
vo, soprattutto nei maschi a causa
dell’ostruzione dei dotti spermatici.
Per la fibrosi cistica non esiste una
cura, ma da circa 8 mesi anche in
Italia è disponibile il primo tratta-
mento che agisce direttamente sulle
cause della patologia e non solo sui
sintomi. Si tratta di Ivacaftor, un mo-
dulatore della proteina CFTR, che si
usa in pazienti con almeno una mu-
tazione ‘gating’, cioè in pazienti in cui
la CFTR è presente sulla membrana
cellulare, ma non svolge la corretta
funzione di canale per il traspor-
to del cloro, e anche per i pazienti
con almeno una mutazione R117H.
“Sulla base dei risultati ottenuti dai
miei pazienti – spiega il Dr. Vincenzo
Carnovale, Medico del Centro di Ri-
ferimento Regionale Fibrosi Cistica
dell’Adulto della Campania – Univer-
sità degli Studi di Napoli Federico
II – posso certamente affermare che
grazie a questo farmaco i pazienti
stannomoltomeglio.Abbiamoosser-
vato che i pazienti che presentavano
una condizione clinica di gravità
lieve-moderata, attualmente stanno
benissimo. Chi aveva già sviluppato
i danni legati all’avanzamento della
patologia, ha manifestato un chia-
ro miglioramento clinico, oltre alla
normalizzazione del test del sudore.
Questo ci permette di dichiarare che
per i pazienti è estremamente van-
taggioso iniziare il trattamento il più
precocemente possibile, per evitare
che la patologia si possa aggravare.”
“L’esperienza ci ha dimostrato che
il farmaco funziona e cambia il de-
corso della malattia. Agisce, inoltre,
come se fosse un antibatterico: fa-
vorendo il ripristino della funzione
proteica, il farmaco modifica il mi-
croambiente polmonare, che così
non favorisce più la proliferazione
batterica: i pazienti si ammalano
di meno e vivono meglio. Ivacaftor,
inoltre, permette il recupero di
un’ottimale condizione nutrizionale,
che è fondamentale per combattere
la malattia. Il miglioramento del-
la qualità della vita è tale che – ad
esempio – una mia giovane paziente
ha espresso il desiderio di affrontare
una gravidanza per il forte desiderio
di maternità. Attualmente presso il
nostro centro sono 17 i pazienti che
hanno iniziato il trattamento: la fun-
zionalità respiratoria è migliorata, il
peso corporeo è aumentato e hanno
mostrato meno esacerbazioni di ma-
lattia. Ciò significa che ora possono
praticare terapie antibiotiche meno
impegnative, possono dedicare
meno tempo alla terapia in gene-
rale e più tempo alla propria vita.”
Il farmaco però serve solo ai pazienti
che presentano delle mutazioni spe-
cifiche. La seconda buona notizia è
che presto i pazienti italiani potran-
no disporre anche di un nuovo far-
maco, da poco approvato dall’EMA.
Si tratta di una combinazione di Lu-
macaftor e Ivacaftor: di fatto il primo
medicinale, per il trattamento della
causa alla base della fibrosi cistica,
in soggetti di età pari o superiore a
12 anni che presentano due copie
della mutazione F508del, la più
diffusa. Ilaria Vacca
FIBROSI CISTICA, I NUOVI TRATTAMENTI POSSONO
CAMBIARE LA VITA DEI PAZIENTI
I
gruppi e le associazioni di pa-
zienti svolgono oggi un ruolo
sempre più importante nel difen-
dere e sostenere i diritti di chi è af-
fetto da patologie gravi e invalidanti.
Promuovere la ricerca scientifica,
garantire le migliori prestazioni sa-
nitarie, l’equità e l’eguaglianza delle
cure, offrire supporto psicologico
ai pazienti: sono i principali obietti-
vi che si prefiggono oggi i gruppi di
advocacy. Tale azione è più che mai
necessaria nell’ambito delle malattie
rare: essendo pochi i pazienti a far
sentire la propria voce è più difficile.
Uno degli esempi più recenti del suc-
cesso di tali azioni è rappresenta-
to dalla Carta Europea del Paziente
con Fibrosi Polmonare Idiopatica:
un documento ufficiale, pubblicato
anche sulla rivista European Respi-
ratory Journal, e presentato al Par-
lamento Europeo nell’ottobre 2015.
La Carta, realizzata grazie alla col-
laborazione tra medici e pazienti,
è stata promossa da 11 associazio-
ni di 9 Paesi Europei. L’Italia è sta-
ta rappresentata dall’associazio-
ne AMA Fuori dal Buio di Modena.
Attualmente in Europa si stima che il
numero di soggetti affetti da Fibrosi
Polmonare Idiopatica (IPF) sia com-
preso tra 80.000 e 111.000 persone.
Ma di che malattia stiamo parlando?
Si tratta di una patologia polmonare,
per la quale i polmoni si riempiono
di tessuto fibroso; la malattia toglie
letteralmente il fiato, fino all’insuffi-
cienza respiratoria. Le cause di questa
malattia non sono note, da qui il nome
‘idiopatica’, e non esiste una cura de-
finitiva. Tuttavia esiste una terapia in
grado di rallentane la progressione. Si
trattadelpirfenidone,molecoladispo-
nibileancheinItaliadal2013,alquale
ora tutti i pazienti possono accedere.
Non è però sempre stato così. Trop-
po spesso i pazienti si scontrano
con la lentezza della burocrazia e
con il mancato riconoscimento della
propria patologia o la mancata esen-
zione dai ticket. Per tutti questi mo-
tivi è stata redatta la Carta Europea
del Paziente con Fibrosi Polmonare
Idiopatica, che ha individuato 5 temi
chiave: la necessità di migliorare la
diagnosi, l’accesso al trattamento,
l’approccio olistico, la consapevolez-
za della malattia e le cure palliative.
“Gli sforzi fino ad ora compiuti – ha
detto  Rosalba Mele, presidente di
AMA - potrebbero risultare vani
senza l’appoggio dei decisori poli-
tici: per questo abbiamo inviato un
forte messaggio alla Commissione
Europea e agli stati membri solle-
citando una tempestiva presa in
carico, perché i nostri pazienti tutto
hanno tranne che tempo da attendere.”
Persapernedipiù:www.ipfcharter.org. 	
IlariaVacca
VOCE AI PAZIENTI: LA CARTA EUROPEA
PER LA FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA
Vincenzo Carnovale
Responsabile del Centro di
Riferimento Regionale Fibrosi
Cistica dell’adulto della
Campania – Università degli Studi
di Napoli Federico II
Per la fibrosi cistica non esiste una cura, ma da circa 8 mesi
anche in Italia è disponibile il primo trattamento che agisce
direttamente sulle cause della patologia e non solo sui sintomi.
Si tratta di Ivacaftor, un modulatore della proteina CFTR
malattie rarenews 5
N
on sempre hanno un nome e
ancora meno spesso una cura.
Colpiscono una percentuale
molto bassa della popolazione, circa il
6-8%, per questo sono definite ‘rare’ e
si manifestano più frequentemente nei
primi anni di vita. La diagnosi, quando
c’è, arriva in un tempo medio di 6-8
anni tra indagini e ipotesi errate. Pos-
sono colpire più organi, compromet-
tendo funzioni fondamentali per la vita
quotidiana. Alcune di loro colpiscono
solo una decina di persone nel mondo,
eppure non è un buon motivo per il
quale non cercare una terapia, una cura
per migliorare la loro qualità della vita,
per salvarle. Sono oltre seimila quel-
le finora conosciute: stiamo parlando
delle malattie genetiche rare, causate
TELETHON ITALIA: LA LOTTA ALLE MALATTIE GENETICHE RARE
da una o più mutazioni dei geni o alte-
razioni dei cromosomi in grado di dare
origine a una o a molteplici patologie
e che nell’Unione Europea hanno una
prevalenza di 5 casi su 10.000 persone.
Conoscerle, studiarle e trovare una
cura è l’obiettivo di Telethon, Fonda-
zione nata negli Stati Uniti negli anni
’60, poi approdata anche in Italia, gra-
zie alla volontà di Susanna Agnelli in
collaborazione con l’Unione italiana
lotta alla distrofia muscolare, allo scopo
di finanziare e promuovere la ricerca
scientifica su questo tipo di malattie.
Telethon Italia si compone di tre istitu-
ti: l’Istituto San Raffaele-Telethon per
la Terapia Genica (TIGET) con sede a
Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e
Medicina (TIGEM) con sede a Pozzuoli
(Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco,
un istituto virtuale intitolato al premio
NobelperlaMedicinaRenatoDulbecco.
Con i fondi raccolti, grazie all’omoni-
ma maratona televisiva che ogni anno
va in onda sulle reti Rai, alle iniziative
di raccolta, alla rete dei partner e ai
volontari sul territorio, la Fondazione
Telethon a oggi ha avuto la possibilità
di compiere la sua attività di ricerca su
450 malattie genetiche rare, e per ol-
tre 20 patologie sono riusciti a trovare
una cura. Sono oltre 10.222 gli artico-
li che hanno pubblicato dal 1990 ad
oggi, le cui citazioni medie sono le più
alte rispetto a quelle italiane, europee
e statunitensi. Inoltre oltre 50 bam-
bini affetti da tre gravi patologie, gra-
zie alla ricerca finanziata da Telethon
sulla terapia genica, ora stanno bene.
Nel 2014-2015 Telethon ha destina-
to 43,7 milioni di euro, pari al 75%
degli impieghi totali, per finanziare la
propria attività di ricerca, finanzian-
do il lavoro di centinaia di ricercatori
italiani. Sono state messe a punto 23
linee di ricerca nei loro istituti e av-
viati 55 attività e progetti nell’anno.
Le ultime sfide e gli ultimi successi?
Telethon ha recentemente identifica-
to il primo gene che controlla la forma
dell’ippocampo, struttura del nostro
cervello responsabile della memoria,
aprendo importanti scenari per la com-
prensione dei disturbi cognitivi. E an-
cora, un gruppo di ricerca italiano ha
dimostrato che l’antidepressivo mirta-
zapina può avere effetti benefici sui sin-
tomi della sindrome di Rett, una malat-
tia neurologica genetica rara che causa
ritardo mentale in 1:10.000 bambine.
Inoltre,unteamdiricercainternaziona-
lehaindividuatounapossibilestrategia
terapeutica per la cura della sindrome
di Duncan, una malattia genetica che
si manifesta con una mononucleosi in-
fettiva fulminante scatenata da un virus
moltodiffusodellafamigliadegliherpes.
Ma questi sono solo gli ultimi suc-
cessi ottenuti dalla ricerca finanzia-
ta da Telethon. Grazie alle nume-
rose donazioni e all’impegno dei
ricercatorisipuòfaremoltoaltroancora.
	 Marghertina De Nadai
Telethon Italia si compone di tre istituti: l’Istituto San
Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (TIGET) con sede
a Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM)
con sede a Pozzuoli (Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco,
un istituto virtuale intitolato al premio Nobel per la Medicina
Renato Dulbecco
L
e malattie rare endocrino-
logiche rappresentano un
gruppo di patologie estrema-
mente eterogeneo, che interessano
circa 20-25 persone ogni milione
di abitanti. Comprendono tumori
rari, disordini metabolici minerali
e ossei, patologie legate a squilibri
ormonali, patologie di pancreas,
surreni e paratiroide. In totale le
malattie endocrinologiche classi-
ficate dalla SIE, Società Italiana di
Endocrinologia, sono ben 346. Si
tratta di patologie, per lo più gene-
ticamente determinate, di difficile
diagnosi e per le quali spesso si ac-
cumula un ritardo diagnostico che
può arrivare anche a 10 anni. “Ri-
conoscere una patologia rara può
essere difficile – spiega Maria Luisa
Brandi - ma da quel riconoscimento
dipende la salute del paziente. Per
questo motivo con la SIE abbiamo
realizzato una classificazione com-
pleta, che per ogni patologia riporta
fenotipo, marcatori biologici, età di
manifestazione, incidenza, preva-
lenza e bibliografia di riferimento.
L’
ipoparatiroidismo è una rara
malattia endocrina caratte-
rizzatadaundeficitdiormone
paratiroideo e da bassi livelli di calcio
nel sangue. Principalmente, la pato-
logia si manifesta come conseguen-
za della rimozione chirurgica della
tiroide o delle ghiandole paratiroidi.
Sebbene esista una terapia specifica,
approvata per ora negli USA, l’attuale
standard di cura per l’ipoparatiroi-
dismo è rappresentato dalla sommi-
nistrazione di integratori di calcio e
di analoghi attivi della vitamina D.
Pertentaredicolmarel’attualecaren-
za di informazioni in merito alla dia-
gnosi e al trattamento della malattia,
la Società Europea di Endocrinologia
(ESE) ha creato un gruppo di lavoro
multidisciplinare, principalmente
composto da ricercatori clinici euro-
pei, che ha condotto un’analisi siste-
matica della letteratura nel tentativo
di identificare il miglior trattamento
per i pazienti adulti con ipoparatiroi-
dismo cronico. Al termine di questa
ricerca, poco più di 300 studi sull’ipo-
paratiroidismo sono stati considerati
pertinenti e sottoposti ad una valuta-
zione dei dati e degli elementi di pro-
va necessari all’elaborazione delle
linee guida. Tale documento è stato
poi pubblicato sull’ European Journal
of Endocrinology, allo scopo di forni-
re ai medici un insieme strutturato di
consigli pratici per la diagnosi, il trat-
tamento e la gestione quotidiana di
pazienti adulti affetti da ipoparatiroi-
dismo cronico non associato a malat-
tiarenaleallostadioterminale(ESRD).
In generale, le raccomandazioni
dell’ESE sono focalizzate sull’im-
portanza di effettuare tempestivi
esami per l’ipoparatiroidismo in
tutti i pazienti che manifestano
bassi livelli di calcio e di ormone
paratiroideo, ma anche sulla ne-
cessità di una rinnovata attenzio-
ne a quelle specifiche circostanze,
come la fertilità, la gravidanza o
l’allattamento, che rendono par-
ticolarmente delicato il tratta-
mento delle giovani donne, le
quali hanno una maggiore proba-
bilità di essere colpite dalla malattia.
		 Ilaria Vacca
Si tratta di uno strumento prezio-
so, che potrà aiutare gli endocrino-
logi nella loro pratica quotidiana.”
Il mancato riconoscimento di una
patologia, o l’errata diagnosi, pos-
sono cambiare completamente la
vita dei pazienti. “Basti pensare ai
casi in cui vengono eseguiti tratta-
menti chirurgici inutili, oppure ai
drammatici casi in cui un tumore
benigno non viene individuato e,
col tempo, si trasforma in neopla-
sia maligna. Quando un paziente
arriva da noi con un’anomalia en-
docrinologica abbiamo il dovere di
indagare sulla sua storia familiare,
sulla specificità della sua condi-
zione. Non possiamo fermarci alle
apparenze.” L’immenso lavoro di
classificazione della SIE, pubbli-
cato lo scorso anno sul Journal of
Endocrinological Investigation, è la
risposta a una fortissima necessità
di informazioni sulle malattie rare.
Tra le patologie probabilmente
meno note ci sono le malattie rare
genetiche delle ossa, come l’oste-
ogenesi imperfetta. Per queste
malattie lo Skeletal Rare Diseases
Working Group della International
Osteoporosis Foundation (IOF), di
cui la Prof.ssa Brandi è il Presidente,
ha recentemente elaborato una nuo-
va classificazione delle rare malattie
genetiche delle ossa che si basa sulla
loro patogenesi metabolica. Questo
lavoro, già pubblicato su Osteopo-
rosis International, rappresenta un
primo passo verso la creazione di un
registro internazionale delle malat-
tie scheletriche rare e fornisce im-
portanti informazioni utili allo svi-
luppo di nuovi percorsi diagnostici e
terapeutici per queste patologie che,
sebbene debilitanti, sono spesso
trascurate. “A causa della rarità di
queste malattie la diagnosi rappre-
senta una sfida, e la maggior parte
dei pazienti, che spesso sono bam-
bini, dispone attualmente di poche
opzioni terapeutiche. Ad oggi, la
diagnosi delle malattie scheletri-
che rare si basa principalmente
sull’analisi del fenotipo clinico e
sugli esami di radiografia. Cre-
diamo che la conoscenza della via
metabolica che caratterizza que-
ste malattie fornisca importanti
informazioni che possono aiutare
i medici a selezionare il trattamen-
to farmacologico più appropriato”.
		 Ilaria Vacca
Il portale delle malattie rare
e dei farmaci orfani
Nessuna malattia è così rara da non meritare attenzione.
www.orphanet.it
malattie rare66
MALATTIE RARE ENDOCRINOLOGICHE: SONO PIU’ DI 300 E
NECESSITANO DI COMPETENZA SPECIFICA
IPOPARATIROIDISMO: ORA DISPONIBILI LE LINEE GUIDA
INTERNAZIONALI
Maria Luisa Brandi
Professore ordinario di
endocrinologia all’Università di
Firenze, coordinatrice del Club
su Malattie Rare della Società
Italiana di Endocrinologia,
Presidente dello Skeletal Rare
Diseases Working Group della
International Osteoporosis
Foundation (IOF)
T
ommasa ha 24 anni ed è nata
in provincia di Agrigento.
Oggi vive a Frosinone, studia
all’Università di Tor Vergata e col suo
sorrisocontagiosoraccontaquelloche
definisce “un percorso in salita”. Per-
ché da quando è nata Tommasa lotta
contro l’ipercolesterolemia familiare
omozigote, una forma molto rara e
gravediipercolesterolemiaereditaria.
Secondo le ultime stime della Euro-
pean Atherosclerosis Society, tutta-
via, pare che questa forma abbia una
prevalenza di 1:160.000-300.000:
molto maggiore, quindi, di quel-
la storica di 1:1.000.000. Inoltre, la
patologia è spesso trattata in ritar-
do e in modo insufficiente, e anche
con le migliori terapie disponibili
(statine ad alto dosaggio e inibitori
dell’assorbimento del colesterolo),
L’
eccesso di colesterolo nel san-
gue può dipendere da varie
cause, dall’alimentazione alla
presenza di diverse patologie. Ma il
fattore scatenante può essere anche
ereditario: è il caso dell’ipercolestero-
lemia familiare, una rara e grave malat-
tia causata da un difetto genetico che
altera la funzione del recettore delle
lipoproteine a bassa densità (LDL-C,
il cosiddetto “colesterolo cattivo”).
Quandounsoggettoereditailgenedifet-
tosoperilrecettoredelleLDLdaentram-
bi i genitori, si parla di ipercolesterole-
mia familiare omozigote. Queste sono
formerarissime:colpisconoinfatticirca
unindividuosu300.000,masonoanche
molto più gravi di quelle eterozigoti.
Chi è affetto da questa malattia svilup-
pa una precoce e progressiva atero-
sclerosi, cioè un restringimento delle
arterie che può portare a infarto, ictus
o altri problemi cardiovascolari. Fino
ad oggi per questi pazienti le uniche
opzioni terapeutiche erano rappre-
sentate da una dieta ferrea, dall’uso di
farmaci come le statine e dall’aferesi
delle lipoproteine, un procedimento
di rimozione meccanica del colestero-
lo dal sangue. Ma questi trattamenti,
anche se efficaci, in genere non sono
in grado di ridurre il colesterolo fino
ai livelli raccomandati dalla Euro-
pean Atherosclerosis Society (EAS).
Ora, però, per questi pazienti è arri-
vata un’importante novità: un farma-
co specifico per la loro patologia. Nel
giugno 2015, infatti, l’Agenzia Italiana
del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la
commercializzazione in Italia della
lomitapide. Il farmaco è un inibitore
della proteina di trasferimento micro-
somiale dei trigliceridi e permetterà ai
pazienti adulti di ridurre ulteriormen-
te i loro livelli di “colesterolo cattivo”.
Sarà poi compito dei clinici arrivare
all’approvazione di linee guida sulle
nuove indicazioni di trattamento di
questi nuovi farmaci e sulla loro com-
binazione con l’aferesi lipoproteica.
La società scientifica internaziona-
le Mighty Medic, costituita lo scorso
18 dicembre a Roma, è già al lavoro.
“Il nostro obiettivo – spiega la
Prof.ssa Claudia Stefanutti, Respon-
sabile dell’U.O. Tecniche Terapeutiche
Extracorporee dell’Università “Sa-
pienza” di Roma e coordinatrice di
Mighty Medic – è condividere in modo
interdisciplinare competenze diverse
nell’ambito delle malattie dismeta-
boliche. La società non si pone solo
obiettivi di ricerca, ma anche di tipo
educativo e formativo, perché queste
patologiesonoancorapoconoteesotto
diagnosticate”. Francesco Fuggetta
solo circa il 20% dei pazienti rag-
giunge gli obiettivi di colesterolo
LDL raccomandati dalle linee guida.
Tommasa, che fa parte dell’Associa-
zione Nazionale Ipercolesterolemia
Familiare, ha raccontato all’Osser-
vatorio Malattie Rare cosa significhi
convivere con questa patologia. “Ho
scoperto di essere affetta da iper-
colesterolemia familiare omozigote
all’età di due anni, quando dietro i go-
miti e dietro le cosce apparvero degli
xantomi, macchie giallastre causate
dall’accumulo di lipidi sotto la pelle.
Così i medici di Palermo mi indiriz-
zarono all’Umberto I di Roma, dalla
Prof.ssa Claudia Stefanutti, che mi
prese in cura e da lì è iniziato il mio
percorso di vita, sempre in salita”.
A quattro anni e mezzo, Tommasa
inizia a sottoporsi alla plasmaferesi,
una procedura extracorporea simile
alla dialisi, che rimuove dal sangue
il colesterolo in eccesso. “All’inizio –
racconta – è stata una grande soffe-
renza; poi col tempo, facendola ogni
settimana, mi sono abituata. Con gli
altri pazienti e con i medici si è in-
staurato un rapporto straordinario, e
mi sono sentita come in una famiglia”.
Ma le difficoltà continuano: nel 2009
la ragazza subisce un’operazione
per l’inserimento di un bypass alla
coronaria sinistra. “Ho sostituito
due valvole, l’aortica e la mitrale, e
la mia vita è cambiata: prima stavo
malissimo, non potevo fare prati-
camente nulla, né attività fisica, né
uscire con gli amici: dopo l’operazio-
ne ho iniziato persino a fare sport”.
Poi, nel gennaio 2014, arriva la noti-
zia di un nuovo trattamento, la lomi-
Claudia Stefanutti
Responsabile della Unità
di Tecniche Terapeutiche
Extracorporee - Centro
afferente alla rete dei
Presidi di Riferimento per le
Malattie Rare della Regione
Lazio - Laboratorio per lo
Studio, Diagnosi e Terapia delle
Dislipidemie e Prevenzione della
Aterosclerosi  - Dipartimento di
Medicina Molecolare - “Sapienza”
Università di Roma.
Coordinator of the
Multidisciplinary International
Group for Hemapheresis Therapy
and MEtabolic DIsturbances
Contrast - MIGHTY MEDIC.
orizzonti 7
TOMMASA: “LA MIA LOTTA CONTRO IL COLESTEROLO”
IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE OMOZIGOTE,
ANCHE IN ITALIA IL NUOVO TRATTAMENTO
tapide. “Per me è stato fantastico: lo
attendevo da tanto tempo, quindi ho
voluto iniziare subito la sperimen-
tazione. All’inizio è stato un po’ un
calvario, perché è vero che con la
plasmaferesi occorre fare una deter-
minata dieta, però ogni tanto potevo
sgarrare, mangiare un po’ di ciocco-
lato o qualcosa di più grasso, mentre
con la lomitapide no, perché ha de-
gli effetti collaterali non indifferenti
e quindi bisogna stare più attenti”.
Oggi Tommasa continua la terapia, e
non si sottopone più all’aferesi ogni
settimana, ma ogni 15 giorni. “I ri-
sultati sono straordinari, sto meglio
anche dal punto di vista psicologico.
Mi sento più libera di uscire, spostar-
mi da casa, fare vacanze: non avrei
mai pensato a un cambiamento del
genere”. Francesco Fuggetta
malattie rare scenari88
C
on il progressivo incremento
dell’età media della popola-
zione nei paesi più industria-
lizzati, anche l’incidenza complessiva
delle malattie neoplastiche del san-
gue sta progressivamente crescen-
do. Ciò è diretta conseguenza della
maggiore suscettibilità a sviluppare
tumori nell’anziano, regola cui non
si sottraggono le neoplasie ema-
tologiche. I progressi della ricerca
hanno tuttavia portato all’introdu-
zione nella pratica clinica di farma-
ci a bersaglio molecolare che alla
maggiore attività antineoplastica
associano una minore tossicità e si
adattano quindi anche al trattamen-
to dei pazienti più anziani. Questi
farmaci hanno pertanto contribui-
to significativamente allo sviluppo
di strategie terapeutiche efficaci e
migliorano sensibilmente l’aspetta-
tiva di vita, soprattutto nei pazienti
più anziani per cui in passato vige-
va un certo nichilismo terapeutico.
Un tipico esempio è costituito dal
mieloma multiplo: è il secondo tumo-
re del sangue più diffuso, dopo il lin-
foma non-Hodgkin. Questa patologia
è dovuta alla trasformazione neopla-
stica delle plasmacellule, cellule im-
munitarie che hanno la funzione di
produrre anticorpi e difenderci dalle
infezioni. Si manifesta con l’avanzare
dell’età: due terzi dei casi insorgono
dopo i 65 anni. In Italia ogni anno si
registranopiùdi4.500nuovicasi,con
un’incidenza lievemente maggiore
negli uomini rispetto alle donne. Ne-
gli ultimi 30 anni per questa malattia
il tasso di sopravvivenza dei soggetti
con mieloma è molto migliorato, in
relazione all’uso di nuovi agenti far-
macologici. “Le innovazioni in questo
settore iniziano dal primo decennio
degli anni 2000 – spiega il Prof. Fa-
brizio Pane - quando due categorie di
farmaci, immunomodulatori e inibi-
tori di proteosoma, sono stati impie-
gati prima nei trials clinici e poi nella
pratica clinica per il trattamento di
questi tumori. Siamo passati dunque
da una terapia basata unicamente su
agenti chemioterapici (quindi dotati
di una tossicità non troppo selettiva
nei confronti delle cellule neoplasti-
che), ai farmaci biologici: molto più
tollerabili e efficaci verso lo specifi-
co bersaglio molecolare, le plasma-
cellule neoplastiche del mieloma.”
Il mieloma multiplo è una malat-
tia dell’anziano, paziente per an-
tonomasia poco capace di reggere
una chemioterapia aggressiva. “I
farmaci biologici sono in grado di
impattare significativamente sul-
le aspettative di vita di questi pa-
zienti. Per questo noi ematologi
abbiamo necessità di avere a dispo-
sizione nuovi farmaci, soprattutto
quelli che rappresentano un’innova-
zione, perché sono quelli che si tra-
ducono in un guadagno in termini
di efficacia terapeutica. Riserviamo
dunque una grande attenzione verso
questo nuovo prodotto che è atteso
con ansia proprio per i risultati che
nehannoconsentitolaregistrazione”.
Un esempio di tali risultati è rappre-
sentato dall’approvazione da parte
di AIFA di pomalidomide, farma-
co biologico per assunzione orale,
in associazione a desametasone,
per il mieloma multiplo recidivan-
te e refrattario. Il farmaco è dispo-
nibile in Italia dal settembre 2015.
	 IlariaVacca
MIELOMA MULTIPLO: IL SECONDO TUMORE DEL SANGUE PIU’ DIFFUSO
Fabrizio Pane
Presidente SIE (Società Italiana
di Ematologia), professore
Ordinario di Ematologia e
direttore dell’Unità Operativa
di Ematologia e Trapianti di
Midollo all’Azienda Ospedaliera
Universitaria Federico II di
Napoli
L’
acromegalia è una malattia
rara, grave e invalidante ca-
ratterizzata dal progressi-
vo ingrossamento delle ossa acrali
(della testa, delle mani e dei piedi),
delle labbra e di alcuni altri organi
con conseguenti alterazioni meta-
boliche che comportano un rischio
per la vita dei pazienti. I pazienti
con acromegalia non trattata, infat-
ti, hanno un tasso di mortalità pari
a circa il doppio rispetto a quello
osservato nella popolazione gene-
rale e una riduzione media dell’a-
spettativa di vita di circa 10 anni.
I
lcitomegalovirus(CMV)èunagen-
teinfettivomoltocomune,tantoche
il 60-80% degli adulti lo contrae. I
sintomisonosimiliaquellidell’influenza
enellamaggiorpartedeicasil’infezione
nonhaconseguenzerilevanti.Durantela
gravidanza però contrarre questa infe-
zionediventaestremamenterischioso:il
virus potrebbe essere trasmesso al feto,
chenonèdotatodellearmiimmunitarie
per combatterlo. In questo caso si parla
di citomegalovirus congenito. Questa
infezione può produrre danni di entità
variabile al nascituro e riguardare il si-
stemanervosocentrale,provocareritar-
do cognitivo, sordità congenita o cecità.
La prima arma contro il CMV è sicura-
mentelaprevenzione:ilCMVsitrasmet-
teattraversoifluidicorporei,quindiuna
correttaigiene(lavarsilemani,evitareil
contatto con le secrezioni orali, evitare i
rapportisessualiarischio)puòpreveni-
rel’infezione.Inparticolarmododevono
fare attenzione le donne in gravidanza
che hanno altri figli di età prescolare
e scolare e le donne che lavorano con
i bambini (insegnanti, educatrici etc).
Si tratta però di un virus estremamen-
te comune, tant’è che in gravidanza
sarebbe bene eseguire il test di scre-
ening. Consiste in un semplice esame
delsangue,attraversoilqualevengono
misurati gli anticorpi specifici, detti
immunoglobuline. Se alle analisi gli
anticorpi IgM risultano positivi l’infe-
zioneèinatto.SeglianticorpiIgGsono
negativi siamo in presenza di un’in-
fezione primaria, la più pericolosa. Se
anche le IgG sono positive, può trat-
tarsi di un’infezione primaria recente
o una riattivazione o reinfezione. Sarà
quindi necessario eseguire il cosid-
detto test di avidità che permette di
sapere se l’infezione si è avuta nei tre
mesi precedenti o se è avvenuta ante-
riormente: se ci si è ammalate prima
della gravidanza i rischi si abbassano
all’1% circa. Se è confermata l’infezio-
ne primaria in gravidanza, è bene ri-
volgersi ad una struttura specializzata.
Quando si scopre l’infezione prima-
ria nella maggior parte dei casi viene
consigliata l’interruzione di gravi-
danza, senza nemmeno fare i test di
approfondimento, anche se solo con
l’amniocentesi però si può poi essere
sicuri che l’infezione fetale sia in corso.
In caso l’infezione materna sia confer-
mata esiste un’opzione terapeutica,
rappresentata dalla somministrazione
di immunoglobuline specifiche, che
abbattono notevolmente il pericolo
di trasmissione del virus al feto (nel
caso in cui non abbia ancora contrat-
to il virus), o lo aiutano a combattere
la malattia. Le immunoglobuline spe-
cifiche sono però ancora considerate
una terapia sperimentale, malgrado
le ormai numerose pubblicazioni in-
ternazionali, e in Italia di rado ven-
gono proposte alla gestante, se non
in strutture private e a pagamento.
In Italia è attiva l’associazione An-
tiCito Onlus, che da anni si occu-
pa di far conoscere questa patolo-
gia, promuovere la prevenzione,
supportare la ricerca scientifica e of-
frire assistenza alle famiglie che si tro-
vano a dover fronteggiare la malattia.
		 Ilaria Vacca
La patologia è causata da un’iper-
secrezione cronica di ormone della
crescita (GH), che, in oltre il 95% dei
pazienti,haoriginedauntumore:un
adenoma ipofisario secernente GH.
La diagnosi è spesso tardiva ri-
spetto all’esordio della malattia e
gli effetti a lungo termine possono
essere irreversibili. Le complican-
ze possono comprendere diabete,
alterazione del metabolismo dei
lipidi e ipertensione, con un eleva-
to rischio di infarto e ictus. Un pro-
blema particolarmente grave per
i pazienti può essere quello delle
fratture vertebrali da osteoporosi:
sono a rischio infatti anche quan-
do i valori di densità minerale os-
sea all’esame della mineralometria
ossea computerizzata (MOC) sono
solo lievemente ridotti o addirit-
tura normali. Lo ha mostrato nel
2005, per la prima volta nella let-
teratura internazionale, un gruppo
degli endocrinologi guidato da An-
drea Giustina, professore ordinario
di Endocrinologia all’Università
degli Studi di Brescia. Per questa
patologia esistono oggi diverse
opzioni terapeutiche, in primis la
chirurgia. Nei casi però in cui l’ade-
noma non sia asportabile, l’opzione
farmacologica consiste negli analo-
ghi della somatostatina, un ormone
prodotto dall’ipotalamo. Questi far-
maci, in circa la metà dei pazienti,
raggiungono l’obiettivo di inibire
l’ormone della crescita; per l’altra
metà sarà disponibile a breve anche
in Italia la molecola di nuova genera-
zione pasireotide. Un’ulteriore alterna-
tiva è il pegvisomant, che ha un effetto
periferico sull’ormone della crescita
bloccandone l’azione, ma non ha alcun
effettosull’adenoma. IlariaVacca
ACROMEGALIA, I FARMACI ARRIVANO DOVE LA CHIRURGIA NON CE LA FA
CITOMEGALOVIRUS IN GRAVIDANZA: SUBDOLO E PERICOLOSO
malattie rarenews 99
L
a distrofia muscolare di Du-
chenne (DMD) è una malat-
tia genetica rara neuromu-
scolare a trasmissione recessiva
legata al cromosoma X, quindi che
colpisce solo i maschi, caratteriz-
zata da degenerazione progressi-
va dei muscoli scheletrici. È la più
grave tra le distrofie muscolari: ha
un esordio precoce e colpisce pro-
gressivamente tutta la muscolatu-
ra portando i ragazzi a perdere la
deambulazione ed essere costret-
ti sulla sedia a rotelle intorno ai
9/12 anni, a perdere anche l’uso
delle braccia e ad aver bisogno di
aiuto nella respirazione. La DMD
colpisce infatti in modo specifico
il tessuto muscolare scheletrico,
compresi i muscoli respiratori e
cardiaci, ed è caratterizzata da
una progressiva distruzione del
tessuto muscolare che viene sosti-
tuito da tessuto fibroso e adiposo.
I primi sintomi della patologia
si manifestano intorno ai tre
anni:  i bambini hanno difficoltà
nel correre, salire le scale, sal-
tare. Con il progredire dell’età,
le difficoltà motorie diventano
evidenti e al momento dell’in-
gresso nella scuola elementare
il quadro clinico è chiaro: l’an-
datura è oramai anomala e con
frequenti cadute, la camminata
avviene spesso in punta di piedi. 
L’approccio terapeutico fino ad
ora è stato basato solo sull’uso
di corticosteroidi e su una presa
in carico multidisciplinare che
comprende fisioterapia, chirurgia
ortopedica, prevenzione cardio-
logica e assistenza respiratoria.
Tale approccio ha permesso di
prolungare la sopravvivenza dei
ragazzi dalla prima adolescenza
fino ai 25-30 anni. Ma questo non
rappresenta un punto di arrivo;
alcune opzioni terapeutiche sono
in sviluppo nei laboratori di al-
cune biotech e nelle strutture sa-
nitarie di tutto il mondo, Italia in
primis.  In particolare, per alcuni
pazienti portatori di una partico-
lare mutazione genetica chiamata
‘nonsenso’, oggi è già disponibile
una specifica terapia in grado di
rallentare la progressione della
malattia e la conseguente perdi-
ta della capacità di camminare.
In Italia la principale realtà asso-
ciativa di riferimento per la DMD
è Parent Project Onlus, attiva dal
1996, con il fine di migliorare la
qualità della vita dei bambini e
ragazzi affetti da tale patologia,
attraverso tre obiettivi primari:
informare e sostenere le fami-
glie, promuovere e finanziare la
ricerca scientifica per sconfig-
gere la patologia, sviluppare un
network collaborativo, attivo
su tutto il territorio nazionale.
		 Ilaria Vacca
LA DISTROFIA DI DUCHENNE: STATO DELL’ARTE
E INNOVAZIONI TERAPEUTICHE
malattie rare focus1010
Quando mamma e papà l’han-
no portata a casa dopo la
nascita Lucia era una bimba
come le altre. Ad appena 6 mesi, però,
sono arrivate le prime infezioni, una
alle vie urinarie e una sottocutanea da
streptococco. A Verona, l’ospedale più
vicino,sonocominciatigliaccertamen-
ti: i globuli bianchi erano bassissimi.
“Non sapevano che dire – racconta il
papà – e allora siamo andati al Gaslini
di Genova. La prima diagnosi è stata
di neutropenia autoimmune. Le han-
no dato il G-CSF per far alzare i globuli
bianchi, lì per lì ha funzionato e ci sia-
mo tranquillizzati”. La serenità però ha
breve durata, Lucia dopo poco ha altri
sintomi: febbre, transaminasi ben so-
pra i limiti, una colecistite, inappeten-
za, vomito, diarrea. La bimba a volte
non riesce nemmeno a camminare, le
infezioni si susseguono e per lei non ci
sono i giochi all’aria aperta, l’asilo e gli
amichetti, ma camici bianchi, prelievi,
biopsie e ricoveri. “Il fegato le si stava
ingrossando – dice il papà – i linfono-
di aumentavano, poi si sono aggiunte
dermatiti,panniculiteeinfiammazioni.
È in quel momento che è cominciata la
terapia di immunosoppressione. Sem-
pre nel 2012 si sono accorti che aveva
pochissimo tessuto adiposo sottocuta-
neo, ma in un quadro così complesso
non gli è stata data troppa importan-
za”. Lucia però è sempre più magra e la
sua pancia è sempre più gonfia: i valori
del sangue non sono mai tornati nella
norma. Nel 2013 la famiglia fa i bagagli
e va al Meyer di Firenze per ricomin-
ciare tutte le visite da capo in cerca
di una soluzione. Al Meyer riescono a
controllare le infiammazioni con dei
farmaci approvati per un gruppo di
malattie rare chiamate CAPS, che fun-
zionano. Il fegato però continua a cre-
scere, transaminasi e colesterolo sono
fuori controllo. Al Meyer indirizzano
la famiglia negli Usa, al centro NIH di
Bethesda. “Lì ci hanno parlato di un
medico di Pisa, il prof. Santini, che sta-
va utilizzando la leptina per curare la
lipodistrofia, una malattia che si mani-
festaconlamancanzaditessutoadipo-
so sottocutaneo e accumuli di grasso
negli organi interni, come in mia figlia.
DaBethesdaabbiamotelefonatoaSan-
tini, fissato un incontro e siamo tornati
in Italia”. Il medico che poteva aiutare
Lucia era a pochi chilometri dall’Ospe-
dale in cui aveva passato tanto tempo.
“La situazione è apparsa subito gra-
ve – racconta il prof. Ferruccio Santi-
ni, Responsabile Centro Obesità U.O.
Endocrinologia 1 Azienda Ospedalie-
ro-Universitaria Pisana –, la bambina
aveva una lipodistrofia generalizzata
autoimmuneeilfegatopienodigrasso.
Volevo usare Metreleptin, un farmaco
a base di leptina umana ricombinan-
te, lo avevo già somministrato in altri
casi all’interno di un programma di
uso compassionevole americano. Il
programma però nel frattempo era
terminato, negli Usa il farmaco era in
commercio ma in Italia ancora no. Non
sapendo come averlo mi sono rivolto
all’azienda farmaceutica, vista l’ur-
genza sono stati disponibili a darmelo
gratuitamente. Ha funzionato”. 	
“Da quando Lucia ha cominciato a
usare questo farmaco – dicono i ge-
nitori - la pancia è sparita, il fegato
si è ridotto, trigliceridi, colesterolo,
transaminasi sono tornati nella nor-
ma. La lipodistrofia è sotto control-
lo, rimane ora da affrontare la lin-
foproliferazione. Stiamo pensando
di tornare a Bethesda e vedere se
si può tentare una terapia diversa
dall’immunosoppressione, anche
sperimentale”. “Lucia ormai sa di
essere malata – dice la mamma – ci
sono periodi in cui tutte le settima-
ne deve fare un prelievo e come tut-
ti i bimbi non ama aghi e punture,
ma sa di averne bisogno. Spesso la
sorprendo a guardare video sul cor-
po umano, per lei è normale sentire
parlare dei vari organi e vuole capire”.
	 IlariaCiancaleoniBartoli
LUCIA È VENETA, HA 5 ANNI E DUE MALATTIE
RARE: DAGLI USA L’HANNO MANDATA
A CURARSI IN ITALIA, A PISA
Ferruccio Santini
Responsabile Centro Obesità
U.O. Endocrinologia 1 Azienda
Ospedaliero-Universitaria Pisana
L
e malattie genetiche rare sono
tra le più difficili da diagnosti-
care. Sono migliaia, ma ancora
moltissime quelle senza un nome, che
probabilmenteinteressanosoloqualche
decinadipazientiintuttoilmondo.“Per
lemalattierarec’èancoragrandeneces-
sitàdidiagnosi–spiegailprof.Giuseppe
Novelli - quando una famiglia o un pa-
ziente sono orfani di diagnosi si verifica
quel fenomeno che possiamo definire
‘turismo medico’: intere famiglie che
ripetono analisi su analisi, spostandosi
da un centro medico all’altro, con co-
sti economici e umani altissimi. Fino a
qualche tempo fa purtroppo per una
diagnosi genetica c’era bisogno di colle-
zionare i dati di un gran numero di casi
simili. Oggi tutto è cambiato: grazie alle
nuove tecnologie è possibile ottenere il
sequenziamento completo del genoma,
concostirelativamentecontenutietem-
pistiche brevi. ”Il progresso scientifico
ha quindi cambiato completamente la
storia di questi bambini e di queste fa-
miglie, altrimenti destinati a vivere or-
fanididiagnosi,orfaniditerapiaesenza
RIPOSIZIONAMENTO DEI FARMACI: UNO SGUARDO AL FUTURO
alcunarispostaalletantissimedomande
che quotidianamente logorano chi vive
intalicondizionidiincertezza.“Abbiamo
finalmente assegnato a queste malattie
un nome e un cognome, scoprendo che
spesso sono accomunate dallo stesso
difetto genetico. In questi casi abbiamo
un’arma in più a nostra disposizione,
quella che ora viene definita la strate-
gia di riposizionamento dei farmaci.”
Si tratta sostanzialmente dell’utilizzo
di farmaci ‘vecchi’ per nuovi impieghi
terapeutici, una nuova strategia di svi-
luppo farmacologico e un prometten-
te ambito di ricerca, nel campo della
scienza medica traslazionale. Celebre
è l’esempio della talidomide, molecola
proposta come sedativo poi rivelatasi
teratogena. Questo trattamento è stato
escluso dal mercato fino a pochi anni fa,
quando i ricercatori hanno scoperto la
sua azione di inibitore dell’angiogenesi
e della sintesi del TNF-alfa nel mielo-
ma multiplo e nel sarcoma di Kaposi,
aprendo la strada allo sviluppo di de-
rivati di nuova generazione. Farmaci
praticamente scomparsi dal mercato,
perché ritenuti obsoleti o addirittura
dannosi e molecole il cui percorso di
sviluppononsièmaiconcluso,possono
essere rilanciati per indicazioni diverse.
“Quando c’è una base genetica comune
tra patologie abbiamo delle opportuni-
tà di azione in più, per questi farmaci
come la metformina (utilizzata per il
controllo del diabete, dal costo peraltro
bassissimo) viene oggi utilizzato per il
trattamentodeltumoredelcolonedella
mammella. Per le malattie rare questo
tipo di vantaggio è più utile che mai: si
può arrivare presto al farmaco, senza
necessità di sperimentazioni su grandi
numeri, a favore dei gruppi genetica-
mentestratificati.Perunapatologiarara
ridurre i tempi di sperimentazione di
un farmaco a meno di 8 anni è un risul-
tato straordinario: tutto ciò è possibile
grazie al sequenziamento del genoma.”
Per questo in Italia è nato un proget-
to, da un’idea della Senatrice Cattaneo,
per costruire un programma naziona-
le, sotto l’egida ministeriale. “Si tratta
del ‘Progetto Genoma Italia’, progetto
sul quale il Ministero della Salute in-
vestirà attenzione e 15 milioni di euro
in tre anni. I fondi non sono certa-
mente sufficienti, ma i contributi dei
privati non tarderanno ad arrivare.”
Un progetto quindi dalle potenzialità
enormi, così come enormi sono le po-
tenzialità della genomica, intesa come
settore di ricerca e sviluppo di tecnolo-
gie, sia in termini strettamente medici
chedispintaeconomica. Ilaria Vacca
Giuseppe Novelli
Rettore dell’Università degli
Studi di Roma Tor Vergata e
Ordinario di Genetica medica
Direttore dell’UOC di Genetica
Medica della stessa Università
Che cos’è la lipodistrofia generalizzata	
“La lipodistrofia generalizzata - spiega il prof. Ferruccio Santini -
è una malattia ultra rara e che si manifesta in modo eterogeneo.
Quello che accomuna i pazienti è la perdita, parziale o totale, del
tessuto adiposo sottocutaneo. Le cause possono essere genetiche
oppureautoimmuni.Piùilpazienteperdeil‘grasso’piùlapatologiaè
grave. La scomparsa del tessuto adiposo crea una serie di scompensi
metabolici: il grasso circolante, non avendo dove depositarsi, si
‘attacca’ dove può, per lo più al fegato o nei visceri. Il valore dei
trigliceridi nel sangue sale e si manifesta dislipidemia, compare il
diabete, e in alcuni casi ci possono anche essere delle complicanze
cardiache”. Fino ad oggi i medici cercavano di controllare le
complicanze, oggi invece c’è un’opzione farmacologica. Negli Usa è
già regolarmente in commercio un farmaco specifico, Metreleptin,
a base di leptina umana ricombinante, un ormone che normalmente
viene prodotto proprio dal tessuto adiposo; per l’Europa si
attendono invece le necessarie autorizzazioni.
malattie rarenews 1111
I
l numero di malattie rare cono-
sciute e diagnosticate oscilla tra
le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra
che cresce con l’avanzare della scienza
e in particolare con i progressi della ri-
cerca genetica. Stiamo dunque parlan-
donondipochimalati,madimilionidi
persone in Italia e addirittura decine
di milioni in tutta Europa. Nonostan-
te gli enormi passi in avanti compiuti
nel settore, la formazione e l’informa-
zione in questo settore rappresentano
ancora una criticità, siano esse rivolte
ai medici che agli stessi pazienti. La
Recordati Rare Diseases Foundation
è stata fondata proprio per colmare
alcuni di questi vuoti educazionali e
migliorare le conoscenze in questo
delicato settore e per riuscire a porre
sempre più al centro il paziente. Ogni
anno la fondazione organizza corsi
di formazione professionale avanzati
e indipendenti, che sono altamente
specializzati nell’area delle malattie
rare. Sin dal 2000, anno della crea-
zione ufficiale della “Orphan Europe
O
rphanet è il più importante
database multilingue de-
dicato alle malattie rare
e ai farmaci orfani, ad accesso
libero e gratuito. È gestito da un
consorzio di 40 paesi, coordi-
nato dal team francese dell’IN-
SERM, Institut National de la
Santé et de la Recherche Médicale.
Collegandoviawww.orphanet-italia.it
potrete quindi accedere a un elen-
co delle malattie rare con relative
classificazioni, un’enciclopedia
sul tema in lingua francese e in
inglese (progressivamente sarà
tradotta in tutte le altre lingue del
sito), un elenco dei farmaci orfani
con tutte le loro fasi di sviluppo,
un elenco dei servizi specialistici
presenti nei paesi che fanno par-
te di Orphanet. Informazioni sui
centri specializzati, sui laboratori
di diagnosi, sui progetti di ricer-
ca in corso, sulle sperimentazioni
cliniche, sui registri, sui network,
sulle piattaforme tecnologiche e
sulle associazioni di pazienti. Tro-
verete anche una sezione dedicata
alle raccomandazioni per la presa
in carico in situazioni d’urgenza e
le linee guida sull’utilizzo dell’a-
nestesia (in caso di necessità di
interventi chirurgici) per un gran
numero di patologie. È inoltre pre-
sente una raccolta di studi e arti-
coli tematici: moltissime infor-
mazioni di grande interesse per
i pazienti, i familiari, i medici di
medicina generale e gli specialisti.
Come si ottengono dunque tutti
questi preziosi dati e che valore
hanno? I team nazionali hanno il
compito di raccogliere informazio-
ni sulle consulenze specialistiche,
sui laboratori di diagnosi, sulle at-
tività di ricerca in corso e sulle as-
sociazioni di pazienti nei rispetti-
vi paesi. Inoltre, si occupano delle
traduzioni. La raccolta dei dati e
la diffusione delle informazioni si
attengono alle disposizioni legali
in vigore nei vari Paesi impegnati
nel progetto: codice etico profes-
sionale, legge sull’elaborazione
dati, sui diritti di proprietà in-
tellettuale e qualsiasi altra legge
o regolamento applicabile. Le in-
formazioni e i servizi presenti in
Orphanet sono conformi ai codici
e alle indicazioni emanati da co-
mitati etici ad hoc, riconosciuti a
livello nazionale e internazionale,
riguardanti il rispetto dei diritti
dei pazienti, il rispetto della con-
fidenzialità delle informazioni,
la pratica della medicina on-li-
ne e la sicurezza dei network.
Il database è supervisionato da un
comitato di gestione, un comitato
direttivo, un comitato scientifico
internazionale e, in alcuni paesi,
da un comitato scientifico nazio-
nale. Il coordinatore di Orphanet
Italia è il Prof. Bruno Dallapiccola,
uno dei più famosi genetisti ita-
liani e Direttore Scientifico Ospe-
dale Pediatrico Bambino Gesù di
Roma. Tutte le informazioni di-
sponibili al pubblico sono valida-
te da un componente del comitato
scientifico prima della pubblica-
zione on-line. Tutti i team si at-
tengono alle Procedure Operative
Standard di Orphanet. Il team co-
ordinatore francese è responsabi-
le della gestione di database e sito
web, controllo di qualità, elenco
delle malattie rare, classificazio-
ni e dell’edizione dell’enciclopedia.
		 Ilaria Vacca
Academy”, sono stati formati più di
2.000 professionisti in tutto il mondo.
Il Prof. Bruno Dallapiccola, Diretto-
re Scientifico Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù di Roma, è uno dei
sei membri del Comitato Scientifico
composto da scienziati, clinici e acca-
demici che lavorano nel campo delle
malattie rare. Dallapiccola ci ha spie-
gato nel dettaglio la mission della fon-
dazione: “La Fondazione promuove il
miglioramento della diagnosi e della
cura delle persone affette da malattie
rare. Per raggiungere questo obietti-
vo, si fa carico di organizzare eventi
con un focus specifico sulla formazio-
ne. Questa attività non ha molti altri
esempi significativi analoghi, data la
complessità della tematica, l’elevato li-
vello di competenza richiesti e la limi-
tata esperienza basata spesso su pic-
coli numeri di pazienti, obiettivi che la
Fondazione raggiunge cooptando nei
suoi corsi i più autorevoli esperti di-
sponibili a livello europeo e mondiale.
La maggior parte dei corsi realizzati e
in programmazione si focalizzano sul-
le malattie metaboliche. I temi prin-
cipali oggetto di questi programmi
formativi riguardano le modalità con
le quali sospettare la presenza di una
malattia rara, la sua diagnosi, la pre-
sentazione clinica, le migliori strategie
terapeutiche, con l’obiettivo ultimo
di migliorare il riconoscimento del-
la malattia e la sua presa in carico. In
secondoluogocondividereesperienze
nel trattamento delle malattie rare,
per le quali le esperienze individua-
li sono limitate. Inoltre, migliorare il
dialogo tra le diverse specializzazioni
mediche, in particolare nel caso delle
malattie mutisistemiche. Infine, raf-
forzare la collaborazione scientifica e
incoraggiarelaricercanelcampodelle
malattie rare. In occasione della Gior-
nata delle Malattie Rare, che ricorre
quest’anno il 29 febbraio, la Fonda-
zione supporta il primo Incontro tra i
pazienti e gli esperti, a Praga, dedicato
all’omocistinuria, una patologia rara,
multisistemica, che coinvolge gli oc-
chi, lo scheletro, il sistema nervoso e
l’apparato vascolare. A questo evento
saranno presenti i pazienti e i clini-
ci provenienti da tutto il mondo, con
l’obiettivo di informarsi e informare,
ragionando insieme sull’obiettivo del
miglioramento diagnostico attraverso
lo screening neonatale e una migliore
presaincaricodeipazientiaffettidalla
patologia. Nel 2016 sono previsti altri
due eventi principali, il primo in Asia
a Taipei dal 10 al 12 giugno dedicato
alle malattie pediatriche neurometa-
boliche e ai disturbi del movimento, il
secondo a Parigi, dal 3 al 5 novembre,
che avrà un focus sulle miopatie meta-
boliche”. 		 		
	 	 IlariaVacca
Recordati Rare Diseases Foundation: formazione
e informazione sulle malattie rare
ORPHANET: IL DATABASE DEDICATO A MALATTIE RARE
E FARMACI ORFANI
Bruno Dallapiccola
Direttore Scientifico Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù di
Roma. Genetista, Coordinatore
di Orphanet Italia e membro
di EUCERD (European Union
Committee of Experts on Rare
Diseases) per l’Italia
La Recordati Rare Diseases Foundation è stata
fondata per colmare alcuni vuoti educazionali,
migliorare le conoscenze in questo delicato settore
e per riuscire a porre sempre più al centro il paziente
Il database è supervisionato da un comitato di gestione,
un comitato direttivo, un comitato scientifico internazionale
e, in alcuni paesi, da un comitato scientifico nazionale
I.P. - realizzato da Fonema Comunicazione SRL

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  • 1. Inserto realizzato da Fonema Comunicazione SRL - OK Salute e Benessere non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto MALATTIE RARE Editoriale “Farmaci orfani”: un corretto uso del termine e una riflessione sulle risorse economiche News La Carta Europea del paziente con fibrosi polmonare idiopatica Orizzonti Ipercolesterolemia familiare: cause, nuovi trattamenti e testimonianze Scenari Citomegalovirus e ruolo delle Associazioni Focus Malattie genetiche rare: sequenziamento del genoma e riposizionamento dei farmaci News Una banca dati in continuo aggiornamento per la classificazione delle malattie rare Marzo 2016 a cura di
  • 2. malattie rare editoriale2 Un inserto realizzato da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Project director: Ginevra De Fassi Negrelli • Redazione: O.Ma.R, redazione@fonemacomunicazione.com • Contatti: www.fonemacomunicazione.com info@fonemacomunicazione.com - Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720 - Fonema Comunicazione @FonemaC Impaginazione e grafica: Fabio Salamida • Stampa: Ciscra spa • Distribuzione: Ok Salute e Benessere • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq “H o una malattia rara, ma non c’è una cura: alle aziende farmaceutiche non conviene investire per pochi pa- zienti”. Lettere così arrivano spesso all’ Osservatorio Malattie Rare. Lo sconforto di chi è malato è giustifica- to, ma questa lettura non è corretta. A portar fuori strada è l’uso del ter- mine ‘farmaci orfani’. Una delle de- finizioni diffuse è questa: “i farmaci ‘orfani’ sono destinati alla cura di malattie rare. Le aziende farmaceu- tiche sono solitamente restie a svi- luppare questi farmaci secondo le normali condizioni di mercato, poi- ché i capitali investiti per la ricerca e lo sviluppo dei prodotti non vengo- no recuperati attraverso le vendite a causa della scarsa domanda”. Di vero c’è che i farmaci orfani vengo- no usati per condizioni rare. Ad oggi ne sono note nel mondo tra le 7.000 e le 8.000: moltissime non hanno un farmaco che può curarle. In questi casi sono le specifiche malattie ad essere ‘orfane di una terapia’, più semplicemente ‘malattie orfane’. Il termine ‘farmaco orfano’ compare con il Regolamento CE n. 141/2000, più o meno l’equivalente europeo dell’Orphan Drug Act approvato ne- gli Usa nel 1983. Tradurre ‘Orphan Drug’ con ‘Farmaco orfano’ è molto immediato, eppure per rendere me- glio l’idea si dovrebbe dire ‘farmaco per malattia orfana’. Il termine ‘far- maco orfano’, estratto da questo con- testo, può portare a domandarsi ‘di cosa sono orfani i farmaci?’. Da qui alcune risposte poco corrette: c’è chi ritiene che siano orfani di interesse da parte delle aziende e chi ritiene siano orfani di ricerca e di investi- menti, ma è una lettura scorretta. È l’esistenza stessa di un numero sempre maggiore di terapie per ma- lattie che prima non avevano alcuna cura a dimostrare che non mancano OSSERVATORIO malattie rare O.Ma.R. O.Ma.R. è la prima agenzia giornalistica nazionale, dedicata al mondo delle malattie e dei tumori rari, accreditata tra le maggiori fonti di informazione su ricerca scientifica, assistenza, sperimentazioni ed iniziative delle associazioni. Questo risultato è dovuto ad una attenta verifica delle fonti d’informazione e alla chiarezza di linguaggio che rende i contenuti scientifici comprensibiliaunampiotarget.Il portalewww.osservatoriomalattierare.itha la certificazione Hon Code per l’affidabilità dell’informazione medica. Ilaria Ciancaleoni Bartoli Laureata in scienze politiche e specializzata in relazioni pubbliche dal 2010 decide di concentrarsi sulle malattie rare. Da qui la nascita del quotidiano on line Osservatorio Malattie Rare. Ilaria Vacca Laureata in Filosofia e specializzata in bioetica, ha scelto la strada del giornalismo scientifico e sociale. Coordinatore editoriale di O.Ma.R., è appassionata di medical drama e social media. La trovate su twitter: @vivosunamela. Francesco Fuggetta, laureato in Scienze della Comunicazione alla Nottingham Trent University, ha scritto su Libero e L’Unione Sarda. Per due anni addetto stampa dell’Azienda Sanitaria di Carbonia, collabora con O.Ma.R. dal 2014. Margherita De Nadai Laureata in Strategie di Comunicazione, si dedica a due delle sue più grandi passioni: la scrittura e la medicina. È la web editor dell’O.Ma.R. dal 2015 e scrive su diverse testate di area sanitaria. La vita pone domande. Noi cerchiamo le risposte. L’innovazione è la nostra risposta alle continue sfide della salute. Lavoriamo ogni giorno per salvare le vite dei pazienti e per aiutare milioni di persone in tutto il mondo. Doing now what patients need next Farmaci orfani, non facciamoci ingannare dalle parole Ilaria Ciancaleoni Bartoli Direttore O.Ma.R. – Osservatorio Malattie Rare né ricerca né interesse. Dal 2000 a oggi oltre 1160 molecole hanno ri- cevuto la designazione di ‘farmaco orfano’. Questo vuol dire che team di esperti, nel 90% circa dei casi fi- nanziati da aziende private – e con molte eccellenze italiane di cui vi raccontiamo nelle prossime pagine - si sono messi all’opera per trovare soluzioni a delle malattie rare. Tut- tavia, nonostante il grande numero di molecole candidate a diventare farmaci, poco meno di un centinaio hannosuperatotuttelefasidellaspe- rimentazione e sono arrivate ai pa- zienti: meno del 9% del totale. Tutte le altre molecole non si sono dimo- strate valide, sono ancora in fase di sperimentazioni oppure attendono ancora di completare gli iter buro- cratici per poter entrare sul merca- to. Perché i tempi della scienza sono lunghi e le basi di molte malattie rare sono state chiarite solo da poco. Ma se i pazienti sono pochissimi, se i tempi per lo sviluppo di un far- maco orfano sono tanto lunghi e il rischio di fallimento tanto alto, che cosa ha reso possibile alle aziende farmaceutiche investire in questo settore? Se questi risultati in ter- mini di terapie si sono potuti rag- giungere, parte del merito va certa- mente all’Orphan Drug Act prima, e ai regolamenti comunitari poi, che hanno previsto delle facilitazioni per le aziende che sviluppano far- maci orfani. Alcuni paesi, tra cui anche l’Italia, hanno poi previsto ulteriori agevolazioni. Tutto questo ha permesso alle aziende di inve- stire e arrivare al risultato. Senza questi aiuti probabilmente molte malattie non avrebbero una cura. Il vero ostacolo oggi sono le difficol- tà economiche in cui versano molti paesi. Perché questi farmaci, frutto delle più avanzate biotecnologie, hanno un costo, e le risorse sono sempre meno. In Italia la spesa per farmaci orfani è circa il 5% della spe- sa farmaceutica complessiva e meno dell’1% della spesa sanitaria comples- siva,uncostolimitatomainunperiodo ditaglinessunsettorevienerisparmia- to. Il rischio è che i pazienti si vedano negate delle terapie in base a dinami- che di spesa e di budget da rispettare. Questoèquellochenondeveaccadere. Ilaria Ciancaleoni Bartoli
  • 3. malattie rareindice 3 INDICE NEWS Fibrosi Cistica, i nuovi trattamenti possono cambiare la vita dei pazienti Voce ai pazienti: la Carta Europea per la fibrosi polmonare idiopatica Pagina 4 NEWS Telethon Italia: la lotta alle malattie genetiche rare Pagina 5 ORIZZONTI Malattierareendocrinologhe: sonopiùdi300enecessitano dicompetenzaspecifica Ipoparatiroidismo:orasonodispo- nibililelineeguidainternazionali Pagina 6 ORIZZONTI Tommasa: “la mia lotta contro il colesterolo” Ipercolesterolemia familiare omozigote: anche in Italia il nuovo trattamento Pagina 7 SCENARI Citomegalovirus in gravidanza: subdolo e pericoloso Acromegalia, i farmaci arrivano dove la chirurgia non ce la fa Mieloma multiplo: il secondo tumore del sangue più diffuso Pagina 8 NEWS La distrofia di Duchenne: stato dell’arte e innovazioni terapeutiche Pagina 9 FOCUS Riposizionamento dei farmaci: uno sguardo al futuro Lucia è veneta, ha 5 anni e due malattie rare Pagina 10 NEWS Recordati Rare Diseases Foundation: formazione e infor- mazione sulle malattie rare Orphanet: il database dedicato a malattie rare e farmaci orfani Pagina 11 IL 2015 IN CIFRE Europa 93 nuovi farmaci autorizzati dall' EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) 39 (42%) sono nuove sostanze attive 18 (19%) sono destinati al trattamento delle malattie rare 5 (5%) hanno una procedura di approvazione accelerata Fonte: European Medicine Agency USA 45 farmaci innovativi approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) 16 (36%) sono First in Class hanno dei meccanismi d'azione diversi da quelli delle terapie esistenti 21 (47%) sono destinati al trattamento delle malattie rare 27 (60%) hanno una procedura di approvazione accelerata Fonte: Rapporto annuale del Centro per la Valutazione dei Farmaci e della Ricerca (CDER)
  • 4. malattie rare news44 L a fibrosi cistica è una malattia rara a trasmissione geneti- ca che colpisce 1 neonato su 2.500 – 2.700. A causare la malattia è un difetto della proteina CFTR la cui funzione è di regolare gli scambi idroelettrolitici. L’alterazione della proteina comporta un’anomalia del trasporto di sali e determina princi- palmente la produzione di secrezioni “disidratate”: il sudore è molto ricco in sodio e cloro, il muco è denso e vi- schioso e tende a ostruire i dotti nei quali viene a trovarsi. A essere col- piti dagli effetti della malattia sono principalmente l’apparato respirato- rio, le vie aeree, il pancreas, il fegato, l’intestino e l’apparato riprodutti- vo, soprattutto nei maschi a causa dell’ostruzione dei dotti spermatici. Per la fibrosi cistica non esiste una cura, ma da circa 8 mesi anche in Italia è disponibile il primo tratta- mento che agisce direttamente sulle cause della patologia e non solo sui sintomi. Si tratta di Ivacaftor, un mo- dulatore della proteina CFTR, che si usa in pazienti con almeno una mu- tazione ‘gating’, cioè in pazienti in cui la CFTR è presente sulla membrana cellulare, ma non svolge la corretta funzione di canale per il traspor- to del cloro, e anche per i pazienti con almeno una mutazione R117H. “Sulla base dei risultati ottenuti dai miei pazienti – spiega il Dr. Vincenzo Carnovale, Medico del Centro di Ri- ferimento Regionale Fibrosi Cistica dell’Adulto della Campania – Univer- sità degli Studi di Napoli Federico II – posso certamente affermare che grazie a questo farmaco i pazienti stannomoltomeglio.Abbiamoosser- vato che i pazienti che presentavano una condizione clinica di gravità lieve-moderata, attualmente stanno benissimo. Chi aveva già sviluppato i danni legati all’avanzamento della patologia, ha manifestato un chia- ro miglioramento clinico, oltre alla normalizzazione del test del sudore. Questo ci permette di dichiarare che per i pazienti è estremamente van- taggioso iniziare il trattamento il più precocemente possibile, per evitare che la patologia si possa aggravare.” “L’esperienza ci ha dimostrato che il farmaco funziona e cambia il de- corso della malattia. Agisce, inoltre, come se fosse un antibatterico: fa- vorendo il ripristino della funzione proteica, il farmaco modifica il mi- croambiente polmonare, che così non favorisce più la proliferazione batterica: i pazienti si ammalano di meno e vivono meglio. Ivacaftor, inoltre, permette il recupero di un’ottimale condizione nutrizionale, che è fondamentale per combattere la malattia. Il miglioramento del- la qualità della vita è tale che – ad esempio – una mia giovane paziente ha espresso il desiderio di affrontare una gravidanza per il forte desiderio di maternità. Attualmente presso il nostro centro sono 17 i pazienti che hanno iniziato il trattamento: la fun- zionalità respiratoria è migliorata, il peso corporeo è aumentato e hanno mostrato meno esacerbazioni di ma- lattia. Ciò significa che ora possono praticare terapie antibiotiche meno impegnative, possono dedicare meno tempo alla terapia in gene- rale e più tempo alla propria vita.” Il farmaco però serve solo ai pazienti che presentano delle mutazioni spe- cifiche. La seconda buona notizia è che presto i pazienti italiani potran- no disporre anche di un nuovo far- maco, da poco approvato dall’EMA. Si tratta di una combinazione di Lu- macaftor e Ivacaftor: di fatto il primo medicinale, per il trattamento della causa alla base della fibrosi cistica, in soggetti di età pari o superiore a 12 anni che presentano due copie della mutazione F508del, la più diffusa. Ilaria Vacca FIBROSI CISTICA, I NUOVI TRATTAMENTI POSSONO CAMBIARE LA VITA DEI PAZIENTI I gruppi e le associazioni di pa- zienti svolgono oggi un ruolo sempre più importante nel difen- dere e sostenere i diritti di chi è af- fetto da patologie gravi e invalidanti. Promuovere la ricerca scientifica, garantire le migliori prestazioni sa- nitarie, l’equità e l’eguaglianza delle cure, offrire supporto psicologico ai pazienti: sono i principali obietti- vi che si prefiggono oggi i gruppi di advocacy. Tale azione è più che mai necessaria nell’ambito delle malattie rare: essendo pochi i pazienti a far sentire la propria voce è più difficile. Uno degli esempi più recenti del suc- cesso di tali azioni è rappresenta- to dalla Carta Europea del Paziente con Fibrosi Polmonare Idiopatica: un documento ufficiale, pubblicato anche sulla rivista European Respi- ratory Journal, e presentato al Par- lamento Europeo nell’ottobre 2015. La Carta, realizzata grazie alla col- laborazione tra medici e pazienti, è stata promossa da 11 associazio- ni di 9 Paesi Europei. L’Italia è sta- ta rappresentata dall’associazio- ne AMA Fuori dal Buio di Modena. Attualmente in Europa si stima che il numero di soggetti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF) sia com- preso tra 80.000 e 111.000 persone. Ma di che malattia stiamo parlando? Si tratta di una patologia polmonare, per la quale i polmoni si riempiono di tessuto fibroso; la malattia toglie letteralmente il fiato, fino all’insuffi- cienza respiratoria. Le cause di questa malattia non sono note, da qui il nome ‘idiopatica’, e non esiste una cura de- finitiva. Tuttavia esiste una terapia in grado di rallentane la progressione. Si trattadelpirfenidone,molecoladispo- nibileancheinItaliadal2013,alquale ora tutti i pazienti possono accedere. Non è però sempre stato così. Trop- po spesso i pazienti si scontrano con la lentezza della burocrazia e con il mancato riconoscimento della propria patologia o la mancata esen- zione dai ticket. Per tutti questi mo- tivi è stata redatta la Carta Europea del Paziente con Fibrosi Polmonare Idiopatica, che ha individuato 5 temi chiave: la necessità di migliorare la diagnosi, l’accesso al trattamento, l’approccio olistico, la consapevolez- za della malattia e le cure palliative. “Gli sforzi fino ad ora compiuti – ha detto  Rosalba Mele, presidente di AMA - potrebbero risultare vani senza l’appoggio dei decisori poli- tici: per questo abbiamo inviato un forte messaggio alla Commissione Europea e agli stati membri solle- citando una tempestiva presa in carico, perché i nostri pazienti tutto hanno tranne che tempo da attendere.” Persapernedipiù:www.ipfcharter.org. IlariaVacca VOCE AI PAZIENTI: LA CARTA EUROPEA PER LA FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA Vincenzo Carnovale Responsabile del Centro di Riferimento Regionale Fibrosi Cistica dell’adulto della Campania – Università degli Studi di Napoli Federico II Per la fibrosi cistica non esiste una cura, ma da circa 8 mesi anche in Italia è disponibile il primo trattamento che agisce direttamente sulle cause della patologia e non solo sui sintomi. Si tratta di Ivacaftor, un modulatore della proteina CFTR
  • 5. malattie rarenews 5 N on sempre hanno un nome e ancora meno spesso una cura. Colpiscono una percentuale molto bassa della popolazione, circa il 6-8%, per questo sono definite ‘rare’ e si manifestano più frequentemente nei primi anni di vita. La diagnosi, quando c’è, arriva in un tempo medio di 6-8 anni tra indagini e ipotesi errate. Pos- sono colpire più organi, compromet- tendo funzioni fondamentali per la vita quotidiana. Alcune di loro colpiscono solo una decina di persone nel mondo, eppure non è un buon motivo per il quale non cercare una terapia, una cura per migliorare la loro qualità della vita, per salvarle. Sono oltre seimila quel- le finora conosciute: stiamo parlando delle malattie genetiche rare, causate TELETHON ITALIA: LA LOTTA ALLE MALATTIE GENETICHE RARE da una o più mutazioni dei geni o alte- razioni dei cromosomi in grado di dare origine a una o a molteplici patologie e che nell’Unione Europea hanno una prevalenza di 5 casi su 10.000 persone. Conoscerle, studiarle e trovare una cura è l’obiettivo di Telethon, Fonda- zione nata negli Stati Uniti negli anni ’60, poi approdata anche in Italia, gra- zie alla volontà di Susanna Agnelli in collaborazione con l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, allo scopo di finanziare e promuovere la ricerca scientifica su questo tipo di malattie. Telethon Italia si compone di tre istitu- ti: l’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (TIGET) con sede a Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM) con sede a Pozzuoli (Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco, un istituto virtuale intitolato al premio NobelperlaMedicinaRenatoDulbecco. Con i fondi raccolti, grazie all’omoni- ma maratona televisiva che ogni anno va in onda sulle reti Rai, alle iniziative di raccolta, alla rete dei partner e ai volontari sul territorio, la Fondazione Telethon a oggi ha avuto la possibilità di compiere la sua attività di ricerca su 450 malattie genetiche rare, e per ol- tre 20 patologie sono riusciti a trovare una cura. Sono oltre 10.222 gli artico- li che hanno pubblicato dal 1990 ad oggi, le cui citazioni medie sono le più alte rispetto a quelle italiane, europee e statunitensi. Inoltre oltre 50 bam- bini affetti da tre gravi patologie, gra- zie alla ricerca finanziata da Telethon sulla terapia genica, ora stanno bene. Nel 2014-2015 Telethon ha destina- to 43,7 milioni di euro, pari al 75% degli impieghi totali, per finanziare la propria attività di ricerca, finanzian- do il lavoro di centinaia di ricercatori italiani. Sono state messe a punto 23 linee di ricerca nei loro istituti e av- viati 55 attività e progetti nell’anno. Le ultime sfide e gli ultimi successi? Telethon ha recentemente identifica- to il primo gene che controlla la forma dell’ippocampo, struttura del nostro cervello responsabile della memoria, aprendo importanti scenari per la com- prensione dei disturbi cognitivi. E an- cora, un gruppo di ricerca italiano ha dimostrato che l’antidepressivo mirta- zapina può avere effetti benefici sui sin- tomi della sindrome di Rett, una malat- tia neurologica genetica rara che causa ritardo mentale in 1:10.000 bambine. Inoltre,unteamdiricercainternaziona- lehaindividuatounapossibilestrategia terapeutica per la cura della sindrome di Duncan, una malattia genetica che si manifesta con una mononucleosi in- fettiva fulminante scatenata da un virus moltodiffusodellafamigliadegliherpes. Ma questi sono solo gli ultimi suc- cessi ottenuti dalla ricerca finanzia- ta da Telethon. Grazie alle nume- rose donazioni e all’impegno dei ricercatorisipuòfaremoltoaltroancora. Marghertina De Nadai Telethon Italia si compone di tre istituti: l’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (TIGET) con sede a Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM) con sede a Pozzuoli (Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco, un istituto virtuale intitolato al premio Nobel per la Medicina Renato Dulbecco
  • 6. L e malattie rare endocrino- logiche rappresentano un gruppo di patologie estrema- mente eterogeneo, che interessano circa 20-25 persone ogni milione di abitanti. Comprendono tumori rari, disordini metabolici minerali e ossei, patologie legate a squilibri ormonali, patologie di pancreas, surreni e paratiroide. In totale le malattie endocrinologiche classi- ficate dalla SIE, Società Italiana di Endocrinologia, sono ben 346. Si tratta di patologie, per lo più gene- ticamente determinate, di difficile diagnosi e per le quali spesso si ac- cumula un ritardo diagnostico che può arrivare anche a 10 anni. “Ri- conoscere una patologia rara può essere difficile – spiega Maria Luisa Brandi - ma da quel riconoscimento dipende la salute del paziente. Per questo motivo con la SIE abbiamo realizzato una classificazione com- pleta, che per ogni patologia riporta fenotipo, marcatori biologici, età di manifestazione, incidenza, preva- lenza e bibliografia di riferimento. L’ ipoparatiroidismo è una rara malattia endocrina caratte- rizzatadaundeficitdiormone paratiroideo e da bassi livelli di calcio nel sangue. Principalmente, la pato- logia si manifesta come conseguen- za della rimozione chirurgica della tiroide o delle ghiandole paratiroidi. Sebbene esista una terapia specifica, approvata per ora negli USA, l’attuale standard di cura per l’ipoparatiroi- dismo è rappresentato dalla sommi- nistrazione di integratori di calcio e di analoghi attivi della vitamina D. Pertentaredicolmarel’attualecaren- za di informazioni in merito alla dia- gnosi e al trattamento della malattia, la Società Europea di Endocrinologia (ESE) ha creato un gruppo di lavoro multidisciplinare, principalmente composto da ricercatori clinici euro- pei, che ha condotto un’analisi siste- matica della letteratura nel tentativo di identificare il miglior trattamento per i pazienti adulti con ipoparatiroi- dismo cronico. Al termine di questa ricerca, poco più di 300 studi sull’ipo- paratiroidismo sono stati considerati pertinenti e sottoposti ad una valuta- zione dei dati e degli elementi di pro- va necessari all’elaborazione delle linee guida. Tale documento è stato poi pubblicato sull’ European Journal of Endocrinology, allo scopo di forni- re ai medici un insieme strutturato di consigli pratici per la diagnosi, il trat- tamento e la gestione quotidiana di pazienti adulti affetti da ipoparatiroi- dismo cronico non associato a malat- tiarenaleallostadioterminale(ESRD). In generale, le raccomandazioni dell’ESE sono focalizzate sull’im- portanza di effettuare tempestivi esami per l’ipoparatiroidismo in tutti i pazienti che manifestano bassi livelli di calcio e di ormone paratiroideo, ma anche sulla ne- cessità di una rinnovata attenzio- ne a quelle specifiche circostanze, come la fertilità, la gravidanza o l’allattamento, che rendono par- ticolarmente delicato il tratta- mento delle giovani donne, le quali hanno una maggiore proba- bilità di essere colpite dalla malattia. Ilaria Vacca Si tratta di uno strumento prezio- so, che potrà aiutare gli endocrino- logi nella loro pratica quotidiana.” Il mancato riconoscimento di una patologia, o l’errata diagnosi, pos- sono cambiare completamente la vita dei pazienti. “Basti pensare ai casi in cui vengono eseguiti tratta- menti chirurgici inutili, oppure ai drammatici casi in cui un tumore benigno non viene individuato e, col tempo, si trasforma in neopla- sia maligna. Quando un paziente arriva da noi con un’anomalia en- docrinologica abbiamo il dovere di indagare sulla sua storia familiare, sulla specificità della sua condi- zione. Non possiamo fermarci alle apparenze.” L’immenso lavoro di classificazione della SIE, pubbli- cato lo scorso anno sul Journal of Endocrinological Investigation, è la risposta a una fortissima necessità di informazioni sulle malattie rare. Tra le patologie probabilmente meno note ci sono le malattie rare genetiche delle ossa, come l’oste- ogenesi imperfetta. Per queste malattie lo Skeletal Rare Diseases Working Group della International Osteoporosis Foundation (IOF), di cui la Prof.ssa Brandi è il Presidente, ha recentemente elaborato una nuo- va classificazione delle rare malattie genetiche delle ossa che si basa sulla loro patogenesi metabolica. Questo lavoro, già pubblicato su Osteopo- rosis International, rappresenta un primo passo verso la creazione di un registro internazionale delle malat- tie scheletriche rare e fornisce im- portanti informazioni utili allo svi- luppo di nuovi percorsi diagnostici e terapeutici per queste patologie che, sebbene debilitanti, sono spesso trascurate. “A causa della rarità di queste malattie la diagnosi rappre- senta una sfida, e la maggior parte dei pazienti, che spesso sono bam- bini, dispone attualmente di poche opzioni terapeutiche. Ad oggi, la diagnosi delle malattie scheletri- che rare si basa principalmente sull’analisi del fenotipo clinico e sugli esami di radiografia. Cre- diamo che la conoscenza della via metabolica che caratterizza que- ste malattie fornisca importanti informazioni che possono aiutare i medici a selezionare il trattamen- to farmacologico più appropriato”. Ilaria Vacca Il portale delle malattie rare e dei farmaci orfani Nessuna malattia è così rara da non meritare attenzione. www.orphanet.it malattie rare66 MALATTIE RARE ENDOCRINOLOGICHE: SONO PIU’ DI 300 E NECESSITANO DI COMPETENZA SPECIFICA IPOPARATIROIDISMO: ORA DISPONIBILI LE LINEE GUIDA INTERNAZIONALI Maria Luisa Brandi Professore ordinario di endocrinologia all’Università di Firenze, coordinatrice del Club su Malattie Rare della Società Italiana di Endocrinologia, Presidente dello Skeletal Rare Diseases Working Group della International Osteoporosis Foundation (IOF)
  • 7. T ommasa ha 24 anni ed è nata in provincia di Agrigento. Oggi vive a Frosinone, studia all’Università di Tor Vergata e col suo sorrisocontagiosoraccontaquelloche definisce “un percorso in salita”. Per- ché da quando è nata Tommasa lotta contro l’ipercolesterolemia familiare omozigote, una forma molto rara e gravediipercolesterolemiaereditaria. Secondo le ultime stime della Euro- pean Atherosclerosis Society, tutta- via, pare che questa forma abbia una prevalenza di 1:160.000-300.000: molto maggiore, quindi, di quel- la storica di 1:1.000.000. Inoltre, la patologia è spesso trattata in ritar- do e in modo insufficiente, e anche con le migliori terapie disponibili (statine ad alto dosaggio e inibitori dell’assorbimento del colesterolo), L’ eccesso di colesterolo nel san- gue può dipendere da varie cause, dall’alimentazione alla presenza di diverse patologie. Ma il fattore scatenante può essere anche ereditario: è il caso dell’ipercolestero- lemia familiare, una rara e grave malat- tia causata da un difetto genetico che altera la funzione del recettore delle lipoproteine a bassa densità (LDL-C, il cosiddetto “colesterolo cattivo”). Quandounsoggettoereditailgenedifet- tosoperilrecettoredelleLDLdaentram- bi i genitori, si parla di ipercolesterole- mia familiare omozigote. Queste sono formerarissime:colpisconoinfatticirca unindividuosu300.000,masonoanche molto più gravi di quelle eterozigoti. Chi è affetto da questa malattia svilup- pa una precoce e progressiva atero- sclerosi, cioè un restringimento delle arterie che può portare a infarto, ictus o altri problemi cardiovascolari. Fino ad oggi per questi pazienti le uniche opzioni terapeutiche erano rappre- sentate da una dieta ferrea, dall’uso di farmaci come le statine e dall’aferesi delle lipoproteine, un procedimento di rimozione meccanica del colestero- lo dal sangue. Ma questi trattamenti, anche se efficaci, in genere non sono in grado di ridurre il colesterolo fino ai livelli raccomandati dalla Euro- pean Atherosclerosis Society (EAS). Ora, però, per questi pazienti è arri- vata un’importante novità: un farma- co specifico per la loro patologia. Nel giugno 2015, infatti, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la commercializzazione in Italia della lomitapide. Il farmaco è un inibitore della proteina di trasferimento micro- somiale dei trigliceridi e permetterà ai pazienti adulti di ridurre ulteriormen- te i loro livelli di “colesterolo cattivo”. Sarà poi compito dei clinici arrivare all’approvazione di linee guida sulle nuove indicazioni di trattamento di questi nuovi farmaci e sulla loro com- binazione con l’aferesi lipoproteica. La società scientifica internaziona- le Mighty Medic, costituita lo scorso 18 dicembre a Roma, è già al lavoro. “Il nostro obiettivo – spiega la Prof.ssa Claudia Stefanutti, Respon- sabile dell’U.O. Tecniche Terapeutiche Extracorporee dell’Università “Sa- pienza” di Roma e coordinatrice di Mighty Medic – è condividere in modo interdisciplinare competenze diverse nell’ambito delle malattie dismeta- boliche. La società non si pone solo obiettivi di ricerca, ma anche di tipo educativo e formativo, perché queste patologiesonoancorapoconoteesotto diagnosticate”. Francesco Fuggetta solo circa il 20% dei pazienti rag- giunge gli obiettivi di colesterolo LDL raccomandati dalle linee guida. Tommasa, che fa parte dell’Associa- zione Nazionale Ipercolesterolemia Familiare, ha raccontato all’Osser- vatorio Malattie Rare cosa significhi convivere con questa patologia. “Ho scoperto di essere affetta da iper- colesterolemia familiare omozigote all’età di due anni, quando dietro i go- miti e dietro le cosce apparvero degli xantomi, macchie giallastre causate dall’accumulo di lipidi sotto la pelle. Così i medici di Palermo mi indiriz- zarono all’Umberto I di Roma, dalla Prof.ssa Claudia Stefanutti, che mi prese in cura e da lì è iniziato il mio percorso di vita, sempre in salita”. A quattro anni e mezzo, Tommasa inizia a sottoporsi alla plasmaferesi, una procedura extracorporea simile alla dialisi, che rimuove dal sangue il colesterolo in eccesso. “All’inizio – racconta – è stata una grande soffe- renza; poi col tempo, facendola ogni settimana, mi sono abituata. Con gli altri pazienti e con i medici si è in- staurato un rapporto straordinario, e mi sono sentita come in una famiglia”. Ma le difficoltà continuano: nel 2009 la ragazza subisce un’operazione per l’inserimento di un bypass alla coronaria sinistra. “Ho sostituito due valvole, l’aortica e la mitrale, e la mia vita è cambiata: prima stavo malissimo, non potevo fare prati- camente nulla, né attività fisica, né uscire con gli amici: dopo l’operazio- ne ho iniziato persino a fare sport”. Poi, nel gennaio 2014, arriva la noti- zia di un nuovo trattamento, la lomi- Claudia Stefanutti Responsabile della Unità di Tecniche Terapeutiche Extracorporee - Centro afferente alla rete dei Presidi di Riferimento per le Malattie Rare della Regione Lazio - Laboratorio per lo Studio, Diagnosi e Terapia delle Dislipidemie e Prevenzione della Aterosclerosi  - Dipartimento di Medicina Molecolare - “Sapienza” Università di Roma. Coordinator of the Multidisciplinary International Group for Hemapheresis Therapy and MEtabolic DIsturbances Contrast - MIGHTY MEDIC. orizzonti 7 TOMMASA: “LA MIA LOTTA CONTRO IL COLESTEROLO” IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE OMOZIGOTE, ANCHE IN ITALIA IL NUOVO TRATTAMENTO tapide. “Per me è stato fantastico: lo attendevo da tanto tempo, quindi ho voluto iniziare subito la sperimen- tazione. All’inizio è stato un po’ un calvario, perché è vero che con la plasmaferesi occorre fare una deter- minata dieta, però ogni tanto potevo sgarrare, mangiare un po’ di ciocco- lato o qualcosa di più grasso, mentre con la lomitapide no, perché ha de- gli effetti collaterali non indifferenti e quindi bisogna stare più attenti”. Oggi Tommasa continua la terapia, e non si sottopone più all’aferesi ogni settimana, ma ogni 15 giorni. “I ri- sultati sono straordinari, sto meglio anche dal punto di vista psicologico. Mi sento più libera di uscire, spostar- mi da casa, fare vacanze: non avrei mai pensato a un cambiamento del genere”. Francesco Fuggetta
  • 8. malattie rare scenari88 C on il progressivo incremento dell’età media della popola- zione nei paesi più industria- lizzati, anche l’incidenza complessiva delle malattie neoplastiche del san- gue sta progressivamente crescen- do. Ciò è diretta conseguenza della maggiore suscettibilità a sviluppare tumori nell’anziano, regola cui non si sottraggono le neoplasie ema- tologiche. I progressi della ricerca hanno tuttavia portato all’introdu- zione nella pratica clinica di farma- ci a bersaglio molecolare che alla maggiore attività antineoplastica associano una minore tossicità e si adattano quindi anche al trattamen- to dei pazienti più anziani. Questi farmaci hanno pertanto contribui- to significativamente allo sviluppo di strategie terapeutiche efficaci e migliorano sensibilmente l’aspetta- tiva di vita, soprattutto nei pazienti più anziani per cui in passato vige- va un certo nichilismo terapeutico. Un tipico esempio è costituito dal mieloma multiplo: è il secondo tumo- re del sangue più diffuso, dopo il lin- foma non-Hodgkin. Questa patologia è dovuta alla trasformazione neopla- stica delle plasmacellule, cellule im- munitarie che hanno la funzione di produrre anticorpi e difenderci dalle infezioni. Si manifesta con l’avanzare dell’età: due terzi dei casi insorgono dopo i 65 anni. In Italia ogni anno si registranopiùdi4.500nuovicasi,con un’incidenza lievemente maggiore negli uomini rispetto alle donne. Ne- gli ultimi 30 anni per questa malattia il tasso di sopravvivenza dei soggetti con mieloma è molto migliorato, in relazione all’uso di nuovi agenti far- macologici. “Le innovazioni in questo settore iniziano dal primo decennio degli anni 2000 – spiega il Prof. Fa- brizio Pane - quando due categorie di farmaci, immunomodulatori e inibi- tori di proteosoma, sono stati impie- gati prima nei trials clinici e poi nella pratica clinica per il trattamento di questi tumori. Siamo passati dunque da una terapia basata unicamente su agenti chemioterapici (quindi dotati di una tossicità non troppo selettiva nei confronti delle cellule neoplasti- che), ai farmaci biologici: molto più tollerabili e efficaci verso lo specifi- co bersaglio molecolare, le plasma- cellule neoplastiche del mieloma.” Il mieloma multiplo è una malat- tia dell’anziano, paziente per an- tonomasia poco capace di reggere una chemioterapia aggressiva. “I farmaci biologici sono in grado di impattare significativamente sul- le aspettative di vita di questi pa- zienti. Per questo noi ematologi abbiamo necessità di avere a dispo- sizione nuovi farmaci, soprattutto quelli che rappresentano un’innova- zione, perché sono quelli che si tra- ducono in un guadagno in termini di efficacia terapeutica. Riserviamo dunque una grande attenzione verso questo nuovo prodotto che è atteso con ansia proprio per i risultati che nehannoconsentitolaregistrazione”. Un esempio di tali risultati è rappre- sentato dall’approvazione da parte di AIFA di pomalidomide, farma- co biologico per assunzione orale, in associazione a desametasone, per il mieloma multiplo recidivan- te e refrattario. Il farmaco è dispo- nibile in Italia dal settembre 2015. IlariaVacca MIELOMA MULTIPLO: IL SECONDO TUMORE DEL SANGUE PIU’ DIFFUSO Fabrizio Pane Presidente SIE (Società Italiana di Ematologia), professore Ordinario di Ematologia e direttore dell’Unità Operativa di Ematologia e Trapianti di Midollo all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli L’ acromegalia è una malattia rara, grave e invalidante ca- ratterizzata dal progressi- vo ingrossamento delle ossa acrali (della testa, delle mani e dei piedi), delle labbra e di alcuni altri organi con conseguenti alterazioni meta- boliche che comportano un rischio per la vita dei pazienti. I pazienti con acromegalia non trattata, infat- ti, hanno un tasso di mortalità pari a circa il doppio rispetto a quello osservato nella popolazione gene- rale e una riduzione media dell’a- spettativa di vita di circa 10 anni. I lcitomegalovirus(CMV)èunagen- teinfettivomoltocomune,tantoche il 60-80% degli adulti lo contrae. I sintomisonosimiliaquellidell’influenza enellamaggiorpartedeicasil’infezione nonhaconseguenzerilevanti.Durantela gravidanza però contrarre questa infe- zionediventaestremamenterischioso:il virus potrebbe essere trasmesso al feto, chenonèdotatodellearmiimmunitarie per combatterlo. In questo caso si parla di citomegalovirus congenito. Questa infezione può produrre danni di entità variabile al nascituro e riguardare il si- stemanervosocentrale,provocareritar- do cognitivo, sordità congenita o cecità. La prima arma contro il CMV è sicura- mentelaprevenzione:ilCMVsitrasmet- teattraversoifluidicorporei,quindiuna correttaigiene(lavarsilemani,evitareil contatto con le secrezioni orali, evitare i rapportisessualiarischio)puòpreveni- rel’infezione.Inparticolarmododevono fare attenzione le donne in gravidanza che hanno altri figli di età prescolare e scolare e le donne che lavorano con i bambini (insegnanti, educatrici etc). Si tratta però di un virus estremamen- te comune, tant’è che in gravidanza sarebbe bene eseguire il test di scre- ening. Consiste in un semplice esame delsangue,attraversoilqualevengono misurati gli anticorpi specifici, detti immunoglobuline. Se alle analisi gli anticorpi IgM risultano positivi l’infe- zioneèinatto.SeglianticorpiIgGsono negativi siamo in presenza di un’in- fezione primaria, la più pericolosa. Se anche le IgG sono positive, può trat- tarsi di un’infezione primaria recente o una riattivazione o reinfezione. Sarà quindi necessario eseguire il cosid- detto test di avidità che permette di sapere se l’infezione si è avuta nei tre mesi precedenti o se è avvenuta ante- riormente: se ci si è ammalate prima della gravidanza i rischi si abbassano all’1% circa. Se è confermata l’infezio- ne primaria in gravidanza, è bene ri- volgersi ad una struttura specializzata. Quando si scopre l’infezione prima- ria nella maggior parte dei casi viene consigliata l’interruzione di gravi- danza, senza nemmeno fare i test di approfondimento, anche se solo con l’amniocentesi però si può poi essere sicuri che l’infezione fetale sia in corso. In caso l’infezione materna sia confer- mata esiste un’opzione terapeutica, rappresentata dalla somministrazione di immunoglobuline specifiche, che abbattono notevolmente il pericolo di trasmissione del virus al feto (nel caso in cui non abbia ancora contrat- to il virus), o lo aiutano a combattere la malattia. Le immunoglobuline spe- cifiche sono però ancora considerate una terapia sperimentale, malgrado le ormai numerose pubblicazioni in- ternazionali, e in Italia di rado ven- gono proposte alla gestante, se non in strutture private e a pagamento. In Italia è attiva l’associazione An- tiCito Onlus, che da anni si occu- pa di far conoscere questa patolo- gia, promuovere la prevenzione, supportare la ricerca scientifica e of- frire assistenza alle famiglie che si tro- vano a dover fronteggiare la malattia. Ilaria Vacca La patologia è causata da un’iper- secrezione cronica di ormone della crescita (GH), che, in oltre il 95% dei pazienti,haoriginedauntumore:un adenoma ipofisario secernente GH. La diagnosi è spesso tardiva ri- spetto all’esordio della malattia e gli effetti a lungo termine possono essere irreversibili. Le complican- ze possono comprendere diabete, alterazione del metabolismo dei lipidi e ipertensione, con un eleva- to rischio di infarto e ictus. Un pro- blema particolarmente grave per i pazienti può essere quello delle fratture vertebrali da osteoporosi: sono a rischio infatti anche quan- do i valori di densità minerale os- sea all’esame della mineralometria ossea computerizzata (MOC) sono solo lievemente ridotti o addirit- tura normali. Lo ha mostrato nel 2005, per la prima volta nella let- teratura internazionale, un gruppo degli endocrinologi guidato da An- drea Giustina, professore ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Brescia. Per questa patologia esistono oggi diverse opzioni terapeutiche, in primis la chirurgia. Nei casi però in cui l’ade- noma non sia asportabile, l’opzione farmacologica consiste negli analo- ghi della somatostatina, un ormone prodotto dall’ipotalamo. Questi far- maci, in circa la metà dei pazienti, raggiungono l’obiettivo di inibire l’ormone della crescita; per l’altra metà sarà disponibile a breve anche in Italia la molecola di nuova genera- zione pasireotide. Un’ulteriore alterna- tiva è il pegvisomant, che ha un effetto periferico sull’ormone della crescita bloccandone l’azione, ma non ha alcun effettosull’adenoma. IlariaVacca ACROMEGALIA, I FARMACI ARRIVANO DOVE LA CHIRURGIA NON CE LA FA CITOMEGALOVIRUS IN GRAVIDANZA: SUBDOLO E PERICOLOSO
  • 9. malattie rarenews 99 L a distrofia muscolare di Du- chenne (DMD) è una malat- tia genetica rara neuromu- scolare a trasmissione recessiva legata al cromosoma X, quindi che colpisce solo i maschi, caratteriz- zata da degenerazione progressi- va dei muscoli scheletrici. È la più grave tra le distrofie muscolari: ha un esordio precoce e colpisce pro- gressivamente tutta la muscolatu- ra portando i ragazzi a perdere la deambulazione ed essere costret- ti sulla sedia a rotelle intorno ai 9/12 anni, a perdere anche l’uso delle braccia e ad aver bisogno di aiuto nella respirazione. La DMD colpisce infatti in modo specifico il tessuto muscolare scheletrico, compresi i muscoli respiratori e cardiaci, ed è caratterizzata da una progressiva distruzione del tessuto muscolare che viene sosti- tuito da tessuto fibroso e adiposo. I primi sintomi della patologia si manifestano intorno ai tre anni:  i bambini hanno difficoltà nel correre, salire le scale, sal- tare. Con il progredire dell’età, le difficoltà motorie diventano evidenti e al momento dell’in- gresso nella scuola elementare il quadro clinico è chiaro: l’an- datura è oramai anomala e con frequenti cadute, la camminata avviene spesso in punta di piedi.  L’approccio terapeutico fino ad ora è stato basato solo sull’uso di corticosteroidi e su una presa in carico multidisciplinare che comprende fisioterapia, chirurgia ortopedica, prevenzione cardio- logica e assistenza respiratoria. Tale approccio ha permesso di prolungare la sopravvivenza dei ragazzi dalla prima adolescenza fino ai 25-30 anni. Ma questo non rappresenta un punto di arrivo; alcune opzioni terapeutiche sono in sviluppo nei laboratori di al- cune biotech e nelle strutture sa- nitarie di tutto il mondo, Italia in primis.  In particolare, per alcuni pazienti portatori di una partico- lare mutazione genetica chiamata ‘nonsenso’, oggi è già disponibile una specifica terapia in grado di rallentare la progressione della malattia e la conseguente perdi- ta della capacità di camminare. In Italia la principale realtà asso- ciativa di riferimento per la DMD è Parent Project Onlus, attiva dal 1996, con il fine di migliorare la qualità della vita dei bambini e ragazzi affetti da tale patologia, attraverso tre obiettivi primari: informare e sostenere le fami- glie, promuovere e finanziare la ricerca scientifica per sconfig- gere la patologia, sviluppare un network collaborativo, attivo su tutto il territorio nazionale. Ilaria Vacca LA DISTROFIA DI DUCHENNE: STATO DELL’ARTE E INNOVAZIONI TERAPEUTICHE
  • 10. malattie rare focus1010 Quando mamma e papà l’han- no portata a casa dopo la nascita Lucia era una bimba come le altre. Ad appena 6 mesi, però, sono arrivate le prime infezioni, una alle vie urinarie e una sottocutanea da streptococco. A Verona, l’ospedale più vicino,sonocominciatigliaccertamen- ti: i globuli bianchi erano bassissimi. “Non sapevano che dire – racconta il papà – e allora siamo andati al Gaslini di Genova. La prima diagnosi è stata di neutropenia autoimmune. Le han- no dato il G-CSF per far alzare i globuli bianchi, lì per lì ha funzionato e ci sia- mo tranquillizzati”. La serenità però ha breve durata, Lucia dopo poco ha altri sintomi: febbre, transaminasi ben so- pra i limiti, una colecistite, inappeten- za, vomito, diarrea. La bimba a volte non riesce nemmeno a camminare, le infezioni si susseguono e per lei non ci sono i giochi all’aria aperta, l’asilo e gli amichetti, ma camici bianchi, prelievi, biopsie e ricoveri. “Il fegato le si stava ingrossando – dice il papà – i linfono- di aumentavano, poi si sono aggiunte dermatiti,panniculiteeinfiammazioni. È in quel momento che è cominciata la terapia di immunosoppressione. Sem- pre nel 2012 si sono accorti che aveva pochissimo tessuto adiposo sottocuta- neo, ma in un quadro così complesso non gli è stata data troppa importan- za”. Lucia però è sempre più magra e la sua pancia è sempre più gonfia: i valori del sangue non sono mai tornati nella norma. Nel 2013 la famiglia fa i bagagli e va al Meyer di Firenze per ricomin- ciare tutte le visite da capo in cerca di una soluzione. Al Meyer riescono a controllare le infiammazioni con dei farmaci approvati per un gruppo di malattie rare chiamate CAPS, che fun- zionano. Il fegato però continua a cre- scere, transaminasi e colesterolo sono fuori controllo. Al Meyer indirizzano la famiglia negli Usa, al centro NIH di Bethesda. “Lì ci hanno parlato di un medico di Pisa, il prof. Santini, che sta- va utilizzando la leptina per curare la lipodistrofia, una malattia che si mani- festaconlamancanzaditessutoadipo- so sottocutaneo e accumuli di grasso negli organi interni, come in mia figlia. DaBethesdaabbiamotelefonatoaSan- tini, fissato un incontro e siamo tornati in Italia”. Il medico che poteva aiutare Lucia era a pochi chilometri dall’Ospe- dale in cui aveva passato tanto tempo. “La situazione è apparsa subito gra- ve – racconta il prof. Ferruccio Santi- ni, Responsabile Centro Obesità U.O. Endocrinologia 1 Azienda Ospedalie- ro-Universitaria Pisana –, la bambina aveva una lipodistrofia generalizzata autoimmuneeilfegatopienodigrasso. Volevo usare Metreleptin, un farmaco a base di leptina umana ricombinan- te, lo avevo già somministrato in altri casi all’interno di un programma di uso compassionevole americano. Il programma però nel frattempo era terminato, negli Usa il farmaco era in commercio ma in Italia ancora no. Non sapendo come averlo mi sono rivolto all’azienda farmaceutica, vista l’ur- genza sono stati disponibili a darmelo gratuitamente. Ha funzionato”. “Da quando Lucia ha cominciato a usare questo farmaco – dicono i ge- nitori - la pancia è sparita, il fegato si è ridotto, trigliceridi, colesterolo, transaminasi sono tornati nella nor- ma. La lipodistrofia è sotto control- lo, rimane ora da affrontare la lin- foproliferazione. Stiamo pensando di tornare a Bethesda e vedere se si può tentare una terapia diversa dall’immunosoppressione, anche sperimentale”. “Lucia ormai sa di essere malata – dice la mamma – ci sono periodi in cui tutte le settima- ne deve fare un prelievo e come tut- ti i bimbi non ama aghi e punture, ma sa di averne bisogno. Spesso la sorprendo a guardare video sul cor- po umano, per lei è normale sentire parlare dei vari organi e vuole capire”. IlariaCiancaleoniBartoli LUCIA È VENETA, HA 5 ANNI E DUE MALATTIE RARE: DAGLI USA L’HANNO MANDATA A CURARSI IN ITALIA, A PISA Ferruccio Santini Responsabile Centro Obesità U.O. Endocrinologia 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana L e malattie genetiche rare sono tra le più difficili da diagnosti- care. Sono migliaia, ma ancora moltissime quelle senza un nome, che probabilmenteinteressanosoloqualche decinadipazientiintuttoilmondo.“Per lemalattierarec’èancoragrandeneces- sitàdidiagnosi–spiegailprof.Giuseppe Novelli - quando una famiglia o un pa- ziente sono orfani di diagnosi si verifica quel fenomeno che possiamo definire ‘turismo medico’: intere famiglie che ripetono analisi su analisi, spostandosi da un centro medico all’altro, con co- sti economici e umani altissimi. Fino a qualche tempo fa purtroppo per una diagnosi genetica c’era bisogno di colle- zionare i dati di un gran numero di casi simili. Oggi tutto è cambiato: grazie alle nuove tecnologie è possibile ottenere il sequenziamento completo del genoma, concostirelativamentecontenutietem- pistiche brevi. ”Il progresso scientifico ha quindi cambiato completamente la storia di questi bambini e di queste fa- miglie, altrimenti destinati a vivere or- fanididiagnosi,orfaniditerapiaesenza RIPOSIZIONAMENTO DEI FARMACI: UNO SGUARDO AL FUTURO alcunarispostaalletantissimedomande che quotidianamente logorano chi vive intalicondizionidiincertezza.“Abbiamo finalmente assegnato a queste malattie un nome e un cognome, scoprendo che spesso sono accomunate dallo stesso difetto genetico. In questi casi abbiamo un’arma in più a nostra disposizione, quella che ora viene definita la strate- gia di riposizionamento dei farmaci.” Si tratta sostanzialmente dell’utilizzo di farmaci ‘vecchi’ per nuovi impieghi terapeutici, una nuova strategia di svi- luppo farmacologico e un prometten- te ambito di ricerca, nel campo della scienza medica traslazionale. Celebre è l’esempio della talidomide, molecola proposta come sedativo poi rivelatasi teratogena. Questo trattamento è stato escluso dal mercato fino a pochi anni fa, quando i ricercatori hanno scoperto la sua azione di inibitore dell’angiogenesi e della sintesi del TNF-alfa nel mielo- ma multiplo e nel sarcoma di Kaposi, aprendo la strada allo sviluppo di de- rivati di nuova generazione. Farmaci praticamente scomparsi dal mercato, perché ritenuti obsoleti o addirittura dannosi e molecole il cui percorso di sviluppononsièmaiconcluso,possono essere rilanciati per indicazioni diverse. “Quando c’è una base genetica comune tra patologie abbiamo delle opportuni- tà di azione in più, per questi farmaci come la metformina (utilizzata per il controllo del diabete, dal costo peraltro bassissimo) viene oggi utilizzato per il trattamentodeltumoredelcolonedella mammella. Per le malattie rare questo tipo di vantaggio è più utile che mai: si può arrivare presto al farmaco, senza necessità di sperimentazioni su grandi numeri, a favore dei gruppi genetica- mentestratificati.Perunapatologiarara ridurre i tempi di sperimentazione di un farmaco a meno di 8 anni è un risul- tato straordinario: tutto ciò è possibile grazie al sequenziamento del genoma.” Per questo in Italia è nato un proget- to, da un’idea della Senatrice Cattaneo, per costruire un programma naziona- le, sotto l’egida ministeriale. “Si tratta del ‘Progetto Genoma Italia’, progetto sul quale il Ministero della Salute in- vestirà attenzione e 15 milioni di euro in tre anni. I fondi non sono certa- mente sufficienti, ma i contributi dei privati non tarderanno ad arrivare.” Un progetto quindi dalle potenzialità enormi, così come enormi sono le po- tenzialità della genomica, intesa come settore di ricerca e sviluppo di tecnolo- gie, sia in termini strettamente medici chedispintaeconomica. Ilaria Vacca Giuseppe Novelli Rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Ordinario di Genetica medica Direttore dell’UOC di Genetica Medica della stessa Università Che cos’è la lipodistrofia generalizzata “La lipodistrofia generalizzata - spiega il prof. Ferruccio Santini - è una malattia ultra rara e che si manifesta in modo eterogeneo. Quello che accomuna i pazienti è la perdita, parziale o totale, del tessuto adiposo sottocutaneo. Le cause possono essere genetiche oppureautoimmuni.Piùilpazienteperdeil‘grasso’piùlapatologiaè grave. La scomparsa del tessuto adiposo crea una serie di scompensi metabolici: il grasso circolante, non avendo dove depositarsi, si ‘attacca’ dove può, per lo più al fegato o nei visceri. Il valore dei trigliceridi nel sangue sale e si manifesta dislipidemia, compare il diabete, e in alcuni casi ci possono anche essere delle complicanze cardiache”. Fino ad oggi i medici cercavano di controllare le complicanze, oggi invece c’è un’opzione farmacologica. Negli Usa è già regolarmente in commercio un farmaco specifico, Metreleptin, a base di leptina umana ricombinante, un ormone che normalmente viene prodotto proprio dal tessuto adiposo; per l’Europa si attendono invece le necessarie autorizzazioni.
  • 11. malattie rarenews 1111 I l numero di malattie rare cono- sciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e in particolare con i progressi della ri- cerca genetica. Stiamo dunque parlan- donondipochimalati,madimilionidi persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa. Nonostan- te gli enormi passi in avanti compiuti nel settore, la formazione e l’informa- zione in questo settore rappresentano ancora una criticità, siano esse rivolte ai medici che agli stessi pazienti. La Recordati Rare Diseases Foundation è stata fondata proprio per colmare alcuni di questi vuoti educazionali e migliorare le conoscenze in questo delicato settore e per riuscire a porre sempre più al centro il paziente. Ogni anno la fondazione organizza corsi di formazione professionale avanzati e indipendenti, che sono altamente specializzati nell’area delle malattie rare. Sin dal 2000, anno della crea- zione ufficiale della “Orphan Europe O rphanet è il più importante database multilingue de- dicato alle malattie rare e ai farmaci orfani, ad accesso libero e gratuito. È gestito da un consorzio di 40 paesi, coordi- nato dal team francese dell’IN- SERM, Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale. Collegandoviawww.orphanet-italia.it potrete quindi accedere a un elen- co delle malattie rare con relative classificazioni, un’enciclopedia sul tema in lingua francese e in inglese (progressivamente sarà tradotta in tutte le altre lingue del sito), un elenco dei farmaci orfani con tutte le loro fasi di sviluppo, un elenco dei servizi specialistici presenti nei paesi che fanno par- te di Orphanet. Informazioni sui centri specializzati, sui laboratori di diagnosi, sui progetti di ricer- ca in corso, sulle sperimentazioni cliniche, sui registri, sui network, sulle piattaforme tecnologiche e sulle associazioni di pazienti. Tro- verete anche una sezione dedicata alle raccomandazioni per la presa in carico in situazioni d’urgenza e le linee guida sull’utilizzo dell’a- nestesia (in caso di necessità di interventi chirurgici) per un gran numero di patologie. È inoltre pre- sente una raccolta di studi e arti- coli tematici: moltissime infor- mazioni di grande interesse per i pazienti, i familiari, i medici di medicina generale e gli specialisti. Come si ottengono dunque tutti questi preziosi dati e che valore hanno? I team nazionali hanno il compito di raccogliere informazio- ni sulle consulenze specialistiche, sui laboratori di diagnosi, sulle at- tività di ricerca in corso e sulle as- sociazioni di pazienti nei rispetti- vi paesi. Inoltre, si occupano delle traduzioni. La raccolta dei dati e la diffusione delle informazioni si attengono alle disposizioni legali in vigore nei vari Paesi impegnati nel progetto: codice etico profes- sionale, legge sull’elaborazione dati, sui diritti di proprietà in- tellettuale e qualsiasi altra legge o regolamento applicabile. Le in- formazioni e i servizi presenti in Orphanet sono conformi ai codici e alle indicazioni emanati da co- mitati etici ad hoc, riconosciuti a livello nazionale e internazionale, riguardanti il rispetto dei diritti dei pazienti, il rispetto della con- fidenzialità delle informazioni, la pratica della medicina on-li- ne e la sicurezza dei network. Il database è supervisionato da un comitato di gestione, un comitato direttivo, un comitato scientifico internazionale e, in alcuni paesi, da un comitato scientifico nazio- nale. Il coordinatore di Orphanet Italia è il Prof. Bruno Dallapiccola, uno dei più famosi genetisti ita- liani e Direttore Scientifico Ospe- dale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Tutte le informazioni di- sponibili al pubblico sono valida- te da un componente del comitato scientifico prima della pubblica- zione on-line. Tutti i team si at- tengono alle Procedure Operative Standard di Orphanet. Il team co- ordinatore francese è responsabi- le della gestione di database e sito web, controllo di qualità, elenco delle malattie rare, classificazio- ni e dell’edizione dell’enciclopedia. Ilaria Vacca Academy”, sono stati formati più di 2.000 professionisti in tutto il mondo. Il Prof. Bruno Dallapiccola, Diretto- re Scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, è uno dei sei membri del Comitato Scientifico composto da scienziati, clinici e acca- demici che lavorano nel campo delle malattie rare. Dallapiccola ci ha spie- gato nel dettaglio la mission della fon- dazione: “La Fondazione promuove il miglioramento della diagnosi e della cura delle persone affette da malattie rare. Per raggiungere questo obietti- vo, si fa carico di organizzare eventi con un focus specifico sulla formazio- ne. Questa attività non ha molti altri esempi significativi analoghi, data la complessità della tematica, l’elevato li- vello di competenza richiesti e la limi- tata esperienza basata spesso su pic- coli numeri di pazienti, obiettivi che la Fondazione raggiunge cooptando nei suoi corsi i più autorevoli esperti di- sponibili a livello europeo e mondiale. La maggior parte dei corsi realizzati e in programmazione si focalizzano sul- le malattie metaboliche. I temi prin- cipali oggetto di questi programmi formativi riguardano le modalità con le quali sospettare la presenza di una malattia rara, la sua diagnosi, la pre- sentazione clinica, le migliori strategie terapeutiche, con l’obiettivo ultimo di migliorare il riconoscimento del- la malattia e la sua presa in carico. In secondoluogocondividereesperienze nel trattamento delle malattie rare, per le quali le esperienze individua- li sono limitate. Inoltre, migliorare il dialogo tra le diverse specializzazioni mediche, in particolare nel caso delle malattie mutisistemiche. Infine, raf- forzare la collaborazione scientifica e incoraggiarelaricercanelcampodelle malattie rare. In occasione della Gior- nata delle Malattie Rare, che ricorre quest’anno il 29 febbraio, la Fonda- zione supporta il primo Incontro tra i pazienti e gli esperti, a Praga, dedicato all’omocistinuria, una patologia rara, multisistemica, che coinvolge gli oc- chi, lo scheletro, il sistema nervoso e l’apparato vascolare. A questo evento saranno presenti i pazienti e i clini- ci provenienti da tutto il mondo, con l’obiettivo di informarsi e informare, ragionando insieme sull’obiettivo del miglioramento diagnostico attraverso lo screening neonatale e una migliore presaincaricodeipazientiaffettidalla patologia. Nel 2016 sono previsti altri due eventi principali, il primo in Asia a Taipei dal 10 al 12 giugno dedicato alle malattie pediatriche neurometa- boliche e ai disturbi del movimento, il secondo a Parigi, dal 3 al 5 novembre, che avrà un focus sulle miopatie meta- boliche”. IlariaVacca Recordati Rare Diseases Foundation: formazione e informazione sulle malattie rare ORPHANET: IL DATABASE DEDICATO A MALATTIE RARE E FARMACI ORFANI Bruno Dallapiccola Direttore Scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Genetista, Coordinatore di Orphanet Italia e membro di EUCERD (European Union Committee of Experts on Rare Diseases) per l’Italia La Recordati Rare Diseases Foundation è stata fondata per colmare alcuni vuoti educazionali, migliorare le conoscenze in questo delicato settore e per riuscire a porre sempre più al centro il paziente Il database è supervisionato da un comitato di gestione, un comitato direttivo, un comitato scientifico internazionale e, in alcuni paesi, da un comitato scientifico nazionale
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