SlideShare a Scribd company logo
1 of 64
Download to read offline
Università degli Studi di Trieste
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica e Informatica
Anno accademico: 2022-2023
Matricola: IN0500678
Implementazione come PFC e studio fisico degli induttori nel circuito di alimentazione
delle pompe di calore.
Candidato: Arlind Hajdini Relatore: Prof. Sergio Carrato
Correlatore: Ing. Giorgio Baglivo
2
Contenuto
Introduzione 3
1. La pompa di calore. 4
1.1. Il ciclo frigorifero 5
1.2. L’inverter 6
1.3. Electromagnetic Compatibility (EMC) & Interference (EMI) 7
1.4. Il sistema di controllo elettronico 8
2. Power Factor Correction 10
2.1. Introduzione al PFC. 10
2.2. Categorie principali di soluzioni PFC [13] 11
3. Studio fisico degli induttori 14
3.1. I principi fisici di funzionamento. 14
3.2. La curva di isteresi. 14
3.3. Induttori DC 16
3.4. Induttori AC 17
3.5. Permeabilità complessa 18
3.6. Skin Effect 19
4. Rumore udibile degli induttori. 20
4.1. Report of audible noise tests on PCM3 & PCM4 3Ph 20
4.1.1. Step by step procedure 20
4.1.2. Contents 20
4.1.3. Conclusions of the tests. 38
4.2. Prove di Ripple; Frequenze 6,5 e 10 kHz 38
4.2.1. Configurazione delle sonde di corrente. 38
4.2.2. Ripple 6,5 kHz. 38
4.2.3. FFT Inverter Ruking. 38
4.2.4. Ripple 10 kHz. 38
4.2.5. FFT Inverter Ariston. 38
4.2.6. Conclusioni delle prove. 48
5. Il circuito di alimentazione. 49
5.1. Report Misure di Tensione (Caduta di tensione del DC link). 50
5.2. Simulazione del modello del circuito di alimentazione dell’inverter. 53
5.3. Simulazioni di misure sul circuito di alimentazione. 60
5.3.7. Conclusioni delle simulazioni 62
6. Conclusioni 63
3
Introduzione
L’attività descritta e finalizzata in questa tesi di laurea è stata svolta presso il dipartimento R&D HHP (heating heat pumps)
Mainstream dell’azienda Ariston Group a seguito di un tirocinio curricolare di sei mesi. L’ambito commerciale nel quale
l’azienda opera è quello del riscaldamento residenziale e della produzione di acqua calda sanitaria, progettando e costruendo
pompe di calore, caldaie e scaldabagni di vario tipo.
L’obiettivo di questo elaborato è l’acquisizione di competenze tecniche nell’ambito elettronico sui sistemi di climatizzazione.
Più precisamente, si sono effettuati studi teorici ed eseguite serie di prove e simulazioni sul circuito di alimentazione delle
pompe di calore per poi indagare sulle problematiche più comuni e valutare possibili soluzioni. Nel nucleo di questo lavoro
stanno gli induttori come componenti supplementari; gli effetti, vantaggi e svantaggi che questi portano alla performance del
sistema. In particolare, è stato analizzato un caso in cui questi componenti inducono nell’ambiente circostante
dell’inquinamento. Inoltre, è stato analizzato l’effetto degli induttori sulla tensione di alimentazione e si sono fatte delle
considerazioni a livello industriale.
Questo studio/analisi ha innanzitutto contribuito alla crescita professionale dell’autore. Inoltre, ha apportato avanzamenti
nello sviluppo dell’efficientamento energetico di una gamma di prodotti di quest’azienda e nell’ottimizzazione dell’utilizzo di
componenti già presenti in BOM (bill of materials) [30] per la prototipazione di nuovi progetti.
Vorrei ringraziare il tutor aziendale per avermi dato la possibilità di imparare e crescere sia professionalmente che
personalmente e tutti i colleghi che hanno condiviso con me la loro sapienza ed esperienza e che mi sono stati vicini in tutte
le attività svolte.
Nel contenuto ci sono riferimenti e nomenclatura interna aziendale che verrà introdotta nel primo capitolo.
4
1. La pompa di calore.
La pompa di calore, il cui funzionamento verrà descritto più avanti, è una macchina che ha come obiettivo la produzione di
acqua a temperatura più alta rispetto a quella in ingresso (in caso di funzionamento in Heating) o più bassa (in caso di
funzionamento in Cooling), per questo motivo prende anche il nome di macchina reversibile. La macchina produce acqua ad
una determinata temperatura, che viene tipicamente immagazzinata in un serbatoio (tank) che serve per garantire una certa
inerzia termica dell’impianto e/o per generare, attraverso un sistema di serpentine separato dal flusso di acqua principale,
l’acqua calda sanitaria.
Quindi, questi sistemi sono costituiti da due parti fondamentali: l’unità esterna e l’unità interna. L’unità esterna, da adesso
in poi chiamata ODU (outdoor unit), è posizionata fuori casa e l’unità interna chiamata IDU (indoor unit) dentro casa. La
ODU rappresenta la macchina termodinamica, che per muovere un compressore utilizza la maggior parte dell’energia
elettrica. La IDU invece, parte della quale è il tank, ha come funzione il mantenimento dell’acqua ad una temperatura stabile,
l’interfaccia con l’utente finale mediante un HMI dedicato, attraverso il quale l’utente può definire il proprio ciclo di
riscaldamento impostando le temperature di setpoint aria/acqua e gli orari in cui attivarle. Nella IDU è tipicamente presente
anche una resistenza elettrica, che serve da back-up nel caso la ODU non funzioni per un qualsiasi motivo, oppure da
integrazione, nel caso in cui la pompa di calore non riesca a produrre la potenza richiesta in quel momento dall’impianto.
Si introduce un po’ di terminologia ed abbreviazioni interni che si utilizzeranno ampiamente in questa tesi.
L’acqua in uscita sarà da adesso in poi indicata con LWT (leaving water temperature), l’acqua in ingresso EWT (entering
water temperature), la temperatura dell’aria OAT/To (outdoor temperature), del refrigerante Tr, dell’evaporatore Te, del
condensatore Tc, del heat-sink associato all’inverter THS.
Tutte le unità sulle quali sono state svolte delle prove hanno il soprannome interno Pacman-x a cui viene associato
l’abbreviazione PCMx dove x può essere 3 o 4.
Lo schema in figura 1.1 illustra la relazione tra ODU, IDU e l’utente.
Le attività svolte in questo settore di ricerca e sviluppo hanno come obiettivo la qualifica degli aggiornamenti tecnologici che
si presentano spesso come degli ECN (engineering change notice), sia software che hardware, indotti dalle richieste del
mercato e dalla conformità dei prodotti con gli standard definiti. Per ogni aggiornamento/proposta di aggiornamento c’è una
serie di prove da eseguire per garantire l’efficacia della soluzione proposta, che a volte si traduce in un fallimento della
qualifica, con conseguente blocco della procedura di messa in produzione. Per ogni prova c’è una serie di passi che
garantiscono la fattibilità, l’esecuzione e la tracciabilità dei dati. Quindi prima di ogni prova si compila una RdP (richiesta di
prova) dove si indicano le condizioni da rispettare, la macchina (intesa come la pompa di calore ricevuta dalla linea di
produzione) sulla quale verrà eseguita la prova e la strumentazione necessaria. Dopo l’esecuzione il report si carica nella
cartella relativa sul server. Lo schema in figura 1.2 illustra la logica che si segue.
Il laboratorio è costituito da sei aree operative: camera EMC (electromagnetic compatibility), camera semi anecoica, area
collaudo, control room, calorimetri, officina. Le attività descritte in questa tesi sono state svolte nell’area collaudo e nei
calorimetri.
L’area collaudo è lo spazio dove le unità vengono posizionate per poter effettuare semplici prove di funzionamento della
macchina come un sistema intero/completo collegata ad un tank e un dry-cooler (ventola esterna che raffredda l’acqua in
uscita dal tank). I calorimetri invece sono camere climatiche, dotate di un sistema di acquisizione dati, controllate dalla
control room che simulano condizioni atmosferiche diverse (temperature e umidità) per la ODU.
Figura 1.1 Relazione tra ODU, IDU e l’utente.
Figura 1.2 Percorso logico per ogni aggiornamento tecnologico.
5
1.1. Il ciclo frigorifero
Questo processo termodinamico ha generato una rivoluzione nell’ambito del comfort termico e ha contribuito tanto al
benessere della popolazione, offrendo la possibilità di conservare prodotti alimentari alle temperature necessarie (nel caso
dei frigoriferi) e trasformare la casa in un ambiente confortevole ed accogliente (nel caso delle pompe di calore o gli AC).
Il sistema è costituito dai seguenti componenti principali: compressore, condensatore (detto scambiatore), valvola
d’espansione (detta EXV), evaporatore (detto batteria). È importante notare le pompe di calore aria/acqua trasferiscono
energia dall’aria all’acqua, mentre i condizionatori, che sono macchine termodinamiche a scambio aria/aria, trasferiscono
energia da aria ad aria stessa.
Prima di descrivere nel dettaglio il ciclo frigorifero bisogna necessariamente introdurre due concetti base della termodinamica
ovvero l’equazione di stato dei gas ideali e l’entalpia le cui formule vengono riportate nelle formule (1.1) e (1.2) rispettivamente,
𝑛𝑅𝑇 = 𝑃𝑉 (1.1)
𝐻 = 𝐸 + 𝑃𝑉 (1.2)
dove n indica la quantità della sostanza/materiale in mole, R la costante termodinamica, T la temperatura in gradi Kelvin,
P la pressione, V il volume, H l’entalpia ed E l’energia interna della massa.
L’entalpia solitamente si interpreta come il calore totale presente nel sistema ovvero l’energia interna (cinetica e potenziale)
della sostanza più il prodotto pressione volume che identificano un punto preciso nel diagramma di stato. Si immagini ad
esempio una cameretta isolata, contenente del gas, chiusa con un pistone mobile. Il gas ha dell’energia sia cinetica che
potenziale; se ad esso viene fornito del calore (es. tramite un fornello) il gas inizia ad espandersi e riesce a sollevare il pistone.
Nello schema in figura 1.1.2, 1.1.3 e 1.1.4 viene illustrato il ciclo frigorifero. I numeri indicano fasi diverse del processo. I
diagrammi di stato riportati, rispettivamente il diagramma T-H e P-H, mostrano ogni fase del ciclo frigorifero.
Si noti che la parte a sinistra della “campana” rappresenta l’area dove il refrigerante è puramente liquido, cioè liquido saturo.
Invece la parte a destra è l’area dove esso è puramente gassoso ovvero gas saturo.
Ad esempio, la fase 1-1’ rappresenta un caso dove il gas uscente dall’evaporatore acquisisce ancora un po’ di calore prima
di entrare nel compressore ma in queste condizioni, essendo ormai saturo, non può più ricevere energia senza subire un
aumento in temperatura.
Tra queste fasi c’è la compressione e l’espansione. Osservando l’equazione di stato durante la compressione si può notare
che T si alza, P si alza, invece V si abbassa per soddisfare l’equazione. Durante l’espansione T si abbassa, P si abbassa e V
si alza. Questo comportamento è attendibile visto che non avvengono scambi di energia con l’ambiente quindi i valori presenti
in entrambi i lati dell’equazione devono rimanere costanti. Nelle altre fasi, cioè nell’evaporazione e la condensazione, siccome
il sistema scambia energia con l’ambiente, l’equazione di stato non vale più. Intuitivamente, chiamandosi “equazione di
stato”, si riferisce a processi termodinamici nei quali la massa presente rimane nello stesso stato fisico, cosa che in queste
fasi non succede.
Quindi durante la condensazione, la massa di refrigerante rilascia calore nell’ambiente mantenendo T e P costante,
abbassando V e trasformando il gas iniziale in un liquido. Invece durante l’evaporazione, la massa di refrigerante assorbe
Figura 1.1.2 Diagramma T-H del ciclo frigorifero [1] Figura 1.1.3 Diagramma P-H del ciclo frigorifero [2]
Figura 1.1.4 Ciclo frigorifero [3]
6
energia dall’ambiente mantenendo T e P costante ed aumentando V. Faccio notare che questo sarebbe il comportamento
ideale, invece nella realtà questi parametri subiscono certamente piccole variazioni ma ovviamente trascurabili.
1.2. L’inverter
Le pompe di calore, come menzionato nell’introduzione di questa tesi, sono macchine elettriche di potenza. Le parti che
utilizzano la maggior parte di questa potenza sono il compressore e l’inverter. Il compressore, considerato il “cuore” della
macchina, è il componente più importante relativamente al ciclo frigorifero ed è colui che assorbe la maggior parte della
potenza.
Storicamente, i sistemi di riscaldamento/raffreddamento nascono come sistemi on/off, che gestiscono l’energia in modo
molto inefficiente, operando con una logica binaria acceso o spento, che oltre allo spreco energetico ed economico portano
anche situazioni di condizionamento estremo, cioè temperature troppo alte o troppo basse oltre che a problematiche di
natura affidabilistica sui componenti del circuito frigorifero. Per evitare tutto ciò, si è pensato di introdurre una tecnologia
ampiamente implementata in altri settori industriali e no, cioè l’inverter, un convertitore DC/AC in grado di regolare la
velocità di un compressore dotato di un motore elettrico brushless. Poter controllare il compressore è molto utile perché ci
permette di richiedere ad esso una resa personalizzata all’istante.
Ci sono varie tipologie di inverter che dipendono dalla potenza erogata ovvero la corrente che riesce a supportare e la
frequenza massima raggiungibile. In questo capitolo si descriverà in grandi linee (anche schemi a blocchi) come questo
componente (si dice componente anche se è un sistema abbastanza complesso a sua volta) funzioni.
Come si vede nella figura 1.2.1 questo sistema è composto da una rete di transistor che tramite le sue combinazioni fa in
modo che la corrente assorbita dal carico sia alternata ovvero la tensione ai suoi capi si inverte periodicamente. Si possono
notare anche i diodi in parallelo ad ogni transistor, che servono per evitare che eventuali correnti generati dal carico induttivo
generino tensioni indesiderate ai capi del transistor.
Fondamentalmente i passi per l’inversione della corrente sono i seguenti:
- Per generare la semionda positiva conducono i transistor S1-S2.
- Per la semionda negativa invece, conducono i transistor S3-S4.
In questo modo il generatore non cambia mai polarità ed eroga sempre la stessa
corrente, ma il carico lo riceve invertito. Questa topologia però non è ancora completa
perché evidentemente la corrente che arriva al carico non è una sinusoide ma
un’onda quadra. Per elaborare questa forma d’onda in modo tale da renderla
sinusoidale si introduce al sistema un controllore attivo che gestisce i tempi di
conduzione dei transistor. La logica che il controllore segue, universalmente chiamata
PWM (pulse width modulation), si basa sul tempo che il carico ha a disposizione per
assorbire corrente dal generatore. Come si vede nella figura 1.2.2, durante un
impulso (viola) il carico inizia a ricevere una corrente (blu) che aumenta finché si
presenta il fronte di discesa.
Come si vede nella figura 1.2.3 il segnale PWM è alto quando l’ampiezza della modulante è maggiore di quella della portante
e basso quando succede il viceversa. Per ottenere correnti con una risoluzione soddisfacente la portante dev’essere di una
frequenza sufficientemente alta (dell’ordine dei kHz) per poter “campionare” meglio la modulante. Quest’ultima invece è di
Figura 1.2.1 Ponte monofase di transistor [4]
Figura 1.2.2 Relazione tra PWM e la
modulante [5]
Figura 1.2.3 Generazione del segnale PWM.
Figura 1.2.4 Campionamento della
modulante [6]
7
una frequenza che viene decisa dal controllore con riferimento alla corrente che si vuole in uscita ovvero per replicarla quasi
idealmente. Si noti che il ripple che si vede nella corrente deve essere molto ridotto, quasi inesistente.
Per l’applicazione nelle pompe di calore (ma anche condizionatori in generale) ogni inverter che si sceglie passa attraverso
un processo di qualifica che contiene varie prove tra cui:
- Matching control che serve per garantire la compatibilità tra il compressore e l’inverter.
- Satisfied setpoint nelle condizioni di carico massimo per assicurarsi che l’elettronica dell’inverter sia abbastanza
robusta per erogare la potenza massima per un’ora, tempo stabilito dal protocollo di test selezionato.
1.3. Electromagnetic Compatibility (EMC) & Interference (EMI)
In questo capito si tratteranno degli argomenti rilevanti all’elettronica industriale. Ogni sistema elettrico/elettronico ha
inevitabilmente un impatto nell’ambiente circostante. Questo impatto si manifesta come un insieme di disturbi
elettromagnetici che vengono eliminati tramite dei filtri e regolati dalle normative sulla sicurezza del consumatore.
1.3.1 Introduzione all’EMC ed EMI.
La compatibilità elettromagnetica viene definita come la capacità di un sistema elettrico/elettronico di operare senza
generare disturbi alla rete elettrica e ad altri sistemi presenti nell’ambiente circostante e anche come la capacità del
sistema di non venire disturbato da segnali spuri provenienti dalla rete stessa.
Siccome al giorno d’oggi l’utilizzo di sistemi e dispositivi elettronici sta aumentando esponenzialmente, viene naturale la
necessità di regolare gli eventuali disturbi provenienti da essi.
D’altra parte, questi sistemi elettrici subiscono disturbi provenienti dall’ambiente esterno che inducono poi rumore e
impurità nell’alimentazione e nei segnali. Quindi per assicurare la robustezza dei sistemi da questo punto di vista
esistono procedure di prove che simulano delle condizioni di funzionamento nelle quali il sistema può trovarsi, ad
esempio: buchi di tensione, rumore flicker ecc. indotti dall’alimentazione stessa in fase di certificazione EMC/EMI.
Per avere la certezza ed eventualmente ottenere la certificazione richiesta dal regolamento sui disturbi provenienti da
questi sistemi c’è una serie di prove che si descriverà brevemente in seguito. Questi disturbi vengono trasferiti
all’ambiente e agli altri dispositivi che si trovano nelle vicinanze in due modi, tramite conduzione e radiazione. Sono
quindi previste delle procedure per entrambe che non verranno trattate nel dettaglio.
• Le misure di emissione condotta vengono eseguite a bassa frequenza (tra i 150kHz e i 30MHz) e vengono
eseguite disaccoppiando la macchina in prova dall’impedenza della rete mediante una rete passiva chiamata
LISN [29]. Le misure di potenza di disturbo (tra 30MHz e 300MHz) si effettuano lungo un cavo di 6 metri, con
un carrello che si muove sul cavo e si ferma nel punto in cui il disturbo è più elevato.
• Le misure delle emissioni radiate invece si effettuano utilizzando delle antenne dentro la camera semi-anecoica
a diverse lunghezze d’onda. I risultati vengono poi mappati da uno software nella forma di uno spettrogramma.
1.3.2. La Direttiva 2014/30/UE e ISO 33.100
La direttiva prevede obiettivi comuni nel contesto delle norme di sicurezza, assicurando che un'apparecchiatura
approvata da un paese membro dell'Unione europea sia conforme per l'uso a cui è destinato in tutti gli altri paesi dell'UE.
Non viene definito alcun standard tecnico specifico, ma semplicemente i produttori devono fare riferimento alle norme
IEC/ISO 33.100 EN. I prodotti conformi alla direttiva sui disturbi elettromagnetici e a tutte le altre norme e direttive
pertinenti il prodotto stesso devono obbligatoriamente essere contrassegnati con la marcatura CE per indicarne la
conformità.
1.3.3. Common Mode Chokes
Nell’alimentazione di sistemi trifase possono presentarsi disturbi di modo comune, cioè presenti identicamente su più
linee che devono essere filtrati per non creare problemi all’interno del sistema. A questo scopo si usano gli induttori
cosiddetti “Common Mode Choke” che sono costituiti da due o più avvolgimenti simmetrici in un nucleo ferromagnetico
(esistono anche nuclei di altri materiali). Questi avvolgimenti sono fatti in modo tale che, quando nei fili passa una
corrente di modo comune all’interno del nucleo si crea un campo elettromagnetico (come si vede nella figura sottostante)
che impedisce il passaggio di correnti ad altra frequenza, cioè si genera un’alta impedenza per queste correnti.
Quando invece si presentano correnti di modo differenziale, nel nucleo si generano due campi elettromagnetici di verso
opposto che si cancellano a vicenda facendo in modo che queste correnti passino. Quindi sostanzialmente, questi
induttori, permettono il passaggio di correnti di modo differenziale ed impediscono il passaggio di correnti di modo
comune (da cui il nome stesso) ad alta frequenza (cioè disturbi), invece le correnti in bassa frequenza riescono a passare.
8
1.3.4. Condensatori Classe X
In una linea di alimentazione si possono presentare disturbi che non ci sono nelle altre linee, chiamati di modo
differenziale. Per evitare la propagazione di questi disturbi al resto del sistema si usano i condensatori cosiddetti di classe
X che vengono collegati tra ogni copia di linee e fanno in modo che i disturbi presenti su una tornino indietro [8]. Vengono
chiaramente scelti con dei valori opportuni per permettere il passaggio di correnti di certe frequenze.
Oltre a questo, c’è un altro motivo per l’utilizzo di questi condensatori, che è la sicurezza dell’utente. Essi sono progettati
in modo tale che, quando si rompono creano un corto facendo in modo che nel sistema ci sia una sovracorrente che
attiva i componenti di protezione (fusibili, differenziali).
1.3.5. Condensatori Classe Y
Nelle linee di alimentazione si possono presentare disturbi chiamati di modo comune. Per evitare questi disturbi, si fa
uso dei condensatori Y che vengono collegati tra linea e terra. In questo modo essi filtrano disturbi in alta frequenza.
Invece per quanto riguarda la sicurezza dell’utente, essi sono progettati in modo tale da rompersi in circuito aperto,
portando così nessun pericolo per l’utente con il costo di non filtrare i disturbi [8].
Nella figura 1.3.5.1 viene mostrato come entrambi i condensatori e il choke vengono posizionati nel circuito. Nel caso
trifase la topologia è analoga.
1.4. Il sistema di controllo elettronico
Il funzionamento della macchina è monitorato e comandato dal sistema di controllo che è composto da tre schede (PCB) alle
quali vengono collegate tutte le periferiche (ventola, valvole, pompa, sensori e sonde). Nella figura 1.4.1 si illustra in modo
chiaro l’architettura di quest’ultimo.
Le tre schede chiamate rispettivamente Energy Manager, Thermodynamic Manager (TDM), Control Board (CB) hanno le
funzioni spiegate di seguito.
Figura 1.3.3 Common Mode Choke [7]
Figura 1.3.5 Esempio di utilizzo di condensatori
classe X e Y [9]
Figura 1.4.1 Schema a blocchi del sistema di controllo (per le sigle si veda il testo).
9
La prima gestisce la comunicazione tra l’interfaccia utente ed il resto del controllo. Inoltre, è responsabile dell’attivazione
della resistenza di backup, la quale è una semplice resistenza elettrica che viene attivata quando la ODU smette di funzionare
per qualsiasi motivo oppure non riesce a raggiungere la temperatura dell’acqua richiesta dall’utente.
La seconda, detta anche TDM, è responsabile della gestione del ciclo termodinamico (ergo il nome). Essa esegue i calcoli
necessari per soddisfare il setpoint finale del sistema (la temperatura dell’acqua in uscita). Le sue periferiche sono elencate
in seguito:
- EWT (Entering Water Temperature)
- LWT (Leaving Water Temperature)
- La sonda di temperatura del refrigerante Tr.
- La pompa.
- Il rilevatore di flusso.
I calcoli da essa eseguiti vengono comunicati tramite il protocollo RS485 alla Control Board, detta anche CB, che ha la
responsabilità di tradurre i segnali che riceve dalle sue periferiche e comunicarli alla TDM e viceversa eseguire gli ordini
ricevuti da quest’ultima. L’elenco delle periferiche viene riportato in seguito:
- Ts (suction temperature; in ingresso al compressore)
- Td (discharge temperature; in uscita al compressore)
- Teo (outdoor evaporator temperature)
- Te (evaporator temperature)
- To (outdoor temperature)
- Valvola di inversione (4WV)
- Valvola di espansione (EXV)
- Ventola
L’ultimo ma non per importanza, l’inverter, è la scheda di potenza ovvero la parte del sistema che eroga le correnti necessarie
per soddisfare il carico e controlla la velocità del compressore in frequenza. Le sue periferiche (non indicate nello schema in
figura 1.4.1) sono:
- Pressostato, un interruttore che si apre quando il suo sensore rileva pressioni troppo alte sulla testa del
compressore.
- Klixon, analogo al Pressostato ma relativo alla temperatura della testa del compressore (punto più caldo del
compressore).
10
2. Power Factor Correction
In questo capitolo della tesi si tratterà un concetto legato alla gestione dell’energia elettrica il cui utilizzo sta diventa
sempre più richiesto. Gli argomenti verranno presentati dal punto di vista circuitale (con schemi e simulazioni) e legale
(normativa).
2.1. Introduzione al PFC.
Nel mondo odierno l’utilizzo dei dispositivi che funzionano tramite energia elettrica sta diventando sempre più
indispensabile per la quotidianità. Questi dispositivi hanno spesso componenti o sottosistemi di tipo reattivo (induttori
e condensatori). Per questo motivo, l’energia che viene prelevata dalla rete è superiore a quello che in realtà questi
dispositivi e macchine consumano, si parla infatti di Potenza Attiva, Potenza Reattiva e Potenza Apparente [10].
L’esistenza della quota reattiva della potenza indica che c’è una corrente che viene scambiata tra rete e dispositivo e
poi restituita alla rete. La potenza reattiva sarebbe da minimizzare per ottimizzare la richiesta di corrente dalla rete
elettrica.
Le macchine con motori pilotati da inverter generano rotazioni meccaniche del rotore mediante eccitazione elettronica
a frequenza variabile. Come spiegato nel capitolo precedente, la forma d’onda di corrente viene generata nell’inverter
mediante modulazione PWM, modulazione basata su una commutazione ad alta frequenza. Questo segnale ad alta
frequenza si propaga verso la rete provocando distorsioni armoniche sulla corrente di ingresso.
Ultimo motivo ma non meno importante degli altri è la compatibilità del sistema elettrico con i regolamenti e le norme
sulla sicurezza ed il benessere del consumatore. Cioè, il sistema non deve introdurre nella rete elettrica rumore in certe
frequenze che superi delle ampiezze note (normativa CEI-EN61000-3-2).
Per regolare questi fenomeni si usano i filtri/sistemi PFC. Questi circuiti modellano la corrente in ingresso in modo che
risulti in fase rispetto alla forma d'onda della tensione d'ingresso e che non sia quindi impulsiva, cosa che rende la
corrente in uscita dal punto di vista frequenziale esente (o quasi) da armoniche a frequenze diverse.
2.1.1. Normativa Europea CEI-EN61000-2-3
Come discusso precedentemente, la necessità del PFC arriva dal fatto che la tensione/corrente nei dispositivi di utilizzo
quotidiano subisce distorsioni dovuti a carichi attivi. Queste distorsioni presentano in rete disturbi in frequenza che
non sono completamente eliminabili, però si possono certamente limitare ed il limite di corrente associato a
ciascun’armonica è riportato nella tabella 2.1.1 e nella figura
Tabella 2.1.1 Valori numerici dei limiti [11]
La normativa EN61000-3-2 si applica solo a macchine con correnti d’ingresso fino a 16A di Classe A, cioè
elettrodomestici comuni, lampade, sistemi trifase e così via, fino alla 40-esima armonica, invece per correnti superiori
si applica la EN61000-3-12.
Ordine Armonica n Limite Corrente (A)
Pari
2 1.08
4 0.43
6 0.3
8<n<40 0.23*8/n
Dispari
3 2.3
5 1.4
7 0.77
9 0.4
11 0.33
13 0.21
15<n<39 0.15*8/n
Figura 2.1.1 Limiti delle emissioni rispetto alla corrente [12]
11
2.2. Categorie principali di soluzioni PFC [13]
I circuiti che fanno il PFC sono molto vasti e dipendono da molti fattori tra cui: condizioni atmosferiche, dimensioni,
potenza ecc. Le due categorie principali comunque sono:
- Passivo
• Con induttore lato AC.
• Con filtro passa banda risonante serie LC.
• Con filtro elimina banda risonante parallelo LC.
• Con filtro a trappola di armoniche.
- Attivo
• Buck converter
• Boost converter
2.2.1 PFC Passivo
I circuiti PFC Passivi sono costituiti da componenti indipendenti, cioè non controllati da IC o altre logiche simili [28].
Solitamente sono dei filtri o anche filtri risonanti in una certa frequenza.
- Con induttore lato AC
Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.1a, è costituito da un semplice induttore che per il principio fisico della sua
costruzione, “combatte” le variazioni istantanee di corrente facendo in modo che la corrente in uscita del sistema sia
molto meno impulsiva, cioè che si avvicini il più possibile ad un’onda sinusoidale.
- Con filtro passa banda risonante serie LC
Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.2°, è costituito da una serie induttore condensatore che risuona in una certa
banda di frequenze facendo in modo che passi solo il segnale/corrente di quella banda. Si può configurare, cioè si
possono scegliere i valori dei componenti tali per i quali il filtro lasci passare solo la banda utile della linea.
- Con filtro elimina banda risonante parallelo LC
Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.3a è costituito da un parallelo induttore condensatore che risuona ad una
certa banda di frequenze facendo in modo che si blocchino le armoniche della banda eliminante. Scegliendo i valori dei
componenti si può decidere eventualmente quali armoniche eliminare.
Figura 2.2.1.1a Filtro induttivo [13]
Figura 2.2.1.1b Onda di corrente uscente dal filtro.
Figura 2.2.1.2a Filtro LC serie [13] Figura 2.2.1.2b Onda di corrente uscente dal filtro.
Figura 2.2.1.3a Filtro LC parallelo [13]
Figura 2.2.1.3b Onda di corrente uscente dal filtro.
12
- Con filtro a “trappola di armoniche”
Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.4a è costituito da una serie RLC in parallelo al segnale d’ingresso ed un
induttore in serie alla sorgente. Viene considerato un miglioramento dei due precedenti poiché ha il picco di risonanza
di una certa frequenza e fa in modo che si elimini solo un’armonica. Si possono mettere più filtri a trappola per eliminare
più armoniche dal segnale.
Si possono considerare diverse combinazioni dei filtri descritti sopra per permettersi un maggiore livello di dettaglio
nella “pulizia” del segnale dalle armoniche.
Dall’altra parte, in questi circuiti si può presentare il fenomeno della risonanza ad alte frequenze, cioè se un filtro elimina
banda risonante parallelo attenua nella sua banda, potrebbe capitare che esso risuoni e quindi amplifichi in un’altra
banda risultando quindi eventualmente in un peggioramento di altre armoniche.
Nella figura 2.2.1.5 viene riportata la forma d’onda della corrente di un circuito senza PFC. È evidente la distorsione e
la necessità del filtro.
2.2.2. PFC Attivo
I circuiti PFC Attivi sono costituti da dei transistor controllati da una certa logica (un IC/PCB) [28] che fanno il cosiddetto
“current shaping” cioè, danno una forma all’onda di corrente [13]. Questi Switch (transistor) possono operare in due
modalità, CCM o DCM cioè Continous Conduction Mode o Discontinous Conduction Mode rispettivamente [25].
- Buck converter
Questa topologia di circuito PFC fa in modo che l’inviluppo della corrente sul carico, cioè in uscita, sia di forma
sinusoidale. Lo si realizza come illustrato nella figura 2.2.2.1.
L’induttore in questo caso opera in modalità DCM. Lo Switch si attiva quando la semionda in ingresso ha raggiunto un
certo livello di tensione che deve essere maggiore di quello in uscita (sennò non avremmo corrente). Quando esso si
attiva, la corrente scorre nell’induttore caricandolo e poi passa sia nel condensatore che al carico. Quando invece esso
si “spegne”, la corrente, per il principio di funzionamento dell’induttore continua a scorrere nel carico e torna indietro
tramite il diodo D. Quando l’induttore ha rilasciato tutta l’energia conservata, il condensatore inizia a scaricarsi sul
carico mantenendo un livello di tensione abbastanza stabile. Poi lo Switch si attiva di nuovo iniziando da capo il ciclo.
Figura 2.2.1.4a Filtro multiplo RLC serie [13]
Figura 2.2.1.592b Onda di corrente uscente dal filtro.
Figura 2.2.1.5 Corrente in assenza di PFC.
Figura 2.2.2.1a Buck Converter [13]
13
L’idea di questa topologia sta nel fatto che al carico non arriva mai la tensione massima. Essendoci uno Switch che
impedisce la corrente periodicamente, riesce a passare solo una sua percentuale che analiticamente viene
rappresentata dal duty cycle D (si veda l’equazione 2.2.2).
𝐷 =
𝑉𝑂𝑈𝑇
𝑉𝐼𝑁
(2.2.2)
Una delle cose da notare è che in questo caso, siccome la corrente può scorrere solo quando la tensione in ingresso è
maggiore di quello in uscita, si genera una distorsione della forma d’onda della corrente che ha un effetto negativo sul
PF.
Per quanto riguarda la corrente invece, essa arriva dal ponte di diodi ad impulsi e la presenza di un induttore fa in
modo che questi impulsi non possano arrivare direttamente al carico. Quindi, la corrente all’inizio si accumula
nell’induttore per poi essere rilasciata nel carico.
- Boost converter
Questa topologia di circuito PFC, dal punto di vista della forma d’onda della corrente, fa la stessa cosa di Buck con la
differenza che in questo caso la tensione in uscita è maggiore di quella in ingresso e l’induttore opera in modalità CCM
facendo in modo che la corrente al carico non sia mai nulla. Lo si realizza come illustrato nella figura 2.2.2.2a.
L’induttore in questo caso opera in modalità CCM facendo in modo che sul carico passi sempre della corrente,
ottenendo così una forma d’onda sinusoidale senza distorsione alle estremità come nel caso Buck. Lo Switch si attiva
subito e dopo che la corrente sia passata nell’induttore, scorre verso l’interruttore di potenza e va a massa. Invece dopo
il picco della semionda, lo Switch si apre facendo in modo che la corrente immagazzinata nell’induttore vada verso il
condensatore e il carico. Dopo la richiusura dello switch, la corrente dell’induttore va verso massa e il condensatore si
scarica attraverso il carico. Si ottiene così una corrente che oscilla ma non si annulla mai (si veda la figura 2.2.2.2b).
Inoltre, è importante notare che il tempo durante il cui lo switch rimane aperto, al condensatore arriva della corrente
ovvero carica elettrica e dopo ogni periodo questo carico accumulato aumenta sempre di più ottenendo alla fine ai
suoi capi una tensione maggiore di quella in ingresso. Questo rende intuitivo anche il nome stesso “Boost”.
Figura 2.2.2.1b Tensione/corrente in uscita [13]
Figura 2.2.2.2a Boost Converter [13]
Figura 2.2.2.2b Tensione/corrente in uscita [13]
14
3. Studio fisico degli induttori
In questo capitolo viene descritta la costituzione ed il funzionamento degli induttori come componente basilare di
tantissimi circuiti elettronici.
3.1. I principi fisici di funzionamento.
Un induttore è un componente complesso dal punto di vista tecnologico e funzionale.
I parametri che caratterizzano il componente sono:
• Corrente
• Numero di avvolgimenti
• Area della sezione del nucleo.
• Curva di impedenza alle varie frequenze.
descritti dalle relazioni:
𝐿𝑆 = 𝜇0𝜇𝑛
𝑁2𝐴
𝑙
(3.1) Solenoide 𝐿𝑇 =
𝜇0𝜇𝑛𝑁2𝐴
2𝜋
𝑙𝑛
𝑅
𝑟
(3.2) Toroide
𝑍𝐿 = 𝑗𝜔𝐿 (3.3)
dove L indica l’induttanza, μ0 la permeabilità magnetica dell’aria, μn la permeabilità del nucleo, N il numero di avvolgimenti,
A l’area della sezione del nucleo, 𝑙 la lunghezza del filo, ZL l’impedenza del componente e ω la pulsazione/frequenza angolare.
Invece nel caso toroidale, R indica la distanza dal centro all’esterno della sezione, r la distanza dal centro all’interno e 2𝜋 è
relativo al perimetro della sezione rettangolare.
3.2. La curva di isteresi.
Nelle relazioni che descrivono le induttanze LS e LT, (3.1) e (3.2) rispettivamente, si vede la dipendenza dalla permeabilità
magnetica. Quest’ultima fa in modo che l’induzione magnetica riesca a passare facilmente nel core, permettendo così
maggiore densità di flusso. Un modo per vedere qualitativamente la relazione tra l’intensità di induzione magnetica 𝐻
⃗
⃗ e la
densità di flusso 𝐵
⃗ [14] ovvero il flusso nell’area della sezione del materiale, sono le curve di isteresi. La scelta di queste
grandezze come ascissa (il flusso) e ordinata (l’induzione) è dovuta al fatto che in questo modo la curva è indipendente dalle
dimensioni del componente trattandosi di densità di flusso e non flusso totale.
La magnetizzazione [15] avviene quando al nucleo (o a qualsiasi materiale ferromagnetico) viene forzata una forza magnetica
ovvero un’intensità di campo magnetico generato dal filo. Gli atomi che compongono il materiale, sotto questa intensità di
campo si magnetizzano ovvero si allineano con le linee di flusso. Però c’è un limite al numero di atomi disponibili alla
magnetizzazione e quindi con l’aumento dell’intensità del campo ci sono sempre meno atomi a polarizzarsi. Quando si
raggiunge questa soglia, il nucleo si dice saturo. Viene riportato un esempio di questa curva, nella figura 3.2.1.
Il nome isteresi è dovuto alla caratteristica di retentività del materiale che è una forma di momento d’inerzia magnetico ovvero
la tendenza delle particelle che compongono il materiale di rimanere magnetizzate con una certa polarizzazione. La retentività
fa in modo che, quando si cerca di polarizzare inversamente il nucleo, gli atomi di quest’ultimo resistano al cambiamento e
chiedano un’intensità di campo nel verso opposto. Ciò porta ad un ritardo nella generazione del campo inverso e si ha, come
si vede nella figura, una curva di magnetizzazione non lineare.
Ci sono modi per rendere questa curva più lineare e quindi traslare la soglia di saturazione a valori di intensità di campo
più elevati. Questo si può ottenere analizzando diversi materiali e scegliendo tra di loro uno od una combinazione.
Come si vede nella figura 3.2.2, il nucleo potrebbe anche essere del tutto eliminato dal componente, facendo in modo che ci
sia solo dell’aria però l’energia immagazzinata (l’area all’interno della curva) sarà molto ridotta rispetto ad un core
ferromagnetico. Sarebbe addirittura nulla siccome la curva è una retta di equazione B=μ0H (quindi area nulla). Questo non
vuol dire che non ci sarà un campo magnetico, ma che non si immagazzina niente e il campo generato rimane attivo solo
quando c’è corrente.
Figura 3.2.1 Curva di isteresi generica [16]
15
È chiaro che il nucleo è essenziale per l’immagazzinamento dell’energia perché tramite la sua retentività riesce a sostenere
un campo magnetico. Quindi si passa ad una soluzione con un nucleo fatto di materiale ferrite. Come si vede nella figura
3.2.3, le ferriti hanno una curva di isteresi piuttosto estrema; richiedono un’intensità di campo elevata per cambiare
polarizzazione e saturano velocemente ma solo per grandi valori di intensità. Inoltre, hanno tanta capacità di
immagazzinamento come si vede dall’area racchiusa dalla curva.
Questo dà un’idea su come l’utilizzo di un unico materiale può non essere la strategia ottimale e quindi per ottenere dei
risultati soddisfacenti si presenta la necessità di usare una combinazione. Tutto questo si può anche notare nelle formule
(3.1) e (3.2), dove μn indica la permeabilità del nucleo e in sua assenza ciò che rimane è μ0 che ha un valore piuttosto basso,
facendo quindi in modo che l’induttanza diminuisca.
Andando più nel dettaglio si nota che ci sono diverse tipologie di materiali con caratteristiche diverse che dipendono anche
dalle dimensioni/geometria. In particolare, si può notare che il nucleo può essere costruito con materiali differenti, ognuno
con diverse capacità di immagazzinare energia, come si può vedere nella tabella 3.2.1; nella stessa tabella è riportata anche
la permeabilità relativa che rende più facile il confronto tra i diversi materiali essendo l’ordine di grandezza 10-x di difficile
percezione per l’essere umano.
Tabella 3.2.1 Permeabilità di materiali diversi [17]
Materiale
Permeabilità
relativa,
Permeabilità,
max. , m / m 0 μ (H/m)
Vuoto 1 1.25663706212 ×
10−6
( μ0 )
Metglas 2714A (ricotto) 1000000 1.26×100
Ferro (Fe puro al 99,95% ricotto in H) 200000 2.5×10−1
Permallo 100000 1.25×10−1
NANOPERMA® 80000 1.0×10−1
In metallo 50000 6.3×10−2
In metallo 20000 2.5×10−2
Cobalto-ferro
18000
2.3×10−2
(materiale a strisce ad alta permeabilità)
Ferro (puro al 99,8%) 5000 6.3×10−3
Acciaio elettrico 4000 5.0×10−3
Acciaio inossidabile ferritico (ricotto) 1000 – 1800 1.26×10−3
– 2.26×10−3
Acciaio inossidabile martensitico (ricotto) 750 – 950 9.42×10−4
– 1.19×10−3
Ferrite (zinco manganese) 350 – 20 000 4.4×10−4
– 2.51×10−2
Composto in polvere Mo-Fe-Ni
14 – 550
1.76×10−5
– 6.91×10−4
(polvere di molypermalloy, MPP)
Composto in polvere di nichel ferro 14 – 160 1.76×10−5
– 2.01×10−4
Al-Si-Fe powder compound (Sendust) 14 – 160 1.76×10−5
– 2.01×10−4
Composto di polvere di ferro 14 – 100 1.76×10−5
– 1.26×10−4
Acciaio al carbonio 100 1.26×10−4
Nichel 100 – 600 1.26×10−4
– 7.54×10−4
Acciaio inossidabile martensitico (temprato) 40 – 95 5.0×10−5
– 1.2×10−4
Acciaio inossidabile austenitico 1,003 1.260×10−6
– 8.8×10−6
Magnete al neodimio 1,05 1.32×10−6
Platino 1,00026500 1.256970×10−6
Alluminio 1,00002200 1.256665×10−6
Aria 1,000000370 1.25663753×10−6
Acqua 0.999992 1.256627×10−6
Bismuto 0.999834 1.25643×10−6
Carbone pirolitico 0.9996 1.256×10−6
Superconduttori 0 0
Nota bene: la pendenza della retta nel grafico della figura
3.2.2 è esagerata per mostrare la relazione tra B e H.
Nella realtà essa sarebbe molto più declinata verso l’asse H.
Figura 3.2.2 Curva di isteresi dell’aria
Figura 3.2.3 Curva di una ferrite [16]
16
Con l’aumento della permeabilità del nucleo diminuisce il campo magnetico che esso può sostenere. La relazione (3.4)
rappresenta il rapporto tra l’intensità del campo H e la densità del flusso B.
𝐵 = 𝜇𝑛𝐻 (3.4)
Questo indica che un materiale con alta permeabilità è facilmente polarizzabile in un campo magnetico ma è altrettanto
facile che il campo che esso sostiene si perda non appena la sorgente che l’ha generato non ci sia più. Negli induttori in DC
tale comportamento è da evitare perché significa che l’energia immagazzinata si potrà perdere in tempi troppo brevi. Per
risolvere questo problema si rivolge ai materiali con permeabilità più basse.
Le curve nella figura 3.2.4 danno un’idea su come materiali diversi hanno capacità energetiche differenti. Si nota che l’area
racchiusa dalla curva di isteresi per ogni caso è diversa. BR indica la retentività, HC indica la coercività [18], cioè l’abilità del
materiale di rimanere polarizzato con un campo magnetico. Questi due parametri non si tratteranno nel dettaglio.
3.3. Induttori DC
Questi induttori sono utilizzati maggiormente per immagazzinare l’energia in convertitori DC/DC come nel caso di Buck e
Boost a seconda della loro modalità di corrente CCM o DCM. La differenza principale con gli induttori in AC è che sono
sottoposti per la gran parte del tempo a tensioni e correnti continue. La loro progettazione richiede la conoscenza dei
parametri base cioè IDC, IPicco, il ripple della corrente, il limite di sovracorrente ecc.
Nonostante questi componenti siano usati in DC ci sono sempre dei cicli di carica-discarica, quindi, bisogna tenere conto
della corrente di ripple in AC. Inoltre, si deve anche conoscere il limite di sovracorrente per fare in modo che l’induttore abbia
la capacità di sopportare qualsiasi impulso di corrente imprevisto proveniente dal circuito o dalla rete. Inoltre, l’induttanza
minima utile si deve calcolare tendendo conto della corrente IPicco perché esso è uno dei parametri (si vedano le formule in
seconda pagina) che descrive l’energia che il componente deve conservare.
Di solito nella costruzione di questi componenti si tiene conto della bassa riluttanza del nucleo, che porta alla saturazione
anticipata della densità di flusso. In modo analogo nei circuiti elettrici, una resistenza bassa porta ad alti valori di corrente
per tensioni piuttosto basse. Nella formula (3.5) viene riportata la relazione tra riluttanza, forza magnetica e flusso e l’analoga
tra resistenza, tensione e corrente:
𝑟 =
𝐹
𝛷
=
𝑙
𝜇0 ∙ 𝜇𝑛 ∙ 𝐴
𝑅 =
𝑉
𝐼
(3.5)
dove F indica la forza magnetica, 𝛷 è il flusso, 𝑙 lunghezza del filo, A l’area della sezione, 𝜇0 permeabilità dell’aria e 𝜇𝑛 del
nucleo.
Per risolvere questo problema, all’interno del nucleo si realizza un gap, cioè uno spazio contenente dell’aria che aiuta ad
alzare la riluttanza magnetica e fa in modo che il componente non vada subito in saturazione. In altri casi però, si preferisce
usare un approccio diverso, sfruttando sempre l’aria ma invece di realizzare un gap all’interno del nucleo, si realizza un
nucleo costituito da una miscela di particelle del metallo ferromagnetico e bolle d’aria tramite una soluzione collegante. In
questo modo si evitano le cosiddette perdite marginali che appaiono nella superficie di contatto tra il metallo e l’aria. Inoltre,
siccome l’aria ha una permeabilità diversa, l’induttanza cambia in relazione ad essa e quindi si modifica anche il suo valore.
Figura 3.2.4 Comportamento di materiali diversi sul campo magnetico [18]
Figura 3.3.1 Corrente continua realistica [19]
17
Nella figura 3.3.3 viene mostrato come questo processo cambia le caratteristiche dell’induttore.
Si può facilmente notare in questa figura che il componente riesce a seguire l’aumento dell’induzione magnetica H per lo
stesso livello di densità di flusso, mentre prima saturerebbe come mostrato in figura (curva blu). Ciò significa che, se prima
l’induttore andava in saturazione ad un certo valore di H, dopo la modifica la saturazione avviene ad un’intensità maggiore.
Si ottiene quindi una relazione più lineare tra l’induzione e la densità di flusso.
3.4. Induttori AC
I componenti di questa tipologia vengono impiegati principalmente nei filtri EMI come CMC (Common Mode Choke), DMC
(Differential Mode Choke), filtro LCL e anche nei sistemi elettronici più piccoli nella forma dei IC/microchip sempre per
filtraggio di segnale.
Per la loro progettazione è necessario conoscere dei parametri quali: IDC per tenere conto delle perdite resistive del filo
conduttore, la banda di frequenze dove opererà ecc.
Una caratteristica particolare è l’impedenza di questi componenti e i vari parametri dai quali essa dipende. Nel grafico della
figura 3.4.1 è riportato un esempio della curva dell’impedenza e si nota come il valore a basse frequenze di quest’ultima
cambia al variare della frequenza secondo la relazione |𝑍𝐿|𝑑𝐵 = 20𝑙𝑜𝑔 (𝜔𝐿) .
Però come si vede dal diagramma del modulo nella figura 3.4.1 il componente al raggiungimento di una certa frequenza (in
questo caso circa 250 kHz) va in risonanza e poi smette di operare come un induttore. Quella frequenza descrive il limite
della sua banda e per tutte le altre frequenze si nota il fenomeno delle capacità parassite. Cioè, a frequenze elevate, le
capacità che esistono tra due fili conduttori isolati iniziano a fare il loro effetto e quindi il componente diventa una reattanza
capacitiva. Si deve fare in modo che la frequenza di risonanza sia abbastanza lontana dalla massima frequenza utile. Infatti,
è immediato osservare nel grafico della figura 3.4.2 che con l’aumento dell’induttanza, aumenta l’impedenza ma anche si
stringe la banda utile. Si può notare che il picco di risonanza si sposta nelle frequenze più basse.
Figura 3.3.3 Differenza tra nucleo con traferro e senza [20]
Figura 3.4.1 Diagramma di Bode dell’impedenza di un induttore [21]
Figura 3.4.2 Comportamento dell’impedenza rispetto all’induttanza [22]
18
Questa frequenza di risonanza viene descritta dalla relazione (3.6).
𝑓 =
1
2𝜋√𝐿 ∙ 𝐶′
(3.6)
dove L indica l’induttanza e C’ indica la capacità parassita del circuito equivalente.
3.5. Permeabilità complessa
La permeabilità magnetica generalizzata è un parametro complesso, quindi ha una parte immaginaria resistiva e una parte
reale induttiva. In fase di progettazione, la scelta del materiale e quindi della permeabilità dev’essere ottimizzata per l’utilizzo
del componente, perché in AC maggiormente gli induttori si usano come filtri e devono essere in grado di dissipare l’energia
dei disturbi quindi la permeabilità deve avere parte immaginaria resistiva alta (e parte reale induttiva bassa), invece in DC
dove questi componenti si usano per immagazzinare l’energia la permeabilità deve avere parte reale induttiva alta (e parte
resistiva bassa).
Per descrivere meglio questo concetto, nella formula (3.7) viene riportato un modello matematico di calcolo della
permeabilità magnetica con particolare attenzione alle parti reale ed immaginaria.
𝑍 = 𝑅𝑓 + 𝑗𝜔𝐿𝐶 = 𝑅𝑓 + 𝑅𝑛(𝜔) + 𝑗𝜔𝐿 (3.7)
dove Rf indica la resistenza del filo conduttore, LC indica l’induttanza complessa, Rn è la resistenza equivalente del nucleo,
L è l’induttanza del componente e 𝜔 la frequenza angolare(pulsazione).
Poi seguendo il calcolo della relazione (3.7) si ha:
𝑗𝜔𝐿𝐶 = 𝑅𝑛(𝜔) + 𝑗𝜔𝐿 (3.8)
𝐿𝐶 = 𝐿 − 𝑗
𝑅𝑛(𝜔)
𝜔
(3.9)
quindi la permeabilità si può ricavare nel modo seguente (utilizzando le formule 3.1, 3.2, 3.3 e 3.9):
𝜇𝑛 =
𝑙
𝑁2𝐴𝜇0
𝐿𝐶 =
𝑙
𝑁2𝐴𝜇0
(𝐿 − 𝑗
𝑅𝑛(𝜔)
𝜔
) = 𝜇𝑟 − 𝑗𝜇𝑖 (3.10)
dove μr indica la parte reale e μi la parte immaginaria.
La parte reale, come si vede nella formula (3.10), è proporzionale all’induttanza e quindi è legata alla capacità di
immagazzinamento energetico invece la parte immaginaria è proporzionale alla resistenza equivalente del nucleo ed è quindi
legata alla dissipazione dell’energia dei disturbi. Quindi si deve fare in modo che un induttore di un certo valore L sia
costruito con un nucleo caratterizzato da una capacità di immagazzinamento e/o di perdita dell’energia.
Si può notare nel diagramma di Bode della figura 3.5.1 (anche nelle formule di sopra) come le componenti della permeabilità
variano con la frequenza. Le curve nel grafico mostrano l’andamento della parte induttiva (μ’) e resistiva (μ’’) di una ferrite
di composizione MnZn che solitamente si usa per filtrare le frequenze alte avendo una resistività elevata e induttività sempre
più bassa partendo da 1MHz.
Figura 3.5.1 Diagramma di Bode della permeabilità resistiva e induttiva [23]
19
3.6. Skin Effect
Un altro fenomeno che avviene negli induttori utilizzati in frequenza, che di solito vengono costruiti con fili di sezione
circolare, è quello chiamato “effetto pelle” che si nota quando la frequenza è alta. Ciò significa che in tali frequenze la corrente
nei fili non scorre più sull’intera sezione ma solo sulla superficie del conduttore trovandosi così in una situazione di
resistenza maggiore. La soluzione in questo caso è immediata e sta nell’utilizzo di fili conduttori piatti della stessa area però
sezione maggiore. Tale modifica viene illustrata nelle figure 3.6.1 e 3.6.2. Questa soluzione è conveniente sia per fare in
modo che il componente supporti correnti a frequenze elevate che per riuscire ad occupare sempre meno spazio fisico sui
PCB o più in generale nelle carcasse.
Figura 3.6.1 Filo piatto vs filo rotondo [24] Figura 3.6.2 Vantaggio in spazio del filo piatto
[24]
20
4. Rumore udibile degli induttori.
Premessa: PCM ovvero Pacman è il soprannome della gamma delle pompe di calore utilizzata per queste prove. Il contenuto è
scritto parzialmente in inglese perché è stato condiviso con i fornitori in Cina.
In questo capitolo vengono riportati dei report che riguardano delle prove di rumore udibile proveniente dalla coppia inverter
induttori che si è notato in qualche macchina della gamma di pompe di calore in produzione. Questo rumore si sente solo
nei momenti in cui la macchina è in modalità preheating essendo il compressore e tutte le periferiche (ventola, pompa,
valvole) spente.
Quando la macchina è spenta e si trova in un ambiente a temperature troppo basse, c’è il rischio che la quantità di
refrigerante accumulata dentro il compressore si trasformi in liquido che è una condizione da evitare alla riaccensione del
compressore. Per evitare questo fenomeno, l’inverter eroga in continuazione una corrente sufficiente per scaldare gli
avvolgimenti del motore del compressore e fare in modo che il refrigerante evapori, ma insufficiente per muovere il rotore.
Questo meccanismo ovvero questa modalità viene denominata “preheating”.
Le prove, di varie tipologie, hanno come obiettivo l’identificazione della causa del rumore e poi l’abbassamento dell’intensità.
Come si vedrà nelle pagine successive, il primo passo è capire se questo rumore proviene dall’inverter o dagli induttori. Poi
sono state eseguite delle prove di corrente per capire se la causa è il ripple di quest’ultima calcolando anche la FFT per ogni
caso.
Per avere la riferibilità dei risultati si sono considerati due casi di inverter, Ariston e Ruking (uno dei fornitori), con una
differenza funzionale. Gli inverter hanno frequenze di switching diverse (nel caso di Ruking a 6,5 kHz invece nel caso di
Ariston 10 kHz). Questa differenza tra gli inverter permette di valutare se il rumore dipende anche dalla frequenza o meno.
4.1. Report of audible noise tests on PCM3 & PCM4 3Ph
Pre-considerations:
For all the tests the software used is FFT Wave Version 1.3 at a sampling rate of 22.05 kHz and the integrated microphone
of an iPhone XR. For all configurations it has been tried to show the frequency spectrum in 2 different versions: a close up
at 6,5 kHz or 10 kHz depending on the inverter and the whole audible spectrum.
Machines under test:
2021-086 PCM3 3Ph, 2021-117 PCM4 3Ph.
Scope:
Evaluate the audible noise generated by the inductor-inverter set of the machines with two different types of inductors. The
first, from now on called “existing inductors”, which are already mounted on the machine in the production site and the
second, from now on called “new inductors”, which were offered as a possible solution to the noise problem from the suppliers
and conclude by comparing the results obtained at different distances and configurations.
4.1.1. Step by step procedure
1. Measure the noise of the machine without any modification.
2. Repeat the measure positioning the old inductors and the inverter close to the machine (not inside though) and
respecting arbitrarily fixed distances.
3. Repeat the measure positioning the old inductors close and the inverter at an approximately 2,5 m distance from
the machine.
4. Do the same thing with the new inductors.
4.1.2. Contents
4.1.2.1. Setup configuration of PCM4.
4.1.2.2. PCM4 Spectrograms.
4.1.2.3. Setup configuration of PCM3.
4.1.2.4. PCM3 Spectrograms.
4.1.2.5. PCM3 configuration at about 2,5 m.
21
4.1.2.1. Setup configuration of PCM4
Figure 4.1.1 Inverter and inductors position referred to the
machine.
Figure 4.1.2 Microphone – inductors.
Figure 4.1.3 Inverter and inductors positioned externally.
Figure 4.1.4 Distance between inductors.
22
4.2.2.2. PCM4 Spectrograms
On the following pages there are the results of the measurements with the respective description.
The goal of these measurements is not to numerically confront the noise intensity, but to qualitatively analyze and discuss
how it changes and which could be the possible variables.
The red graph that shows up in every figure or better said in every FFT is related to the maximum intensity reached by the
received signal; it shouldn’t be taken into account since it presents itself due to instantaneous or impulsive changes which
isn’t the goal of these measurements.
1. Existing inductors, with the inverter close by (as in figure 4.1.3); mic positioned near the inductors.
It’s very noticeable, in figure 4.1.5, the noise peak at 10 kHz which would be the switching frequency of the three
phase Ariston inverter.
2. New low noise inductors with the inverter close by; mic positioned near the inductors.
It’s noticeable, in figure 4.1.6, the same peak at 10 kHz. So far no difference can be made between the two inductors.
Figure 4.1.5 FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a large relatively large spectrum.
Figure 4.1.6 FFT of audio signal, received near the new inductors, in a relatively large spectrum.
23
3. Existing inductors with the inverter close by; measured close to the inverter (the tapes near the inverter indicate the
mic position).
The peak at the same frequency, presented in figure 4.1.7a and b, shows up as in the other configurations.
In the case presented in figure 4.1.7b the peak shows up with a slightly lower intensity which could be due to the
background noise or the computational capacity of the acquisition software.
Figure 4.1.7a FFT of audio signal, received near the inverter, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.7b FFT of audio signal, received near the inverter, in a narrow spectrum.
24
4. New low noise inductors with the inverter close by; mic positioned near the inverter.
As shown in figure 4.1.8, the new inductors don’t seem to have any noticeable reductive effect on the noise intensity.
The case presented in figure 4.1.8b is analogous to the one in figure 4.1.7b.
Figure 4.1.8a FFT of audio signal, received near the new inductors, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.8b FFT of audio signal, received near the new inductors, in a narrow spectrum.
25
5. Existing inductors with the inverter at about 2,5 meters; mic positioned near the inductors.
In the case shown in figure 4.1.9a remains noticeable the peak at 10 kHz although in this case it’s not indicated by the
software due to the presence of other background noises.
The case of presented in figure 4.1.9b is analogous to the other two cases mentioned above.
Figure 4.1.9a FFT of audio signal, received near the existing inductors at about 2,5 m from the inverter, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.9b FFT of audio signal, received near the existing inductors at about 2,5 m from the inverter, in a narrow
spectrum.
26
6. Existing inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inverter.
In the case shown in figure 4.1.10a the noise generated by the inverter seems to be identical with the one generated
by the inductors, old and new.
In figure 4.1.10b, the FFT presented shouldn’t be considered as it’s heavily distorted and included in this report is only for
completeness purposes.
Figure 4.1.10a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.10b FFT of audio signal, received near the inverter at 2,5 m from the existing inductors, in a narrow spectrum.
27
7. New low noise inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inductors.
In figure 4.1.11a, the same peak as in all the other cases shows up at the switching frequency. It seems to be at a lower
intensity but that cannot be guaranteed.
The case of presented in figure 4.1.11b is analogous to the other cases mentioned earlier.
Figure 4.1.11a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.11b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a narrow spectrum.
28
8. New low noise inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inverter.
In the case presented in figure 4.1.12a the peak is noticed at the switching frequency and it seems to have the same
intensity as in the other cases shown above.
In the case presented in figure 4.1.12b the peak shows up with a slightly lower intensity which could be due to the
background noise or the computational capacity of the acquisition software. Also the graph shows high distortion.
So, in the case of Pacman 4 the noise source are both the inverter and the inductors. It’s easy to notice the peak at 10kHz
in both cases, for the old and new inductors.
Figure 4.1.12a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.12b FFT of audio signal, received near the inverter at 2,5 m from the new inductors, in a narrow spectrum.
29
4.1.2.3. Setup configuration of PCM3
Figure 4.1.13 Microphone – inverter distance.
Figure 4.1.14 Microphone height.
Figure 4.1.15 Microphone – fan panel distance.
Figure 4.1.16 Distance between inductors.
30
4.1.2.4. PCM3 Spectrograms
On the following pages there are the results of the measurements with the respective description.
It’s important to mention that this version of Pacman doesn’t have an inverter enclosed in a box, it has in fact a set of PCBs
connected to each other that operate as one. The tests with the inverter away from the machine would be logistically very
difficult, so instead it’s been chosen to simply put the inductors at such distance as it would be functionally the same thing
(it’s simply the distance from the inverter to the inductors, doesn’t matter which one is put away).
The red graph that shows up in every figure or better said in every FFT is related to the maximum intensity reached by the
received signal; it shouldn’t be taken into account since it shows in accordance to instantaneous or impulsive changes
which isn’t the goal of these measurements.
1. Measurements without any modification on the machine.
In the FFT presented in figure 4.1.17a there’s a peak at 6,5 kHz which is difficult to notice due to other disturbances at
the same instant.
In the case shown in figure 4.1.17b the noise peak becomes very clear and its intensity seems to be equal to that of
Pacman4.
The peak always presents itself around 6,5 kHz, it being the switching frequency of the three phase Ruking inverter.
Figure 4.1.17a FFT of audio signal, received near the machine, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.17b FFT of audio signal, received near the machine, in a narrow spectrum.
31
2. Existing inductors close to the machine; mic positioned near the inductors (as indicated by the tapes on the photos).
In the case presented in figure 4.1.18a the component at 6,5 kHz doesn’t show up due to heavy disturbances in the signal
acquisition area.
In figure 4.1.18b, the FFT presented shouldn’t be considered as it doesn’t provide any information and it’s included in this
report only for completeness purposes.
Figure 4.1.18a FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.18b FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a narrow spectrum.
32
3. New low noise inductors, close to the machine; mic positioned near the inductors.
In the case presented in figure 4.1.19a the peak is noticed at the switching frequency and its intensity seems to be lower,
but such result isn’t guaranteed.
In figure 4.1.19b it can be observed that the noise peak becomes very clear and its intensity seems to be equal to that of
the Pacman4.
Figure 4.1.19a FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.19b FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a narrow spectrum.
33
4. Existing inductors, close to the machine; mic near the inverter.
The spectrogram in figure 4.1.20a the peak is noticed at the switching frequency and its intensity seems to be lower, but it
could be due to sound shields present in the acquisition area.
As discussed for the case in figure 4.1.20a, the same reason could be applicable to the FFT in figure 4.1.20b.
Figure 4.1.20a FFT of audio signal, received near the inverter, in a relatively large spectrum.
Figure 4.1.20b FFT of audio signal, received near the inverter, in a narrow spectrum.
34
4.1.2.5. Setup configuration of PCM3 at about 2,5 meters.
Figure 4.1.21 Microphone height.
Figure 4.1.25 Setup overview.
Figure 4.1.23 Microphone – inverter distance. Figure 4.1.24 Distance between inductors.
Figure 4.1.22 Microphone – fan panel distance.
35
5. Existing inductors, at about 2,5 meters; mic positioned near the inverter.
The peak at 6,5 kHz indicated on the FFT in figure 4.1.26a doesn’t have any difference from the other cases shown earlier.
The same result could be derived for the case in figure 4.1.26b where the graph is quite distorted and the intensity of the
noise is no different from the other cases.
Figure 4.1.26a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.26b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a narrow
spectrum.
36
6. New low noise inductors, at about 2,5 meters; mic near the inverter.
The spectrogram in figure 4.1.27a and b shows clearer that the noise is received with higher intensity close to the
inverter, but it doesn’t help to conclude anything since there are no certainties regarding the software.
Figure 4.1.27a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.27b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large
spectrum.
37
7. Existing inductors at about 2,5 meters; mic near the inductors.
As shown in the FFTs in figures 4.1.28, 4.1.29a and b near the inductors the noise peak is relevant, but it seems to be
smoother. Still these measurements don’t have the necessary precision to guarantee actual conclusions.
9. New inductors at about 2,5 meters; mic near the inductors.
So, the first hypothesis would be that in Pacman3 the noise is mostly generated by the inverter and the inductors have
minor impact on it.
Figure 4.1.28 FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.29a FFT of audio signal, received near the new inductors at about 2,5 m from the inverter, in a relatively large
spectrum.
Figure 4.1.29b FFT of audio signal, received near the new inductors at about 2,5 m from the inverter, in a narrow spectrum.
38
4.1.3. Conclusions of the tests.
It’s clear that these results are not definitive since the tests were performed with non-professional equipment in a noisy
environment but, they were useful because they provided evidence that this phenomenon is strictly related to the
frequency of the inverter not defining though, which generates most of the noise.
4.2. Prove di Ripple; Frequenze 6,5 e 10 kHz
Le prove presentato in questa sezione sono relative ad una misura di corrente ovvero la corrente che scorre negli
avvolgimenti degli induttori. Lo scopo di queste prove è capire se il ripple della corrente ha a che fare con il disturbo
acustico e nel caso, quanto l’intensità di quest’ultimo sia dovuta ad esso. Inoltre, questo report è stato girato a dei
consulenti che si sono occupati in parallelo dello studio di questo fenomeno.
Premessa:
Le foto della corrente in standby (CMD0) sono riportate per completezza. Invece le FFT a CMD0 potrebbero essere utili per
farsi un’idea sul rumore di fondo dell’ambiente.
Nelle figure 4.2.1, 4.2.2, 4.2.3 e 4.2.4 è riportata la configurazione del setup. Invece nella figura 4.2 è riportato lo schema
elettrico del circuito di alimentazione della macchina trifase, dove E1, E2, E3 rappresentano generatori di tensione (ovvero
una presa di corrente trifase).
4.2.1. Configurazione delle sonde di corrente.
4.2.2. Ripple 6,5 kHz.
4.2.3. FFT Inverter Ruking.
4.2.4. Ripple 10 kHz.
4.2.5. FFT Inverter Ariston.
Figura 4.2 Schema del circuito di alimentazione delle macchine trifase.
39
4.2.1. Configurazione sonde di corrente.
Figura 4.2.1 Sonda di corrente, sulla fase 1, a
monte dell’inverter.
Figura 4.2.2 FFT del segnale acquisito dalla sonda a monte
dell’inverter.
Figura 4.2.3 Sonda di corrente, sulla fase 1, a
valle dell’inverter.
Figura 4.2.4 FFT del segnale acquisito dalla sonda di corrente
a valle dell’inverter.
40
4.2.2. Ripple 6,5 kHz.
• Corrente a monte CMD0
Nella figura 4.2.5 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.1) mentre la macchina è in standby. Questa
immagine non dà molte informazioni ma torna utile per avere un riferimento al rumore presente nell’ambiente.
• Corrente a monte CMD2
Nella figura 4.2.6 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.1) mentre la macchina è in preheating. Si
possono notare gli impulsi dovuti alla frequenza di switching. Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine
è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale.
Figura 4.2.5 Corrente a monte dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.6 Corrente a monte dell’inverter in preheating.
41
• Corrente a valle CMD0
Nella figura 4.2.7 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.3) mentre la macchina è in standby.
Questa immagine è stata riportata per gli stessi motivi menzionati precedentemente.
• Corrente a Valle CMD2
Nella figura 4.2.8 si possono notare gli impulsi di corrente dovuti alla frequenza di switching dell’inverter. La loro
ampiezza sembra essere più grande rispetto al caso precedente (corrente a monte CMD2 nella figura 4.2.6). Si noti che
la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale.
Figura 4.2.7 Corrente a valle dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.8 Corrente a valle dell’inverter in preheating.
c
42
4.2.3. FFT Inverter Ruking.
• Monte CMD0
Nella figura 4.2.9 è riportato lo spettrogramma della corrente che passa nel cavo a monte dell’inverter mentre la macchina
è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma, è stata presa per dare un’idea del rumore di fondo
dell’ambiente.
• Monte CMD2
Nella figura 4.2.10 è riportato lo spettrogramma della corrente a monte dell’inverter mentre la macchina è in preheating.
Si possono notare i picchi alle frequenze multiple di 6,5 kHz. È stata misurata approssimativamente l’ampiezza in dB
della prima armonica.
Figura 4.2.9 FFT della corrente a monte dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.10 FFT della corrente a monte dell’inverter in preheating.
43
• Valle CMD0
Il caso presentato nella figura 4.2.11 è analogo al caso nella figura 4.2.9.
• Valle CMD2
Il caso nella figura 4.2.12 è analogo al caso nella figura 4.2.10. Si può notare però che l’ampiezza in dB delle armoniche
dispari, prestando attenzione principalmente alla prima, è più alta.
Figura 4.2.11 FFT della corrente a valle dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.12 FFT della corrente a valle dell’inverter in preheating.
44
4.2.4. Ripple 10 kHz.
• Corrente a monte CMD0
Nella figura 4.2.13 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in standby. Questa immagine non dà
molte informazioni ma torna utile per avere un riferimento al rumore presente nell’ambiente.
• Corrente a monte CMD2
Nella figura 4.2.14 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in preheating. Si possono notare gli
impulsi dovuti alla frequenza di switching. Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita;
nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale.
Figura 4.2.13 Corrente a monte dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.14 Corrente a monte dell’inverter in preheating.
45
• Corrente a valle CMD0
Nella figura 4.2.15 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in standby. Questa immagine è stata
riportata per gli stessi motivi menzionati precedentemente.
• Corrente a valle CMD2
Nella figura 4.2.16 si possono notare gli impulsi di corrente dovuti alla frequenza di switching dell’inverter. La loro
ampiezza sembra essere più grande e più definita rispetto al caso precedente (corrente a monte CMD2 nella figura 4.2.14).
Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma
sinusoidale.
Figura 4.2.15 Corrente a valle dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.16 Corrente a valle dell’inverter in preheating.
46
4.2.5. FFT Inverter Ariston.
• Monte CMD0
Nella figura 4.2.17 è riportato lo spettrogramma della corrente che passa nel cavo a monte dell’inverter mentre la
macchina è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma, è stata presa per dare un’idea del rumore di
fondo dell’ambiente.
• Monte CMD2
Nella figura 4.2.18 è riportato lo spettrogramma della corrente a monte dell’inverter mentre la macchina è in preheating.
Si può notare il picco alla frequenza 10 kHz. È stata misurata approssimativamente l’ampiezza in dB della prima
armonica.
Figura 4.2.17 FFT della corrente a monte dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.18 FFT della corrente a monte dell’inverter in preheating.
47
• Valle CMD0
Il caso presentato nella figura 4.2.19 è analogo al caso nella figura 4.2.17.
• Valle CMD2
Si può notare nella figura 4.2.20 che l’ampiezza in dB della prima armonica è maggiore rispetto al caso precedente
(figura 4.2.18).
Figura 4.2.19 FFT della corrente a valle dell’inverter in stato di standby.
Figura 4.2.20 FFT della corrente a valle dell’inverter in preheating.
48
4.2.6. Conclusioni delle prove.
I risultati di queste prove hanno fornito delle informazioni nuove sulla relazione tra il ripple della corrente che passa
negli induttori e il disturbo generato da essi. Più precisamente, le FFT riportate sono state utili a dei consulenti esterni
che si sono occupati in parallelo di questo studio. Comunque, questi risultati non portano ad una conclusione vera e
propria essendo questa una prova che si deve fare in una camera semi anecoica quindi isolata da rumori di fondo.
49
5. Il circuito di alimentazione.
In questa parte della tesi vengono riportati dei report di prove e simulazioni eseguiti che interessano il circuito di
alimentazione delle macchine. Questi report hanno come obiettivo vedere come cambia la tensione del DC Link in dipendenza
della corrente assorbita e il valore dell’induttanza utilizzata (trattata nelle simulazioni) per poi riuscire ad ottimizzare le
perdite resistive. Inoltre, questa caduta di tensione sugli induttori ha un effetto negativo sul funzionamento della macchina
ad alte frequenze/giri perché il back-EMF [26] diventa sempre maggiore e se la tensione di alimentazione non lo supera, al
compressore non arriva corrente.
Nella figura 5.1a è riportata lo schema elettrico del circuito di alimentazione delle macchine trifase, dove E1, E2, E3
rappresentano generatori di tensione ovvero una presa di corrente trifase.
Invece nella figura 5.1b è riportata lo schema a blocchi del ponte raddrizzatore integrato nell’inverter. In questa figura
viene anche indicato l’insieme di condensatori del DC Link.
Nella prima parte di questo capitolo si presenteranno i risultati delle misure di tensione e corrente effettuate su punti diversi
del circuito. Lo scopo di queste misure è osservare la forma d’onda della tensione/corrente e vedere le tensioni in una
qualsiasi maglia a monte dell’inverter.
Figura 5.1a Schema del circuito di alimentazione delle macchine
trifase.
Figura 5.1b Schema a blocchi del ponte raddrizzatore a monte
dell’inverter.
50
5.1. Report Misure di Tensione (Caduta di tensione del DC link).
Strumentazione:
Wattmetro YOKOGAWA WT333E, Oscilloscopio Keysight Infinii Vision MSOX2004A.
Nota:
Nelle immagini che seguono, l’oscilloscopio indica la frequenza calcolata/stimata dalla onda di tensione, però essendo
questa tensione a volte molto distorta, la frequenza stimata non è corretta.
Comunque, la frequenza della corrente è facilmente calcolabile partendo dal periodo.
• Tensione ai capi dell’induttore L1 e corrente attraverso lo stesso (si veda lo schema in figura 5.1).
Come si vede nella figura 5.1.1, la tensione ai capi dell’induttore L1 è circa pari a 40 V, con una corrente pari a circa
2,5 A, alla frequenza di rotazione del compressore 50Hz.
Figura 5.1.1 Tensione ai capi di un induttore (giallo) e corrente attraverso
lo stesso (verde).
51
• Tensione concatenata L1-2 a monte delle induttanze e corrente attraverso l’induttore L1.
Come si vede nella figura 5.1.2, la tensione tra L1 e L2 è circa pari a 386 V, con una corrente pari a circa 2,5 A, alla
frequenza di rotazione del compressore 50Hz.
IN STANDBY | Tensione concatenata L1-2 a monte delle induttanze e corrente attraverso L1.
Nella figura 5.1.3 si vedono le stesse grandezze come nel caso precedente ma con la macchina in standby.
Questo caso è stato riportato solo per avere una misura di riferimento.
Figura 5.1.2 Tensione concatenata L1-2 (giallo) a monte delle induttanze
e corrente attraverso L1 a valle (verde).
Figura 5.1.3 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a monte delle induttanze
e corrente attraverso L1 (verde).
52
• Tensione concatenata L1-2 a valle delle induttanze e corrente attraverso L1.
Nella figura 5.1.4 si vede la tensione tra L1 e L2 a valle delle induttanze che è pari a circa 387 V, con una corrente pari
a circa 2,5 A, alla frequenza di rotazione del compressore 50Hz.
IN STANDBY | Tensione concatenata L1-2 a valle delle induttanze e corrente attraverso L1.
Nella figura 5.1.5 si vedono le stesse grandezze come nel caso precedente ma con la macchina in standby.
Questo caso è stato riportato solo per avere una misura di riferimento.
In conclusione di questo report, si può dire che la tensione ai capi di un qualsiasi induttore ha un effetto notevole sul resto
del circuito, sia per la sua efficienza energetica, che per la sua funzionalità. Invece, le tensioni concatenate risultano
uguali, che è un risultato attendibile riferendosi alla legge di Kirchhoff sulle maglie [27].
Figura 5.1.4 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a valle dell’induttore
e corrente attraverso L1 a valle (verde).
Figura 5.1.5 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a valle dell’induttore e corrente
attraverso L1 a valle (verde).
53
5.2. Simulazione del modello del circuito di alimentazione dell’inverter.
In questa parte della tesi si discuteranno i risultati di delle simulazioni eseguite su un modello (si veda la figura 5.2.1) del
circuito di alimentazione delle macchine trifase. Queste simulazioni sono state eseguite con due valori diversi di induttanza,
25 mH e 15 mH, con l’obiettivo di vedere la differenza tra le tensioni del DC Link dei due casi.
Come descritto precedentemente, la presenza degli induttori ha un effetto riducente immediato sulla tensione del DC Link,
che nei casi in cui la frequenza/giri del compressore sono alti rischia di non superare il back-EMF [26] generato dal motore e
addirittura fermare il rotore.
Nella figura 5.2 è stato riportato lo schema elettrico del circuito. Sono indicati: il punto che verrà più in avanti chiamato
DC Link e il modulo che rappresenta l’inverter con il componente di potenza costante (denominato B1).
Nota:
Le forme d’onda sono misurate anche con dei cursori. Nelle tabelline “Caduta tensione DC Link su xxmH – 3 kW” di fianco
al circuito (in basso a destra) si trovano i valori massimi e minimi di tensione rispettivamente nei campi “Cursor 1 - Vert” e
“Cursor 2 - Vert ” e anche la differenza tra i due.
VM= 325 V; L= 25 mH; P= 3 Kw
Figura 5.2.1 Modello del circuito di alimentazione della macchina trifase con induttori da 25 mH.
INVERTER
DC LINK
Figura 5.2. Schema del circuito di alimentazione delle macchine trifase.
54
5.2.1. Tensione di alimentazione (a monte delle induttanze).
Nella figura 5.2.2 è riportata l’onda di tensione di alimentazione di 230 VRMS o 325 V picco-picco.
5.2.2. Tensione in ingresso all’inverter (a valle delle induttanze).
Figura 5.2.2 Tensione di alimentazione a monte degli induttori (tra L1 e terra).
Figura 5.2.3 Tensione in ingresso all’inverter; a valle dell’induttore (tra L4 e terra)
55
5.2.3. Tensione differenziale del DC Link, RMS e Picco.
Nella figura 5.2.4 è presentata la tensione costante (con ripple) del DC Link pari a circa 485 V con induttori da 25 mH.
5.2.4. Corrente a regime al carico
L’onda di corrente a regime pari a circa 6 A, nella figura 5.2.5, è stata riportata per dimostrare che in entrambi i casi, cioè
con induttori da 25 mH e 15 mH, la corrente che arriva al carico è la stessa quindi i risultati sono confrontabili.
Figura 5.2.4 Tensione del DC Link (tra C1 o C7 e terra).
Figura 5.2.5 Corrente attraverso il carico (B1)
56
VM = 325 V; L= 15 mH; P= 3 Kw
5.2.5. Tensione di alimentazione (a monte delle induttanze)
Nella figura 5.2.7 è riportata l’onda di tensione di alimentazione di 230 VRMS o 325 V picco-picco.
Figura 5.2.6 Modello del circuito di alimentazione della macchina trifase con induttori da 15 mH.
Figura 5.2.7 Tensione di alimentazione a monte dell’induttore (tra L1 e terra).
INVERTER
DC LINK
57
5.2.6. Tensione in ingresso all’inverter (a valle delle induttanze)
5.2.7. Tensione del DC link Picco-Picco & RMS
Nella figura 5.2.9 è presentata la tensione costante (con ripple) del DC Link pari a circa 505 V con induttori da 15 mH.
Figura 5.2.8 Tensione a valle dell’induttore (tra L4 e terra).
Figura 5.2.9 Tensione del DC Link (tra C1 o C7 e terra).
58
5.2.8. Corrente a regime al carico
L’onda di corrente a regime, pari a circa 6 A, nella figura 5.2.10 è stata riportata per dimostrare che in entrambi i casi, cioè
con induttori da 25 mH e 15 mH, la corrente che arriva al carico è la stessa quindi i risultati sono confrontabili.
Le differenze tra le tensioni sono (V25mH – V15mH):
ΔVAVG = -19,37 V
ΔVRMS = -19,37 V
Il fatto che sono tutti negativi significa che nel caso degli induttori da 15mH le tensioni sono più alte; quindi, il DC Link ha
subito un aumento tensione di circa 20 V con la sostituzione degli induttori ed i valori ottenuti lo descrivono.
Inoltre, vengono riportate le immagini (figura 5.2.11 e 5.2.12) di una simulazione fatta con induttanze diverse (25 mH e 15
mH), ma carico 6,5 kW (cioè poco più del doppio). La differenza tra le tensioni è molto più facile da notare.
Tensione del DC Link con induttanze da 25 mH pari a circa 427 V (figura 5.2.11).
Figura 5.2.10 Corrente attraverso (B1).
Figura 5.2.11 Tensione del DC Link con induttanze da 25 mH.
59
Tensione del DC Link con induttanze da 15 mH pari a circa 470 V (figura 5.2.12).
Le diverse differenze tra le tensioni sono:
|ΔVAVG |= 42,88 V
ΔVRMS = -42,88 V
ΔVIST = -42,84 V
Quindi, si tratta di circa 43 V che è un risultato attendibile se si prendono come riferimento le misure di tensione effettuate
sulla macchina.
Si sono invece effettuate delle simulazioni con valori diversi di capacità dei condensatori in ordine crescente mantenendo
la stessa induttanza. Si può notare nella tabella 5.2.1 che il valore della tensione del DC Link cambia di poco (differenza
trascurabile).
Valore capacità C (mF) Tensione DC Link (V)
1,5 485,33
5 485,21
10 485,41
100 485,26
Figura 5.2.12 Tensione del DC Link con induttanze da 15 mH.
Tabella 5.2.1 Tensione del DC Link rispetto alla capacità del singolo condensatore
costituente il DC Link.
60
5.3. Simulazioni di misure sul circuito di alimentazione.
Sono state eseguite delle simulazioni sulle tensioni concatenate e ai capi degli induttori come riferimento per le misure
effettuate sulla macchina (si veda nel capitolo 5 la sezione 5.1) e come risultati di un approccio puramente didattico.
V= 325 V, L= 25 mH, P= 3 kW
5.3.1. Tensione concatenata a monte degli induttori (l’onda verde nella figura 5.2.13).
5.3.2. Tensione ai capi dell’induttore L4 (l’onda blu nella figura 5.2.14).
Figura 5.2.13 Tensione concatenata a monte degli induttori (onda verde).
Figura 5.2.14 Tensione ai capi dell’induttore L4 (onda blu).
61
5.3.3. Tensione concatenata a valle degli induttori (l’onda rossa nella figura 5.2.15).
Si noti che la differenza tra le tensioni concatenate a monte e a valle degli induttori è anche dovuta alla presenza del ponte
diodi, nel senso che i diodi che lo costituiscono hanno una tensione di conduzione di circa 1,3 V.
V = 325 V, L = 15 mH, P = 3 kW
5.3.4. Tensione concatenata a monte degli induttori (l’onda verde nella figura 5.2.16).
Figura 5.2.15 Tensione concatenata a valle degli induttori (onda rossa).
Figura 5.2.16 Tensione concatenata a monte degli induttori (onda verde).
62
5.3.5. Tensione ai capi dell’induttore L4 (l’onda blu nella figura 5.2.17).
5.3.6. Tensione concatenata a valle degli induttori (l’onda rossa nella figura 5.2.18).
Si noti che la differenza tra le tensioni concatenate a monte e a valle degli induttori è anche dovuta alla presenza del ponte
diodi, nel senso che i diodi che lo costituiscono hanno una tensione di conduzione di circa 1,3 V.
5.3.7. Conclusioni delle simulazioni
Alla fine di queste simulazioni si è visto che la tensione ai capi degli induttori ha un effetto notevole sulla tensione del DC
Link ma, era inaspettato che la tensione non cambiasse in modo proporzionale alle capacità dei condensatori.
I vari valori di tensione e corrente ottenuti in questo report sono affidabili ma non possono rappresentare i valori veri non
avendo considerato nel dettaglio tutti i parametri, anche parassiti, di questo circuito. Quindi, è stato un approccio puramente
didattico alla situazione ma, è tornato utile all’azienda come modello virtuale.
Figura 5.2.17 Tensione ai capi dell’induttore L4 (onda blu).
Figura 5.2.18 Tensione concatenata a valle degli induttori (onda rossa).
63
6. Conclusioni
Il percorso che questo tirocinio e poi questa tesi ha seguito è stato definito ed integrato passo dopo passo. Tutte le attività
inerenti hanno avuto, come menzionato nell’introduzione del documento, un nucleo che riguardava gli induttori. Si è
cercato di trovare una soluzione all’inquinamento acustico, chiedendo anche la consulenza di un’azienda esterna, però
senza risultati concreti. Tuttavia, le misurazioni fatte durante le prove sono tornate utili per poter definire il problema.
Inoltre, si è riuscito ad ottenere una visualizzazione più chiara dell’effetto che gli induttori hanno, come componenti
supplementari, sulla tensione di alimentazione delle macchine.
Le prime prove fatte sugli induttori, ovvero le FFT del rumore per due induttori diversi e poi le FFT fatte con l’oscilloscopio
avevano come primo obiettivo primario la familiarizzazione dell’autore con la strumentazione di laboratorio e il circuito di
alimentazione delle macchine. Purtroppo l’obiettivo ufficiale di distinguere quale fosse la sorgente principale del rumore,
non è stato raggiunto essendo le condizioni al contorno inadeguate per la tipologia di prova. Invece, le misure di tensione
e le simulazioni fatte sul circuito hanno mostrato ripetutamente come la tensione del DC Link cambia in modo
inversamente proporzionale al valore dell’induttanza. Infatti, si è deciso di utilizzare induttanze più piccole per le macchine
trifase di potenza maggiore, poiché le macchine con una corrente nominale superiore a 16 A rientrano in un'altra normativa
che consente livelli di disturbo più elevati per tutte le armoniche.
Prendendo spunto dai matching test, è stata proposta un’idea alternativa alla ricerca di nuovi fornitori per l’inverter, idea
che consiste nell’utilizzo di quelli già presenti in BOM [30] per nuovi prototipi di macchine più potenti; con questo obiettivo
si sono effettuate delle prove di robustezza ovvero capacità di erogare la corrente massima su di una famiglia di inverter.
Attualmente questa proposta è in fase di valutazione con un’alta probabilità di avanzamento.
Trattandosi di una tesi sperimentale fatta nel dipartimento R&D di un’azienda non era scontato un risultato concreto nella
forma di un circuito o un algoritmo, dovendo eventualmente essere provati e certificati, anche se sarebbe stato
soddisfacente avere un prototipo.
Il tirocinio, finalizzato con questa tesi, è stato un processo impegnativo pieno di attività interessanti. Alle volte le cose non
sono andate bene e sono orgoglioso perché mi hanno fatto capire come evitare certi errori e come essere paziente per poter
raggiungere l’obiettivo. Sono riuscito a capire e sentire come lo stato di mente cambia mentre si imparano delle cose nuove,
come vengono costruite le relazioni con i colleghi e come ci si aiuta a vicenda.
Sono riuscito a capire bene come funzionano i sistemi che compongono una pompa di calore, avendo eseguito anche
modifiche meccaniche su componenti. Ho avuto il piacere di analizzare personalmente delle situazioni e prendere decisioni
che hanno portato risultati soddisfacenti. Ho acquisito un livello di autonomia nella gestione del tempo e delle risorse,
dovendo a volte improvvisare.
Una delle cose più interessanti che ho fatto è l’elaborazione dei dati crudi. Nonostante sia un processo noioso mi ha
permesso di imparare come trattare l’informazione, filtrarla e presentarla attraverso dei grafici in modo che sia corretta e
chiara. Era una di tante cose che prima davo per scontato.
Vorrei in questo modo concludere questo percorso di formazione e iniziare il prossimo con la convinzione che questa è la
strada giusta.
64
Referenze
[1] https://mechanicalbasics.com/vapour-compression-refrigeration-cycle-faqs/
[2] https://www.researchgate.net/figure/Simple-vapour-compression-refrigeration-cycle-on-P-h-diagram_fig1_346765777
[3] https://www.science.org/doi/10.1126/science.abe3692
[4] https://www.researchgate.net/figure/Single-phase-H-bridge-inverter_fig1_303513329
[5] https://www.testandmeasurementtips.com/measuring-pulse-width-modulation-outputs-in-industrial-equipment-faq/
[6] https://www.semanticscholar.org/paper/Microcontroller-based-SPWM-sampling-using-linear-Patil-
Ghorai/b82d1d0ad5097702404e1ced70996990f66b5477
[7] https://electronics.stackexchange.com/questions/320733/what-exactly-happens-to-the-signals-hitting-a-common-
mode-choke
[8] https://recom-power.com/en/rec-n-class-x-and-class-y-safety-capacitors-142.html?0
[9] https://eepower.com/technical-articles/modular-emi-filter-selection-for-ac-dc-converters/#
[10] https://it.wikipedia.org/wiki/Potenza_elettrica
[11] https://en.wikipedia.org/wiki/IEC_61000-3-2
[12] https://www.mdpi.com/2079-https://eepower.com/technical-articles/modular-emi-filter-selection-for-ac-dc-
converters/#9292/7/11/318
[13] H.Z.Azazi, E. E. EL-Kholy, S.A.Mahmoud and S.S.Shokralla, Electrical Engineering Department, Faculty of
Engineering, Menoufiya University, Shebin El-Kom, Egypt, King Abdulaziz University, Faculty of Engineering, Electrical
Engineering Department, Saudi Arabia, “Review of Passive and Active Circuits for Power Factor Correction in Single Phase,
Low Power ACDC Converters”, Proceedings of the 14th International Middle East Power Systems Conference (MEPCON’10),
Cairo University, Egypt, December 19-21, 2010, Paper ID 154.
https://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.1054.59&rep=rep1&type=pdf
[14] https://www.calamite.org/lexikon/densit---del-flusso-magnetico
[15] https://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzazione_magnetica
[16] https://www.allaboutcircuits.com/textbook/direct-current/chpt-14/permeability-and-saturation/
[17] https://it.wikipedia.org/wiki/Permeabilit%C3%A0_magnetica
[18] https://en.wikipedia.org/wiki/Coercivity
[19] https://www.researchgate.net/figure/Shows-inductor-current-ripple-with-minimum-and-maximum-
peak_fig7_299547638
[20] https://www.researchgate.net/figure/An-example-of-B-H-curve-of-a-magnetic-core-with-and-without-air-gap-for-
illustration_fig2_328773568
[21] https://www.researchgate.net/figure/Frequency-response-of-resonant-inductor-current-from-input-
voltage_fig3_3918245
[22] https://gasstationwithoutpumps.wordpress.com/2016/12/19/impedance-of-inductors-and-parasitic-impedance-of-
oscilloscope/
[23] https://fair-rite.com/75-material-data-sheet/
[24] https://en.wikipedia.org/wiki/Skin_effect
[25] https://en.wikipedia.org/wiki/Buck_converter
[26] https://en.wikipedia.org/wiki/Counter
electromotive_force#:~:text=The%20term%20back%20electromotive%20force,while%20running%20as%20a%20motor
[27] https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_di_Kirchhoff
[28] https://www.ti.com/power-management/acdc-isolated-dcdc-switching-regulators/power-factor-correction-pfc-
controllers/overview.html
[29] https://it.wikipedia.org/wiki/LISN
[30] https://en.wikipedia.org/wiki/Bill_of_materials

More Related Content

Similar to Implementazione come PFC e studio fisico degli induttori nel circuito di alimentazione delle pompe di calore..pdf

Curso ar condicionado
Curso ar condicionadoCurso ar condicionado
Curso ar condicionadoFcoAfonso
 
Il primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamicaIl primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamicaclassicoscadutoit
 
Aspetti energetici nel sistema edificio-impianto
Aspetti energetici nel sistema  edificio-impiantoAspetti energetici nel sistema  edificio-impianto
Aspetti energetici nel sistema edificio-impiantoConsorzio Q-RAD
 
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettriche
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettricheIndici di Prestazione delle pompe di calore elettriche
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettricheRosa De Maio
 
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...Sardegna Ricerche
 
I vantaggi dei sistemi radianti a soffitto
I vantaggi dei sistemi radianti a soffittoI vantaggi dei sistemi radianti a soffitto
I vantaggi dei sistemi radianti a soffittoMarco Achilli
 
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misura
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misuraImpianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misura
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misuraDamiano Canova
 
Fse 14 lezione cogenerazione
Fse 14 lezione   cogenerazioneFse 14 lezione   cogenerazione
Fse 14 lezione cogenerazioneANAPIA FSE 2010
 
Fse 03d - cogenerazione
Fse   03d - cogenerazioneFse   03d - cogenerazione
Fse 03d - cogenerazioneLuca Vecchiato
 
Fse 07 Lezione Cogenerazione
Fse 07 Lezione   CogenerazioneFse 07 Lezione   Cogenerazione
Fse 07 Lezione CogenerazioneLuca Vecchiato
 
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato Italia
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato ItaliaPompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato Italia
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato ItaliaDavide Maritan
 
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdf
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdfGuida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdf
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdfstefano basso
 
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...Ing. Vincenzo Carrarini
 
Riqualificazione centrale termica con pompa di calore
Riqualificazione centrale termica con pompa di caloreRiqualificazione centrale termica con pompa di calore
Riqualificazione centrale termica con pompa di calorePaolo Della Negra
 
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...Toscana Open Research
 
Lezione 4 2013
Lezione 4 2013Lezione 4 2013
Lezione 4 2013lab13unisa
 
Termodinamica.pdf
Termodinamica.pdfTermodinamica.pdf
Termodinamica.pdfAliCri1
 
secondo principio della dinamica.pdf
secondo principio della dinamica.pdfsecondo principio della dinamica.pdf
secondo principio della dinamica.pdfEmanuele915564
 

Similar to Implementazione come PFC e studio fisico degli induttori nel circuito di alimentazione delle pompe di calore..pdf (20)

Curso ar condicionado
Curso ar condicionadoCurso ar condicionado
Curso ar condicionado
 
Il primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamicaIl primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamica
 
Aspetti energetici nel sistema edificio-impianto
Aspetti energetici nel sistema  edificio-impiantoAspetti energetici nel sistema  edificio-impianto
Aspetti energetici nel sistema edificio-impianto
 
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettriche
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettricheIndici di Prestazione delle pompe di calore elettriche
Indici di Prestazione delle pompe di calore elettriche
 
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...
Sistemi di accumulo dell’energia termica - Giorgio Cau (Università degli Stud...
 
I vantaggi dei sistemi radianti a soffitto
I vantaggi dei sistemi radianti a soffittoI vantaggi dei sistemi radianti a soffitto
I vantaggi dei sistemi radianti a soffitto
 
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misura
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misuraImpianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misura
Impianti di cogenerazione - Componenti e strumenti di misura
 
Fse 14 lezione cogenerazione
Fse 14 lezione   cogenerazioneFse 14 lezione   cogenerazione
Fse 14 lezione cogenerazione
 
Fse 03d - cogenerazione
Fse   03d - cogenerazioneFse   03d - cogenerazione
Fse 03d - cogenerazione
 
Fse 07 Lezione Cogenerazione
Fse 07 Lezione   CogenerazioneFse 07 Lezione   Cogenerazione
Fse 07 Lezione Cogenerazione
 
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato Italia
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato ItaliaPompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato Italia
Pompe di calore, introduzione alla tecnologia e mercato Italia
 
24 2015 opuscolo-impianti_termici_piemonte
24   2015   opuscolo-impianti_termici_piemonte24   2015   opuscolo-impianti_termici_piemonte
24 2015 opuscolo-impianti_termici_piemonte
 
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdf
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdfGuida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdf
Guida alla scelta di una pompa di calore aria-acqua.pdf
 
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...
MODELLO DI MISURA E VERIFICA DELLE PERFORMANCE ENERGETICHE IN UN GRANDE CENTR...
 
Riqualificazione centrale termica con pompa di calore
Riqualificazione centrale termica con pompa di caloreRiqualificazione centrale termica con pompa di calore
Riqualificazione centrale termica con pompa di calore
 
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...
Ciclo per la conversione dell’energia termica a bassa entalpia in energia ele...
 
Lezione 4 2013
Lezione 4 2013Lezione 4 2013
Lezione 4 2013
 
Termodinamica.pdf
Termodinamica.pdfTermodinamica.pdf
Termodinamica.pdf
 
secondo principio della dinamica.pdf
secondo principio della dinamica.pdfsecondo principio della dinamica.pdf
secondo principio della dinamica.pdf
 
Energia e potenza
Energia e potenzaEnergia e potenza
Energia e potenza
 

Recently uploaded

Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO Simone
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO SimoneGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO Simone
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO SimoneServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI Daniele
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI DanieleGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI Daniele
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI DanieleServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO Antonio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO AntonioGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO Antonio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO AntonioServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' Davide
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' DavideGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' Davide
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' DavideServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA Giorgio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA GiorgioGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA Giorgio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA GiorgioServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO Andrea
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO AndreaGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO Andrea
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO AndreaServizi a rete
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI Giovanni
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI GiovanniGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI Giovanni
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI GiovanniServizi a rete
 

Recently uploaded (7)

Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO Simone
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO SimoneGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO Simone
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DI DOMENICO Simone
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI Daniele
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI DanieleGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI Daniele
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | RENZI Daniele
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO Antonio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO AntonioGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO Antonio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | DISCIPIO Antonio
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' Davide
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' DavideGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' Davide
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ROMANO' Davide
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA Giorgio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA GiorgioGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA Giorgio
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | SERRA Giorgio
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO Andrea
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO AndreaGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO Andrea
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | ALBIERO Andrea
 
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI Giovanni
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI GiovanniGiornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI Giovanni
Giornata Tecnica da Piave Servizi, 11 aprile 2024 | CADEI Giovanni
 

Implementazione come PFC e studio fisico degli induttori nel circuito di alimentazione delle pompe di calore..pdf

  • 1. Università degli Studi di Trieste Dipartimento di Ingegneria e Architettura Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica e Informatica Anno accademico: 2022-2023 Matricola: IN0500678 Implementazione come PFC e studio fisico degli induttori nel circuito di alimentazione delle pompe di calore. Candidato: Arlind Hajdini Relatore: Prof. Sergio Carrato Correlatore: Ing. Giorgio Baglivo
  • 2. 2 Contenuto Introduzione 3 1. La pompa di calore. 4 1.1. Il ciclo frigorifero 5 1.2. L’inverter 6 1.3. Electromagnetic Compatibility (EMC) & Interference (EMI) 7 1.4. Il sistema di controllo elettronico 8 2. Power Factor Correction 10 2.1. Introduzione al PFC. 10 2.2. Categorie principali di soluzioni PFC [13] 11 3. Studio fisico degli induttori 14 3.1. I principi fisici di funzionamento. 14 3.2. La curva di isteresi. 14 3.3. Induttori DC 16 3.4. Induttori AC 17 3.5. Permeabilità complessa 18 3.6. Skin Effect 19 4. Rumore udibile degli induttori. 20 4.1. Report of audible noise tests on PCM3 & PCM4 3Ph 20 4.1.1. Step by step procedure 20 4.1.2. Contents 20 4.1.3. Conclusions of the tests. 38 4.2. Prove di Ripple; Frequenze 6,5 e 10 kHz 38 4.2.1. Configurazione delle sonde di corrente. 38 4.2.2. Ripple 6,5 kHz. 38 4.2.3. FFT Inverter Ruking. 38 4.2.4. Ripple 10 kHz. 38 4.2.5. FFT Inverter Ariston. 38 4.2.6. Conclusioni delle prove. 48 5. Il circuito di alimentazione. 49 5.1. Report Misure di Tensione (Caduta di tensione del DC link). 50 5.2. Simulazione del modello del circuito di alimentazione dell’inverter. 53 5.3. Simulazioni di misure sul circuito di alimentazione. 60 5.3.7. Conclusioni delle simulazioni 62 6. Conclusioni 63
  • 3. 3 Introduzione L’attività descritta e finalizzata in questa tesi di laurea è stata svolta presso il dipartimento R&D HHP (heating heat pumps) Mainstream dell’azienda Ariston Group a seguito di un tirocinio curricolare di sei mesi. L’ambito commerciale nel quale l’azienda opera è quello del riscaldamento residenziale e della produzione di acqua calda sanitaria, progettando e costruendo pompe di calore, caldaie e scaldabagni di vario tipo. L’obiettivo di questo elaborato è l’acquisizione di competenze tecniche nell’ambito elettronico sui sistemi di climatizzazione. Più precisamente, si sono effettuati studi teorici ed eseguite serie di prove e simulazioni sul circuito di alimentazione delle pompe di calore per poi indagare sulle problematiche più comuni e valutare possibili soluzioni. Nel nucleo di questo lavoro stanno gli induttori come componenti supplementari; gli effetti, vantaggi e svantaggi che questi portano alla performance del sistema. In particolare, è stato analizzato un caso in cui questi componenti inducono nell’ambiente circostante dell’inquinamento. Inoltre, è stato analizzato l’effetto degli induttori sulla tensione di alimentazione e si sono fatte delle considerazioni a livello industriale. Questo studio/analisi ha innanzitutto contribuito alla crescita professionale dell’autore. Inoltre, ha apportato avanzamenti nello sviluppo dell’efficientamento energetico di una gamma di prodotti di quest’azienda e nell’ottimizzazione dell’utilizzo di componenti già presenti in BOM (bill of materials) [30] per la prototipazione di nuovi progetti. Vorrei ringraziare il tutor aziendale per avermi dato la possibilità di imparare e crescere sia professionalmente che personalmente e tutti i colleghi che hanno condiviso con me la loro sapienza ed esperienza e che mi sono stati vicini in tutte le attività svolte. Nel contenuto ci sono riferimenti e nomenclatura interna aziendale che verrà introdotta nel primo capitolo.
  • 4. 4 1. La pompa di calore. La pompa di calore, il cui funzionamento verrà descritto più avanti, è una macchina che ha come obiettivo la produzione di acqua a temperatura più alta rispetto a quella in ingresso (in caso di funzionamento in Heating) o più bassa (in caso di funzionamento in Cooling), per questo motivo prende anche il nome di macchina reversibile. La macchina produce acqua ad una determinata temperatura, che viene tipicamente immagazzinata in un serbatoio (tank) che serve per garantire una certa inerzia termica dell’impianto e/o per generare, attraverso un sistema di serpentine separato dal flusso di acqua principale, l’acqua calda sanitaria. Quindi, questi sistemi sono costituiti da due parti fondamentali: l’unità esterna e l’unità interna. L’unità esterna, da adesso in poi chiamata ODU (outdoor unit), è posizionata fuori casa e l’unità interna chiamata IDU (indoor unit) dentro casa. La ODU rappresenta la macchina termodinamica, che per muovere un compressore utilizza la maggior parte dell’energia elettrica. La IDU invece, parte della quale è il tank, ha come funzione il mantenimento dell’acqua ad una temperatura stabile, l’interfaccia con l’utente finale mediante un HMI dedicato, attraverso il quale l’utente può definire il proprio ciclo di riscaldamento impostando le temperature di setpoint aria/acqua e gli orari in cui attivarle. Nella IDU è tipicamente presente anche una resistenza elettrica, che serve da back-up nel caso la ODU non funzioni per un qualsiasi motivo, oppure da integrazione, nel caso in cui la pompa di calore non riesca a produrre la potenza richiesta in quel momento dall’impianto. Si introduce un po’ di terminologia ed abbreviazioni interni che si utilizzeranno ampiamente in questa tesi. L’acqua in uscita sarà da adesso in poi indicata con LWT (leaving water temperature), l’acqua in ingresso EWT (entering water temperature), la temperatura dell’aria OAT/To (outdoor temperature), del refrigerante Tr, dell’evaporatore Te, del condensatore Tc, del heat-sink associato all’inverter THS. Tutte le unità sulle quali sono state svolte delle prove hanno il soprannome interno Pacman-x a cui viene associato l’abbreviazione PCMx dove x può essere 3 o 4. Lo schema in figura 1.1 illustra la relazione tra ODU, IDU e l’utente. Le attività svolte in questo settore di ricerca e sviluppo hanno come obiettivo la qualifica degli aggiornamenti tecnologici che si presentano spesso come degli ECN (engineering change notice), sia software che hardware, indotti dalle richieste del mercato e dalla conformità dei prodotti con gli standard definiti. Per ogni aggiornamento/proposta di aggiornamento c’è una serie di prove da eseguire per garantire l’efficacia della soluzione proposta, che a volte si traduce in un fallimento della qualifica, con conseguente blocco della procedura di messa in produzione. Per ogni prova c’è una serie di passi che garantiscono la fattibilità, l’esecuzione e la tracciabilità dei dati. Quindi prima di ogni prova si compila una RdP (richiesta di prova) dove si indicano le condizioni da rispettare, la macchina (intesa come la pompa di calore ricevuta dalla linea di produzione) sulla quale verrà eseguita la prova e la strumentazione necessaria. Dopo l’esecuzione il report si carica nella cartella relativa sul server. Lo schema in figura 1.2 illustra la logica che si segue. Il laboratorio è costituito da sei aree operative: camera EMC (electromagnetic compatibility), camera semi anecoica, area collaudo, control room, calorimetri, officina. Le attività descritte in questa tesi sono state svolte nell’area collaudo e nei calorimetri. L’area collaudo è lo spazio dove le unità vengono posizionate per poter effettuare semplici prove di funzionamento della macchina come un sistema intero/completo collegata ad un tank e un dry-cooler (ventola esterna che raffredda l’acqua in uscita dal tank). I calorimetri invece sono camere climatiche, dotate di un sistema di acquisizione dati, controllate dalla control room che simulano condizioni atmosferiche diverse (temperature e umidità) per la ODU. Figura 1.1 Relazione tra ODU, IDU e l’utente. Figura 1.2 Percorso logico per ogni aggiornamento tecnologico.
  • 5. 5 1.1. Il ciclo frigorifero Questo processo termodinamico ha generato una rivoluzione nell’ambito del comfort termico e ha contribuito tanto al benessere della popolazione, offrendo la possibilità di conservare prodotti alimentari alle temperature necessarie (nel caso dei frigoriferi) e trasformare la casa in un ambiente confortevole ed accogliente (nel caso delle pompe di calore o gli AC). Il sistema è costituito dai seguenti componenti principali: compressore, condensatore (detto scambiatore), valvola d’espansione (detta EXV), evaporatore (detto batteria). È importante notare le pompe di calore aria/acqua trasferiscono energia dall’aria all’acqua, mentre i condizionatori, che sono macchine termodinamiche a scambio aria/aria, trasferiscono energia da aria ad aria stessa. Prima di descrivere nel dettaglio il ciclo frigorifero bisogna necessariamente introdurre due concetti base della termodinamica ovvero l’equazione di stato dei gas ideali e l’entalpia le cui formule vengono riportate nelle formule (1.1) e (1.2) rispettivamente, 𝑛𝑅𝑇 = 𝑃𝑉 (1.1) 𝐻 = 𝐸 + 𝑃𝑉 (1.2) dove n indica la quantità della sostanza/materiale in mole, R la costante termodinamica, T la temperatura in gradi Kelvin, P la pressione, V il volume, H l’entalpia ed E l’energia interna della massa. L’entalpia solitamente si interpreta come il calore totale presente nel sistema ovvero l’energia interna (cinetica e potenziale) della sostanza più il prodotto pressione volume che identificano un punto preciso nel diagramma di stato. Si immagini ad esempio una cameretta isolata, contenente del gas, chiusa con un pistone mobile. Il gas ha dell’energia sia cinetica che potenziale; se ad esso viene fornito del calore (es. tramite un fornello) il gas inizia ad espandersi e riesce a sollevare il pistone. Nello schema in figura 1.1.2, 1.1.3 e 1.1.4 viene illustrato il ciclo frigorifero. I numeri indicano fasi diverse del processo. I diagrammi di stato riportati, rispettivamente il diagramma T-H e P-H, mostrano ogni fase del ciclo frigorifero. Si noti che la parte a sinistra della “campana” rappresenta l’area dove il refrigerante è puramente liquido, cioè liquido saturo. Invece la parte a destra è l’area dove esso è puramente gassoso ovvero gas saturo. Ad esempio, la fase 1-1’ rappresenta un caso dove il gas uscente dall’evaporatore acquisisce ancora un po’ di calore prima di entrare nel compressore ma in queste condizioni, essendo ormai saturo, non può più ricevere energia senza subire un aumento in temperatura. Tra queste fasi c’è la compressione e l’espansione. Osservando l’equazione di stato durante la compressione si può notare che T si alza, P si alza, invece V si abbassa per soddisfare l’equazione. Durante l’espansione T si abbassa, P si abbassa e V si alza. Questo comportamento è attendibile visto che non avvengono scambi di energia con l’ambiente quindi i valori presenti in entrambi i lati dell’equazione devono rimanere costanti. Nelle altre fasi, cioè nell’evaporazione e la condensazione, siccome il sistema scambia energia con l’ambiente, l’equazione di stato non vale più. Intuitivamente, chiamandosi “equazione di stato”, si riferisce a processi termodinamici nei quali la massa presente rimane nello stesso stato fisico, cosa che in queste fasi non succede. Quindi durante la condensazione, la massa di refrigerante rilascia calore nell’ambiente mantenendo T e P costante, abbassando V e trasformando il gas iniziale in un liquido. Invece durante l’evaporazione, la massa di refrigerante assorbe Figura 1.1.2 Diagramma T-H del ciclo frigorifero [1] Figura 1.1.3 Diagramma P-H del ciclo frigorifero [2] Figura 1.1.4 Ciclo frigorifero [3]
  • 6. 6 energia dall’ambiente mantenendo T e P costante ed aumentando V. Faccio notare che questo sarebbe il comportamento ideale, invece nella realtà questi parametri subiscono certamente piccole variazioni ma ovviamente trascurabili. 1.2. L’inverter Le pompe di calore, come menzionato nell’introduzione di questa tesi, sono macchine elettriche di potenza. Le parti che utilizzano la maggior parte di questa potenza sono il compressore e l’inverter. Il compressore, considerato il “cuore” della macchina, è il componente più importante relativamente al ciclo frigorifero ed è colui che assorbe la maggior parte della potenza. Storicamente, i sistemi di riscaldamento/raffreddamento nascono come sistemi on/off, che gestiscono l’energia in modo molto inefficiente, operando con una logica binaria acceso o spento, che oltre allo spreco energetico ed economico portano anche situazioni di condizionamento estremo, cioè temperature troppo alte o troppo basse oltre che a problematiche di natura affidabilistica sui componenti del circuito frigorifero. Per evitare tutto ciò, si è pensato di introdurre una tecnologia ampiamente implementata in altri settori industriali e no, cioè l’inverter, un convertitore DC/AC in grado di regolare la velocità di un compressore dotato di un motore elettrico brushless. Poter controllare il compressore è molto utile perché ci permette di richiedere ad esso una resa personalizzata all’istante. Ci sono varie tipologie di inverter che dipendono dalla potenza erogata ovvero la corrente che riesce a supportare e la frequenza massima raggiungibile. In questo capitolo si descriverà in grandi linee (anche schemi a blocchi) come questo componente (si dice componente anche se è un sistema abbastanza complesso a sua volta) funzioni. Come si vede nella figura 1.2.1 questo sistema è composto da una rete di transistor che tramite le sue combinazioni fa in modo che la corrente assorbita dal carico sia alternata ovvero la tensione ai suoi capi si inverte periodicamente. Si possono notare anche i diodi in parallelo ad ogni transistor, che servono per evitare che eventuali correnti generati dal carico induttivo generino tensioni indesiderate ai capi del transistor. Fondamentalmente i passi per l’inversione della corrente sono i seguenti: - Per generare la semionda positiva conducono i transistor S1-S2. - Per la semionda negativa invece, conducono i transistor S3-S4. In questo modo il generatore non cambia mai polarità ed eroga sempre la stessa corrente, ma il carico lo riceve invertito. Questa topologia però non è ancora completa perché evidentemente la corrente che arriva al carico non è una sinusoide ma un’onda quadra. Per elaborare questa forma d’onda in modo tale da renderla sinusoidale si introduce al sistema un controllore attivo che gestisce i tempi di conduzione dei transistor. La logica che il controllore segue, universalmente chiamata PWM (pulse width modulation), si basa sul tempo che il carico ha a disposizione per assorbire corrente dal generatore. Come si vede nella figura 1.2.2, durante un impulso (viola) il carico inizia a ricevere una corrente (blu) che aumenta finché si presenta il fronte di discesa. Come si vede nella figura 1.2.3 il segnale PWM è alto quando l’ampiezza della modulante è maggiore di quella della portante e basso quando succede il viceversa. Per ottenere correnti con una risoluzione soddisfacente la portante dev’essere di una frequenza sufficientemente alta (dell’ordine dei kHz) per poter “campionare” meglio la modulante. Quest’ultima invece è di Figura 1.2.1 Ponte monofase di transistor [4] Figura 1.2.2 Relazione tra PWM e la modulante [5] Figura 1.2.3 Generazione del segnale PWM. Figura 1.2.4 Campionamento della modulante [6]
  • 7. 7 una frequenza che viene decisa dal controllore con riferimento alla corrente che si vuole in uscita ovvero per replicarla quasi idealmente. Si noti che il ripple che si vede nella corrente deve essere molto ridotto, quasi inesistente. Per l’applicazione nelle pompe di calore (ma anche condizionatori in generale) ogni inverter che si sceglie passa attraverso un processo di qualifica che contiene varie prove tra cui: - Matching control che serve per garantire la compatibilità tra il compressore e l’inverter. - Satisfied setpoint nelle condizioni di carico massimo per assicurarsi che l’elettronica dell’inverter sia abbastanza robusta per erogare la potenza massima per un’ora, tempo stabilito dal protocollo di test selezionato. 1.3. Electromagnetic Compatibility (EMC) & Interference (EMI) In questo capito si tratteranno degli argomenti rilevanti all’elettronica industriale. Ogni sistema elettrico/elettronico ha inevitabilmente un impatto nell’ambiente circostante. Questo impatto si manifesta come un insieme di disturbi elettromagnetici che vengono eliminati tramite dei filtri e regolati dalle normative sulla sicurezza del consumatore. 1.3.1 Introduzione all’EMC ed EMI. La compatibilità elettromagnetica viene definita come la capacità di un sistema elettrico/elettronico di operare senza generare disturbi alla rete elettrica e ad altri sistemi presenti nell’ambiente circostante e anche come la capacità del sistema di non venire disturbato da segnali spuri provenienti dalla rete stessa. Siccome al giorno d’oggi l’utilizzo di sistemi e dispositivi elettronici sta aumentando esponenzialmente, viene naturale la necessità di regolare gli eventuali disturbi provenienti da essi. D’altra parte, questi sistemi elettrici subiscono disturbi provenienti dall’ambiente esterno che inducono poi rumore e impurità nell’alimentazione e nei segnali. Quindi per assicurare la robustezza dei sistemi da questo punto di vista esistono procedure di prove che simulano delle condizioni di funzionamento nelle quali il sistema può trovarsi, ad esempio: buchi di tensione, rumore flicker ecc. indotti dall’alimentazione stessa in fase di certificazione EMC/EMI. Per avere la certezza ed eventualmente ottenere la certificazione richiesta dal regolamento sui disturbi provenienti da questi sistemi c’è una serie di prove che si descriverà brevemente in seguito. Questi disturbi vengono trasferiti all’ambiente e agli altri dispositivi che si trovano nelle vicinanze in due modi, tramite conduzione e radiazione. Sono quindi previste delle procedure per entrambe che non verranno trattate nel dettaglio. • Le misure di emissione condotta vengono eseguite a bassa frequenza (tra i 150kHz e i 30MHz) e vengono eseguite disaccoppiando la macchina in prova dall’impedenza della rete mediante una rete passiva chiamata LISN [29]. Le misure di potenza di disturbo (tra 30MHz e 300MHz) si effettuano lungo un cavo di 6 metri, con un carrello che si muove sul cavo e si ferma nel punto in cui il disturbo è più elevato. • Le misure delle emissioni radiate invece si effettuano utilizzando delle antenne dentro la camera semi-anecoica a diverse lunghezze d’onda. I risultati vengono poi mappati da uno software nella forma di uno spettrogramma. 1.3.2. La Direttiva 2014/30/UE e ISO 33.100 La direttiva prevede obiettivi comuni nel contesto delle norme di sicurezza, assicurando che un'apparecchiatura approvata da un paese membro dell'Unione europea sia conforme per l'uso a cui è destinato in tutti gli altri paesi dell'UE. Non viene definito alcun standard tecnico specifico, ma semplicemente i produttori devono fare riferimento alle norme IEC/ISO 33.100 EN. I prodotti conformi alla direttiva sui disturbi elettromagnetici e a tutte le altre norme e direttive pertinenti il prodotto stesso devono obbligatoriamente essere contrassegnati con la marcatura CE per indicarne la conformità. 1.3.3. Common Mode Chokes Nell’alimentazione di sistemi trifase possono presentarsi disturbi di modo comune, cioè presenti identicamente su più linee che devono essere filtrati per non creare problemi all’interno del sistema. A questo scopo si usano gli induttori cosiddetti “Common Mode Choke” che sono costituiti da due o più avvolgimenti simmetrici in un nucleo ferromagnetico (esistono anche nuclei di altri materiali). Questi avvolgimenti sono fatti in modo tale che, quando nei fili passa una corrente di modo comune all’interno del nucleo si crea un campo elettromagnetico (come si vede nella figura sottostante) che impedisce il passaggio di correnti ad altra frequenza, cioè si genera un’alta impedenza per queste correnti. Quando invece si presentano correnti di modo differenziale, nel nucleo si generano due campi elettromagnetici di verso opposto che si cancellano a vicenda facendo in modo che queste correnti passino. Quindi sostanzialmente, questi induttori, permettono il passaggio di correnti di modo differenziale ed impediscono il passaggio di correnti di modo comune (da cui il nome stesso) ad alta frequenza (cioè disturbi), invece le correnti in bassa frequenza riescono a passare.
  • 8. 8 1.3.4. Condensatori Classe X In una linea di alimentazione si possono presentare disturbi che non ci sono nelle altre linee, chiamati di modo differenziale. Per evitare la propagazione di questi disturbi al resto del sistema si usano i condensatori cosiddetti di classe X che vengono collegati tra ogni copia di linee e fanno in modo che i disturbi presenti su una tornino indietro [8]. Vengono chiaramente scelti con dei valori opportuni per permettere il passaggio di correnti di certe frequenze. Oltre a questo, c’è un altro motivo per l’utilizzo di questi condensatori, che è la sicurezza dell’utente. Essi sono progettati in modo tale che, quando si rompono creano un corto facendo in modo che nel sistema ci sia una sovracorrente che attiva i componenti di protezione (fusibili, differenziali). 1.3.5. Condensatori Classe Y Nelle linee di alimentazione si possono presentare disturbi chiamati di modo comune. Per evitare questi disturbi, si fa uso dei condensatori Y che vengono collegati tra linea e terra. In questo modo essi filtrano disturbi in alta frequenza. Invece per quanto riguarda la sicurezza dell’utente, essi sono progettati in modo tale da rompersi in circuito aperto, portando così nessun pericolo per l’utente con il costo di non filtrare i disturbi [8]. Nella figura 1.3.5.1 viene mostrato come entrambi i condensatori e il choke vengono posizionati nel circuito. Nel caso trifase la topologia è analoga. 1.4. Il sistema di controllo elettronico Il funzionamento della macchina è monitorato e comandato dal sistema di controllo che è composto da tre schede (PCB) alle quali vengono collegate tutte le periferiche (ventola, valvole, pompa, sensori e sonde). Nella figura 1.4.1 si illustra in modo chiaro l’architettura di quest’ultimo. Le tre schede chiamate rispettivamente Energy Manager, Thermodynamic Manager (TDM), Control Board (CB) hanno le funzioni spiegate di seguito. Figura 1.3.3 Common Mode Choke [7] Figura 1.3.5 Esempio di utilizzo di condensatori classe X e Y [9] Figura 1.4.1 Schema a blocchi del sistema di controllo (per le sigle si veda il testo).
  • 9. 9 La prima gestisce la comunicazione tra l’interfaccia utente ed il resto del controllo. Inoltre, è responsabile dell’attivazione della resistenza di backup, la quale è una semplice resistenza elettrica che viene attivata quando la ODU smette di funzionare per qualsiasi motivo oppure non riesce a raggiungere la temperatura dell’acqua richiesta dall’utente. La seconda, detta anche TDM, è responsabile della gestione del ciclo termodinamico (ergo il nome). Essa esegue i calcoli necessari per soddisfare il setpoint finale del sistema (la temperatura dell’acqua in uscita). Le sue periferiche sono elencate in seguito: - EWT (Entering Water Temperature) - LWT (Leaving Water Temperature) - La sonda di temperatura del refrigerante Tr. - La pompa. - Il rilevatore di flusso. I calcoli da essa eseguiti vengono comunicati tramite il protocollo RS485 alla Control Board, detta anche CB, che ha la responsabilità di tradurre i segnali che riceve dalle sue periferiche e comunicarli alla TDM e viceversa eseguire gli ordini ricevuti da quest’ultima. L’elenco delle periferiche viene riportato in seguito: - Ts (suction temperature; in ingresso al compressore) - Td (discharge temperature; in uscita al compressore) - Teo (outdoor evaporator temperature) - Te (evaporator temperature) - To (outdoor temperature) - Valvola di inversione (4WV) - Valvola di espansione (EXV) - Ventola L’ultimo ma non per importanza, l’inverter, è la scheda di potenza ovvero la parte del sistema che eroga le correnti necessarie per soddisfare il carico e controlla la velocità del compressore in frequenza. Le sue periferiche (non indicate nello schema in figura 1.4.1) sono: - Pressostato, un interruttore che si apre quando il suo sensore rileva pressioni troppo alte sulla testa del compressore. - Klixon, analogo al Pressostato ma relativo alla temperatura della testa del compressore (punto più caldo del compressore).
  • 10. 10 2. Power Factor Correction In questo capitolo della tesi si tratterà un concetto legato alla gestione dell’energia elettrica il cui utilizzo sta diventa sempre più richiesto. Gli argomenti verranno presentati dal punto di vista circuitale (con schemi e simulazioni) e legale (normativa). 2.1. Introduzione al PFC. Nel mondo odierno l’utilizzo dei dispositivi che funzionano tramite energia elettrica sta diventando sempre più indispensabile per la quotidianità. Questi dispositivi hanno spesso componenti o sottosistemi di tipo reattivo (induttori e condensatori). Per questo motivo, l’energia che viene prelevata dalla rete è superiore a quello che in realtà questi dispositivi e macchine consumano, si parla infatti di Potenza Attiva, Potenza Reattiva e Potenza Apparente [10]. L’esistenza della quota reattiva della potenza indica che c’è una corrente che viene scambiata tra rete e dispositivo e poi restituita alla rete. La potenza reattiva sarebbe da minimizzare per ottimizzare la richiesta di corrente dalla rete elettrica. Le macchine con motori pilotati da inverter generano rotazioni meccaniche del rotore mediante eccitazione elettronica a frequenza variabile. Come spiegato nel capitolo precedente, la forma d’onda di corrente viene generata nell’inverter mediante modulazione PWM, modulazione basata su una commutazione ad alta frequenza. Questo segnale ad alta frequenza si propaga verso la rete provocando distorsioni armoniche sulla corrente di ingresso. Ultimo motivo ma non meno importante degli altri è la compatibilità del sistema elettrico con i regolamenti e le norme sulla sicurezza ed il benessere del consumatore. Cioè, il sistema non deve introdurre nella rete elettrica rumore in certe frequenze che superi delle ampiezze note (normativa CEI-EN61000-3-2). Per regolare questi fenomeni si usano i filtri/sistemi PFC. Questi circuiti modellano la corrente in ingresso in modo che risulti in fase rispetto alla forma d'onda della tensione d'ingresso e che non sia quindi impulsiva, cosa che rende la corrente in uscita dal punto di vista frequenziale esente (o quasi) da armoniche a frequenze diverse. 2.1.1. Normativa Europea CEI-EN61000-2-3 Come discusso precedentemente, la necessità del PFC arriva dal fatto che la tensione/corrente nei dispositivi di utilizzo quotidiano subisce distorsioni dovuti a carichi attivi. Queste distorsioni presentano in rete disturbi in frequenza che non sono completamente eliminabili, però si possono certamente limitare ed il limite di corrente associato a ciascun’armonica è riportato nella tabella 2.1.1 e nella figura Tabella 2.1.1 Valori numerici dei limiti [11] La normativa EN61000-3-2 si applica solo a macchine con correnti d’ingresso fino a 16A di Classe A, cioè elettrodomestici comuni, lampade, sistemi trifase e così via, fino alla 40-esima armonica, invece per correnti superiori si applica la EN61000-3-12. Ordine Armonica n Limite Corrente (A) Pari 2 1.08 4 0.43 6 0.3 8<n<40 0.23*8/n Dispari 3 2.3 5 1.4 7 0.77 9 0.4 11 0.33 13 0.21 15<n<39 0.15*8/n Figura 2.1.1 Limiti delle emissioni rispetto alla corrente [12]
  • 11. 11 2.2. Categorie principali di soluzioni PFC [13] I circuiti che fanno il PFC sono molto vasti e dipendono da molti fattori tra cui: condizioni atmosferiche, dimensioni, potenza ecc. Le due categorie principali comunque sono: - Passivo • Con induttore lato AC. • Con filtro passa banda risonante serie LC. • Con filtro elimina banda risonante parallelo LC. • Con filtro a trappola di armoniche. - Attivo • Buck converter • Boost converter 2.2.1 PFC Passivo I circuiti PFC Passivi sono costituiti da componenti indipendenti, cioè non controllati da IC o altre logiche simili [28]. Solitamente sono dei filtri o anche filtri risonanti in una certa frequenza. - Con induttore lato AC Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.1a, è costituito da un semplice induttore che per il principio fisico della sua costruzione, “combatte” le variazioni istantanee di corrente facendo in modo che la corrente in uscita del sistema sia molto meno impulsiva, cioè che si avvicini il più possibile ad un’onda sinusoidale. - Con filtro passa banda risonante serie LC Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.2°, è costituito da una serie induttore condensatore che risuona in una certa banda di frequenze facendo in modo che passi solo il segnale/corrente di quella banda. Si può configurare, cioè si possono scegliere i valori dei componenti tali per i quali il filtro lasci passare solo la banda utile della linea. - Con filtro elimina banda risonante parallelo LC Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.3a è costituito da un parallelo induttore condensatore che risuona ad una certa banda di frequenze facendo in modo che si blocchino le armoniche della banda eliminante. Scegliendo i valori dei componenti si può decidere eventualmente quali armoniche eliminare. Figura 2.2.1.1a Filtro induttivo [13] Figura 2.2.1.1b Onda di corrente uscente dal filtro. Figura 2.2.1.2a Filtro LC serie [13] Figura 2.2.1.2b Onda di corrente uscente dal filtro. Figura 2.2.1.3a Filtro LC parallelo [13] Figura 2.2.1.3b Onda di corrente uscente dal filtro.
  • 12. 12 - Con filtro a “trappola di armoniche” Questo filtro, illustrato nella figura 2.2.1.4a è costituito da una serie RLC in parallelo al segnale d’ingresso ed un induttore in serie alla sorgente. Viene considerato un miglioramento dei due precedenti poiché ha il picco di risonanza di una certa frequenza e fa in modo che si elimini solo un’armonica. Si possono mettere più filtri a trappola per eliminare più armoniche dal segnale. Si possono considerare diverse combinazioni dei filtri descritti sopra per permettersi un maggiore livello di dettaglio nella “pulizia” del segnale dalle armoniche. Dall’altra parte, in questi circuiti si può presentare il fenomeno della risonanza ad alte frequenze, cioè se un filtro elimina banda risonante parallelo attenua nella sua banda, potrebbe capitare che esso risuoni e quindi amplifichi in un’altra banda risultando quindi eventualmente in un peggioramento di altre armoniche. Nella figura 2.2.1.5 viene riportata la forma d’onda della corrente di un circuito senza PFC. È evidente la distorsione e la necessità del filtro. 2.2.2. PFC Attivo I circuiti PFC Attivi sono costituti da dei transistor controllati da una certa logica (un IC/PCB) [28] che fanno il cosiddetto “current shaping” cioè, danno una forma all’onda di corrente [13]. Questi Switch (transistor) possono operare in due modalità, CCM o DCM cioè Continous Conduction Mode o Discontinous Conduction Mode rispettivamente [25]. - Buck converter Questa topologia di circuito PFC fa in modo che l’inviluppo della corrente sul carico, cioè in uscita, sia di forma sinusoidale. Lo si realizza come illustrato nella figura 2.2.2.1. L’induttore in questo caso opera in modalità DCM. Lo Switch si attiva quando la semionda in ingresso ha raggiunto un certo livello di tensione che deve essere maggiore di quello in uscita (sennò non avremmo corrente). Quando esso si attiva, la corrente scorre nell’induttore caricandolo e poi passa sia nel condensatore che al carico. Quando invece esso si “spegne”, la corrente, per il principio di funzionamento dell’induttore continua a scorrere nel carico e torna indietro tramite il diodo D. Quando l’induttore ha rilasciato tutta l’energia conservata, il condensatore inizia a scaricarsi sul carico mantenendo un livello di tensione abbastanza stabile. Poi lo Switch si attiva di nuovo iniziando da capo il ciclo. Figura 2.2.1.4a Filtro multiplo RLC serie [13] Figura 2.2.1.592b Onda di corrente uscente dal filtro. Figura 2.2.1.5 Corrente in assenza di PFC. Figura 2.2.2.1a Buck Converter [13]
  • 13. 13 L’idea di questa topologia sta nel fatto che al carico non arriva mai la tensione massima. Essendoci uno Switch che impedisce la corrente periodicamente, riesce a passare solo una sua percentuale che analiticamente viene rappresentata dal duty cycle D (si veda l’equazione 2.2.2). 𝐷 = 𝑉𝑂𝑈𝑇 𝑉𝐼𝑁 (2.2.2) Una delle cose da notare è che in questo caso, siccome la corrente può scorrere solo quando la tensione in ingresso è maggiore di quello in uscita, si genera una distorsione della forma d’onda della corrente che ha un effetto negativo sul PF. Per quanto riguarda la corrente invece, essa arriva dal ponte di diodi ad impulsi e la presenza di un induttore fa in modo che questi impulsi non possano arrivare direttamente al carico. Quindi, la corrente all’inizio si accumula nell’induttore per poi essere rilasciata nel carico. - Boost converter Questa topologia di circuito PFC, dal punto di vista della forma d’onda della corrente, fa la stessa cosa di Buck con la differenza che in questo caso la tensione in uscita è maggiore di quella in ingresso e l’induttore opera in modalità CCM facendo in modo che la corrente al carico non sia mai nulla. Lo si realizza come illustrato nella figura 2.2.2.2a. L’induttore in questo caso opera in modalità CCM facendo in modo che sul carico passi sempre della corrente, ottenendo così una forma d’onda sinusoidale senza distorsione alle estremità come nel caso Buck. Lo Switch si attiva subito e dopo che la corrente sia passata nell’induttore, scorre verso l’interruttore di potenza e va a massa. Invece dopo il picco della semionda, lo Switch si apre facendo in modo che la corrente immagazzinata nell’induttore vada verso il condensatore e il carico. Dopo la richiusura dello switch, la corrente dell’induttore va verso massa e il condensatore si scarica attraverso il carico. Si ottiene così una corrente che oscilla ma non si annulla mai (si veda la figura 2.2.2.2b). Inoltre, è importante notare che il tempo durante il cui lo switch rimane aperto, al condensatore arriva della corrente ovvero carica elettrica e dopo ogni periodo questo carico accumulato aumenta sempre di più ottenendo alla fine ai suoi capi una tensione maggiore di quella in ingresso. Questo rende intuitivo anche il nome stesso “Boost”. Figura 2.2.2.1b Tensione/corrente in uscita [13] Figura 2.2.2.2a Boost Converter [13] Figura 2.2.2.2b Tensione/corrente in uscita [13]
  • 14. 14 3. Studio fisico degli induttori In questo capitolo viene descritta la costituzione ed il funzionamento degli induttori come componente basilare di tantissimi circuiti elettronici. 3.1. I principi fisici di funzionamento. Un induttore è un componente complesso dal punto di vista tecnologico e funzionale. I parametri che caratterizzano il componente sono: • Corrente • Numero di avvolgimenti • Area della sezione del nucleo. • Curva di impedenza alle varie frequenze. descritti dalle relazioni: 𝐿𝑆 = 𝜇0𝜇𝑛 𝑁2𝐴 𝑙 (3.1) Solenoide 𝐿𝑇 = 𝜇0𝜇𝑛𝑁2𝐴 2𝜋 𝑙𝑛 𝑅 𝑟 (3.2) Toroide 𝑍𝐿 = 𝑗𝜔𝐿 (3.3) dove L indica l’induttanza, μ0 la permeabilità magnetica dell’aria, μn la permeabilità del nucleo, N il numero di avvolgimenti, A l’area della sezione del nucleo, 𝑙 la lunghezza del filo, ZL l’impedenza del componente e ω la pulsazione/frequenza angolare. Invece nel caso toroidale, R indica la distanza dal centro all’esterno della sezione, r la distanza dal centro all’interno e 2𝜋 è relativo al perimetro della sezione rettangolare. 3.2. La curva di isteresi. Nelle relazioni che descrivono le induttanze LS e LT, (3.1) e (3.2) rispettivamente, si vede la dipendenza dalla permeabilità magnetica. Quest’ultima fa in modo che l’induzione magnetica riesca a passare facilmente nel core, permettendo così maggiore densità di flusso. Un modo per vedere qualitativamente la relazione tra l’intensità di induzione magnetica 𝐻 ⃗ ⃗ e la densità di flusso 𝐵 ⃗ [14] ovvero il flusso nell’area della sezione del materiale, sono le curve di isteresi. La scelta di queste grandezze come ascissa (il flusso) e ordinata (l’induzione) è dovuta al fatto che in questo modo la curva è indipendente dalle dimensioni del componente trattandosi di densità di flusso e non flusso totale. La magnetizzazione [15] avviene quando al nucleo (o a qualsiasi materiale ferromagnetico) viene forzata una forza magnetica ovvero un’intensità di campo magnetico generato dal filo. Gli atomi che compongono il materiale, sotto questa intensità di campo si magnetizzano ovvero si allineano con le linee di flusso. Però c’è un limite al numero di atomi disponibili alla magnetizzazione e quindi con l’aumento dell’intensità del campo ci sono sempre meno atomi a polarizzarsi. Quando si raggiunge questa soglia, il nucleo si dice saturo. Viene riportato un esempio di questa curva, nella figura 3.2.1. Il nome isteresi è dovuto alla caratteristica di retentività del materiale che è una forma di momento d’inerzia magnetico ovvero la tendenza delle particelle che compongono il materiale di rimanere magnetizzate con una certa polarizzazione. La retentività fa in modo che, quando si cerca di polarizzare inversamente il nucleo, gli atomi di quest’ultimo resistano al cambiamento e chiedano un’intensità di campo nel verso opposto. Ciò porta ad un ritardo nella generazione del campo inverso e si ha, come si vede nella figura, una curva di magnetizzazione non lineare. Ci sono modi per rendere questa curva più lineare e quindi traslare la soglia di saturazione a valori di intensità di campo più elevati. Questo si può ottenere analizzando diversi materiali e scegliendo tra di loro uno od una combinazione. Come si vede nella figura 3.2.2, il nucleo potrebbe anche essere del tutto eliminato dal componente, facendo in modo che ci sia solo dell’aria però l’energia immagazzinata (l’area all’interno della curva) sarà molto ridotta rispetto ad un core ferromagnetico. Sarebbe addirittura nulla siccome la curva è una retta di equazione B=μ0H (quindi area nulla). Questo non vuol dire che non ci sarà un campo magnetico, ma che non si immagazzina niente e il campo generato rimane attivo solo quando c’è corrente. Figura 3.2.1 Curva di isteresi generica [16]
  • 15. 15 È chiaro che il nucleo è essenziale per l’immagazzinamento dell’energia perché tramite la sua retentività riesce a sostenere un campo magnetico. Quindi si passa ad una soluzione con un nucleo fatto di materiale ferrite. Come si vede nella figura 3.2.3, le ferriti hanno una curva di isteresi piuttosto estrema; richiedono un’intensità di campo elevata per cambiare polarizzazione e saturano velocemente ma solo per grandi valori di intensità. Inoltre, hanno tanta capacità di immagazzinamento come si vede dall’area racchiusa dalla curva. Questo dà un’idea su come l’utilizzo di un unico materiale può non essere la strategia ottimale e quindi per ottenere dei risultati soddisfacenti si presenta la necessità di usare una combinazione. Tutto questo si può anche notare nelle formule (3.1) e (3.2), dove μn indica la permeabilità del nucleo e in sua assenza ciò che rimane è μ0 che ha un valore piuttosto basso, facendo quindi in modo che l’induttanza diminuisca. Andando più nel dettaglio si nota che ci sono diverse tipologie di materiali con caratteristiche diverse che dipendono anche dalle dimensioni/geometria. In particolare, si può notare che il nucleo può essere costruito con materiali differenti, ognuno con diverse capacità di immagazzinare energia, come si può vedere nella tabella 3.2.1; nella stessa tabella è riportata anche la permeabilità relativa che rende più facile il confronto tra i diversi materiali essendo l’ordine di grandezza 10-x di difficile percezione per l’essere umano. Tabella 3.2.1 Permeabilità di materiali diversi [17] Materiale Permeabilità relativa, Permeabilità, max. , m / m 0 μ (H/m) Vuoto 1 1.25663706212 × 10−6 ( μ0 ) Metglas 2714A (ricotto) 1000000 1.26×100 Ferro (Fe puro al 99,95% ricotto in H) 200000 2.5×10−1 Permallo 100000 1.25×10−1 NANOPERMA® 80000 1.0×10−1 In metallo 50000 6.3×10−2 In metallo 20000 2.5×10−2 Cobalto-ferro 18000 2.3×10−2 (materiale a strisce ad alta permeabilità) Ferro (puro al 99,8%) 5000 6.3×10−3 Acciaio elettrico 4000 5.0×10−3 Acciaio inossidabile ferritico (ricotto) 1000 – 1800 1.26×10−3 – 2.26×10−3 Acciaio inossidabile martensitico (ricotto) 750 – 950 9.42×10−4 – 1.19×10−3 Ferrite (zinco manganese) 350 – 20 000 4.4×10−4 – 2.51×10−2 Composto in polvere Mo-Fe-Ni 14 – 550 1.76×10−5 – 6.91×10−4 (polvere di molypermalloy, MPP) Composto in polvere di nichel ferro 14 – 160 1.76×10−5 – 2.01×10−4 Al-Si-Fe powder compound (Sendust) 14 – 160 1.76×10−5 – 2.01×10−4 Composto di polvere di ferro 14 – 100 1.76×10−5 – 1.26×10−4 Acciaio al carbonio 100 1.26×10−4 Nichel 100 – 600 1.26×10−4 – 7.54×10−4 Acciaio inossidabile martensitico (temprato) 40 – 95 5.0×10−5 – 1.2×10−4 Acciaio inossidabile austenitico 1,003 1.260×10−6 – 8.8×10−6 Magnete al neodimio 1,05 1.32×10−6 Platino 1,00026500 1.256970×10−6 Alluminio 1,00002200 1.256665×10−6 Aria 1,000000370 1.25663753×10−6 Acqua 0.999992 1.256627×10−6 Bismuto 0.999834 1.25643×10−6 Carbone pirolitico 0.9996 1.256×10−6 Superconduttori 0 0 Nota bene: la pendenza della retta nel grafico della figura 3.2.2 è esagerata per mostrare la relazione tra B e H. Nella realtà essa sarebbe molto più declinata verso l’asse H. Figura 3.2.2 Curva di isteresi dell’aria Figura 3.2.3 Curva di una ferrite [16]
  • 16. 16 Con l’aumento della permeabilità del nucleo diminuisce il campo magnetico che esso può sostenere. La relazione (3.4) rappresenta il rapporto tra l’intensità del campo H e la densità del flusso B. 𝐵 = 𝜇𝑛𝐻 (3.4) Questo indica che un materiale con alta permeabilità è facilmente polarizzabile in un campo magnetico ma è altrettanto facile che il campo che esso sostiene si perda non appena la sorgente che l’ha generato non ci sia più. Negli induttori in DC tale comportamento è da evitare perché significa che l’energia immagazzinata si potrà perdere in tempi troppo brevi. Per risolvere questo problema si rivolge ai materiali con permeabilità più basse. Le curve nella figura 3.2.4 danno un’idea su come materiali diversi hanno capacità energetiche differenti. Si nota che l’area racchiusa dalla curva di isteresi per ogni caso è diversa. BR indica la retentività, HC indica la coercività [18], cioè l’abilità del materiale di rimanere polarizzato con un campo magnetico. Questi due parametri non si tratteranno nel dettaglio. 3.3. Induttori DC Questi induttori sono utilizzati maggiormente per immagazzinare l’energia in convertitori DC/DC come nel caso di Buck e Boost a seconda della loro modalità di corrente CCM o DCM. La differenza principale con gli induttori in AC è che sono sottoposti per la gran parte del tempo a tensioni e correnti continue. La loro progettazione richiede la conoscenza dei parametri base cioè IDC, IPicco, il ripple della corrente, il limite di sovracorrente ecc. Nonostante questi componenti siano usati in DC ci sono sempre dei cicli di carica-discarica, quindi, bisogna tenere conto della corrente di ripple in AC. Inoltre, si deve anche conoscere il limite di sovracorrente per fare in modo che l’induttore abbia la capacità di sopportare qualsiasi impulso di corrente imprevisto proveniente dal circuito o dalla rete. Inoltre, l’induttanza minima utile si deve calcolare tendendo conto della corrente IPicco perché esso è uno dei parametri (si vedano le formule in seconda pagina) che descrive l’energia che il componente deve conservare. Di solito nella costruzione di questi componenti si tiene conto della bassa riluttanza del nucleo, che porta alla saturazione anticipata della densità di flusso. In modo analogo nei circuiti elettrici, una resistenza bassa porta ad alti valori di corrente per tensioni piuttosto basse. Nella formula (3.5) viene riportata la relazione tra riluttanza, forza magnetica e flusso e l’analoga tra resistenza, tensione e corrente: 𝑟 = 𝐹 𝛷 = 𝑙 𝜇0 ∙ 𝜇𝑛 ∙ 𝐴 𝑅 = 𝑉 𝐼 (3.5) dove F indica la forza magnetica, 𝛷 è il flusso, 𝑙 lunghezza del filo, A l’area della sezione, 𝜇0 permeabilità dell’aria e 𝜇𝑛 del nucleo. Per risolvere questo problema, all’interno del nucleo si realizza un gap, cioè uno spazio contenente dell’aria che aiuta ad alzare la riluttanza magnetica e fa in modo che il componente non vada subito in saturazione. In altri casi però, si preferisce usare un approccio diverso, sfruttando sempre l’aria ma invece di realizzare un gap all’interno del nucleo, si realizza un nucleo costituito da una miscela di particelle del metallo ferromagnetico e bolle d’aria tramite una soluzione collegante. In questo modo si evitano le cosiddette perdite marginali che appaiono nella superficie di contatto tra il metallo e l’aria. Inoltre, siccome l’aria ha una permeabilità diversa, l’induttanza cambia in relazione ad essa e quindi si modifica anche il suo valore. Figura 3.2.4 Comportamento di materiali diversi sul campo magnetico [18] Figura 3.3.1 Corrente continua realistica [19]
  • 17. 17 Nella figura 3.3.3 viene mostrato come questo processo cambia le caratteristiche dell’induttore. Si può facilmente notare in questa figura che il componente riesce a seguire l’aumento dell’induzione magnetica H per lo stesso livello di densità di flusso, mentre prima saturerebbe come mostrato in figura (curva blu). Ciò significa che, se prima l’induttore andava in saturazione ad un certo valore di H, dopo la modifica la saturazione avviene ad un’intensità maggiore. Si ottiene quindi una relazione più lineare tra l’induzione e la densità di flusso. 3.4. Induttori AC I componenti di questa tipologia vengono impiegati principalmente nei filtri EMI come CMC (Common Mode Choke), DMC (Differential Mode Choke), filtro LCL e anche nei sistemi elettronici più piccoli nella forma dei IC/microchip sempre per filtraggio di segnale. Per la loro progettazione è necessario conoscere dei parametri quali: IDC per tenere conto delle perdite resistive del filo conduttore, la banda di frequenze dove opererà ecc. Una caratteristica particolare è l’impedenza di questi componenti e i vari parametri dai quali essa dipende. Nel grafico della figura 3.4.1 è riportato un esempio della curva dell’impedenza e si nota come il valore a basse frequenze di quest’ultima cambia al variare della frequenza secondo la relazione |𝑍𝐿|𝑑𝐵 = 20𝑙𝑜𝑔 (𝜔𝐿) . Però come si vede dal diagramma del modulo nella figura 3.4.1 il componente al raggiungimento di una certa frequenza (in questo caso circa 250 kHz) va in risonanza e poi smette di operare come un induttore. Quella frequenza descrive il limite della sua banda e per tutte le altre frequenze si nota il fenomeno delle capacità parassite. Cioè, a frequenze elevate, le capacità che esistono tra due fili conduttori isolati iniziano a fare il loro effetto e quindi il componente diventa una reattanza capacitiva. Si deve fare in modo che la frequenza di risonanza sia abbastanza lontana dalla massima frequenza utile. Infatti, è immediato osservare nel grafico della figura 3.4.2 che con l’aumento dell’induttanza, aumenta l’impedenza ma anche si stringe la banda utile. Si può notare che il picco di risonanza si sposta nelle frequenze più basse. Figura 3.3.3 Differenza tra nucleo con traferro e senza [20] Figura 3.4.1 Diagramma di Bode dell’impedenza di un induttore [21] Figura 3.4.2 Comportamento dell’impedenza rispetto all’induttanza [22]
  • 18. 18 Questa frequenza di risonanza viene descritta dalla relazione (3.6). 𝑓 = 1 2𝜋√𝐿 ∙ 𝐶′ (3.6) dove L indica l’induttanza e C’ indica la capacità parassita del circuito equivalente. 3.5. Permeabilità complessa La permeabilità magnetica generalizzata è un parametro complesso, quindi ha una parte immaginaria resistiva e una parte reale induttiva. In fase di progettazione, la scelta del materiale e quindi della permeabilità dev’essere ottimizzata per l’utilizzo del componente, perché in AC maggiormente gli induttori si usano come filtri e devono essere in grado di dissipare l’energia dei disturbi quindi la permeabilità deve avere parte immaginaria resistiva alta (e parte reale induttiva bassa), invece in DC dove questi componenti si usano per immagazzinare l’energia la permeabilità deve avere parte reale induttiva alta (e parte resistiva bassa). Per descrivere meglio questo concetto, nella formula (3.7) viene riportato un modello matematico di calcolo della permeabilità magnetica con particolare attenzione alle parti reale ed immaginaria. 𝑍 = 𝑅𝑓 + 𝑗𝜔𝐿𝐶 = 𝑅𝑓 + 𝑅𝑛(𝜔) + 𝑗𝜔𝐿 (3.7) dove Rf indica la resistenza del filo conduttore, LC indica l’induttanza complessa, Rn è la resistenza equivalente del nucleo, L è l’induttanza del componente e 𝜔 la frequenza angolare(pulsazione). Poi seguendo il calcolo della relazione (3.7) si ha: 𝑗𝜔𝐿𝐶 = 𝑅𝑛(𝜔) + 𝑗𝜔𝐿 (3.8) 𝐿𝐶 = 𝐿 − 𝑗 𝑅𝑛(𝜔) 𝜔 (3.9) quindi la permeabilità si può ricavare nel modo seguente (utilizzando le formule 3.1, 3.2, 3.3 e 3.9): 𝜇𝑛 = 𝑙 𝑁2𝐴𝜇0 𝐿𝐶 = 𝑙 𝑁2𝐴𝜇0 (𝐿 − 𝑗 𝑅𝑛(𝜔) 𝜔 ) = 𝜇𝑟 − 𝑗𝜇𝑖 (3.10) dove μr indica la parte reale e μi la parte immaginaria. La parte reale, come si vede nella formula (3.10), è proporzionale all’induttanza e quindi è legata alla capacità di immagazzinamento energetico invece la parte immaginaria è proporzionale alla resistenza equivalente del nucleo ed è quindi legata alla dissipazione dell’energia dei disturbi. Quindi si deve fare in modo che un induttore di un certo valore L sia costruito con un nucleo caratterizzato da una capacità di immagazzinamento e/o di perdita dell’energia. Si può notare nel diagramma di Bode della figura 3.5.1 (anche nelle formule di sopra) come le componenti della permeabilità variano con la frequenza. Le curve nel grafico mostrano l’andamento della parte induttiva (μ’) e resistiva (μ’’) di una ferrite di composizione MnZn che solitamente si usa per filtrare le frequenze alte avendo una resistività elevata e induttività sempre più bassa partendo da 1MHz. Figura 3.5.1 Diagramma di Bode della permeabilità resistiva e induttiva [23]
  • 19. 19 3.6. Skin Effect Un altro fenomeno che avviene negli induttori utilizzati in frequenza, che di solito vengono costruiti con fili di sezione circolare, è quello chiamato “effetto pelle” che si nota quando la frequenza è alta. Ciò significa che in tali frequenze la corrente nei fili non scorre più sull’intera sezione ma solo sulla superficie del conduttore trovandosi così in una situazione di resistenza maggiore. La soluzione in questo caso è immediata e sta nell’utilizzo di fili conduttori piatti della stessa area però sezione maggiore. Tale modifica viene illustrata nelle figure 3.6.1 e 3.6.2. Questa soluzione è conveniente sia per fare in modo che il componente supporti correnti a frequenze elevate che per riuscire ad occupare sempre meno spazio fisico sui PCB o più in generale nelle carcasse. Figura 3.6.1 Filo piatto vs filo rotondo [24] Figura 3.6.2 Vantaggio in spazio del filo piatto [24]
  • 20. 20 4. Rumore udibile degli induttori. Premessa: PCM ovvero Pacman è il soprannome della gamma delle pompe di calore utilizzata per queste prove. Il contenuto è scritto parzialmente in inglese perché è stato condiviso con i fornitori in Cina. In questo capitolo vengono riportati dei report che riguardano delle prove di rumore udibile proveniente dalla coppia inverter induttori che si è notato in qualche macchina della gamma di pompe di calore in produzione. Questo rumore si sente solo nei momenti in cui la macchina è in modalità preheating essendo il compressore e tutte le periferiche (ventola, pompa, valvole) spente. Quando la macchina è spenta e si trova in un ambiente a temperature troppo basse, c’è il rischio che la quantità di refrigerante accumulata dentro il compressore si trasformi in liquido che è una condizione da evitare alla riaccensione del compressore. Per evitare questo fenomeno, l’inverter eroga in continuazione una corrente sufficiente per scaldare gli avvolgimenti del motore del compressore e fare in modo che il refrigerante evapori, ma insufficiente per muovere il rotore. Questo meccanismo ovvero questa modalità viene denominata “preheating”. Le prove, di varie tipologie, hanno come obiettivo l’identificazione della causa del rumore e poi l’abbassamento dell’intensità. Come si vedrà nelle pagine successive, il primo passo è capire se questo rumore proviene dall’inverter o dagli induttori. Poi sono state eseguite delle prove di corrente per capire se la causa è il ripple di quest’ultima calcolando anche la FFT per ogni caso. Per avere la riferibilità dei risultati si sono considerati due casi di inverter, Ariston e Ruking (uno dei fornitori), con una differenza funzionale. Gli inverter hanno frequenze di switching diverse (nel caso di Ruking a 6,5 kHz invece nel caso di Ariston 10 kHz). Questa differenza tra gli inverter permette di valutare se il rumore dipende anche dalla frequenza o meno. 4.1. Report of audible noise tests on PCM3 & PCM4 3Ph Pre-considerations: For all the tests the software used is FFT Wave Version 1.3 at a sampling rate of 22.05 kHz and the integrated microphone of an iPhone XR. For all configurations it has been tried to show the frequency spectrum in 2 different versions: a close up at 6,5 kHz or 10 kHz depending on the inverter and the whole audible spectrum. Machines under test: 2021-086 PCM3 3Ph, 2021-117 PCM4 3Ph. Scope: Evaluate the audible noise generated by the inductor-inverter set of the machines with two different types of inductors. The first, from now on called “existing inductors”, which are already mounted on the machine in the production site and the second, from now on called “new inductors”, which were offered as a possible solution to the noise problem from the suppliers and conclude by comparing the results obtained at different distances and configurations. 4.1.1. Step by step procedure 1. Measure the noise of the machine without any modification. 2. Repeat the measure positioning the old inductors and the inverter close to the machine (not inside though) and respecting arbitrarily fixed distances. 3. Repeat the measure positioning the old inductors close and the inverter at an approximately 2,5 m distance from the machine. 4. Do the same thing with the new inductors. 4.1.2. Contents 4.1.2.1. Setup configuration of PCM4. 4.1.2.2. PCM4 Spectrograms. 4.1.2.3. Setup configuration of PCM3. 4.1.2.4. PCM3 Spectrograms. 4.1.2.5. PCM3 configuration at about 2,5 m.
  • 21. 21 4.1.2.1. Setup configuration of PCM4 Figure 4.1.1 Inverter and inductors position referred to the machine. Figure 4.1.2 Microphone – inductors. Figure 4.1.3 Inverter and inductors positioned externally. Figure 4.1.4 Distance between inductors.
  • 22. 22 4.2.2.2. PCM4 Spectrograms On the following pages there are the results of the measurements with the respective description. The goal of these measurements is not to numerically confront the noise intensity, but to qualitatively analyze and discuss how it changes and which could be the possible variables. The red graph that shows up in every figure or better said in every FFT is related to the maximum intensity reached by the received signal; it shouldn’t be taken into account since it presents itself due to instantaneous or impulsive changes which isn’t the goal of these measurements. 1. Existing inductors, with the inverter close by (as in figure 4.1.3); mic positioned near the inductors. It’s very noticeable, in figure 4.1.5, the noise peak at 10 kHz which would be the switching frequency of the three phase Ariston inverter. 2. New low noise inductors with the inverter close by; mic positioned near the inductors. It’s noticeable, in figure 4.1.6, the same peak at 10 kHz. So far no difference can be made between the two inductors. Figure 4.1.5 FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a large relatively large spectrum. Figure 4.1.6 FFT of audio signal, received near the new inductors, in a relatively large spectrum.
  • 23. 23 3. Existing inductors with the inverter close by; measured close to the inverter (the tapes near the inverter indicate the mic position). The peak at the same frequency, presented in figure 4.1.7a and b, shows up as in the other configurations. In the case presented in figure 4.1.7b the peak shows up with a slightly lower intensity which could be due to the background noise or the computational capacity of the acquisition software. Figure 4.1.7a FFT of audio signal, received near the inverter, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.7b FFT of audio signal, received near the inverter, in a narrow spectrum.
  • 24. 24 4. New low noise inductors with the inverter close by; mic positioned near the inverter. As shown in figure 4.1.8, the new inductors don’t seem to have any noticeable reductive effect on the noise intensity. The case presented in figure 4.1.8b is analogous to the one in figure 4.1.7b. Figure 4.1.8a FFT of audio signal, received near the new inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.8b FFT of audio signal, received near the new inductors, in a narrow spectrum.
  • 25. 25 5. Existing inductors with the inverter at about 2,5 meters; mic positioned near the inductors. In the case shown in figure 4.1.9a remains noticeable the peak at 10 kHz although in this case it’s not indicated by the software due to the presence of other background noises. The case of presented in figure 4.1.9b is analogous to the other two cases mentioned above. Figure 4.1.9a FFT of audio signal, received near the existing inductors at about 2,5 m from the inverter, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.9b FFT of audio signal, received near the existing inductors at about 2,5 m from the inverter, in a narrow spectrum.
  • 26. 26 6. Existing inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inverter. In the case shown in figure 4.1.10a the noise generated by the inverter seems to be identical with the one generated by the inductors, old and new. In figure 4.1.10b, the FFT presented shouldn’t be considered as it’s heavily distorted and included in this report is only for completeness purposes. Figure 4.1.10a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.10b FFT of audio signal, received near the inverter at 2,5 m from the existing inductors, in a narrow spectrum.
  • 27. 27 7. New low noise inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inductors. In figure 4.1.11a, the same peak as in all the other cases shows up at the switching frequency. It seems to be at a lower intensity but that cannot be guaranteed. The case of presented in figure 4.1.11b is analogous to the other cases mentioned earlier. Figure 4.1.11a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.11b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a narrow spectrum.
  • 28. 28 8. New low noise inductors with the inverter at about 2,5 meters; measured near the inverter. In the case presented in figure 4.1.12a the peak is noticed at the switching frequency and it seems to have the same intensity as in the other cases shown above. In the case presented in figure 4.1.12b the peak shows up with a slightly lower intensity which could be due to the background noise or the computational capacity of the acquisition software. Also the graph shows high distortion. So, in the case of Pacman 4 the noise source are both the inverter and the inductors. It’s easy to notice the peak at 10kHz in both cases, for the old and new inductors. Figure 4.1.12a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.12b FFT of audio signal, received near the inverter at 2,5 m from the new inductors, in a narrow spectrum.
  • 29. 29 4.1.2.3. Setup configuration of PCM3 Figure 4.1.13 Microphone – inverter distance. Figure 4.1.14 Microphone height. Figure 4.1.15 Microphone – fan panel distance. Figure 4.1.16 Distance between inductors.
  • 30. 30 4.1.2.4. PCM3 Spectrograms On the following pages there are the results of the measurements with the respective description. It’s important to mention that this version of Pacman doesn’t have an inverter enclosed in a box, it has in fact a set of PCBs connected to each other that operate as one. The tests with the inverter away from the machine would be logistically very difficult, so instead it’s been chosen to simply put the inductors at such distance as it would be functionally the same thing (it’s simply the distance from the inverter to the inductors, doesn’t matter which one is put away). The red graph that shows up in every figure or better said in every FFT is related to the maximum intensity reached by the received signal; it shouldn’t be taken into account since it shows in accordance to instantaneous or impulsive changes which isn’t the goal of these measurements. 1. Measurements without any modification on the machine. In the FFT presented in figure 4.1.17a there’s a peak at 6,5 kHz which is difficult to notice due to other disturbances at the same instant. In the case shown in figure 4.1.17b the noise peak becomes very clear and its intensity seems to be equal to that of Pacman4. The peak always presents itself around 6,5 kHz, it being the switching frequency of the three phase Ruking inverter. Figure 4.1.17a FFT of audio signal, received near the machine, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.17b FFT of audio signal, received near the machine, in a narrow spectrum.
  • 31. 31 2. Existing inductors close to the machine; mic positioned near the inductors (as indicated by the tapes on the photos). In the case presented in figure 4.1.18a the component at 6,5 kHz doesn’t show up due to heavy disturbances in the signal acquisition area. In figure 4.1.18b, the FFT presented shouldn’t be considered as it doesn’t provide any information and it’s included in this report only for completeness purposes. Figure 4.1.18a FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.18b FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a narrow spectrum.
  • 32. 32 3. New low noise inductors, close to the machine; mic positioned near the inductors. In the case presented in figure 4.1.19a the peak is noticed at the switching frequency and its intensity seems to be lower, but such result isn’t guaranteed. In figure 4.1.19b it can be observed that the noise peak becomes very clear and its intensity seems to be equal to that of the Pacman4. Figure 4.1.19a FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.19b FFT of audio signal, received near the existing inductors, in a narrow spectrum.
  • 33. 33 4. Existing inductors, close to the machine; mic near the inverter. The spectrogram in figure 4.1.20a the peak is noticed at the switching frequency and its intensity seems to be lower, but it could be due to sound shields present in the acquisition area. As discussed for the case in figure 4.1.20a, the same reason could be applicable to the FFT in figure 4.1.20b. Figure 4.1.20a FFT of audio signal, received near the inverter, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.20b FFT of audio signal, received near the inverter, in a narrow spectrum.
  • 34. 34 4.1.2.5. Setup configuration of PCM3 at about 2,5 meters. Figure 4.1.21 Microphone height. Figure 4.1.25 Setup overview. Figure 4.1.23 Microphone – inverter distance. Figure 4.1.24 Distance between inductors. Figure 4.1.22 Microphone – fan panel distance.
  • 35. 35 5. Existing inductors, at about 2,5 meters; mic positioned near the inverter. The peak at 6,5 kHz indicated on the FFT in figure 4.1.26a doesn’t have any difference from the other cases shown earlier. The same result could be derived for the case in figure 4.1.26b where the graph is quite distorted and the intensity of the noise is no different from the other cases. Figure 4.1.26a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.26b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a narrow spectrum.
  • 36. 36 6. New low noise inductors, at about 2,5 meters; mic near the inverter. The spectrogram in figure 4.1.27a and b shows clearer that the noise is received with higher intensity close to the inverter, but it doesn’t help to conclude anything since there are no certainties regarding the software. Figure 4.1.27a FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.27b FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the new inductors, in a relatively large spectrum.
  • 37. 37 7. Existing inductors at about 2,5 meters; mic near the inductors. As shown in the FFTs in figures 4.1.28, 4.1.29a and b near the inductors the noise peak is relevant, but it seems to be smoother. Still these measurements don’t have the necessary precision to guarantee actual conclusions. 9. New inductors at about 2,5 meters; mic near the inductors. So, the first hypothesis would be that in Pacman3 the noise is mostly generated by the inverter and the inductors have minor impact on it. Figure 4.1.28 FFT of audio signal, received near the inverter at about 2,5 m from the existing inductors, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.29a FFT of audio signal, received near the new inductors at about 2,5 m from the inverter, in a relatively large spectrum. Figure 4.1.29b FFT of audio signal, received near the new inductors at about 2,5 m from the inverter, in a narrow spectrum.
  • 38. 38 4.1.3. Conclusions of the tests. It’s clear that these results are not definitive since the tests were performed with non-professional equipment in a noisy environment but, they were useful because they provided evidence that this phenomenon is strictly related to the frequency of the inverter not defining though, which generates most of the noise. 4.2. Prove di Ripple; Frequenze 6,5 e 10 kHz Le prove presentato in questa sezione sono relative ad una misura di corrente ovvero la corrente che scorre negli avvolgimenti degli induttori. Lo scopo di queste prove è capire se il ripple della corrente ha a che fare con il disturbo acustico e nel caso, quanto l’intensità di quest’ultimo sia dovuta ad esso. Inoltre, questo report è stato girato a dei consulenti che si sono occupati in parallelo dello studio di questo fenomeno. Premessa: Le foto della corrente in standby (CMD0) sono riportate per completezza. Invece le FFT a CMD0 potrebbero essere utili per farsi un’idea sul rumore di fondo dell’ambiente. Nelle figure 4.2.1, 4.2.2, 4.2.3 e 4.2.4 è riportata la configurazione del setup. Invece nella figura 4.2 è riportato lo schema elettrico del circuito di alimentazione della macchina trifase, dove E1, E2, E3 rappresentano generatori di tensione (ovvero una presa di corrente trifase). 4.2.1. Configurazione delle sonde di corrente. 4.2.2. Ripple 6,5 kHz. 4.2.3. FFT Inverter Ruking. 4.2.4. Ripple 10 kHz. 4.2.5. FFT Inverter Ariston. Figura 4.2 Schema del circuito di alimentazione delle macchine trifase.
  • 39. 39 4.2.1. Configurazione sonde di corrente. Figura 4.2.1 Sonda di corrente, sulla fase 1, a monte dell’inverter. Figura 4.2.2 FFT del segnale acquisito dalla sonda a monte dell’inverter. Figura 4.2.3 Sonda di corrente, sulla fase 1, a valle dell’inverter. Figura 4.2.4 FFT del segnale acquisito dalla sonda di corrente a valle dell’inverter.
  • 40. 40 4.2.2. Ripple 6,5 kHz. • Corrente a monte CMD0 Nella figura 4.2.5 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.1) mentre la macchina è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma torna utile per avere un riferimento al rumore presente nell’ambiente. • Corrente a monte CMD2 Nella figura 4.2.6 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.1) mentre la macchina è in preheating. Si possono notare gli impulsi dovuti alla frequenza di switching. Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale. Figura 4.2.5 Corrente a monte dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.6 Corrente a monte dell’inverter in preheating.
  • 41. 41 • Corrente a valle CMD0 Nella figura 4.2.7 si vede la corrente che passa nel cavo (si veda la figura 4.2.3) mentre la macchina è in standby. Questa immagine è stata riportata per gli stessi motivi menzionati precedentemente. • Corrente a Valle CMD2 Nella figura 4.2.8 si possono notare gli impulsi di corrente dovuti alla frequenza di switching dell’inverter. La loro ampiezza sembra essere più grande rispetto al caso precedente (corrente a monte CMD2 nella figura 4.2.6). Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale. Figura 4.2.7 Corrente a valle dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.8 Corrente a valle dell’inverter in preheating. c
  • 42. 42 4.2.3. FFT Inverter Ruking. • Monte CMD0 Nella figura 4.2.9 è riportato lo spettrogramma della corrente che passa nel cavo a monte dell’inverter mentre la macchina è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma, è stata presa per dare un’idea del rumore di fondo dell’ambiente. • Monte CMD2 Nella figura 4.2.10 è riportato lo spettrogramma della corrente a monte dell’inverter mentre la macchina è in preheating. Si possono notare i picchi alle frequenze multiple di 6,5 kHz. È stata misurata approssimativamente l’ampiezza in dB della prima armonica. Figura 4.2.9 FFT della corrente a monte dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.10 FFT della corrente a monte dell’inverter in preheating.
  • 43. 43 • Valle CMD0 Il caso presentato nella figura 4.2.11 è analogo al caso nella figura 4.2.9. • Valle CMD2 Il caso nella figura 4.2.12 è analogo al caso nella figura 4.2.10. Si può notare però che l’ampiezza in dB delle armoniche dispari, prestando attenzione principalmente alla prima, è più alta. Figura 4.2.11 FFT della corrente a valle dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.12 FFT della corrente a valle dell’inverter in preheating.
  • 44. 44 4.2.4. Ripple 10 kHz. • Corrente a monte CMD0 Nella figura 4.2.13 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma torna utile per avere un riferimento al rumore presente nell’ambiente. • Corrente a monte CMD2 Nella figura 4.2.14 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in preheating. Si possono notare gli impulsi dovuti alla frequenza di switching. Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale. Figura 4.2.13 Corrente a monte dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.14 Corrente a monte dell’inverter in preheating.
  • 45. 45 • Corrente a valle CMD0 Nella figura 4.2.15 si vede la corrente che passa nel cavo mentre la macchina è in standby. Questa immagine è stata riportata per gli stessi motivi menzionati precedentemente. • Corrente a valle CMD2 Nella figura 4.2.16 si possono notare gli impulsi di corrente dovuti alla frequenza di switching dell’inverter. La loro ampiezza sembra essere più grande e più definita rispetto al caso precedente (corrente a monte CMD2 nella figura 4.2.14). Si noti che la forma d’onda catturata in questa immagine è molto ingrandita; nella realtà la corrente ha una forma sinusoidale. Figura 4.2.15 Corrente a valle dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.16 Corrente a valle dell’inverter in preheating.
  • 46. 46 4.2.5. FFT Inverter Ariston. • Monte CMD0 Nella figura 4.2.17 è riportato lo spettrogramma della corrente che passa nel cavo a monte dell’inverter mentre la macchina è in standby. Questa immagine non dà molte informazioni ma, è stata presa per dare un’idea del rumore di fondo dell’ambiente. • Monte CMD2 Nella figura 4.2.18 è riportato lo spettrogramma della corrente a monte dell’inverter mentre la macchina è in preheating. Si può notare il picco alla frequenza 10 kHz. È stata misurata approssimativamente l’ampiezza in dB della prima armonica. Figura 4.2.17 FFT della corrente a monte dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.18 FFT della corrente a monte dell’inverter in preheating.
  • 47. 47 • Valle CMD0 Il caso presentato nella figura 4.2.19 è analogo al caso nella figura 4.2.17. • Valle CMD2 Si può notare nella figura 4.2.20 che l’ampiezza in dB della prima armonica è maggiore rispetto al caso precedente (figura 4.2.18). Figura 4.2.19 FFT della corrente a valle dell’inverter in stato di standby. Figura 4.2.20 FFT della corrente a valle dell’inverter in preheating.
  • 48. 48 4.2.6. Conclusioni delle prove. I risultati di queste prove hanno fornito delle informazioni nuove sulla relazione tra il ripple della corrente che passa negli induttori e il disturbo generato da essi. Più precisamente, le FFT riportate sono state utili a dei consulenti esterni che si sono occupati in parallelo di questo studio. Comunque, questi risultati non portano ad una conclusione vera e propria essendo questa una prova che si deve fare in una camera semi anecoica quindi isolata da rumori di fondo.
  • 49. 49 5. Il circuito di alimentazione. In questa parte della tesi vengono riportati dei report di prove e simulazioni eseguiti che interessano il circuito di alimentazione delle macchine. Questi report hanno come obiettivo vedere come cambia la tensione del DC Link in dipendenza della corrente assorbita e il valore dell’induttanza utilizzata (trattata nelle simulazioni) per poi riuscire ad ottimizzare le perdite resistive. Inoltre, questa caduta di tensione sugli induttori ha un effetto negativo sul funzionamento della macchina ad alte frequenze/giri perché il back-EMF [26] diventa sempre maggiore e se la tensione di alimentazione non lo supera, al compressore non arriva corrente. Nella figura 5.1a è riportata lo schema elettrico del circuito di alimentazione delle macchine trifase, dove E1, E2, E3 rappresentano generatori di tensione ovvero una presa di corrente trifase. Invece nella figura 5.1b è riportata lo schema a blocchi del ponte raddrizzatore integrato nell’inverter. In questa figura viene anche indicato l’insieme di condensatori del DC Link. Nella prima parte di questo capitolo si presenteranno i risultati delle misure di tensione e corrente effettuate su punti diversi del circuito. Lo scopo di queste misure è osservare la forma d’onda della tensione/corrente e vedere le tensioni in una qualsiasi maglia a monte dell’inverter. Figura 5.1a Schema del circuito di alimentazione delle macchine trifase. Figura 5.1b Schema a blocchi del ponte raddrizzatore a monte dell’inverter.
  • 50. 50 5.1. Report Misure di Tensione (Caduta di tensione del DC link). Strumentazione: Wattmetro YOKOGAWA WT333E, Oscilloscopio Keysight Infinii Vision MSOX2004A. Nota: Nelle immagini che seguono, l’oscilloscopio indica la frequenza calcolata/stimata dalla onda di tensione, però essendo questa tensione a volte molto distorta, la frequenza stimata non è corretta. Comunque, la frequenza della corrente è facilmente calcolabile partendo dal periodo. • Tensione ai capi dell’induttore L1 e corrente attraverso lo stesso (si veda lo schema in figura 5.1). Come si vede nella figura 5.1.1, la tensione ai capi dell’induttore L1 è circa pari a 40 V, con una corrente pari a circa 2,5 A, alla frequenza di rotazione del compressore 50Hz. Figura 5.1.1 Tensione ai capi di un induttore (giallo) e corrente attraverso lo stesso (verde).
  • 51. 51 • Tensione concatenata L1-2 a monte delle induttanze e corrente attraverso l’induttore L1. Come si vede nella figura 5.1.2, la tensione tra L1 e L2 è circa pari a 386 V, con una corrente pari a circa 2,5 A, alla frequenza di rotazione del compressore 50Hz. IN STANDBY | Tensione concatenata L1-2 a monte delle induttanze e corrente attraverso L1. Nella figura 5.1.3 si vedono le stesse grandezze come nel caso precedente ma con la macchina in standby. Questo caso è stato riportato solo per avere una misura di riferimento. Figura 5.1.2 Tensione concatenata L1-2 (giallo) a monte delle induttanze e corrente attraverso L1 a valle (verde). Figura 5.1.3 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a monte delle induttanze e corrente attraverso L1 (verde).
  • 52. 52 • Tensione concatenata L1-2 a valle delle induttanze e corrente attraverso L1. Nella figura 5.1.4 si vede la tensione tra L1 e L2 a valle delle induttanze che è pari a circa 387 V, con una corrente pari a circa 2,5 A, alla frequenza di rotazione del compressore 50Hz. IN STANDBY | Tensione concatenata L1-2 a valle delle induttanze e corrente attraverso L1. Nella figura 5.1.5 si vedono le stesse grandezze come nel caso precedente ma con la macchina in standby. Questo caso è stato riportato solo per avere una misura di riferimento. In conclusione di questo report, si può dire che la tensione ai capi di un qualsiasi induttore ha un effetto notevole sul resto del circuito, sia per la sua efficienza energetica, che per la sua funzionalità. Invece, le tensioni concatenate risultano uguali, che è un risultato attendibile riferendosi alla legge di Kirchhoff sulle maglie [27]. Figura 5.1.4 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a valle dell’induttore e corrente attraverso L1 a valle (verde). Figura 5.1.5 Tensione concatenata L1-2 (gialla) a valle dell’induttore e corrente attraverso L1 a valle (verde).
  • 53. 53 5.2. Simulazione del modello del circuito di alimentazione dell’inverter. In questa parte della tesi si discuteranno i risultati di delle simulazioni eseguite su un modello (si veda la figura 5.2.1) del circuito di alimentazione delle macchine trifase. Queste simulazioni sono state eseguite con due valori diversi di induttanza, 25 mH e 15 mH, con l’obiettivo di vedere la differenza tra le tensioni del DC Link dei due casi. Come descritto precedentemente, la presenza degli induttori ha un effetto riducente immediato sulla tensione del DC Link, che nei casi in cui la frequenza/giri del compressore sono alti rischia di non superare il back-EMF [26] generato dal motore e addirittura fermare il rotore. Nella figura 5.2 è stato riportato lo schema elettrico del circuito. Sono indicati: il punto che verrà più in avanti chiamato DC Link e il modulo che rappresenta l’inverter con il componente di potenza costante (denominato B1). Nota: Le forme d’onda sono misurate anche con dei cursori. Nelle tabelline “Caduta tensione DC Link su xxmH – 3 kW” di fianco al circuito (in basso a destra) si trovano i valori massimi e minimi di tensione rispettivamente nei campi “Cursor 1 - Vert” e “Cursor 2 - Vert ” e anche la differenza tra i due. VM= 325 V; L= 25 mH; P= 3 Kw Figura 5.2.1 Modello del circuito di alimentazione della macchina trifase con induttori da 25 mH. INVERTER DC LINK Figura 5.2. Schema del circuito di alimentazione delle macchine trifase.
  • 54. 54 5.2.1. Tensione di alimentazione (a monte delle induttanze). Nella figura 5.2.2 è riportata l’onda di tensione di alimentazione di 230 VRMS o 325 V picco-picco. 5.2.2. Tensione in ingresso all’inverter (a valle delle induttanze). Figura 5.2.2 Tensione di alimentazione a monte degli induttori (tra L1 e terra). Figura 5.2.3 Tensione in ingresso all’inverter; a valle dell’induttore (tra L4 e terra)
  • 55. 55 5.2.3. Tensione differenziale del DC Link, RMS e Picco. Nella figura 5.2.4 è presentata la tensione costante (con ripple) del DC Link pari a circa 485 V con induttori da 25 mH. 5.2.4. Corrente a regime al carico L’onda di corrente a regime pari a circa 6 A, nella figura 5.2.5, è stata riportata per dimostrare che in entrambi i casi, cioè con induttori da 25 mH e 15 mH, la corrente che arriva al carico è la stessa quindi i risultati sono confrontabili. Figura 5.2.4 Tensione del DC Link (tra C1 o C7 e terra). Figura 5.2.5 Corrente attraverso il carico (B1)
  • 56. 56 VM = 325 V; L= 15 mH; P= 3 Kw 5.2.5. Tensione di alimentazione (a monte delle induttanze) Nella figura 5.2.7 è riportata l’onda di tensione di alimentazione di 230 VRMS o 325 V picco-picco. Figura 5.2.6 Modello del circuito di alimentazione della macchina trifase con induttori da 15 mH. Figura 5.2.7 Tensione di alimentazione a monte dell’induttore (tra L1 e terra). INVERTER DC LINK
  • 57. 57 5.2.6. Tensione in ingresso all’inverter (a valle delle induttanze) 5.2.7. Tensione del DC link Picco-Picco & RMS Nella figura 5.2.9 è presentata la tensione costante (con ripple) del DC Link pari a circa 505 V con induttori da 15 mH. Figura 5.2.8 Tensione a valle dell’induttore (tra L4 e terra). Figura 5.2.9 Tensione del DC Link (tra C1 o C7 e terra).
  • 58. 58 5.2.8. Corrente a regime al carico L’onda di corrente a regime, pari a circa 6 A, nella figura 5.2.10 è stata riportata per dimostrare che in entrambi i casi, cioè con induttori da 25 mH e 15 mH, la corrente che arriva al carico è la stessa quindi i risultati sono confrontabili. Le differenze tra le tensioni sono (V25mH – V15mH): ΔVAVG = -19,37 V ΔVRMS = -19,37 V Il fatto che sono tutti negativi significa che nel caso degli induttori da 15mH le tensioni sono più alte; quindi, il DC Link ha subito un aumento tensione di circa 20 V con la sostituzione degli induttori ed i valori ottenuti lo descrivono. Inoltre, vengono riportate le immagini (figura 5.2.11 e 5.2.12) di una simulazione fatta con induttanze diverse (25 mH e 15 mH), ma carico 6,5 kW (cioè poco più del doppio). La differenza tra le tensioni è molto più facile da notare. Tensione del DC Link con induttanze da 25 mH pari a circa 427 V (figura 5.2.11). Figura 5.2.10 Corrente attraverso (B1). Figura 5.2.11 Tensione del DC Link con induttanze da 25 mH.
  • 59. 59 Tensione del DC Link con induttanze da 15 mH pari a circa 470 V (figura 5.2.12). Le diverse differenze tra le tensioni sono: |ΔVAVG |= 42,88 V ΔVRMS = -42,88 V ΔVIST = -42,84 V Quindi, si tratta di circa 43 V che è un risultato attendibile se si prendono come riferimento le misure di tensione effettuate sulla macchina. Si sono invece effettuate delle simulazioni con valori diversi di capacità dei condensatori in ordine crescente mantenendo la stessa induttanza. Si può notare nella tabella 5.2.1 che il valore della tensione del DC Link cambia di poco (differenza trascurabile). Valore capacità C (mF) Tensione DC Link (V) 1,5 485,33 5 485,21 10 485,41 100 485,26 Figura 5.2.12 Tensione del DC Link con induttanze da 15 mH. Tabella 5.2.1 Tensione del DC Link rispetto alla capacità del singolo condensatore costituente il DC Link.
  • 60. 60 5.3. Simulazioni di misure sul circuito di alimentazione. Sono state eseguite delle simulazioni sulle tensioni concatenate e ai capi degli induttori come riferimento per le misure effettuate sulla macchina (si veda nel capitolo 5 la sezione 5.1) e come risultati di un approccio puramente didattico. V= 325 V, L= 25 mH, P= 3 kW 5.3.1. Tensione concatenata a monte degli induttori (l’onda verde nella figura 5.2.13). 5.3.2. Tensione ai capi dell’induttore L4 (l’onda blu nella figura 5.2.14). Figura 5.2.13 Tensione concatenata a monte degli induttori (onda verde). Figura 5.2.14 Tensione ai capi dell’induttore L4 (onda blu).
  • 61. 61 5.3.3. Tensione concatenata a valle degli induttori (l’onda rossa nella figura 5.2.15). Si noti che la differenza tra le tensioni concatenate a monte e a valle degli induttori è anche dovuta alla presenza del ponte diodi, nel senso che i diodi che lo costituiscono hanno una tensione di conduzione di circa 1,3 V. V = 325 V, L = 15 mH, P = 3 kW 5.3.4. Tensione concatenata a monte degli induttori (l’onda verde nella figura 5.2.16). Figura 5.2.15 Tensione concatenata a valle degli induttori (onda rossa). Figura 5.2.16 Tensione concatenata a monte degli induttori (onda verde).
  • 62. 62 5.3.5. Tensione ai capi dell’induttore L4 (l’onda blu nella figura 5.2.17). 5.3.6. Tensione concatenata a valle degli induttori (l’onda rossa nella figura 5.2.18). Si noti che la differenza tra le tensioni concatenate a monte e a valle degli induttori è anche dovuta alla presenza del ponte diodi, nel senso che i diodi che lo costituiscono hanno una tensione di conduzione di circa 1,3 V. 5.3.7. Conclusioni delle simulazioni Alla fine di queste simulazioni si è visto che la tensione ai capi degli induttori ha un effetto notevole sulla tensione del DC Link ma, era inaspettato che la tensione non cambiasse in modo proporzionale alle capacità dei condensatori. I vari valori di tensione e corrente ottenuti in questo report sono affidabili ma non possono rappresentare i valori veri non avendo considerato nel dettaglio tutti i parametri, anche parassiti, di questo circuito. Quindi, è stato un approccio puramente didattico alla situazione ma, è tornato utile all’azienda come modello virtuale. Figura 5.2.17 Tensione ai capi dell’induttore L4 (onda blu). Figura 5.2.18 Tensione concatenata a valle degli induttori (onda rossa).
  • 63. 63 6. Conclusioni Il percorso che questo tirocinio e poi questa tesi ha seguito è stato definito ed integrato passo dopo passo. Tutte le attività inerenti hanno avuto, come menzionato nell’introduzione del documento, un nucleo che riguardava gli induttori. Si è cercato di trovare una soluzione all’inquinamento acustico, chiedendo anche la consulenza di un’azienda esterna, però senza risultati concreti. Tuttavia, le misurazioni fatte durante le prove sono tornate utili per poter definire il problema. Inoltre, si è riuscito ad ottenere una visualizzazione più chiara dell’effetto che gli induttori hanno, come componenti supplementari, sulla tensione di alimentazione delle macchine. Le prime prove fatte sugli induttori, ovvero le FFT del rumore per due induttori diversi e poi le FFT fatte con l’oscilloscopio avevano come primo obiettivo primario la familiarizzazione dell’autore con la strumentazione di laboratorio e il circuito di alimentazione delle macchine. Purtroppo l’obiettivo ufficiale di distinguere quale fosse la sorgente principale del rumore, non è stato raggiunto essendo le condizioni al contorno inadeguate per la tipologia di prova. Invece, le misure di tensione e le simulazioni fatte sul circuito hanno mostrato ripetutamente come la tensione del DC Link cambia in modo inversamente proporzionale al valore dell’induttanza. Infatti, si è deciso di utilizzare induttanze più piccole per le macchine trifase di potenza maggiore, poiché le macchine con una corrente nominale superiore a 16 A rientrano in un'altra normativa che consente livelli di disturbo più elevati per tutte le armoniche. Prendendo spunto dai matching test, è stata proposta un’idea alternativa alla ricerca di nuovi fornitori per l’inverter, idea che consiste nell’utilizzo di quelli già presenti in BOM [30] per nuovi prototipi di macchine più potenti; con questo obiettivo si sono effettuate delle prove di robustezza ovvero capacità di erogare la corrente massima su di una famiglia di inverter. Attualmente questa proposta è in fase di valutazione con un’alta probabilità di avanzamento. Trattandosi di una tesi sperimentale fatta nel dipartimento R&D di un’azienda non era scontato un risultato concreto nella forma di un circuito o un algoritmo, dovendo eventualmente essere provati e certificati, anche se sarebbe stato soddisfacente avere un prototipo. Il tirocinio, finalizzato con questa tesi, è stato un processo impegnativo pieno di attività interessanti. Alle volte le cose non sono andate bene e sono orgoglioso perché mi hanno fatto capire come evitare certi errori e come essere paziente per poter raggiungere l’obiettivo. Sono riuscito a capire e sentire come lo stato di mente cambia mentre si imparano delle cose nuove, come vengono costruite le relazioni con i colleghi e come ci si aiuta a vicenda. Sono riuscito a capire bene come funzionano i sistemi che compongono una pompa di calore, avendo eseguito anche modifiche meccaniche su componenti. Ho avuto il piacere di analizzare personalmente delle situazioni e prendere decisioni che hanno portato risultati soddisfacenti. Ho acquisito un livello di autonomia nella gestione del tempo e delle risorse, dovendo a volte improvvisare. Una delle cose più interessanti che ho fatto è l’elaborazione dei dati crudi. Nonostante sia un processo noioso mi ha permesso di imparare come trattare l’informazione, filtrarla e presentarla attraverso dei grafici in modo che sia corretta e chiara. Era una di tante cose che prima davo per scontato. Vorrei in questo modo concludere questo percorso di formazione e iniziare il prossimo con la convinzione che questa è la strada giusta.
  • 64. 64 Referenze [1] https://mechanicalbasics.com/vapour-compression-refrigeration-cycle-faqs/ [2] https://www.researchgate.net/figure/Simple-vapour-compression-refrigeration-cycle-on-P-h-diagram_fig1_346765777 [3] https://www.science.org/doi/10.1126/science.abe3692 [4] https://www.researchgate.net/figure/Single-phase-H-bridge-inverter_fig1_303513329 [5] https://www.testandmeasurementtips.com/measuring-pulse-width-modulation-outputs-in-industrial-equipment-faq/ [6] https://www.semanticscholar.org/paper/Microcontroller-based-SPWM-sampling-using-linear-Patil- Ghorai/b82d1d0ad5097702404e1ced70996990f66b5477 [7] https://electronics.stackexchange.com/questions/320733/what-exactly-happens-to-the-signals-hitting-a-common- mode-choke [8] https://recom-power.com/en/rec-n-class-x-and-class-y-safety-capacitors-142.html?0 [9] https://eepower.com/technical-articles/modular-emi-filter-selection-for-ac-dc-converters/# [10] https://it.wikipedia.org/wiki/Potenza_elettrica [11] https://en.wikipedia.org/wiki/IEC_61000-3-2 [12] https://www.mdpi.com/2079-https://eepower.com/technical-articles/modular-emi-filter-selection-for-ac-dc- converters/#9292/7/11/318 [13] H.Z.Azazi, E. E. EL-Kholy, S.A.Mahmoud and S.S.Shokralla, Electrical Engineering Department, Faculty of Engineering, Menoufiya University, Shebin El-Kom, Egypt, King Abdulaziz University, Faculty of Engineering, Electrical Engineering Department, Saudi Arabia, “Review of Passive and Active Circuits for Power Factor Correction in Single Phase, Low Power ACDC Converters”, Proceedings of the 14th International Middle East Power Systems Conference (MEPCON’10), Cairo University, Egypt, December 19-21, 2010, Paper ID 154. https://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.1054.59&rep=rep1&type=pdf [14] https://www.calamite.org/lexikon/densit---del-flusso-magnetico [15] https://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzazione_magnetica [16] https://www.allaboutcircuits.com/textbook/direct-current/chpt-14/permeability-and-saturation/ [17] https://it.wikipedia.org/wiki/Permeabilit%C3%A0_magnetica [18] https://en.wikipedia.org/wiki/Coercivity [19] https://www.researchgate.net/figure/Shows-inductor-current-ripple-with-minimum-and-maximum- peak_fig7_299547638 [20] https://www.researchgate.net/figure/An-example-of-B-H-curve-of-a-magnetic-core-with-and-without-air-gap-for- illustration_fig2_328773568 [21] https://www.researchgate.net/figure/Frequency-response-of-resonant-inductor-current-from-input- voltage_fig3_3918245 [22] https://gasstationwithoutpumps.wordpress.com/2016/12/19/impedance-of-inductors-and-parasitic-impedance-of- oscilloscope/ [23] https://fair-rite.com/75-material-data-sheet/ [24] https://en.wikipedia.org/wiki/Skin_effect [25] https://en.wikipedia.org/wiki/Buck_converter [26] https://en.wikipedia.org/wiki/Counter electromotive_force#:~:text=The%20term%20back%20electromotive%20force,while%20running%20as%20a%20motor [27] https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_di_Kirchhoff [28] https://www.ti.com/power-management/acdc-isolated-dcdc-switching-regulators/power-factor-correction-pfc- controllers/overview.html [29] https://it.wikipedia.org/wiki/LISN [30] https://en.wikipedia.org/wiki/Bill_of_materials