La stesura del numero 1 di CADZINE è stata un'esperienza bellissima! Il team della Redazione si allargava grazie all'ingresso di tre nuove e validissime risorse: Nicola Amalfitano, con il suo primo articolo sulla musica, i Mariachi; Antonello Buccella con un resoconto sulla ricostruzione virtuale di L'Aquila per coadiuvare la pianificazione dei lavori del dopo terremoto; Gianmarco Rogo con un articolo sulla Facoltà d'Ingegneria Biomedica presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. L’ospite di questo numero è un caro amico della Community CAD, Giuseppe Vizziello, che descrive tutti gli sforzi e la passione per portare a compimento un bel progetto software Open Source dedicato al computo metrico ideato dal compianto architetto Bartolomeo Aimar: LeenO. L'esperta di marketing Francesca Borghi e di Risorse Umane Andrea Girardi ci inviarono un validissimo articolo sulla negoziazione che inaugurava la Rubrica "Autopromozione & Customer care" per giovani professionisti. Infine un amico della Community CAD, Giuseppe “TNT” Milardi, presentò un articolo mini tutorial sul potente modellatore/renderizzatore tedesco Cinema 4D.
1. 11
Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus
DAL 2014
DAL 2014
GIUGNO 2014 Anno I Numero 1 edizione gratuita
/18 Community showcase
Una carrellata sui migliori lavori
degli iscritti alla Community. In
questa puntata G. Milardi, F.
Girardi, F. Blecher e Davi Lu
/10 Autoformazione
Un articolo di F. Borghi e A. Girardi
sulla negoziazione e sui casi in cui
è possibileapplicarlasenza svendere
se stessi ed il proprio lavoro.
/13 La cogenerazione
Una nuova rubrica sulle idee e le
basi per il disegno e la progettazio-
ne che parte con i nuovi sistemi di
generazione elettrica e termica...
2. 22
La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati
La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per
data di fondazione e numero di iscritti
BIM
CAD
CAD MEP
FEM
Linguaggi CAD
Modellatori 3D
Modellatori organici
Post produzione
Prog. edile
Altro software
Progettazione
Portfolios
A.N.T. Automotive
Stampa 3D
Concorsi
Curiosità
3. 33
qualsiasi lavoro tu
faccia, se trasformi
in arte ciò che stai fa-
cendo, con ogni pro-
babilità scoprirai di
essere divenuto per
gli altri una persona
interessante e non un
oggetto.
robert Mmaynard Mpirsig, (lo Mzen e
l’arte della manutenzione della
motocicletta) 1974
LA METTO IN CORNICE
4. 44
HOME
Direttore responsabile:
Salvio Giglio
Redazione:
Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Marco Garava-
glia, Nunzia Nullo, Gianmarco Rogo
Segretaria di redazione:
Nunzia Nullo
Redazione bozze:
Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo
La stesura del numero 1 di
CADZINE è stata un'espe-
rienza bellissima: uno di
quei momenti di grazia che
ti capitano 4, 5 volte nella
vita! Anzitutto sono entrati a
far parte della nostra Reda-
zione tre nuovi amici:
Nicola Amalfitano con il suo
primo articolo sulla musica,
i Mariachi; Antonello Buc-
cella con un resoconto sulla
ricostruzione virtuale di L'A-
quila; Gianmarco Rogo con
un articolo sulla Facoltà
d'Ingegneria Biomedi-
ca alla Federico II di Napoli.
Siamo riusciti a coinvolgere
anche Giuseppe TNT Milar-
di che presenta in un mini
tutorial il potente modellato-
re/ renderizzatore Cinema
4D. Giuseppe Vizziello, come
ospite nell'angolo delle in-
terviste, ci parla di LeenO e
del suo ideatore, il compian-
to Bart Aimar. Francesca
Borghi e Andrea Girardi ci
hanno inviato un validissi-
mo articolo sulla negoziazio-
ne che inaugura la rubrica
dedicata all'auto-
formazione.
Diario di bordo
CAD
(inform.) (computer-aided design) CAD, progettazione assistita da
rubrichePAG. 07 NEWS
PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio
“Quella strana luce in fondo al tunnel...”
PAG. 10 AUTOFORMAZIONE di Francesca
Borghi e Andrea Girardi “Negoziazione?
Si, in casi eccezionali!”
PAG. 13 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-
ZIONE di Salvio Giglio “Tecnologie ecoso-
stenibili ed innovative per la produzione
di elettricità: cogenerazione e trigenera-
zione”. I PUNTATA
PAG. 18 COMMUNITY SHOWCASE
PAG. 20 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio
“Renzo Piano”
PAG. 25 INTERVISTA di Salvio Giglio
“Giuseppe Vizziello ”
PAG. 31 MUSICA di Nicola Amalfitano
“Mariachi, musica dal Messico”
PAG. 33 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio
Giglio “Report, la Gabanelli, Arduino e le
stampanti 3D”; PAG. 37 “Gli MCU e il con-
troller di una stampante 3D”. II PUNTATA
speciali
PAG. 43 APPROFONDIMENTI di Marco Gara-
vaglia “Calcolo, fisica ed ingegneria: i tre
volti del progresso”. II PUNTATA
PAG. 48 L’AQUILA di Antonello Buccella
“Ognuno di noi può aiutare L'Aquila...
anche a 5 anni dal terremoto”; “PAG. 49
“Porta Barete: l'ipotesi di progetto virtua-
le”
PAG. 52 ORIENTAMENTO DIDATTICO di Marco
Garavaglia “Matematica o Ingegneria?”;
PAG. 55 di Gianmarco Rogo “L’ingegnere
biomedico - chi è?”
5. 55
E PAGE
Cos’è CADZINE
è una rivista gratuita nata in
seno alla Community di
“AutoCAD, Rhino & Sket-
chUp designer” per informare &
formare disegnatori tecnici e
appassionati sul CAD ed i suoi
“derivati”.
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testi, foto e grafici citando la
fonte e inviandoci la copia. La
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Access ;-)
Pensandoci bene
La serietà di una persona si misura dalle piccole cose...
dagli impegni presi, e mantenuti, con gli altri (anche a costo di
qualche sacrificio), dai “no” detti al momento giusto e dai “si”
espressi con ponderazione. Una persona seria è quella che per ulti-
ma lascia “la nave” che sta affondando, che non fa un “giro di pro-
va” di una situazione per vedere se ci scappa qualcosa per se….
Una persona seria è un amico prezioso da coltivare perché da lui
puoi solo apprendere il modo migliore per relazionarti col prossimo.
al computer.
corsi & tutorialsPAG. 58 CORSO DI BASE PER SKETCHUP
di Salvio Giglio “SketchUp: il 3D per tutti!”
I PUNTATA
PAG. 61 CINEMA 4D di Giuseppe Milardi
“CINEMA 4D: ad un passo dalla realtà!”
eventuali & variePAG. 64 UMORISMO
PAG. 65 GIOCHI
7. 77
NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa
Christina Eneroth è l'autrice
del plugin "Eneroth Railroad
System” che permette di inse-
rire dei diorami ferroviari ani-
mati anche per modellazioni
urbanistiche. Il suo lavoro su
questo progetto dura da circa
un anno. La Eneroth è molto
famosa per la modellazione di
uno straordinario castello,
lavoro di pura fantasia, alloca-
to in Valtellina, nonché per la
riproduzione di treni e la crea-
zione di plugin per SU realiz-
zati in RUBY script. La Eneroth
è ormai alle soglie della laurea
in architettura e visti i risultati
ne vedremo delle belle anche
sul piano progettuale
S.G.
E’ una domanda che si pone la
pagina del MAXXI circa i mu-
sei che sono il cuore della rivi-
talizzazione urbana e spingo-
no i limiti della tecnologia
edilizia. Ce lo racconta Ronnie
Self, architetto e autore del
libro che vi proponiamo questo
mese: "The Architecture of Art
Museums. A Decade of Design:
2000-2010". Un volume che
raccoglie i progetti di edifici
che stanno cambiando la sto-
ria dell'architettura. S.G.
Frank Blecher, in un suo re-
centissimo post, mi ha mostra-
to in anteprima il suo blog per-
sonale. Ha scelto la piattaforma
Blogger di Google nella visua-
lizzazione dinamica ad articoli,
proprio come un magazine. Da
quanto mi sembra di capire si
tratterà di un luogo bello del
web… pieno di cose pregevoli, a
metà strada tra galleria d’arte e
atelier di architettura. Frank ha
un gusto spiccatamente orga-
nicista e le sue composizioni
sono effettivamente in mimesi
con l’ambiente circostante e
pregne delle innovazioni dei
nostri giorni pur restando fede-
li ai canoni wrightiani. Anche
la sezione artistica sarà ben
nutrita dalla copiosa produzio-
ne di questo talentuoso grafico
che si diletta in efficaci e sug-
gestive opere astratte espresse
in varia tecnica anche in digi-
tale. S.G
E' stata ripresentata agli occhi degli
aquilani, a ridosso del quinto anniver-
sario del sisma del 6 aprile 2009, un
regalo senza dubbio gradito ad una
città che trasuda sempre più una
gran voglia di tornare a risplendere.
Bella come la si ricordava, anzi se
possibile ancor più bella: così si è
svelata agli occhi degli intervenuti,
dopo la rimozione del pannello pro-
tettivo, la facciata della chiesa di San
Coppito, la cui parte superiore destra
fu gravemente danneggiata dalle
scosse di quella tragica notte di cin-
que anni fa, con la frantumazione
nella caduta di varie pietre originarie,
sostituite con altre locali che presen-
tavano le stesse caratteristiche. Fi-
nalmente, dopo tanta attesa, i lavori
di restauro sono terminati e sono
stati rimossi i puntelli e le fasce.
L'intervento è stato reso possibile da
una donazione di 250.000 euro da
parte del Comune di Trieste e rappre-
senta solo una minima parte degli
interventi in programma per rendere
nuovamente agibile l'edificio di culto,
la cui la spesa prevista è di circa 5
milioni di euro finanziati nel pro-
gramma della Direzione Regionale
Beni culturali. Affinché la chiesa, un
edificio in stile romanico eretto nella
seconda metà del XIII secolo già
danneggiato in passato da altri terre-
moti (soprattutto nel 1703), possa
essere riaperta al pubblico, dunque, si
dovranno aspettare ancora un paio
d'anni ma un piccolo passo verso il
ritorno alla vita di una dei più bei siti
del capoluogo è stato compiuto.
Da www.abruzzo24ore.tv del 07 aprile
2014 A.B.
Cosa accomuna i musei d’ar-
te contemporanea più famosi
del mondo
Eneroth
Railroad System
Ricostruzione: fini-
to il restauro della
facciata di San Pie-
tro a Coppito
Il nuovo Blog di F. BlecherLa pagina G+ YOUTOOL segnala che
l'economista veneziano Stefano
Micelli vince il Premio Compasso
d'Oro e in un colpo solo rompe due
tabù. Il primo: che il destinatario del
prestigioso premio fosse sempre e
comunque un designer; il secondo:
perché aiuta l'Italia a riscoprire quel
potere artigiano che dal Rinasci-
mento in poi ha reso unico e irripe-
tibile il nostro Paese. La motivazio-
ne è eloquente: «Compasso d'Oro per
aver fornito ragioni economiche e
pratiche per rivalutare l'artigianato
industriale italiano in un'ottica non
nostalgica ma proiettata verso il
futuro». S.G.
Premio Compasso
d'Oro a Stefano
Miceli
9. 99
EDITORIALE
N
on basterebbero un
trattato di trigonome-
tria e uno di geometria
descrittiva per deter-
minare la posizione reale dell’u-
scita dal tunnel della crisi econo-
mica descritta, invece con tanta
chiarezza da politici ed economi-
sti, da quando questa ha comincia-
to a colpire sempre più duramente
il nostro Paese dal 2008. Una cosa
è sicura: dalla crisi non si uscirà
con gli scandali, la corruzione e le
tangenti, né venendo meno ad ac-
cordi presi anni prima. La ricerca
di quella benedetta uscita tocca
una serie di tappe obbligate che
l’Italia, pur volendo, non può asso-
lutamente ignorare. Tra i problemi
che affliggono il nostro Paese c’è
anche quello della non consapevo-
lezza di essere parte di un Pianeta
quasi tutto digitalizzato in cui una
notizia diventa fruibile in real time
a tutti coloro che hanno accesso
alla rete ed ai mezzi d’informazio-
ne convenzionali. In altre parole la
governance in carica può imbonire
la cittadinanza locale ma non rie-
sce più ad imbrogliare osservatori
esterni che hanno sotto gli occhi
la realtà Italiana. La moneta unica,
che è solo uno strumento, e la Co-
munità Europea sono state utilis-
sime per coprire gli sprechi e l’in-
competenza di certa parte della
classe dirigente che ha speculato
senza ritegno riducendo il nostro
Paese ad un PIL a crescita zero o
addirittura in discesa! L’Italia, tra
le altre cose, ha smesso di fare
grandi opere pubbliche ed ha inve-
stito meno in infrastrutture negli
ultimi anni… Altra tendenza preoc-
cupante è quella di dare un calcio,
ben assestato, al settore industria-
le di qualunque dimensione confi-
dando su visioni di un Paese che,
improvvisamente, si accorge di
avere risorse paesaggistiche ecce-
zionali e si ricorda di possedere il
75% del patrimonio artistico mon-
diale e così riscopre la sua voca-
zione turistica. Qualcuno sogna e
vede l’Italia come una sorta di Ca-
lifornia europea, come un gigante-
sco luna park adagiato nel Medi-
terraneo. Visione stupenda e stu-
pefacente per chi l’ascolta, peccato
che non ci sia concretamente nes-
suno sforzo nel recupero e adegua-
mento urbano per questa nuova
destinazione d’uso o , almeno, nel-
la cura dei Beni Culturali con
Pompei e la Reggia di Caserta che
cadono a pezzi. Non parliamo poi
dello stato in cui sono realmente
ridotti pezzi significativamente
ampi di territorio e litorale. Certo
che anche l’industria del turismo,
se debitamente organizzata porte-
rebbe lavoro: basta guardare alle
nostre città, ai nostri centri storici
e alle aree dismesse. Lì di lavoro
ce ne sarebbe da fare e per decine
di anni! Al di la dei teoremi e delle
ipotesi nella realtà non si muove
nulla anzi, con notevole cattiveria,
si cerca di frammentare la popola-
zione in fazioni geografico calci-
stiche l’una contro l’altra in modo
da aumentare ancora di più il caos
e rendere l’immagine di un Paese
allo sbando. Per fortuna che siamo
in Occidente e in un Paese della
CE altrimenti si sarebbe quasi por-
tati a credere che si stia facendo di
tutto per svalutare l’italica peniso-
la per venderla sotto costo al mi-
gliore offerente! Tutto ciò si river-
sa pesantemente sul campo della
progettazione sia industriale che
edile, gettando ombre lunghe an-
che sull’Università e la Ricerca
Scientifica. Dall’estero tutto questo
è incomprensibile e riduce la sti-
ma nutrita nei nostri confronti fa-
cendoci apparire come degli inetti
che si affidano, per essere guidati,
a dei cialtroni. Mancano ancora
pochi giorni alle elezioni europee
mentre scrivo questo pezzo e la
televisione vomita pronostici,
scoop su complotti, dichiarazioni
di guerra alla corruzione, alla vio-
lenza negli stadi, alla mafia. Politi-
ci piacioni, sconosciuti e non, fa-
centi capo a partiti dalla sigla am-
bigua, garantiscono che quella lu-
ce in fondo al tunnel loro la vedo-
no e che la faranno vedere anche a
noi… Ci siamo affidati speranzosi
agli ultimi arrivati o ci siamo ri-
messi nelle mani di chi è stato sul
ponte di comando in questi ultimi
anni? Poco importa l’esito, crede-
temi. Quello che serve oggi più che
mai è una leadership forte munita
di cervello, mani libere ma soprat-
tutto di coscienza e buona volontà.
Dal canto nostro possiamo solo
renderci disponibili per la ripresa
del Paese.
di Salvio Giglio
Quella strana luce in fondo al tunnel...
10. 1010
AUTOFORM
F
rancesca Borghi
“Torno sul blog di Andrea
Girardi e già che ci sono
lo ringrazio per l’ospitali-
tà. Ricordi l’ultimo post in cui ti
abbiamo parlato di prezzo, vendita
e di come riscoprire il tuo vero va-
lore? Io lo so che ti ho spaventato
con il mio NO secco… e ti dico che
esistono delle “eccezioni”, ne par-
liamo? Rimanendo fermi sul fatto
che quando ti proponi ad un clien-
te devi parlare di valore e convin-
cerlo in pochi secondi che tu sei la
scelta migliore per il suo business,
esistono dei casi in cui si può par-
lare di prezzo e passare alla fase
della negoziazione. Ti trovi davan-
ti ad un cliente importante, il pro-
getto entusiasma te e il tuo team,
la persona con cui stai parlando è
educata e soddisfatta della tua
proposta ma c’è un problema lega-
to al budget: che fare? Con piccoli
punti ben fermi magari la gestione
sarà più semplice e ne conseguirà
una buona riuscita:
Informati sul cliente. Prima
dell’appuntamento fai qualche
ricerche sul cliente e già sapere
se è solvibile e se la sua reputa-
tion è buona. In questo modo
eviterai strane “sorprese” (a vol-
te capitano lo stesso ma avrai
fatto il possibile per evitarle).
Arriva preparato. Quando stili il
tuo preventivo evidenzi quali
potrebbero essere i punti su cui
puoi trovare un accordo e sarai
subito pronto a fare una propo-
sta al cliente.
Valuta il progetto. Il progetto è
promettente, crescerà nel tem-
po e si preannuncia una colla-
borazione continuativa, può
essere il caso di proporre un
accordo sul prezzo in virtù di
un contratto a lungo termine;
I vantaggi ben in mostra. Metti
sempre in evidenza, anche du-
rante la fase di negoziazione,
quali sono i vantaggi del pro-
getto che gli hai proposto e qua-
si per magia è probabile che
riuscirà a slegarsi dalla mera
questione del prezzo
(diversamente torniamo al pre-
cedente articolo).
Sii gentile e tranquillo. Il cliente
deve sentire che di te si può
fidare, che anche sotto stress tu
ci sai fare e quindi mostrati ri-
lassato durante la trattativa e le
buone maniere sai anche tu che
sono un must.
Vincete in due. l’accordo che
raggiungete deve essere ottimo
per entrambi, tu non ti svendi e
il cliente è soddisfatto, ci gua-
dagnate in due.
La lista è tutta qui? Ovviamente no
e anzi in verità i casi e i punti da
tenere sempre a mente sarebbero
infiniti e spesso si impara qualco-
sa di nuovo proprio sul campo ma
diciamo che è già un buon punto
di partenza. Ciò che più preme in-
fatti è riuscire a chiudere la tratta-
tiva in maniera soddisfacente per
entrambi così da poter tornare a
casa con un bel lavoro, ben pagato
e un bel sorriso :D Ecco che ora il
mio NO secco del vecchio articolo
diventa più “digeribile”: lo pronun-
cio nel caso in cui so che non sarei
soddisfatta e probabilmente non lo
sarebbe nemmeno il cliente. Ri-
corda che se vince il cliente, vinci
tu e ho come il sentore che anche
Andrea sarà concorde. Lascio al
tecnico la parola e io intanto pren-
do nota dei suoi consigli!”...
Negoziazione? Si, in casi eccezionali!
Francesca
Borghi
Andrea
Girardi
11. 1111
MAZIONE
Andrea Girardi
“Certo che concordo: convincere è
vincere insieme. E si parla di Ne-
goziazione…. Negoziare, trattare,
conversare, ri-trattare, discutere…
No, non si discute. Non si discute
mai con il cliente. La negoziazione
serve per convincere, che significa
vincere insieme. Trovare un punto
di incontro tra due parti, due attori
di una trattativa. Ad Harward si
tiene ogni anno un master in ne-
goziazione strategica. Il segreto
secondo i professori della celeber-
rima università sta nel percepire il
rumore di fondo che incide sulle
scelte dei soggetti coinvolti: ai li-
velli più alti del mercato, là dove si
scambiano milioni come fossero
noccioline, la posta in gioco va
spesso ben oltre il puro valore mo-
netario. C’è chi vuole uscirne con
l’immagine di un grande negozia-
tore, chi vuole comunicare al mer-
cato di essere stato in grado di da-
re valore ad una propria azienda,
chi vuole proteggere i lavoratori
ecc… Fino a poco tempo fa questo
modo di affrontare le trattative era
appannaggio di soggetti con gran-
di risorse finanziarie mentre per i
piccoli player si riduceva tutto ad
una mera questione di prezzo. Og-
gi la rete consente anche al singo-
lo di raccogliere tutte le informa-
zioni necessarie in tempo reale e
modificare così la propria strate-
gia in corsa. Sapere quali sono i
bisogni reali (e nascosti) dell’inter-
locutore, quelle piccole cose dalle
quali non è disposto a prescindere,
sono le armi per chiudere più velo-
cemente e con la soddisfazione di
entrambi. Arrivare al tavolo della
negoziazione con solo un prezzo e
qualche vantaggio significa uscir-
ne con le ossa rotte. Sempre se-
condo gli esperti di Harward, una
volta deciso un punto di uscita (un
prezzo, una condizione generale
sotto la quale non si è disposti a
scendere) non resta che conoscere
le condizioni minime dell’interlo-
cutore. A questo punto i margini di
trattativa aumentano notevolmen-
te. Rispettare le esigenze del clien-
te (o del venditore) e trovare un
punto di incontro, metterà in se-
condo piano la questione finanzia-
ria. Ovvero: il vostro prezzo non
sarà più percepito come “troppo
alto” in caso vendiate, mentre riu-
scirete a spuntare un prezzo mi-
gliore nel caso in cui stiate com-
prando. Celeberrima negli ambien-
ti finanziari la vicenda di un’a-
zienda di profumi francese, vendu-
ta ad una cifra superiore alle esi-
genze della proprietà, ma ben infe-
riore alle disponibilità del compra-
tore. La trattativa, arenatasi per
una questione proprio di prezzo,
venne sbloccata quando il com-
pratore scoprì che la proprietà
aveva l’interesse ad uscirne con
un immagine vincente. Fu suffi-
ciente far circolare la voce che la
cifra sborsata sarebbe stata molto
più alta del valore di mercato. La
proprietà ebbe così la possibilità
di non perdere la faccia con il pro-
prio entourage, intascando co-
munque più di quanto in effetti
volesse, mentre la multinazionale
che acquistava, riuscì ad aggiudi-
carsi una pedina importante ad un
prezzo ragionevole. Spesso ci si
fissa su quanto vale un prodotto,
ma nessuno acquista un prodotto,
mentre tutti acquistiamo
il vantaggio che ne deriva. Quando
hai il cliente davanti devi solo sco-
prire quali sono i vantaggi che cer-
ca dal tuo prodotto e lavorare su
quelli. Se si riduce ad una mera
questione di prezzo, meglio rinun-
ciare alla vendita: non sta cercan-
do vantaggi, ma solo di buttare
soldi in qualcosa che non lo soddi-
sferà. Lascialo ad altri, perchè in
questi casi avreste svantaggi en-
trambi.”
13. 1313
BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE
G
li attuali sistemi di coge-
nerazione e trigenera-
zione discendono diret-
tamente dai gruppi elet-
trogeni, quei generatori elettrici
ancora ampiamente utilizzati in
tantissime applicazioni: dall’illu-
minazione per piccole attività
commerciali itineranti sino alla
fornitura di elettricità per l’indu-
stria. L’evoluzione tecnologica e le
sempre più pressanti esigenze di
ridurre ed ottimizzare l’impatto
ambientale, evitando sprechi, ha
orientato costruttori ed utenza
verso questa nuove e versatili tipo-
logie di generatori elettrici. Rispet-
to ai gruppi elettrogeni, questi si-
stemi offrono in più la generazio-
ne di calore (cogenerazione) e di
calore e freddo (trigenerazione).
Fondamentalmente la struttura di
base per la produzione di energia
elettrica di entrambi i sistemi non
cambia molto rispetto a quella di
un gruppo elettrogeno per la pre-
senza di:
un motore primo, che può esse-
re a combustione interna, a tur-
bogas, a turbo vapore, idraulico;
un generatore di corrente conti-
nua o alternata, a secondo della
necessità, con relative prese;
l’allestimento motore, il telaio,
rotismi di trasmissione e/o ri-
duzione, ecc.
Se il motore primo è di tipo endo-
termico o ha comunque bisogno di
combustibili, sono normalmente
impiegati:
combustibili fossili (gas natura-
le, olio combustibile, ecc.);
combustibili organici non fossi-
li (biomasse, biogas, gas di sin-
tesi o altro).
La variazione fondamentale dei
sistemi di cogenerazione e trige-
nerazione consiste nella presenza
nell’equipaggiamento di apparati
per il trattamento e la produzione
della temperatura. Nella Tab. 1,
sono riassunti i punti salienti delle
due tecnologie. Impianti di coge-
nerazione e trigenerazione hanno
ormai raggiunto un’elevata matu-
rità tecnologica, offrendo anche
una convenienza economica tale
da far propendere per la loro ado-
zione in svariati campi d’impiego.
Infatti, gruppi di piccole e medie
dimensioni trovano applicazione
I puntata
di Salvio Giglio
Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produ-
zione di elettricità: cogenerazione e trigenerazione
Tab. 1: sintesi delle principali caratteristiche dei sistemi di cogenerazione e trigenerazione
14. 1414
anche nel riscaldamento e condi-
zionamento di abitazioni unifami-
liari, condomini, alberghi e edifici
pubblici, mentre quelli di maggiori
dimensioni sono utilizzati nei pro-
cessi produttivi industriali. Il ran-
ge delle prestazioni elettriche e
termiche può raggiungere anche
l’ordine di centinaia di kilowatt. I
principali vantaggi di queste tec-
nologie consistono in:
riduzione dei costi dell’energia
primaria;
utilizzo del calore in esubero;
riduzione delle perdite elettri-
che di trasporto e distribuzione;
riduzione dell’impatto ambien-
tale;
maggiore energia elettrica di-
sponibile.
Per progettare un’applicazione
medio piccola di questa tecnologia
è necessario raccogliere tutta una
serie di indicazioni inerenti la ti-
pologia dello stabile (abitazioni,
albergo, ospedale, industria, ecc.).
Quest’ultimo, prima di ogni altra
cosa ed a prescindere dalla sua
destinazione d’uso, deve avere
contemporaneamente la necessità
di approvvigionamento elettrico e
termico (riscaldamento e condi-
zionamento o calore e raffredda-
mento per la produzione) per al-
meno 3.000÷4.000 h/anno. Ecco
perché è necessaria un‘approfondita
analisi di fattibilità e una corretta
progettazione che tenga in consi-
derazione la valutazione delle ri-
chieste energetiche dell’utenza,
attraverso diagrammi di carico,
curve di durata, ecc. Il risultato del
progetto deve dare origine a un
dimensionamento ottimale degli
impianti e prevedere un piano ac-
curato per la gestione e la manu-
tenzione. Nel caso la progettazione
riguardi una centrale elettrica di
grandi dimensioni, è opportuno
che si preveda il suo insediamento
nel contesto di aree con forte pre-
senza industriale (interessate an-
che all’aliquota termica generata)
e che impieghi nel suo esercizio le
reti di teleriscaldamento che risul-
tano, però, complesse e costose. In
Italia un bell’esempio di centrale
elettrica di questo genere è stata
realizzata ad Imola dalla Hera che,
come vedremo in sintesi più in-
nanzi, fornisce utenze civili ed in-
dustriali. In ogni caso la soluzione
migliore sembra la µ-grids o Gene-
razione Distribuita che, al contra-
rio delle vecchie distribuzioni ad
anello, offre enormi vantaggi e
grandi risparmi. Gli ostacoli che si
oppongono alla diffusione di que-
sta tecnologia, specialmente nel
nostro Paese, sono molteplici:
Burocratici, autorizzazioni, in-
stradamento amministrativo,
scarsità d’iniziative nel settore
pubblico, quadro normativo
troppo complesso.
Culturali, diffidenza da parte di
utenti e progettisti dovuti a vec-
chi progetti falliti.
Economici, investimenti e costi
di manutenzione/gestione ele-
vati (difficoltà per utenze con
poche ore di utilizzo annuale
della potenza installata).
Tecnologici, per gli impianti di
piccola e media taglia, dove la
tecnologia è caratterizzata da
forti economie di scala (il costo
specifico degli impianti, in €/
kWe, cresce al diminuire della
potenza nominale, mentre l’effi-
cienza elettrica diminuisce).
Da qui nasce la necessità di guar-
dare alla micro-cogenerazione e di
investire, neanche a dirlo, in ricer-
ca e sviluppo su nuove tecnologie
come le Fuel Cell (pile a combusti-
bile che permettono di ottenere
elettricità direttamente da certe
sostanze, come l’idrogeno e l’ossi-
geno, senza che avvenga alcun
processo di combustione termica).
Il rendimento del ciclo termico
Per quanto riguarda la misura del
rendimento del ciclo di un impian-
to co-trigenerante, si deve fare ri-
ferimento, anzitutto, alla sua effi-
cienza termodinamica o rendi-
mento exergetico. In termodinami-
ca, è noto che l'exergia di un siste-
ma è la massima energia di prima
specie (meccanica, potenziale, ci-
netica...) che può essere estratta
BASI PER IL DISEGNO
Fig. 1, Challenger One, il nuovo cogeneratore della Agripower Division-Seko SpA
15. 1515
da tale sistema quando lo si porta
in equilibrio con l'ambiente di rife-
rimento. Nel caso di un gruppo co-
trigenerante, il rendimento exer-
getico equivale al rapporto tra l’e-
xergia prodotta dalla macchina
termica reversibile (Ex) e quella
del lavoro elettrico e termico
(caldo e/o freddo) fornito. Avremo
così, in estrema sintesi, lasciando
alla manualistica specifica i dovu-
ti approfondimenti, i rendimenti
caratteristici riportati in Tab. 2.
Altro parametro caratteristico, e
relativo specificatamente alla tri-
generazione, è il coefficiente per la
prestazione del ciclo frigorifero ad
assorbimento. Quest’idea di refri-
gerazione, realizzata dall’ingegne-
re francese Ferdinand Carrè nel
1858, si basa sull’utilizzo del calo-
re prodotto dallo scioglimento di
un soluto in un solvente che, cicli-
camente, è concentrato e diluito.
E LA PROGETTAZIONE
Fig. 2, Kolar Husky ha applicato ad Hong Kong, presso il Carbon Building CIC Zero, il primo sistema di trigenerazione biodiesel
a funzionamento continuo: 365/ 24.
Fig. 3 Ferdinand Carrè e, a destra, il
ciclo frigorifero da lui inventato nel
1858.
17. 1717
BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE
Ideale nelle applicazioni indu-
striali e in tutti quei casi in cui si
disponga di recuperi termici signi-
ficativi come, ad esempio, nella
cogenerazione. Le coppie di refri-
gerante/assorbente adoperate per
la trigenerazione sono:
acqua (gas frigorigeno) /bromuro di
litioper temperature fino a 4 °C;
ammoniaca (gas frigorigeno)/
acqua per temperature fino a -
60 °C.
In alcune applicazioni industriali,
può accadere che, se l'energia
meccanica necessaria alla produ-
zione elettrica proviene da un ge-
neratore a compressione di vapo-
re, per ottenere il ciclo frigorifero
ad assorbimento si attinge l'ener-
gia termica prodotta dal gruppo
pompe del vuoto, della soluzione e
del refrigerante. A questo punto è
necessario distinguere le compo-
nenti essenziali di un circuito fri-
gorifero ad assorbimento:
1. generatore (sorgente di calore
recuperato);
2. assorbitore;
3. separatore;
4. condensatore;
5. evaporatore;
6. scambiatoredicalorefralesoluzioni.
Il calcolo delle prestazioni di que-
sto tipo di circuito prevedono una
serie di passaggi che riassumiamo
nella Tab. 3.
Nelle prossime pubblicazioni esa-
mineremo approfonditamente le
tipologie di impianti in base al si-
stema di alimentazione del motore
primo, fornendo anche una serie
di riferimenti normalizzati per la
rappresentazione grafica proget-
tuale in 2D e alcuni esempi rap-
presentazione in 3D con progetta-
zione BIM.
20. 2020
N
on ci rendiamo conto
dell’importanza del no-
stro Made in Italy fin
quando non varchiamo
i confini patri. Così, alle prime luci
dell’alba di un lontanissimo mese
d’agosto, dopo un terribile viaggio
in autobus da Londra a Parigi, mi
sveglio, tutto ammaccato, dinanzi
al Parco della Villette e per un
istante provo un balzo al cuore…
Era l’agosto del 1992 e tornavo
dall’Inghilterra reduce di una
“vacanza” con pochi fondi e molti
stenti (all’epoca si faceva così). Già
nel viaggio di andata avevo fatto
tappa a Genova per l’EXPO del ma-
re, tutto progettato da Renzo Piano:
un vero spettacolo! Il Parco della
Villette illuminato dalle prime luci
del giorno a Parigi mi diede, però,
una gioia indescrivibile… Avevo
visto quel progetto su CASABELLA
alcuni anni prima, in occasione
della vittoria di Piano a quel con-
corso per la riqualificazione dell’a-
rea antistante l’aeroporto Charles
De Gaulle ed ora tutto era lì, vero e
tangibile: le promenades (vialetti e
passeggiate) tematiche, il sottoma-
rino, il palazzo della Scienza e del-
la Tecnica, i canali navigabili, il
verde, le fontane e i giochi per i
bambini; un lavoro dettagliatissi-
mo e collegato al territorio in ma-
niera magistrale… Ecco perché su-
bito dopo Carlo Scarpa vi propongo
la scoperta di un altro architetto
“emozionale”: Renzo Piano. Piano
opera con l’architettura e la tecno-
logia fondendole in opere piene di
leggerezza e in perfetta armonia
con il territorio che le ospita. Pro-
gettazioni frutto di una fusione
organica con contenuti di alta tec-
nologia e funzionalità, divenute
oggi veri paradigmi compositivi e
che si basano, a seconda dei casi,
su una o più delle cinque portanti
tematiche della sua poetica pro-
gettuale:
il rapporto tra dettaglio, organi-
smo e sistema edilizio;
il problema di abitazione e città;
il rapporto tra architettura e na-
tura;
il progetto urbano;
il disegno industriale.
La poetica di Piano ha anche una
valenza morale: l’architettura è
un’arte pubblica in cui il rapporto
tra etica ed estetica si traduce an-
che nell’idea, apparentemente folle
e rivoluzionaria, che il mondo si
può veramente cambiare a partire
dagli edifici. Renzo Piano si è lau-
reato nel 1964, presso la facoltà di
architettura del Politecnico di Mi-
lano. Ha vissuto gli
anni di università veri-
ficando con la pratica
di cantiere quanto ap-
prendeva dai corsi, sia
attraverso l’impresa di
costruzioni paterna a
Genova, sia a Milano,
sotto la guida di Fran-
co Albini, ove vive l’e-
sperienza delle prime
ribellioni universitarie
degli anni ‘60. Tra il
1965 e il 1970, interval-
la i primi lavori speri-
mentali con il fratello
Ermanno a numerosi
viaggi di ricerca e di
scoperta e, così, dai
primi anni ’70 Piano
comincia a tessere
una fitta rete, fatta di
collaborazioni e rap-
porti con numerosi
architetti e ingegneri
associati alla sua note-
vole attività internazionale, che lo
fanno conoscere ed apprezzare per
le sue idee di alto valore progettua-
le caratterizzate: ora dalla partico-
lare sensibilità rivolta al recupero
e alla valorizzazione di centri sto-
rici; ora alla passione con cui con-
duce studi sulla tecnologia dei ma-
teriali e dei processi costruttivi
con forme innovative; ora all’atten-
zione per l'architettura di strutture
provvisorie per poi passare a com-
plessi di grandi dimensioni. Solo
per citare qualche nome legato a
questa fase che avrà grande in-
fluenza sul suo lavoro, l’amico e
maestro J. Prouvé; dal 1971 colla-
bora con R. Rogers (Piano & Ro-
gers), dal 1977 con P. Rice (Atelier
Piano & Rice) e dal 1980 con R. Fi-
tzgerald a Houston; a Genova lavo-
ra con S. Ishida come architetto
associato, F. Marano ingegnere
associato e A. Giordano coordina-
DESIGNER
Renzo Piano
di Salvio Giglio
22. 2222
DESIGNER
tore generale; a Parigi con B. Platt-
ner e P. Vincent architetti associa-
ti. in Gran Bretagna, ove conosce
Z. S. Makowsky a Londra e negli
Stati Uniti a Filadelfia ove conosce
L. I. Kahn. Un vero melting pot di
gente ed idee innovative e un pe-
riodo meraviglioso che ha rappre-
sentato il suo incipit professiona-
le arricchendolo di conoscenze ed
esperienze uniche che lo renderan-
no un personaggio da “villaggio glo-
bale” già quarant’anni fa. Piano ha
sempre sentito la necessità di co-
municare l’architettura anche at-
traverso la didattica e così è visi-
ting professor alla Columbia Uni-
versity di New York, alla facoltà di
Architettura di Oslo, al Central
London Polytechnic e alla Archi-
tectural Association School di
Londra. Tra le opere di maggiore
rilievo, su scala nazionale e inter-
nazionale, vanno ricordati: padi-
glioni per la Triennale di Milano
(1966) e per l'Esposizione di Osaka
(1970); laboratorio elettromeccani-
co PAT a Cambridge (1976); Centre
G. Pompidou (1971-77) e amplia-
mento dell'Institut de recherche et
coordination acoustique/musique
(IRCAM) a Parigi, completato con
la torre realizzata nel 1989; proget-
to UNESCO di riabilitazione con
laboratorio di quartiere sperimen-
tale a Otranto (1978); laboratorio di
1) Parc de la Villette a Parigi; 2) Il Bigo panoramico a Genova; 3) Parigi, Centre Georges Pompidou; 4) Museo delle Scienze di
San Francisco; 5) Auditorium Parco della Musica, Roma; 6) Vulcano buono Nola (NA); 7) Uffici RPBW di Genova.
23. 2323
R’s STORY
EXPO di Genova La bolla tecnologica, dettaglio
quartiere (Japigia, 1980) a Bari;
Menil Collection a Houston, Texas
(1981-83); centro commerciale di
Bércy, Parigi (1986-90); strutture
per le celebrazioni colombiane a
Genova (recupero dei Magazzini
del cotone e del Deposito Franco,
realizzazione del Grande Bigo,
dell'Acquario e altri fabbricati mi-
nori, 1986-92); stadio San Nicola a
Bari (1988-89); aeroporto di Kinsai
nella Baia di Osaka (1988-94); ri-
strutturazione a uso pubblico dello
stabilimento del Lingotto a Torino
(1991-94). Dal 1985, è attivo il Ren-
zo Piano building workshop che
ha sedi a Parigi e Genova. Tra le
altre opere si ricordano: il Centro
culturale J.-M. Tjibaou, Nouméa
(1991-98); la Torre Debis e il Centro
Stile della Daimler Benz, Berlino
(1992-2000); l'Auditorium di Roma
(1994-2000); gli uffici e il centro
congressi della Cité Internationale,
Lione (1995); il Museo della Scien-
za e della Tecnica, Amsterdam
(1997); il completamento e la siste-
mazione del Porto antico, Genova
(1999); la ristrutturazione del Cen-
tre G. Pompidou, Parigi (2000). Tra
gli altri progetti realizzati agli ini-
zi del Duemila si segnalano: il con-
vento dei Frati minori cappuccini,
a San Giovanni Rotondo (1991-
2004); il Museo Paul Klee a Berna
(1999-2005); la ristrutturazione
della Morgan Library a New York
(2000-06); la nuova sede del New
York Times a New York (2007); il
Vulcano Buono, centro commer-
ciale a Nola, Napoli (2007); il City
Tech Tower, il grattacielo più alto
di Brooklyn a New York (2007); la
California Academy of Sciences a
San Francisco (2008), nuova strut-
tura museale costruita secondo i
criteri della sostenibilità ambien-
tale; lo Shard, il grattacielo più alto
d'Europa, a Londra (2009-2012); il
nuovo Tjuvholmen Art Museum di
Oslo, inaugurato nel 2012; il nuovo
Auditorium dell'Aquila, anch'esso
ultimato nel 2012; il Muse, nuovo
Museo della Scienza di Trento,
inaugurato nel 2013. Delle mostre
dedicate alla sua attività sono de-
gne di nota: Out of the blue (Kunst-
und Ausstellungshalle, Bonn e Vil-
la Pignatelli, Napoli, 1997; MA Gal-
lery, Tokyo, 1998); Renzo Piano:
Architekturen des Lebens (Neue
Nationalgalerie, Berlino, 2000); In-
stallazione7 (Biennale di Architet-
tura, Venezia, 2000); Renzo Piano
building workshop. Le città visibili
(Triennale di Milano, 2007).
Tra i numerosi riconoscimenti in-
ternazionali ottenuti si ricordano:
il Pritzker Prize (1998) e il Wexner
Prize (2001); la medaglia d'oro dal
RIBA (Royal Institute of British
Architects) di Londra (1989) e il
premio speciale della Cultura 1992
della Presidenza del Consiglio dei
Ministri per il settore Architettura
in Italia. È stato anche insignito
dei titoli di Architetto dell'Accade-
mia di San Luca (1999) e di Officier
de l'Ordre national de la légion
d'honneur (2000). Nel 2008, ha ot-
tenuto la medaglia d'oro dell'AIA
(American institute of architets).
25. 2525
INTERVISTA
Giuseppe Vizziello
C
ome e quando ti sei co-
nosciuto con Bart Ai-
mar?
Nel 2002 sono arrivato,
quasi per caso, sul canale IRC
#openoffcie.org-it e lì ho cono-
sciuto Davide Pesenti (mrjive). In
quel canale siamo rimasti solo in
due per qualche settimana, poi si è
aggiunto Enrico Nardi (Peo) e di lì
a poco il canale si è popolato. Sia-
mo riusciti persino ad incontrarci
tutti a Bologna nel 2004. Si discu-
teva di OpenOffice.org ma anche
di tutto il resto, Software Libero e
non. In quel periodo ho imparato
moltissimo e non ho ancora smes-
so. OpenOffice.org era agli albori e
ricordo di aver installato la versio-
ne 0.8 per provare a sostituire Sta-
roffice 5.2. Mrjive conosceva Bart
di persona ed in qualche modo è
riuscito a portalo in chat verso la
metà del 2004. Il mio primo con-
tatto con Bart di cui ho traccia ri-
sale al novembre 2004.
Come è nata la collaborazione per
ULTIMUS?
E' stato tutto spontaneo. Intanto
conoscevo già Ultimus. Lo avevo
trovato nel Web e, ovviamente, ne
ero interessato. Bart ci lavorava
già da circa tre anni ed abbiamo
avuto subito un fitto scambio di
informazioni, fino a quando la
chat non mi è più bastata e gli ho
telefonato. Nonostante la facilità
che Internet offre nel relazionarsi
con gli altri, ad un certo punto pre-
ferisco il contatto diretto. Da subi-
to ho capito che gli serviva qual-
cuno che testasse sul campo il suo
applicativo, mentre a me serviva
un'alternativa valida ai program-
mi commerciali, visto che stavo
provando a lavorare esclusiva-
mente con il Software Libero. Le
nostre esigenze si sono incrociate
ed, in qualche modo ci completa-
vamo, dato che lui aveva una vi-
sione da direttore dei lavori, io,
invece, lavorando per conto di
un'impresa, ho un punto di vista
complementare.
Quali sono i punti di forza di ULTI-
MUS rispetto agli altri software
della stessa fascia non free?
Fin da quando ho iniziato ad usare
il PC (quando un mouse costava
300 mila Lire) ho sempre cercato
di fargli fare quello che decidevo
io: non me ne sono mai servito
Non ama parlare molto di sè. Ascolta musica punk. E’ un guru dell’Open Source. Stacanovista,
passa intere notti a progettare e programmare. Ha un sense of humor tutto meridionale. Giu-
seppe è stato tra i primissimi amici della nostra Community e ancora contribuisce con i suoi
post sugli sviluppi di LeenO, il FOSS creato da Bart Aimar. Il contributo di Giuseppe a LeenO è
notevolissimo e lo ha reso un bel programma che realmente può facilitare il lavoro di chi si oc-
cupa di computi metrici.
di Salvio Giglio
27. 2727
RVISTA
passivamente. Ultimus, oltre a ri-
spettare in pieno i concetti etici di
libertà di utilizzo del software, of-
fre un ampio margine di manovra-
bilità e di personalizzazione. Ere-
dita le caratteristiche di LibreOffi-
ce ed ovviamente, integrandosi
con questo, permette di sfruttarne
tutte le potenzialità. E' scalabile e
offre delle altissime possibilità di
sviluppo.
In che direzione intendi sviluppa-
re ULTIMUS, prevedi una sua inte-
grazione "globale" anche con pro-
grammi BIM e di modellazione 3D
che incorporano alcune funzioni
di Stima Costi?
Ho intenzione di semplificare l'u-
tilizzo di Ultimus. Ciò che per Bart
era un prodotto sufficientemente
maturo, per me è diventato un
buon punto di partenza per ulte-
riori sviluppi. Al momento ritengo
che la parte dedicata alla progetta-
zione, quindi alla produzione di
computo metrico e degli elaborati
necessari alla preparazione
dell'appalto di lavori, può conside-
rarsi utilizzabile con efficienza e
con discreta facilità. Pecca un po'
nella gestione degli appalti in fase
di esecuzione lavori ma Bart ha
realizzato un buon prodotto e per
me non dovrebbe essere complica-
to farlo crescere a dovere. Proprio
in questi giorni ho iniziato a rias-
semblare il modulo della contabili-
tà. Per ora il mio intento è quello di
rendere più funzionali e di uso in-
tuitivo, per quanto possibile per un
software così specialistico, le ca-
ratteristiche già presenti, anche se
non disdegno di implementare
subito nuovi comandi che doves-
sero diventare indispensabili per
esigenze contingenti. Da qualche
versione in qua, OpenOffice gli
crea alcuni problemi con la visua-
lizzazione della toolbar di menù e
nel riconoscimento di alcune ta-
belle. Problemi in realtà risolvibili
e sui quali ho iniziato a lavorare;
conservare e migliorare la compa-
tibilità con OpenOffice è un altro
degli obiettivi. Ultimus, essendo
integrato in LibreOffice, si propone
anche come alternativa multipiat-
taforma. Al momento l'interazione
con un CAD la vedo lontana ma
non impraticabile. Con Alberto
Vallortigara abbiamo fatto anche
qualche prova di interfacciamento
assistito con AutoCAD ottenendo
buoni risultati ma per adesso non
è una priorità. Certo, sarebbe più
interessante interfacciare LeenO
con software altrettanto liberi...
Cosa hai provato quando hai co-
minciato il ciclo di lezioni su Lee-
nO a Milano?
Panico! A parte gli scherzi, non
avevo mai parlato in pubblico, se
per pubblico intendiamo anche
solo una dozzina di persone alla
volta. Ho provato un grande senso
di responsabilità ma anche di rico-
noscenza verso Bart che aveva
preparato tutto e mi aveva sprona-
to a proseguire al posto suo fino
all'ultimo momento. E quando lui
non c'è stato più si sono fatti
avanti i suoi familiari e Davide Pe-
senti con l'intento che tutto il la-
voro prodotto da Bart non fosse
abbandonato in un PC che nessu-
no avrebbe più utilizzato.
L'esperienza di Milano ha contri-
buito ad affinare la programmazio-
ne di LeenO?
Non avevo mai scritto una riga in
Basic. Ho passato le prime setti-
mane a lavorare al manuale rior-
ganizzandolo e studiandolo allo
stesso tempo. Avrò cominciato a
lavorare sul codice intorno agli
inizi dello scorso novembre ed ho
pubblicato la mia prima versione
di Ultimus il giorno 20 dello stesso
mese. Prima non avevo la minima
idea di come si producesse un'e-
stensione OXT per LibreOffice/
OpenOffice. I corsi tenuti alla Pro-
vincia di Milano hanno avuto ini-
zio a metà di gennaio e per LeenO
(già Ultimus) è stato un bel banco
di prova. Ho fatto tesoro delle esi-
genze dei corsisti e, quando è stato
possibile, ho addirittura apportato
delle correzioni al codice durante
le lezioni, presentando così anche
il concetto di Open Source. La mia
momentanea riluttanza ad imple-
mentare nuove funzionalità è sca-
turita proprio dagli incontri di Mi-
lano: è preferibile migliorare il co-
dice già presente piuttosto che
aggiungerne altro. Tra l'altro, il
motto è diventato: “Se non lo fa lo
farà!” E, per quanto possibile in
termini di tempo a mia disposizio-
ne, sto producendo e procedendo
in tal senso.
Dal momento che sei un convinto
sostenitore del FOSS pensi che il
nostro Paese riuscirà ad adottarlo
per la PA alla luce delle recentissi-
me spending reviews?
A Milano LeenO è stato valutato in
adesione alle disposizioni in ma-
teria di Codice dell'Amministra-
zione Digitale che impone, prima
di ogni acquisto di software, di va-
lutare il Software Libero disponibi-
le. Se il C.A.D. sarà rispettato dalle
amministrazioni, potrebbe essere
sovvertito il concetto di software
“alternativo” intendendo per alter-
nativo quello chiuso e a pagamen-
to. Al di là dei concetti di revisione
della spesa pubblica, personal-
mente propenderei per il Software
Libero ed Open Source per i motivi
già accennati. E qui mi limito a
citare solo la prima delle quattro
libertà che il FOSS offre: “Libertà 0:
Libertà di eseguire il programma
per qualsiasi scopo”. Questo è già
sufficiente. Certo, sarebbe bello
sentir parlare di FOSS finanziato
dallo Stato: piuttosto che spendere
soldi per l'acquisto di licenze com-
merciali, sarebbe stato meglio for-
mare gli impiegati con un cospi-
cuo risparmio di danaro, perché
no, da dedicare anche allo svilup-
po del FOSS. Ne risulterebbe addi-
rittura una migliore preparazione
degli impiegati nella Pubblica Am-
29. 2929
RVISTA
ministrazione
Chi fa parte del Team di sviluppo
di LeenO? Ci sono aneddoti diver-
tenti legati allo sviluppo di questo
progetto?
LeenO è un progetto gestito da vo-
lontari e ad oggi solo io mi occupo
dello sviluppo. Davide Pesenti ge-
stisce il sito web e mi incoraggia a
proseguire nei momenti di diffi-
coltà. Il team è tutto qui. Poi ci so-
no validi supporti esterni come A.
Vallortigara che testa l'applicativo
e fornisce validi suggerimenti, ol-
tre a convertire alcuni prezzari.
Voglio considerare facente parte
del team di LeenO chiunque abbia
voglia di usare il programma e di
inviarmi regolarmente feedback di
test e consigli. Chiunque si riten-
ga in grado di dare una mano o di
convertire prezzari è il benvenuto.
Quanto è servito G+ per sviluppare
e far conoscere questo progetto
Open?
Su G+ ho aperto una Community
dedicata a LeenO che fa da eco al
sito leeno.org. Offre un ulteriore
mezzo divulgativo e permette di
far incontrare gente con interessi
comuni. Grazie a G+ ho conosciuto
Alberto Vallortigara che fa da te-
ster, Fabrizio Pieri mi ha offerto
spazio su forum.openoikos.com e
Salvio Giglio che fa da “diffusore”,
giusto per fare qualche nome.
Trovo supporto, ovviamente, nella
Community di LibreItalia, in cui
mi confronto direttamente con
persone che sono molto vicine allo
sviluppo di LibreOffice. Piano pia-
no sto prendendo contatto anche
con coloro che collaboravano con
Bart. Insomma, G+ sta facendo la
sua parte.
Oltre a LeenO hai un progetto soft-
ware che ti piacerebbe sviluppare?
Ho sempre avuto la passione per la
programmazione. Ho iniziato fin
dal primo approccio al PC con l'e-
diting di procedure batch sotto
DOS più o meno complesse. Ho
sperimentato, da autodidatta, il
FRED, un linguaggio di program-
mazione per FrameWork (office
suite di Ashton-Tate) e avvicinan-
domi ad AutoCAD ho subito inizia-
to a programmare con AutoLISP
realizzando, con il passare del
tempo, alcuni applicativi che mi
facilitano il lavoro di rilevatore
architettonico e disegnatore. Un
paio di anni fa ho prodotto anche
qualcosa con GDL per ArchiCAD.
Non ho, al momento, idee partico-
lari. Sono spesso spinto da contin-
genze che mi si presentano per un
motivo o per un altro. In realtà
un'idea c'è: vorrei riscrivere LeenO
in Python.
Se dovessi consigliare un ragazzo
che si affaccia oggi sul mondo del-
la programmazione e della proget-
tazione cosa gli suggeriresti di fa-
re e di non fare?
Quando ho iniziato, in Italia il Free
Software era un'esclusiva a dispo-
sizione di pochissimi tecnici di
settore (forse). Ormai da qualche
anno, grazie all'ampia eco offerta
da Internet, il movimento del Free
Software sì è molto diffuso. Ci so-
no abbondanti potenzialità di svi-
luppo del Software Libero perché
ci sono ancora pochi programmi
davvero specialistici. Ad esempio
non ho ancora trovato un software
CAD Libero che sia davvero capace
di proporsi come alternativa ai
software prodotti dalle grandi case
software. Secondo me è un merca-
to tutt'altro che chiuso. Certo, tro-
vare qualcuno che paghi uno sti-
pendio per produrre Free Software
non è facile ma investire il proprio
tempo per creare qualcosa di utile
a molti può portare vantaggi ina-
spettati.
Tre parole sulla Community
"AutoCAD Rhino e SketchUp desi-
gner" che hai contribuito a fondare
su G+
Ho contribuito a fondare? Non me
ne sono accorto. Anche in questo
caso è successo un po' per caso e
con grande naturalezza: interessi
comuni e voglia di confrontarsi e
condividere liberamente. Ci trovo
parecchio materiale interessante,
musica compresa. La Community
"AutoCAD Rhino e SketchUp desi-
gner" per me è un po' l'habitat na-
turale. Direi che interesse, condi-
visione e libertà ci stanno bene.
Aggiungo amicizia.
31. 3131
MUSICA
I
l Mariachi è uno dei simboli
più famosi del Messico. Il ter-
mine, che identifica i suona-
tori e la loro musica, dalle ori-
gini antiche e non ancora ben de-
finite, secondo alcune leggende
p o t r e b b e r i f e r i r s i a l
“marriage” (matrimonio in france-
se), secondo altre, invece, è riferito
al nome con cui si venerava la Ma-
donna “Maria H” (o Maria Ah-cei);
tuttavia, secondo la tesi più accre-
ditata, la parola “mariachi” deriva
da una tribù indigena localizzata
nel Messico occidentale, nell’o-
dierna regione di Jalisco.
Facciamo un salto indietro di cin-
que secoli, quando gli spagnoli di
Hernan Cortèz invadono l’odierno
Messico. I nativi, adusi a strumenti
a fiato e a percussione, conoscono
gli strumenti a corda europei, tra
cui arpa e vihuela, e imparano a
suonarli incorporandoli, poi, nella
loro tradizione musicale. La musi-
ca mariachi nasce così dalla fusio-
ne di stili musicali sviluppati nel
corso degli anni negli altipiani del
Messico centro-occidentale, in
particolare negli stati di Jalisco,
Colima, Nayarit e Michoacán. Il
nuovo genere musicale, figlio delle
sonorità native e dell’influenza
spagnola, si evolve nel tempo e,
nel XIX secolo, il Mariachi si affer-
ma come musica da ballo festosa.
L'avvento della radio e delle regi-
strazioni discografiche sono alla
base della sua grandissima diffu-
sione mondiale; intorno al 1930 è
ormai ben definita la sua sonorità
tipica, dovuta all'adozione di violi-
ni e trombe in aggiunta alla chitar-
ra, alla vihuela e al "guitarròn".
La musica mariachi è una compo-
nente essenziale che accompagna
i messicani durante i momenti più
importanti della loro vita, dalla
nascita alla morte; non è insolito
lasciare una lista di canzoni prefe-
rite da cantare accanto alla tomba
al momento della sepoltura. Il Ma-
riachi viene accolto anche nella
liturgia della Chiesa Cattolica; na-
sce infatti la Misa Panamericana,
una Messa folk che, in spagnolo e
con gli strumenti tradizionali, in-
terpreta le varie parti della Messa
Romana: Angelus, Kyrie, Gloria,
Alleluia, Offertorio, Credo, Sanctus
e Agnus Dei. Le canzoni dei maria-
chi, allegre o tragiche, sono sem-
pre coinvolgenti poiché esprimono
le forti emozioni derivanti dalla
vasta gamma delle vicende uma-
ne, l'amore, il tradimento, la morte,
la rivoluzione, il patriottismo. Nel
2011, la musica mariachi è stata
riconosciuta come parte del Patri-
monio Culturale Immateriale
dell'Umanità poiché "... trasmette
valori che promuovono il rispetto
per l'eredità culturale del Messico
regionale e della storia locale, sia
che sia cantata in lingua spagnola,
sia che sia cantata nelle lingue
indigene presenti nelle aree occi-
dentali del Paese". Moltissima mu-
sica mariachi è direttamente frui-
bile, sia in videoclip sia in WEB-
Radio, a questo indirizzo:
w w w . m a r i a c h i . c o m . m x /
radiomariachi.html
Alcuni dei brani più famosi:
Cielito Lindo, La malagueña, Guada-
lajara, Alma llanera, Cucurrucucu
Paloma, La madrugada.
di Nicola Amalfitano
Mariachi, musica dal Messico
33. 3333
NEW HARDWARE FOR CAD
P
rima di inoltrarci in argo-
mentazioni tecniche,
sento la necessità di rin-
graziare indirettamente
Milena Gabanelli, e il suo Team,
per l’enorme lavoro giornalistico, il
profondo senso etico e il grandis-
simo impegno civile spesi per la
realizzazione della sua trasmissio-
ne Report. Di grande ispirazione
per questo articolo è stata la pun-
tata del 26 maggio 2014 in cui sono
state presentate, col classico stile
asciutto che non regala compli-
menti a nessuno, alcune realtà
tecnologiche italiane che possono
rappresentare nel loro complesso
una soluzione valida e concreta
per tentare di uscire dal tunnel
della crisi economica in cui si è
ficcato il nostro Paese. Highlights
della puntata due servizi: “La gran-
de ricchezza” di Michele Buono e
“Il grande fratellino” di Paolo Mon-
dani. Da quest’ultimo poi emergo-
no, con una certa entusiastica for-
za innovatrice, tre protagonisti
della
#nuovarivoluzioneindustriale
(stupendo hashtag scelto dalla re-
dazione di Report): Arduino, le
stampanti 3D e i droni. Una punta-
ta talmente interessante che, alla
fine, ho avuto la sensazione di
aver assistito ad una bella lezione
universitaria e, per giunta, fatta
proprio da un prof. che ammiro di
più… Vi dico solo che per
“metabolizzare” quanto ho visto e
organizzare gli appunti presi du-
rante i servizi è servita una setti-
mana di lavoro piena! La notte
stessa, dopo la trasmissione, non
riuscivo a dormire e pensavo che,
magicamente, tutto ciò si allaccia-
va perfettamente a quel che avevo
scritto qualche giorno prima nel
mio editoriale di questo numero e
gli stava fornendo una risposta,
una soluzione alternativa molto
positiva ed incoraggiante. Tutto
ciò rafforzava, ulteriormente, la
mia idea di trattare su CADZINE
questi argomenti coll’intento di
offrire alla nostra Community
qualcosa di interessante, bello e
anche spendibile lavorativamente.
A questo punto la stampa 3D mi
appare come un’occasione, imme-
diatamente a portata di mano, per
prendere i classici due piccioni
con una fava: parlare di Arduino e
di Salvio Giglio
Report, la Gabanelli, Arduino e le
stampanti 3D
34. 3434
della stampa 3D in un sol colpo dal
momento che queste nuove perife-
riche necessitano di un equipag-
giamento elettronico proprio come
le schede prodotte da Arduino. Ec-
co perché ho deciso di parlare e
analizzare in ogni dettaglio, insie-
me a chi avrà la pazienza di se-
guirmi in questo ciclo di articoli, il
progetto Open Source RepRap
Mendel.
Qualche parola sulla RepRap Men-
del
Fu un ingegnere e matematico in-
glese, Adrian Bowyer, a creare il
Replicating Rapid-prototyper
(prototipatore rapido replicante)
per gli amici, più semplicemente,
RepRap. Da quel momento RepRap
è diventato un marchio ed un sino-
nimo di stampa 3D, offrendo tan-
tissimi progetti Open Source da
realizzare al solo costo del mate-
riale per costruire la stampante. La
Mendel è tra le stampanti da co-
struire più economiche (circa 450
€) e lo è anche in termini di manu-
tenzione e per il costo della mate-
ria prima per la stampa oltre che
per il consumo di elettricità. Ap-
partiene alla famiglia di stampanti
3D FFF (Fused Filament Fabrica-
tion) / o estrusione termoplastica
che depositano strati di materiale
plastico in sequenza, fuso o am-
morbidito uno sull'altro (come
l’ABS o il PLA). Nella Tab. 1 a pagi-
na 42 sono riportate le principali
caratteristiche costruttive della
Mendel.
Organizzazione degli articoli
Per organizzare meglio il lavoro ho
deciso di suddividere la nostra
“esplorazione” in una serie di
“layer”, proprio come in una classi-
ca progettazione CAD. Ho anzitutto
distinto due categorie principali,
Hardware e Software, ulteriormen-
te suddivise in due cicli di articoli:
HARDWARE (I CICLO)
1.Equipaggiamento elettronico
I controllers;
I drivers motori.
2. Allestimento elettromeccanico
I motori passo passo ed i rela-
tivi finecorsa;
i resistori della testina di
stampa e del piatto termico
con i relativi termistori.
3. Allestimento meccanico
Gli assi motore (X, Y, Z) e la
trasmissione del moto;
il telaio ed i suoi componenti.
SOFTWARE (II CICLO)
1. Strumenti per il CAD
Il software per la stampa 3D;
i tipi di files per le stampanti
3D.
2. Strumenti per il CAM
Il software per il CAM (3D Sli-
cer, Generatore Gcode, Inter-
prete Gcode);
i Tipi di files per il CAM.
3. Firmware
Interprete Gcode;
Software;
Tipi di files.
La mia speranza per questo lavoro
è che organizzando in tal modo la
sequenza dei miei articoli unita-
mente alla vostra frequentazione
al sito del progetto RepRap
reprap.org/wiki/RepRap/it
si raggiungano i risultati sperati
contribuendo a farvi acquisire i
concetti e le tecniche utili per la
comprensione delle modalità di
funzionamento, o l’eventuale co-
struzione, della vostra stampante
3D... Però, poi, se fate pasticci nel co-
struirlanonprendetevelaconme!
NEW HARDWA
N
ato nel 1952 a Londra, Adrian è il primo figlio
dei coniugi Rosemary e John Bowyer. Dopo
aver frequentato la Woodroffe School, il Lyme
Regis e l’Imperial College di Londra ove si lau-
rea in Ingegneria Meccanica, nel 1977 entra a far parte del
Dipartimento di Matematica presso l'Università di Bath
poco dopo aver ricevuto il dottorato presso l'Imperial Col-
lege di Londra per la ricerca sull'attrito indotto dalle vi-
brazioni. Tra le svariate attività svolte nel Dipartimento di
Matematica scopre, insieme a David Watson, l'algoritmo
per il calcolo dei diagrammi di Voronoi che porta il loro
nome (l'algoritmo Bowyer - Watson ). Dopo circa quattro
lustri trascorsi nel Dipartimento di Matematica passa al
Dipartimento di Ingegneria Meccanica dello stesso Ate-
neo. Nel 2005, sviluppa il progetto di una stampante 3D
chiamata RepRap (prototipatore rapido). Nel 2012, si ritira
dalla vita accademica mantenendo la carica di direttore
della società RepRap professional Ltd. Bowyer è sposato
con una maestra in pensione da cui ha avuto una figlia.
Adrian Bowyer
35. 3535
WARE FOR CAD
L’organigramma per la gerarchia degli argomenti inerenti la struttura hardware della RepRap Mendel e i relativi argomenti
trattati nel primo ciclo di puntate.
L’organigramma per la gerarchia degli argomenti inerenti la struttura software della RepRap Mendel e i relativi argomenti
trattati nel secondo ciclo di puntate.
Stampa 3D, piano editoriale
37. 3737
NEW HARDWARE FOR CAD
C
i occuperemo in questa
puntata del controller,
che equipaggia la Men-
del, cercando di fare del-
le generalizzazioni in modo da po-
ter spaziare, quanto più possibile,
sulle configurazioni hardware del-
la periferica.
Cosa è un MCU
Il cuore di una qualunque periferi-
ca del PC, tra cui anche una 3D
printer, è il suo controller, cioè
quella scheda elettronica su cui è
allocato un MCU (Micro Controller
Unit) o microntrollore che ha il
compito di farla funzionare perfet-
tamente. Gli MCU, dispositivi elet-
tronici integrati su singolo chip,
sono nati come evoluzione alter-
nativa ai microprocessori dei PC e
sono utilizzati, generalmente, per
applicazioni specifiche in sistemi
embedded ovvero ove è necessario
un controllo digitale dei processi.
L’MCU è progettato per interagire
direttamente con il mondo esterno
tramite un programma residente
(una sorta di BIOS) nella propria
memoria interna, chiamato Firmware,
e mediante l'uso di pin specializ-
zati o configurabili tramite pro-
grammazione con software spe-
ciali chiamati compilatori. Gli
MCU sono disponibili in 3 fasce di
capacità elaborativa (in base
all’ampiezza del bus dati): 8, 16 e
32 bit. In un recente passato, nella
maggior parte delle realizzazioni,
gli MCU “parlavano” il linguaggio
assembly CISC (complex instruc-
tion set computer, set d’istruzioni
in grado di eseguire operazioni
complesse) con architettura hard-
ware, tipo von Neumann, che pre-
vede la condivisione di dati e
istruzioni del firmware nello stes-
so spazio di memoria. In tempi più
recenti, è stata elaborata una nuo-
va filosofia per il linguaggio
firmware destinato a questi pro-
cessori: il RISC (reduced instruc-
tion set computer, set d’istruzioni
ridotto per computer) che, avendo
snellito enormemente il codice e
semplificato routines ed istruzio-
ni, permette una velocità di elabo-
razione ed un resa in esecuzione
estremamente performanti. Ciò è
stato reso possibile grazie all’ado-
zione di compilatori moderni, co-
me quelli contenuti nella GCC
(GNU Compiler Collection, in origi-
ne GNU C Compiler). Un GCC scari-
II puntata
di Salvio Giglio
Gli MCU e il controller di una stampante 3D
Il controller della RepRap Mendel Prusa
38. 3838
NEW HARDW
cato dal sito della Fondazione
(gcc.gnu.org) è un compilatore
multi-target che dispone di va-
ri front-end per altri linguaggi
quali: Java, C++, Objective, For-
tran e Ada più vari back-end che
sono in grado di generare linguag-
gi macchina per mol-
te architetture hardware. I proces-
sori di tipo RISC si basano su
un’architettura hardware di tipo
Harvard in cui i dati e le istruzio-
ni del programma sono allocati in
spazi di memoria distinti. In alcu-
ne esecuzioni, particolarmente
complesse e destinate ad applica-
zioni specifiche, il processore
RISC è separato dal processore
CORE. L'ampia gamma di funzioni
di comando e controllo disponibili,
sia analogiche che digitali integra-
te sullo stesso chip, permette l'im-
piego delle MCU in sostituzione
delle schede elettroniche cablate
tradizionali ben più complesse e
costose. Per i microcontrollori
sono inoltre pubblicati siste-
mi di sviluppo amatoriali e
professionali anche in moda-
lità open source.
Qualche parola su Arduino
Faremo spesso riferimento ad Ar-
duino in questi articoli e sento la
necessità di aggiungere una de-
scrizione sintetica su questo pro-
dotto tutto italiano destinato a
creare una vera e propria nuova
rivoluzione industriale… pur aven-
do dimensioni estremamente ri-
dotte! Si tratta di un circuito stam-
pato su cui è integrato un micro-
controllore a 8-bit AVR prodotto
dalla Atmel della serie megaAVR
(equipaggianti i modelli ATmega8,
ATmega168, ATmega328, ATme-
ga1280 e ATmega2560) con: pin
connessi alle porte I/O; un oscilla-
tore a cristallo a 16 MHz che fa da
clock; un'interfaccia USB che per-
mette la comunicazione con un
computer; un regolatore di tensio-
ne lineare a 5V e componenti com-
plementari per facilitarne l'incor-
porazione in altri circuiti. Nel cor-
so dei nostri appuntamenti, trove-
remo spesso un altro acronimo
associato al controller Arduino:
RAMPS che salta fuori da: RepRap
Arduino Mega Pololu Shield (dove
Pololu è il nome di un costruttore
di componenti elettronici per la
robotica e Shield è il nome in ger-
go che si da ad una scheda appli-
cativa di espansione o plug-in).
Con RAMPS si fa riferimento ad
una tipologia di controller proget-
tato per ospitare tutta l’elettronica
necessaria alla costruzione di una
RepRap come, ad esempio, i chips
dei driver per i motori passo passo
e l’elettronica di controllo neces-
saria per gestire un estrusore. La
logica modulare di RAMPS preve-
de una scheda principale a cui si
possono aggiungere, in base alle
proprie esigenze, un certo numero
di shields di espansione specifici
come, ad esempio, un Arduino
Ethernet Shield W5100 che per-
mette il controllo della stampante
in remoto via web. A questo hard-
ware viene affiancato un ambiente
di sviluppo integrato (IDE) multi-
piattaforma (per Linux, Apple Ma-
cintosh e Windows). Questo soft-
ware permette anche ai novizi di
scrivere programmi con un lin-
guaggio semplice e intuitivo, deri-
vato da C e C++, chiamato Wiring,
liberamente scaricabile e modifi-
Tab. 1: Informazioni tecniche e costi di massima della RepRap Mendel (Fonte reprap.org/wiki/Mendel/it)
39. 3939
WARE FOR CAD
cabile. Arduino può essere utiliz-
zato per lo sviluppo di oggetti inte-
rattivi stand-alone e può anche
interagire, tramite collegamento,
con software residenti su compu-
ter, come Adobe Flash, Processing,
Max/MSP, Pure Data, SuperColli-
der. Arduino è nato con lo scopo di
realizzare velocemente prototipi
hobbistici e didattici. Le applica-
zioni del controller sono tantissi-
me e quotidianamente se ne speri-
mentano di nuove. Il motivo di
questo successo è la semplicità di
uso, la modularità e la grande pos-
sibilità di espansione. È fornito
insieme ad un semplice ambiente
di sviluppo integrato per la pro-
grammazione. Tutto il software a
corredo è libero e gli schemi cir-
cuitali sono distribuiti come hard-
ware libero. Arduino IDE è un'ap-
plicazione multipiattaforma scritt
a in Java ed è derivata dall'IDE
creato per il linguaggio di pro-
grammazione Processing e per il
progetto Wiring. È stata ideata per
iniziare alla programmazione arti-
sti e altri neofiti completamente a
digiuno di queste nozioni.
Il nome della scheda, tanto parti-
colare, è stato ispirato da quello di
un bar di Ivrea (il cui nome era
ispirato ad Arduino d'Ivrea, Re d'I-
talia nel 1002) frequentato spesso
da alcuni fondatori del progetto.
Il controller per la RepRap Mendel
Le RepRap utilizzano solitamente
come MCU un ATMega 1280 o
2560, in base al modello di stam-
pante. Altri equipaggiamenti della
RepRap prevedono motherboard
open source costruite ad hoc come
nel caso di Gen o Sanguino. ATMe-
ga appartiene alla famiglia AVR di
microcontrollori RISC ad architet-
tura Harvard sviluppati dalla
Atmel a partire dal 1996. Fu una
delle prime famiglie di MCU a uti-
lizzare una memoria flash interna
per registrare il firmware. Un
grande passo avanti questo perchè
permette di aggiornare il firmware
con una nuova versione, in pochi
secondi e senza rimuovere il mi-
crocontrollore dalla scheda su cui
è montato, velocizzando così enor-
memente il processo di correzione
e messa a punto del codice.
Continua
1 2
4
3
5
6
1)Arduino Mega 1280;
2)l’MCU ATMega 1280;
3)Arduino Ethernet Shield
W5100;
4)Le due schede unite;
5)Un chip driver per gli ste-
pers;
6)Mappa pin dell’MCU MEGA
41. 4141
Quello che non entra in un post….
Sono tante le cose che ci piacerebbe trasmette-
re attraverso la rete dei Social Networks ma il
rischio è quello di apparire prolissi, noiosi e di
finire col non essere letti. Una rivista è un con-
tenitore molto più capiente e flessibile in cui
ospitare degli articoli specialmente se scritti
con passione e con l’intento di essere di pubbli-
ca utilità. Questa sezione della rivista racchiude
dei contenuti aggiuntivi di particolare interesse
per i lettori
43. 4343
APPROFONDIMENTI
S
e mi dovessero chiedere
dove sta il punto di in-
contro più significativo
fra ingegneria e matema-
tica, certamente risponderei “nel
metodo ad elementi finiti”. In esso
sono contenuti principi di analisi
funzionale, di algebra lineare, di
analisi reale, concentrati assieme
con il solo scopo di “risolvere” in
modo approssimato un problema
fisico che altrimenti non sarebbe
trattabile. Ma andiamo con ordine
e cerchiamo di addentrarci in que-
sto elegante mondo fatto di equa-
zioni per capirne meglio lo scopo
ed il principio di funzionamento.
Fin dai tempi delle scuole medie
abbiamo imparato che in natura
esistono dei fenomeni fisici che
sono descrivibili da delle equazio-
ni matematiche. Prendiamo ad
esempio la relazione che intercor-
re tra pressione, volume e tempe-
ratura di un gas. In condizioni che
definiremmo “ideali”, queste 3
grandezze fisiche sono legate da
una relazione molto nota:
PV = nRT
ovvero, l’equazione di stato dei gas
perfetti. E una relazione molto
semplice, quasi elementare, ma
che descrive efficacemente lo sta-
to di un particolare sistema fisico.
Date certe condizioni, ci permette
inoltre, col semplice uso di carta e
penna, di calcolare tutte le gran-
dezze coinvolte. Quindi si può pro-
prio affermare che fisica e mate-
matica lavorano insieme per for-
nirci una descrizione analitica di
un sistema (o più in generale, di
un fenomeno). Ci sono casi in cui
però le equazioni che descrivono
un dato fenomeno sono talmente
complicate che carta e penna non
bastano più.
Prendiamo come riferimento sem-
pre il nostro gas, e decidiamo di
volerne studiare il movimento in
un volume sufficientemente gran-
de, contenente ad esempio degli
ostacoli: dei corpi tozzi. Le equa-
zioni che servono a risolvere il
problema (cioè a calcolare il cam-
po di moto del fluido) si chiamano
equazioni di Navier-Stokes, ed
hanno la forma di Fig. 1; capite be-
ne che rispetto all’equazione pre-
cedente c’è una notevole differen-
za. Queste equazioni sono talmen-
te complicate che la loro soluzione
“in forma chiusa”, ovvero la loro
II ed ultima puntata
di Marco Garavaglia
Calcolo, fisica ed ingegneria: i tre volti del
progresso
Fig. 1 le equazioni di Navier-Stokes per lo studio di gas in movimento in presenza di ostacoli
44. 4444
Fig. 2 Marco Garavaglia, alcune immagini FEM dell’ANALISI TERMICA DI UN SATELLITE dal suo blog Il giardino di Lagrange
http://ilgiardinodilagrange.blogspot.it/
APPROFON
soluzione esatta, proprio non esi-
ste (tranne in casi estremamente
semplificati e di scarso valore in-
gegneristico). In altre parole non
sapremmo mai calcolare il moto
esatto della corrente gassosa che
investe i nostri corpi tozzi. Ma qui
il condizionale è d’obbligo, perché
proprio il metodo ad elementi fini-
ti ci viene in aiuto e ci permette, se
non di trovare la soluzione esatta,
almeno di calcolare una soluzione
“approssimata”, cioè che si avvici-
na sufficientemente a quella che è
la soluzione esatta, con un margi-
ne di errore (il più possibile) picco-
lo. Ed è proprio qui che la matema-
tica da veramente il meglio di se.
Equazioni differenziali alle deriva-
te parziali
Le equazioni di Navier-Stokes, che
descrivono, nella loro forma com-
pleta, il moto di un fluido qualun-
que, appartengono ad una classe
di problemi che in matematica
prendono il nome di equazioni dif-
ferenziali alle derivate parziali.
Sono in sostanza delle equazioni
simili a quelle che vedevamo a
scuola da ragazzi, ma in questo
caso l’incognita è una vera e pro-
pria funzione. Nell’equazione com-
paiono anche le derivate parziali
della funzione incognita, questo
perché la nostra funzione è “retta”
da più variabili indipendenti. Fac-
ciamo un esempio per chiarire
meglio il concetto: immaginiamo
una trave d’acciaio che esce da un
forno e cerchiamo di capire quale
sarà la sua distribuzione di tempe-
ratura in ogni suo punto. In questo
caso la temperatura della trave
sarà chiaramente una funzione
che dipenderà dalla posizione (è
ragionevole supporre che la tem-
peratura sia diversa alle estremità
della trave, rispetto al centro) sia
del tempo che scorre (man mano
infatti che passano i minuti la tra-
ve perderà energia e si raffredde-
rà). Quindi possiamo tranquilla-
mente scrivere, in termini mate-
matici che la funzione
“temperatura” dipende dalla
“posizione del punto della trave” e
dal “tempo che scorre”, ovvero:
T = T(x,y,z,t)
dove x,y,z sono le coordinare spa-
ziali (della trave) e t è il tempo. Se
volessimo ora calcolare la distri-
buzione della temperatura, istante
per istante, in tutti i punti della
trave, dovremmo risolvere proprio
una equazione differenziale alle
derivate parziali: l’equazione del
calore.
Necessità della soluzione numeri-
ca
Quando la geometria e le condizio-
ni iniziali ed al contorno sono
molto semplici, allora è possibile
“semplificare” il problema e, tal-
volta, risolverlo semplicemente
con carta e penna e buona volontà.
Purtroppo però nel mondo reale
che ci circonda, si contano sulle
dita di una mano casi molto ele-
mentari o semplificati a tal punto
da rendere certi problemi risolvi-
bili analiticamente. Problemi an-
che banali possono nascondere
soluzioni molto complicate, se non
addirittura impossibili da scrivere!
Ecco quindi che interviene la mo-
dellistica numerica che ci fornisce
degli strumenti per una trattazio-
ne “approssimata” del problema.
Attenzione: “approssimata” non
significa “inadeguata”. Anzi! Con
l’affinamento delle tecniche di cal-
colo e l’aumento via via costante
della potenza dei calcolatori, al
giorno d’oggi riusciamo a simulare
anche problemi che fino a qualche
decennio fa erano del tutto intrat-
tabili. Non è difficile al giorno
d’oggi simulare la corrente marina
sullo scafo di una grande nave da
crociera, o il raffreddamento della
circuiteria di un server. La soluzio-
ne che si ottiene in questi casi è
ovviamente affetta da errori, ma
compito dell’analista è mantenere
questi errori i più contenuti possi-
bili, compatibilmente con le risor-
se a sua disposizione.
45. 4545
NDIMENTI
FEM
L’acronimo FEM sta per Finite Ele-
ment Method: metodo ad elementi
finiti. Rappresenta un approccio
numerico per la risoluzione di
equazioni come quelle viste sopra:
le famose EDP (equazioni differen-
ziali alle derivate parziali). Il suo
principio di funzionamento è sem-
plice: cercare una soluzione ap-
prossimata attraverso la discretiz-
zazione del dominio di calcolo.
Avevamo visto come la temperatu-
ra, per esempio, potesse essere
funzione delle coordinate spaziali
(x,y,z) di una trave. Bene. Poiché è
chiaro a tutti che una trave è un
oggetto continuo, e non discreto,
diciamo che ci accontentiamo di
studiare la temperatura NON in
tutti gli infiniti punti che essa
“contiene” ma in una numero fini-
to (grande a piacere) di punti chia-
mati nodi computazionali. Si crea
perciò una “griglia”, una “rete” che
collega tutti questi nodi formando
ad esempio dei tetraedri. Quello
che abbiamo ottenuto è una mesh.
Una reticolazione del dominio che,
a questo punto, perde la proprietà
del “continuo” e diventa “discreto”.
Senza accorgercene abbiamo fatto
un grosso passo avanti, perché
adesso possiamo tornare alla no-
stra equazione differenziale e, tra-
mite opportuni strumenti offerti
dall’analisi funzionale (branca del-
la matematica che studia oggetti
particolari: i funzionali) è possibile
ottenere una “approssimazione”
dell’equazione di partenza, risolvi-
bile attraverso un sistema lineare,
proprio come quelli che si studia-
vano a scuola. E’ chiaro che in que-
sto caso il sistema lineare che si
ottiene avrà dimensioni notevoli,
compatibilmente con il numero di
nodi con cui abbiamo discretizzato
il nostro dominio. Geometrie molto
grandi e complicate richiedono un
numero estremamente alto di nodi
computazionali. E’ molto facile
quindi alla fine del processo dover
risolvere sistemi lineari con milio-
ni di equazioni e milioni di inco-
gnite. Anche in questo caso la ma-
tematica non si lascia certo sco-
raggiare Esistono dei metodi appo-
sitamente studiati in algebra li-
neare per ottenere soluzioni
(anche in questo caso esatte o ap-
prossimate) di tali sistemi con uno
sforzo computazione relativamen-
te contenuto.
Fig. 3 Marco Garavaglia, alcune immagini FEM dell’ANALISI MODALE DI UN PROFILATO DI ALLUMINIO (Courtesy ABB Group)
dal suo blog Il giardino di Lagrange http://ilgiardinodilagrange.blogspot.it/
Il profilato in questione viene impiegato per l’allestimento di catene di montaggio come elemento strutturale anche per il
fissaggio di apparecchiature a portale offrendo, grazie alla sua sezione, resistenza e leggerezza.
46. 4646
APPROFON
Inizio
Creazione modello CAD 3D
Pulizia modello CAD 3D
Salvataggio della geometria CAD 3D in un formato neutrale
Definizione proprietà dei materiali
Elaborazione della soluzione
Post processing
Fine
Fig. 4 diagramma di flusso delle fasi principali di elaborazione di un software FEM
47. 4747
Software ad elementi fintiti
Avrete, quindi, compreso che lo
strumento chiave per tutti questi
calcoli è il computer. Se fino a
qualche decennio fa la potenza di
calcolo era scarsa e disponibile
solo alle grande industrie, oggi
chiunque da casa o in piccoli labo-
ratori possono eseguire analisi
complicate con tempi e costi rela-
tivamente accettabili. In commer-
cio sono disponibili software mol-
to potenti e precisi che permetto-
no l’implementazione del proble-
ma in modo facile, sicuro, imme-
diato, limitando al massimo i pos-
sibili errori e soprattutto rispar-
miando tempo. Sono programmi
che spesso funzionano in sinergia
con altri software
prodotti dalle stesse case costrut-
trici e che perciò sono espressa-
mente studiati per la semplifica-
zione del lavoro. In una analisi
FEM, come avrete capito, occorre
disporre di una geometria, un do-
minio di calcolo, che verrà poi di-
scretizzato attraverso opportuni
algoritmi. Questo dominio deve
essere realizzato al CAD e poi im-
portato nel software che esegue
l’analisi. Le piattaforme commer-
ciali permettono dunque non solo
di impostare una particolare anali-
si, ma anche di realizzare a monte
la geometria e di mesharla senza
particolari difficoltà. Il tutto in
funzione del risparmio. Un soft-
ware che esegue analisi ad ele-
menti finiti altro non è che una
calcolatrice. Riceve in ingresso il
dominio discretizzato ed elabora
la soluzione. In genere spetta ad
altri programmi il compito di vi-
sualizzare a video la soluzione
(quello che in gergo si chiama
“postprocessing”) e di generare il
dominio e la reticolazione (ovvero
il “preprocessing”). Nel corso degli
anni, in internet, sono spuntati
diverse soluzioni Open source sia
per l’analisi vera e propria (solver),
sia per il pre- che per il post-
processing. Ovviamente rispetto a
blasonati software commerciali
risultano più “scarni”, privi di mol-
te funzioni che sicuramente all’a-
nalista fanno comodo. Un proble-
ma inoltre in cui spesso ci si im-
batte con questi programmi gra-
tuiti è la compatibilità dei file: è
difficile ad esempio che una solu-
zione elaborata con un programma
sia visualizzabile attraverso un
altro software di postprocessing.
Spesso si perdono molte ore a
creare geometrie per poi accorger-
si che il nostro solver non legge
l’estensione del file che abbiamo
usato per costruirel’oggettocolCAD.
Elmer
Una soluzione valida, presente in
rete e disponibile Open source è il
software Elmer. Sviluppato da uni-
versità e centri di ricerca finlande-
si, con la collaborazione anche di
qualche industria, è una piattafor-
ma tutta scandinava che contiene
solutore e postprocessore con una
interfaccia utente tutto sommato
intuitiva e semplice da usare. A
differenza di altri software analo-
ghi come Code_Aster e Calculix è
anche semplice e veloce da instal-
lare (aspetto non di poco conto). Al
di la del postprocessore (in esso
presente), il cui unico scopo è
quello di visualizzare la soluzione,
Elmer è appunto un solver, una
calcolatrice e per funzionare cor-
rettamente ha bisogno in ingresso
una geometria. La nota dolente
risiede appunto nel creare a pas-
sare al programma un disegno
CAD in un formato compatibile,
che sia assolutamente comprensi-
bile al software Elmer al suo inter-
no possiede anche un motore per
la costruzione della mesh, per cui,
se gli si passa un semplice file
CAD, in automatico il software ini-
zia a reticolare il dominio utiliz-
zando un algoritmo standard e dei
parametri di default (che possono
essere variati in seguito). E’ possi-
bile (e assolutamente preferibile)
creare sia il dominio che la retico-
lazione attraverso l’uso di altri
software, sempre Open source (il
migliore è GMSH) e passare quindi
ad Elmer il file contenente la mesh
(in formato .msh). In questo caso
Elmer è subito pronto per imposta-
re e risolvere il problema. Ma che
tipo di problemi è in grado di trat-
tare? Sostanzialmente sono dispo-
nibili al suo interno solutori per
problemi elastostatici lineari, per
l’equazione del calore, per proble-
mi di elettromagnetismo e per la
fluidodinamica (le famose equa-
zioni di Navier-Stokes). In pratica
viene coperto un ventaglio notevo-
le di casi pratici.
Sempre in rete sono disponibili
ulteriori moduli di calcolo, come
quelli per le analisi non lineari.
Attualmente, il software scandina-
vo si rivela un ottimo sostituto ai
costosissimi software commercia-
li, sia per applicazioni didattiche,
che professionali, in piccole realtà
industriali come laboratori e offi-
cine.
NDIMENTI
48. 4848
L
a bellissima e sfortunata
città dell'Aquila, dopo
aver subito il devastante
terremoto del 6 aprile
2009, sta pian piano cercando di
risollevarsi, dopo almeno un paio
di anni di quasi completo stordi-
mento ed altri tre di incertezza per
il futuro. Si avverte nei cittadini la
volontà e la fermezza di rialzarsi
con la consapevolezza di poter
puntare ad essere una città che
rinasca con una mentalità nuova e
più sensibile alle proprie bellezze
architettoniche, una città che fi-
nalmente sappia rivolgersi ad un
Turismo Culturale, che da sempre
cerca ed apprezza la "ricchezza"
delle bellezze artistiche e al tempo
stesso la suggestione degli stu-
pendi scenari naturali. Il cammino
è e rimane sicuramente arduo... In
questi cinque anni, pochi cantieri
nel centro storico hanno davvero
avuto una completa rinascita. In-
fatti è solo nell'anno in corso che
almeno due facciate di altrettanto
belle e importanti chiese (S. Pietro
di Coppito e S. Vito della Rivera,
sec. XIII) sono state ripristinate
all'originaria forma volumetrica, e
restituite visivamente ai cittadini
ed ai pochi turisti. Tutto questo ha
dato e sta dando un nuovo impulso
e soprattutto un pò di fiducia in
più verso il futuro, sperando che
finalmente anche il resto del cen-
tro storico sia presto restituito a
nuova vita. Da circa un paio di an-
ni, si avverte una nuova e forte
"coscienza cittadina": infatti diver-
se associazioni culturali e civiche
si sono formate subito dopo il
2009, ricevendo ora tantissime
adesioni da parte di tutti quei cit-
tadini che hanno davvero a cuore
il destino futuro della propria città.
Anche per chi sta scrivendo e sta
cercando di raccontare in poche
righe questo cammino, subito do-
po il tragico evento, è arrivato il
momento di interrogarsi sull'argo-
mento: "come posso dare davvero
una mano concreta alla mia città?
Come posso in qualche modo
esternare il mio desiderio di rina-
scita dopo così tanta sofferenza?”.
Sono un disegnatore tecnico ed un
modellatore 3D ma, lavorando
"fuori casa" (precisamente a Ro-
ma), non sono riuscito nell'imme-
diato a dar riscontro a questo mio
desiderio. L'occasione è venuta
fuori solo alla fine del 2010, quan-
do, aderendo all'iniziativa dell'Ar-
chitetto inglese Barnaby Gunning
ed al progetto "Come facciamo L'A-
quila in 3D", ho avuto modo di rea-
lizzare alcune restituzioni tridi-
mensionali di alcune delle chiese
aquilane più colpite e danneggiate
dal sisma. Tali ricostruzioni sono
state e sono ancora visibili in Goo-
gle Earth, semplicemente spun-
tando il livello "edifici in 3D". Uti-
lizzando le foto disponibili sul
web, ho realizzato i modelli degli
edifici più colpiti, con le loro crepe
e i loro crolli, cercando di raggiun-
gere un risultato il più realistico
possibile… Era giusto far vedere le
importanti chiese così come si
presentavano subito dopo il 6 apri-
le, con tutte le ferite che poi sono
state temporaneamente "nascoste"
dietro ai tanti ed opportuni puntel-
lamenti effettuati. L'esperienza di
modellazione geolocalizzata è sta-
ta per me un’occasione unica per
apprendere nuove tecniche di ri-
costruzione e, soprattutto, mi ha
permesso di confrontarmi e dialo-
gare con tanti bravissimi modella-
tori di ogni parte del mondo. Un'e-
sperienza che poi si è ripetuta nel-
lo scorso anno, in maniera forse
più completa ma anche più
"faticosa” e di cui vi parlerò nel
successivo articolo.
Ognuno di noi può aiutare L'Aquila...
Anche a 5 anni dal terremoto
Tre immagini della chiesa di S. Pietro a Coppito, da sinistra: dopo il 6 aprile 2009; modellazione di A. Buccella 2010; dopo il
restauro 2014 (foto P. Morelli).
di Antonello Buccella
SPECIALE:
49. 4949
Porta Barete: l'ipotesi di progetto virtuale
N
el 2013, con la città che
pian piano cercava di
iniziare un proprio
cammino di rinascita,
sono rimasto colpito dal forte inte-
resse collettivo espresso dai tan-
tissimi articoli sull'eventuale ria-
pertura di un importante porta
medievale aquilana: Porta Barete,
l’ingresso principale ad ovest del-
la cinta muraria fino al XVIII se-
colo, che, agli inizi del secolo XIX,
venne decisamente sormontata da
un lungo terrapieno per ottenere
una rampa, subito dopo l’ingresso,
che potesse attenuare il dislivello
che andava dalla Porta stessa alla
Chiesa di S. Paolo di Barete e che
copriva per buona parte l’impor-
tante prospetto laterale della Chie-
sa di S. Croce. L’ipotesi della ria-
pertura è apparsa subito come un
dilemma urbanistico tra i contrari
e i favorevoli alla risistemazione
di questo angolo storico della cit-
tà. Visto che la problematica e le
eventuali soluzioni apparivano
abbastanza difficili da compren-
dere, ho offerto la mia collabora-
zione nella realizzazione di un
modello tridimensionale della zo-
na (stato attuale) su un terreno
con quote altimetriche reali sul
quale, successivamente, ho impo-
stato un’ipotesi di progetto
(sempre in 3D) con precise volu-
metrie geolocalizzate e che preve-
deva la riapertura della porta mu-
rata, esistente e ancora visibile.
Dopo che è stata conclusa la mo-
dellazione tridimensionale dell'a-
rea, è stato abbastanza facile ela-
borare una breve sequenza di im-
magini. Il video finale, ottenuto
dalla ricostruzione virtuale e il
montaggio con immagini attuali,
ha lo scopo di mostrare e far com-
prendere questo cambiamento
(ante – post operam) e soprattutto
cercare di comunicare all’osserva-
tore la suggestione ottenuta dall'e-
ventuale ripristino di questo im-
portantissimo baluardo nelle mu-
ra della gloriosa storia aquilana.
La ricostruzione tridimensionale e
il video nascono, quindi, esclusi-
vamente per cercare di capire co-
me un’eventuale ipotetico cam-
biamento sulle architetture e sulla
viabilità (riassetto della primitiva
quota di via Roma), in una deter-
minata zona della città dell’Aquila,
possa convivere con la riapertura
di una Porta medievale nella cinta
perimetrale della città stessa.
Questo piccolo passo verso la rico-
struzione mi convince sempre più
del fatto che L'Aquila, per risolle-
varsi, ha davvero bisogno di vo-
lontà e di coraggio, di idee e di
partecipazione progettuale: ele-
menti che devono arrivare soprat-
tutto dai semplici cittadini, dai
giovani e da tutti i professionisti
aquilani che in qualche modo pos-
sono dare il proprio deciso contri-
buto e mettere al servizio di tutti
la propria esperienza.
: L’AQUILA
L’Aquila, lavori di recupero in zona Porta Barete
50. 5050
SPECIALE: L’AQUILA
Alcuni snapshot dei lavori di modellazione 3D di Antonello Buccella di Porta Barete a L’Aquila messi a paragone con fotogra-
fie dello stato attuale.
52. 5252
L
o ammetto, questa do-
manda me la sono posta
spesso nell’estate del
2003, anno del mio diplo-
ma. Fino all’ultimo sfogliavo dé-
pliant di università, spulciavo i
forum su internet, mandavo mail a
ragazzi già iscritti e che si occupa-
vano di orientamento nella dispe-
rata ricerca di quella informazione
“in più” che avrebbe fatto propen-
dere la bilancia della mia indeci-
sione per l’una o l’altra Facoltà. In
questo articolo non parlerò della
mia esperienza nello specifico ma
cercherò grazie ad essa di aiutare
quei ragazzi che, come il sotto-
scritto 11 anni or sono, si rivolgono
la medesima domanda, dando del-
le linee guida per una valutazione
più serena (e magari, speriamo,
azzeccata!). Prima di cominciare
faccio una premessa: abitando a
Saronno (nella bassa provincia di
Varese) farò riferimento principal-
mente alle Università di Milano
(Politecnico, Statale, Bicocca) e
all’Università dell’Insubria (sedi di
Varese-Como-Saronno-Busto Arsi-
zio) che, per varie ragioni, ho avuto
modo di frequentare personalmen-
te. Per prima cosa vediamo di pre-
sentare in modo snello e sintetico
le peculiarità dei due percorsi ac-
cademici e partirò proprio da quel-
lo che conosco meglio.
Ingegneria
Se cercate un ambiente stimolante
e dinamico, beh siete nel posto
giusto. Indipendentemente dall’in-
dirizzo, vi troverete immersi in
una realtà scientifica a 360° dove,
all’aspetto più propriamente teori-
co delle materie affrontate, viene
affiancato un lato “pratico” e
“progettuale” di alto livel-
lo. Uno dei punti cardini
della maggior parte dei
corsi di studio sarà quindi
quello di mettere in prati-
ca ciò che si studia sui
libri di testo. I laboratori proget-
tuali, infatti, sono parte integrante
del percorso universitario (non si
può sostenere un esame se non si
è frequentato attivamente il labo-
ratorio) e spesso questi devono
essere affrontati in gruppo. I pro-
fessori perciò stimolano al lavoro
di squadra, creando dei veri e pro-
pri team per la realizzazione di
progetti, la stesura di relazioni
scientifiche, la realizzazione di
prove-tipo, il tutto in un’ottica la-
vorativa. E’ bene infatti ricordare
che una volta conseguita la Laurea
ed entrati nel mondo del lavoro, si
dovrà quasi necessariamente fare
squadra coi propri colleghi (a mag-
gior ragione per le facoltà di Inge-
gneria Industriale) ed è quindi na-
turale formare lo studente anche
in questo senso. Ci si approccia
alla matematica, così come alla
fisica e alla chimica, con uno spi-
rito “pratico” e si glissa, giusta-
mente, su tutto ciò che esula da
questa cornice. Un altro punto fo-
cale del percorso di studi ad inge-
gneria è la trasversalità delle ma-
terie studiate. Nei vari semestri
avrete a che fare con esami di flui-
dodinamica e meccanica delle
strutture, meccanica orbitale e
automatica, analisi dei segnali e
tecnologia meccanica. Insomma
programmi che trattano campi
scientifici diametralmente oppo-
sti. Attualmente, è bene precisare
che, con i nuovi ordinamenti, si è
cercato di “riorganizzare” la selva
di insegnamenti che si era creata
con la divisione di Ingegneria in
3+2 anni e i vari consigli di facoltà
hanno reso più “omogeneo” un
percorso che, ai miei tempi, era un
MATEMATICA O INGEGNERIA?
Come orientarsi nella scelta della facoltà uni-
versitaria dopo il diploma? Cerchiamo di fare
luce su due percorsi di studio appassionanti ma
che purtroppo spaventano e disorientano molti
giovani studenti.
di Marco Garavaglia
SPECIALE: ORIENTA
53. 5353
AMENTI DIDATTICI
vero e proprio caos di materie! Lo
studente di oggi è quindi più fortu-
nato in tal senso e può contare su
professori che ormai hanno accet-
tato e pienamente digerito il nuovo
assetto universitario. Presso il Po-
litecnico di Milano sono attive le
seguenti Scuole di Ingegneria:
Civile ambientale e territoriale;
Edile/architettura;
Industriale e dell’Informazione
con ambiti di studio e competenze
chiaramente diverse le une dalle
altre.
Matematica
La facoltà di matematica ha un
approccio totalmente diverso ri-
spetto ad Ingegneria, non solo, ov-
viamente, per le tematiche affron-
tate ma anche e soprattutto per un
diverso metodo di studio e per lo
sviluppo di una forma mentis più
prettamente teorica. Negli ultimi
anni purtroppo si è assistito ad un
sensibile calo degli iscritti a que-
sto percorso di studi, da un lato a
causa della falsa “nomea” di facol-
tà difficile e fuori dal mondo,
dall’altra a causa di una politica
scellerata e miope volta a penaliz-
zare la ricerca scientifica e a ta-
gliare indiscriminatamente il set-
tore dell’istruzione pubblica. Per
questi motivi non è difficile imma-
ginare una classe universitaria di
matematica costituita da una me-
dia di 15 studenti (contro gli 80-100
di una generica facoltà di ingegne-
ria). Il messaggio che voglio far
passare in queste righe è: NON fa-
tevi scoraggiare!! Non dovete usare
come discriminante delle vostre
scelte una ipotetica mancanza di
lavoro futura!! Dovete al contrario
concentrarvi solo sulle vostre pas-
sioni e le vostre aspirazioni perché
saranno solo loro a portarvi in alto,
con grandi risultati e soddisfazio-
ni. La facoltà di matematica è pret-
tamente concentrata sullo studio
di questa affascinante materia, sia
negli aspetti teorici che nelle sue
infinite applicazioni pratiche.
Presso l’Università Statale di Mila-
no, sono attivi gli indirizzi indu-
striale e applicativo. Questi due
curricula sono studiati espressa-
mente per formare professionisti il
cui lavoro sarà quello di utilizzare
la matematica per semplificare la
vita di tutti i giorni. Bisogna inol-
tre tenere presente che la mate-
matica è la base delle scienze spe-
rimentali e che, come tale, riveste
un ruolo cruciale nei centri e labo-
ratori di ricerca, italiani ed esteri.
Ad un aspetto più propriamente
teorico dunque si affianca un ap-
proccio molto concreto della mate-
ria nei vari esami che via via ven-
gono affrontati. Inoltre c’è da pren-
dere in considerazione l’estrema
omogeneità dei corsi che fanno
ovviamente tutti riferimento a di-
versi campi della matematica
stessa: si resta confinati nel pro-
prio recinto con un occhio, come
detto, alle applicazioni pratiche.
Rispetto ad ingegneria inoltre c’è
meno interesse al lavoro in team e
si cerca di formare una figura pro-
fessionale completamente autono-
ma. Questi dunque sono i tratti
salienti delle due Scuole. Uno stu-
dente, in base alle proprie caratte-
ristiche personali, di studio e alle
giuste aspirazioni lavorative futu-
re, dovrebbe partire da qui per una
scelta consapevole e felice. Voglio
inoltre far presente che presso il
Politecnico di Milano è stato atti-
vato il corso di studi di Ingegneria
Matematica, che vuole essere una
sorta di “punto di incontro” tra i
due mondi. Questo ibrido, per
quanto possa sembrare una valida
alternativa all’indecisione, resta
pur sempre un percorso di tipo
ingegneristico, con le caratteristi-
che che ho evidenziato poc’anzi.
Consiglio infine agli studenti di
non limitarsi alla lettura delle bro-
chure e ai forum di internet ma
anche di leggere i contenuti dei
54. 5454
programmi dei vari esami
(soprattutto del primo semestre
del primo anno), di mandare mail
ai professori (i cui indirizzi sono
di pubblico dominio sui siti inter-
net delle facoltà) per chiedere in-
formazioni direttamente a loro e
testarne in questo modo anche la
disponibilità e la cortesia!! Per
concludere: STATE SERENI! Nel
bene e nel male, qualunque deci-
sione voi prendiate sul futuro sarà
vostra e di nessun altro e vi per-
metterà di fare esperienze uniche
ed irripetibili.
Ingegneria aerospaziale
Se siete studenti che prediligono i
lavori in team, una preparazione
organica e completa delle materie
scientifiche con un occhio alla
sperimentazione e alla realtà in-
dustriale, allora non vi è dubbio
che siete portati per una facoltà
come ingegneria. Nelle università
italiane la scelta dell’indirizzo è
indiscutibilmente vasta e le diver-
se scuole di ingegneria coprono
praticamente tutti gli ambiti in
cui questa meravigliosa professio-
ne si declina. In questo articolo
cercherò di tracciare le linee es-
senziali della Facoltà di Ingegne-
ria Aerospaziale che appartiene di
fatto, assieme a meccanica ed
energetica, alla Scuola di ingegne-
ria Industriale. Perché Scuola di
Ingegneria Industriale? Beh la ri-
sposta è semplice: lo sbocco natu-
rale del laureato in una delle tre
facoltà che stanno sotto tale deno-
minazione è l’industria
(prevalentemente manifatturiera).
La preparazione dell’ingegnere
aerospaziale comprende quello
che è il settore aeronautico e per-
tanto gli sbocchi lavorativi
“canonici” sono le ditte per la co-
struzione e manutenzione di aero-
mobili, o parti di essi, centri di ri-
cerca in campo aeronautico e spa-
ziale o addirittura agenzie per la
gestione e il controllo del traffico
aereo, nonché il settore militare.
Lo studente che intende seguire
questo percorso affronterà perciò
un primo anno caratterizzato da
esami prevalentemente teorici, “di
base”, volti a fornire le conoscenze
necessarie per affrontare esami di
“indirizzo” come aerodinamica,
fluidodinamica, analisi delle strut-
ture, meccanica del volo atmosfe-
rico ecc. Un aspetto sicuramente
interessante è che la forte trasver-
salità delle materie seguite per-
mette di avere una conoscenza
completa delle principali proble-
matiche ingegneristiche, permet-
tendo di affrontarle con spirito
analitico e di problem solving.
Fondamentale sarà poi lo studio
della dinamica dei fluidi che è un
settore di ricerca sempre attivo e
fiorente e che permette, anche a
chi desidera fare carriera accade-
mica, interessanti sbocchi lavora-
tivi futuri. Tutto questo, però, pote-
te benissimo trovarlo in rete o leg-
gendo le brochure universitarie.
Immagino che vogliate invece sa-
pere come è stato seguire questo
percorso. Non starò qui a raccon-
tare la mia esperienza diretta, per-
ché ritengo che ognuno viva un
percorso accademico un po’ a mo-
do suo ed è assolutamente inutile
e dannoso fare paragoni o basare
le proprie scelte di vita su ciò che
hanno fatto gli altri. Quello che mi
sento di dire è che per scegliere
una facoltà come questa bisogna
essere spinti da tanta passione!!
Non solo per “tutto ciò che vola”
ma soprattutto per la scienza e
l’universo che ci circonda. Se siete
curiosi di ogni cosa e amate lo
studio intenso e la ricerca, allora
siete nel posto giusto. Se invece vi
interessa uno specifico settore,
una particolare materia e volete
dedicare la vita alla piena com-
prensione di essa, allora mi sento
di consigliare una strada differen-
te. A prescindere da quella che
sarà la vostra decisione, vorrei
chiudere l’articolo con una frase
sibillina a tutti coloro che dopo
aver letto queste righe correranno
ad iscriversi ad aerospaziale:
“Non ho abbastanza tempo per
una moglie e un aeroplano.”
(Wilburn Wright)
SPECIALE: ORIENTA