Web e architettura oggi sono strettamente legati. Lo sono a livello di contenuti, tecnologie, processi, luoghi e strategie. Sono le 5 dimensioni nelle quali cercherò di spiegare come dialogano e interagiscono, come si scambiano e sviluppano valore.
2. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Gli architetti in Italia sono tanti
e g u a d a g n a n o p o c h i s s i m o .
Lo dicono le statistiche1
. Gli iscritti all’albo
sono 153000, il 50% più della Germania
e il 500% più della Francia (se poi
considerassimo anche quelli che esercitano
senza essere iscritti, dovremmo contarne
circa 168000!). Questi 153000 architetti
si devono dividere una torta di meno
di 3 miliardi. Si, perché il mercato della
progettazione in Italia vale intorno ai 20
miliardi, ma gli architetti intercettano più
o meno il 14% di questo totale, lasciando il
resto a ingegneri, geometri e progettisti vari.
Questo cosa significa? Presto detto:
che il fatturato medio disponibile
per ogni architetto italiano è di poco
superiore ai 18000 euro. Davvero poco.
So cosa stai pensando: “i nostri architetti
lavorano tanto all’estero, quindi in
realtà guadagneranno molto di più!”.
Purtroppo non è così: le statistiche dicono
che il 98% del volume d’affari degli
architetti italiani è localizzato in Italia.
Ma c’è dell’altro: in un mercato che
negli ultimi 10 anni ha subito una forte
contrazione (gli investimenti in edilizia sono
crollati del 40%), il numero degli architetti
italiani è addirittura aumentato del 20%.
Sempre di più, sempre più poveri.
Oggi si stima che il 30% dei nostri architetti
under 40 viva sotto la soglia di povertà e
che il tasso di disoccupazione tra gli iscritti
all’ordine sfiori il 30%.
Dunque l’Italia è un posto in cui è sempre
più difficile esercitare la professione di
architetto. Tuttavia esiste un altro paese,
molto più grande dell’Italia, densamente
popolato, facilmente raggiungibile, che oggi
offre nuove e interessanti possibilità. Questo
paese è il web. Il web con le nuove tecnologie
da esso veicolate.
Inhabitants / 1 architect
STUDIO CONDOTTO
DA MONDITALIA PER
LA BIENNALE DI
ARCHITETTURA 2014
1I dati del grafico sono stati pubblicati da Monditalia per
la Biennale di Architettura del 2014. I dati più recenti
cui faccio riferimento hanno come fonte il Sole 24 Ore,
Inarcassa e Cresme.
3. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Negli ultimi 10 anni il web ha avuto
un’evoluzione molto forte, che
ha radicalmente modificato il nostro
comportamento. Più di quanto ce ne
rendiamo conto. 10 anni fa non esistevano
i social network, che oggi sono protagonisti
delle nostre vite: Facebook nasceva in
ambito universitario nel 2006 ma in
Italia decollava sono nel 2008; twitter si
diffondeva successivamente; WhatsApp
nasceva nel 2009, Instagram nel 2010.
Dieci anni fa non c’erano ancora gli
smartphone nella configurazione che oggi
diamo per scontata. L’iPhone nasce nel 2007,
quindi il modo di interagire con la tecnologia
che ora definisce la nostra quotidianità è
piuttosto recente.
Dieci anni fa il nostro comportamento
di consumatori era diverso: prima di
entrare in un negozio o nello studio di un
professionista cercavamo informazioni sul
web e le cercavamo soprattutto col computer,
ma erano sufficienti a farci maturare solo un
30% circa della nostra decisione di acquisto.
Ora è il contrario: quando siamo davanti ad un
commesso o ad un professionista, le nostre
ricerche, la nostra raccolta di informazioni, ci
hanno già permesso di maturare un 70% del
nostro percorso decisionale. Oggi giungiamo
all’appuntamento con l’acquisto di un
prodotto, o di un servizio, con un grande
bagaglio di informazioni, la maggior parte
delle quali ottenute attraverso la navigazione
via smartphone. Possono essere informazioni
incomplete, approssimative, ma sono ciò con
cui il nostro interlocutore deve confrontarsi
per per farci fare quell’ultimo 30% di percorso
verso il traguardo della scelta.
Questo discorso tocca anche il mondo
dell’architettura, perché i consumatori di
architettura sono consumatori di un prodotto
che si chiama progetto. Ed ogni progetto
che implichi condivisione col committente
comporta un percorso decisionale ed
esperienziale, che in parte si svolge sul web.
Webearchitetturaoggi sonostrettamente
legati. Lo sono a livello di contenuti,
tecnologie, processi, luoghi e strategie.
Sono le 5 dimensioni sulle quali cercherò di
spiegare come dialogano e interagiscono,
come si scambiano e sviluppano valore.
STIAMO FACENDO LA STORIA
INSIEME, OGGI
Steve Jobs
2007
4. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
WEB E ARCHITETTURA:
IL POTERE DEI CONTENUTI
Nel 1996, in un famoso articolo, Bill Gates fece un’analisi
che negli anni a seguire si è rivelata profetica:
“Content is King” disse, cioè “Il contenuto è il re”.
“Una delle cose interessanti di Internet”, spiegò Gates, “è che
chiunque, con un PC e un modem, può pubblicare qualunque
tipo di contenuto”. Così è stato. I contenuti sono il motore del
web, ciò che ha decretato e continua a decretare il successo di
qualsiasi sito internet. Oggi gli utenti del web sono più che mai
anche produttori di contenuti. Attraverso i social, le recensioni,
i blog, i siti personali, i forum, buona parte dei contenuti
pubblicati sul web sono il racconto di esperienze personali. E
il racconto di esperienze è anche il racconto dell’architettura,
perché l’architettura è ciò in cui siamo quotidianamente
immersi, una delle dimensioni in cui esplicitiamo le nostre vite.
Pensiamo ai selfie che pubblichiamo su Facebook e Instagram
quando visitiamo qualche luogo, alle foto che scattiamo quando
viaggiamo, ai filmati con cui riprendiamo frammenti delle nostre
vite per condividerli: dentro ognuno di questi il vero protagonista è
spesso un luogo architettonico.
Èper questo che mi piace parlare di “Selfie
Architecture” o “GoPro Architecture”,
cioè di nuovi modi di fruire di un progetto,
di viverlo e condividerlo. Quando facciamo
un selfie davanti a un palazzo che ci
piace e lo condividiamo con centinaia o
migliaia di persone, facciamo un’opera
di interpretazione e di promozione di
quell’oggetto. Introduciamo le variabili della
fotogenia e della viralità che sono dimensioni
nuove con cui un architetto deve confrontarsi.
Quando un gruppo di ragazzi sale sulla cima
dei più recenti palazzi e sfida la legge di
gravità riprendendosi con la GoPro mentre
fa mortali acrobazie, si entra in una nuova
e curiosa dimensione di ciò che significa
vivere e raccontare l’architettura. Si scoprono
prospettive nuove, nuovi punti di vista da
cui il progetto può essere guardato, vissuto
e interpretato.
10 anni fa non
esistevano i social
network, che oggi
sono protagonisti delle
nostre vite.
5. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Oggi siamo tutti fotografi di architettura. I nuovi smartphone
ci hanno resi cyborg iperconnessi foto-video dipendenti. Ci
hanno assuefatti allo scatto compulsivo. Il consumo di architettura
è diventato più diffuso e democratico, non più legato a logiche
di competenza e di settore. Altrimenti non si spiegherebbe
perché un architetto sconosciuto come Freepy2
sia più seguito su
Instagram di Norman Foster, Renzo Piano o Michele De Lucchi.
Di questo un architetto oggi deve tenere conto. Per un professionista
il fatto di raccontare se stesso, i propri progetti, di condividere le
proprie passioni, può aumentare il valore percepito di ciò che fa e
di ciò che rappresenta, portando i possibili clienti ad avvicinarsi e
interessarsi al suo lavoro.
Sto parlando di contenuti. Personalmente, se volessi ristrutturare
un bell’attico e non sapessi a chi rivolgermi, di certo cercherei
su Google un architetto della mia zona e, una volta trovato, sarei
curioso di visitare il suo sito per conoscerlo meglio, per vedere cosa
ha fatto, ma anche per capire qual’è il suo approccio, come affronta
un progetto, quali sono gli step, quali sono le cose in cui crede, quali
problemi potrebbe risolvermi. Mi piacerebbe conoscere l’opinione
di chi ha lavorato con lui, di chi vive in una casa progettata da lui.
Mi piacerebbe capire se conosce le ultime tecnologie, se ha elementi
che lo differenzino dagli altri architetti e che mi facciano pensare
che valga la pena scegliere lui piuttosto che un suo concorrente. E
poi vorrei vedere belle foto delle sue realizzazioni o bei rendering
delle sue idee.
Fino a pochi anni fa non c’era bisogno
di tutti questi contenuti; il motore del
lavoro per un architetto era il passaparola
ed il sito internet poteva anche non esserci.
Oggi non è più così. Certo, il passaparola è
sempre fondamentale, ma la generazione
dei millennials e la generazione successiva
per passaparola intendono le recensioni
sui social e per loro se non hai un sito o
almeno una pagina Facebook o un account
Instagram, allora non esisti. Bisogna farsene
una ragione.
Cyril Lancelin è un architetto francese che
deve tutto proprio ad Instagram. Non
avendo alcun cliente che potesse permettergli
di esprimersi su un progetto concreto, ha
cominciato a postare rendering iperrealistici
delle sue scultoree visioni architettoniche.
Molti hanno gradito (ora è arrivato a 28000
followers) e hanno iniziato a chiedergli dove
poter visitare queste favolose realizzazioni,
pensando fossero reali. Naturalmente non
esisteva alcuna realizzazione. Ma tanto è
bastato: i primi clienti hanno cominciato ad
arrivare. Attualmente sta lavorando su una
vasta gamma di commissioni, principalmente
case private. Commissioni reali, non digitali.
Potere dei social.
2. www.instagram.com/freepy
6. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
WEB E ARCHITETTURA:
NUOVE TECNOLOGIE PER
NUOVE PROSPETTIVE
Nuove tecnologie permettono nuove forme
di condivisione e nuove proposte di valore.
Realtà virtuale e realtà aumentata sono la
nuova frontiera della progettazione e della
condivisione di un progetto e grazie al web la
loro diffusione sarà veloce. La realtà virtuale,
in particolar modo, è in grado di annullare
l’eterna distonia tra la tridimensionalità di
un edificio e la bidimensionalità della sua
rappresentazione. Una distanza che ora si può
colmare permettendo all’architetto e al suo
cliente di entrare all’interno del progetto e di
viverlo con quelle sensazioni visive e spaziali
che rendono più emotivo ed esperienziale, e
quindi paradossalmente più reale, l’incontro
con la struttura progettata.
Se oggi non si riesce più a vendere un
progetto senza un buon rendering,
tra 10 anni non si potrà fare a meno
di una immersione virtuale con vista
stereoscopica, cioè con la percezione di una
reale tridimensionalità. Già oggi esistono
software3
che permettono di convertire
velocemente e facilmente qualsiasi progetto
realizzato in SketchUp, Rhino, Revit, o
OBJ, in un ambiente virtuale all’interno del
quale potersi guardare intorno, muovere,
fotografare dettagli o lasciare appunti su cose
da fare o da modificare. IrisVr ad esempio è
uno di questi. L’azienda che l’ha sviluppato
ha già più di 15000 clienti, tre quarti dei quali
sono architetti. Non ci sono dubbi che questo
sia il futuro.
La realtà aumentata è un’altra tecnologia
nella quale i principali player del web
stanno investendo montagne di denaro e sarà
un trend importante anche per l’architettura.
Nell’ultima Developer Conference di
Facebook, Zuckerberg ha dichiarato: “La
realtà aumentata è il secondo atto del trend
che vede foto e video sempre più centrali
rispetto al testo”.
3. Ad esempio IrisVR, Autodesk Live, Fuzor,
Enscape.
Se oggi non si riesce più a
vendere un progetto senza un
buon rendering, tra 10 anni
non si potrà fare a meno di
una immersione virtuale con
vista stereoscopica
7. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Esiste una start up che si chiama Magic
Leap4
che prima ancora di sfornare il
suo prodotto ha già raccolto 1,7 miliardi
di dollari di finanziamenti. Promette
di realizzare occhiali attraverso i quali
visualizzare nel mondo reale oggetti
tridimensionali animati e dettagliatissimi,
permettendo un’interazione con la realtà
enormemente arricchita di informazioni
ad alto valore aggiunto. Immagina di
progettare un grattacielo e di poterlo
vedere nel suo sito di costruzione in tutto
il suo impatto, perfettamente in scala,
assolutamente realistico, esattamente
inserito nell’ambiente urbano prima
ancora che vengano realizzati gli scavi
per realizzarlo. Magic Leap permetterà
questo e molto altro.
Realtà virtuale e realtà
aumentata già oggi
offrono il vantaggio
di annullare il tempo
che corre tra la
realizzazione di un
progetto e il feedback
del cliente. Prima ancora che comincino
i lavori, si può interagire col cliente
per operare modifiche e variazioni. La
condivisione è la chiave. Jeffrey Jacobson,
uno dei massimi esperti mondiali di
applicazione di realtà virtuale e aumentata
alla progettazione architettonica, sostiene
che “in un cantiere in media il 7% del
budget viene speso per correre ai ripari”
e che queste nuove tecnologie permettono
di prevenire errori ed incomprensioni coi
clienti che sono davvero molto costose in
termini di tempo e di denaro.
Realtà virtuale e realtà aumentata sono
una certezza: è certo che nei prossimi
anni si affermeranno come lo standard,
anche in architettura. Può darci fastidio,
può farci paura, ma dobbiamo prenderne
atto, perché se lo facciamo riusciremo a
prepararci meglio e prima degli altri a
questa evoluzione. Non appena la tecnologia
migliorerà al punto da permettere la
condivisione di mondi virtuali via web, la
nostra vita non sarà più la stessa.
4. www.magicleap.com
queste nuove tecnologie permettono di prevenire errori ed
incomprensioni coi clienti che sono davvero molto costose
in termini di tempo e di denaro.
8. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
WEB E ARCHITETTURA:
COME SONO CAMBIATI I
PROCESSI
Tanti anni fa si costruiva un fabbricato
e poi si registravano le esperienze di
coloro che andavano a popolarlo. Queste
erano utili per migliorare il progetto
successivo. Oggi è il contrario: si progetta,
si pubblica il progetto attraverso rendering
e tour virtuale, si raccolgono i feedback di
coloro che ne fanno esperienza simulata
e poi si procede con la progettazione
definitiva e la realizzazione. Oggi al centro
del processo ci sono la simulazione e la user
experience, cioè l’esperienza utente. è il
racconto dell’esperienza simulata che offre
le linee guida per definire il progetto. Non
si progettano più spazi ai quali le persone
debbano adattarsi, ma si conformano gli
spazi all’esperienza che le persone vogliono
fare. Si tratta dello stesso approccio che ha
chi progetta una app o un sito: si simula lo
“user flow”, il flusso dell’esperienza utente.
Pensiamo a quante analogie ci sono oggi
tra la progettazione dell’architettura di
un sito internet e la progettazione di un luogo
pubblico come un hotel. I passi in comune
sono molti:
→ analisi delle “personas” che lo frequen-
teranno (cioè di quelli che saranno i clienti,
definendone alcuni con caratteristiche molto
precise e dettagliate) e dei loro obiettivi;
→ analisi dei flussi utente (quindi mappatura
dell’esperienza utente attraverso i punti di
interazione con la struttura);
→ studio del look and feel;
→ studio della usability: meno click o passag-
gi possibili per raggiungere quello che vuoi;
→ studio della funzionalità in rapporto all’o-
biettivo;
→ studio di un interfaccia che sia semplice,
intuitivo, facile e divertente da usare.
Ho un amico che di recente ha ristrutturato un albergo
e il processo che ha seguito non è stato quello di
progettare un luogo, ma un’esperienza. È partito da tre
elementi che secondo lui erano importanti per il suo
target di clienti: connessione, fotogenia, social. Ha dotato
la sua struttura di una connessione velocissima, di grandi
tv smart e di tanti punti di ricarica usb per i vari device.
Ha progettato le parti comuni (compreso un angolo
selfie) in modo che fossero irresistibili da fotografare
per assecondare e alimentare la voglia di condivisione
social dei clienti. Ha trasformato la sala colazione in una
social lounge: uno spazio di condivisione sganciato da
orari prestabiliti, aperto e attivo h24, dotato di social
table, di honesty bar e di computer Apple. Uno spazio in
cui rilassarsi, conoscersi, lavorare, studiare. Il progetto
ha avuto molto successo tra i millennials ed ora è un
caso di studio, perché tutto è partito dall’esperienza che
avrebbero voluto vivere gli ospiti.
il racconto di esperienze è anche il
racconto dell’architettura, perché
l’architettura è ciò in cui siamo
quotidianamente immersi, una delle
dimensioni in cui esplicitiamo le
nostre vite.
9. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
La user experience è il sacro Graal della
moderna progettazione. Metterla al
centro dei processi significa:
→ migliorare la conoscenza dei comportamenti
dei clienti;
→ aumentare la loro soddisfazione e la loro
fidelizzazione;
→ ridurre i margini di errore rispetto a
funzionalità e aspettative;
→ aumentare la produttività;
→ aumentare la viralità del progetto;
→ aumentare il valore percepito dai clienti;
→ aumentare il valore del progetto anche sul
piano economico.
Oggi viviamo nella “experience
economy”5
. Noi consumatori non ci
accontentiamo più di comprare prodotti o
servizi, vogliamo essere coinvolti a livello
emotivo e multisensoriale. Vogliamo
più partecipazione e più connessione.
Desideriamo condividere più che i prodotti
che acquistiamo, le esperienze che facciamo,
per testimoniare con esse il valore della
nostra esistenza.
Proprio questa attenzione alla qualità dell’esperienza
umana sta generando una nuova riflessione sui
processi della progettazione architettonica, di cui
è avanguardia il funzionalismo umanistico danese.
In Danimarca la qualità e la sostenibilità della vita,
il benessere fisico e mentale, la condivisione e
l’aggregazione sociale sono concetti che negli ultimi
10 anni hanno spinto su nuovi livelli la ricerca e la
progettazione in ambito pubblico e residenziale. Bjarke
Ingels usa la definizione di “edonismo sostenibile” per
descrivere il tipo di esperienza che immagina si possa
vivere nelle sue strutture, vale a dire simultaneamente
coscienziosa e piena di piacere.
Facci caso: molti dei business di maggiore successo
degli ultimi 20 anni hanno trasformato in
esperienza quello che prima era solo un prodotto o
un servizio. Basti pensare a Starbucks, al modo in
cui ha generato valore offrendo, per i 4 dollari di un
cappuccino, una buona connessione wifi, una buona
atmosfera, una poltrona comoda e un ambiente
confortevole in cui incontrarsi, lavorare, intrattenersi.
L’architettura ha sempre ragionato sull’esperienza
umana, ma forse oggi si potrebbe spingere la riflessione
un po’ più in là, lasciandole contaminare pratiche e
processi più di quanto non sia stato ancora fatto.
5. Pine, J. and Gilmore, J. (1999) The Experience Economy,
Harvard Business School Press, Boston, 1999
10. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
WEB E ARCHITETTURA:
NUOVI LUOGHI DI INCONTRO
Ho già parlato di quanto diffusamente l’architettura sia
presente sul web, in quanto teatro delle nostre vite e
protagonista delle nostre esperienze condivise attraverso i
social generalisti, come Facebook, Instagram, Youtube, ecc.
Ma esistono anche luoghi specifici ad essa dedicati. Si tratta dei canali
social tematici (Archilovers, Architizer, Homify, Houzz, Archello,
Archdaily e altri) in cui un architetto può pubblicare i suoi progetti,
trovare ispirazione in quelli degli altri, informarsi su nuove tendenze
e argomenti specifici.
Sono tutti luoghi in cui il professionista può incontrare i suoi
colleghi e i suoi potenziali clienti, pubblicare i suoi lavori,
conoscere e farsi conoscere da un pubblico molto ampio, fino a pochi
anni fa più difficile da raggiungere. Anche qui il successo, sia della
piattaforma che di coloro che la abitano, dipende dalla qualità dei
contenuti.
Mac’è anche unacategoriadi luoghi in cui l’architetturaè masticata
aritmiveloci,hailsaporedel low-costespessoilvalorediun’asta
alribasso.Sonolepiattaformeincuisivendonoconsulenzeabassocosto.
Forse il più conosciuto di questi è GoPillar, sito in cui chiunque può
chiedere a una platea di 50.000 progettisti sparsi in tutto il mondo di
realizzare il progetto di un condominio o anche solo di una stanza,
per poi ricevere decine di proposte tra le quali scegliere.
Come funziona? Ipotizziamo di voler
costruire una villa di 300 metri quadri:
basterà aprire un proprio profilo sul sito,
caricare una serie di informazioni e pagare.
La nostra richiesta sarà visibile a migliaia
di designer che potranno proporci una
loro soluzione. Ai tre migliori progetti che
sceglieremo, verrà distribuito il nostro
budget, naturalmente detratto della
provvigione destinata a GoPillar. Di quanto
stiamo parlando? Con meno di 2000 euro
potremo pretendere una planimetria arredata,
corredata dal progetto dell’impianto elettrico,
dell’impianto idraulico, dell’impianto di
illuminazione, dal prospetto esterno dei 4
lati e da un rendering fotorealistico. Niente
male, vero?
11. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Ormai sono molti i siti che offrono progetti low-
cost: “architettodigitale.it”, “architettiamo.it”,
“internieprogetti.it”, “progettazionecasa.com”, sono
solo alcuni dei principali canali italiani a cui rivolgersi
anche per ottenere progetti importanti, al costo di poche
centinaia di euro. Sono luoghi in cui la domanda incontra
un’offerta vastissima, in cui clienti consapevoli possono
esplorare i profili di giovani professionisti desiderosi
di progettare senza alcuna certezza del compenso.
È l’architettura mass market, il risvolto della web-
globalizzazione, della progettazione ai tempi dei social.
é l’architettura mass
market, il risvolto della
web-globalizzazione,
della progettazione ai
tempi dei social.
12. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Naturale pensare che questo comporti un
problema di qualità del progetto. Eppure
ho visionato molte realizzazioni su GoPillar
e alcune sono apprezzabili. Certe sono
corredate da rendering che da soli varrebbero
più del budget totale messo a disposizione.
Quindi com’è possibile che un architetto
setti il valore economico del suo lavoro sul
livello dei 2,5 euro al metro quadro6
? Sto
parlando di un progetto completo di elaborati
tridimensionali!
La risposta secondo me non sta tanto nel
concetto di qualità oggettiva, perché
dubito che esista e comunque questo non è
il contesto per sondarlo. La realtà è che la
qualità di un progetto offerto su GoPillar
è definita dalla percezione del valore che
i clienti e gli autori stessi hanno di quel
progetto.
6. Vedi ad esempio architettodigitale.it
Così la vera risposta sta nella ridefinizione del
rapporto tra cliente e architetto che il web ha
operato. L’abbattimento delle barriere tra architetti e
potenziali clienti, l’accesso ad un pubblico molto più
vasto, la possibilità di esercitare la propria creatività su
casi reali, di fare esperienza del rapporto coi committenti,
di avere un confronto diretto e formativo con i colleghi
concorrenti; queste sono tutte evidenti ragioni per cui
un progettista possa decidere, soprattutto all’inizio della
sua carriera, di proporsi in questi luoghi digitali. Ecco che
l’aspetto economico passa in secondo piano, o scompare
del tutto, per lasciare spazio a motivazioni generate dal
nuovo contesto digitale e dalle nuove opportunità che
esso produce.
Di certo una riflessione su questo argomento non
può esaurirsi in questo articolo. I dibattiti su Uber
e AirB&B ci hanno già insegnato quanto sia complesso
e controverso il tema della digitalizzazione dei servizi,
anche nella sua deriva low cost. Rimane la riflessione
su quanto i nuovi luoghi dell’architettura incidano
sull’approccio alla professione da parte sia dei clienti
che dei progettisti. Sono nuove realtà con cui bisogna
fare i conti.
La realtà è
che la qualità
di un progetto
offerto su
GoPillar è
definita dalla
percezione
del valore
che i clienti
e gli autori
stessi
hanno
di quel
progetto.
13. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
WEB E ARCHITETTURA:
COME EVOLVONO LE STRATEGIE
Nuovicontenuti,nuovetecnologie,nuoviprocessi,nuoviluoghi.Tutto
questocomportaanchel’adozionedinuovestrategieperaffrontare
e sostenere il proprio ruolo ed il proprio lavoro di architetto 4.07
.
Oggi un architetto può fare ciò che fino a 15 anni fa non gli era
possibile, cioè comunicare con una massa enorme di “non clienti”.
Può darsi una visibilità ampia e diffusa, un tempo inimmaginabile.
Però questo cambia il tipo di linguaggio, di contenuti e di luoghi
digitali utili ad “ingaggiare” quella massa. Perciò ora è necessaria
una più consapevole gestione della propria presenza e della propria
immagine online. Oggi se qualcuno mi consiglia un professionista
per un lavoro, la prima cosa che faccio è prendere il mio smartphone
e digitare il suo nome su Google. Se poi viene fuori il sito, lo vado a
vedere. A questo punto la mia idea di quel professionista può essere
molto condizionata da ciò che ho trovato. Ormai facciamo tutti così,
non si scappa. Se poi fossi un utente evoluto, gli architetti della mia
zona andrei a cercarli su Houzz, dove potrei anche vedere i loro
progetti.
7. Refferral Marketing: è un metodo per promuovere prodotti o servizi
presso nuovi potenziali clienti usando il passaparola, oggi innescato
e sviluppato sulle piattaforme digitali.
Questo significa qualcosa di banale ma
importante:
1) un architetto (o il suo studio) dovrebbe
avere un sito ben indicizzato da Google;
2) il sito dovrebbe essere “responsive”, cioè
facilmente fruibile dal telefono, perché oggi
la metà degli italiani che navigano lo fanno
da smartphone (il 78% negli USA!);
3) il sito dovrebbe avere contenuti aggiornati,
pertinenti col business del professionista,
coerenti coi suoi obiettivi e soprattutto utili
ai potenziali clienti;
4) oltre al sito, occorrerebbe presidiare i
principali social generalisti (basterebbero
Facebook e Instagram) e tematici (Houzz ad
esempio).
Se in altri settori queste 4 “regole” possono
sembrare scontate, ciò non vale per la
totalità degli architetti italiani, mediamente
poco attenti alla loro dimensione web.
I professionisti del settore si sono sempre
affidati soprattutto al passaparola, ma ora il
passaparola si è evoluto e ha cambiato forma.
Siamo nell’epoca del “Referral Marketing8
”.
Oggi i consumatori non si fidano più di ciò
che le aziende comunicano direttamente,
preferiscono fidarsi di ciò che raccontano
coloro che hanno già fatto esperienza del
rapporto col brand. Facebook, Amazon,
Booking, TripAdvisor, ci hanno dimostrato
quanto sia potente il ruolo delle recensioni
nell’orientare la scelta dei consumatori. La
digitalizzazione negli ultimo 10 anni ha fatto
del passaparola un mostro che ha il corpo di un
ammasso globulare, infinitamente più potente
e meno controllabile di quando aveva la massa
di un messaggio analogico. Oggi la gestione
consapevole della propria dimensione digitale
richiede competenze e attenzioni un tempo
superflue. Per una buona presenza online,
coerenza, congruenza e trasparenza sono le
parole d’ordine e i contenuti sono la chiave.
14. LEONARDO FILIPPETTI / GAROFOLI GROUP
Se l’obiettivo dell’architetto non è
comunicare qualcosa di sé ai suoi colleghi,
ma ad un pubblico di potenziali clienti, allora gli
argomenti ed il lessico dovranno adeguarsi agli
interessi di quel pubblico. Alle persone che non
siano semplici amanti dell’architettura ma che
la consumano, in genere non interessa tanto
un approccio concettuale al progetto. Interessa
di più sapere quali problemi il professionista
è particolarmente bravo a risolvere, quali
soluzioni può offrire, quali vantaggi rispetto
ad altri progettisti è in grado di garantire.
Questo sia che si tratti di un privato, che di un
general contractor. Case histories interessanti,
informazioni utili, elementi differenzianti
che rendano unica la proposta di valore
dell’architetto: sono queste le cose importanti
per i suoi utenti.
Un buon sito, una presenza sui social ben
gestita, la costruzione e gestione di un
valido data-base, possono essere parte di
una strategia di “digital personal branding”
che oggi ogni libero professionista
potrebbeprendereinconsiderazione
per diffondere più ampiamente
e velocemente i suoi contenuti.
Di cosa si tratta? Si tratta di
considerare se stessi come un vero
e proprio brand, attivando una serie di azioni
che possano aumentare il proprio valore
percepito a livello personale e professionale.
Di personal branding si parla da tanti
anni, ma ancora sono pochi coloro che lo
“praticano”. A darne una prima definizione
fu Tom Peters addirittura nel 1997.
Disse che “ognuno di noi è l’amministratore
delegato della sua stessa azienda: la Io Spa”
e che “per essere a pieno nel mercato, oggi,
il compito più importante è essere il capo
marketing del brand chiamato TU”.
Più recentemente la definizione migliore
di questa strategia secondo me l’ha data
Luigi Centenaro: “il personal branding
è la ragione per cui un cliente, un datore
di lavoro, un partner ti sceglie”. Questo
significa che per farti scegliere in mezzo
a tanti colleghi, dovrai comunicare una
serie di valori che possano farti emergere
nettamente, differenziandoti dagli altri in
modo consistente e originale.
Un buon sito, una presenza
sui social ben gestita, la
costruzione e gestione di un
valido data-base, possono
essere parte di una strategia
di “digital personal branding”
Naturalmente tutto dipende dall’obiettivo che il
professionista vuole raggiungere attraverso la sua
presenza online: vuole trovare nuovi clienti? Vuole
accreditarsi presso i colleghi o presso altri partner? Vuole
accrescere la sua visibilità a livello locale o internazionale?
Ogni traguardo avrà il suo percorso, il suo approccio, la
sua strategia.
Aquesto punto so cosa stai pensando: “questo non
è il mestiere dell’architetto, io devo dedicarmi ad
altro, ai progetti…”. Infatti è vero. Però occorre essere
consapevoli di quanto le nuove strategie imposte dal
web siano importanti per poter riuscire a dialogare
con consulenti capaci di condurre il professionista ed il
suo studio nella dimensione digitale. È consigliabile. È
inevitabile.
il personal branding è la ragione per cui un
cliente, un datore di lavoro, un partner ti sceglie